Giro, Tour e adesso la Vuelta. Prosegue il viaggio di Kuss

25.07.2023
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Adesso la Vuelta. In un certo senso, al di là della sua voglia di esserci, Sepp Kuss lo stanno tirando per la manica. Da una parte Roglic, che lo aspetta dal Giro d’Italia. Dall’altra Vingegaard, cui ha cavato le castagne dal fuoco più d’una volta al Tour de France. E adesso che l’americano ha ufficializzato la sua presenza alla Vuelta al fianco dei due capitani, resta il dubbio di chi dovrà aiutare e per chi invece, chissà, preferirebbe farlo.

Quasi mezz’ora a parlare di sé: così Kuss si è concesso nel secondo giorno di riposo
Quasi mezz’ora a parlare di sé: così Kuss si è concesso nel secondo giorno di riposo

La seconda parte

Questa è la seconda parte di un’intervista fatta con Kuss nel secondo giorno di riposo del Tour. Nella prima ci ha raccontato di sé e dei suoi capitani. Dei pensieri al momento di infliggere fatica ai rivali. Del suo apporto alla Jumbo-Visma e la sua aspirazione di esserne semmai un giorno il capitano. Dovevano ancora andare in scena la crono e il giorno di Courchevel. Vingegaard si aggirava nel ristorante dell’hotel, raggiungendo a tratti la tavola del team e a tratti quella di sua moglie e sua figlia. Fra lui e Pogacar c’erano ancora 10 secondi, chissà se in cuor suo il danese era sicuro di poter scavare il solco.

«Penso che Jonas vincerà sulle montagne – diceva Kuss – non so dire però con quale distacco. Anche un secondo sarebbe abbastanza, giusto? Sì, un secondo basterebbe, ma io penso che sarà molto di più e a quel punto faremo parte della storia. Già l’anno scorso è stato super memorabile, emozionante da guardare e farne parte. Anche quest’anno è stato davvero eccitante, i percorsi sono stati ben progettati e c’è stata molta azione ogni giorno. Anche grazie ai corridori che ci sono in gara e al modo in cui stanno correndo. Forse le altre squadre non capiscono bene cosa stia succedendo, ma è bello farne parte».

Ci hai detto che vivi ad Andorra, passi molto tempo negli Stati Uniti?

Non così tanto. Soltanto un mese o due all’anno, di solito fuori stagione. In estate è difficile tornare, per cui la mia vita si svolge sempre più in Europa.

In America il ciclismo professionistico ha un suo seguito?

Penso che stia diventando uno sport di moda anche negli Stati Uniti. Conosco persone di quando ero più giovane che non sarebbero mai andate in bicicletta, mentre ora pensano che sia davvero uno sport superlativo. Puoi vestirti bene e avere una bici fantastica. E’ uno sport per la classe più istruita, che guarda il Tour. Magari non c’è una base di fan per guardare le classiche, ma il Tour sì…

L’effetto Armstrong sta diminuendo?

Penso che tanti negli Stati Uniti ritengano che siccome Armstrong si drogava, di riflesso anche tutti gli altri lo facciano ancora. Questa è la loro opinione ed è difficile cambiarla, ma io penso che sono passati parecchi anni da quello che è successo. Le persone vanno avanti, il ciclismo va avanti.

Al Tour of Utah 2018 vince tre tappe e la classifica finale: è appena arrivato alla Jumbo, ha 24 anni
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Lance era il tuo campione preferito?

Ero un suo fan, ma non era il mio preferito. Mi sono sempre piaciuti di più Contador, Valverde oppure Pantani, anche se lui è stato prima della mia generazione. Erano più spettacolari, mi piaceva il loro modo di correre, era emozionante da guardare.

Quali sono stati i tuoi primi ricordi guardando il Tour de France? 

Sicuramente gli anni di Armstrong, ma il ricordo più vivo è di quanto vinse Cadel Evans. All’epoca ero un ciclista di mountain bike e anche lui lo era stato. Per questo tifavo Cadel.

Tutto questo accadeva a Durango?

Sì, con la mia famiglia intorno. Guardavamo il Tour a colazione prima di uscire.

Con sua moglie ai piedi del palco del Giro in Via dei Fori Imperiali. Il ciclismo esalta i posti belli (foto Bram Berkien)
Con sua moglie ai piedi del palco del Giro in Via dei Fori Imperiali. Il ciclismo esalta i posti belli (foto Bram Berkien)
Il fatto che tu sia così forte in salita dipende dal fatto che arrivi da Durango?

Certo. Lì intorno ci sono un sacco di montagne davvero alte e soprattutto con la mountain bike si riesce ad arrivare proprio in cima. In Colorado non ci sono molte strade pianeggianti. A Durango invece è come se metà fosse davvero piatta e metà fosse veramente alta montagna. Quindi c’è un po’ di tutto.

Hai un messaggio per i fan americani?

Grazie per il supporto. Anche i miei genitori sono dall’altra parte dell’Oceano a guardare, ma posso sentire la loro energia. Ho anche letto tutti i messaggi di supporto che le persone inviano dagli Stati Uniti e penso che sia davvero bello rendermene conto.

Che tipo di messaggi?

Un signore mi ha scritto che non guardava il Tour da dieci anni, ma ora con tanti corridori americani che si fanno vedere, era davvero eccitato. Cosa dire? Sono orgoglioso di farne parte.

L’annuncio della partecipazione alla Vuelta è stato fatto sul podio finale del Tour, a margine delle feste, delle sfilate e delle passerelle. E Kuss, ancora incerottato, ha sfoggiato il suo sorriso gentile ed ha annuito. «Due settimane per riprendermi – ha detto – e poi sarò prontissimo».

EDITORIALE / Per Tadej è arrivato il tempo delle scelte?

24.07.2023
5 min
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Difficile dire se Tadej Pogacar abbia trovato in Jonas Vinegaard la sua bestia nera. I segnali ci sono, ma lo sloveno scherzando ha raccomandato di non avere troppa fretta. Ha ragione, ma crediamo che nel suo team si dovrà fare un’attenta valutazione dei margini su cui intervenire per rendere lo sloveno ancora più incisivo.

Il 27 luglio del 2014, Nibali vince il Tour. La preparazione fu perfetta, ma anche molto impegnativa
Il 27 luglio del 2014, Nibali vince il Tour. La preparazione fu perfetta, ma anche molto impegnativa

Come Nibali contro Sky

Pogacar è un talento straordinario, bello da veder correre, entusiasmante negli scatti e nelle volate, ma gli è arrivato fra le ruote un bel bastone nocchiuto e spesso. Un avversario che riesce a imporsi sacrifici quasi monacali, che ha numeri da grande scalatore e alle spalle una squadra che vive le sfide allo stesso modo. Per Pogacar non è semplice staccare in salita un corridore costruito nei dettagli come il danese. C’è bisogno di lavori specifici, probabilmente servirà scendere di peso, forse cambiando in parte le sue caratteristiche.

In qualche misura sembra di rivivere il dilemma di Nibali, quando decise di puntare con decisione sul Tour de France. Non che prima non lo avesse fatto, ma la legge di Sky era inesorabile. E quando nel 2012 Vincenzo arrivò terzo a quasi 7 minuti da Wiggins e Froome, si capì che per sfidarli sul loro terreno sarebbe stato necessario avere la loro stessa maniacalità. Il Tour del 2014 nacque in questo modo. Vincenzo si trasformò in una vera macchina da guerra. Non rinunciò alla sua imprevedibilità, ma è certo che si presentò al via tirato e allenato come mai fino a quel punto e come mai sarebbe tornato negli anni successivi.

Prima del Tour, Vingegaard e Pogacar si sono incontrati alla Parigi-Nizza, poi strade diverse
Prima del Tour, Vingegaard e Pogacar si sono incontrati alla Parigi-Nizza, poi strade diverse

Obiettivi da scegliere

Non crediamo che il problema di Pogacar sia tanto nelle troppe corse di primavera. Conteggiando anche i giorni del Tour, Tadej ha 42 giorni di gara contro i 46 di Vinegaard. Tadej ha partecipato a 2 corse a tappe prima del Tour e le ha vinte entrambe. Vingegaard ne ha corse 4 e solo in una è finito secondo (dietro Pogacar alla Parigi-Nizza) e le altre le ha vinte.

Quel che c’è di diverso forse è il recupero fra una gara e l’altra e il tempo per costruire la forma del Tour. Quante giornate ha dedicato Vingegaard ai sopralluoghi delle tappe? Tante, a sentire i suoi racconti. Probabilmente più di quelli dedicati da Pogacar. E’ chiaro che il danese ha potuto farlo avendo nel Tour il suo obiettivo primario, un po’ come Froome a suo tempo, che vinceva le gare a tappe WorldTour (dal Catalunya al Delfinato), ma solo come passaggi verso il traguardo superiore.

Pogacar dovrà rinunciare a giocarsi il Fiandre e la Liegi? Questa è sicuramente la sfida che dovrà raccogliere e affrontare.

Quando corre Pogacar, il resto della UAE Emirates può solo tirare
Quando corre Pogacar, il resto della UAE Emirates può solo tirare

Un solo capitano

Il Tour è fatto di una costruzione maniacale. Se tutti seguissero lo stesso calendario, allora forse il talento sarebbe sufficiente per fare la differenza. Ma così non è e anche il talento immenso di Pogacar rischia di non bastare se messo al confronto con l’approccio metodico della Jumbo-Visma. E qui il discorso segue un’altra ansa.

Crediamo che anche Vingegaard potrebbe essere protagonista alla Liegi o alla Freccia Vallone, ne ha tutte le qualità. Però ha scelto (finora) di concentrarsi sul Tour e la squadra ha dirottato verso le classiche altri atleti che si chiamano Van Aert, Laporte, Benoot e a volte anche Roglic. Alla UAE Emirates invece questo non succede. I corridori ci sarebbero, ma quando corre Pogacar, agli altri tocca tirare. Lo sanno, lo accettano, difficilmente potrebbero fare altrimenti. Ma tutto questo va a favore di Pogacar?

Mentre Vingegaard lavora per il Tour, alle classiche pensano Van Aert e gli altri
Mentre Vingegaard lavora per il Tour, alle classiche pensano Van Aert e gli altri

Strade diverse

Certo il suo palmares è da stella assoluta e può di certo bastargli. Ha vinto due Tour, il Fiandre, la Liegi, la Freccia Vallone. Ma gli sta bene arrivare secondo al Tour, dietro uno che nella Grande Boucle ha scelto di specializzarsi? La scelta da fare è questa e deve farla Pogacar, non certo i suoi capi. Anche perché, visto il suo approccio meraviglioso al ciclismo, viene da chiedersi se Tadej sarebbe effettivamente capace di imporsi quello stile di vita così schematico nel nome della grande conquista. O se invece questo finirebbe con il logorarlo.

Già pochi mesi fa, Tadej ammise che una carriera non può durare tanto correndo sempre al 100 per cento e questa è una considerazione applicabile più a lui che al rivale. I più esperti dicono che la fine dipenda più dall’usura mentale che dal logorio atletico. E se il rischio è che Tadej, svuotato del divertimento, molli improvvisamente tutto, allora vale la pena fare un supplemento di riflessione. Vale la pena snaturarsi per inseguire Vingegaard al Tour?

Forse no, ma diventa necessario se quello è l’obiettivo. Se invece l’obiettivo è dare spettacolo, divertirsi e far appassionare ancora più tifosi, allora qualcuno potrebbe proporgli strade alternative. Esistono anche il Giro d’Italia o la Vuelta, restando lontani dall’ossessione del Tour, che già troppi talenti ha stremato per amore di quel giallo così squillante.

Van Aert tornato a casa, il perché della scelta

21.07.2023
4 min
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Anche Richard Plugge ha appoggiato la scelta di Van Aert. Il fondatore della Jumbo-Visma ha raccontato di quanto a sua volta ritenga importante condividere i momenti importanti con la famiglia e ha elogiato la decisione del campione.

La notizia che la presenza di Van Aert al Tour potesse essere a orologeria era nell’aria. Qualcuno aveva visto nella nascita di suo figlio il pretesto per non condividere la Grande Boucle con Vingegaard. Invece il belga ha scortato il compagno fino al giorno di Courchevel. Poi lo ha abbracciato, lo ha guardato negli occhi, ha pronunciato la parola «Incredible» e ha lasciato il Tour de France. La squadra ha diffuso il video il mattino successivo (in apertura un fotogramma dello stesso), ma a quel punto Wout era già nella sua casa di Herentals.

Gennaio 2022, George, primogenito di Wout e Sarah, compie un anno: la famiglia è unitissima (foto Instagram)
Gennaio 2022, George, primogenito di Wout e Sarah, compie un anno: la famiglia è unitissima (foto Instagram)

Nel giorno di riposo

La decisione è stata presa nel giorno di riposo, cosicché quando il piano è scattato, c’erano già pronti un elicottero e un aereo privato della famiglia Van Eerd, titolare dello sponsor Jumbo, che lo hanno riportato in Belgio.

«Lunedì – racconta il diesse Arthur Van Dongen – siamo stati informati che il momento della nascita si stava avvicinando. Wout ha comunicato la sua intenzione ai compagni. Alcuni di loro hanno dei figli, quindi hanno accolto il suo pensiero. Non è stata una vera sorpresa, perché sapevamo che sarebbe potuto succedere. Una volta un fatto come questo non sarebbe stato digerito così facilmente, ma noi crediamo che sia importante pensare alla persona che c’è dietro al corridore. Per cui, mentre dopo l’arrivo si commentava la corsa, nessuno si è accorto che Wout veniva trasferito verso l’elicottero».

Un cambio di rotta

Cipollini lasciò per una sera il Giro del 1997. Era appena nata sua figlia Lucrezia e Mario salì su un elicottero, tornando in gruppo per la tappa successiva. Interrogati dalla stampa belga sulla scelta di Van Aert, alcuni psicologi hanno ravvisato un cambio di direzione nell’essere campioni.

«E’ il segno una più ampia evoluzione sociale – ha detto il dottor Cedric Arijs a Het Nieuwsblad – in passato il valore del lavoro era più alto di adesso, tutto ruotava intorno alla prestazione. Si diceva che il focus doveva essere tutto sullo sport e per questo bisognava rinunciare al resto. La generazione più giovane afferma di volere una vita al di fuori del lavoro o dello sport. La scelta di Wout si sposa bene con questo: tenere conto del benessere. Come psicologo, penso che sia una buona evoluzione. Possiamo dire che un buon atleta di alto livello dovrebbe essere più di un semplice atleta. Ci sono altri ruoli. Quella del padre, per esempio. Sono convinto che una persona che si sente bene in tutti i ruoli ha un’identità più ampia e sarà mentalmente più forte».

Van Aert è uno dei beniamini del pubblico: la vittoria mancata di tappa non intacca la sua popolarità
Van Aert è uno dei beniamini del pubblico: la vittoria mancata di tappa non intacca la sua popolarità

La maglia al sicuro

Van Dongen, che della squadra è il tecnico e anche il padre buono, va avanti nel resoconto delle ore che hanno portato alla partenza di Van Aert. Il quale in ogni caso, ha aspettato che Vingegaard raggiungesse il margine rassicurante di 7’35” sul secondo.

«L’obiettivo – racconta Van Dongen – era vincere una tappa con lui. L’anno scorso c’era stato l’obiettivo della maglia verde, con diverse vittorie. Ora, oltre alla maglia gialla, il nostro obiettivo era conquistare altre tappe. Non ha funzionato. Wout ha lavorato duramente per questo, ma alcune volte ha trovato avversari più forti. E’ un peccato, ma nessuna vittoria di tappa mancata al Tour sminuisce le qualità di Wout van Aert. Quanto alla classifica, anche se dobbiamo rimanere vigili, dovrebbero succedere cose molto strane perché Jonas perda la maglia gialla. Abbiamo una squadra forte, penso che a questo punto del Tour l’assenza di Wout avrà un impatto gestibile».

Impresa a crono, sguardo attento al manubrio di Vingegaard

19.07.2023
5 min
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COMBLOUX – Quelli che sulle crono puntano davvero hanno spesso componenti speciali. Succede in tutte le squadre e certo non poteva fare eccezione la Jumbo-Visma. Sulla bici di Vingegaard per la crono facevano bella mostra di sé delle appendici Vision in composito: le stesse che avevamo visto al Giro con Roglic. In realtà le hanno quasi identiche anche Bahrain Victorious, EF Education-EasyPost e Arkea-Samsic, ma tutte hanno un diverso innesto sul telaio.

Nel grande caldo della crono di ieri, ci siamo soffermati a osservare la Cervélo di Vingegaard e il suo manubrio. Il risultato finale è stato a dir poco esaltante, per cui ci siamo concessi un approfondimento con Francesco Ragazzini, l’ingegnere che ha sviluppato il progetto.

Al fianco di Cervélo

Le appendici Metron TFE Pro P5 sono nate in collaborazione con la squadra olandese e con Cervélo che dà loro le bici: P5 è infatti la sigla che contraddistingue il modello da crono della casa canadese. Sono acquistabili al prezzo di 3.459 euro.

Le appendici sono prodotte in tre misure (small, medium e large) e sono nate da un primo passaggio del team in galleria del vento, utilizzando delle estensioni standard. La Jumbo Visma infatti ha portato gli atleti nel tunnel alla presenza dei suoi specialisti biomeccanici e dell’ingegnere aerodinamico. Una volta che è stata individuata la posizione più redditizia, è stata fatta una scansione in 3D e a quel punto Vision ha ricevuto l’immagine del sistema corridore+bici.

«Quello è stato il punto di partenza – spiega Ragazzini – per sagomare l’appendice sul corpo del corridore, una cosa che con le appendici tradizionali non si può fare, visto che sono tubi orizzontali oppure obliqui. Visto il risultato, la squadra ci ha dato via libera e abbiamo prodotto un primo esemplare in RP (rapid prototype) in nylon, con cui i corridori hanno potuto pedalare su strada e in condizioni di sicurezza».

Composito made in Italy

Si trattava dell’ultimo passaggio prima della realizzazione definitiva in composito: quella che non avrebbe permesso correzioni di alcun tipo.

«La versione definitiva – spiega Ragazzini – viene realizzata con carbonio e resine, per questo è corretto dire che siano realizzate in composito. Ci siamo rivolti ad una carbon factory di Imola, un’azienda con cui abbiamo l’esclusiva sulla produzione di componenti speciali in composito e dove produciamo anche la nostra ruota lenticolare posteriore TT: un pezzo monoscocca da 883 grammi DB CH-TL.

«Non conta tanto il tipo di carbonio che si usa, quanto il mix con la resina. Non si può neanche dire che siamo partiti per realizzare le appendici più leggere o più aerodinamiche: cambia l’approccio. In Formula Uno si punta a realizzare i componenti migliori, per cui anche in questo caso la leggerezza non è mai stata un obiettivo, ma è diventata la conseguenza del lavoro ben fatto».

Non solo Vingegaard, al Giro d’Italia queste appendici erano sulle biciclette di Roglic e pochi altri
Non solo Vingegaard, al Giro d’Italia queste appendici erano sulle biciclette di Roglic e pochi altri

Piantone unico

Una volta che sono stati realizzate e messe in catalogo le tre protesi, l’intervento sugli atleti riguarda l’altezza, il posizionamento dei comandi della trasmissione (perché Sram ad esempio è diverso da Shimano) e i poggioli in schiuma.

«La differenza fra il manubrio Jumbo e gli altri – spiega ancora Ragazzini – sta nel fatto che gli altri hanno tutti due punti di fissaggio sul manubrio, mentre alla Jumbo-Visma hanno un solo braccio che si inserisce nello sterzo. E’ un perno unico, molto più grande, che a livello di resistenza alla torsione deve superare dei test parecchio esigenti. Un’ultima cosa riguarda le misure. Andiamo a prenderci tutti i millimetri che l’UCI ci consente, per questo l’individuazione delle misure giuste resta un passaggio fondamentale. Altrimenti i giudici ti fermano e non ti fanno correre».

Ieri Vingegaard non l’hanno fermato i giudici e tantomeno la salita e neppure Pogacar. La crono di Combloux ha messo una forte ipoteca sul Tour de France. Se Pogacar ha ancora birra in corpo già da oggi sarà chiamato ad attaccare.

Vingegaard, missile giallo sul Tour. Pogacar in pezzi

18.07.2023
5 min
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COMBLOUX – «Il Tour è finito oggi!». Il radiocronista di lingua spagnola sta comunicando fuori onda con i colleghi e sintetizza così la tappa appena conclusa. Pogacar è andato forte, Vingegaard di più. Spazzate via le perplessità e i piccoli distacchi dei giorni scorsi. Oggi è finita l’uguaglianza. E adesso nel clan della maglia gialla si fa fatica a tenere a bada l’entusiasmo.

Vingegaard è partito subito aggressivo, ma è riuscito a salvare forze per il finale
Vingegaard è partito subito aggressivo, ma è riuscito a salvare forze per il finale

Ancora freschissimo

Kuss sui rulli risponde a domande. Van Aert, arrivato terzo, poggiato a un’ammiraglia risponde a domande. Jonas ha rifilato 1’38” allo sfidante sloveno e addirittura 2’51” al compagno belga. Gli equilibri sono tutti saltati, Vingegaard ha gettato la maschera ed è volato sui 22,4 chilometri in 32’36” a 41,227 di media.

«Jonas ha dimostrato oggi che è ancora freschissimo – dice il diesse Arthur Van Dongen – l’ultima settimana è iniziata e questo spesso è decisivo in un grande Giro. Finora la differenza l’avevano fatta solo gli abbuoni, ora sarà bello non doversene preoccupare. Ma il Tour non è finito. Domani mi aspetto un duello super difficile sopra i 2.000 metri. Sappiamo che Pogacar farà ancora i fuochi di artificio. Deve provarci, ma andiamo alla sfida con fiducia. Non sarà una sorpresa, ha reagito anche l’anno scorso e penso che lo farà di nuovo domani. In una corsa così dura, penso che decideranno le gambe».

Intorno alle 10,30 del mattino, Vingegaard ha provato il percorso. La Jumbo non ha mai valutato il cambio di bici
Intorno alle 10,30 del mattino, Vingegaard ha provato il percorso. La Jumbo non ha mai valutato il cambio di bici

Cambio bici? No, grazie

Stamattina Jonas è stato il primo ad arrivare al pullman. L’hotel della Jumbo-Visma si trova a Saint Gervais les Bains, pochi chilometri dal via di Passy. Avrebbe provato la crono e poi sarebbe tornato in hotel per ingannare l’attesa. Sereno, senza particolari tensioni in volto. E’ arrivato, ha preso la bici da crono. Ci ha messo il computerino e si è avviato per provare il percorso.

«Stamattina – dice Grischa Niermann, il tecnico che lo ha seguito sull’ammiraglia – non abbiamo valutato il cambio di bici. Siamo venuti a vedere il percorso ad aprile e a quel punto sapevamo già che non avrebbe dato alcun vantaggio. Non ho ancora visto i numeri, ma Jonas è andato molto veloce, penso che sia stata la sua miglior crono di sempre. E’ partito subito aggressivo, ma avevamo anche ragionato sul fatto che doveva tenere qualche riserva per l’ultima parte, quindi penso che sapesse cosa stava facendo».

«Stavamo lavorando a questa crono da mesi – gli fa eco ancora Van Dongen – le crono come questa non si preparano negli ultimi giorni, ma con mesi di anticipo, sin da quando il Tour viene presentato. Stamattina abbiamo visto Pogacar fare questa prova in allenamento, ma non ci ha condizionato. Ogni squadra ha le sue strategie. E non credo che il cambio di bici lo abbia penalizzato. Era in ritardo già prima…».

All’arrivo però Vingegaard era stremato: neanche lui si aspettava di dare oltre 4″ a chilometro a Pogacar
All’arrivo però Vingegaard era stremato: neanche lui si aspettava di dare oltre 4″ a chilometro a Pogacar

Quattro secondi a chilometro

E poi arriva lui, il missile giallo che oggi ha preso a sberloni l’avversario, con una prestazione così prepotente da fare per due volte il conto dei distacchi sulle dita. Più di 4 secondi per chilometro: sono i distacchi con cui Indurain rispediva a casa Bugno e Chiappucci, quelli con cui Ullrich umiliava Pantani. Pogacar reagirà come Marco nel 1998?

«Mi sentivo benissimo – dice Vingegaard – penso che sia stata la migliore cronometro che abbia mai fatto. Sono davvero orgoglioso e felice della vittoria. Avevamo diviso la crono in tre, probabilmente quattro sezioni, ma c’era così tanto baccano che non sentivo bene la radio. Prima quella pianeggiante, poi la salita fra il tratto pedalabile e quello più duro, infine l’ultima parte. Quindi sono andato abbastanza forte fino alla salita e poi fortissimo nei tratti più impegnativi.

«Ho cercato di recuperare nella discesa, ho provato a trattenermi nel tratto pianeggiante e ho dato tutto nel finale. Ad essere onesti, non pensavo di andare così forte. Sono sorpreso della cronometro che ho fatto, ma non fatemi dire che il Tour è finito qui. Ci sono ancora molte tappe difficili da affrontare, quindi dobbiamo continuare a lottare».

Van Aert terzo all’arrivo e stremato: anche lui ha adottato la stessa strategia del compagno
Van Aert terzo all’arrivo e stremato: anche lui ha adottato la stessa strategia del compagno

Pronti per il contrattacco

Van Dongen, che salta dall’inglese all’olandese, è dello stesso avviso. Nessuno si illude che Pogacar si arrenderà. E anche se gli attacchi che ha fatto sinora non sono stati troppo incisivi, la tappa di domani ha una salita lunghissima su cui tutto può accadere.

«Domani è una bella tappa – spiega – e per fortuna abbiamo una buona squadra. Arrivare fino a qui è costato a tutti parecchie energie. E’ vero che negli ultimi giorni abbiamo corso di riserva cercando di salvare le gambe, ma quando uno come Pogacar ti attacca, non lo lasci andare per non stancarti».

Maglia gialla consegnata da Hinault, l’uomo dei 5 Tour, che su questa salita vinse i mondiali del 1980
Maglia gialla consegnata da Hinault, l’uomo dei 5 Tour, che su questa salita vinse i mondiali del 1980

La memoria di Van Aert

Il saluto, prima che Vingegaard sparisca nel dedalo delle premiazioni e Van Aert decida di averne avuto abbastanza, lo affidiamo proprio al gigante belga. Per prendere le sue parole, abbiamo beccato un quantitativo incredibile di gomitate, ma per lui ne vale sempre la pena.

«Sono soddisfatto del terzo posto – dice – ho recuperato molto sull’ultima salita, durante l’ultima parte stavo morendo. E’ bello essere riuscito a tenere lontani tutti, tranne quei due. Sono stato il primo delle persone normali. 

«Nessuno si aspettava un tale divario fra Jonas e Pogacar. Mancano ancora pochi giorni a Parigi. Abbiamo già perso un Tour all’ultimo minuto e l’abbiamo vinto noi stessi lottando fino alla fine. Ora dobbiamo cercare di recuperare al meglio e tenere la testa alta, perché domani sarà un’altra tappa molto dura».

Il signor Kuss, guardia del corpo della maglia gialla

18.07.2023
7 min
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SAINT GERVAIS LES BAINS – Non capita troppo spesso di avere a disposizione per mezz’ora l’uomo più importante per la maglia gialla. Perciò quando Sepp Kuss viene a sedersi prima di pranzo del secondo giorno di riposo nell’hotel della Jumbo-Visma, l’elenco delle cose da chiedergli è lungo come la strada che da Bilbao ci ha portato all’ombra del Monte Bianco. Lui è tranquillo e bendisposto. Ci rassicura che la botta presa al braccio è a posto e si lascia andare a un’interessante riflessione su coloro che guardano il Tour attraverso lo schermo del telefono e provocano cadute.

«La gente spesso non pensa alle conseguenze dei suoi gesti – dice Kuss – invece in quella caduta di ieri, al posto di Kuss poteva finirci anche uno tra i primi tre e sarebbero stati vanificati mesi di investimenti di grandi squadre. Questo non mi fa arrabbiare, semplicemente non lo capisco. Va oltre l’essere uno spettatore del ciclismo. Nell’età di Instagram e Tiktok, tutti vogliono il selfie. Invece dovresti andare al Tour per goderti l’atmosfera e guardare la gara con i tuoi occhi, non nello schermo del telefono».

Solo una caduta lo ha frenato: la stessa in cui sono finiti fra gi altri Bernal e Girmay e Kuss ne porta i segni sul braccio
Solo una caduta lo ha frenato: la stessa in cui sono finiti fra gi altri Bernal e Girmay e Kuss ne porta i segni sul braccio
Cosa ti pare di questo Tour?

Probabilmente è il Tour con il distacco più basso da parecchio tempo a questa parte. Ci sono state tappe molto diverse con diversi risultati e ora eccoci al secondo giorno di riposo con 10 secondi fra i primi due. La cosa più importante è che Jonas si sente bene, è fiducioso e si fida di noi. E’ davvero bello quando sai che il tuo leader è forte e può motivarti.

Pensavi di arrivare al Tour con un livello così alto dopo aver fatto il Giro?

Dopo il Giro mi sentivo davvero bene, anche meglio di prima quando lo stavo preparando. Quando faccio Tour e Vuelta, vado sempre meglio alla Vuelta, quindi poteva starci che qui in Francia stessi meglio che in Italia. Ma il livello del Tour è così alto, che non puoi confrontarlo con nessun’altra gara.

Come hai passato il tempo tra Giro e Tour?

Sono stato a casa ad Andorra, non c’era bisogno di fare altura o altro. Avevo bisogno di riprendere la mia routine, perché le corse e i ritiri sono pesanti mentalmente. Mi piace l’allenamento preparando una grande corsa, ma a volte è più bello farlo da soli, alle proprie condizioni e nel proprio spazio. Perciò ho fatto dei giorni di riposo, ma comunque pedalando tranquillamente per una settimana. E poi ho iniziato un allenamento più o meno normale.

Dopo il Giro, Kuss è tornato ad Andorra per riprendere la sua routine di lavoro (foto Instagram)
Dopo il Giro, Kuss è tornato ad Andorra per riprendere la sua routine di lavoro (foto Instagram)
E’ vero che andrai alla Vuelta per aiutare nuovamente Roglic?

Se il Tour è duro come lo è stato finora, allora vedremo se mi è rimasto qualcosa per la Vuelta. Ma il piano è di andare fino in fondo. Anche dopo il Giro non ero sicuro se sarei andato al Tour, perché dovevo ancora prendermi qualche settimana per capire se mi sentivo abbastanza bene. Non voglio andare a una grande gara se mi sento meno del 100 per cento. E’ difficile da pianificare.

Pensi mai che potresti essere a tua volta leader in una grande corsa?

E’ difficile da dire, perché sono un corridore migliore quando non penso a cosa devo fare o dovrei fare. In quel caso, il risultato potrebbe essere diverso. E’ davvero difficile da dire. Mi piacerebbe l’opportunità, ma in questa squadra ci sono così tanti buoni corridori che non ci sono tante occasioni. Loro sono fra i migliori al mondo e io non ho problemi ad aiutarli.

Non pensi mai che meriteresti una chanche?

Sì, di sicuro. Penso che il team lo sappia, ma è anche abbastanza chiaro che se sei l’ultimo uomo in montagna, non puoi entrare nelle fughe per una vittoria di tappa. Insomma, mi piacerebbe provare per una sola gara, ma mi piace anche avere la libertà di non dover essere leader. Non è facile gestire la tensione delle situazioni più nervose e non credo che a un leader sarebbe permesso mettersi in coda al gruppo nelle tappe di pianura. Nel mio ruolo invece sono stressato per loro, non per me. Il nervosismo che hai prima di una tappa di montagna lo conosco e lo gestisco, ma è diverso da una tappa con vento trasversale o un arrivo in volata.

Al Giro ha scortato Roglic alla vittoria nella sfida contro Thomas, dimostrando notevole solidità
Al Giro ha scortato Roglic alla vittoria nella sfida contro Thomas, dimostrando notevole solidità
Qual è il tuo contributo a questa squadra?

Penso di portare solo il supporto in montagna, essendo lì nei momenti chiave. A volte ho delle giornate fantastiche, a volte un po’ meno. Ma più sono costante e più loro possono fare affidamento su di me. Ci sono molte situazioni in cui posso fare di più, quando riesco a restare il più a lungo possibile con il leader, accelerando o seguendo determinati attacchi. E questa è una qualità necessaria. Se sei in grado di mettere sotto pressione gli altri in un momento davvero critico, allora questo può fare la differenza. Molto più che andare a ritmo costante davanti al gruppo.

Però è proprio il tuo ritmo che li sta mettendo in difficoltà.

E’ motivante sapere che i corridori più forti non possono seguire il mio ritmo, ma insieme cerco anche di non eccitarmi troppo, perché basta poco per scoppiare. A volte è più facile seguire il proprio ritmo piuttosto che quello di un altro.

Che cosa significa che è motivante?

Sono più un corridore emotivo che un corridore freddo che deve solo andare al suo ritmo. Se mi stacco, allora perdo motivazione. Ma se sono in testa alla gara, allora posso nutrirmi di quelle emozioni.

Con Roglic sul Col du Granon al Tour 2022: c’era anche Kuss nell’imboscata che ha fatto saltare Pogacar
Con Roglic sul Col du Granon al Tour 2022: c’era anche Kuss nell’imboscata che ha fatto saltare Pogacar
Che differenze ci sono fra Roglic e Vingegaard come leader?

Sono entrambi molto calmi e rilassati. Jonas ha chiaro come vuole la tappa o come si sente. A Primoz invece piace vedere tutto nel quadro generale, vedere come sono i rivali e poi decidere come vuole impostare la tappa.

Hai sempre un’espressione imperscrutabile da giocatore di poker, sempre a bocca chiusa…

Normalmente non respiro così forte da aprire la bocca, però sento dolore alle gambe e questo non è divertente. Ci sono diversi livelli di dolore, ma alcuni corridori possono andare così in profondità da risultare irraggiungibili. Io non mi tiro indietro, ma c’è un limite, soprattutto per il mio ruolo. Ha senso andare al 110 per cento se poi domani non ce la faccio più, oppure è meglio andare al 90 per cento? Il dolore peggiore comunque lo sento sulle strade pianeggianti (ride, ndr).

Usiamo parole come combattere e sofferenza. Quando inizi a spingere sulle salite vuoi far soffrire Pogacar? Qual è l’obiettivo?

Voglio pedalare a un ritmo che avvantaggi Jonas e le sue caratteristiche e che impedisca a Pogacar di fare quel che gli riesce meglio. Sono corridori molto diversi e io devo favorire il mio leader. Penso che vincerà in montagna.

La consapevolezza che il proprio ritmo faccia soffrire i rivali gli dà un senso di benessere
La consapevolezza che il proprio ritmo faccia soffrire i rivali gli dà un senso di benessere
Che rapporti hai con Adam Yates? Svolgete lo stesso ruolo, a volte vorresti annientarlo?

In realtà abbiamo un buon rapporto, le nostre mogli stanno guardando le tappe insieme sullo stesso divano e con i nostri cani. Adam ha un cane davvero grande, io ne ho uno molto piccolo. Non ho rivalità con nessuno perché non sto combattendo con nessuno, mentre penso che Jonas e Pogacar difficilmente saranno amici.

Il resto di questo incontro ve lo racconteremo un’altra volta. Nell’epoca di internet, gli articoli troppo lunghi non vengono letti sino in fondo e allora sarà meglio dedicare spazio un’altra volta ai suoi esordi in bici sulle strade del Colorado, al suo vivere in Europa e cosa pensi la gente in America del ciclismo. Ci torneremo su, mezz’ora di intervista non si possono comprimere in questi pochi minuti…

Il risveglio di Pogacar ricompatta la Jumbo-Visma

07.07.2023
4 min
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Tappa facile oggi verso Bordeaux al limite del surplace e Van Aert sorridendo alla partenza ha ammesso che finalmente potrà riposarsi. Quel che ha fatto ieri il belga ha prosciugato la scorta degli aggettivi. Neppure il fatto che alla fine Pogacar da solo abbia messo in croce la corazzata Jumbo-Visma riesce a ridimensionare l’enormità del suo lavoro. La sola spia della grandezza del gesto sta nel barcollare nel momento in cui ha smesso di pedalare, avendo raschiato veramente il fondo.

Jumbo-Visma compatta: ultime tirate fino a 5 chilometri dall’arrivo, la tappa di Van Aert ieri è stata monumentale
Jumbo-Visma compatta: ultime tirate fino a 5 chilometri dall’arrivo, la tappa di Van Aert ieri è stata monumentale

Da zero a 140

Van Aert se ne è andato al chilometro zero ed è rimasto davanti fino a 5 chilometri dall’arrivo di una tappa che ne misurava 144,9. Vicino a lui c’era Nathan Van Hooydonck, che ha subito intuito la portata di quell’accelerazione.

«Avevamo progettato di avere qualcuno in fuga – racconta – e sapevo che Wout sarebbe partito nella scia delle prime auto. Nel primo chilometro lo abbiamo visto accelerare e se non riesci a prendergli la ruota, non lo vedi più. La fuga è stata istantanea. Qualcuno dice che Wout non sarebbe forte come lo scorso anno, ma non è vero. E’ partito perché già da due giorni aveva vinto il premio della combattività. Wout è un ragazzo di classe e un corridore super bravo, dobbiamo fregarci le mani per il fatto di avere un corridore del genere».

Che sia stato per accumulo di fatica o per un calo di zucchero, Vingegaard al traguardo era davvero sfinito
Che sia stato per accumulo di fatica o per un calo di zucchero, Vingegaard al traguardo era davvero sfinito

Piano sfumato

Difficile dire se le tensioni dei giorni scorsi siano state tutte dimenticate o se si sia trovata una soluzione diplomatica. Sta di fatto che dopo il gran lavoro di ieri, anche Vingegaard ha faticato a restare del tutto indifferente: la sensazione è che il crescere del “nemico” Pogacar abbia compattato il fronte della Jumbo-Visma.

«Wout è stato ancora una volta super forte – ha detto la maglia gialla – ma non lo è stato solo lui. L’intera squadra è stata fantastica. Tutti hanno corso alla grande, ma Wout è stato davvero eccezionale».

Difficile dire meno a un campione che lo ha scortato fino a meno di 5 chilometri dal traguardo, nel giorno in cui lo stesso Vingegaard è stato meno fantastico del giorno precedente.

«L’intenzione – ha spiegato – era quella di staccare Pogacar sul Tourmalet e poi approfittare dell’aiuto di Wout dopo lo scollinamento per guadagnare ancora, ma non ha funzionato. Tadej è riuscito a passare bene il Tourmalet e sulla salita finale verso Cauterets è stato il più forte. Meritava di vincere».

L’analisi serale dei dati ha evidenziato che proprio sul Tourmalet, Vingegaard ha battuto il record di scalata, salendo in 45’11, quasi due minuti meglio del record fissato da David Gaudu nel 2021. Lui è andato forte, Pogacar non è stato da meno.

Dopo aver scortato Roglic alla vittoria del Giro, Sepp Kuss si è preso la Jumbo-Visma sulle spalle
Dopo aver scortato Roglic alla vittoria del Giro, Sepp Kuss si è preso la Jumbo-Visma sulle spalle

Ancora super Kuss

La restituzione dei complimenti a 24 ore da quelli ricevuti da Pogacar potrebbe suonare anche come un atto formale, ma è un fatto che dopo l’arrivo quei due si siano abbracciati, in un gesto di riconoscimento reciproco che non è sfuggito neppure ai compagni.

«Volevamo provare a scoprire Pogacar – ha detto un immenso Sepp Kuss – ma forse Jonas aveva ancora nelle gambe la dura tappa di mercoledì, quando ha dovuto pedalare molto a lungo a un ritmo altissimo».

«Sono felice di essere di nuovo in giallo – ha chiuso Vingegaard – sarebbe stato meglio avere un vantaggio di due minuti, ma anche 25 secondi non è male. Non sono stato affatto sorpreso che Tadej abbia risposto. Questo Tour è stato già molto duro e siamo ancora nella prima settimana. Penso che possa rimanere emozionante fino a Parigi».

Tra Pogacar e Vingegaard è uno pari. Non svegliateci!

06.07.2023
6 min
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Dateci un pizzico. Ma è tutto vero? Una tappa sensazionale quella di oggi, che lo diventa ancora di più se sommata a quella di ieri. L’attacco e la rivincita. In una parola: duello. Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard ci hanno regalato uno spettacolo sensazionale.

Qualcuno già aveva parlato di Tour de France “chiuso”, o quantomeno ben indirizzato, vista la superiorità quasi violenta di ieri da parte del danese della Jumbo-Visma. E invece oggi è già tutto diverso.

Il duello dei duelli annunciato sin dall’arrivo di Parigi dell’estate scorsa non sta tradendo le attese. Ogni volta che i due hanno potuto si sono sfidati faccia a faccia.

Nella prima parte di tappa Bora-Hansgrohe sin troppo attiva. Hindley non lascia troppo spazio alla fuga
Nella prima parte di tappa Bora-Hansgrohe sin troppo attiva. Hindley non lascia troppo spazio alla fuga

Reazione da campione

Il valore aggiunto di questa giornata è stata la reazione di Pogacar. Una reazione da campione, da uomo tosto, non solo da atleta potente. 

Questo ragazzo non era mai stato battuto. Aveva vinto facile e già doversi scontrare per vincere era una cosa nuova. In più ieri le aveva prese di nuovo. E anche bene. Lo sloveno non solo è riuscito a tenere botta verso Cauterets-Cambasque, ma ha fatto molto di più. Una reazione alla Pantani.

Qualche giorno fa avevamo scritto del campione che fiuta la preda. Che qualcosa cambia quando capisce di stare bene. E oggi la chiave – chissà se di tutto il Tour – è nel Tourmalet. Jumbo che distrugge ogni velleità. Spacca il gruppo come poche volte si è visto nella storia del ciclismo e Tadej che resta lì. Il corridore della UAE Emirates è concentrato, agile, stabile… alla ruota di Vingegaard.

Il danese spinge, ma lui capisce che lo tiene bene. Nella testa del campione che deve riprendersi in quel momento scatta qualcosa. Sicuro. Matematico.

Ma quali valigie

Ed è quel che è successo. Dopo ieri qualche pensiero poco positivo c’era nella testa di Pogacar. «Chi non sarebbe stato turbato? – ha detto Pogacar stesso – Quello che Jonas ha fatto ieri è stato incredibile.

«Oggi, quando ha iniziato ad accelerare nel Tourmalet, ho pensato tra me e me che sarebbe stato come ieri. Avremmo potuto fare le valigie e tornare a casa».

Oggi la gamba era diversa e, come detto Tadej, ha fiutato qualcosa… «Per fortuna oggi avevo una buona gamba. Sono riuscito a seguirlo nel Tourmalet e quando ho sentito che era il momento giusto, ho attaccato nel finale – breve pausa e poi aggiunge – E’ stato un grande sollievo».

Quest’ultima è una frase da non sottovalutare da parte di Pogacar. E’ la prima volta che gliela sentiamo dire. Ma tutto ciò non fa che avvalorare l’impresa della rivincita. Della reazione.

A 2,8 km dall’arrivo Pogacar attacca. Vingegaard non risponde. Ora nella generale tra i due ci sono appena 25″
A 2,8 km dall’arrivo Pogacar attacca. Vingegaard non risponde. Ora nella generale tra i due ci sono appena 25″

Quella musica sul bus

Reazione che parte da ieri in qualche modo. Anche se in casa UAE non c’erano poi questi musi lunghi. E ancora una volta il merito era soprattutto del diretto interessato, ma anche dell’ambiente che lo circonda.

«Ieri abbiamo parlato tranquillamente quando è arrivato al bus – racconta Joxean Fernandez Matxinsi è messo nel macchinario per il down cooling e con lucidità abbiamo analizzato a tappa. Ma serenamente. Tadej ha detto che aveva trovato un avversario più forte, ma anche che mancavano tanti giorni e che si sentiva un po’ meglio. Era ottimista come sempre.

«Pensate che quando siamo ripartiti da Laruns avevamo la musica a tutto volume nel bus!».

In UAE si aspettavano un andamento della corsa di oggi come quello che si è visto. E loro sarebbero stati pronti a difendersi compatti.

«Dovevamo stare attenti sul Tourmalet. E Tadej ci è riuscito… Poi è successo quello che avete visto. In ammiraglia Andrej (Hauptman, ndr) che gli parlava gli diceva della strada: quanto mancava, le curve, le pendenze e dopo che è partito oltre ai distacchi reali – ci tiene a sottolineare il tecnico spagnolo – anche qualche altro incitamento… Per esempio gli ha detto che Urska (Zigart, la sua fidanzata, ndr) stava meglio, che c’erano i genitori all’arrivo, che stava facendo un’impresa dell’altro mondo. Tutte cose per non fargli sentire il mal di gambe».

Dopo l’incidente alla Liegi, Pogacar è più fresco e il Tour dura tre settimane. «Questo è vero. E’ un aspetto che abbiamo valutato, però ci sono anche gli avversari, a partire da Vingegaard. Non è una gara di Tadej… contro di Tadej».

«Come lo vedo io? Ieri aveva la rabbia di chi vuole riscattarsi e oggi quella di chi vuol vincere. Che poi non si tratta di rabbia. Tutti noi siamo compatti, uniti. In squadra c’è un bell’ambiente. Oggi quando è tornato al bus ci siamo abbracciati tutti. E tutti abbiamo iniziato a saltare».

Vingegaard è comunque in maglia gialla. Lo premia Macron, presidente della Francia
Vingegaard è comunque in maglia gialla. Lo premia Macron, presidente della Francia

Conti senza l’oste

E poi c’è il lato della Jumbo-Visma. Fortissima. Anche loro belli da vedere. Arrivano con i passisti fino a 5-6 chilometri dal Tourmalet. Usano gli scalatori in modo diverso: non stile “gregari diesel”, ma come degli attaccanti da salita. Le azioni di Kelderman (soprattutto) e Kuss sono state brevi e intense. 

In cima poi c’è l’altro protagonista di giornata che li attende, Wout Van Aert. Superbo. Ha tirato da solo per oltre metà tappa. E come Tarzan sulle liane, Vingegaard è passato da un gregario all’altro. Tattica perfetta e anche giusta, se vogliamo.

«Sarebbe stato perfetto – ha detto Vingegaard – staccare Tadej sul Tourmalet e trovare Van Aert nel fondovalle. Ci abbiamo provato ma non ci siamo riusciti. Lotteremo fino a Parigi».

In fin dei conti i gialloneri hanno ragionato sui numeri di ieri. Con Jonas che era il più forte. Ed è stata più che legittima la loro tattica. Ma oltre la tattica ci sono gli avversari. E quando uno di questi è Pogacar non si può mai stare tranquilli.

In tutto ciò un’altra bella notizia è che ancora non è finita. Il sogno continua. Non svegliateci… ma teniamo gli occhi aperti!

Nimbl, primi sette mesi ai piedi dei giganti

04.07.2023
6 min
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Ai piedi dei giganti. Il primo anno di Nimbl come fornitore di scarpe al Team Jumbo-Visma ha portato una serie di bei risultati, fra cui la doppia vittoria al Giro d’Italia: prima con Roglic fra i grandi e poi con Staune-Mittet fra gi under 23. Le scarpe marchigiane, rese più accattivanti dall’investimento e dalle conoscenze di Francesco Sergio, non le conoscevano in tanti, ma adesso sono diventate l’oggetto del desiderio (in apertura Vingegaard in giallo al Delfinato). E qui scatta la curiosità: che cosa significa uscire dalla nicchia e salire sul grande palco ai piedi dei campioni?

«Facciamo un passo indietro – sorride Francesco Sergio – torniamo a quando mi hanno chiamato e mi hanno praticamente chiesto di sponsorizzarli. Avevamo già 75 corridori da fornire, sapevo che i miei partner mi avrebbero mandato a quel paese e così è stato. Ma la Jumbo-Visma è arrivata e abbiamo scoperto un gruppo di tecnici molto precisi. Ci aiutano molto nello sviluppo del prodotto. Sono una delle squadre più organizzate che abbia visto in 20 anni di sport e marketing, seguendo il Cervélo Test Team, la Garmin e la Dimension Data».

Il logo del Tour de France e il doppio Boa: primo Tour ai piedi della Jumbo Visma (foto Nimbl)
Il logo del Tour de France e il doppio Boa: primo Tour ai piedi della Jumbo Visma (foto Nimbl)
In cosa sono così bravi?

Poco prima che partisse il Tour, sono venuti in azienda due ingegneri da Eindhoven. Avevano trovato delle migliorie da implementare nella larghezza dei fori per le tacchette. Una cosa che nessuno avrebbe notato, ma di cui si erano accorti. Hanno voluto sapere come forassimo la suola in carbonio e sono stati per 3-4 giorni in officina, seguendo il procedimento. In pratica abbiamo una macchina a controllo numerico che fa i fori. Una volta venivano fatti a mano, ora ci pensa il macchinario. Mettiamo la suola in carbonio nella forma che poggia su un supporto di legno multistrato e la macchina fora secondo le misure che gli diamo.

Vuoi dire che il multistrato cedeva e produceva una differenza?

Esatto. Hanno visto per mille volte il processo, finché un mattino è venuto uno di loro, dicendo di aver studiato il video per tutta la notte e di essersi accorto che il legno assorbiva troppo la pressione del trapano. Quello scostamento minimo provocava una piccola usura laterale dei fori. Messa una base rigida di metallo, il problema è sparito.

Un bel supporto, niente da dire.

Hanno tante attenzioni, ma chiaramente non possiamo usare le loro specifiche per gli altri corridori.

Durante il Giro d’Italia è filato tutto liscio?

Di base sì, anche se per esempio abbiamo avuto un problema con la consegna delle scarpe da crono di Roglic. Ci hanno chiesto di non mandarle a Tenerife, ma di spedirle a Monaco. Solo che il portiere ha dimenticato di avvertirlo e così Primoz ha fatto la prima crono senza le scarpe speciali.

Parliamo di quelle totalmente in carbonio?

Esatto, proprio quelle. Farle è complicato, bisogna trovare il giusto compromesso fra leggerezza della scarpa, peso e potenza del corridore. Per arrivare a metterle a punto sono serviti molti tentativi, durante i quali è capitato anche che alcune si rompessero. Provate a immaginare la differenza di spinta fra un corridore come Vingegaard, che pesa 50 chili e spingerà al massimo 1.200 watt, e uno come Van Aert, che pesa 78 chili e spinge 2.000 watt. Ognuno ha le sue specifiche.

Le scarpe da cronometro sono leggere e aerodinamiche, tutte in carbonio. La chiusura è sotto (foto Nimbl)
Le scarpe da cronometro sono leggere e aerodinamiche, tutte in carbonio. La chiusura è sotto (foto Nimbl)
Un lavoro di grande precisione, quindi?

Tutto questo a noi serve. Siamo un’azienda nuova che ha una tecnologia diversa dagli altri, noi non facciamo una “suolona” grande perché non si rompa. Facciamo una suola fatta a mano, con il layup fatto a mano e il posizionamento del carbonio fatto in base alle varie sollecitazioni. Quindi di base può succedere di sbagliare qualcosa, non siamo ancora alla perfezione. La scarpa da crono non deve essere leggera, ma aerodinamica. La scarpa superleggera però esiste e l’abbiamo fatta per Vingegaard…

Quanto superleggera?

Pesa meno di 180 grammi, ce l’ha adesso al Tour. Però va usata poche volte, solo quando è veramente necessario, perché è troppo delicata per usarla tutti i giorni.

Quante scarpe fornite per ciascun corridore?

Di base e per loro stessa richiesta, dovremmo fornire tre paia. Il primo anno che con Cervélo sponsorizzammo la CSC, eravamo d’accordo con Riis che avremmo fornito 60 bici. Alla fine dell’anno gliene avevamo date 300. Quante scarpe abbiamo dato finora a Vingegaard? Non meno di 8-9, ma per noi non è un problema. Se anche ne chiedono 10, possiamo dargliele. Anche perché…

Van Aert e le sue scarpe: per la realizzazione di quelle da crono si è tenuto conto di peso e potenza
Van Aert e le sue scarpe: per la realizzazione di quelle da crono si è tenuto conto di peso e potenza
Che cosa?

Quando un corridore cade, si graffiano le scarpe e io le cambio. Non voglio vedere i corridori con le scarpe rotte. Facciamo così con tutti, non solo quelli della Jumbo, anche quelli della Ineos per esempio.

State avendo un ritorno di immagine da questa sponsorizzazione?

E’ impressionante, neanche con Cervélo ho mai avuto questo ritorno sull’investimento. Si sta rivelando una leva incredibile, è come passare da 100 a 250 all’ora in un secondo. Facciamo fatica a stare dietro alla produzione. Cerchiamo di vendere molto online, anche se i punti vendita ci sono. In Spagna si chiamano “negozi pilota”, così ne abbiamo 2-3 per ogni Nazione dove le scarpe si possono vedere e toccare. Nella vendita siamo molto flessibili. Se non ti trovi con la misura, le mandi indietro e te ne mandiamo un altro paio, visto che sono scarpe che costano. E se anche tornano indietro, sappiamo esattamente dove mandarle.

C’è qualcuno che segue gli atleti Nimbl alle corse, oppure li equipaggiate prima con quel che serve?

Io sono andato a Bilbao, ma non per fare assistenza. Diamo tacchette e cricchetti prima che partano, le uniche cose della scarpa che puoi dover cambiare. Si smontano e si avvitano e si incollano senza alcun problema. Hanno anche 2-3 scarpini di scorta e se poi hanno qualche urgenza, come è già successo, gli facciamo la scarpa nuova in tre ore. Diverso se serve rifare le scarpe su misura di Vingegaard, perché servono due giorni. Come lui ce ne sono solo 6-7 nella Jumbo-Visma. E se proprio devo dire, va bene così. Non sono troppo favorevole al personalizzato per tutti, ma loro sono attentissimi ai minimi dettagli. Perciò se lo chiedono, siamo qui per accontentarli…