Il concetto di manubrio fa passi da gigante anche nel cross

12.12.2023
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Il manubrio è uno dei punti di contatto che influisce in modo esponenziale sulla bicicletta. Per molti atleti la leggerezza non è fondamentale, per altri è importante anche nel ciclocross. La maggior parte dei corridori cerca il giusto compromesso tra rigidità ed ergonomia.

Abbiamo messo insieme quattro considerazioni di altrettanti atleti, molto differenti nello stile di guida e nel modo di aggredire i tracciati di ciclocross. Manon Bakker (vittoriosa tra le donne a Vermiglio) e Laurens Sweeck, Ryan Kamp e Michael Vanthourenhout. Tutti (e non sono i soli) utilizzano la piega Deda Superzero e nessuno di loro ama particolarmente l’integrato in ambito cx. Cambiano le scelte per quello che concerne l’attacco manubrio: c’è chi lo preferisce più “morbido” e chi invece lo cerca rigido.

Bakker, leggerezza al top

«Ritengo che anche in ambito ciclocross – spiega l’atleta olandese – la leggerezza sia importante. Lo è perché dove si possono risparmiare dei grammi, senza compromettere la sicurezza del componente, è importante farlo e per me una bici leggera è più funzionale. La leggerezza è importante perché influisce anche sulla rigidità complessiva e un manubrio troppo rigido nel ciclocross può essere controproducente.

«Questo è uno dei motivi – prosegue Bakker – che orientano la mia scelta su un binomio non integrato. Inoltre, non utilizzando le leve troppo inclinate verso l’alto, per me è fondamentale avere una piega che mi permetta di appoggiare i polsi sulla piega, visto che per la maggior parte del tempo il palmo delle mani è sui comandi».

Sweeck, compromesso semi-aero

«Al di là delle scelte soggettive e delle sponsorizzazioni – spiega il ciclocrossista belga – il fatto di avere a disposizione una piega con la parte superiore più larga, una sorta di concezione aero, offre dei vantaggi sfruttabili per l’appoggio del palmo delle mani. Un manubrio del genere ti aiuta nel controllo della bici quando è fondamentale tirare con la parte superiore del manubrio.

«Rispetto ai manubri completamente rotondi il feeling è migliore e così anche la sensazione di rigidità. Diventa importante anche la scelta dell’attacco manubrio, a mio parere più rigido è, meglio è».

Kamp, come su strada

«Dal manubrio passa tutto – spiega Ryan Kamp – il giusto manubrio ti permette di guidare bene la bicicletta, di avere un buon feeling e di essere comodo. Ti supporta e ti sostiene, ma nel ciclocross non deve essere estremamente rigido. Preferisco la piega e l’attacco manubrio separati che lasciano sempre un margine di elasticità, rispetto ad un integrato che nel cx può diventare eccessivo, anche se entrano in gioco gli sponsor tecnici e le scelte personali.

«Nel corso della stagione di gare – ci racconta il ventitreenne olandese – uso la bici da ciclocross anche per allenarmi su strada e mi piace avere sempre il medesimo setting».

Vanthourenhout, Superzero e Zero100

«La scelta della tipologia di piega – spiega infine il campione europeo Vanthourenhout – è condizionata dal fatto che a me piace utilizzare i manettini con una inclinazione rialzata. Ho iniziato ad usare il Superzero Carbon e forse non tornerei ad un manubrio rotondo di tipo standard. Se è vero che noi crossisti passiamo buona parte del tempo con le mani alte sui comandi, è altrettanto vero che quando le spostiamo sulla parte centrale dobbiamo avere un manubrio rigido, ma che ci permette di non modificare eccessivamente le caratteristiche della bici sull’avantreno.

«Rigido sì – conclude – ma non troppo. Un’altra caratteristica importante è la larghezza: troppo stretto non è funzionale quando la guida diventa molto tecnica e tutto il corpo si muove in parallelo alla bicicletta».

Laurens Sweeck, full gas e gomme bianche

17.12.2022
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Laurens Sweeck è uno degli atleti belgi più amati, seguiti ed è tornato in grande forma proprio in questo 2022 al rientro dalle prove americane.

Sentiamo cosa ci ha detto in merito alla gara di Coppa del Mondo di Vermiglio in Val di Sole, per lui una prima, in quanto non era presente nel 2021.

La Stevens Superprestige di Sweeck
La Stevens Superprestige di Sweeck
Qual’è il tuo feeling con la neve?

Direi buono, anche se è necessario considerare che le condizioni che troviamo durante la giornata di prova, sono molto differenti da quelle che troveremo in gara. Ora la neve è soffice, quasi molle, mentre stanotte e domani mattina dovrebbe essere tutto gelato, quindi dovrebbe essere molto differente. Inoltre alcuni corridori presenti l’anno passato, mi hanno raccontato di un percorso leggermente diverso, ora più impegnativo ed esigente per quello che concerne la guida. E poi c’è uno spessore di neve ridotto, rispetto all’edizione passata e si vede più terra ed erba.

Tubolari bianchi Dugast con disegno multipuntinato e gomme a 1 bar. Queste gomme sono fuori produzione
Tubolari bianchi Dugast con disegno multipuntinato e gomme a 1 bar. Queste gomme sono fuori produzione
Potrebbero cambiare le scelte tecniche?

Si, potrebbero cambiare, anche se non credo che ci possa essere una grande diversità tra un setting ed un altro. Sul tracciato di Vermiglio e sulla neve c’è da spingere ben oltre il full gas e farlo per un’ora. E’ un tracciato davvero impegnativo perché c’è da guidare tanto la bici e mettere costantemente della forza. Si potrà respirare al termine della gara.

Stem Deda SuperBox e piega SuperZero con profilo alare
Stem Deda SuperBox e piega SuperZero con profilo alare
Nella giornata che precede una gara come questa, come gestisci il training?

Diciamo che è una buona cosa prendere confidenza con la neve e come si comporta il mezzo in questa situazione, ma senza esagerare facendo dei lavori specifici. 40/45 minuti, poi al limite si rifinisce la giornata con un po’ di rulli. E’ più che altro un aspetto mentale, ma è necessario mantenere il motore acceso.

Considerando il freddo e lo sforzo, cambierà il tuo approccio alla gara?

No, mi comporto come se fosse una gara normale, anche nelle ore a ridosso della competizione. Anche le fasi di riscaldamento saranno le medesime. Una piccola variazione potrebbe essere fatta nella tempistica del warm-up, magari leggermente dilatata, ma questione di minuti, perché sarà fondamentale non raffreddarsi troppo e troppo in fretta prima della partenza.

Van Aert padrone anche quando le cose vanno male…

12.12.2022
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Quando si parla di ciclocross internazionale, si potrebbe quasi riportare tutto ai poemi epici dell’antica Grecia, alle storie fatte di esseri umani e semidei e se neanche un incidente meccanico riesce a frenare la corsa di uno di questi semidei verso la vittoria (nello specifico Wout Van Aert) sembra quasi che per gli esseri umani (quasi tutti gli altri) non ci sia speranza…

La storia della tappa irlandese di Coppa del Mondo in una Dublino fredda ma entusiasta con oltre 8.000 presenti ai bordi del circuito vive soprattutto su un episodio. Eravamo nella seconda metà gara e ormai la prova si era andata delineando. L’assenza di Mathieu Van Der Poel vincitore delle ultime due tappe e provvisoriamente assente dai campi di ciclocross perché impegnato nel primo ritiro prestagionale dell’Alpecin Deceuninck, aveva un po’ scombinato le carte. Nessuno aveva preso l’iniziativa, così a giocarsi apparentemente la vittoria erano in 6. Apparentemente perché fra loro c’erano i due Tenori rimasti, Van Aert appunto e Pidcock.

Il podio finale con Van Aert primo con 14″ su Sweeck e 17″ su Pidcock. Sweeck sale in testa alla classifica (foto Uci)
Il podio finale con Van Aert primo con 14″ su Sweeck e 17″ su Pidcock. Sweeck sale in testa alla classifica (foto Uci)

L’asciugamano maledetto

Passando davanti ai box, Van Aert si faceva consegnare un asciugamano per ripulirsi dal fango imperante sul percorso, dopo che il ghiaccio della mattina si era sciolto con il susseguirsi dei passaggi.

Inavvertitamente, l’asciugamano (che Van Aert mostra nella foto di apertura) gli sfuggiva dalle mani andando a incastrarsi nel deragliatore posteriore. La bici era inutilizzabile, per fortuna del belga però la zona dei box era ancora vicina e allora via di corsa per raggiungere la postazione e prendere l’altra bici. Questa almeno la buona sorte evidenziata da molti addetti ai lavori, ma ci sono altri due motivi alla base della sua vittoria.

Per Van Aert quella di Dublino è la prima vittoria stagionale in Coppa, alla sua seconda gara
Per Van Aert quella di Dublino è la prima vittoria stagionale in Coppa, alla sua seconda gara

La bici appena pulita

Il primo è legato proprio alla bici: a dispetto del fango, Van Aert non aveva cambiato il suo mezzo in quel passaggio, non reputando la propria bici ancora eccessivamente intrisa di fango, così ha potuto inforcare l’altro modello perfettamente ripulito dai meccanici. Il secondo fattore è invece legato al comportamento degli avversari, che si sono guardati bene dall’attaccarlo. Si dirà: è stato un gesto di rispetto, ma questa regola può valere per la strada, nel ciclocross “mors tua, vita mea”, è sempre stato così. Il fatto è che i corridori hanno ormai un “inferiority complex” nei suoi confronti e non si avventurano a sfidarlo anche quando potrebbero farlo.

Nell’occasione il belga, al suo primo centro stagionale in Coppa, ha dato sfoggio di tutta la sua esperienza: «Sono rimasto calmo, davanti non erano pronti ad attaccare e ho pensato a fare tutto nel migliore dei modi. Nel cross la calma è fondamentale, tutto può cambiare da un momento all’altro».
L’inconveniente è costato nel complesso 16” a Van Aert che non ci ha messo poi tanto a recuperare sugli avversari e poi, su un tratto sabbioso, ha dato l’accelerata rivelatasi decisiva. L’unico che ha provato a tenere il passo è stato Sweeck, a caccia del simbolo del primato: «Ho avuto le p… per provare a rispondergli” affermava senza mezzi termini al traguardo, soddisfatto della sua seconda piazza a 14”.

Oltre 8.000 i presenti a Dublino, dato rarissimo fuori dal Belgio (foto Eurosport)
Oltre 8.000 i presenti a Dublino, dato rarissimo fuori dal Belgio (foto Eurosport)

Eppure ancora troppi errori…

Da buon perfezionista, Van Aert ha accolto la vittoria senza troppa enfasi, guardando soprattutto a quel che non è andato e leggendo bene le sue parole, sembra di risentire il suo grande rivale Van Der Poel dopo le sue prime vittorie: «Non è andato tutto liscio: nella prima parte ho faticato a riagganciarmi ai primi, sono anche caduto in un passaggio e nel complesso della gara gli errori tecnici sono stati tanti. Il fango era davvero tantissimo e ci ha messo in difficoltà».

E l’altro tenore? Tom Pidcock ci teneva tantissimo alla gara irlandese e alla fine il terzo posto finale a 17” lo ha soddisfatto: «E’ stata una gara strana, nella quale mi sono accorto di andare sempre allo stesso ritmo, seppur sostenuto, ma quando Van Aert ha fatto la differenza non ne avevo per rispondergli. Il gruppo nella prima parte era numeroso e non c’era davvero un punto dove poter fare la differenza. Devo dire però che sarei stato molto deluso se alla fine non fossi riuscito a salire sul podio. Il terzo posto in queste condizioni era il massimo che potessi fare».

Per Pidcock un terzo posto buono nella tappa a cui teneva di più
Per Pidcock un terzo posto buono nella tappa a cui teneva di più

Difesa iridata? No, ma…

Pur in una gara che non è proprio andata come sperava, Pidcock ha aperto un piccolissimo spiraglio alla sua difesa della maglia iridata, d’altronde a ogni gara è sempre quella la domanda che i giornalisti gli rivolgono: «Probabilmente non ci sarò, ma non sono proprio sicuro. In fin dei conti non è neanche un problema che mi assilla, io voglio godermi una stagione di ciclocross ad alto livello, ma pensando alla strada». Sarà davvero difficile vederlo in gara a Hoogerheide il 5 febbraio, ma come ha detto Van Aert le cose nel ciclocross possono sempre cambiare…

Veni, vidi, vici: Van Der Poel riparte alla sua maniera

28.11.2022
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Guardando la gara di Hulst, tappa olandese della Coppa del mondo di ciclocross, la prima cosa che si capisce è perché quando entrano in campo i tre tenori cambia tutto, diventa un altro sport. Basterebbe guardare solo i primi due minuti della gara: Mathieu Van Der Poel scatta col numero 38, davanti ci sono tutti i protagonisti del circuito mondiale fra belgi e olandesi e l’altro tenore: il campione del mondo Tom Pidcock.

Due minuti. Tanto impiega VDP a riportarsi avanti, al sesto posto, affiancato a un Pidcock che non si è neanche dannato l’anima, quasi sapesse che tanto il rivale si sarebbe subito agganciato. Come ha fatto? Grande potenza, certamente. Classe, non manca di certo. Ma soprattutto cattiveria agonistica e concentrazione. Quei due ingredienti che spesso fanno la differenza. Pontoni lo raccomanda di continuo soprattutto ai più giovani. Che forse dovrebbero riguardarsi quei due minuti al computer e impararli a memoria…

L’olandese era visibilmente soddisfatto a fine gara. Domenica nuovo test (foto Uci)
L’olandese era visibilmente soddisfatto a fine gara. Domenica nuovo test (foto Uci)

Il guanti tolti

Quando Mathieu Van Der Poel scende in gara, lo fa sempre con cognizione di causa, nel senso che sa bene che è in condizione di vincere. Lo era anche lo scorso anno, quando scese in pista a Dendermonde, ma era la pallida copia dal punto di vista fisico del campione che conosciamo. Quello di Hulst è un altro Van Der Poel, molto più in palla anche se a suo dire la schiena non è ancora a posto. E quando è così, difficilmente la vittoria gli sfugge. Dal 2015 è accaduto solo due volte e due resteranno.

La gara ha un’evoluzione abbastanza semplice. Prova veloce, su un terreno scivoloso e disputata molto prima del solito, per lasciare spazio televisivo alla sfida calcistica del Belgio ai mondiali. Van Der Poel nei primi due giri tiene il passo dei rivali a dispetto di evidenti problemi tecnici, che lo portano a scivolare due volte. Nel terzo giro Pidcock cambia marcia e si scrolla di dosso gli specialisti, l’olandese da par suo si toglie i guanti: un segno che sta cambiando qualcosa, che sta per partire?

A Hulst più di una caduta per VDP, apparso ancora in ritardo dal punto di vista tecnico
A Hulst più di una caduta per VDP, apparso ancora in ritardo dal punto di vista tecnico

Aspettando Van Aert

Nella quarta tornata sono rimasti solo loro due, ma Van Der Poel ne ha di più e se ne va, senza essere più raggiunto, anzi Pidcock alla fine abdica anche a causa di una caduta con problema al cerchio, tanto da essere costretto al ritiro. La prima sfida è a favore del padrone di casa, ma domenica sarà un’altra storia, anche perché arriverà il terzo incomodo, un certo Wout Van Aert.

Raramente capita di vedere il campione dell’Alpecin Deceuninck pienamente soddisfatto, ma negli attimi immediatamente successivi alla vittoria di Hulst si percepiva chiaramente che questa non è stata una vittoria come tutte le altre. E’ come se si fosse strappato di dosso i dubbi, il malumore figlio della stagione scorsa, durata la miseria di una gara e mezza. Una stagione cancellata, questa vittoria lo riaggancia al VDP di due anni fa.

«E’ una vittoria gratificante perché finalmente ho avuto tempo e buona salute per preparare la mia uscita nel ciclocross».

E sembra strano ascoltarlo, considerando che di allenamenti specifici ne ha fatti davvero pochi, proprio come Pidcock prima della sfida della domenica precedente a Overijse, persa per pochissimo contro Vanthourenhout.

Pidcock in gara a Kortrijk, prima vittoria per il britannico in maglia iridata
Nella gara di Kortrijk di sabato, prima vittoria per il britannico in maglia iridata

Pidcock: no al mondiale

Nella sua disamina post gara, Van Der Poel sottolinea quel che è andato e non: «La forma fisica è già buona e quella arriva grazie alla preparazione che è già iniziata per la stagione su strada. Tecnicamente però sono molto indietro e in gara si è visto. Per unire le due cose serve tempo, io spero di essere già molto diverso nel periodo delle feste». Cominciando magari da una settimana prima a Vermiglio, gara che ha cerchiato di rosso sul suo personalissimo calendario.

L’altro tenore, la sconfitta l’ha mandata giù senza troppo rimuginarci. Il giorno prima intanto aveva finalmente bagnato con una vittoria la sua maglia iridata, trionfando a Kortrijk nella prova dell’H2O Trofée. Una gara dominata, andando via al secondo giro e trasformando la corsa in un allenamento. Il britannico della Ineos Grenadiers alla fine di questo weekend ha confermato di essere in una forma migliore di quella dello scorso anno nello stesso periodo, ma ha anche ribadito il suo no alla difesa della maglia.

«Voglio onorarla dalla prima all’ultima gara che potrò fare – ha detto – ma poi dovrò pensare alla preparazione della stagione su strada che richiederà tempo e attenzione».

Il podio finale con Sweeck a 15″ e Iserbyt a 22″ (foto Sportpic-Agency)
Il podio finale con Sweeck, secondo a 15″ (foto Sportpic-Agency)

Essere campioni non basta più…

Che cosa resta della sfida di Hulst? Anche un’altra considerazione, la diversa immagine che, come avviene ormai ogni anno, assumono gli altri protagonisti. In occasione della tappa olandese, Iserbyt ad esempio ha perso la leadership della classifica generale a vantaggio di Sweeck, ma questo sembra quasi un inciso, quando invece in qualsiasi sport sarebbe forse il motivo principale di discussione. E’ probabile che, come dice lo stesso Iserbyt, la lotta andrà avanti fino alla fine, ma ora che sono entrati in scena i grossi calibri, se ne accorgeranno in pochi.

E’ il prezzo che si paga alla presenza dei fuoriclasse, quelli che solo con qualche ora di allenamento specifico arrivano e fanno la differenza. Non si può negare che, guardando i vari Iserbyt, Sweeck, Vanthourenhout viene un po’ di malinconia, condannati a vivere in un mondo dove essere campioni non basta più…

A Brugherio si rivede Ceolin, in Coppa guerra fra i belgi

31.10.2022
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Si era già detto alla vigilia e tante volte l’argomento è saltato fuori parlando del calendario di ciclocross: con le tante concomitanze in Italia e all’estero, alcune prove rischiano di essere penalizzate. All’International Cyclocross di Brugherio è successo solo in parte, perché anche se erano tutti italiani quelli al via (e neanche tutti i migliori considerando che il giorno dopo c’era la Coppa del Mondo a Maasmechelen) la gente ha mostrato un afflusso clamoroso, degno delle grandi classiche del settore in Belgio e Olanda.

L’impatto scenico ha lasciato molti senza fiato. Fra questi anche colui che è risultato il grande protagonista di giornata, Federico Ceolin tornato alla vittoria dopo un inizio balbettante nelle primissime uscite, da mettere in conto considerando il suo impegno quest’anno su strada: «Io vengo dalla mtb e questa è stata la mia prima vera stagione su strada, con tutto che fra una caduta con clavicola e due costole rotte a inizio stagione covid preso appena tornato dopo due mesi, sono andato sempre in rincorsa. Risultati non ce ne sono stati, ma l’influsso rispetto al ciclocross è stato enorme».

L’arrivo vittorioso di Ceolin nella gara di Brugherio, valida per il Master Cross (foto Alessandro Di Donato)
L’arrivo vittorioso di Ceolin nella gara di Brugherio, valida per il Master Cross (foto Alessandro Di Donato)

L’importanza della strada

Il portacolori della Beltrami Tsa Tre Colli conferma una volta di più come il binomio ciclocross-strada sia estremamente funzionale: «Prima quando affrontavo le gare di ciclocross notavo che nella parte finale soffrivo e spesso andavo un po’ spegnendomi. Ora, con la base di un corridore abituato a pedalare per quattro ore, le prove di un’ora sono sempre impegnative, ma il mio fisico le assorbe molto meglio e nel finale sono sempre in grado di dare la “menata” giusta, quel cambio di ritmo che garantisce la vittoria».

E’ stato così anche a Brugherio: «Avendo perso un po’ di punti nel ranking mi sono ritrovato a partire dalla seconda fila, ma già nel primo giro ero dietro i primissimi. Sono rimasto un po’ coperto e poi nel secondo giro ho dato gas per fare selezione. Con me è rimasto solo Samuele Leone. Siamo andati insieme, poi è cambiato qualcosa…

Ceolin e Leone in fuga. I consigli arrivati dai box a quest’ultimo hanno avuto un prezzo (foto Di Donato)
Ceolin e Leone in fuga. I consigli arrivati dai box a quest’ultimo hanno avuto un prezzo (foto Di Donato)

La scelta del male minore

«Passando davanti ai box ho sentito che i suoi responsabili gli dicevano di abbassare il ritmo, in modo da permettere a Bertolini di tornare sotto. A quel punto ho capito che dovevo scrollarmelo di dosso e ho dato proprio una delle menate di cui sopra. Nell’ultimo giro ho pensato ad amministrare». Per la cronaca, Ceolin ha chiuso con 14” su Leone e 39” sul sempre presente Cominelli (Cycling Café).

Una vittoria che gli ha dato nuovo vigore, proprio per il contorno che ha trovato in terra lombarda: «E’ stato eccezionale, una gara in un clima anomalo, sembrava di pedalare in estate. Faceva un caldo tale che ho deciso di tenere la borraccia sia per levarmi un po’ di polvere che per bere ogni tanto. Sapevo che mi avrebbe dato problemi nel caricare la bici in spalla, ma su quel percorso si scende di sella solo una volta a giro, ho deciso di scegliere il male minore. E poi la gente, mamma mia quanta gente c’era, sembrava davvero di essere al nord…».

A Brugherio è proseguito il bell’inizio di stagione della Casasola (foto Alessandro Billiani)
A Brugherio è proseguito il bell’inizio di stagione della Casasola (foto Alessandro Billiani)

Polemiche in casa belga

A proposito di Nord, il weekend è stato molto intenso, prima con la tappa del Superprestige a Ruddenwoorde e poi con la Coppa del Mondo a Maasmechelen. In attesa che i tre tenori entrino in gioco, gli specialisti si stanno dando battaglia e nell’ambiente non mancano le polemiche. In casa belga sono esplosi antichi rancori, che hanno le proprie radici nell’addio di Laurens Sweeck alla Pauwels Sauzen, la squadra di Iserbyt e Vanthourenhout. Sabato, con Iserbyt che in volata aveva prevalso su Sweeck, quest’ultimo al traguardo era esploso.

«Non si prende mai le sue responsabilità. Con Van Der Haar in fuga – si è sfogato – stava a lui e a Vanthourenhout inseguire, invece aspettavano che mi muovessi io. Poi, appena l’olandese ha avuto sfortuna, Eli è scattato senza aver fatto nulla per ricucire lo strappo. Non si è campioni così…».

Iserbyt in patria inizia a non essere molto ben visto: molti tifosi e non solo loro lo accusano di vincere solo perché non ci sono i “veri” grandi: «Che cosa faccio di sbagliato se vinco quando loro non ci sono? Dovrei arrivare secondo? Quanto a Sweeck, è solo frustrato perché non vince lui. La verità è che siamo noi a fare sempre la corsa, è successo nelle tappe di Coppa del Mondo ed è successo anche a Ruddenwoorde». Poi la stoccata finale: «Laurens ha un bel passo, ma non abbastanza per stare con noi, adesso capirà che lusso era stare nel nostro team lo scorso anno, perché io e Michael gli toglievamo le castagne dal fuoco».

Laurens Sweeck a Maasmechelen. Il suo addio alla Pauwels Sauzen ha avvelenato gli animi (foto Photo News)
Laurens Sweeck a Maasmechelen. Il suo addio alla Pauwels Sauzen ha avvelenato gli animi (foto Photo News)

Regolamento di conti

Sweeck non l’ha digerita e quella di Maasmechelen è diventata una sfida al calor bianco. Ha trasformato la gara in una faccenda privata, ha imposto un forcing fortissimo, ha retto quando Iserbyt ha provato il suo solito numero in salita e poi ha sfruttato l’errore di quest’ultimo nel finale.

«Quando è avvenuto – dice – sono riuscito a scavare un divario incolmabile. Per me la vittoria chiude ogni discorso, non mi va di andare avanti con le polemiche, d’altronde è la mia prima in Coppa del mondo, l’avevo inseguita tanto. La caccia è conclusa, ora se ne aprono altre».

Il prosieguo di stagione internazionale si prospetta ricco di motivi d’interesse.

Superprestige: tappa a Sweeck, classifica per Aerts

06.02.2021
4 min
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Una gara strana, il ciclocross di Middelkerke che ha chiuso il Superprestige. Sicuramente la lotta per la vittoria finale nella challenge ha influito, ma l’immagine che rimane negli occhi è di una differenza quasi sconcertante per il movimento quando mancano i “tre tenori”. Chi pensava alla vigilia che dalla loro assenza ne potesse scaturire maggiore equilibrio è rimasto profondamente deluso, perché quello che si è visto è semplicemente un livello inferiore (il che era prevedibile) e una squadra in grado di fare il bello e il cattivo tempo, la Pauwels Sauzen Bingoal.

Michael Vanthourenhout si è giocato la corsa del Superprestige con Sweeck
Michael Vanthourenhout si è giocato la corsa con Sweeck

Forcing Pauwels

Per capire come si è evoluta la gara bisogna partire dalla vigilia: la classifica vedeva avanti il bronzo iridato Toon Aerts con 5 punti di vantaggio sul campione europeo Eli Iserbyt e tutti pensavano che il giovane belga avrebbe fatto di tutto per colmare il divario. La squadra si è messa al suo servizio, tanto che i primi due giri su un percorso intriso di fango e acqua, un tracciato tipico da ciclocross e molto diverso da quello inventato a Ostenda per i mondiali, vedevano la Pauwels “inventarsi” una sorta di cronometro a squadre con Iserbyt, Vanthourenhout e Sweeck in fila, a darsi cambi regolari, facendo così il vuoto alle proprie spalle.

Eli Iserbyt non ha più ritrovato la condizione degli europei
Eli Iserbyt non ha più ritrovato la condizione degli europei

Iserbyt addio

Per il piccolo Iserbyt le cose sembravano mettersi bene, anche perché dietro Aerts era vittima di uno scivolone che gli faceva perdere terreno e soprattutto posizioni preziose. Il problema però era tutto nella testa del campione continentale, che da quando ha vinto la prova titolata non è stato più lui. Già alla fine del primo giro si capiva che qualcosa non andava, appena passato il traguardo si toglieva i guanti e decideva di lasciarli ai meccanici al cambio di bici: una scelta dettata probabilmente più dal nervosismo e che era il prologo al suo cedimento, a dispetto del lavoro dei compagni, che inizialmente provavano a rallentare per tenerlo con sé, ma poi era chiaro che sarebbe diventata una corsa a perdere.

Toon Aerts è partito dalla testa della classifica di Superpestige e l’ha conquistata
Toon Aerts ha conquistato il Superpestige

Sweeck bis

Vanthourenthout e Sweeck andavano così a giocarsi la vittoria che finiva a quest’ultimo, felice di ottenere il bis del successo dello scorso anno, con i due che arrivavano in parata cercando di mettere in bella mostra il marchio coperto dal fango. Iserbyt arrivava trafelato dopo 52”, ma il piazzamento non era sufficiente per superare Aerts nella classifica del Superprestige , che nel frattempo aveva fatto i suoi conti e si era messo dietro l’olandese Lars Van Der Haar, compagno di squadra pronto a cedergli il quinto posto se Iserbyt avesse vinto. Un’eventualità non necessaria, così nel finale il belga rallentava per aggiungere con il suo sesto posto un altro trofeo alla sua collezione, ricca già di due Coppe del mondo, un titolo europeo e uno nazionale oltre a tre bronzi iridati consecutivi. Certo, non la maniera più brillante per vincere, ma tanto bastava.

Denise Betsema ha vinto fra le donne
Denise Betsema ha vinto fra le donne

Vince Betsema

Discorso abbastanza parallelo fra le donne, dove l’iridata Lucinda Brand ha messo in bacheca un altro Superprestige seppur al termine di una giornata poco fortunata, iniziata con una caduta che di fatto l’ha estromessa dalla lotta per la vittoria. Mentre davanti la Betsema, a dispetto dei suoi soliti errori tecnici in salita, faceva il vuoto, la Brand piano piano risaliva fino al terzo posto, più che sufficiente per vincere, mentre seconda era la Alvarado, apparsa ancora lontana parente di quella che era data per grande favorita a Ostenda. Insomma, un podio tutto olandese, ma questa non è una notizia…

Laurens Sweeck (BEL - Pauwels Sauzen - Bingoal) - Ethias Cross 2020

Sweeck, una rivincita dolcissima

16.11.2020
3 min
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Lo sport insegna che da un errore possono nascere grandi cose: Laurens Sweeck lo sa bene. Anche nel ciclocross. La domenica prima agli Europei era all’inseguimento della coppia di testa Iserbyt-Vanthourenhout. Lottava per il podio. Aveva ormai staccato l’olandese Lars Van Der Haar, ma ecco un errore in curva. Il piede a terra, una ripartenza neanche semplice e tutto era perduto. Soprattutto il morale. Sweeck ha rivisto quell’errore nella sua testa più e più volte e alla fine ha tratto da quella delusione una forza enorme.

Eli Iserbyt (BEL - Pauwels Sauzen - Bingoal). Ethias Cross 2020
Eli Iserbyt, condotta timida all’Ethias Cross dopo la vittoria degli europei
Eli Iserbyt (BEL - Pauwels Sauzen - Bingoal). Ethias Cross 2020
Eli Iserbyt è parso poco incisivo all’Ethias Cross

A Leuven da padrone

Primo a Niel mercoledì nel Superprestige, primo nella quarta tappa dell’Ethias Cross 2020 a Leuven sabato e non in una maniera comune, ma da vero padrone della corsa. E’ passata una settimana ma sembra un secolo. Iserbyt, forse ancora appagato del titolo europeo, pare tornato quello timoroso e inconcludente delle sue prime apparizioni fra gli elite. Sweeck è in fuga con Toon Aerts, il grande deluso di S’Hertogenbosch, mentre dietro Vanthourenhout recita lo stesso ruolo di Sweeck in Olanda. 

Laurens Sweeck (BEL - Pauwels Sauzen - Bingoal) - Ethias Cross 2020
Per Laurens Sweeck l’Ethias Cross è stato la vendetta dopo gli europei sfortunati
Laurens Sweeck (BEL - Pauwels Sauzen - Bingoal) - Ethias Cross 2020
Sweeck: la vendetta va consumata fredda

Volata di rimonta

Aerts ha voglia di vincere, tira sempre lui e non dà spazio a Sweeck.

«Guidare in seconda posizione non è sempre un vantaggio – racconterà Sweeck alla fine – se commetti un errore su un passaggio tecnico puoi perdere molto tempo e io lo so bene».

Arrivando sul rettilineo, Sweeck si tiene alle spalle di Aerts, al riparo dal vento, poi …«pedale a fondo sull’acceleratore e vediamo chi la vince!».

Ha vinto lui. Una parentesi: davanti sono tutti belgi, ma tanto ci vorranno anni per uscire dalla diarchia Belgio-Olanda, come dice gente che ne capisce qualcosa, vedi i nostri vecchi campioni del mondo…

Ceylin del Carmen Alvarado (NED - Alpecin - Fenix)
Ceylin Del Carmen Alvarado, quando è così in forma c’è poco da fare
Ceylin del Carmen Alvarado (NED - Alpecin - Fenix)
Ceylin Del Carmen Alvarado in forma stellare

Regina Alvarado

D’altronde basta guardare cos’è successo fra le donne a Leuven. La francese Perrine Clauzel, ringalluzzita dalla bella prova europea, nel primo giro ha provato il colpo a sensazione. E’ rimasta davanti altre due tornate, poi si è spenta come una fiammella, finendo sesta dietro alle olandesi.

Chi ha vinto? Qui ormai sembra che Del Carmen Alvarado non voglia lasciare che le briciole alle avversarie. Ha controllato la Betsema chiamata a fare selezione, per poi rimontarla all’arrivo. La sua collezione non ha interruzioni. Ma se in quadra (Alpecin-Fenix) hai uno che si chiama Mathieu Van Der Poel, è facile imparare e fare come lui…