Il nuovo Milan sulla strada dei giganti. Parla coach Reck

28.10.2024
7 min
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Quanto vale Jonathan Milan? A quale livello atletico e tecnico è arrivato e sin dove potrà spingersi? Abbiamo letto il racconto di Bragato sul record del mondo dell’inseguimento e poi abbiamo letto le raccomandazioni che al friulano ha fatto Viviani per il seguito della carriera. Il 2025 sarà un anno dedicato interamente alla strada. Questo significa che la preparazione della pista, fatta di lavori specifici e palestra, sarà sostituita da altri protocolli. E’ un delicato equilibrio che la Lidl-Trek dovrà trovare e mantenere. Il Milan vittorioso degli ultimi due anni era figlio dell’asfalto e del parquet. In che modo si lavorerà?

L’uomo giusto per parlare di tutto questo è Mattias Reck, svedese che compirà a breve 54 anni, che dopo una breve carriera da corridore dal 2016 è diventato allenatore. E’ lui il preparatore di Milan, come pure di Mads Pedersen. A ben vedere i due corridori si somigliano quantomeno nell’attitudine ed è con grande curiosità che gli abbiamo rivolto alcune domande da cui emergerà che, nonostante un palmares a dir poco speciale, Jonathan Milan è ancora lontano dall’aver raggiunto il suo massimo.

Mattias Reck, svedese classe 1970, è dal 2017 allenatore nel gruppo Trek
Mattias Reck, svedese classe 1970, è dal 2017 allenatore nel gruppo Trek
Ci dica, Mattias, che idea si era fatto di Milan e in che modo lo ha approcciato? Avevate dei test precedenti oppure siete partiti da zero nel primo ritiro?

Io e la squadra seguivamo le prestazioni e lo sviluppo di Jonny già molto prima di ingaggiarlo. Avevo un’idea chiara su che tipo di corridore fosse e di come avrei voluto allenarlo, ancora prima di iniziare. Poi nel primo ritiro, il 23 dicembre del 2023, abbiamo fatto dei test. Prima uno step test indoor poi di resistenza su strada: ricordo che sono rimasto molto colpito dai suoi valori e da diverse aree. Ad esempio, un Vo2Max elevato per essere un velocista e una resistenza già molto buona nonostante si allenasse solo da 3-4 settimane.

Qual è la principale qualità atletica di Milan?

Ovviamente ha uno sprint incredibile. Ciò che lo rende ancora più speciale è che, pur essendo così alto e pesante per essere un ciclista, ha una spinta molto esplosiva e può mantenerla a lungo. Poiché ha un motore aerobico così potente, in combinazione con la sua elevata potenza anaerobica, può sostenere un ritmo molto intenso per molto tempo prima dello sprint. Se chi lo lancia non ha un’azione regolare, Milan ha la capacità di sopravvivere anche se deve uscire nel vento un paio di volte di troppo o troppo presto. Questa combinazione fra capacità anaerobica e aerobica molto elevata fa sì che Jonathan possa essere competitivo anche nelle classiche più dure, come abbiamo già potuto vedere quest’anno alla Gand-Wevelgem.

Con Van der Poel e Pedersen, alla Gand 2024 Milan ha dimostrato di avere i mezzi per le corse del Nord
Con Van der Poel e Pedersen, alla Gand 2024 Milan ha dimostrato di avere i mezzi per le corse del Nord
Durante lo scorso inverno e poi durante la stagione avete lavorato sulla crescita generale o principalmente su ciò di cui ha bisogno per gli sprint? 

Principalmente sulla crescita generale, che in questo caso significa molta resistenza di base. I velocisti hanno sempre bisogno di molte ore, in combinazione con alcuni brevi intervalli ad alta intensità e sprint: quello che si definisce un allenamento piuttosto polarizzato. Questo è il punto di partenza. Poi, man mano che si procede, si vedrà quanto lavoro a media intensità (zon3/4, FatMax e soglia) proporgli perché possa diventare ancora più forte. La gente potrebbe pensare che un velocista faccia un sacco di allenamento per lo sprint, ma l’80-90% è un lavoro aerobico di base, il che significa praticamente un sacco di lavoro di resistenza. Poi si aggiungono alcuni interval training e forse 2 sessioni a settimana con allenamenti specifici per lo sprint, ma in percentuale è ancora molto poco.

Pensa che abbia davvero caratteristiche simili a Pedersen?

Sì, entrambi hanno un’elevata capacità anaerobica e aerobica. Sono uguali, ma comunque diversi all’interno della stessa area.

La sua struttura fisica gli consente di essere competitivo anche in gare più impegnative come il Fiandre?

Lo sviluppo futuro dovrà valutare con esattezza quanto Jonny sia in grado di affrontare le gare classiche più dure. Il Giro delle Fiandre degli ultimi anni ha avuto un livello di scalata estremamente alto, quindi non oso fare previsioni. Tuttavia, in gare come Sanremo, Gand-Wevelgem e Roubaix, Jonathan può essere presente. 

In ricognizione sui muri: riuscire a reggere il ritmo in salita è la versa sfida di Milan
In ricognizione sui muri: riuscire a reggere il ritmo in salita è la versa sfida di Milan
Può avere nelle gambe i 3-4 minuti del Poggio e mantenere la freschezza necessaria per la volata di Sanremo?

Sì, può. Dipende da quanto si faranno forte Capo Berta e Cipressa, dal meteo (il vento contrario o a favore sul Poggio fa una grande differenza) e ci vuole anche un po’ di fortuna, naturalmente. E’ una scommessa che si può accettare.

Partendo da quanto visto nel 2024, la preparazione per il 2025 subirà dei cambiamenti?

In realtà non cambierò nulla, sarà sempre la stessa cosa. Correrà meno in pista e questo di per sé farà la differenza perché significa che quest’anno potremo aggiungere più resistenza specifica su strada.

Il lavoro in palestra sarà una parte importante?

Come stradista, con uno sprint già molto buono, di solito non mi concentro molto sul lavoro in palestra. Facciamo qualche esercizio in palestra alla fine delle uscite per lavorare sulla resistenza, ma per lo sprint puro Johnny secondo me non ne trarrebbe grossi vantaggi.

Quarto al campionato italiano crono, dietro Ganna, Affini e Baroncini: una specialità che gli si addice
Quarto al campionato italiano crono, dietro Ganna, Affini e Baroncini: una specialità che gli si addice
Lavorerete sulla gestione dello sforzo durante lo sprint, quindi anche sui rapporti da usare?

Sì, insieme a Johnny e al nostro reparto di ricerca e sviluppo abbiamo analizzato il suo sprint già lo scorso inverno. Con il suo scatto e l’elevata cadenza, ero curioso di vedere se potevamo andare ancora più in là con i rapporti o intervenire sulla lunghezza delle pedivelle. Alla fine abbiamo scoperto che poteva usare un rapporto superiore e mantenere comunque il suo giusto range di cadenza nello sprint. L’allenamento è una questione di fiducia. Abbiamo una buona collaborazione, lui si fida di me, io mi fido di lui ed è andata bene fin dall’inizio. Se il corridore non si fida più dell’allenatore, di solito è finita.

La sua predisposizione per lo sforzo solitario potrebbe renderlo competitivo nelle crono più lunghe dei semplici prologhi?

Sono sicuro che potrà avere un futuro anche facendo delle belle cronometro più lunghe, ma non è nulla su cui al momento dobbiamo concentrarci in modo specifico. Migliorerà in ogni caso, abbiamo dell’ottimo materiale, facciamo test aerodinamici, ha un motore forte e si allenerà molto nei prossimi anni. L’obiettivo deve essere quello di migliorare ancora di più i suoi punti di forza e non concentrarsi troppo su cose che non sono la massima priorità. Poi, naturalmente, arriverà il momento in cui un crono sarà ancora più interessante e potremo farne un obiettivo extra. A quel punto vedremo cosa sarà in grado di fare. Tuttavia, le crono più brevi, come quelle di 10-12 chilometri, possono già essere fatte ad un livello molto alto e si adattano al suo carattere! Il punto è che non possiamo concentrarci anche su prove di 35-40 km. Se lo facessimo, potremmo perdere troppo su altri fronti.

Jonathan Milan, friulano classe 2000, è alto 1,93 e pesa 84 chili. E’ pro’ dal 2021
Jonathan Milan, friulano classe 2000, è alto 1,93 e pesa 84 chili. E’ pro’ dal 2021
Che rapporto si è creato tra voi: insegnante-allievo o anche lui è in grado di dare un feedback che vi permette di calibrare il lavoro?

Jonny ha solo 24 anni, ma è già molto bravo nella comunicazione, è intelligente, sa cosa vuole e cosa serve. E’ concentrato e organizzato, questo è molto importante. Il ciclismo di oggi è esigente, se vuoi essere un grande campione devi essere in grado di pianificare e organizzare molte cose e costruire una buona squadra intorno a te. Lui ha già questa maturità, quindi sono sicuro che ha le carte in regola, non solo dal punto di vista fisico. Allo stesso tempo ha capito che non può essere coinvolto in tutto ciò che riguarda l’allenamento. A un certo punto, pur interessandosi, è bene potersi fidare dell’allenatore e fare quello che dice. E questo è il nostro modo di procedere. Lui si fida di me e può rilassarsi, fare il suo lavoro e concentrarsi su altre cose.

Il Consonni di Alice Algisi, una moglie da medaglia olimpica

25.10.2024
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Una famosa frase attribuita alla scrittrice britannica Virginia Woolf recita che “dietro ad ogni grande uomo c’è una grande donna”. Ed anche ex ciclista nel caso specifico di Alice Algisi che vive in primissima battuta da tanti anni la professione di suo marito Simone Consonni.

Lo scorso 20 ottobre – il giorno dopo l’argento iridato nell’omnium di Simone – hanno festeggiato il primo anniversario di matrimonio, uno dei tanti traguardi importanti che hanno tagliato assieme in quindici anni di relazione. E assieme sono cresciuti sia in bici che nella vita quotidiana, col ruolo di Algisi, a tratti gregaria, a tratti capitana, che è diventato fondamentale per equilibrare tutto. Nella loro vita di coppia non c’è solo la spesa da fare o scegliere un mobile per la casa o un film da vedere, ma anche saper gestire vittorie e sconfitte sportive con i relativi umori. Alice sa il fatto suo e ne abbiamo parlato proprio con lei, per capire come affronta le stagioni sempre più intense di suo marito.

Algisi è stata elite dal 2012 al 2015. Il suo passato da ciclista la avvantaggia nel capire Simone, ma sa avere anche una visione esterna (foto Selva)
Algisi è stata elite dal 2012 al 2015. Il suo passato da ciclista la avvantaggia nel capire Simone, ma sa avere anche una visione esterna (foto Selva)
Com’è stata l’annata di Simone vista da sua moglie?

C’erano almeno cinque macro obiettivi a cui puntava. Europei in pista, Giro d’Italia, Olimpiade, europei su strada ed infine i mondiali in pista. Diciamo che è stata soprattutto una lunga estate, molto tosta. Dopo il Giro non ha staccato molto perché è partito per il ritiro in altura per Parigi. Non ci siamo visti molto a casa come altri anni, però lo sapevamo già e non è stato un grande problema. Adesso finalmente possiamo pensare alle vacanze. Faremo New York, Florida e poi un soggiorno mare ai Caraibi. Partiremo il 29 ottobre, appena Simone rientrerà dalla Tre Giorni di Londra in pista che farà con Elia (Viviani, ndr) da stasera a domenica.

E’ stata quindi una stagione pesante anche per te?

Questa è una stagione che non finisce mai (risponde ridendo, ndr), ma il ciclismo mi piace e mi piace stare al fianco di Simone mentre prepara i suoi appuntamenti oppure guardare le gare assieme a casa. Quest’anno ha cominciato presto a correre, già ad inizio gennaio, con risultati importanti. Bronzo col quartetto agli europei in pista. Uguale a Parigi oltre all’argento nella madison. Ed infine l’argento di Ballerup la settimana scorsa. Sono medaglie che valgono tanto contestualizzando il momento in cui le ha conquistate. Senza contare le vittorie ottenute guidando Jonny (Milan, ndr). Insomma, stagione lunga, ma piacevole da vivere anche per me.

Alice era presente ai mondiali in pista di Ballerup. Ha gioito da vicino per l’argento di Simone e il record di Milan
Il tuo trascorso da ciclista ti aiuta a comprendere meglio le complessità del lavoro di Simone?

Non so se sono più preparata rispetto ad un’altra moglie che non ha mai corso in bici. Come esempio noi vediamo Elia ed Elena (Viviani e Cecchini, ndr) che si capiscono tanto. Sicuramente parto avvantaggiata perché riesco ad immedesimarmi prima o meglio, anche se io ho smesso nel 2015, ormai tanto tempo fa. Tuttavia secondo me non c’è tanta differenza. Per me dipende sempre dal rapporto che hai con tuo marito o compagno. Ci sono pro e contro in una relazione come la nostra.

Quali sono?

Simone ed io ci conosciamo fin da quando correvamo nelle categorie giovanile e stiamo insieme dal 2010, ormai tanto tempo anche in questo caso (sorride, ndr). Fra di noi c’è complicità e intesa. Si può anche non parlare sempre di bici, basta avere regole. E’ vero che stiamo tanto tempo lontani, ma penso comunque che ci siano più aspetti positivi che negativi.

Consonni è l’ultimo uomo di Milan. Tante vittorie quest’anno assieme, ma dietro c’è un grande lavoro psico-fisico
Consonni è l’ultimo uomo di Milan. Tante vittorie quest’anno assieme, ma dietro c’è un grande lavoro psico-fisico
Immaginiamo che tu soffra o gioisca con lui. Come ti regoli in queste circostanze?

Come dicevo prima, siamo una coppia nella vita di tutti i giorni e so quando devo motivare Simone o lasciarlo fare da solo nei momenti più difficili. Oppure prima di un grande evento. Lui è una macchina da guerra quando si prepara per un appuntamento. Ci arriva pronto, ma un mese prima tende a non essere più tale e inizia ad agitarsi. Ad esempio prima del Giro, in cui si sentiva responsabile delle volate di Milan, è stato così. Dopo le prime volate vinte non ci ha più pensato ed è tornato ad essere consapevole di sé. Uguale per le Olimpiadi. Appena inizia la gara Simone si trasforma, per fortuna.

E tu cosa gli dici in quei momenti?

Partiamo dal presupposto che anche a me viene l’ansia seguendo i suoi avvicinamenti, ma avendo già vissuto quelle situazioni in passato adesso lo lascio sfogare da solo. Può sembrare che non mi interessi, mentre invece so che a Simone basta poco per rendersi conto dei suoi mezzi. E’ vero anche però che ogni tanto ha bisogno di una spinta morale, se non addirittura di una piccola sfuriata da parte mia (ride, ndr). A Bergamo si dice “rampare fuori dalla crisi” ed io cerco di supportarlo e sopportarlo in questo. Lui si fida delle persone che reputa i suoi pilastri come posso essere io, il suo allenatore o il suo procuratore e quindi capisce il nostro intento.

Lo hai visto cambiato in questi anni sotto questo punto di vista?

Assolutamente sì e tanto. Nelle interviste lo vedo più sicuro. Oppure come per l’omnium al mondiale. Anni fa avrebbe detto “vediamo come va”, invece stavolta era convinto di poter andare a medaglia. Non voglio prendermi meriti, ma gli avevo consigliato di iniziare un percorso con un mental coach per avere quella maggiore consapevolezza di cui parlavo prima. Io gli ho sempre detto e glielo dico ancora ciò che penso rispettando i suoi tempi e i suoi stati d’animo, ma era giusto che avesse i pareri di un professionista esterno.

Simone e Alice si conoscono fin dalle categorie giovanili. Intesa e complicità sono sempre stati alla base del loro rapporto
Simone e Alice si conoscono fin dalle categorie giovanili. Intesa e complicità sono sempre stati alla base del loro rapporto
Dopo l’europeo su strada in Limburgo, come ha vissuto quel momento Alice Algisi con suo marito?

Quello è stato il punto più basso della stagione. Simone era molto deluso e ne ha sofferto quando è tornato a casa. Era sconfortato più per Jonny che per sé. Avendo accumulato tanta pressione durante la stagione, si sentiva responsabile per lui. Come lo pensava per il quartetto a Parigi. In molti sono stati poco teneri nei suoi confronti e di Milan tra giornalisti e commenti sui social. Personalmente ho imparato a non leggere più certe cose o quanto meno a leggere e considerare solo ciò che ritengo detto con cognizione di causa da gente per me credibile. Per Simone però ero preoccupata per il contraccolpo psicologico visto che c’erano ancora tante gare in cui fare bene.

Eri riuscita a parlargli subito?

No, ho dovuto aspettare che non fosse di fretta. Gli ho detto che doveva fregarsene di quello che diceva la gente e che doveva azzerare tutto. Gli ho ricordato che non era certo quella volata non riuscita che abbassava il suo valore. Sono cose che capitano. Rispetto ad altri sport, il ciclismo è bello perché ti dà subito una possibilità per rimediare anche se hai fallito un obiettivo importante. E infatti sia lui che Milan sono andati ai mondiali in pista in Danimarca riscattandosi alla grande. Ero presente anch’io ed è stato bellissimo vedere l’oro con record del mondo di Jonny e l’argento di Simone nell’omnium. Perché da moglie ed ex ciclista so perfettamente tutto quello che c’è dietro.

Da un Bagioli all’altro: i pensieri di Nicola sul fratello Andrea

23.10.2024
5 min
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La stagione di Andrea Bagioli si è conclusa con le due gare giapponesi: il Japan Cup Criterium e la Japan Cup vera e propria, quella che si corre a Utsunomiya sulla distanza di 144 chilometri. Dopo il malanno che gli ha impedito di correre al Giro di Lombardia, il 2024 del più piccolo dei fratelli Bagioli si è concluso senza squilli particolari. Eppure il 2023 ci aveva ricordato le grandi potenzialità di un corridore che ha sempre salito gli scalini del ciclismo che conta a piccoli passi, ma decisi. Nella passata stagione era arrivata quella che poteva essere la consacrazione del suo talento con il terzo posto alla Coppa Bernocchi, la vittoria al Gran Piemonte e il secondo posto al Giro di Lombardia. 

Nicola Bagioli ha smesso di correre nel 2021 e adesso realizza pentole in pietra ollare in Valtellina
Nicola Bagioli ha smesso di correre nel 2021 e adesso realizza pentole in pietra ollare in Valtellina

Sguardo in avanti

Il 2024 ha portato il cambio di squadra, con la Lidl-Trek pronta ad accoglierlo a braccia aperte. Il team statunitense ha creduto molto in Andrea Bagioli e siamo sicuro che ci creda ancora. Tuttavia la stagione appena conclusa è stata la peggiore a livello di risultati e prestazioni. Ne parliamo con Nicola, fratello maggiore, anche lui corridore fino al 2021. 

«Dopo il finale della scorsa stagione – racconta Nicola Bagioli – è sicuro Andrea si aspettasse una stagione migliore rispetto a quella messa alle spalle ora. Il cambio di squadra e di preparatore avevano dato grandi motivazioni, ma il 2024 non ha rispettato le aspettative. I risultati non sono arrivati. Da un lato me lo spiego con la maggiore velocità media in gruppo, ogni gara diventa tirata e impegnativa. Quindi è più difficile emergere e fare la differenza. Ora anche i big attaccano da lontano».

A Zurigo dietro Pogacar spunta il casco rosso di Bagioli, in terza posizione
A Zurigo dietro Pogacar spunta il casco rosso di Bagioli, in terza posizione
Il riferimento è a Pogacar? Andrea ha provato a seguirlo al mondiale, come hai visto quella mossa?

Con il senno di poi magari era un attacco da non seguire, Andrea avrebbe risparmiato energie e si sarebbe potuto mettere alla prova per realizzare un risultato migliore. Però ha voluto tentare di seguire il più forte al mondo, e se non si prova non si può sapere a quale livello si è arrivati. 

Tu come lo hai visto in questo 2024?

Sempre concentrato e pronto a fare il meglio. Sicuro sperava di ottenere di più, ma non ha mai perso il focus. L’ho visto tante volte in bici concentrato su quello che doveva fare e con il fare curioso di chi è sul pezzo. Ha anche provato qualche posizione nuova in bici. Di questa stagione non può essere contento, ma ci sta. Può essere anche il motivo per affrontare il 2025 con maggiore grinta. 

Uno dei pochi squilli in stagione è arrivato al Giro, con il quarto posto di Cusano Mutri
Uno dei pochi squilli in stagione è arrivato al Giro, con il quarto posto di Cusano Mutri
A casa com’è apparso?

Tranquillo. Andrea è un ragazzo riflessivo lo è sempre stato. Da un lato penso sia una cosa positiva. A casa c’è un ambiente sereno, in grado di dargli la giusta tranquillità. Ci vediamo spesso e parliamo delle gare e di tanto altro. Conoscendo il suo carattere so che non è contento, ma allo stesso tempo è in grado di staccare, non pensare alla stagione appena conclusa e poi ripartire. 

Che confronti avete sulle gare?

Il mio consiglio è sempre quello di provare ad anticipare, come ha fatto al mondiale. Attaccare più spesso da lontano e provare ad entrare in una fuga piuttosto che aspettare sempre il finale. Nel ciclismo non vince sempre il più forte, si possono inventare mosse diverse. 

Per la prima volta rivali: Tre Valli 2018, Andrea in stage con la UAE, Nicola pro’ da 2 anni (foto Instagram)
Per la prima volta rivali: Tre Valli 2018, Andrea in stage con la UAE, Nicola pro’ da 2 anni (foto Instagram)
Lui che cosa ti risponde?

Che comunque è difficile anticipare se i migliori si muovono a 100 chilometri dall’arrivo. Però è vero che se Pogacar si muove puoi sempre provare e vedere. Oppure può provare ad andare con lui in avanscoperta, soprattutto se non è al 100 per cento. E’ vero, però, che il ciclismo è cambiato tanto da quando ho smesso io, nel 2021. Lo si nota anche dalla TV.

Cosa intendi?

Non sono mai stato un corridore che aspettava il finale per andare via, al contrario di quanto ha sempre fatto Andrea. Però ora vedo molta più “anarchia” in gruppo, con velocità folli dall’inizio alla fine. 

La giusta serenità può arrivare dai compagni di squadra: Consonni è uno di questi
La giusta serenità può arrivare dai compagni di squadra: Consonni è uno di questi
Qual è il tuo pensiero riguardo ad Andrea?

Quando sta bene può essere competitivo, riesce a restare con i migliori e lo ha dimostrato. Magari non tutto l’anno ma in alcuni momenti della stagione può farcela. Credo che il 2025 possa essere l’anno in cui troverà il giusto equilibrio con il nuovo team. Le qualità ci sono.

Matteo Milan, le somme di fine stagione e le idee per il 2025

19.10.2024
6 min
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Con l’europeo gravel di Asiago, anche Matteo Milan ha chiuso la prima stagione nel devo team della Lidl-Trek. C’era curiosità attorno al fratellino di Jonathan e la prima strategia messa in atto dalla squadra americana è stata farlo sentire desiderato per quello che è e non per suo fratello (in apertura i campionati italiani U23 di Trissimo, immagine photors.it). 

«Quello che ho apprezzato – conferma con la fluida parlata friulana – è stato che appena sono entrato mi hanno detto: “Ti abbiamo preso perché sei Matteo e non il fratello di Jonathan. Perché hai i numeri, perché crediamo in te e sappiamo che puoi far bene”. Questa cosa mi ha fatto super piacere e mi ha fatto credere in questa realtà».

Gli europei grave di Asiago sono stati l’ultimo impegno per il 2024 (foto Instagram/Matteo Milan)
Gli europei grave di Asiago sono stati l’ultimo impegno per il 2024 (foto Instagram/Matteo Milan)
Il tuo 2024 conta 55 giorni di corsa: non sono pochi.

Anche perché fatti senza ovviamente una grande corsa a tappe, per cui sono davvero tanti. Bisogna contare almeno tre giorni in più per ogni corsa, per cui sono stato davvero tanto fuori da casa.

Cosa ti pare di questo primo anno?

Sono entrato con un po’ di aspettative su me stesso e volevo dimostrare alla squadra di essere costante: un corridore solido. Volevo anche far vedere la mia personalità e credo che sono riuscito a tirarla fuori. Ho dimostrato di essere sempre presente e disponibile per tutte le corse. Mi sono messo a disposizione quando c’erano dei buchi, perché magari qualcuno si ammalava. Per questo ho partecipato a tre corse a tappe che non avevo in programma. Sono stato anche contento di questo, perché le opportunità escono così e infatti dopo sono usciti i risultati. E’ stato davvero bello entrare in una famiglia come la Lidl-Trek, in cui siamo trattati come professionisti.

Che calendario ti hanno proposto?

Ho corso spesso con i professionisti. Ovviamente il livello è altissimo, davvero uno step in più. Penso che quest’anno sia stato un rodaggio, perché non mi aspettavo di correre così tanto con i grandi e gli sforzi si sono fatti sentire. Quando fai cinque giorni di corsa a tappe con loro, come è successo al Giro di Danimarca, alla fine è bella tosta. Questo sicuramente mi ha dato una marcia in più e il prossimo anno voglio sfruttarla.

Pensi che l’adattamento più impegnativo sia atletico o legato allo stare in corsa?

Fisicamente non mi pare che ci siano stati grandi problemi. Il punto è capire come muoversi in corsa, gli sbagli che ho fatto e che farò, da cui dovrò imparare. Tra i professionisti si corre in modo diverso, bisogna limare di più. Se fai un errore, se ad esempio scatti troppo presto, stai sicuro che la paghi. Bisogna stare attenti a tutto e io credo di aver iniziato a capire come muovermi a fine stagione. Questo è lo step maggiore. Gestirsi, imparare a conoscersi bene e conoscere gli avversari. E come da questo tirare fuori alla fine un risultato.

Hai avuto un tecnico di riferimento?

Ognuno ha il suo, io ho Sebastian Andersen. Poi ho l’allenatore, che sempre fa parte della squadra, ed è Matteo Azzolini.

Ti sei chiesto se quest’inverno ci sarà da cambiare qualcosa per continuare a crescere?

Ci ho ragionato molto. Ho esaminato l’annata: quello su cui avevo puntato e quello su cui vorrei puntare. Voglio cambiare qualcosa, provare a specializzarmi. L’anno scorso ero entrato con idee non chiarissime sui miei obiettivi. Quest’anno ho visto dei risultati in un preciso tipo di corsa. So che in salita faccio ancora tanta fatica, quindi per il prossimo anno vorrei lavorare di più sulla parte veloce e sulla pianura. Vorrei essere più esplosivo, per cui anche durante l’inverno vorrei lavorare non solo sulla classica Z2, di cui si parla tanto, ma su tutto: anche sulla soglia. Perché alla fine per alzare la Z2 bisogna alzare anche la soglia. Mi piacerebbe provare a tenere sugli strappi e giocarmela negli sprint.

A Grosseto, quarto posto per Matteo al tricolore crono, in una giornata storia
A Grosseto, quarto posto per Matteo al tricolore crono, in una giornata storia
Il 2024 ti ha portato anche il quarto posto agli italiani crono: ti ha stupito?

Un po’ sì, perché quel giorno non stavo bene e non sono riuscito ad esprimermi come volevo. L’anno prossimo mi voglio preparare meglio perché la crono è una disciplina che mi piace. E’ spingersi al massimo di se stessi, mi piace molto ed è allenante per tutto il resto. L’anno prossimo le cronometro saranno sicuramente un mio obiettivo.

A parte i tricolori, hai corso in Italia solo il Giro del Friuli, Larciano e gli europei gravel: com’è correre tanto fuori?

Mi piace tantissimo. L’unica cosa che forse mi manca è che ogni tanto vorrei competere a livello under 23. Credo di avere buoni numeri, però se vai sempre in mezzo ai professionisti, il livello è troppo alto e c’è da sgomitare. Ho corso il Giro del Friuli ed è stata una bellissima corsa tappe, mi sono divertito. Quando in corsa riesci anche a divertirti e a non subire soltanto il ritmo degli altri, le sensazioni sono migliori. Però è vero che correre all’estero ti svolta come corridore. Le gare U23 in Italia non hanno lo stesso livello, non si corre come fra i professionisti ed è quello che si rivela più allenante per un futuro da professionista. Magari però un Giro d’Italia U23 potrebbe starci bene…

La Gand Wevelgem e poi la Roubaix: nel 2024 Matteo ha corso entrambe le prove per U23 (foto Instagram/Matteo Milan)
La Gand Wevelgem e poi la Roubaix: nel 2024 Matteo ha corso entrambe le prove per U23 (foto Instagram/Matteo Milan)
Nelle prossime settimane, riuscirai ad allenarti un po’ con Johnny oppure ognuno fa la sua vita?

Durante l’off-season, entrambi non ci alleniamo. Lui in questi giorni è stato al mondiale su pista (ieri sera Jonathan ha vinto il mondiale dell’inseguimento con tanto di record del mondo, ndr), io a casa. Quando torna, parte per le vacanze. E quando torna lui, vado in vacanza io, perché è stato un anno lunghissimo, iniziato a novembre con la preparazione e finito a ottobre con le ultime corse. Devo staccare, fare qualcos’altro che non sia solo bici. Finirà che ci vedremo direttamente in Spagna. Probabilmente si esce di più insieme quando siamo in ritiro che quando siamo a casa.

Milan, l’oro e il record del mondo. E adesso dategli quella birra

18.10.2024
4 min
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Adesso dategli quella birra. Jonathan Milan salta e poco a poco capisce la grandezza del risultato. La maglia iridata è sua, con il record del mondo dell’inseguimento individuale: il trono che era già stato del suo ispiratore Pippo Ganna, cui in mattinata Josh Charlton aveva soffiato il primato. 3’59”153 a 60,212 di media: il prossimo traguardo sarà scendere sotto i 3’59”.

L’intesa fra Milan e Villa rimette l’Italia ai vertici mondiali dell’inseguimento
L’intesa fra Milan e Villa rimette l’Italia ai vertici mondiali dell’inseguimento

La freddezza di Milan

Villa non sta nella pelle. L’Italia è arrivata a questi mondiali mettendo insieme il meglio rimasto, dopo un’estate che le Olimpiadi hanno reso torrida e le gare su strada hanno quantomeno complicato. Il quartetto dei giovani è deragliato per una caduta. Quello delle donne ha preso il bronzo, ma è arrivato in Danimarca fra influenze e varie stanchezze. Paternoster nell’Omnium ha pagato pegno e anche Viviani finora ha portato la bandiera, ma non è parso incisivo. Milan però è uno di quelli giusti: un gigante baciato dal talento. Uno che quando decide di esserci, non lo fa per presenza e non accetta di buon grado di fare figuracce. Se Milan ha accettato di fare il mondiale nell’inseguimento individuale, non è stato per caso.

«Cominciavano ad essere due – sorride Villa – i record che ci avevano tolto quest’anno. Una bella gioia riprendercelo, bravo a Jonathan per la costanza. Ha sempre avuto davanti un campione come Filippo Ganna e quest’anno voleva sfruttare l’occasione. C’è da dargli merito che oltre al titolo voleva fare il record. La costanza e la forza di questo ragazzo hanno fatto la differenza. Il record di Charlton stamattina lo ha colto mentre era sui rulli e veniva da un atleta giovane che non ci aspettavamo. Lui invece è rimasto impassibile. Ha corso con la sua tabella e siamo riusciti ad andare in finale. E questa sera, con la sua freddezza, è riuscito a fare questa prestazione. Quindi insomma, bravissimo: un vero campione».

Inseguimento a uomo

Lo abbiamo visto arrivare fra gli under 23, poi crescere fino a diventare campione olimpico e professionista. Lo scorso anno di questi tempi, Milan era al Tour of Guangxi a vincere le ultime volata per il Team Bahrain Victorious. Il 2024 è stato l’anno della rivelazione. La Lidl-Trek ha saputo convogliare la sua grande forza, facendone una vera star. Per cui quando stasera racconta la vittoria iridata, la sensazione è di avere davanti sempre il ragazzone di allora, ma con lo spessore ormai consolidato del campione.

«Alla fine è stato bello – dice – ho combattuto. Fin dalle qualifiche ho cercato di dare il 100 per cento, andando contro questi avversari. Alla fine non si può risparmiare niente. Nella finale ho fatto praticamente quasi un copia e incolla. Ho cercato di correre sull’avversario. Sono partito forte, devo dire, più del previsto. Però non potevo rallentare, così ho tenuto l’andatura e ho cercato di andare a tutta fino alla fine».

Record per caso?

Non si è mai vantato di nulla e non lo farà neanche davanti al record del mondo che probabilmente durerà per un po’. Difficile dire quale sarà il futuro della pista azzurra verso Los Angeles. Forse Ganna per allora sarà… solo uno stradista, mentre probabilmente Jonathan ci sarà ancora. Eppure adesso la voglia di tutti è che questi due giganti così diversi vadano a portare la loro legge anche nelle classiche più congeniali. I sessanta di media di stasera dimostrano che Milan ha nelle gambe ben più di quello che immagina.

«Il record è venuto come una conseguenza – dice – quasi in secondo piano, anche se sembra brutto dirlo. E’ chiaro che ce l’avevo in testa e che mi sarebbe piaciuto, ma quando vai in finale non ci pensi. Ti concentri sul battere l’avversario, poi è venuto fuori questo grandissimo risultato e siamo contentissimi. Del resto non si potevano fare strategie, tenersi qualcosa dentro. Contro uno così, dovevo fare del mio meglio. Contro certi corridori non puoi che andare al massimo. Adesso però mi merito un po’ di vacanza e poi vedremo. Una birra sarebbe davvero un bel modo per festeggiare».

L’ultima corsa di Barbieri, dal primo Sagan al podio di Ciccone

15.10.2024
8 min
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COMO – Erano tutti presi a salutare Dario Cataldo all’ultima corsa e nessuno si è soffermato a pensare che il Lombardia è stato l’ultima corsa anche per Paolo Barbieri. Gli addetti stampa arrivano dopo e stanno sempre un passo indietro. Infatti al bus della Lidl-Trek il bergamasco è arrivato per ultimo, proprio mentre stavamo salutando Ciccone fresco del podio dietro Pogacar e Remco.

Il ritiro di un addetto stampa, che oggi si dice press officer, riguarda le persone con cui ha lavorato: quindi la squadra e i giornalisti. Per il mondo fuori sono figure che si vedono raramente. Di fatto vivono accanto al corridore e hanno il compito, quando lavorano bene, di avvicinarlo alle richieste dei media. Un filtro e un interprete, capace di far capire al giornalista che l’atleta ha tempi ed esigenze e all’atleta che il giornalista ha ugualmente tempi ed esigenze. E Barbieri, nei 16 anni di collaborazione, ha sempre fatto la sua parte.

Perché dedicare un articolo a un addetto stampa che cambia lavoro? Perché il suo sguardo ha visto i nostri stessi corridori, ma dall’interno. Un punto di vista privilegiato attraverso cui rileggere alcuni momenti del ciclismo recente. Paolo, classe 1982, aveva 26 anni quando mise per la prima volta il naso in gruppo, al Giro delle Fiandre del 2008. Lo portò Gabriele Sola, che con la sua agenzia gestiva la comunicazione della Liquigas. Un primo assaggio prima di essere catapultato nel Giro d’Italia dello stesso anno. Quello delle tre tappe e la ciclamino di Bennati, di qualche giorno in rosa di Pellizotti e quello con Cataldo, Noé e anche Nibali. Cominciò tutto così, con un passaggio intermedio alla Bardiani quando la Liquigas divenne Cannondale, poi l’approdo nel gruppo Trek. E ora che ha deciso di cambiare lavoro, siamo curiosi di farci raccontare quello che lui ha visto e che a noi è per forza sfuggito.

Barbieri è arrivato alla corte di Luca Guercilena alla Trek-Segafredo e ha vissuto l’avvento di Lidl
Barbieri è arrivato alla corte di Luca Guercilena alla Trek-Segafredo e ha vissuto l’avvento di Lidl

I corridori

«I corridori sono persone altamente sotto pressione, dall’esterno e dall’interno. Non tanto le squadre, quanto le pressioni che si mettono da soli. I giovani passano con delle aspettative incredibili, è un carico che può schiacciarti. Sono ragazzi diversi rispetto a quelli che incontrai nel 2008, perché la tecnologia ha creato dei rapporti personali molto diversi. Sono ragazzi più preparati sotto tutti i punti di vista, forse troppo per l’età che hanno. In più sono globalizzati e questo secondo me è positivo. La cosa che secondo me non è mai cambiata è che i ciclisti sono consapevoli, forse per la fatica che fanno, della loro umanità. E non è mai cambiato il rapporto col pubblico. Sono un po’ meno accessibili, si sono creati un po’ di barriere, ma non ho mai visto un corridore negare un autografo.

«Se lavori con un campione, hai tanto lavoro in più, però è la parte più eccitante. Ti trasmette adrenalina, anche se non sono tutti uguali. Ci sono campioni che hanno dietro anche un background culturale e personale, con cui lavorare diventa molto più bello. Ciccone ad esempio è quello con cui ho speso più anni, sin dalla Bardiani. Con lui sono riuscito a creare un vero rapporto di amicizia, che è una cosa bella. Quello con il campione è un lavoro di grande mediazione. Non di rado capita di scontrarsi e ingoiare dei bocconi amari. Certe volte con qualcuno devi essere quasi il fratello maggiore…».

Lombardia 2020, si corre d’estate alla ripresa dal Covid. Barbieri è con Nibali
Lombardia 2020, si corre d’estate alla ripresa dal Covid. Barbieri è con Nibali

L’addetto stampa

«Anche questa è una figura che è cambiata tanto, più che altro per le tecnologie. Quando ho cominciato, il press officer era veramente al servizio della stampa, che era il principale veicolo delle immagini del team e del suo messaggio. Con l’avvento dei social network, tutto è cambiato. Adesso anche noi possiamo e vogliamo comunicare direttamente con i tifosi. Detto questo, io ho sempre ribadito ai miei colleghi più giovani e anche ai manager che le cose devono andare di pari passo.

«Sei tra l’incudine e il martello. Talvolta è un lavoro ingrato nei confronti della stampa. Dall’altra parte sei quello che va “rompere le scatole” al corridore per fare interviste, quando magari non ne hanno voglia. Una parte del nostro mestiere è far capire l’importanza e la bellezza di collaborare con i media. Poi sta alla sensibilità del giornalista tirar fuori qualcosa di più e, in quel caso, anche gli atleti più recalcitranti sono in grado di apprezzare».

Il primo Sagan, nel 2010, fu un’apparizione travolgente nel mondo del ciclismo
Il primo Sagan, nel 2010, fu un’apparizione travolgente nel mondo del ciclismo

Peter Sagan

«Sapete cosa faceva scattare Peter? Perdere! Ricordo ancora una Tirreno-Adriatico, cronosquadre. Passano il traguardo col primo tempo. Io sono sulla linea d’arrivo e vedo che la Greenedge ci batte di due secondi. Arrivo lì e i ragazzi chiedono se dobbiamo andare al podio per la vittoria. Non ho neanche il tempo di dire che gli australiani hanno appena fatto meglio, che Peter sbotta. “Ma no! Vieni sempre a darci brutte notizie, ma com’è possibile?”. Lui quando perdeva era così. Tant’è che poi la sera venne a bussarmi in camera e si scusò per aver esagerato. La sua grandezza era anche questa.

«Peter è stato l’esperienza più bella della mia carriera (foto @brakethroughmedia in apertura, ndr). Ero giovane, andavo alle corse un po’ più leggero. Ricordo le esultanze del Tour, vederlo diventare una calamita. Era una rockstar e non aveva bisogno di essere filtrato o che tenessimo a bada i media. Direi che non ho ricordi di grandi problemi, a parte purtroppo l’incidente diplomatico sul podio del Fiandre che adesso sarebbe vissuto in maniera totalmente diversa. Peter è sempre stato una persona abbastanza aperta, in più si era creato un rapporto di fiducia tale che a volte ero anche il suo portavoce. Sapevo di non sbagliare, ma questa è una cosa che puoi fare passandoci molto tempo insieme. Quei primi anni furono il periodo più bello, poi credo che sia diventato un altro Peter».

E’ il 2012, a Parigi Nibali conquista il podio del Tour dietro Wiggins e Froome
E’ il 2012, a Parigi Nibali conquista il podio del Tour dietro Wiggins e Froome

Vincenzo Nibali

«Vincenzo è il corridore con cui ho lavorato alla Liquigas e che poi ho ritrovato dopo alla Trek-Segafredo. Non dico che non sia cambiato, però Vincenzo è così. Vincenzo non ha maschere, non recita. Da giovane era un ragazzo timido e introverso. Adesso è un uomo non più timido, ma comunque introverso. Con lui ci vuole tempo per costruire un rapporto, ma ovviamente averci lavorato prima mi ha facilitato. E’ stato come riannodare un filo dopo gli anni che aveva fatto con Geoffrey Pizzorni all’Astana. E’ un ragazzo cui devi spiegare bene le cose fino a convincerlo. Perché Nibali era focalizzato al 100 per cento sulla performance.

«L’unico rammarico che ho è che non abbia chiuso qua, cosa di cui avevamo anche parlato. Uno dei ricordi più belli che ho di lui è quando fece il podio al Tour de France, con Peter che vinse la maglia verde. Era il 2012 e fu un momento bellissimo, molto toccante. Vederlo sul podio emozionato, anche da italiano fu un momento da pelle d’oca!».

E’ il 2022 quando Elisa Longo Borghini in maglia tricolore conquista la Roubaix Femmes (@jojoharper)
E’ il 2022 quando Elisa Longo Borghini in maglia tricolore conquista la Roubaix Femmes (@jojoharper)

Il ciclismo femminile

«E’ stato una bellissima scoperta. All’inizio le ragazze sono più diffidenti, ma credo sia normale. L’uomo è più compagnone, ma hanno lo stesso modo di intendere il ciclismo. Sono due mondi diversi. Pensate solo l’accesso al pullman: con gli uomini è libero, con le donne bisogna avere necessariamente più attenzioni. I livelli di stress sono differenti, a volte gli uomini sono più stressati. Le nostre campionesse, Lizzie Deignan e le due Elise, sono sempre molto sicure di loro stesse. E’ stata una bellissima scoperta dal punto di vista umano. Sono diverse, sono più profonde e la confidenza te la devi conquistare.

«Quando ci sono momenti delicati, devi fare un lavoro di protezione dall’ambiente esterno. Non si tratta di sostenerle, ma fargli capire che sono al sicuro. Sono molto più attente degli uomini rispetto a quello che viene scritto. Leggono di più, si informano, sono sensibili. Per cui è un lavoro molto più di mediazione, sapendo che sono molto attente anche a quello che dici. E alla fine si sono creati dei rapporti intensi».

Al Nord, Barbieri con Balsamo nel 2024: la vittoria di De Panne e il secondo posto della Gand (@twilcha)
Al Nord, Barbieri con Balsamo nel 2024: la vittoria di De Panne e il secondo posto della Gand (@twilcha)

I giornalisti

«Negli ultimi due anni ho chiesto espressamente di essere riferimento dell’ufficio stampa. Avere a che fare con i giornalisti è la parte del lavoro che mi piace di più. I social li gestisco, ma preferisco coltivare i rapporti personali. Questo a volte contempla anche lo scontro, ma credo di lasciarmi bene col 90 per cento di voi. Sarà una liberazione, per tanti motivi, non sentirne più una piccola percentuale. Non certo per il lavoro, ma perché alcuni sono arroganti e pensano che il giornalismo sia intoccabile o quasi inappellabile.

«A me piace quando c’è un confronto, accetto anche che mi si dica il contrario. A volte arriviamo a un compromesso. Posso accontentarti su tutto, mentre a volte sono costretto a dire di no perché non si può».

Aver lasciato Milan alla vigilia della sua consacrazione è forse il solo rimpianto di Barbieri (@gettyimages)
Aver lasciato Milan alla vigilia della sua consacrazione è forse il solo rimpianto di Barbieri (@gettyimages)

Il ritiro

«Smetto perché mi è arrivata una proposta che non è stata cercata. Ho un contratto, mi trovo bene, mi sento valorizzato. Sono nella squadra dove volevo essere, in una situazione perfetta. A casa ho una bambina che cresce bene, una moglie che mi vuole bene e che sopporta le assenze. Ho la serenità per riflettere e capire che a 42 anni, è meglio fermarsi così che arrivare più avanti e fermarsi perché non ne puoi più. Lo vedo che non tutte le corse sono ancora esaltanti come il primo giorno.

«Mi dispiace solo dover lasciare Johnny Milan nel pieno della sua esplosione. Ma arrivo a questo giorno dopo averlo comunicato alla squadra a luglio. Ho veramente avuto modo di decidere con la massima serenità. Ieri abbiamo fatto un brindisi con lo staff. Non vado via a cuore leggero, so cosa lascio. Ma si sa che per fare le scelte più belle, devi passare anche attraverso un po’ di dolore».

Autunno sulle montagne russe per Balsamo, ma ora vacanze…

15.10.2024
7 min
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Correre il mondiale tre giorni prima di sposarsi. Correre il Simac Ladies Tour pochi giorni dopo averlo fatto. Nell’autunno di Elisa Balsamo e Davide Plebani c’è stato anche questo, con la coloratissima festa nel mezzo in cui gli sposi hanno proposto agli invitati un dress code non comune. Abbiamo sempre pensato che per fare i corridori serva uno spirito libero. Oppure semplicemente lo stesso tocco di originalità che ha fatto del loro matrimonio una festa variopinta e allegra.

«Abbiamo deciso per il primo ottobre perché sognavamo di fare una cosa all’aperto – dice Elisa con allegria contagiosa – e se avessimo aspettato la fine di ottobre, non sarebbe stato possibile. Alla fine il tempo è stato dalla nostra parte. Siamo riusciti a fare quello che volevamo e sapevo che dopo avrei ancora dovuto correre. Il mondiale invece è stato una chiamata dell’ultimo momento. Sono stata più che contenta di aiutare la squadra, soprattutto perché Sangalli mi aveva detto subito il mio compito sarebbe stato aiutare nei primi 70 chilometri, affinché Elisa Longo Borghini potesse prendere il circuito davanti. E alla fine c’è una grande differenza fra andare a una gara e avere le pressioni di essere il capitano o farlo come è stato a Zurigo. Sapevo di dover dare comunque il massimo, ma senza la pressione del risultato».

Il matrimonio fra Elisa Balsamo e Davide Plebani si è celebrato il 1° ottobre sul Lago d’Iseo (Instagram/@hardyccphotos)
Il matrimonio fra Elisa Balsamo e Davide Plebani si è celebrato il 1° ottobre sul Lago d’Iseo (Instagram/@hardyccphotos)
Come è stato ritrovarsi in gruppo con alcune compagne che erano state al tuo matrimonio?

Abbiamo riso parecchio. Ad esempio con Yaya (Sanguineti, ndr), nelle prime tappe scherzavamo dicendo che stessimo ancora sudando gin tonic. Però alla fine io sono stata contenta di correre perché purtroppo a causa della caduta sono andata in forma alla fine della stagione e il Simac mi ha dato la possibilità di portare a casa qualche risultato. Mi sentivo ancora in crescita e quindi alla fine è valsa la pena di andare a correre.

Se sei ancora in condizione, allora potevi andare ai mondiali su pista, no?

Diciamo che lì è un discorso un po’ diverso e alla fine rimango ferma sulla decisione che ho preso alle Olimpiadi. E’ una ferita ancora aperta, ne ho parlato anche con Marco. Ho bisogno di prendermi un po’ di pausa dalla pista. Questo non vuol dire che non ci andrò più, assolutamente. Comunque mi piace e penso che sia importante anche per la strada. Però ho deciso che questo mondiale lo guarderò da spettatrice.

Cancellate le Olimpiadi, si può dire che dal Romandia in avanti la stagione si è raddrizzata?

Sì. Sono molto contenta della mia primavera, però la caduta ha distrutto tutto. Anche a Burgos mi sentivo bene e poteva essere un buon avvicinamento per le Olimpiadi. Però purtroppo con i se e con i ma ormai non si va da nessuna parte. Tenevo tantissimo ad andare a Parigi e ho fatto l’impossibile esserci, ma purtroppo la condizione era quella che era. Al Romandia sono tornata a vincere ed è stata una grande soddisfazione. All’europeo ho riconosciuto delle belle sensazioni. Forse è la prima volta che finisco una stagione non esausta e potrebbe essere una buona cosa riprendere il prossimo anno da dove mi sono fermata.

Il 6 settembre a Losanna, oltre 5 mesi dall’ultima vittoria, Balsamo torna al successo nel Tour de Romandie. Battuta Kopecky
Il 6 settembre a Losanna, Balsamo torna al successo nel Tour de Romandie. Battuta Kopecky
Dopo la medaglia di bronzo di Davide a Parigi, scrivesti in un messaggio che si era trattata della più grande emozione di sempre legata al ciclismo. Ti va di mettere in fila le emozioni di questa stagione?

Sicuramente il matrimonio sopra ogni cosa di sempre, però non c’entra con la bici. Parlando di sport, vedere Davide vincere il bronzo è stata davvero una delle cose più belle. E’ stato davvero emozionante e in qualche modo mi ha fatto fare pace anche con quel velodromo. La vittoria al Romandia è stata la più bella di quest’anno, per tutto quello che c’è stato dietro. La vittoria al Binda è stata un’altra grande emozione. Il secondo posto alla Roubaix all’inizio è stata una grande delusione. Però poi quando sono tornata a casa, mi sono resa conto che se me l’avessero detto prima, avrei messo la firma. Davvero non immaginavo di poter arrivare lì a giocarmi una gara del genere. E forse questo mi ha aiutato ad aprire gli occhi e capire che ce la posso fare, che può essere nelle mie corde. Quindi quel secondo posto si è trasformato in una sensazione molto positiva.

Quante volte nella tua testa hai rifatto quella volata contro Lotte Kopecky?

All’inizio ci ho pensato un po’ di volte, adesso però basta. Penso che uno dei miei punti di forza sia quello di riuscire abbastanza facilmente a lasciare le cose alle spalle e andare avanti. Ovviamente la riguardi per imparare dagli errori. Però una volta che ho capito che magari avrei potuto aspettare un attimo di più a lanciare la volata, basta. L’ho capito e ci riproveremo l’anno prossimo. Ormai questo è andato.

Secondo te il matrimonio cambierà di tanto la vita, oppure eravate già sposati e non lo sapevate ancora?

Secondo me sarà così. Era già qualche anno che vivevamo insieme, quindi in realtà a livello pratico non cambia nulla. Però penso che sia stata veramente una giornata splendida per noi. Abbiamo fatto una bella festa insieme alle persone a cui vogliamo più bene. Penso che sia stato bello coronare la nostra storia col matrimonio che per noi è una cosa importante, un percorso di vita.

A Zurigo, per dare man forte a Longo Borghini: i mondiali di Balsamo a 3 giorni dalle nozze
A Zurigo, per dare man forte a Longo Borghini: i mondiali di Balsamo a 3 giorni dalle nozze
Le foto e tutti quei colori davano un grande senso di allegria…

Diciamo che abbiamo alimentato la fantasia dei nostri ospiti. Il nostro dress code era “un tocco di pazzia”. Volevamo che ciascuno potesse esprimersi come meglio credesse, non volevamo imporre nulla e lasciare la libertà. In realtà è venuta una cosa bellissima, perché a noi piacciono le cose colorate e sembravamo quasi tutti abbinati. Eravamo talmente colorati, che sembrava quasi fatto apposta.

A proposito di colori, la tua maglia Santini con gli unicorni diventerà la maglia di una nuova squadra giovanile. Come è andata?

Diciamo che quando purtroppo la Valcar ha chiuso, Davide ed io ci siamo guardati e abbiamo detto che sarebbe stato bello fare qualcosa per aiutare le ragazze. Alla fine se io sono arrivata dove sono, è perché ho sempre trovato qualcuno che mi ha aiutato. E soprattutto la Valcar è stata un punto di riferimento importante. Così ne ho parlato con Davide Arzeni e abbiamo cercato di unire le forze. Io ho deciso di sponsorizzare questa squadra appena nata e dare il mio supporto. Quanto alle divise, visto che piacevano, abbiamo deciso di usare quell’idea per la squadra.

L’ultima domanda, restando collegati alla Valcar. Quando sei ripartita al campionato italiano, dicesti di aver pensato anche di mollare. Una tua ex compagna, Marta Cavalli, non è ancora tornata in gruppo, pagando il conto delle troppe cadute. Esiste una ricetta per venirne fuori oppure ognuno la vive a modo suo?

Questa è una domanda molto interessante. Io credo che sia diverso per ciascuno, per cui posso parlare per me. Una cosa è molto importante: le persone che ti circondano. Per me il supporto di Davide, della mia famiglia, delle persone di cui mi fido, anche della squadra, dello staff che lavora sempre con me, è stato fondamentale. Da soli per me non si riesce ad andare oltre dei momenti così difficili. Farsi male è veramente una cosa brutta, avere dolore fisico è proprio brutto. Quindi secondo me da soli non è possibile ed è per questo che io ho sempre creduto nell’importanza del sapermi circondare magari di poche persone, però di grande fiducia. E alla fine in questi due anni si è rivelata la scelta vincente.

Il secondo posto agli europei dietro Wiebes è stato la conferma delle buone sensazioni di Balsamo al Romandia
Il secondo posto agli europei dietro Wiebes è stato la conferma delle buone sensazioni di Balsamo al Romandia
Quando sei lì, diciamo nel buco nero, fa più male più il ricordo del dolore provato o la paura che possa succedere di nuovo?

Devo dire che, tra virgolette, sono stata fortunata. La prima caduta è successa in una dinamica di gara che per fortuna non succede spesso, forse se fosse stata una caduta di gruppo sarebbe stato diverso. Invece quest’anno la mia fortuna più grande è stata che io della caduta a Burgos non mi ricordo nulla.  Quando chiudo gli occhi, mi succede spesso di rivivere la mia caduta alla Ride London. Chiudo gli occhi e, senza che io lo decida, mi trovo quell’immagine e questo può spaventare e bloccarti. Invece della Spagna non mi ricordo niente, non so neanche bene cosa sia successo. Ho riguardato le immagini, però in realtà per me è un buco nero. E questo mi è stato di grandissimo aiuto.

Vuoi dire che la botta in testa a qualcosa è servita?

Esatto (ride, ndr).

E’ tempo di vacanze ora?

Sì, partiamo lunedì prossimo e ci facciamo una bella luna di miele. Stati Uniti Occidentali e Hawaii. Ci rivediamo in Spagna al primo ritiro. Adesso per un po’ si pensa ad altro, come quando ti sposi e hai solo voglia di sparire.

Un podio che vale, adesso Ciccone finalmente sorride

12.10.2024
6 min
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COMO – Uno dei momenti da ricordare di questo Lombardia, seconda Monumento 2024 con un italiano sul podio dopo il Fiandre di Mozzato, è quello in cui Dario Cataldo taglia l’ultimo traguardo della carriera e si accorge che sul podio c’è il suo amico Ciccone. La storia è antica. Giulio è una sorta di fratello minore, cresciuto ciclisticamente alla scuola di suo padre. E quando la Lidl-Trek ha avuto bisogno di una guida per il suo leader, ha puntato sul corregionale più esperto, facendone un road captain. Dario ci teneva a chiudere al Lombardia e pur con il groppo in gola, è passato con un sorriso prima di riprendere la via del pullman.

«E’ stato bello – ammette Ciccone – è stato emozionante. Lui ci teneva a finirla qui ed è stato un bel momento, quando lui è arrivato ed io ero sul podio. Direi che è stato bello per tutti e due».

La mattinata del resto era partita all’insegna del saluto per l’abruzzese, con i compagni che si sono presentati al foglio firma mascherati con la sua faccia. Il Lombardia deve essere stato un lungo viaggio nella memoria, fino alle strade di Como in cui vinse la tappa al Giro d’Italia del 2014. dieci anni fa. Quando Cataldo è arrivato al pullman e ha tolto gli occhiali, aveva gli occhi rossi. Ha firmato autografi. Ha posato per foto. Quindi ha abbracciato i compagni di squadra e lo staff. Ha stretto forte Luca Guercilena. E poi come gli altri è salito sopra aspettando l’eroe di giornata.

Con gambe e testa

Ciccone arriva dopo mezz’ora che lo aspettiamo. Sembra frastornato, come chiunque abbia dovuto attraversare una baraonda di tifosi e ammiraglie incastrate fra loro. Quando incontra lo sguardo di Josu Larrazabal, il capo dei preparatori, il basco lo guarda e gli chiede perché sia così accigliato. Allora Giulio sorride, anche lui dispensa qualche abbraccio e poi sale sul pullman. Li sentiamo gridare e far festa. Qualcuno fa saltare il tappo di birre gelate, che sembrano un miraggio per chi aspetta in strada. Poi lo vediamo passare e gli lanciamo una voce: “Cicco”, hai due minuti? Lui guarda in basso. Sorride. Dice di sì. Ma sedendosi sui gradini del pullman, ci invita a salirne uno. Sotto c’è ancora una ressa da giorno di mercato, se scendesse non riusciremmo neppure a dirci ciao.

Gli raccontiamo che la televisione ha mostrato tante immagini di Pogacar ed Evenepoel, ma ben poco del suo rientro sui primi. Lo abbiamo visto scattare, come se fosse rinvenuto da un luogo imprecisato alle spalle del gruppetto inseguitore. Lui sorride, ha recuperato lo spirito e racconta.

«Per fortuna che almeno lo scatto l’hanno inquadrato – ride – per una volta che faccio uno scatto! Come è andata? Sul Sormano c’è stata la selezione, quella vera. Poi Sivakov è andato via da solo e io sono rimasto nel gruppetto. Ho visto anche che stava rientrando Mollema con altri corridori e a quel punto abbiamo iniziato la valle. Era lunga e farla da solo oppure in due avrebbe significato morire. Abbiamo trovato una buona collaborazione, anche se io sentivo che oggi in salita andavo bene. Ai compagni l’ho detto dopo le prime salite nella zona di Bergamo: stavo bene».

Difesa sulla Colma di Sormano e poi una sparata sul San Fermo: il Lombardia di Ciccone si è giocato anche con la testa
Difesa sulla Colma di Sormano e poi una sparata sul San Fermo: il Lombardia di Ciccone si è giocato anche con la testa

«Quindi – prosegue Ciccone – mi sono messo ad aspettare il San Fermo. Mollema l’ha presa forte da sotto e si è fatto seguire da Storer. Io poi ho dato l’accelerata e quando ho visto che erano vicini, ho preso morale. Mi sono avvicinato a quelli davanti, però non ho chiuso subito. Sapevo che se lo avessi fatto, magari scattavano ancora e mi ristaccavano arrivando da dietro. Per questo li ho lasciati un attimo lì. Ho gestito bene. E quando poi ho deciso di rientrare, mi sono detto che dovevo tirare dritto. E così ho fatto e francamente è andata anche meglio di quanto mi aspettassi».

La delusione di Zurigo

C’è orgoglio e si capisce quanto sia difficile essere un corridore di vertice, nel dover spingere fino ai limiti dell’apnea e riuscire contemporaneamente ad essere lucidi. Sapeva di giocarsi il finale di stagione. Sapeva che le ciambelle fino a quel punto non erano riuscite col buco. Aveva lavorato tanto e sodo con Bartoli in Toscana, eppure era tornato a casa dal mondiale con un pessimo gusto in bocca.

«Il mondiale per me è stato una grande delusione – sospira Ciccone – perché comunque avevo lavorato bene. Sapevo che la condizione c’era, ma sicuramente il percorso non era adatto a me. E’ stato una delusione perché è sempre brutto quando si lavora tanto e non si raccoglie nulla. Specialmente con la maglia nazionale, con cui attiri le attenzioni belle e le attenzioni brutte. Per questo oggi ci tenevo a fare bene. Ed è stato importante perché ci voleva di chiudere l’anno così. Il 2024 è stato difficile e chiuderlo nel migliore dei modi mi dà la serenità per staccare, girare pagina e iniziare nel modo migliore».

Il Lombardia è stato il primo podio di Ciccone in una Monumento e un bel modo di riscattare la stagione
Il Lombardia è stato il primo podio di Ciccone in una Monumento e un bel modo di riscattare la stagione

Il ritmo infernale

E’ salito sul podio con Pogacar ed Evenepoel: una fotografia che dà ancora più valore alla prestazione di oggi, anche se al momento il loro livello è irraggiungibile e occorre farsene una ragione, senza per questo sembrare rinunciatari.

«A volte bisogna accettare la realtà – dice – e la realtà è quella che stiamo vivendo in un’epoca di campioni. Non si tratta di accontentarsi, però di essere realisti e fare il massimo per ottenere quello che si può. E quando c’è Pogacar, si capisce presto se è in giornata super. Il ritmo a un certo punto diventa insostenibile e l’unico che riesce ad andare è lui. E oggi è stata una giornata veramente dura, perché siamo partiti fortissimo. Abbiamo fatto le prime salite a un ritmo già bello tosto e intanto la gara non si era messa proprio benissimo con quei corridori importanti nella fuga. Per riprenderli, il ritmo a un certo punto è diventato altissimo, perché credo che tanti fossero preoccupati. Io sono rimasto lì.

Un podio decisamente interessante per Ciccone, con un bicampione olimpico e iridato della crono e il campione del mondo strada
Un podio decisamente interessante per Ciccone, con un bicampione olimpico e iridato della crono e il campione del mondo strada

«Ho lavorato tanto, sono rimasto concentrato. L’ultimo mese è stato un po’ strano, però io sapevo di aver lavorato bene. E adesso stacco la spina sereno. Questa giornata significa tanto, per la sfortuna che ho avuto e per la squadra che mi è rimasta sempre vicina».

Il tempo di una foto e ci accorgiamo che alle spalle è arrivato Paolo Barbieri, un altro uomo della Lidl-Trek che chiude in questi giorni la sua carriera da press officer. Ci sono tante storie che si intrecciano in questa serata con vista sul lago gonfio d’acqua. Storie di uomini, chilometri e vite. Non resta che scrivere tutto, sperando di ricordare davvero tutto.

Il peso della pressione, l’addio anticipato. Parola alla psicologa

11.10.2024
5 min
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Lisa Klein (nella foto di apertura), una delle storiche componenti del quartetto tedesco arrivato a dominare il mondo, lascerà a fine stagione, in anticipo sui tempi. La campionessa teutonica ha deciso di rescindere il contratto con la Lidl Trek a soli 28 anni: «Non posso continuare a “galleggiare”. Questa stagione ho avuto tanti problemi di salute nei periodi importanti della stagione, e durante le corse sentivo di non riuscire a recuperare come volevo. Inoltre i giorni lontani da casa cominciano a diventare sempre più pesanti. La soluzione per me è di fare un passo indietro, avere meno pressione e rilassarmi».

La troppa pressione per restare nel WorldTour ricorda un tema che alle ultime Olimpiadi è emerso spesso, trasversalmente tanto fra i vari sport come fra le varie nazioni: la gestione della pressione, talmente forte da portare, come nel caso della Klein, a fare un passo indietro. Quello della tedesca è un esempio sul quale vogliamo ragionare con Elisabetta Borgia, psicologa sportiva attualmente alla Lidl Trek senza toccare l’aspetto specifico della ciclista tedesca per non invadere il segreto professionale, ma sfruttandone il pretesto.

La psicologa dello sport, Elisabetta Borgia, in forza alla Lidl-Trek (foto @SimoneArmanni)
La psicologa dello sport, Elisabetta Borgia. La gestione della pressione è un aspetto fondamentale nell’approccio agli eventi (foto @SimoneArmanni)

«Il lavoro sulla pressione si è sempre fatto – esordisce la professionista, in forza anche alla nazionale italiana – è la gestione della performance, fondamentale nell’approccio a un evento. E’ difficile regolare la propria emotività, spesso fa la differenza nella prestazione.  Bisogna lavorare sulla consapevolezza personale sapendo che ci sono atleti che facendo leva proprio sull’emotività riescono a esaltarsi nel momento che conta, altri invece soffrono».

Perché si arriva a fare un passo indietro?

Nel corso degli anni le richieste vanno sempre aumentando, da parte dell’ambiente che ci circonda ma anche dal punto di vista personale e vanno a invadere quella che è la quotidianità e tutto ciò si amplifica con l’avvicinarsi del grande evento per il quale si è lavorato tanto, si sono fatti sacrifici. Se definiamo un obiettivo molto alto la pressione arriva e va sempre aumentando, è importante saperla gestire. Se la percepiamo in maniera troppo forte, questa va a inficiare l’exploit, influisce sulla stessa qualità non solo della propria prestazione ma della vita stessa.

L’aumento dell’attenzione dei media è un fattore che influisce sulla pressione per le atlete
L’aumento dell’attenzione dei media è un fattore che influisce sulla pressione per le atlete
Influisce l’evoluzione della disciplina? Il ciclismo femminile si sta evolvendo a passi da gigante…

Sicuramente. Pensiamo ad esempio che solo 15 anni fa quando ci si allenava, si aveva il cardiofrequenzimetro al polso e si andava avanti, oggi ci sono mille device da tenere sotto controllo e questo diventa un fattore di stress mentale. Abbiamo la testa riempita di mille pensieri. Poi mettiamoci l’aspetto mediatico: siamo a continuo contatto con il mondo, i social sono una rete molto forte e non è sempre facile utilizzarli nella maniera più giusta. Si vuole apparire, ma spesso ci sono anche aspetti negativi con cui fare i conti, ad esempio la commistione fra tifosi e hater.

Il WorldTour è davvero un aggravio da questo punto di vista?

E’ normale che sia così, considerando che intorno al ciclismo è lievitato tutto, sono aumentati i budget e conseguentemente gli stipendi, ma anche la pressione, la richiesta di risultati. Tutto ciò viene vissuto in maniera particolare considerando che non siamo più nella sfera maschile.

La sindrome del burn-out colpisce principalmente le donne ì, con conseguenze fisiche e psicologiche (foto peoplechange360.it)
La sindrome del burn-out colpisce principalmente le donne ì, con conseguenze fisiche e psicologiche (foto peoplechange360.it)
Perché, c’è differenza da questo punto di vista fra i sessi?

E’ un discorso che travalica il puro aspetto ciclistico o sportivo. Parliamo di cultura, di socialità. La donna per sua natura è più legata all’aspetto relazionale, più aperta a parlare, più consapevole della propria emotività. L’universo maschile è più puntato verso la performance pura, ho un obiettivo e cerco la strada più semplice per raggiungerlo. Diciamo che ha una maggiore compartimentazione. Fra le ragazze questo è più sfumato, influenzato dai rapporti personali con compagne, avversarie, staff, ambiente che le circonda… La cooperazione ha un peso maggiore, il contesto diventa un fattore molto più importante. Le ricerche hanno evidenziato come nello sport femminile spesso intervenga la “sindrome del burn out” che porta all’esaurimento delle proprie risorse psicofisiche, influendo in maniera decisiva sul dispendio energetico fino a diventare cronica e a portare a scelte estreme come il fare un passo indietro e rinunciare.

La vicenda della Klein ha destato scalpore perché estremamente rara…

Meno di quel che si pensi. Tornando indietro con la memoria, ricordo che ci sono state molte atlete di altissimo livello a soffrirne. La stessa olimpionica di mtb Pauline Ferrand-Prevot ha vissuto periodi bui, come anche Marianne Vos, oppure la svedese Rissveds che per anni si è persa dopo la vittoria olimpica di Rio 2016. Riuscire a risollevarsi è un aspetto importante e queste atlete non sono solo la dimostrazione che si può fare, ma che le vittorie successive acquistano un maggior sapore e valore. E’ importante per questo essere capaci con il lavoro introspettivo a resettarsi.

Pauline Ferrand Prevot in lacrime dopo l’oro olimpico. Più volte è arrivata sull’orlo del ritiro
Pauline Ferrand Prevot in lacrime dopo l’oro olimpico. Più volte è arrivata sull’orlo del ritiro
Qual è allora la differenza con il passato?

Semplicemente che se ne parla di più. All’aumento della pressione corrisponde un aumento della cultura legata a questa, gli studi che si moltiplicano sul tema, un lavoro che si compie insieme a professionisti del settore. E’ un problema importante e comune che porta molti a non riuscire ad arrivare a fine stagione. Il primo passo è sempre avere la forza di condividerlo, di esternare il problema in modo da poterlo affrontare.