Il “nuovo” Sheffield è pronto a prendersi la Ineos

01.04.2025
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Leonardo Basso, da qualche settimana diesse della Ineos Grenadiers, ci risponde direttamente dalla Coppi e Bartali. La breve corsa a tappe che da Ferrara arriva a Forlì dopo cinque giorni insidiosi e pieni di ricche occasioni, golose prede per corridori coraggiosi. Uno di coloro che era chiamato a fare bene per confermare l’ottimo periodo di forma era lo statunitense Magnus Sheffield. Uscito con una vittoria di tappa all’ultima occasione buona alla Parigi-Nizza, nella quale ha conquistato anche un quarto posto nella generale. L’inizio di stagione dello spilungone di Coon Rapids, cittadina del Minnesota, ci ha mostrato un altro Sheffield, o così sembra. Ne parliamo con lo stesso Leonardo Basso, che in questi primi mesi del 2025 ha diretto tante volte dall’ammiraglia. 

«Arrivavamo da un mese abbastanza buono – racconta Basso – dopo la Parigi-Nizza, la Tirreno e il grande risultato della Sanremo volevamo fare bene anche alla Coppi e Bartali».

Alla Coppi e Bartali Sheffield ha perso la maglia di leader dopo una caduta in discesa nella quarta tappa
Alla Coppi e Bartali Sheffield ha perso la maglia di leader dopo una caduta in discesa nella quarta tappa

La giusta via

La stagione di Sheffield, che a quasi 23 anni (li compirà il 19 aprile) è al suo quarto anno nel WorldTour, è partita molto bene. L’americano sembra aver trovato il giusto equilibrio per riuscire a emergere dal pelo dell’acqua mostrando il suo talento e le sue doti naturali. 

«Ho avuto modo di conoscerlo bene – continua Basso – e devo dire che Sheffield è un ragazzo molto intelligente e sensibile. Non dico che lavorare con lui sia facile, però è uno che recepisce subito ciò che gli si vuole dire ed è in grado di fornire feedback accurati. E’ un corridore serissimo e molto dedito al lavoro. Nel 2022 da neo professionista aveva inanellato una serie di grandi risultati, poi nelle due stagioni successive ha faticato un po’ ma ci sta. Fa parte dell’essere giovani, non sempre è facile gestire il tutto».

Qualche giorno prima di correre in Italia aveva vinto l’ultima tappa alla Parigi-Nizza, conquistando il quarto posto finale
Qualche giorno prima di correre in Italia aveva vinto l’ultima tappa alla Parigi-Nizza, conquistando il quarto posto finale
Cosa hai potuto ammirare da quando lo segui in corsa?

Abbiamo iniziato con il Trofeo Laigueglia, che ha chiuso al sesto posto. Sheffield è un atleta al 100 per cento e lavora in maniera seria sempre. Il suo modo di fare è uno di quelli che prima o poi ripaga. Fisicamente ora si trova in una buonissima condizione e se contiamo che questo è il suo quarto anno in Ineos allora va da sé che ci sia stata anche una maturazione ulteriore. 

In che senso?

Nel ciclismo moderno i ragazzi sono chiamati a essere maturi prima rispetto agli anni passati. Un corridore di ventidue anni, o anche di venti, accelera determinati processi e questo porta ad avere maggiori responsabilità. 

Sheffield è uno specialista delle cronometro: qui al Giro 2024 durante la prova di Perugia
Sheffield è uno specialista delle cronometro: qui al Giro 2024 durante la prova di Perugia
Ora sembra aver trovato una maggiore solidità, è così?

Da fuori è più facile giudicare le carriere dei corridori, noi che viviamo tutti i giorni a contatto con questi ragazzi vediamo quanti sacrifici fanno. E’ più difficile emergere ora. Sheffield da quanto ho visto è uno che si impegna al 300 per cento su ogni fronte. Da quanto mi hanno detto è un corridore che ha sempre avuto questa grande dedizione al lavoro. Poi non tutti gli anni sono uguali, ci sono dei fattori esterni e si deve trovare la formula giusta.

Quali sono le sue qualità su cui si può puntare?

Sheffield è capace di leggere la corsa e impostarla. Con lui si riesce ad avere un confronto aperto, recepisce bene quelli che sono i segnali di noi diesse ed è in grado di offrire idee e opinioni utili ai fini della corsa. Riesce a seguire il piano tattico al 100 per cento e quando si trova nella situazione cruciale sa capitalizzare

Al Fiandre del 2024 l’americano è arrivato sesto dopo la squalifica di Matthews
Al Fiandre del 2024 l’americano è arrivato sesto dopo la squalifica di Matthews
Ci fai un esempio?

Al Laigueglia, che è stata la prima gara in cui ero in ammiraglia al suo fianco, conosceva perfettamente il percorso e nell’avvicinamento sapeva cosa fare e cosa pretendere dai compagni. Anche alla Parigi-Nizza ha dato prova di grandi qualità. Avevamo una squadra di assoluto livello e quando si creano determinati meccanismi corri in maniera più aggressiva. Questo ha portato alla vittoria nell’ultima tappa. Quel giorno ho visto tanto lavoro di squadra e l’istinto del corridore, insomma tutto il bello del ciclismo. 

Tatticamente come lo hai visto?

Forte. Ha grandi qualità a cronometro (al Giro del 2024 a Foligno è arrivato terzo alle spalle di Pogacar e Ganna, ndr) e questo gli permette di essere costante sul passo. Inoltre il suo fisico gli permette di essere presente anche nelle Classiche del Nord. Lo scorso anno ha fatto sesto al Fiandre, mentre nel 2022 al suo primo anno nel WT ha vinto la Freccia del Brabante. Anche quest’anno ha in programma la Dwars Door Vlaanderen e il Giro delle Fiandre

La Sanremo “spezzettata” di Ganna, ora in rotta sul Fiandre

01.04.2025
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Ganna che risponde ai primi scatti. Poi Ganna che si siede, li vede andare, ma non li perde di vista. Ganna che ritrova il battito e il passo. Ganna che fa la discesa del Poggio come un missile (foto di apertura). E ancora Ganna che nel tratto dell’Aurelia va più veloce di Van der Poel e Pogacar. Ganna secondo a Sanremo, dopo il secondo alla Tirreno.

Cioni racconta e intanto la stagione ha visto Pippo sul podio di Harelbeke e lo vedrà domenica inaspettatamente al Fiandre e la settimana successiva alla Roubaix. Quanto è stato bravo Ganna a gestirsi alla Sanremo e quando quel tipo di esercizio, che ha avuto solide basi nella profonda convinzione di poterlo fare, tornerà utile nelle prossime gare?

«E’ stato bravo a non mollare – dice Cioni – anche perché l’hanno portato abbastanza al limite. La Cipressa l’hanno fatta forte, non tutti allo stesso livello, però non sono andati a passeggio, finché Pogacar è partito secco. Avevamo ragionato di tenere duro per 5 minuti sul Poggio, ma visto l’attacco sulla Cipressa, i minuti sono diventati 9».

Lo scatto di Pogacar sulla Cipressa è stato il più duro da contrastare, ma in cima Ganna era in scia
Lo scatto di Pogacar sulla Cipressa è stato il più duro da contrastare, ma in cima Ganna era in scia
Dov’è che l’hanno messo più a dura prova, guardando il file della gara?

Probabilmente sul Poggio, perché hanno iniziato da sotto e sono andati forte. Anche il primo attacco, su cui fra l’altro ha chiuso Pippo, non è stato indifferente.

Ti aspettavi di trovarlo così forte?

La speranza è che questo sia il suo livello. Alla fine è un cammino di maturazione e penso che stiamo vedendo il miglior Ganna in assoluto. Un po’ più pesante del 2020, ma più asciutto. Il peso giusto per il periodo.

L’impressione è che lui sapesse esattamente quello che doveva fare per arrivare in volata con gli altri.

Secondo me era cosciente che il pericolo più grosso era rispondere scatto su scatto e quindi ha fatto la sua gara. Sappiamo anche che ha fatto la discesa del Poggio più veloce degli altri. Sicuramente è stato il più veloce anche dal fondo del Poggio fino al momento in cui è rientrato. Se avesse risposto agli scatti, probabilmente sarebbe esploso. Ha giocato le sue carte. Lo scatto più forte l’ha fatto sull’accelerazione più potente di Pogacar sulla Cipressa.

Alla partenza, Ganna sapeva esattamente cosa fare, con il percorso suddiviso in traguardi parziali
Alla partenza, Ganna sapeva esattamente cosa fare, con il percorso suddiviso in traguardi parziali
Poi li ha lasciati sfogare…

Esatto, non ha più risposto. Quando gli altri due scattavano, lui si staccava e veniva su al suo passo cercando di avvicinarsi al suo limite. Deve essere così per sperare di vincere, per questo aveva dei mini traguardi, che potevano essere l’approccio alla Cipressa, scollinare la Cipressa, scollinare il Poggio e poi l’ultimo chilometro. A un certo punto si è disinteressato di quello che stavano facendo gli altri due.

Ma non li ha mai persi di vista.

Nel non rispondere allo scatto c’è anche la consapevolezza di poter saltare e perdere molto terreno. Invece li ha lasciati fare, sapendo che se li avesse ripresi, avrebbe giocato la sua chance.

Ad esempio venerdì sul Qwaremont ha provato a rispondere, ma forse non poteva fare altrimenti per non perdere contatto, no?

Alla Sanremo invece c’era ancora la discesa e poi comunque il podio era assicurato. Magari sarebbe stato diverso se ci fosse stato un gruppetto più corposo. E poi conosceva benissimo il percorso, anche se il finale della Sanremo ormai lo sanno tutti a memoria, tra chi abita lì vicino e chi va per allenarsi. Il discorso è che lui da solo è riuscito a recuperare anche nella discesa, una cosa che per tutti era impossibile. Invece lo ha fatto e poi è rientrato, quindi la sua gestione era proprio volta ad arrivare.

Prima di Sanremo, secondo anche alla Tirreno grazie alla difesa di Frontignano, tenendo duro in salita
Prima di Sanremo, secondo anche alla Tirreno grazie alla difesa di Frontignano, tenendo duro in salita
Vuole anche dire che ha scollinato ancora lucido, altrimenti non avrebbe fatto quella discesa.

Questo forse l’ha imparato dal mondiale a cronometro, dove ha scollinato a tutta, però poi ha perso in discesa. A Sanremo sapeva di dover fare la discesa al massimo, ma anche che non avrebbe chiuso appena fosse finita. Per questo finita la discesa, ha fatto dei watt molto alti, probabilmente il finale è stato il settore in cui è andato più forte in assoluto. Non l’hanno aspettato, ha veramente spinto ancora e questo vuole dire che in cima al Poggio non c’è arrivato totalmente al gancio.

C’è differenza dal punto di vista del suo impegno tra questo secondo posto e quello di due anni fa?

Questo è un secondo posto nella Sanremo più bella degli ultimi anni, quindi è un secondo posto più consapevole, figlio anche di qualche aspettativa importante. L’altra volta quasi è venuto, questo è stato cercato. Si era partiti per far risultato e lo avevamo dichiarato.

Come mai il cambio di programma e la scelta del Fiandre?

Alla fine i programmi devono essere sempre un po’ flessibili. La condizione che ha non richiede che debba spingere più di tanto e fare dei blocchi particolari per migliorare. Avrebbe saltato il Fiandre per spezzare il programma, semplicemente abbiamo deciso di spezzarlo diversamente. Al momento è a casa perché domani si laurea sua sorella.

Sull’Oude Kwaremont, il passo migliore per non perdere di vista Van der Poel e Pedersen
Sull’Oude Kwaremont, il passo migliore per non perdere di vista Van der Poel e Pedersen
Fiandre e Roubaix sono diverse, saranno affrontate con obiettivi diversi?

Il Fiandre è un’aggiunta, l’obiettivo resta comunque la Roubaix. E’ chiaro se uno arriva bene al Fiandre, non ci sputa sopra. Però a livello di attitudine e percorso, sicuramente la Roubaix è più adatta. Va con delle aspettative, mentre al Fiandre vai sapendo di avere un’ottima condizione e vediamo cosa si può combinare. Poi resterà su. L’altro giorno non è riuscito a fare la ricognizione sul percorso della Roubaix e per questo lo farà la prossima settimana. La Roubaix è il grande obiettivo di aprile.

Pronti-via e subito a segno. E’ tornato Caleb Ewan

27.03.2025
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BONDENO – Le volate sono sempre state il suo pane e Caleb Ewan non poteva che tornare a vincere alla sua maniera dopo 231 giorni di digiuno nella città del pane. Si è riempito lo stomaco in un pomeriggio ferrarese vincendo alla sprint quasi per distacco la prima tappa della Settimana Internazionale Coppi e Bartali.

C’era molta curiosità sul rientro alle gare del 30enne australiano con la Ineos Grenadiers. Un po’ per la lunga assenza dalle gare, un po’ perché gli ultimi due anni specialmente sono stati piuttosto travagliati per una serie di motivi, forse anche poco chiari. Guardando Ewan in viso mentre fa defaticamento prima di salire sul palco delle premiazioni e poi mentre parla con noi, sembra che voglia mettersi il passato lontano come i rivali sulla linea del traguardo.

Esordio vincente

Prima di quest’anno, nei suoi dodici anni di carriera Ewan aveva sempre iniziato la stagione nella sua Australia, tranne che nel biennio 2021-2022 in cui aveva aperto rispettivamente al UAE Tour e Saudi Tour. Molte volte gli era capitato di partire con una vittoria al debutto o nelle primissime gare, sfruttando anche l’estate di casa. Così, sotto un sole finalmente primaverile dopo la pioggia della prima parte di gara, Caleb ha vissuto un esordio che probabilmente non si immaginava, malgrado fosse ampiamente il più pronosticato da tutti. La chiacchierata con lui comincia in questo modo.

«Questa vittoria – racconta il tasmaniano avvolto da un sorriso – significa tanto per me. Gli ultimi mesi dell’anno scorso sono stati abbastanza duri. Sono passati duecento giorni dall’ultima volta che ho gareggiato (il Super8 Classic il 21 settembre, ndr), che è anche il periodo più lungo che ho trascorso senza corse. Quindi non sapevo davvero cosa aspettarmi. Sapevo di sentirmi piuttosto bene, ma quando non corri da tempo non sai mai dove ti trovi e cosa trovi.

«Sono molto felice – prosegue Ewan rivedendo il finale nella sua mente – che la squadra mi abbia dato fiducia e supporto. Non è scontato. I miei compagni hanno fatto un lavoro straordinario e naturalmente sono molto contento di aver potuto finalizzare tutto».

Vita nuova alla Ineos

L’annuncio di Ewan al team britannico è arrivato con le operazioni di mercato già concluse da molto tempo. Il fatto che lui non avesse ancora trovato squadra fino a fine gennaio stava facendo scalpore tanto quanto il suo pessimo 2024 alla Jayco nella quale si era rifugiato, trovandola tuttavia molto cambiata rispetto a quando l’aveva lasciata sei anni prima.

«Posso dirvi – ci risponde Caleb basandosi su questo esordio – che finora il cambio di squadra è stato fantastico. Sono alla Ineos da qualche mese, ma non avendo gareggiato prima, questa è la mia prima vera esperienza. Devo ancora conoscere tutti e completare il mio inserimento. Come dicevo prima, sono contento del loro supporto e di aver potuto ripagare il loro lavoro».

La verità è che ci è apparso subito in buona forma. Gli chiediamo quale sia il suo segreto e lui ce lo rivela con candore, quasi fosse un neopro’. La ricetta è semplice. «Non c’è nessun segreto – dice – ho solo lavorato più duro del solito. Negli ultimi due mesi volevo fortemente ripresentarmi al via già abbastanza competitivo, pronto a sostenere certi ritmi. Soprattutto volevo essere scelto dalla squadra per farmi vedere all’opera il prima possibile».

Alla Ineos da due mesi, Ewan ha vinto all’esordio stagionale e dopo 8 mesi di digiuno. Vuole guadagnarsi il Tour
Alla Ineos da due mesi, Ewan ha vinto all’esordio stagionale e dopo 8 mesi di digiuno. Vuole guadagnarsi il Tour

Palla in avanti

Se ti chiami Caleb Ewan e vai a rafforzare il reparto degli sprinter puri in una squadra come la Ineos Grenadiers, sai già che devi mettere qualcosa di importante nel mirino.

«Obiettivi e piani per il futuro – conclude – devono ancora essere definiti. Sarà molto difficile che mi vedrete al Giro d’Italia perché credo che la squadra verrà per puntare alla generale e composta di conseguenza. Spero invece di poter dimostrare il mio valore nei prossimi mesi per riuscire ad andare al Tour. Questa ovviamente è la mia volontà, anzi il mio obiettivo. Tornare al Tour de France, anche per vincere. Iniziare la stagione come ho iniziato è un ottimo modo che chiaramente mi soddisfa. Spero che questa vittoria sia solo l’inizio e che ne arrivino tante altre. Io adesso faccio rotolare la palla e vedremo dove arriverà».

Lui si è ributtato nella mischia lanciando la palla, anzi la volata più avanti degli altri. A Bondeno ha colto il sessantacinquesimo successo della carriera, il settimo in Italia da cui non vinceva dalla Tirreno 2022. Insomma, ben tornato Caleb Ewan.

Un Ganna gigantesco a un passo dal paradiso

22.03.2025
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SANREMO – Ganna ha quasi vinto la Milano-Sanremo e quella parolina di cinque lettere che non si può togliere produce un fastidio quasi doloroso. Pippo arriva nella zona mista e restare in piedi fra i colleghi che spingono diventa una mezza impresa. Dopo aver tagliato il traguardo, il piemontese della Ineos Grenadiers è andato a fermarsi in fondo al rettilineo, quando la bicicletta non ha voluto più saperne di andare avanti, poi è tornato indietro. Non si è fermato a parlare né fare altro con i suoi massaggiatori. E’ andato dritto nella zona del podio per restare un po’ da solo e riflettere su un secondo posto che poteva davvero essere vittoria e che è venuto grazie alla grande condizione e alla testa dura con cui ha corso dal primo chilometro.

Difficile immaginarsi un Pogacar all’attacco dalla Cipressa, anche se ridendo dice che sarebbe stato peggio se si fosse mosso dal Turchino. In breve quei 5 minuti fuori soglia di cui si era tanto ragionato a proposito del Poggio, Ganna ha dovuto inventarseli almeno per tre volte. Con i suoi 86 chili, sa solo lui la fatica che ha fatto per rispondere al campione del mondo e allo straordinario Van der Poel. Eppure li ha sempre tenuti nel mirino.

Inseguimento senza respiro

E’ rientrato e quelli lo hanno staccato. E’ rientrato ancora e loro sono ripartiti. Finché li ha agganciati nell’ultimo chilometro e a quel punto ha avuto chiara la possibilità di giocarsi la Sanremo. E’ stato un inseguimento al contrario rispetto all’attacco della Longo Borghini due ore prima. Ganna li vedeva ed è piombato su di loro poco prima della volata. E di colpo la Sanremo che sembrava bella e chiusa si è riaperta in modo imprevedibile.

L’inseguimento di Ganna dopo il Poggio ha riaperto la Sanremo e condannato Pogacar al terzo posto
L’inseguimento di Ganna dopo il Poggio ha riaperto la Sanremo e condannato Pogacar al terzo posto

Il suo solo rammarico, dice, è aver aspettato troppo la volata: il cambio di ritmo del crossista Van der Poel è stato decisivo. Ricordate lo scherzetto che giocò a Van Aert nel finale dei mondiali di cross a Hoogerheide?

Ganna si siede e sembra aver messo ordine nei pensieri. Nel retropalco ha avuto modo di parlare con Pogacar e Van der Poel e guardandosi intorno si è reso conto che il livello della compagnia non sia mai stata così elevato. Fare secondi brucia, ma farlo a capo della Sanremo più bella degli ultimi (tanti) anni ha un sapore diverso.

Alla fine sei comunque soddisfatto?

Sì, credo di aver fatto una delle mie migliori performance. Anche come squadra abbiamo fatto un ottimo lavoro, più di così io non so cosa fare, ragazzi. Ero davanti con un campione del mondo, uno che è stato campione del mondo, uno che ha vinto tanti monumenti che neanche io so contarli e l’altro che ha perso il conto fra Giro e Tour. Sono felice, ho fatto il mio massimo e più di così non potevo chiedere.

Comunque ci hai creduto fino alla fine?

Eh, la speranza è l’ultima a morire. Credo che abbiamo fatto divertire il pubblico, era un po’ che non si vedeva una Sanremo così. Quei due ragazzi mi hanno fatto perdere anni di vita, però credo di essere arrivato con il meglio che potevo. Più che scatti, ho cercato di andare a regolare, perché di più non potevo fare, ma se non avessi seguito Pogacar al primo attacco, sarei arrivato esimo. Per cui, è stato meglio rischiare.

Dopo l’arrivo, Ganna è andato a sbollire l’amarezza in fondo al rettilineo, poi è tornato indietro
Dopo l’arrivo, Ganna è andato a sbollire l’amarezza in fondo al rettilineo, poi è tornato indietro
Un rimpianto in volata?

L’unico, forse sì. Magari avrei potuto anticipare l’allungo di Van der Poel, ma per come si era messa, il secondo posto va più che bene. Comunque, ripeto, credo di aver fatto una delle performance migliori della vita. Ci sono stati campioni che ci hanno messo 14 anni per vincere questa corsa, speriamo di metterci meno perché altrimenti mi toccherà allungare di troppo la carriera.

Quanto è stato difficile rientrare quando eri 10 secondi dietro Mathieu e Tadej?

Uno dei momenti più difficili della gara. Sul Poggio ho sofferto molto, ma poi in discesa ho provato a rientrare e mi sono detto che non mi importava se fossi caduto. Dovevo fare una grande prova per rientrare e devo dire di esserci riuscito. Ovviamente non posso essere felice di avere fatto un secondo posto, però essere il primo degli sconfitti e aver dato il massimo mi fa dire che va bene così. E poi, ragazzi, se volete la prossima volta do a voi la bici e ci pensate voi.

Adesso si fa rotta su Roubaix?

Manca quasi un mese, quindi aspettiamo, ci sono ancora tante corse da fare. La prossima settimana correrò il GP E3 ad Harelbeke, quindi la Gand e poi tornerò a casa per la laurea di mia sorella. E’ giusto oltre al lavoro far parte della famiglia, fare una vita normale. Quindi tornerò a casa per la laurea di Carlotta e poi vedremo come sarà l’avvicinamento a Roubaix. Ma lasciatemi dire che la Sanremo corsa in Italia è stata una grande cosa. Da italiano, aver sentito per 300 chilometri urlare il mio nome mi ha dato uno sprint in più. Quindi grazie a tutti per il sostegno e ci vediamo alla prossima.

Simulazioni da 12′ con punte a 70 all’ora. Dietro la vittoria di Ganna

12.03.2025
6 min
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Undici chilometri e 500 metri pedalati a 56,174 di media oraria. In pratica Filippo Ganna li ha volati. Ci riferiamo chiaramente alla cronometro individuale d’apertura della Tirreno-Adriatico, che ha segnato il successo numero 34 (su strada) per il campione della Ineos Grenadiers.

Un successo fortemente voluto, una rivincita verso lo smacco, se così possiamo dire, subito da Juan Ayuso un anno prima proprio a Camaiore. Anche se per Pippo non si trattava di rivincita (lui è molto più signore di noi!) ma di fare bene a prescindere. Una vittoria figlia del lavoro certosino che Ganna porta avanti con metodo, sia su strada che in pista. E proprio nel velodromo di Montichiari il piemontese ha affinato la sua condizione prima della corsa dei due mari. Un richiamo necessario, sotto l’occhio attento di Marco Villa, il suo mentore e ben più che un cittì per Pippo.

Ganna con Villa, il cittì e il piemontese hanno un rapporto profondo, così come con Cioni
Ganna con Villa, il cittì e il piemontese hanno un rapporto profondo, così come con Cioni

Il “metodo Montichiari”

E questa voglia di gareggiare al top è nata già qualche settimana prima della Tirreno, quando Ganna ha deciso di andare a Montichiari, nella “tana della sicurezza”, per rifinire la condizione. Lì, con Marco Villa, ha ripreso alcuni punti fermi del suo metodo.

«Io credo che ormai si sia appurato un sistema di allenamento, un richiamo in pista – spiega Villa – Anche questa volta, giovedì scorso, Pippo ha chiesto di farlo. Non è solo una questione di migliorare qualcosa ogni volta, ma di avere dei punti di riferimento chiari. Abbiamo un sistema di allenamento collaudato con Ganna e lo seguiamo».

La preparazione in pista non serve solo per il ritmo e la cadenza, ma anche per testare alcuni dettagli tecnici, come la posizione in sella. «Quest’anno Ganna ha rivisto un po’ la posizione – conferma Villa – Pippo ha ritoccato qualcosina, questo perché è sempre alla ricerca di un miglioramento. Qualche idea arriva dai suoi tecnici aerodinamici, qualche altra dalle nuove regole e dai materiali e qualcuna da lui stesso. Quando può, cerca di aggiornarsi.

«Però, rispetto allo scorso anno, una novità c’è stata: la regola che consente ai corridori più alti di un metro e 90 centimetri di adottare un assetto più allungato. Sfruttando questa regola Ganna ha visto che poteva mettersi un po’ più comodo».

Assetto più comodo

E qui bisogna far intervenire un altro interlocutore di assoluta eccellenza, Matteo Cornacchione, il meccanico di Ganna. Cornacchione ci ha confermato alcuni aspetti determinanti a partire da quei due centimetri in meno sotto alla protesi del manubrio.

«Confermo – dice Cornacchione – che abbiamo tolto degli spessori e che Pippo si sia abbassato. Sono stati due centimetri. Ma non solo, è stata ritoccata anche l’inclinazione delle protesi: leggermente più bassa. Questo ha fatto sì che le mani fossero meno davanti al viso e che tutto “l’avantreno” di Pippo fosse più basso. Anche perché in tutto questo la sella non è stata toccata minimamente. Così come le pedivelle: lui resta fedele alle 175 millimetri. Ci si è trovato bene e infatti se ci avete fatto caso “rimbalzava” meno sulla sella. Si ritirava meno indietro. E’ stato un po’ un ritorno alla posizione 2021-2022 (ma con le regole attuali, ndr). E’ stata una sua scelta, ma anche dei tecnici del team».

Pippo ha lavorato anche sulla posizione in bici. Ma non è stato qualcosa d’improvvisato. Si è passati da un’intera giornata in galleria del vento al Politecnico di Milano. Dati incrociati, sensazioni, prove… «Insomma – sorride Cornacchione – non è scaramanzia… anche se è capitato! Le giornate in galleria del vento sono lunghissime ed estenuanti, ma anche appaganti. Quando la sera esci e sai che hai guadagnato magari 2 watt sei felice».

Ganna è andato in galleria dopo Besseges ed ha esordito con la nuova posizione all’Algarve, anche se fin lì aveva utilizzato davvero pochissimo il nuovo assetto. Il test a Montichiari, gli allenamenti su strada e l’aver riportato fedelmente quelle misure sulla bici da pista sono stati una vera manna per il successo di Lido di Camaiore.

La comodità di cui parlava Villa, le variazioni di cui diceva Cornacchione: ed ecco che il tutto si si è tradotto in efficacia, soprattutto nella conseguente gestione dello sforzo.

Una vecchia foto di Ganna e Villa durante una sessione a Montichiari. E’ così che Pippo si defaticava tra una simulazione e l’altra
Una vecchia foto di Ganna e Villa durante una sessione a Montichiari. E’ così che Pippo si defaticava tra una simulazione e l’altra

Quelle tre simulazioni…

A proposito di sforzo, una delle cose che abbiamo chiesto a Villa è se ci fossero delle analogie fra la cronometro e l’inseguimento. In particolare sulla strategia che adotta nell’inseguimento in pista: partenza “controllata”, progressione continua e chiusura devastante. Lo dimostra il fatto che negli ultimi 2.000 metri di Camaiore ha letteralmente fatto il vuoto. Il finale stile jet supersonico è il marchio di Ganna sul parquet.

«Pippo – conferma Villa – ha corso la crono come un inseguimento. Certo, in pista sono 4 chilometri, su strada erano di più. Ma la gestione è quella. E poi lo avete visto…». Cornacchione, che era in ammiraglia, ci ha detto che nel finale era sempre al di sopra dei 60 all’ora.

E proprio in questa gestione dello sforzo emerge tutta la potenza del piemontese. Quando Villa racconta della velocità finale, viene quasi da non crederci.

«In pista giovedì scorso, nei finali pedalava sui 70 all’ora. Pippo aveva la sua solita cadenza elevata e questa cadenza l’altro giorno in gara era molto simile. In pista girava con il 63×13, su strada, avendo il cambio, adattava il rapporto alla situazione».

Aveva una monocorona da 64 denti che a, quanto pare, sembra gradire molto e che usa di frequente anche in allenamento. Probabilmente, anche viste le indicazioni circa la scorrevolezza della catena e la cadenza (superiore alle 100 rpm) mulinava un 64×14, divenuto 13 nel finale.

Ma come si arriva a questo livello? Oltre al suo immenso motore, la risposta sta negli allenamenti specifici che Ganna svolge in pista. «A Montichiari abbiamo ripetuto tre volte la cronometro di Camaiore – conclude Villa – tre sforzi da 12 minuti ciascuno, il tempo stimato della crono. Tra una sessione e l’altra c’erano recuperi adeguati. Recuperi attivi pedalando con la bici da “corsa a punti” dietro motore a 50 all’ora. Un bel lavorone: due ore e mezza di sessione produttiva».

Produttiva, aggiungiamo noi, anche per la testa. E quando numeri, gambe e testa s’incontrano il mix è esplosivo e ti fa guadagnare 25″ in 6 chilometri.

Ineos si allarga in America. Ma non vuole fermarsi lì…

25.02.2025
6 min
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Uno sguardo verso l’Europa, con l’accordo stretto con la Continental tedesca Lotto Kern-Haus PSD Bank che accoglie gli under 23, un altro oltreAtlantico, cooptando la Hot Tubes Develpment Cycling che da quest’anno diventa il vivaio juniores della Ineos Grenadiers. La strada per tornare ai livelli del passato, per il team britannico, passa per una completa ristrutturazione della sua filiera guardando all’estero. Toccherà a Dario Cioni e Simon Watts tenere le fila della struttura e i collegamenti con il team a stelle e strisce, che ha nell’effervescente Toby Stanton il suo presidente e fondatore.

La squadra a stelle e strisce si è allenata a lungo in Arizona. Sarà in Europa in primavera
La squadra a stelle e strisce si è allenata a lungo in Arizona. Sarà in Europa in primavera

Rintracciato durante il ritiro prestagionale al caldo dell’Arizona, Stanton accoglie con entusiasmo l’idea di raccontare la sua creatura organizzativa e presentarsi così al pubblico di appassionati del Vecchio Continente: «Ho fondato questa squadra nel 1992. La storia è abbastanza curiosa: io avevo corso un po’ da junior, poi però avevo smesso, ma alcuni ragazzi del posto mi hanno chiesto di portarli a una gara perché avevo un furgone. Essendo piuttosto bravi, li ho portati ai campionati nazionali quell’anno e abbiamo vinto. Ma ciò significava che l’anno dopo sarei dovuto tornare perché eravamo campioni nazionali in carica, così è iniziato tutto».

Come siete andati avanti?

Uno dei miei vecchi corridori, Ian Boswell, era approdato alla Sky. Ebbe una bella carriera. Quindi avevo una specie di legame lì. Avevo un mio amico che lavorava alla Sky, Robbie Ketchel. Viveva non molto lontano da me, quindi gli ho parlato di un corridore che avevo, Magnus Sheffield che poi sapete bene chi è diventato.

Toby Stanton, fondatore del team americano con i suoi ragazzi
Toby Stanton, fondatore del team americano con i suoi ragazzi
Secondo te questo matrimonio con la Ineos sarà utile per l’affermazione dei corridori statunitensi?

Sì, ma la strada per la loro evoluzione c’è già, pochi considerano che ora ci sono più americani nel tour mondiale di quanti ce ne siano mai stati. Una volta avevamo Lemond e pochi altri, poi Hampsten e Phinney, poi la generazione di Armstrong, ma non c’era un livello medio come ora. Non c’era finora un sistema di scouting o di sviluppo, quindi non c’era un modo davvero buono per tutte queste squadre europee di riconoscere chi erano i buoni americani. Per un europeo è diverso, già a 15 anni un corridore ha gli occhi addosso di procuratori e team di alto livello. La nostra attività è un po’ nascosta, puoi trovare qualcosa su Procyclingstats ma in realtà non vanno neanche a cercarla.

Magnus Sheffield, forse il maggior talento espresso negli ultimi anni
Magnus Sheffield, forse il maggior talento espresso negli ultimi anni
Da dove nasce però l’accordo con il team britannico?

Penso che Ineos fosse interessata a noi perché siamo una delle due sole squadre in America che gareggiano fuori dal continente. Andiamo in Europa e ci gareggiamo regolarmente. Solo così puoi farti un’idea di quanto sono bravi questi ragazzi. Sanno che il percorso per arrivare al contratto da pro’ significa che devono correre in Europa da juniores e a meno che non riescano a entrare nella squadra nazionale degli Usa, ci sono pochissime opzioni per entrare in una squadra di livello. Diciamo che si fidano del modo in cui sviluppo gli atleti e sviluppo le persone. Io non guardo solo al ciclista, ma all’uomo in formazione. Quindi quando AJ August era al primo anno da junior, Cioni è venuto da me, ha trascorso qualche giorno con la squadra e ha avuto modo di conoscere me e gli atleti. I due che stava osservando ora sono alla Ineos.

Andrew J August è l’ultimo talento espresso dal vivaio della Hot Tubes. Oggi è al 2° anno alla Ineos
Andrew J August è l’ultimo talento espresso dal vivaio della Hot Tubes. Oggi è al 2° anno alla Ineos
Che cosa è successo quando si è saputo del vostro accordo?

Mi sono arrivate tantissime richieste soprattutto dalla Gran Bretagna. Abbiamo addirittura avuto messaggi di protesta perché non eravamo un team britannico, ma noi siamo un pezzo del programma di sviluppo Ineos, la geografia non conta. Credo che in definitiva il loro obiettivo sarebbe avere un partner di sviluppo in vari Paesi, compresa l’Italia. Avere molte partnership con buoni programmi in modo che possano vedere il talento ovunque.

Qual è la situazione del ciclismo statunitense e perché dopo il boom d’inizio secolo c’è stato un calo di attenzione?

Questa è una bella domanda. Non è un problema di atleti come ho già detto, ma di gare, di calendario. E’ davvero costoso fare una gara in America perché la polizia ha costi alti ed è difficile chiudere le strade. L’America aveva un sacco di gare locali e regionali, ma non competevano con le grandi gare. Il Tour della California, dello Utah, del Colorado, quando sono arrivate queste grandi gare hanno in un certo senso eliminato le più piccole. E’ semplicemente più difficile organizzare gare in America di quanto non fosse prima. Molti quindi si dirottano verso la mtb, più agevole da gestire e con numeri molto maggiori.

Artem Shmidt ha iniziato la sua carriera alla Hot Tubes venendo poi presto in Europa. Anche lui è alla Ineos
Artem Shmidt ha iniziato la sua carriera alla Hot Tubes venendo poi presto in Europa. Anche lui è alla Ineos
I campioni attuali del ciclismo mondiale, da Pogacar a Evenepoel, quanto sono conosciuti negli Usa?

Molto. Ogni junior, ogni master, ogni corridore li conosce. Abbiamo accesso a ogni gara online, possiamo guardare ogni gara e penso che il numero di spettatori in America sia molto, molto alto. Ogni corridore americano sa che aspetto ha Remco, sa che aspetto ha Tadej. La Strade Bianche ad esempio ha un’audience altissima. Senza parlare di Giro, Tour, Vuelta.

Verrete in Europa e per quali corse in particolare?

Sì, credo che abbiamo programmato 3 o 4 viaggi in Europa. Non so se saremo in Italia. So che saremo in Belgio, Francia, Germania e Spagna.

Enzo Edmonds ha solo 17 anni, ma Stanton è sicuro che farà una grande carriera visti i valori che esprime
Enzo Edmonds ha solo 17 anni, ma Stanton è sicuro che farà una grande carriera visti i valori che esprime
Attualmente chi sono i corridori più forti nel vostro team?

Ho un team forte nel complesso, ma non ho, almeno al momento, un ragazzo, un corridore dominante come un AJ August o un Magnus Sheffield. E’ davvero difficile dirlo con gli juniores perché crescono molto in fretta. Un ragazzo che l’anno scorso era solo in mezzo al gruppo, se matura fisicamente, all’improvviso potrebbe essere un atleta fenomenale. Ad esempio ci sono i due figli di David Zabriskie, che ha corso fino al 2013. Fisicamente sono promettenti, ma finché non li mettiamo in gara con altri atleti davvero bravi, è davvero difficile dire che valore hanno. Oppure c’è Edmonds che si è messo in luce nel 2024 anche in Europa. Ora ci sono 15 ragazzi, le dinamiche delle gare stanno cambiando molto, molto velocemente. Ma finché non li metti in gara, non lo sai mai.

Kwiatkowski, la vittoria di Jaen è un ritorno alla vita

19.02.2025
5 min
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Fra le sue 32 vittorie, brillano un mondiale, due Amstel Gold Race, la Milano-Sanremo, due Strade Bianche, San Sebastian, il Giro di Polonia, la Tirreno-Adriatico e una tappa al Tour. Non si può dire che il palmares di Michal Kwiatkowski sia banale, con la scelta di accasarsi alla Sky di Froome, Thomas e Bernal che gli ha permesso negli ultimi anni di ricavarsi il suo spazio al riparo da pressioni eccessive. Avrebbe potuto ottenere di più? Difficile da dire, forse sì, ma non si può dire che abbia ottenuto poco.

Dopo la crono di Parigi, chiusa con un anonimo 23° posto, Kwiatkowski ha chiuso il 2024
Dopo la crono di Parigi, chiusa con un anonimo 23° posto, Kwiatkowski ha chiuso il 2024

Un baby campione

Se rinascesse oggi, alla sua porta ci sarebbe la fila. Campione europeo strada e crono da junior, campione del mondo junior a crono e vincitore della Corsa della Pace, anziché finire in un devo team (che ancora non esistevano), Kwiatkowski fece il suo esordio da professionista alla Caja Rural nel 2010 dopo un anno da under 23 alla Mg.k Vis-Norda affiliata in Polonia ma toscana di adozione. Corse poi per un anno alla Radio Shack di Armstrong e Bruyneel e, quando questa chiuse, passò alla Omega Pharma-Quick Step.

Aveva 24 anni quando a Ponferrada conquistò il mondiale dei professionisti, con un colpo di mano dei suoi sull’ultima salita, staccando Gerrans e Valverde e mettendo in mostra le sue doti di finisseur.

Grande festa alla Ineos dopo la vittoria di Ubeda, con Laurance e Tulett nei primi 10
Grande festa alla Ineos dopo la vittoria di Ubeda, con Laurance e Tulett nei primi 10

Per la sua famiglia

Lunedì il polacco ha vinto la Clasica Jaen Paraiso Interior, la Strade Bianche di Spagna. La Ineos ha brindato con lui e ha visto finire nuovamente all’ospedale Egan Bernal, portato per soddisfarne il gusto, ma forse senza troppo riguardo per le sue potenzialità e il suo futuro.

«Questa vittoria significa molto – ha scritto Kwiatkowski su X – voglio dedicarla alla mia famiglia, che mi è stata accanto giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese. Sono così orgoglioso di noi. Grazie Ineos Grenadiers per tutto il supporto e la fiducia. Vamos!».

Il suo attacco da lontano aveva lasciato intuire che la gamba fosse buona, ma il piglio con cui si è sbarazzato di Ruiz e ha resistito al ritorno violento di Isaac Del Toro ha dato alla sua vittoria uno spessore ancora superiore.

Fra i capolavoro di Kwiatkowski, la Sanremo del 2017: lascia partire Sagan, lo rimonta e lo salta sulla riga. Terzo Alaphilippe
Fra i capolavoro di Kwiatkowski, la Sanremo del 2017: lascia partire Sagan, lo rimonta e lo salta sulla riga. Terzo Alaphilippe

Il capolavoro di Sanremo

Il suo capolavoro lo fece forse alla Milano-Sanremo del 2017, quando si lasciò alle spalle Sagan in maglia iridata e Alaphilippe che volava. Da valido pistard lasciò che lo slovacco prendesse margine, si lanciò e lo saltò sulla riga in quella composizione di gambe e bici al limite dell’equilibrio che sarebbe finita presto su tutte le copertine.

Un metro e 76 per 68 chili, due anni prima con la maglia iridata indosso era riuscito a vincere l’Amstel Gold Race, lasciandosi alle spalle nuovamente Valverde e Matthews. Una vittoria doppiata nel 2022, questa volta al colpo di reni su Cosnefroy. La sua esperienza nella corsa a punti su pista gli è tornata utile più di una volta.

Olimpiadi addio

La vittoria di lunedì a Ubeda lo ha scosso particolarmente perché il 2024 non è stato il suo anno più felice, a causa di una frattura vertebrale che lo ha costretto a saltare le Olimpiadi su strada e a chiudere la stagione il 27 luglio, dopo il 23° posto nella crono di Parigi. Un risultato ben lontano dai suoi standard.

«Rappresentare il mio Paese – ha raccontato – sarebbe stato un’impresa troppo grande per farlo senza la certezza di poter dare il 110 per cento. Dopo la cronometro ho sofferto di dolori lombari e l’unica decisione possibile è stata quella di cedere il mio posto nella corsa su strada a un altro corridore. Quelle successive non sono state settimane facili a causa della rottura del disco, ma sono tornato». 

Ubeda: l’ultimo a cedere è stato lo spagnolo Ruiz, poi Kwiatkowski si è involato da solo verso il traguardo
Ubeda: l’ultimo a cedere è stato lo spagnolo Ruiz, poi Kwiatkowski si è involato da solo verso il traguardo

Un attacco (quasi) impossibile

Il suo racconto dopo l’arrivo è stato piuttosto controllato, anche se nel momento in cui ha citato la famiglia, ha ceduto per un istante alla commozione. Ora il suo programma prevede la Vuelta Andalucia, quindi Strade Bianche, Tirreno, Sanremo e la campagna delle Ardenne, passando per i Paesi Baschi.

«Sono partito a 70 chilometri dall’arrivo – dice – convincendomi che tutto fosse possibile. Non mi aspettavo che si andasse così forte, ma quando nella seconda parte di gara ho visto che eravamo rimasti in pochi e la mia squadra era numerosa, ho capito di poter fare bene e che la situazione si prestava a un attacco. Sono orgoglioso di come abbiamo corso. Sono stati due mesi difficili, non correvo da luglio e sono tornato in Australia a gennaio. Poi ho fatto due settimane di training camp a Mallorca, quindi so benissimo quanti sacrifici abbiamo fatto tutti per arrivare sin qua. Ma sono contento di avere nuovamente il livello per vincere queste corse».

Cerchiamo di saperne di più su Ewan alla Ineos

14.02.2025
4 min
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In Italia è forse passato un po’ in sordina, ma il passaggio di Caleb Ewan dalla Jayco-AlUla alla Ineos Grenadiers è di quelli importanti. Lo sprinter australiano è uno dei più vincenti dell’era moderna ed è anche uno dei più longevi.

Certo, Ewan va per i 31 anni e non è più un ragazzino, specie per un velocista, ma resta sempre un atleta di spicco. Ha all’attivo 63 vittorie in 10 anni di professionismo. Lui c’è sempre stato, mentre molti altri sono cambiati. Pensate che il suo 2023 è stato archiviato dai media con segno negativo… nonostante quattro vittorie.

Lo scorso anno al Giro solo un 6° posto per Caleb. L’australiano, anche grazie alla sua statura minuta riesce, a districarsi bene in gruppo
Lo scorso anno al Giro solo un 6° posto per Caleb. L’australiano, anche grazie alla sua statura minuta riesce, a districarsi bene in gruppo

Occasione Ewan

Dario David Cioni, uno degli storici direttori sportivi della squadra inglese, ci parla del suo inserimento. Un inserimento lento, per ora. Ewan è arrivato ufficialmente nel team solo il 23 gennaio, a seguito di una trattativa un po’ a sorpresa.

«Non so di preciso le dinamiche che lo hanno portato da noi – spiega Cioni – posso pensare che magari sia stata un’occasione, un’opportunità venuta fuori al momento giusto. Noi, senza più Elia (Viviani, ndr), avevamo una mancanza: la dirigenza ne ha approfittato. Ma posso garantire che fino a quel momento i programmi del team erano stati fatti senza di lui».

Cosa ha portato dunque alla rottura fra Ewan e la Jayco-AlUla? Probabilmente una serie di circostanze che si sono sommate fra loro. L’australiano aveva ancora un anno di contratto con la squadra di Copeland, ma nel frattempo la XDS-Astana si era fatta avanti con una proposta importante, anche dal punto di vista economico. Questo ha destabilizzato l’atleta e inevitabilmente la cosa non è piaciuta alla squadra. Squadra che nel frattempo ha ritrovato un Groenewegen in grande spolvero e lo stesso Ewan, da tre anni, non vinceva nel WorldTour. Al Giro d’Italia, il suo miglior piazzamento è stato un sesto posto nella volata di Lucca.

Ora, alla Ineos Grenadiers, ha però tutte le possibilità, la fiducia e lo stimolo per tornare il folletto che abbiamo imparato a conoscere.

Uno dei pochi scatti di Ewan con i colori della Ineos Grenadiers (foto Instagram)
Uno dei pochi scatti di Ewan con i colori della Ineos Grenadiers (foto Instagram)

Caleb e il team

Cioni parla di un inserimento graduale. Ovviamente Ewan ha saltato il ritiro di dicembre e si è unito al gruppo solo a fine gennaio, nel training camp di Denia. Un camp che, tra l’altro, non era più totale, vista la suddivisione tra corse che iniziavano in Australia, Europa e Medio Oriente.

«Erano in 12 e Caleb stava ricostruendo la base. In gruppo è uno degli esperti e non ha avuto problemi a relazionarsi con nessuno. Con chi ha legato di più? Vive a Monaco e so che è molto amico di Thomas e Rowe, spesso uscivano insieme e anche con lo stesso Puccio. Ma da quel che ho visto in ritiro si è inserito bene anche con gli altri».

Ora sarà davvero curioso capire come verrà gestito Caleb Ewan, i suoi programmi e soprattutto il suo treno. Per ora si sa solo che si sta allenando.

«Parlare di programmi – spiega Cioni – è prematuro. Caleb viene da un periodo in cui era stato anche fermo a lungo e per ora sta ricostruendo la base, si sta concentrando sugli allenamenti di fondo. Impossibile stabilire una data del suo rientro, lo si vedrà man mano e a seconda del calendario. Penso, per esempio, che ad aprile non ci siano molte occasioni per gli sprinter, quindi ci si dovrà adattare alle corse veloci che proporrà il calendario».

Esplosità, abilità di guida e anche una buona capacità di tenere su strappi brevi grazie al peso ridotto: le qualità Ewan
Esplosità, abilità di guida e anche una buona capacità di tenere su strappi brevi grazie al peso ridotto: le qualità Ewan

Ganna apripista?

Infine si parla del treno. Questo aspetto tecnico è intrigante. E il motivo è presto detto: uno degli apripista più gettonati sembra essere Filippo Ganna, tirato in ballo anche dall’altro diesse della Ineos, Zak Dempster. Pensateci: Pippo è alto un metro e 93 centimetri, mentre Caleb 1,65. Una bella differenza. C’è da scommettere che la Ineos, da sempre all’avanguardia in tema di aerodinamica, farà i suoi studi. Magari Ganna è troppo alto!

«In ballo per questo – dice Cioni – ci sono diversi nomi, tra cui Ganna e Tarling. Però attenzione: l’apripista giusto dipende anche dal tipo di volata e da chi farà la volata. Non dimentichiamo che Pippo ha fatto degli sprint e ha mostrato di essere competitivo. Quindi potrebbero anche invertirsi i ruoli. Chiaro, Pippo potrebbe essere un apripista ottimo, il problema è se Caleb dovrà tirargli la volata! Ma non dimentichiamo che molto spesso Ewan ha sfruttato altri treni ed è molto esplosivo».

E concludiamo ancora con Cioni: «Cosa mi piace di Caleb e cosa invece dovrebbe migliorare? Mi piace la sua velocità, mentre può migliorare la consistenza nei risultati quando è in forma, ovvero vincere più gare in un periodo ravvicinato».

E’ sempre più forte la partnership KASK – Ineos Grenadiers

17.01.2025
4 min
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Esattamente quattro anni fa vi raccontavamo del rinnovo dell’accordo di collaborazione tecnica fra KASK e il team Ineos Grenadiers. Essendo della durata di 4 anni, a dicembre 2024 l’accordo è giunto alla sua naturale conclusione. Naturale è stata anche la scelta di prolungarlo, visto l’ottimo rapporto che intercorre dal lontano 2010 fra l’azienda bergamasca e il team britannico che nel corso degli anni ha cambiato nome (all’inizio si chiamava Team Sky, ndr), ma non la voglia di raggiungere importanti successi potendo anche contare sul supporto tecnico di KASK. 

Egan Bernal ha vinto l’ultima grande corsa a tappe firmata Ineos: il Giro d’Italia 2021
Egan Bernal ha vinto l’ultima grande corsa a tappe firmata Ineos: il Giro d’Italia 2021

Tra successi e innovazioni

Grazie alla collaborazione con il team britannico sono arrivate per KASK tantissime vittorie. Tra queste spiccano le sette maglie gialle al Tour de France, i tre successi nella classifica generale al Giro d’Italia e i due trionfi alla Vuelta. Oltre a queste, tre vittorie in classiche monumento, due record dell’ora e numerosi altri successi nel WorldTour.

I successi ottenuti sono stati accompagnati dallo sviluppo da parte di KASK di caschi capaci di rispondere alle richieste in arrivo dal team inglese in tema di maggiore performance, protezione, termoregolazione e comfort.

Uno dei volti di riferimento di questa prima parte del 2025 per la Ineos sarà Filippo Ganna
Uno dei volti di riferimento di questa prima parte del 2025 per la Ineos sarà Filippo Ganna

Il ruolo del team

In tutti questi anni gli atleti della Ineos Grenadiers hanno avuto una parte attiva nello sviluppo dei caschi prodotti da KASK. Da questa felice collaborazione sono nati modelli iconici come Valegro, apprezzato per la sua leggerezza, ventilazione e comfort, ma anche Mistral e Bambino Pro Evo, due caschi che hanno portato il concetto di aerodinamica all’estremo, sfruttando l’aria a proprio vantaggio nelle prove contro il tempo. Il modello Elemento ha invece innalzato gli standard in termini di sicurezza, aerodinamica e ventilazione a un livello completamente nuovo. E infine Nirvana, la novità dell’anno 2024, progettato per garantire massima velocità e minor resistenza all’aria grazie al suo design innovativo e alle sue linee aerodinamiche. 

Sono questi i cinque modelli che verranno indossati dai ragazzi della Ineos Grenadiers nel corso della stagione 2025. 

Il modello Nirvana ha delle caratteristiche che lo rendono il riferimento tra i modelli aero
Il modello Nirvana ha delle caratteristiche che lo rendono il riferimento tra i modelli aero

Entusiasmo condiviso

Seppure apparso come un passaggio naturale, il prolungamento della collaborazione fra KASK e Ineos Grenadiers ha saputo generare un rinnovato entusiasmo in entrambi i protagonisti del nuovo accordo.

Diego Zambon, General Manager di KASK, si è espresso con le seguenti parole. «Siamo entusiasti – ha dichiarato – che la nostra collaborazione con Ineos Grenadiers sia stata prorogata, poiché il loro contributo al design e allo sviluppo dei nostri caschi è stato inestimabile sin dall’inizio della nostra partnership nel 2010. La loro meticolosa attenzione ai dettagli e l’approccio inflessibile alla performance ci hanno spinto a migliorare costantemente la nostra gamma di caschi e a soddisfare tali aspettative. Siamo davvero orgogliosi di estendere questa partnership e non vediamo l’ora di raggiungere molti altri successi insieme nel futuro».

Ecco invece le dichiarazioni John Allert, CEO di Ineos Grenadiers: «La nostra lunga e proficua collaborazione con KASK si è sempre basata sull’innovazione nel design dei caschi, per garantire sia la sicurezza che le prestazioni dei ciclisti. Insieme, abbiamo stabilito nuovi standard in entrambi gli ambiti nel corso delle ultime 15 stagioni. Prolungare questa importante partnership significa continuare con questa filosofia e assicurare ai nostri ciclisti i migliori caschi in ogni gara, per ogni terreno e in qualsiasi condizione meteorologica».

Kask