Ganna, il quinto tricolore lancia la volata verso Parigi

20.06.2024
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GROSSETO – Ganna di nuovo campione italiano della crono, per la quinta volta. Il piemontese della Ineos Grenadiers si è trovato nella fornace del percorso dopo il ritiro in altura e per qualche istante deve essergli passato per la testa il fantasma di Faenza. Anche in quel giorno del 2021 il caldo non concedeva scampo, ma il percorso era più duro e alla fine Pippo si ritrovò al quarto posto, battuto da suo cognato Matteo Sobrero.

Anche oggi, come allora, sta preparando le Olimpiadi e anche questa volta è partito fortissimo. Forse troppo. E arrivare al traguardo è stato un bell’impegno.

Ganna è arrivato in calando dopo la partenza volutamente troppo allegra
Ganna è arrivato in calando dopo la partenza volutamente troppo allegra

Overpacing in avvio

L’inferno è più caldo, ma certo meno umido. Grosseto ha accolto i campionati italiani della crono con temperature che ti svuotano, è difficile immaginarsi come sia fare una crono di 35 chilometri. I corridori arrivano, si gettano sul marciapiede, sputano via la polvere e la fatica e ricominciano a parlare solo dopo qualche minuto.

«Sono partito troppo forte, perché era in previsione fare un overpacing per vedere cosa succedeva. Volevamo cercare di arrivare più vicini a una performance olimpica, però non sono ancora nella condizione che serve, quindi ho sofferto un po’ troppo. Nel finale ho faticato, però siamo riusciti a mantenere un buon ritmo e finire comunque con un’ottima prestazione. Diciamo che fare altura e poi scendere immediatamente… Ho avuto una settimana a casa, però ugualmente non sono riuscito a fare un ottimo adattamento al caldo e oggi un po’ l’ho sofferto».

L’assetto per Parigi è a posto: cambierà soltanto la bici, che sarà nuova
L’assetto per Parigi è a posto: cambierà soltanto la bici, che sarà nuova

La bici nuova

Parigi non è ancora dietro l’angolo, ma la conferenza stampa del 5 luglio metterà nero su bianco i nomi degli atleti e a quel punto avremo tutti la sensazione di qualcosa di immenso che sta per iniziare. Per ora si lavora. L’altura. La pista. Il tricolore crono e domenica quello su strada.

«Si lavora anche sui materiali – dice e sorride – praticamente è tutto fatto, manca soltanto la bicicletta, anche se da qualche parte si è già vista. Questa è stata l’ultima crono lunga prima delle Olimpiadi, ma a casa se ne simuleranno altre. I tempi saranno quelli. Si cercherà di fare allenamenti sempre più specifici sul tempo. La prova di oggi è buona, ma sono alla ripresa. Nelle crono del Giro i valori erano molto più alti, qua ho dovuto comunque tenere di più perché sennò non sarei arrivato al traguardo. E’ un avvicinamento buono, continuiamo così e vediamo come si arriva».

Per Affini il casco Giro che tanto ha fatto parlare alla Tirreno
Per Affini il casco Giro che tanto ha fatto parlare alla Tirreno

Fra crono e pista

Quella volta a Faenza mise su un muso che impiegò del tempo per passare. Si era nella rincorsa per Tokyo, l’oro del quartetto era una suggestione più che una possibilità, mentre oggi è tutto diverso. C’è più consapevolezza e forse il risultato di giornata è importante non tanto per se stesso quanto per la conferma di essere sulla strada giusta.

«Sappiamo a cosa andiamo incontro – dice – quindi le fatiche e gli allenamenti che ci saranno da fare. Come quartetto siamo motivati, ci siamo già trovati. Abbiamo già cercato di mettere giù un programma per trovarci quasi sempre tutti insieme. Poi ovviamente per obiettivi di squadra saremo anche impegnati in altre gare o ritiri, quindi abbiamo cercato di programmare il meglio per girare il più possibile insieme e cercare di fare più prove insieme. Cosa preferisco a livello del cuore fra crono e pista? Semplice, muoio in entrambe…».

Cioni fa parte da sempre del cerchio magico di Ganna assieme a Villa. A Parigi sarà invece con Tarling
Cioni fa parte da sempre del cerchio magico di Ganna assieme a Villa. A Parigi sarà invece con Tarling

Il Cioni condiviso

L’umore è buono, non potrebbe essere altrimenti. Passa Affini, che gli molla una battuta. Poco distante c’è Baroncini, il terzo di giornata. Gianluca Valoti, appostato dietro la transenna, fa notare che tutti e tre da U23 sono passati per il Team Colpack. E’ una riflessione che merita attenzione. Se un’ombra può esserci sulle Olimpiadi, riguarda l’assenza del suo allenatore Dario Cioni che, come pure agli ultimi mondiali, sarà impegnato accanto a Joshua Tarling. Il tema brucia: Tarling che a Glasgow era poco più di una promessa oggi è uno dei grandi favoriti. Quando scherzando abbiamo fatto su questo una battuta al toscano, lo sguardo ha lampeggiato.

«Io non ci penso – dice Ganna – alla fine con Dario ho un bel rapporto e abbiamo già discusso di questa cosa. Ovviamente quando saremo là, ci sarà un ottimo staff che mi seguirà e cercheremo di dare sempre il meglio. I rivali potrebbero essere gli stessi di Glasgow, quindi Remco e Tarling. Ma potrebbe venire fuori anche un Van Aert oppure Kung».

Dovendo e volendo pianificare ogni cosa nei dettagli, la Federazione non avrebbe potuto precettare Cioni e portarlo a Parigi? Si fa per parlare, ovviamente…

Jonathan Milan ha chiuso al quarto posto, a 1’01” da Ganna
Jonathan Milan ha chiuso al quarto posto, a 1’01” da Ganna

Il tempo delle pressioni

Il modo in cui si avvicinerà agli ultimi giorni resta coperto da un bello strato di segreto. Quando gli chiediamo se ha intenzione di simulare allenamenti a temperature simili, sorride dicendo di chiedere a Cioni. E così torniamo sulla partenza troppo allegra di giornata e del rischio di scoppiare prima del tempo.

«Me ne sono accorto all’intertempo dove avevo già 20 secondi di vantaggio su Affini – spiega – sapevo di aver scelto un passo un po’ troppo… ottimistico (sorride, ndr). Anche a Faenza avevo un po’ esagerato, vero, però l’ultima crono l’avevo fatta al Giro, in condizioni diverse. Non era una prova secca, adesso sarà da puntare un po’ più in alto. Cerchiamo di essere sempre sul pezzo, di lavorare sempre in ottica di Parigi. Non sarà facile, perché da una parte e l’altra inizieranno le pressioni. Perciò cerchiamo di rimanere calmi e di fare il meglio. Se tutto andrà bene, si festeggerà. Se non va bene, non credo che avrò ammazzato qualcuno. Non mi merito la galera…».

Pidcock torna alla mtb. Col Tour sempre nel mirino

17.06.2024
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Una cosa è certa: nessuno sta affrontando il percorso di avvicinamento al Tour de France come Tom Pidcock. Il suo è un continuo saltellare dalla bici da strada alla mtb e solamente il futuro dirà se è quello giusto. Il britannico è per certi versi tirato per la giacchetta tra chi guarda alla Grande Boucle sognando un possibile podio e chi invece punta a un clamoroso bis olimpico nelle ruote grasse, non dimenticando il fatto che, fra la conclusione della corsa a tappe e la prova di mtb a cinque cerchi ci saranno solamente 8 giorni.

Il primo a essere conteso è lo stesso britannico della Ineos Grenadiers (in apertura, foto Ramos) che vuole entrambe le cose e non ne fa mistero. Per questo si allena contemporaneamente per le due discipline, seguendo schemi che ha collaudato nel tempo. Il bello è che lo stesso Tom ne parla tranquillamente, molto meno tranquillo è il suo preparatore Kurt Bogaerts, che già di per sé è molto restio a comparire e che sul tema non proferisce parola, pensando a continuare a far lavorare il suo pupillo.

Pidcock ha chiuso 5° nella cronoscalata finale in Svizzera, a 50″ da Almeida
Pidcock ha chiuso 5° nella cronoscalata finale in Svizzera, a 50″ da Almeida

5 utili giorni di montagna

Pidcock è reduce da un Giro della Svizzera che, al di là del sesto posto finale, gli ha lasciato ottime sensazioni, soprattutto la cronoscalata: «Ho fatto la mia miglior prova contro il tempo da quando sono professionista – ha affermato all’arrivo – Quando ho iniziato la corsa elvetica ero appena sceso dall’altura e all’inizio le gambe non giravano, ma col passare delle giornate sono andato sempre meglio. I dati sono molto incoraggianti, soprattutto ritengo utile aver affrontato cinque giorni consecutivi di montagna, mi hanno fatto sentire sempre meglio ed è stato il miglior viatico per il Tour».

Ora però Pidcock resta in Svizzera. Niente campionati nazionali, c’è un altro evento che l’interessa: «Il fine settimana sarò a Crans Montana per affrontare la tappa di Coppa del Mondo di mountain bike, è un test importante per misurarmi con i miei avversari a Parigi. La forma c’è, ora bisogna riabituarsi in pochi giorni a un tipo di sforzo molto diverso».

Sesto posto finale nella corsa a tappe elvetica, dopo un inizio difficile buone sensazioni in salita
Sesto posto finale nella corsa a tappe elvetica, dopo un inizio difficile buone sensazioni in salita

Due allenamenti complementari

Il principale cruccio del britannico è proprio il lavoro specifico per la mountain bike, che viene giocoforza un po’ penalizzato in questo periodo della stagione: «So che non mi alleno in mtb quanto dovrei – ha detto in un’intervista su Cycling Weekly – ma io penso che i due tipi di allenamento siano abbastanza intercambiabili. Ora sto sicuramente facendo più sforzi in superleggera, il che significa fare più volume, ma questo lavoro si rivelerà utile anche per il fuoristrada. Io sono convinto che le due discipline si completino a vicenda».

Il passaggio repentino da una disciplina all’altra è per Pidcock cosa usuale, è anzi diventato una sorta di tradizione. Molti sono rimasti stupiti dalla sua scelta, all’indomani della sua quarta vittoria a Nove Mesto, nella tappa di Coppa, di atterrare a Barcellona e da lì, al lunedì, effettuare più di 230 chilometri verso la sua casa ad Andorra, il che vuol dire oltre 4.000 metri di dislivello: «Ho impiegato più di 8 ore in bici” affermava tramite social per poi spiegare nel dettaglio.

Pidcock prepara il Tour de France dove punta a far classifica, per poi pensare al bis olimpico
Pidcock prepara il Tour de France dove punta a far classifica, per poi pensare al bis olimpico

I lunghi viaggi in mtb

«I lunghi viaggi mi danno la possibilità di decomprimere la mente, di rilassarmi. Oltretutto, in bici ho scoperto posti e visto località che in auto non avrei mai apprezzato. Già due anni fa feci il trasferimento da Albstadt in Germania a Nove Mesto in Repubblica Ceka in bicicletta, oltre 190 chilometri e i risultati non mi pare che ne risentirono… Per me quella è una tradizione di primavera, è come se avesse un valore al di là dell’aspetto prettamente tecnico, è un buon auspicio. E poi sono sempre chilometri messi in cascina…».

Chi pensava che l’amore di Pidcock per la mtb stesse venendo meno (visto che aveva preannunciato come dal 2025 si dedicherà quasi esclusivamente alla strada) è servito. D’altronde i risultati che il britannico ottiene in mountain bike sono strategici nell’evoluzione della sua carriera. Quindi risponde stizzito a chi lo critica: «Sarò io e nessun altro a decidere come voglio che sia il mio Tour de France. Altrimenti non si otterrà nulla da me. Devo credere nella mia idea di come affrontare la Grande Boucle, come avvicinarmi, che cosa fare.

In mtb il britannico ha già dominato a Nove Mesto, per la quarta volta in carriera
In mtb il britannico ha già dominato a Nove Mesto, per la quarta volta in carriera

«Nessuno sarà come Pidcock…»

«Chi mi è accanto sa come lavoro e quanto sono serio, so che cosa serve per ottenere il mio obiettivo. So che molti guardano la mia carriera, paragonandola a quella di Pogacar o Evenepoel che sono della mia generazione e mi criticano. Ci sta, ma credo che al termine della mia carriera, se avrò vinto una classica Monumento o un mondiale su strada, unendoli a quel che ho portato a casa fra ciclocross e mountain bike, si potrà dire che come Pidcock non c’è stato proprio nessuno…».

Sastre incorona Carlos Rodriguez. Al Tour per il podio?

13.06.2024
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Alla fine, zitto zitto com’è nel suo stile, Carlos Rodriguez è arrivato quarto al Criterium du Dauphiné. Lo spagnolo è un regolarista, ma di una sostanza potremmo dire alla Indurain, tanto per restare nella penisola iberica e scomodare un gigante. Una sostanza e un rendimento che non hanno lasciato indifferente neanche Carlos Sastre, che un Tour lo ha vinto: quello del 2008.

«Non ci sono molti corridori spagnoli di altissimo livello oggi – ha detto Sastre ad Europa Press – ma quelli che ci sono, sono davvero molto bravi. Penso a Carlos Rodriguez e a Juan Ayuso. Sono corridori combattivi, che entrano bene in gara e, nonostante siano giovani, hanno già esperienza. Non ho dubbi che lotteranno per darci di nuovo grandi gioie».

Carlos Sastre (classe 1975) ha vinto il Tour 2008, oggi ha un grande negozio di bici ad Avila
Carlos Sastre (classe 1975) ha vinto il Tour 2008, oggi ha un grande negozio di bici ad Avila

Avanti così

Dopo il suo ormai classico avvicinamento al Tour de France, il corridore della Ineos Grenadiers era andato al Delfinato con lo scopo di rifinire la preparazione. E forse ha reso anche meglio di quel che lui stesso si aspettava. Tanto che dopo la vittoria ottenuta nella tappa finale a Plateau des Glières (nella foto di apertura) è stato più loquace del solito.

«E’ una vittoria che aiuta molto a rafforzare la mia fiducia – ha detto Rodriguez – nell’ultima tappa abbiamo fatto un buon lavoro di squadra, stavo molto bene. In generale concludo questa gara in buona forma e con grande ottimismo per il futuro. Il buon lavoro fatto nella salita finale ha detto di una Ineos che funziona alla perfezione, tutto è andato secondo i programmi. La preparazione è stata buona».

Tra l’altro si parla non poco del grande feeling tra lui e Laurence De Plus, mentre Pidcock, altro capitano designato della Ineos Grenadiers al Tour, dal Giro di Svizzera non ha lanciato grandi segnali di amicizia. «Sono io quello che deciderà come voglio che sia il mio Tour», le sue parole.

Per Carlos Rodriguez ancora qualcosa da mettere a punto a crono
Per Carlos Rodriguez ancora qualcosa da mettere a punto a crono

L’erede di Sastre

Ma torniamo a Carlos Rodriguez. «Nel caso di Carlos – ha ripreso Sastre – l’anno scorso è stata un’esperienza unica per lui. Quest’anno arriva al Tour appunto con quell’esperienza che è stata estremamente importante, gli ha mostrato molte cose. Carlos è stato colui che è rimasto più vicino a Vingegaard e Pogacar e magari si è avvicinato ancora un po’».

In qualche modo i due Carlos si somigliano: entrambi amano andare di passo, non sono esplosivi, vanno molto forte a crono. Forse Rodriguez è un po’ più scalatore di Sastre, ma oggi poi queste etichette – cronoman, scalatore – contano poco quando si parla di classifica nei grandi Giri. Bisogna andare forte su tutti i terreni.

«Rodriguez è completo e come detto si è avvicinato a Vingegaard e Pogacar e per questo credo che in un modo o nell’altro potrà esserci», riferendosi presumiamo al podio. E ancora: «E’ emozionante vederlo in azione».

Podio possibile?

Davvero quindi Carlos Rodriguez può puntare al podio del Tour? Facciamo “due conti”. Da inizio anno ha mostrato grande solidità. La sua preparazione non ha avuto intoppi e tutto è filato secondo programma. E’ stato un crescendo rossiniano: trentunesimo al Gran Camino, ventottesimo alla Parigi-Nizza, secondo ai Paesi Baschi, primo al Romandia. E quarto al Delfinato.

Di certo Carlos Rodriguez fa parte della schiera di atleti subito alle spalle dei due ultimi dominatori del Tour. Come si è visto anche al Delfinato la lotta con Roglic è stata quasi alla pari. Molto simili in salita: più esplosivo Roglic quando stava bene, ma più solido Carlos alla distanza.

Lo spagnolo ha pagato qualcosa contro il tempo: ì deve crescere ancora un po’. Al Delfinato ha ceduto un minuto allo sloveno, ma solo nella crono aveva già perso 1’02”(abbuoni esclusi entrambe le parti).

E a proposito di Roglic, chi era sul posto ha notato che la defaillance dello sloveno indirettamente abbia dato un grande impulso a Rodriguez, rimasto del tutto stupito dalla controprestazione della Bora-Hansgrohe. «Sono stati fortissimi per tutta la settimana non immaginavamo di batterli», ha detto Carlos ai suoi. Un tarlo di ottimismo che chi lo conosce, assicura, ha messo in cascina pensando al Tour.

La giornata di Ganna: le scelte tecniche e 17″ di troppo

10.05.2024
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FOLIGNO – «Per me sarà una sfida fra gli specialisti e Pogacar». Dario David Cioni, tecnico della Ineos Grenadiers, fa subito centro. E inizia a parlarci della Foligno-Perugia, prima crono di questo Giro d’Italia che vede in Filippo Ganna uno dei grandissimi favoriti.

Pippo appartiene alla lista degli specialisti di cui sopra. A supportarlo c’è anche il cittì della pista, Marco Villa. Le premesse per una grande giornata ci sono tutte. 

Filippo Ganna durante la ricognizione. Alla radio parla con l’ammiraglia dove qualcuno registra le sue indicazioni (foto Simona Bernardini)
Filippo Ganna durante la ricognizione. Alla radio parla con l’ammiraglia dove qualcuno registra le sue indicazioni (foto Simona Bernardini)

La mattina

«Filippo – spiega Cioni – si è svegliato quel tanto per essere pronto per uscire dall’hotel alle 9,40. Alle 10,30 appena hanno aperto il percorso per le ricognizioni eravamo in sella. Ed ora eccoci qui…». 

E’ mezzogiorno e Cioni e il suo atleta sono appena arrivati in zona partenza, tra bus e motorhome. Meccanici da una parte, atleti dall’altra e nel mezzo un “cortile” riparato dalle tende dei rispettivi mezzi, sotto le quali ci sono le bici con i rulli e i ventilatori.

E’ così dunque che scorre la mattina di Ganna. Quando Filippo scende dall’ammiraglia per recarsi nel bus scherza con un operatore tv. Gli tocca la telecamera di spalle. E’ sereno, tranquillo. Qualche parola con Cioni. Doccia, poi si siede sullo scalino del bus in attesa del pranzo. Leggero e a base di carboidrati.

Due gel, uno a pochi istanti dall’inizio della partenza e uno durante la crono
Due gel, uno a pochi istanti dall’inizio della partenza e uno durante la crono

L’integrazione

Intanto Cioni ci spiega l’approccio di Pippo a questa corsa. Una crono che in qualche modo è iniziata già la sera prima.

«Siamo in una corsa a tappe – dice Cioni – e prima di tutto si pensa a recuperare lo sforzo del giorno. L’alimentazione è dunque importante. Come quantità, forse per la crono si spende qualcosa in meno in termini di calorie, in quanto il consumo è minore. Okay, oggi è lunga (40,6 km, ndr), ma non dura le cinque, sei ore di una tappa in linea. Spendono le calorie in modo diverso: lo sforzo è inteso, ma più breve. La crono non è dunque uno sforzo difficile dal punto di vista nutrizionale».

«Come si affronta? In una crono così, di oltre 50′, si parte con la borraccia d’acqua e anche un paio di gel, l’ultimo dei quali da prendere prima dello strappo».

Per Cioni è importante che Ganna spinga forte, ovviamente, è anche importante che si gestisca bene. E’ pur sempre una crono lunga. Per il tecnico toscano quindi non dovrà “solo” pensare a guadagnare nel tratto in pianura a lui più congeniale, ma dovrà darci dentro anche in salita.

Le scelte tecniche

La ricognizione è servita sia per visionare il percorso, sia per verificare che i rapporti scelti in precedenza fossero giusti.

«Io – riprende Cioni – avevo visionato questa crono già a novembre. Poi l’ho rivista un mese fa: era cambiata leggermente. Non si è trattato di cambiamenti grossi, sono stati aggiunti dei piccoli tratti. E’ leggermente più lunga.

«E’ una buona alternanza di tratti veloci e altri con delle curve più tecniche. E poi c’è la questione vento, che tendenzialmente è laterale o leggermente a favore. Il percorso, considerando anche lo strappo, è discretamente veloce, ma ci sono anche delle curve che si faranno con le mani sulle protesi. Non è dunque una crono velocissima».  

Il meccanico Diego Costa, ci mostra la bici di Pippo. Lui ci fa vedere quella azzurra, poi Pippo opterà per quella con i colori Ineos Grenadiers tradizionali. La Pinarello Bolide di Ganna monta una monocorona da 64 denti e una scala posteriore 11-34. Pedivelle da 175 millimetri. Ultima versione del manubrio stampato 3D e il sofisticato sistema Classified Cycling (qui tutte le info) che oggi ha tenuto banco.

E ancora: tubeless Continental da 28 millimetri al posteriore e 25 millimetri all’anteriore. 

Il riscaldamento

Cioni ci dice che Ganna inizia il riscaldamento alle 14,10 e che tutto sommato oggi rispetto a crono più brevi ed esplosive non è così fondamentale arrivare iper caldi. Alle 14 però Pippo è già sui rulli.

Ventilatore acceso, tavolinetto sul fianco sinistro con una borraccia pronta e giubbino refrigerante. Si scalda. Chiaramente ha già il body addosso.

«Per forza – riprende Cioni – il body ormai s’indossa prima, altrimenti per come sono stretti con il sudore non riuscirebbero a metterlo».

Ganna lascia i bus proprio all’ultimo. In zona partenza non ha la bici con i rulli. Pensate che Andrea Pasqualon, che partiva un minuto dopo di lui, aveva lasciato la zona dei motorhome almeno tre minuti prima. 

Posizione impeccabile per Ganna, ma le sensazioni a suo dire non erano splendide
Posizione impeccabile per Ganna, ma le sensazioni a suo dire non erano splendide

La gara

In gara il piemontese sembra volare, specie nella parte in pianura. E’ primo sul traguardo di Perugia. Poi però è lui stesso a gelare tutti: «E’ stata una giornata no». Una frase detta quando era ancora saldamente al comando. E infatti, man mano che arrivavano, gli uomini di classifica gli rosicchiavano qualche secondo nel segmento finale in salita. Pensando a Pogacar sarebbe stato un bel problema…

«Non trovavo il rapporto», ha aggiunto Pippo. Questa frase, nel giorno in cui si è parlato del nuovo sistema di cambio utilizzato per sfruttare al massimo la monocorona, assume un significato che va oltre il gergo. Un corridore dice di non trovare il rapporto quando non ha buone sensazioni.

Magari è solo una coincidenza, però sappiamo che durante i ritiri Pippo ha usato meno di altri questo sistema Classified. Sistema che, tra le altre cose, è vero “smorza” i grandi salti di rapporto che si hanno con il monocorona, specie se grande come il 64, però è anche vero che pesa quasi 4 etti. Insomma bisogna prenderci la mano.

Filippo Ganna lascia dunque Perugia con una stretta di mano e 17” secondi con Tadej Pogacar. Nel clan inglese, complice una prestazione così e così di Geraint Thomas, l’umore non è dei migliori. Però il bicchiere deve restare mezzo pieno: nel tratto in pianura, Pippo ha dominato e nella crono di Desenzano di salite non ce ne saranno.

La posizione di Pidcock? Meno avanzata di quel che sembra

25.04.2024
5 min
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A prima vista la posizione di Tom Pidcock sembra avanzata. Quasi al pari dei fratelli Yates. Una posizione molto da biker, ancor più che da ciclocrossista. Ma poi se si va ad analizzare bene e lo si fa con le persone giuste, si scopre non è proprio così. Anzi…

Ci siamo chiesti quanto ci fosse del biker e del crossista Pidcock nel suo setup da strada. In realtà del setup vero e proprio non c’è tanto, mentre c’è molto della guida e della “filosofia” del Pidcock fuoristradista. Di questi aspetti abbiamo parlato con Matteo Cornacchione, storico meccanico della Ineos Grenadiers.

Matteo, vedendolo da fuori sembra che Tom abbia una posizione molto avanzata. Molto da biker, con il baricentro tutto sulla pedaliera, anche se poi questa tendenza è ormai sdoganata anche su strada. E’ così?

In realtà Tom non è molto avanzato. Anzi, è il meno avanzato dei nostri. Ha 9 centimetri di arretramento sella. Non credo che abbia ereditato qualcosa di specifico dalla mtb, per questo aspetto fa molto riferimento a Kurt Bogaerts, il suo coach e factotum che lo segue in tutto e per tutto. Per dire, lui usa il reggisella normale e quando dico normale intendo quello arretrato e non quello dritto. Semmai del crossista e del biker ha ereditato l’attenzione per le pressioni delle gomme.

Ci puoi dire di più?

Ci lavora moltissimo e ha una sensibilità pazzesca. Fa davvero tante prove con le gomme. Per esempio prima della Strade Bianche ci fa fare parecchi cambiamenti e parliamo di aggiustamenti nell’ordine di aumentare o diminuire 0,1-0,2 bar. A volte gli chiediamo: «Tom, ma cosa vuoi che cambi intervenendo così poco?». Ma lui lo sente eccome. Capita che durante la ricognizione in una discesa di un minuto e mezzo, rifili 20” ai compagni. Sembra quasi che sappia cosa ci sia dietro la curva. Noi abbiamo il compressore digitale ad alta precisone e lui controlla sempre in prima persona.

La sella dell’inglese ha un arretramento di 9 centimetro rispetto al movimento centrale. Ormai una rarità
La sella dell’inglese ha un arretramento di 9 centimetro rispetto al movimento centrale. Ormai una rarità
Altri accorgimenti border line?

Direi le pedivelle. Sta facendo delle prove con quelle più corte (e questa sì che è una reminiscenza da biker, ndr). Sia su strada, che nei test su pista per strada appunto e crono, ha provato le 165 millimetri. A crono addirittura ha usato le 160. Alla Tirreno per esempio aveva un setup particolare con la corona da 68 denti e le pedivelle da 160. Era quasi più grande la corona che la pedivella! Però è bello, perché Pidcock è molto tecnico e vuol provare tutto.

Con la bici da crono ha trovato subito il setup ideale?

Posso dire che ci sta lavorando molto. Ci esce tantissimo, perché vuol fare bene al Tour de France.

Torniamo all’arretramento, Matteo. A noi sembra così avanzato perché ha un telaio più piccolo rispetto alla sua misura?

Esatto. Tom utilizza una Pinarello Dogma taglia 46,5, quindi un po’ piccola per la sua altezza (170 centimetri, ndr). E ha un attacco manubrio direi normale: 110 millimetri. La piega è da 38 centimetri centro-centro. E la forcella ha il rake da 47 millimetri. Io dico che secondo me guida bene anche per questo motivo.

Alla Tirreno, Pidcock ha utilizzato una corona da 68 denti e pedivelle da 160 mm (foto Instagram)
Alla Tirreno, Pidcock ha utilizzato una corona da 68 denti e pedivelle da 160 mm (foto Instagram)
Cioè?

A mio avviso queste numerose e disastrose cadute dipendono anche dal fatto che ormai i corridori per spingere meglio sono tutti avanzati (si sta davanti per sfruttare il grande gluteo il muscolo più grosso e potente del corpo, ndr), ma questo va a discapito della guida.

Interessante, vai avanti per favore…

Stando col baricentro più avanti, non hai margini di errore. Sei subito sulla ruota anteriore, quasi ci “cadi” sopra. Tom invece oltre che essere abile di suo, ha una posizione “vecchio” stile col suo arretramento e la forcella “più ampia” col rake da 47 millimetri. Pertanto è più equilibrato. Tanti altri corridori si spostano più avanti per racimolare qualche watt in più, ma magari per farlo durante una corsa a tappe di una settimana cadono tre volte. E allora quanto ti è stata utile davvero questa posizione estrema?

Un’altra cosa che abbiamo notato di Tom è che sulla sella si muove parecchio. Spesso lo pizzichiamo in punta, altre volte sul calcio…

E’ una sua caratteristica da fuoristradista. Proprio sulla sella quest’anno ci ha messo un po’ per trovarla. Ma era normale cambiando fornitore. Siamo passati a Prologo, che ha una gamma vastissima. In un pomeriggio Tom ha provato anche tre selle. Poi però una volta individuata quella giusta ci ha lavorato e non ha più cambiato. Anche in mtb ci ha messo un bel po’, però è anche vero che tra il cross e le classiche non ha avuto poi tutto questo tempo. Pensate che dopo la Tirreno ha fatto un sopralluogo delle tappe italiane del Tour, poi è andato a Nizza dove abbiamo i nostri magazzini, e lì ha provato la sella per la mtb e poi è venuto alla Sanremo.

Secondo Cornacchione il feeling e la sicurezza di guida in discesa di Pidcock dipendono anche dal suo setup “vecchio stile”
Secondo Cornacchione il feeling e la sicurezza di guida in discesa di Pidcock dipendono anche dal suo setup “vecchio stile”
E invece per quel che riguarda le gomme cosa ci puoi dire? Abbiamo notato che alla Strade Bianche per esempio era l’unico dei vostri con le 28 millimetri…

Di base, davanti usiamo il 25 millimetri e dietro il 28 millimetri. Tom preferisce i tubeless. Il nostro fornitore è Continental e in base al tipo di percorso a volte opta per il TR a volte per il TT. Questo secondo pneumatico è un po’ più leggero e veloce rispetto al primo, ma al tempo stesso dà qualche piccola garanzia in meno in termini di forature. Sono piccoli rischi si prendono, ma la scelta poi dipende dal percorso e dal corridore.

Infine i rapporti. Pidcock ha qualche preferenza?

Usa sempre il 54-40 anche nelle tappe dove qualcuno dei nostri sceglie invece il 56-44. Ed è fisso anche per quel che riguarda il pacco pignoni: sempre l’11-30, mentre tutti gli altri optano per il l’11-34. Preferisce quindi avere una scala più graduale.

Bernal, aggancio quasi completo. Gamba e morale in crescita

24.04.2024
4 min
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LIEGI (Belgio) – Le parole di Pidcock dopo la corsa sono la sintesi perfetta di quello che tutti abbiamo pensato vedendo Bernal scattare sulla Cote de la Roche aux Faucons: «E’ bello vederlo correre di nuovo in questo modo. Ha dovuto soffrire più di quanto io possa immaginare».

Il colombiano sta tornando. Ha ammesso di avere valori persino superiori a quelli che aveva prima dell’incidente, ma il ciclismo nel frattempo è andato avanti e la sua rincorsa non è terminata. Diciamo però che è ormai nella scia delle ammiraglie e il gruppo dei migliori, di cui fa parte per palmares e attitudini, è ormai in vista. Bernal ha 27 anni, ha vinto un Tour, un Giro e ogni genere di corse a tappe. L’incidente del 2022 poteva costargli la vita e invece lui la vita se la sta riprendendo, un gradino dopo l’altro.

Il colombiano ha corso la Liegi sempre in testa, ma è uscito allo scoperto a partire dalla Redoute
Il colombiano ha corso la Liegi sempre in testa, ma è uscito allo scoperto a partire dalla Redoute

Lo abbiamo incontrato alla vigilia della Liegi-Bastogne-Liegi, il sorriso radioso come sempre e forse di più. L’attesa iniziava a montare e si capiva, per averlo visto bello pimpante già nelle prove sulla Redoute, che avrebbe fatto una bella corsa. Il risultato finale non rende merito alla sua corsa. Il ventunesimo posto è stato figlio dell’aiuto dato a Pidcock, arrivato decimo, dopo la vittoria all’Amstel Gold Race. Alla fine però era contento lo stesso. Ha ammesso che avrebbe voluto seguire Pogacar e non ce l’ha fatta. Però almeno stavolta l’ha visto da molto vicino.

Egan, sei felice?

Sì, molto felice.

C’è stato un giorno quest’anno in cui hai sentito che sta tornando il vero Egan?

Forse al Gran Camino, i primi giorni. Sentivo che avevo ancora la forza per godermi la corsa. In quel momento ho pensato che forse quest’anno sarei riuscito a fare un passo in più.

Le prime buone sensazioni, Bernal le ha percepite al Gran Camino: aveva la forza per attaccare
Le prime buone sensazioni, Bernal le ha percepite al Gran Camino: aveva la forza per attaccare
Che cosa manca, secondo te?

Uh, non so… Penso solo a continuare quello che ho fatto fino ad ora. Ho finito la scorsa stagione pensando che non sarei più riuscito a tornare al livello per stare davanti. Quest’anno invece sono più avanti dell’anno scorso, quindi penso che sto andando per un buon cammino. Sono fiducioso e per quest’anno spero di fare il mio meglio, pensando che il prossimo anno sarò nuovamente al mio livello migliore.

Come si spiega che tu abbia numeri migliori del 2021 eppure sia costretto a rincorrere?

Al di là del mio ritorno alla piena efficienza, significa che gli altri stanno continuando a migliorare, che tutto va molto veloce. Per cui devo restare concentrato su me stesso e lavorare per raggiungere il miglior Egan e poi mettere nel mirino i più forti del gruppo.

Pensavi che il recupero durasse di meno, oppure sta andando veloce? Che impressione hai?

Dipende, ci sono i giorni che sembra che va veloce e altri giorni che sembra che va piano. Vogliamo sempre di più, però la caduta che ho avuto… Già il solo fatto di poter fare una vita normale, è già un miracolo. Stare qua e pensare di poter essere ancora vincente, lo è ancora di più. Ho tanta voglia di tornare a essere il migliore, ma non posso dimenticare che ormai ho già vinto la corsa più importante.

Dopo il Romandia, Bernal lascerà l’Europa e andrà in Colombia a preparare Delfinato e Tour
Dopo il Romandia, Bernal lascerà l’Europa e andrà in Colombia a preparare Delfinato e Tour
Ti manca più in salita o a crono?

Un po’ dappertutto (sorride, ndr). Con il ciclismo di adesso, mi manca anche la discesa. Ormai si va a tutta in qualsiasi momento, quindi bisogna stare molto attenti in ogni momento.

Rimani qua fino al Tour o torni in Colombia?

No, torno in Colombia. Dopo la Liegi, faccio il Romandia e poi torno a casa. Mi preparo per il Tour, passando prima per il Delfinato. Quest’anno niente Giro, anche se presto ci tornerò.

Thomas e la Ineos, indicazioni sulle Alpi per l’assalto al Giro

21.04.2024
6 min
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LEVICO TERME – Il tempo che porta all’inizio del Giro d’Italia sta per esaurirsi e la Ineos Grenadiers ha un conto in sospeso dall’anno scorso. Un conto di 14 pesantissimi secondi pagati sul Monte Lussari al penultimo giorno. Le montagne del Tour of the Alps sono sempre state il loro terreno ideale per verificare la propria condizione psico-fisica.

Rispetto ad un anno fa – dominio di Geoghegan Hart con vittoria finale e due di tappail bilancio del team britannico è meno consistente, ma pur sempre discreto. Un successo parziale con Foss, leader provvisorio della generale nelle prime due frazioni e classifica a punti finale, oltre ad una serie di indicazioni arrivate da azioni individuali. La lunga fuga solitaria di Ganna al terzo giorno e quella in salita di Thomas all’ultimo sembrano qualcosa di molto simile a dei test in vista della Corsa Rosa. Noi siamo andati a bussare alla porte della Ineos Grenadiers e ci hanno aperto proprio Thomas e il suo diesse Oliver Cookson.

Test Giro. All’ultima tappa del TotA, Thomas (qui con Pellizzari) ha provato un allungo in salita restando in fuga per diversi chilometri
Test Giro. All’ultima tappa del TotA, Thomas (qui con Pellizzari) ha provato un allungo in salita restando in fuga per diversi chilometri

I pensieri di Sir G

L’avvicinamento di Geraint Thomas al prossimo Giro d’Italia sembra in linea con quello del 2023. Nessun acuto (la vittoria gli manca dalla generale del Tour de Suisse di due anni fa) e la consapevolezza di essere sulla strada giusta. Uno con la sua esperienza ed il suo palmares sa come ottimizzare il lavoro. Al TotA, proprio come l’anno scorso fece con Tao, è stato un gregario di lusso per Foss. Ed il quindicesimo posto finale in classifica praticamente rispecchia quello di dodici mesi fa.

«Sto bene – ci racconta il trentasettenne gallese – e più o meno sapevo di avere questa condizione. Al Tour of the Alps ho avuto buone sensazioni complessivamente e già al primo giorno dove ho chiuso sesto, lavorando per la vittoria di Tobias. Abbiamo provato a fare classifica con lui, mentre per me non era nei programmi iniziali. Al Giro mancano ancora due settimane e penso di poter crescere, arrivando nella condizione giusta. Correre il TotA mi ha fatto bene, ma ne faranno altrettanto anche un paio di giorni di riposo».

Geraint Thomas è sempre uno dei corridori più ricercati dagli appassionati di ciclismo
Geraint Thomas è sempre uno dei corridori più ricercati dagli appassionati di ciclismo

Sguardo sui punti decisivi

Tra Thomas ed il Giro c’è un rapporto decisamente conflittuale. A parte due piazzamenti oltre metà gruppo, le altre due volte dovette abbandonare. Nel 2017 centrò una moto ferma a bordo strada alla nona tappa e per le conseguenze si ritirò qualche giorno più tardi. Nel 2020 una borraccia vagante sui selciati siciliani lo buttò a terra alla quarta frazione.

Per dire quanto sia paradossale tutto ciò per Thomas, il secondo posto ottenuto l’anno scorso, perdendo il primato alla penultima tappa per una manciata di secondi nella crono in salita al Monte Lussari, è da considerarsi un grande risultato, anche se poi contestualizzandolo somiglia più ad una beffa. Tuttavia in quelle tre settimane – dove portò la maglia rosa per otto giorni – ha esorcizzato una buona parte di sfortuna.

«Nel 2023 – riprende – ho fatto un bel Giro, sono stato protagonista, ma purtroppo non è andata bene. Fa parte dello sport. Non so cosa sia mancato allora da poter fare in più quest’anno per vincere. Adesso devo pensare al percorso di quest’anno che è comunque molto duro. Potrebbe essere decisiva l’ultima settimana, come l’anno scorso e come spesso nelle grandi corse a tappe. Ma attenzione perché c’è già Oropa all’inizio».

Secondo Cookson, Ganna (qui con Garzelli) al Giro potrebbe non puntare solo alle crono, ma anche a qualche tappa mossa
Secondo Cookson, Ganna (qui con Garzelli) al Giro potrebbe non puntare solo alle crono, ma anche a qualche tappa mossa

Nei piani di Thomas e della Ineos Grenadiers ci sono ancora un paio di ricognizioni. Una sicura in questi giorni sul Monte Grappa (che verrà scalato due volte alla ventesima tappa) e poi forse proprio ad Oropa. Ma il gallese sa che si sono altri momenti chiave.

«Sicuramente le due crono – conclude – saranno molto importanti. Hanno due percorsi impegnativi, che sono adatti alle mie caratteristiche. Diciamo che complessivamente queste due crono mi piacciono molto di più, rispetto alle tre dell’anno scorso. Non dobbiamo però dimenticare che sarà fondamentale il supporto della squadra. Abbiamo tutti una buona condizione, siamo uniti e in fiducia. Questo è l’aspetto essenziale per fare un buon Giro».

Parola a Cookson

Al Tour of the Alps in ammiraglia c’erano Zak Dempster e Oliver Cookson. Abbiamo avvicinato proprio quest’ultimo per capire che indicazioni sono state tratte.

«Siamo venuti al TotA innanzitutto – analizza il diesse classe ’81 – perché è una corsa importante che ci piace e che abbiamo vinto cinque volte. Dopo il ritiro in altura volevamo vedere come stavamo. E penso che possiamo essere contentissimi per come siamo andati. Abbiamo vinto con Foss che arrivava da due anni difficili e si vede ora che sta tornando al suo livello».

Oliver Cookson, diesse della Ineos dal 2018, assieme ai colleghi sceglieranno la squadra attorno a capitan Thomas
Oliver Cookson, diesse della Ineos dal 2018, assieme ai colleghi sceglieranno la squadra attorno a capitan Thomas

«Sono stati cinque giorni utili per trovare il ritmo gara e replicare in corsa alcune situazioni che fai in allenamento. Nei primi tre ad esempio avevamo la responsabilità di lavorare perché avevamo Tobias in maglia verde, ma come avete visto abbiamo trovato un altro modo di correre proprio con l’azione di Pippo. Volevamo fare faticare anche le altre squadre, considerato anche il freddo e il brutto tempo».

«La fuga di Pippo (Ganna, ndr) – va avanti Cookson – è stata importante per lui, visto che non c’erano cronometro. E’ come se avesse messo assieme le due crono del Giro in un giorno solo. E’ andato forte. Peccato che non ci fossero altri 2-3 corridori con lui per tentare di arrivare fino in fondo. E’ stata una bella simulazione di gara, però non andrà al Giro solo per le prove contro il tempo. Abbiamo visto quello che può fare nel 2020 quando vinse con un’azione da molto lontano una tappa di montagna (a Camigliatello Silano con quasi 180 chilometri di fuga, ndr)».

Al TotA la Ineos ha raccolto una vittoria di tappa e la classifica a punti con Foss, che è in forse per il Giro
Al TotA la Ineos ha raccolto una vittoria di tappa e la classifica a punti con Foss, che è in forse per il Giro

Ultimi dettagli

La Ineos Grenadiers deve ancora decidere chi saranno gli ultimi uomini per il Giro oltre a Thomas, Ganna e altri sicuri. Foss è ancora in dubbio, il Tour de Romandie della settimana prossima darà le ultimissime indicazioni, anche in considerazione dei rivali presenti.

«Per il Giro – spiega Cookson – il capitano sarà Geraint, questa è la nostra idea, anche se vedremo dalle prossime gare se portare un eventuale vice. Dopo l’anno scorso partiamo con la voglia di vincerlo. Come avverrà non importa. Perderlo come l’ha perso lui brucia tantissimo. C’ero e l’ho vissuto da vicino quel momento. Geraint è un grande campione ed una gran persona. E’ bellissimo lavorare con lui, ha tantissima esperienza. Ma questo è il ciclismo, sport bellissimo e durissimo sotto questo punto di vista».

Thomas ha corso il Tour of the Alps in appoggio a Foss, soprattutto nei primi tre giorni col norvegese leader della generale
Thomas ha corso il Tour of the Alps in appoggio a Foss, soprattutto nei primi tre giorni col norvegese leader della generale

«Ad ogni corsa si deve correre in modo diverso – conclude – considerando qual è la concorrenza. Quest’anno c’è Pogacar e noi dovremo trovare la tattica più adatta. Quest’anno c’è anche un percorso diverso dall’anno scorso e anche questo inciderà sulla condotta di gara. Di sicuro sappiamo che Thomas ci arriverà motivato e farà tutto il possibile come sempre per vincere il Giro».

Viviani al Nord: la testa su Parigi, il Giro e le 100 vittorie

01.04.2024
7 min
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Viviani è al Nord per aiutare la squadra. Pensando che certe strade sono state risparmiate a Ganna, che come Elia è in rotta su Parigi, viene da chiedersi se la Ineos non avesse altri da mandare, ma tant’è. Di certo il Fiandre e la Roubaix di domenica prossima non sono per Elia un appuntamento. Quest’anno il suo obiettivo ha cinque cerchi: tutto il resto è importante, ma senza esagerare.

«Per spiegare quanto contino per me le Olimpiadi – spiega il veronese – basta dire che oggi ruota tutto intorno ad esse. Sono alle classiche, ma passo tanto tempo al telefono con Marco Villa, con Bragato, con i meccanici perché magari arriva una ruota nuova, la bici nuova o qualcosa da provare. Quindi sono fuori, ma il mio ragionare è tutto puntato su quella settimana di agosto. Non è cambiato nulla dentro di me rispetto alla prima volta. L’approccio è quello e anche la mentalità, la differenza è che adesso non sono da solo. Nel senso che se per le mie prime Olimpiadi (Londra 2012, ndr) era una questione di Elia, un meccanico, un massaggiatore e Marco Villa, adesso abbiamo un gruppo forte al maschile e al femminile. Quindi non gira più tutto intorno a me. Questo sicuramente è cambiato, però l’approccio è uguale. La stagione è tutta puntata su agosto».

Inizio di stagione iellato per Viviani, con un secondo posto al Down Under e uno alla Surf Coast Classic, dietro Girmay
Inizio di stagione iellato per Viviani, con un secondo posto al Down Under e uno alla Surf Coast Classic, dietro Girmay
Facciamo un punto su questa stagione, allora: come sta andando?

Ho provato a partire forte e sono arrivati due secondi posti in Australia, una tappa al Tour Down Under e nella Surf Coast Classic dietro Girmay, che ovviamente non sono vittorie, quindi non vengono sottolineate. Dopo l’Australia, il UAE Tour. Sapevamo che sarei andato senza supporto e laggiù non è detto che vinci quando hai un treno, figurarsi se vai da solo. Poi i programmi hanno preso una piega diversa. Dovevo fare il Catalunya, invece c’è stato un cambiamento e sono venuto qui in Belgio e ci starò sino a fine classiche. Poi c’è il Giro: sono tra i dieci nomi da cui saranno presi gli otto che parteciperanno, ma so che molto probabilmente non ci sarò.

Non corri un grande Giro dal 2021…

Non è stato ancora detto di no, però la squadra sta prendendo la direzione di credere in Geraint Thomas. Avevano detto di aspettare il Catalunya, non è ancora ufficiale che non lo faccio, però non vedo grandi possibilità. Deve succedere qualcosa, secondo me, perché mi inseriscano. Per cui la mia testa sta programmando tutto intorno all’8-10 agosto, per cercare di arrivarci al meglio possibile.

Due ori olimpici a confronto: Elia Viviani e il suo manager Giovanni Lombardi
Due ori olimpici a confronto: Elia Viviani e il suo manager Giovanni Lombardi
Il Giro sarebbe l’avvicinamento migliore?

Io sono convinto che un grande Giro ti dia sempre qualcosa in più. La mole di lavoro che metti insieme secondo me non la potrai mai replicare in allenamento. Poi, se andiamo a vedere nei dettagli, il mio omnium sono tre gare da 10 minuti e una da 40. Probabilmente mettendoci lì, non pensando più alla strada e concentrandoci esclusivamente sulla pista, possiamo chiudere il gap con il lavoro specifico. Nel senso che arriverei all’Olimpiade come un vero e proprio pistard. Fare il Giro sarebbe importante e secondo me renderebbe tutto più facile, però questo non vuol dire che andrei a Parigi con ambizioni ridotte. Si va sempre per una medaglia.

Ci sono i programmi e c’è l’aspetto emotivo. Fare il Giro piacerebbe a un corridore come te, che è stato campione italiano…

Guardando indietro, i 21 giorni consecutivi più belli della mia carriera sono stati le tre settimane del Giro 2018. Partecipare sarebbe tanto a livello emotivo, ma la verità è che in termini di programmi, l’anno del Covid ha cambiato tanto in tutto il mondo del ciclismo. Da quando siamo rientrati da quella lunga pausa, i team hanno smesso di ragionare con la stessa logica di prima. Secondo me prima del Covid c’era molta più programmazione.

A Londra 2012, Viviani unico pistard inserito nel gruppo strada, con Paolini, Pinotti, Bettini, il ct Nibali, Modolo, Trentin e Villa
Londra 2012, Viviani unico pistard nel gruppo strada, con Paolini, Pinotti, Bettini, il ct Nibali, Modolo, Trentin e Villa
In che senso?

Prima si avevano programmi precisi da inizio stagione, ricordo gli anni della Liquigas oppure anche a Sky. Oggi invece tanti team sono portati a cambiare all’ultimo, in base a come vanno i vari gruppi o i vari atleti. Dopo il Covid, anche per il fatto che a causa di qualche positività dovevamo essere sempre pronti per subentrare a qualche compagno, è cambiato tutto. Gli atleti devono essere sempre pronti e quella fase ha segnato una linea. Oggi i team cambiano spesso i programmi dei corridori e sembra normale.

Come ti immagini l’immediata vigilia di Parigi?

Quelli che faranno il Giro tireranno una riga dopo l’ultima tappa e anche le donne avranno un momento in cui tutto il resto si dovrà fermare. Questo avanti e indietro dalla strada è sempre stato la nostra caratteristica. Difficilmente sappiamo dire in anticipo come stiamo, perché raramente ci troviamo tutti insieme per qualche gara. Almeno adesso sappiamo che abbiamo dei quartetti competitivi, con gli uomini e con le donne. Riusciremo a mettere insieme i pezzi a fine giugno e allora capiremo dove siamo in termini di tempi. Poi bisognerà vedere dove saranno gli avversari. 

Il bronzo di Tokyo nell’omnium ha dato la svolta alla carriera di Viviani, che ha scelto di insistere con la pista
Il bronzo di Tokyo nell’omnium ha dato la svolta alla carriera di Viviani, che ha scelto di insistere con la pista
Dici che facendo un discorso puramente teorico, nell’anno delle Olimpiadi sarebbe valsa la pena fare le Coppe del mondo con il team olimpico?

Sarebbe stato utile per le gare di gruppo e anche per la confidenza che hai facendo tre o quattro quartetti a 3’45” prima di arrivare a quello delle Olimpiadi. Ma sappiamo anche che se abbiamo l’obiettivo ben chiaro e stiamo chiusi a Montichiari per un mese, con l’altura fatta e tutto quello che serve, arriviamo là con le carte in regola.

Abbiamo letto quello che hai detto della nuova bici da pista, è faticosa da lanciare come fu per Ganna nel record?

Nel quartetto no, perché il lancio di Pippo prendeva qualche giro in più, visto che non poteva partire subito a tutta. Per il quartetto è differente, perché usciamo dal blocco e abbiamo bisogno del primo mezzo giro, poi il gap sarà colmato. Nel rettilineo di là, raggiungi la velocità che ti permette di sederti e poi di spingere. La difficoltà è nel passare da zero a trenta all’ora: quella è la fase in cui perdiamo qualcosa, però poi la bicicletta è un binario.

Viviani è stato uno degli sviluppatori in pista della nuova Pinarello Bolide (foto Instagram)
Viviani è stato uno degli sviluppatori in pista della nuova Pinarello Bolide (foto Instagram)
Queste corse su strada servono per allenarsi o dare una mano alla squadra rischiando il meno possibile?

Servono per correre, perché ne ho bisogno. Mi aiuta sempre e sono stato chiamato last minute qua in Belgio per dare una mano alla squadra, visto che siamo un po’ a corto di corridori. La mia tattica è coprire le fughe della prima parte, a volte si tratta di 70-80 chilometri e a volte di 30-40. Altrimenti ho un determinato punto di arrivo, dove la squadra vuole essere davanti e quindi mi devo prendere la responsabilità di portarli in quel punto. E sarà così anche alla Parigi-Roubaix. Poi avrò un calendario in cui ci sarà da sprintare, perché senza il Giro ci sarebbero l’Ungheria, il Norvegia, il Giro del Belgio: corse tappe che serviranno in ottica di Parigi.

Senti, con tutta la scaramanzia del caso, hai pensato al dopo Parigi?

Sono pensieri che vanno e che vengono, certo che ci penso. A Parigi 2024 si chiude un cerchio, non arriverò a Los Angeles, quindi la prossima Olimpiade sarà probabilmente l’ultimo obiettivo su pista. Poi mi piacerebbe fare ancora uno o due anni, magari uno più uno per vedere se sono ancora competitivo su strada. Se il 2025 andrà bene, potrei decidere di continuare ancora, magari con l’obiettivo di arrivare alle 100 vittorie su strada, visto che sono a 89 che non sono neanche tantissime. Insomma 10 vittorie da fare in tre anni, considerando che quest’anno è ancora aperto e dopo le Olimpiadi ci sarà comunque tanto da correre. Questo mi porta a non pensare a quello che ci sarà dopo.