Niente altura: solo strada, sauna e rulli. Germani racconta

22.05.2025
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CASTEL DI SANGRO – Lorenzo Germani si è preparato per il Giro d’Italia pedalando, andando in sauna e facendo i rulli in bagno, con l’acqua calda che scorreva. Ha fatto ricorso all’Heat Training: l’allenamento al caldo. Non è una pratica nuova. Abbiamo raccontato di Alberto Dainese che lo seguì preparando la Vuelta di quattro anni fa, ne avevamo già esplorato i concetti con Giacomo Notari, mentre la EF Education-Easy Post gli ha dedicato un interessante approfondimento sul proprio sito. Diversi atleti lo hanno eletto a metodo sostitutivo per l’altura: perché la quota non dà loro gli esiti sperati o perché allergici ai ritiri interminabili sul Teide, a Sierra Nevada, sull’Etna o Livigno.

L’obiettivo è tirare fuori il meglio dal proprio fisico e farlo in modo lecito. Dall’allenamento all’alimentazione. Di qualsiasi acrobazia vi capiti di leggere in questo senso, prendetela con un sorriso e la consapevolezza che una volta certi risultati si conseguivano col doping. Lo studio di metodologie lecite, ancorché insolite, testimonia di un ciclismo sano, curioso e proiettato verso la ricerca.

Così se ci sono atleti che trascorrono interminabili periodi in altura e altri che preferiscono hotel con camere ipobariche al livello del mare o tende ipossiche in casa, c’è anche chi punta ad aumentare il volume del plasma e ottenere adattamenti fisiologici favorevoli, ricorrendo al calore. Come appunto Germani, corridore di 23 anni della Groupama-FDJ, che al Giro d’Italia sta svolgendo un lavoro oscuro, ma potente e prezioso per la squadra (in apertura con David Gaudu). E forse, ora che il francese è uscito dalla classifica, avrà più spazio per sé. Intanto però gli abbiamo chiesto di raccontare la sua esperienza.

Germani, 23 anni, è alto 1,79 per 62 kg ed è professionista dal 2023. Il suo agente è Manuel Quinziato, con lui nella foto
Germani, 23 anni, è alto 1,79 per 62 kg ed è professionista dal 2023. Il suo agente è Manuel Quinziato, con lui nella foto
Perché puntare sull’adattamento al caldo? E’ stata un’idea tua oppure della squadra?

Avevo sentito di altri che lo facevano. Ho approfondito la questione e ho voluto provarla. Mi sono reso conto di avere notevoli benefici rispetto all’altura, che in realtà non mi ha mai dato grossi vantaggi. Così ne ho parlato con la squadra e già l’anno scorso per la Vuelta avevamo messo in pratica dei protocolli analoghi. Anche loro si sono trovati ad approfondire il tema e ci hanno fatto dei piani di allenamento mirati.

A cosa serve e quali sono i benefici di cui parli?

Ti alleni affinché nel giorno della gara la temperatura corporea risulti più bassa a parità di intensità dello sforzo. Si crea uno stato di beneficio generale. In più si perdono meno elettroliti quando si suda. Infine aumenta il volume del plasma, una cosa che normalmente si insegue nelle preparazioni in altura.

Come funziona?

L’ho suddiviso fra sauna e allenamento sui rulli. Preparando il Giro, l’ho fatto per tre settimane, un paio di volte a settimana. Uscivo in bici e dopo l’allenamento mi cambiavo e andavo diretto nella sauna. Ci stavo per mezz’ora a 80, 90 gradi. Poi uscivo e lasciavo che la temperatura rimanesse alta. Non mi gettavo acqua fredda sulle gambe come fanno alcuni, devi lasciare che il corpo impari da sé ad abbassare la temperatura. In alternativa facevo i rulli.

Diverse squadre praticano Heat Training. La EF lo documenta molto bene nel suo sito (foto Ef Pro Cycling)
Diverse squadre praticano Heat Training. La EF lo documenta molto bene nel suo sito (foto Ef Pro Cycling)
Sempre dopo l’allenamento?

Esatto. Rientravo, mettevo la bici sui rulli in bagno e aprivo l’acqua calda. Mi vestivo come un eschimese e mi mettevo a pedalare. Nella prima parte cerchi di spingere un po’ di più per far salire subito il cuore e poi guardi soltanto i battiti. Diciamo che in questo caso tra watt e cuore è inversamente proporzionale.

Perché vestirsi pesante? E basta aprire l’acqua calda oppure si usano stufette?

Basta l’acqua calda, che produce calore e umidità. Perché coprirsi tanto? Più ti vesti e meno devi spingere, perché la temperatura sale facilmente. L’importante è coprire bene le estremità del corpo, come le mani o la testa, perché ci sono più capillari e terminali nervosi.

Durante questa fase si può bere?

No, vietato. Bevevo prima e dopo, ma non durante, per ottenere il massimo vantaggio. Stessa cosa quando finivo, lasciavo che la temperatura rimanesse più alta possibile e il più a lungo possibile. La doccia ad esempio la facevo calda.

Quanto dura la seduta di rulli, mezz’ora come la sauna?

Un po’ di più, fra i tre quarti d’ora e l’ora.

In fuga verso Valona con Mark Donovan. Il Giro di Germani cambia faccia ora che Gaudu è uscito di classifica?
In fuga verso Valona con Mark Donovan. Il Giro di Germani cambia faccia ora che Gaudu è uscito di classifica?
Quale delle due modalità è più redditizia?

In teoria dovrebbe essere lo stesso. Io preferivo la sauna, perché magari quell’oretta dedicata ai rulli avrei dovuto sottrarla al tempo per fare i lavori in bicicletta. Facendolo in attivo, quindi pedalando sui rulli, si crea ancora più fatica. Mentre in passivo, quindi in sauna, dovresti avere benefici, senza creare ulteriore stress al fisico.

Si hanno benefici progressivamente oppure alla fine delle tre settimane ti accorgi che qualcosa è cambiato in meglio?

Qualche cambiamento lo percepisci subito nell’adattamento al calore. Io ad esempio ho sempre sofferto la sauna, per cui inizialmente dopo un quarto d’ora dovevo uscire, prendermi un attimo di recupero e poi rientrare. Le ultime volte invece facevo 30 minuti filati. Stessa cosa con i rulli. La prima volta avevo tot battiti a tot watt, alla fine avevo gli stessi watt ma con meno battiti. I parametri sono questi.

Perché ricorrere a questi sistemi e non andare in altura?

L’ho fatta negli ultimi due anni e non ho visto grossi vantaggi e quindi ho preferito allenarmi di più, anche perché quando si va in quota ci si allena sempre un filo di meno.

Dallo scorso inverno, Germani convive con la compagna Martina, futuro avvocato (immagine Instagram)
Dallo scorso inverno, Germani convive con la compagna Martina, futuro avvocato (immagine Instagram)
Visto che sei andato da poco a vivere con la tua compagna, lei come ha preso i rulli e la temperatura tropicale nel bagno?

Ecco questa potrebbe essere la nota dolente (ride, ndr). Una volta aveva bisogno del bagno, ma ha dovuto aspettare che finissi e non era molto contenta. Invece un giorno avevo bisogno io di aiuto, ero disperato. Mi mancavano 20 minuti, ero proprio al limite della mia vita. E le ho chiesto di venire a darmi supporto morale e lei mi ha risposto che stava studiando e non poteva muoversi.

E tu?

Quando poi ci siamo ritrovati a tavola, le ho detto che ci ero rimasto male e che mi sarebbe bastata la sua compagnia. E lei ridendo ha detto di aver pensato che la volessi in bagno solo per scaldarlo ancora un po’, perché con un corpo in più la stanza sarebbe stata più calda…

Il Giro di David Gaudu, partendo a fari spenti

09.05.2025
6 min
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Sono 18 anni che un francese non vince una corsa a tappe professionistica appartenente al WorldTour, l’ultimo fu Christophe Moreau nel 2007 al Delfinato. Se poi andiamo a guardare un grande giro, l’astinenza dura da trent’anni, con Laurent Jalabert alla Vuelta 1995. Al Giro addirittura bisogna risalire al 1989 e al compianto Laurent Fignon. A tutto questo spera di mettere fine David Gaudu, al via del Giro d’Italia, ma le premesse non sono certamente delle migliori.

A inizio stagione il leader della Groupama-FDJ era abbastanza fiducioso delle sue possibilità nella corsa rosa: «Mi hanno sempre parlato bene del Giro – aveva detto a Eurosport – quando sei leader di una squadra francese, tutti ti aspettano al Tour. Pinot e Bardet si sono costruiti una fama alla Grande Boucle prima di provare il Giro, io faccio un po’ la stessa cosa e non vedo l’ora di provarci».

Gaudu è partito al Romandia dopo l’operazione alla mano e 7 settimane lontano dalle gare (foto Gachet-DirectVelo)
Gaudu è partito al Romandia dopo l’operazione alla mano e 7 settimane lontano dalle gare(foto Gachet-DirectVelo)

Un inizio stagione dranmatico

Quello era a inizio stagione, ma poi le cose non sono andate molto bene: caduta a inizio stagione a causa di un cane randagio che gli ha attraversato la strada. Neanche il tempo di rimettersi in sesto ed altra caduta alla Strade Bianche, poi la peggiore, alla Tirreno-Adriatico che l’ha costretto a un’operazione alla mano e a sette settimane di stop. E’ chiaro che la condizione non può essere quella sperata, anche se David vuole provarci, anche per rispondere con i fatti a chi lo critica ritenendolo un’altra delle tante promesse francesi non mantenute.

Gaudu arriva al Giro dopo aver fatto le prove generali al Romandia. Corso senza grandi test precedenti, ripartendo di fatto da zero. DirectVelo lo ha seguito passo passo, per verificare la sua crescita fisica ma anche morale sempre con la corsa rosa sullo sfondo. Perché diciamoci la verità: non capita spesso che una grande corsa a tappe arrivi senza uno dei “tre tenori” al via, Pogacar, Vingegaard, Evenepoel, che già schiacciano tutti gli altri sul piano dell’attenzione mediatica e che poi impongono la loro legge in corsa. Al Giro i pretendenti alla vittoria sono parecchi, e il transalpino vorrebbe essere tra loro.

Una delle tante cadute che il transalpino ha subìto quest’anno. Alla Tirreno la più dolorosa
Una delle tante cadute che il transalpino ha subìto quest’anno. Alla Tirreno la più dolorosa

La difficoltà delle prime uscite

Gli inizi in Svizzera non erano stati semplici, perché il ventottenne di Landivisiau sapeva di non avere il serbatoio pieno, anzi: «E’ la corsa ideale per preparare il Giro – aveva detto – ma devo affrontarla senza prendere rischi, pensando solo ad accumulare chilometri, fatica e condizione. Devo ritrovare il ritmo gara, vedere come rispondono le gambe, il risultato non conta».

Le prime frazioni lo hanno visto correre sempre nelle retrovie: «Il livello è sempre più alto, si evolve ogni anno e se non sei più che pronto, paghi le conseguenze. Io avevo anche iniziato bene la stagione, al Tour of Oman avevo vinto una tappa, chiuso sul podio nella generale, c’erano tutte le avvisaglie per una buona primavera, ma mi accorgo, correndo ora in una prova WorldTour, che rispetto ad allora avrei dovuto andare molto più forte, per ottenere qualcosa».

Per il corridore della Groupama Fdj le prime tappe al Romandia sono state molto difficili
Per il corridore della Groupama Fdj le prime tappe al Romandia sono state molto difficili

Il cammino verso la rinascita

Ottantacinquesimo nella prima tappa, poi sempre intorno alla quarantesima posizione, ogni tappa finiva con lo sguardo di compagni e dirigenti con quell’aria interrogativa: «Non posso recuperare il tempo perduto, parto da una base molto più bassa di tutti gli altri. Posso solo sperare di crescere verso la partenza albanese».

Intanto Gaudu ripercorreva il cammino svolto dal punto più basso: «Dopo l’operazione sono stati 6 giorni senza pedalare e poi due settimane sui rulli. Sono uscito su strada per una settimana per accumulare ore poco per volta, poi ho cominciato a fare sul serio e quella è stata la parte che mi è piaciuta di più, una settimana a casa e una a Tenerife ma senza andare in altura. Un’altra settimana a casa e poi valigie pronte per il Romandia. E’ impossibile pensare che ciò possa bastare…».

Gaudu aveva iniziato bene la stagione, vincendo una tappa in Oman e finendo 3° in classifica
Gaudu aveva iniziato bene la stagione, vincendo una tappa in Oman e finendo 3° in classifica

In salita si è rivisto a sprazzi il vero Gaudu

Una situazione non semplice da gestire, anche psicologicamente: «La condizione non è la peggiore, vedo ogni giorno qualche miglioramento, ma non posso pensare di essere al livello degli altri. Ho solo la consapevolezza di aver fatto tutto quello che potevo, poi sarà la strada a dire se sarà stato sufficiente».

Poi è arrivato il giorno più importante, la prova del nove con il tappone di Thyon 2000 e a fine frazione Gaudu, finito 32° a 6’26” dal vincitore Lenny Martinez era felice quasi quanto lui: «Mi sento rassicurato perché sono andato meglio di quanto pensavo. Ho iniziato con sensazioni non buone, ho corso in difesa nelle prime tre tappe, ma qui ho ritrovato il piacere di pedalare e lottare, senza mai andare in difficoltà e non era scontato».

La conometro finale del Romandia. David ha pensato soprattutto a curare la posizione pensando al Giro
La conometro finale del Romandia. David ha pensato soprattutto a curare la posizione pensando al Giro

A cronometro, prove tecniche di Giro

Poi la cronometro finale, interpretata senza guardare il cronometro: «Non era assolutamente importante, guardavo altre cose, le sensazioni dopo un giorno faticoso, pensando soprattutto a curare la posizione in bici. Alla fine ho chiuso 30° in classifica e posso assicurarvi che per come stavo all’inizio, per quel che ho passato nelle settimane precedenti, non era assolutamente scontato».

Ciò però era il passato, ora il momento del via albanese è alle porte: «Devo guardare le cose obiettivamente: non riesco a reggere gli scatti, vado in difficoltà. Io confido nella struttura del Giro dove la prima settimana è abbastanza tranquilla, ci sono solo due tappe difficili dove dovrò limitare i danni, poi faremo il punto. Il Giro è davvero speciale quest’anno e io spero molto nel giorno di riposo dopo la tre giorni albanese per recuperare».

Il francese conta di superare indenne la prima settimana, poi deciderà se puntare alla classifica o a una tappa
Il francese conta di superare indenne la prima settimana, poi deciderà se puntare alla classifica o a una tappa

Tappe come obiettivo, ma basterà?

Con che progetti si parte, allora? «Noi partiamo guardando alle vittorie di tappa, come abbiamo fatto – e con costrutto – all’ultima Vuelta, poi vediamo come si mette la classifica. Io ho una buona squadra, ho un ottimo feeling con tutti, c’è poi Enzo Paleni che è un vero maestro in tutto a dispetto dei suoi 22 anni. Io parto con il cuore sollevato perché sono tutto intero, ho finito il Romandia senza cadere e divertendomi, per ora è già qualcosa. Vediamo ora che cosa possiamo costruire…».

Il progetto World Tour di Miche, ben oltre la sponsorizzazione

18.01.2025
7 min
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Miche è diventata ufficialmente partner e fornitore tecnico del Team Groupama-Fdj, di fatto sostituendo una parte della sponsorizzazione (e collaborazione tecnica) Shimano che durava da oltre un ventennio (dal 1997). Un aspetto quest’ultimo tutt’altro che banale.

Se è vero che Miche e Wilier fanno parte della stessa famiglia, è altrettanto vero che le due aziende hanno due anime distinte, separate, indipendenti. Anche per questi motivi entriamo nel dettaglio dell’intervista fatta a Gregory Girard, Amministratore Delegato di Miche e madrelingua francese, che ci spiega i dettagli principali del progetto World Tour. Vogliamo toccare anche alcuni aspetti tecnici della fornitura dei materiali, grazie al contributo di Paolo Bisceglia, Product Manager di Miche.

Una crescita del team, non solo tecnica

«Passano i giorni e le settimane – racconta Girard – e ci rendiamo conto che siamo entrati in un team che ha, oltre al resto, anche l’obiettivo di internazionalizzarsi. Groupama-Fdj Cycling Team vuole scrollarsi di dosso quell’etichetta di team marcatamente francese. Pur essendo di madrelingua, il francese tra me ed i referenti della squadra è stato utilizzato in rare occasioni. La maggior parte degli incontri e le discussioni sono state fatte in inglese. Anche se sono francese l’accordo tra Miche ed il team avrebbe preso forma in ogni caso. Diciamo che più che la mia persona ha avuto un valore importante il rapporto che è stato instaurato con Wilier».

La squadra è all’opera con i nuovi materiali (foto Groupama-FDJ)
La squadra è all’opera con i nuovi materiali (foto Groupama-FDJ)

Alzare l’asticella e mantenere l’identità

«Il progetto World Tour di Miche – prosegue Girard – era una cosa che andava fatta. Il motivo principale è quello che voler alzare ulteriormente la qualità e la resa tecnica di tutti i prodotti Miche ed essere al fianco di un team World Tour è il massimo. E’ molto dispendioso, ma è anche una risorsa alla quale attingere, per conoscenze e sviluppo. Inoltre è fondamentale per aiutare il grande pubblico a cambiare la percezione che ha del marchio.

«Essere parte del gruppo Wilier significa condividere informazioni, creare sinergie – argomenta Girard – Miche è una cosa e Wilier è un’altra, le identità dell’una e dell’altra parte non sono in discussione».

Fornitura enorme, questo è il World Tour

La sponsorizzazione e la fornitura tecnica per una compagine World Tour sono un impegno enorme. Sono inclusi anche il devo team e quello juniores

«In più – prosegue Girard – c’è lo sviluppo dei prodotti del futuro e abbiamo dato la massima disponibilità anche per eventuali personalizzazioni e richieste nel corso della stagione. Il contratto è di tre anni e come fornitura per il 2025 si contano 350 coppie di ruote da strada, alle quali si aggiungono 50 coppie da crono. E’ molto, ma non sono numeri estremi, ci sono squadre che chiedono molto di più. Le ruote occupano il ruolo principale, poi ci sono alcuni componenti che stiamo sviluppando con loro, senza dimenticare le corone Miche da crono».

Galleria del vento protagonista per Miche e per il team francese (foto Miche)
Galleria del vento protagonista per Miche e per il team francese (foto Miche)

L’ufficio tecnico Miche sotto pressione

Miche conta 42 dipendenti e l’ufficio tecnico ne ha 3, che si occupano dei progetti e si interfacciano con i tecnici del team e ultimamente è parecchio sotto pressione.

«I pensieri maggiori, quelli da mal di testa in fase di trattativa – conclude Girard – non arrivano dal contratto di sponsorizzazione, non sono legati agli aspetti finanziari, ma proprio alle richieste tecniche e dalla fornitura dei materiali da prevedere in tempi brevissimi. Groupama-Fdj adesso è la punta della piramide e poi c’è il resto, la mtb ed il gravel, la pista, non in ultimo il mercato dei normali utilizzatori».

Livrea nera con i dettagli argento per le ruote del team (foto Miche)
Livrea nera con i dettagli argento per le ruote del team (foto Miche)

La valutazione dei prodotti

La prima fornitura risale a fine 2023. Miche ha fornito le ruote da 50 e 62 millimetri, mentre il team continuava la sua attività con la fornitura completa da parte di Shimano.

«Prima di passare a prodotti Miche – spiega Paolo Bisceglia, product manager di Miche – lo staff tecnico francese ha voluto analizzare i dati nella galleria del vento e poi dare a soli due corridori le ruote da usare, da testare a fondo. Sono stati eseguite anche diverse prove comparative con i materiali che già utilizzavano. L’obiettivo era quello di misurare le performance, un lavoro estremamente utile anche per noi».

Gli stessi materiali in commercio

Non ci sono segreti. Le ruote da 36, 50 e 62, ovvero le Kleos RD in dotazione alla squadra, sono le medesime che può acquistare un normalissimo utente, come prevede il regolamento tecnico UCI.

«Oltre alle ruote da strada – prosegue Bisceglia – Miche fornisce i perni passanti alleggeriti, le corone da crono, compreso il sistema monocorona X1RD. Ovviamente le ruote da crono, la lenticolare e la nuovissima tre razze. Quest’ultima è il primo strumento super performante e super tecnologico che prende forma grazie alla collaborazione tra Miche, Groupama-Fdj e la galleria del vento di Silverstone e la GST usata per analizzare le forme degli Airbus. E’ stata creata in circa sei mesi, un lasso temporale ridottissimo. Ci sono poi una serie di componenti che stiamo facendo testare e analizzare, tra questi un movimento centrale che annovera dei materiali mai utilizzati in precedenza in questo segmento».

Puntigliosi e precisi: un grande stimolo

«L’impegno è enorme – chiosa Bisceglia – non si può nascondere, quando si entra in contatto con il World Tour tutto si amplifica. Le giornate dovrebbero essere di 30 ore e forse non basterebbero. E devo dire che per ora non sono arrivate richieste particolari, ma arriveranno quando ci saranno da sviluppare altri componenti e quando i materiali saranno portati sul pavé. D’altronde il loro ed il nostro obiettivo è migliorare e non dimentichiamo che tutti i prodotti Miche di ultima generazione sono per la prima volta al servizio del World Tour.

«Come staff tecnico – conclude Bisceglia – abbiamo una persona totalmente dedicata a loro e più in generale faremo una serie di affiancamenti durante i training camp e le prime corse in Europa. Gli stessi affiancamenti prevedono sessioni di lavoro con lo staff tecnico della squadra, i meccanici e gli stessi corridori».

Gaudu al Giro e Gregoire che cresce, rifondazione Groupama

07.01.2025
5 min
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La Groupama-FDJ, decima nella classifica UCI alla fine del 2024, riparte confermando alcuni dei suoi punti saldi come Gaudu e Madouas, puntando forte su Gregoire affinché diventi il leader che tutti si aspettano, ma avendo visto andare via Lenny Martinez. Assieme al figlio del celebre Miguel, altri tre giovani hanno lasciato il team di Marc Madiot: Thompson, Watson e Pithie. La nidiata dei talenti, cresciuta e portata nel WorldTour da Gannat, ha attirato l’attenzione di squadroni dal portafogli più fornito. Martinez è andato alla Bahrain Victorious, Pithie alla Red Bull-Bora, Watson alla Ineos e solo Reuben Thompson è sceso dal WorldTour firmando con la Lotto.

Per fare il punto della situazione sulla squadra transalpina, che in tempi non sospetti lamentò l’eccessivo carico fiscale francese che riduceva in modo importante il suo potere di acquisto, abbiamo interpellato Philippe Mauduit. Dallo scorso anno è lui il responsabile dell’area tecnica del team.

«Quanto a Lenny – ammette – durante l’inverno abbiamo sentito le sue parole e quelle del suo procuratore per cui prima del progetto sportivo cercavano di firmare il più grosso contratto possibile. Alla fine è cosi, ormai fa parte del ciclismo. E’ un bimbo e speriamo che per lui vada tutto bene. Qualche settimana fa mi ha detto: “Philippe siete la mia squadra del cuore. Fra tre anni tornerò con voi, quando non avrò più bisogno di soldi”. Vedremo…».

La separazione da Lenny Martinez non è stata indolore (foto Team Bahrain Victorious)
La separazione da Lenny Martinez non è stata indolore (foto Team Bahrain Victorious)
Partito Martinez, vi aspettate che Gregoire possa diventare un leader?

Di fatto, Romain Gregoire è gia un leader. Il modo che ha di prendere la parola in gruppo, anche davanti a compagni con più esperienza, lo dimostra. Lui è nato leader. Adesso gli mancano ancora un po’ di maturità fisica ed esperienza per dimostrarlo su strada, ma siamo convinti che il 2025 vedrà la dimostrazione del suo talento.

Uno che sta lanciando lampi di talento è Brieuc Rolland, che ha 21 anni e ha già fatto vedere qualcosa.

Brieuc Rolland è stato una bella sorpresa di regolarità ad alto livello. Vincere la Course de la Paix e il Piccolo Lombardia non è poco. Lui è il corridore del devo team che ha fatto più gare con la WorldTour. Sono state 15 gare nel 2024, per cui lo abbiamo visto crescere. Ha dimostrato di avere belle qualità di scalatore poi sa leggere la corsa. Per il 2025 gli faremo un programma grazie al quale guadagnerà esperienza accanto ai nostri capitani Gaudu e Guillaume Martin, che è appena arrivato. Però gli lasceremo anche l’opportunità di fare la sua corsa. E’ importante che i ragazzi vincenti abbiano l’opportunità di farlo. Non devono perdere il gusto, alla fine è la sola cosa che conta, no?

Kung è la colonna della Groupama, Gregoire (a destra) la speranza più attesa (foto Groupama-FDJ)
Kung è la colonna della Groupama, Gregoire (a destra) la speranza più attesa (foto Groupama-FDJ)
Gaudu è ancora un uomo su cui puntate per i Grandi Giri?

Non dimenticate che tra il podio alla Parigi-Nizza e la Vuelta, Gaudu ha accumulato tanti infortuni, ma anche virus e cadute. Non è per trovargli scuse, ma negli ultimi 18 mesi è stato davvero sfortunato. Ha ritrovato un livello decente solo dopo mesi di lavoro. Il suo elemento rimangono le gare da scalatore e ovviamente la classifica generale nei Grandi Giri. E’ molto motivato per la sfida del Giro d’Italia, che sarà il suo grande appuntamento, nel quale lo supporteremo con fiducia e consapevolezza.

Kung riuscirà finalmente a vincere una classica?

Negli ultimi tre anni, Stefan la dimostrato la sua grande regolarità. E’ vero che con lui cerchiamo la vittoria in una classica della prima parte del Belgio. Se la merita, lavora tanto per quello e tutti vogliamo che ci riesca. Inoltre ha fatto un incredibile lavoro di sviluppo con Wilier per la Supersonica, la bici crono con la quale ha vinto l’ultima tappa della Vuelta. Speriamo di vedergliene vincere ancora.

Dopo cinque anni alla Cofidis, Guillaume Martin approda alla corte di Madiot (foto Groupama-FDJ)
Dopo cinque anni alla Cofidis, Guillaume Martin approda alla corte di Madiot (foto Groupama-FDJ)
A proposito di classiche del Belgio, ma della seconda parte, Madouas è entrato nei dieci all’Amstel e alla Liegi e poi sul podio delle Olimpiadi.

Madouas è un caso diverso rispetto a Gaudu. Al di la dell’argento di Parigi, non ha avuto un gran rendimento. E’ un corridore importante per la squadra, ma deve portare più risultati e più regolarità nel 2025. 

Hai parlato di Wilier, lo sviluppo continua. Ora sono arrivate anche le ruote Miche.

E’ nata una bella e grande collaborazione con loro. Con il nostro supporto, sono usciti dalla galleria del vento con la bici da crono la più veloce dell’anno! E questo in appena 6 mesi di studio, quando solitamente per ogni azienda ne servono almeno 18. E’ la dimostrazione che la collaborazione è molto buona e che, come noi tutti, anche Wilier è motivata in una maniera incredibile per supportarci e aiutarci a vincere.

La Groupama-FDJ da quest’anno usa anche ruote Miche, che appartengono al gruppo Wilier (foto Groupama-FDJ)
La Groupama-FDJ da quest’anno usa anche ruote Miche, che appartengono al gruppo Wilier (foto Groupama-FDJ)
E’ stato difficile subentrare a Lapierre con cui avevate un rapporto di collaborazione ormai storico?

Wilier è un azienda cha ha fatto la storia del ciclismo, ma non è rimasta nel passato. Hanno grande esperienza e da questo sono partiti per guardare più avanti e sviluppare nuovi prodotti, sempre più performanti e veloci e questo coincide perfettamente con la nostra filosofia. Ormai siamo una delle squadre più anziane del WorldTour. Nei nostri server abbiamo migliaia di dati che condividiamo con loro, ma non siamo ancora sodisfatti di quello che abbiamo. Vogliamo sempre di più e in questo Wilier è un partner vincente. Ci spingiamo reciprocamente per andare sempre più veloci.

A tutto Germani: il rinnovo, la crescita e il futuro della Groupama

16.11.2024
5 min
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Lorenzo Germani ha concluso la sua seconda stagione con la Groupama-FDJ e in entrambi i casi è andato oltre quota 70 giorni di corsa. Il ciociaro viene spesso chiamato in causa dal team francese, che su di lui conta parecchio. A testimonianza di ciò è arrivato anche il rinnovo di contratto, che lo legherà alla formazione WorldTour transalpina fino al 2027. Germani è passato under 23 con il devo team e ha fatto tutta la trafila fino ad arrivare in prima squadra. Dopo quattro anni che mastica il francese la pronuncia si è consolidata, nel raccontarci la sua stagione gli scappa un accento perfetto. Nello scherzare con lui questo diventa l’appiglio per snocciolare i pensieri di una stagione difficile ma che lo ha visto comunque crescere. 

«Sono partito a correre presto, al Tour de la Provence – dice – e anche bene. Ma tra la prima e l’ultima tappa in gruppo c’è stata una serie di ritiri clamorosa, se si guarda alle statistiche lo si vede (dei 117 partenti del prologo di Marsiglia solo 68 sono arrivati all’ultima tappa ad Arles, ndr). C’è stata la diffusione di un virus intestinale, che ha colpito anche me. Da lì non sono riuscito a recuperare completamente, anche perché la squadra aveva tanti altri corridori fuori per infortuni o malanni».

La seconda stagione di Germani nel WT si è conclusa con 78 giorni di corsa
La seconda stagione di Germani nel WT si è conclusa con 78 giorni di corsa

Rincorsa continua 

Il calendario di Germani parla di una costante presenza in gare di alto livello, un fattore che sicuramente aiuta a prendere dimestichezza con il WorldTour. Tuttavia correre senza essere mai al top della forma in questo ciclismo può portare maggiore fatica nelle gambe.

«Non sono mai riuscito a rimettermi ad un ritmo corsa giusto – spiega Germani – nel senso che oltre a un po’ di riposo avrei avuto bisogno di un periodo di allenamento costante, per ricostruire la condizione. Sono arrivato fino al Giro d’Italia non con le gambe che avrei voluto per la mia prima presenza alla Corsa Rosa. L’ho comunque finito in crescendo e questo è stato un buon segnale per me».

Due Grandi Giri

Nelle sue due stagioni con la Groupama-FDJ il classe 2002 ha collezionato già tre presenze in grandi corse a tappe, con un Giro d’Italia e due Vuelta. 

«Dopo aver rifiatato a metà stagione – continua – ho ripreso gli allenamenti in vista della mia seconda Vuelta. E’ stata una gara tostissima, non ho mai sofferto così tanto. Nei primi dieci giorni il caldo ci ha distrutti, poi la seconda e terza settimana si saliva e basta. Penso però che quest’anno sia stato utile per crescere ulteriormente, fare due Grandi Giri in una stagione dà una marcia in più. Infatti una volta uscito dalla Vuelta ho fatto registrare i miei migliori valori, nelle ultime corse di stagione ho capito di stare bene.

«E’ anche un bel modo di progredire – continua – perché questo step mi consentirà di aiutare maggiormente i miei compagni. Un conto è tirare nelle prima fasi di gara, un altro è arrivare fino al momento decisivo. Al Lombardia sono riuscito a restare con i migliori e scortare Gaudu fino all’inizio della salita per la Colma di Sormano. Spero che questa stagione mi dia anche quel qualcosa in più per giocarmi le mie carte quando sarò chiamato a farlo».

Il cammino prosegue

La Groupama-FDJ a fine 2022 fece passare tra i professionisti un blocco di sette ragazzi che arrivavano dal devo team. Quel gruppetto di giovani corridori ha continuato il proprio cammino di crescita, ma dei sette iniziali ne sono rimasti solamente tre: Romain Gregoire, Enzo Paleni e il nostro Lorenzo Germani. Chi per un motivo e chi per un altro gli altri hanno lasciato il team francese che li aveva cresciuti. 

«Il rinnovo – spiega Germani – era nell’aria già da dicembre 2023, quindi avevo testimonianza della fiducia della squadra nei miei confronti. Questo mi ha fatto restare sereno in ogni momento della stagione. L’obiettivo è continuare a progredire e far parte del progetto Groupama».

Tra i nomi illustri che hanno salutato i vecchi compagni di avventura c’è quello di Lenny Martinez. Il francesino ha conquistato cinque vittorie nel 2024 e dalla prossima stagione vestirà i colori della Bahrain Victorious. Un addio difficile da digerire ma che fa parte delle scelte sportive di ogni corridore.

«Certamente – conclude Germani – il fatto che Martinez non sarà più con noi ci crea dispiacere. Allo stesso tempo credo che la squadra rimanga molto forte e nell’anno a venire potremo fare bene. Arrivano altri ragazzi forti del team di sviluppo e in più la squadra si è rinforzata con corridori di esperienza come Remì Cavagna e Guillaume Martin. In più rimane Romain Gregoire che nel finale di stagione ha fatto molto bene e ha ancora ampi margini di crescita».

Wilier Supersonica SLR, entriamo nel cuore del progetto

26.09.2024
5 min
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MISANO – La collaborazione con i tecnici FDJ-Groupama ha portato Wilier ad un piano superiore in termini di sviluppo e di applicazione dell’aerodinamica. La Supersonica SLR è il risultato. Stefan Kung l’ha usata per vincere la crono finale della Vuelta, poi per centrare il secondo posto ai campionati europei (tra Affini e Cattaneo) e l’ottavo domenica scorsa nella crono di Zurigo.

Grazie al responsabile del progetto, Claudio Salomoni, entriamo nel dettaglio di questa bici che nasce per le prove contro il tempo. Non una bici ibrida tra crono e triathlon, uno strumento specifico per i cronoman.

Cosa differenzia una bici da crono da tutte le altre?

La Supersonica SLR nasce per corridori come Kung, solo per fare un esempio, atleti che sono cronoman prima di tutto e hanno bisogno di uno strumento specifico. Il reggisella integrato, non estraibile può essere un dettaglio, una sorta di spartiacque tra le bici da crono vere e proprie e quelle nate anche per il triathlon. Zero compromessi.

Prestazione su tutto?

Sì. Siamo andati alla ricerca di una resa tecnica in senso assoluto e avevamo necessità di migliorare i prodotti esistenti. La collaborazione con il team francese ci ha spinto ad un livello superiore di ricerca e non mi riferisco solo alla galleria del vento.

Qui all’ultima rassegna europea di Hasselt, chiusa con la medaglia d’argento dietro Affini
Qui all’ultima rassegna europea di Hasselt, chiusa con la medaglia d’argento dietro Affini
Come siete partiti con il progetto Wilier Supersonica?

Siamo partiti dalla taglia large, quella di Kung. L’atleta svizzero doveva essere il primo. Forte cronoman, molto tecnico per i feedback e svizzero. I mondiali si sono corsi in Svizzera, non è un dettaglio. Ovviamente la bici è stata usata anche alle Olimpiadi.

Però, tempi stretti per mettere insieme i vari tasselli!

Strettissimi. Per un prodotto del genere ci vogliono circa 12/15 mesi, a volte 18: noi l’abbiamo fatto in 5. Una corsa estenuante contro il tempo. Non ricordo quante volte siamo stati in galleria del vento, anche durante le ferie. Però, che grande soddisfazione e che stimoli…

Cosa è cambiato rispetto al passato?

Tutto. A partire dai modelli di analisi usati, fino ad arrivare alla bici così come la vediamo. Ogni tubo ha uno specifico sviluppo Naca, ogni curvatura e ogni sezione. Questa Wilier non è frutto di un disegno fatto a matita, ma è il risultato di un’insieme di algoritmi combinati tra loro, poi tradotti in una bicicletta.

Le nuove regole UCI hanno influito sul progetto?

Chiaramente sì. Ne sono un esempio la forcella molto larga e fine, il manubrio e anche la borraccia integrata, che è asimmetrica, disegnata sulla bici. Tutto ha contribuito a miglioramenti rispetto alla Wilier Turbine.

I profili alari del posteriore
I profili alari del posteriore
Colpisce anche la dimensione della scatola centrale. A cosa è dovuta?

Deve contrastare le torsioni e buona parte di esse convergono in quel punto. Se poi consideriamo quanti watt sviluppano oggi atleti come Kung… Abbiamo una sezione centrale rigidissima, che anche in fatto di impatto visivo è quasi mezza bici.

Avete usato le stampe 3D?

Sì. La prima Supersonica è stata di fatto un pezzo di plastica, mi piace definirla come tale, ma questo pezzo di plastica ci ha permesso di approcciare la galleria del vento, di presentare ufficialmente il progetto a FDJ-Groupama, ottenendo fin da subito dei risultati eccellenti. Anche i francesi sono rimasti a bocca aperta.

Borraccia asimmetrica e specifica per la Supersonica SLR
Borraccia asimmetrica e specifica per la Supersonica SLR
C’è stato un punto critico che ti lasciava qualche perplessità?

I primi prototipi in resina vibravano leggermente in fase di angolazione laterale accentuata. Ormai la galleria del vento prevede test completi considerando tutte le direzioni, non solo le prove frontali. In realtà queste vibrazioni erano riferite alla sola resina. Una volta posizionata la bici definitiva in carbonio, tutto più che perfetto, abbiamo avuto ragione.

Avete usato il binomio bici/corridore?

A partire dal secondo step in galleria del vento. I tecnici francesi hanno stampato in 3D due manichini con le caratteristiche fisiche di Kung, che ovviamente era impegnato nelle gare e negli allenamenti. Un manichino statico e uno con le gambe mobili. Siamo oltre la F1.

In caso di monocorona sono garantiti i 70 denti (anche oltre)
In caso di monocorona sono garantiti i 70 denti (anche oltre)
Supersonica è un monoblocco?

Il telaio è un monoblocco, ma devi considerare i tre pezzi principali. Telaio, forcella e manubrio. E’ tutto carbonio al quale si aggiungono alcune parti stampate in 3D, come ad esempio borraccia e portaborraccia fatti in collaborazione con Elite. C’è anche lo zampino di Miche per le ruote, nuove anche queste, dove abbiamo approfondito degli studi sui tubeless.

Con o senza deragliatore?

La gabbietta del deragliatore, disponibile in due versioni, si può rimuovere. In caso di una monocorona si può montare anche un piatto da 70 denti, ma anche oltre.

Viste in azienda da Wilier, le protesi personalizzate di Kung
Viste in azienda da Wilier, le protesi personalizzate di Kung
E’ possibile quantificare il costo di una bici del genere?

In termini industriali una bici del genere non dovrebbe neppure esistere, non solo per Wilier, per chiunque affronta questa categoria di prodotti. Anche se per regolamento deve essere inserita nel catalogo e prodotta. E’ un’immagine per chi la produce, è tecnologia, è know-how e dà un bagaglio di conoscenze che vengono riportate a cascata su tutte le altre categorie di bici. Una bici come Wilier Supersonica SLR non è una bici creata con l’intento di vendere migliaia di pezzi.

Una bici che Wilier è in grado di fare!

Esattamente, è come un biglietto da visita. Oggi la Supersonica è la bici più veloce.

Germani tra Giro e Vuelta: l’analisi di due fatiche diverse

05.09.2024
5 min
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Le grandi fatiche di Lorenzo Germani alla Vuelta (immagine Groupama-Fdj in apertura) si distendono e trovano pace nell’ultimo giorno di riposo a Oviedo. Il tempo non è stato dei migliori, la pioggia picchietta sulle finestre dell’hotel e gli atleti ne approfittano per rilassarsi. Germani sta mettendo insieme, giorno dopo giorno, il suo secondo Grande Giro della stagione. Prima l’esordio al Giro d’Italia e poi il ritorno alla Vuelta Espana, esattamente un anno dopo il debutto. 

«Oggi (lunedì, ndr) – racconta Germani – è stato un giorno rilassante, disteso. Il brutto tempo ci ha impedito di fare la nostra sgambata, così ho deciso di non fare nulla. Ci fosse stato il sole, una pedalata a ritmi blandi l’avrei fatta volentieri, ma vista la pioggia ho rinunciato. Non aveva senso fare i rulli giusto per farli, mi sono detto che sarebbe stato meglio fermarsi totalmente».

Recupero assoluto nel secondo riposo a Oviedo (foto Groupama-FDJ)
Recupero assoluto nel secondo riposo a Oviedo (foto Groupama-FDJ)

Giorni difficili

Quelle della Vuelta non sono state fino ad ora tappe facili, la seconda settimana ha messo il carico da cento sulle gambe degli atleti. Il caldo spagnolo non ha risparmiato la carovana, lo si è visto nei giorni passati. A farne le spese è stato anche Antonio Tiberi, ritiratosi per un colpo di calore nella nona tappa, con arrivo a Granada. 

«Ho passato una serie di giorni non facili – spiega Germani – ma ho terminato abbastanza bene la settimana. I primi nove giorni c’erano temperature medie sopra i 40 gradi centigradi, tanto che non capivo se fossi io a stare male o il caldo a svuotarmi. Era come se ci fosse un forno aperto davanti alle nostre facce, anche in discesa non ti raffreddavi. Mi sentivo bloccato, sia con il respiro che con le gambe. Poi la seconda settimana siamo saliti a nord, le temperature erano minori ma l’umidità era talmente elevata che si sudava anche a stare fermi».

L’unica cronometro corsa fino ad ora è stata quella di Lisbona del primo giorno
L’unica cronometro corsa fino ad ora è stata quella di Lisbona del primo giorno

Due fatiche diverse

Germani dopo il Giro ha riposato, ripartendo con la preparazione in vista della sua seconda Vuelta. Proprio questa partecipazione a due dei tre Grandi Giri ci ha fatto chiedere come sia viverli dall’interno. Quali sono le differenze e come si affrontano queste due fatiche simili ma in realtà tanto diverse. 

«Qui in Spagna – analizza – nella seconda settimana abbiamo fatto più di 4.000 metri di dislivello al giorno. Mentalmente e fisicamente è difficile da gestire, non hai una tappa che ti permette di respirare. Non ci sono state tappe in cui staccare, come può essere una cronometro o una frazione pianeggiante. Da martedì a domenica è stato un costante martello pneumatico».

«Anche al Giro abbiamo incontrato giorni caldi – continua – ma non a questo livello, sarà anche il periodo dell’anno. Ci sono state anche le tappe dure e impegnative, ma in stile normale. Magari c’era una tappa piatta, poi una vallonata e infine una o due di montagna con salite lunghe ma pedalabili».

Le salite alla Vuelta sono delle rampe verticali con pendenze sopra al 10 per cento che fanno male alle gambe
Le salite alla Vuelta sono delle rampe verticali con pendenze sopra al 10 per cento che fanno male alle gambe

Le salite

Alla Vuelta si sa che non ci sono montagne simili alle nostre, le salite sono più brevi ma verticali, quasi dei muri. Questo fa una grande differenza nel metodo di approccio della fatica. 

«Ci sono state scalate brevi – spiega ancora Germani – ma molto molto ripide. Ieri (domenica, ndr) sul Cuitu Negru pensavo di ribaltarmi all’indietro. C’è stato un tratto al 24 per cento. Sembrava una di quelle strade private che usano i pastori per portare al pascolo i greggi, non mi stupirei fosse davvero così. Abbiamo pedalato per diverse volte su tratti lunghi, tipo 5 chilometri, a pendenze del 12 per cento. Al Giro non hai queste cifre, le salite sono più lunghe e dolci ed è un costante sali e scendi. La pendenza media è del 7 per cento, non del 10 o 11».

La prima settimana si è corsa tutta con la temperatura superiore ai 40 gradi (foto Groupama-FDJ)
La prima settimana si è corsa tutta con la temperatura superiore ai 40 gradi (foto Groupama-FDJ)

Corridori diversi

Tutto questo influisce sulla fatica fatta dai corridori e sulle scelte delle squadre, infatti in Spagna è difficile vedere dei velocisti puri. 

«Le squadre – racconta Germani – hanno portato tanti scalatori e passisti scalatori a supporto del leader, come Nico Denz. L’atleta che si avvicina per caratteristiche ai velocisti è Groves, ma definirlo tale è riduttivo. Se dopo una tappa con 3.000 metri di dislivello arrivi davanti e vinci, vuol dire che sei forte anche in salita. Infatti il gruppetto qui va davvero forte, il livello è alto. Al Giro, invece, i velocisti puri c’erano e capitava che si chiamasse gruppetto già dal chilometro zero. Qui no, tutti vogliono rimanere attaccati e provare a resistere. Parlavo con De Gent qualche giorno fa, mentre eravamo nel gruppetto, scherzando mi ha detto che avrebbe fatto meglio a ritirarsi alla fine del 2023, considerando che manca ancora una settimana di gara».

Le differenze tra i leader non sono così marcate, la corsa diventa molto aperta e imprevedibile
Le differenze tra i leader non sono così marcate, la corsa diventa molto aperta e imprevedibile

Fuori i tre tenori

Un altro tema che ha tenuto banco per quanto riguarda la Vuelta è l’assenza di Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel. Questo ha aperto la possibilità a tutti gli altri di potersi giocare la vittoria di una Grande Giro, cosa non da poco visti i tempi in cui viviamo. 

«Ogni giorno è una bagarre – replica Germani – ci sono molti pretendenti alla vittoria di tappa e questo il gruppo lo sa. Le fughe prendono forma di forza e hanno grandi possibilità di arrivare in fondo, sono tutti super agguerriti. Non c’è la squadra forte che va a prendere i fuggitivi tutte le volte, come era la UAE al Giro. I ragazzi della Decathlon AG2R tirano ma non vogliono rientrare sui primi, quindi la fuga anche con 6 o 7 minuti sa che può giocarsi la vittoria. Al Giro non eri sicuro di arrivare al traguardo nemmeno con 10 minuti.

«I distacchi in classifica generale sono contenuti – conclude – a testimonianza che c’è un corridore più forte, Roglic, ma che non domina in lungo e in largo. Roglic, Mas, Carapaz e Landa sono racchiusi in due minuti. Al Giro Pogacar aveva questo vantaggio alla fine della prima settimana».

Madouas non ha rimpianti, quell’argento è storia…

22.08.2024
5 min
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Se la vittoria di Evenepoel a Parigi 2024 poteva anche essere messa in preventivo, considerando le caratteristiche del tracciato, la straordinaria prestazione di Valentin Madouas è stata una vera sorpresa decisamente lieta per i padroni di casa. Uno di quegli argenti dolci a differenza di tanti altri, in un’Olimpiade fortunata come numero di medaglie, ma meno ricca di oro di quanto ci si potesse attendere. Tanto è vero che il quinto posto nel medagliere ha lasciato ai francesi l’amaro in bocca.

Il francese a ruota di Evenepoel. In salita il belga farà la differenza, ma l’argento non sfuggirà
Il francese a ruota di Evenepoel. In salita il belga farà la differenza, ma l’argento non sfuggirà

Madouas non può davvero rimproverarsi nulla, ha tenuto l’attacco del più accreditato rivale e poi, quando sulla salita finale di Montmartre l’ha visto andar via, nulla ha potuto, ma è stato capace di tenere lontani gli avversari. Ora però il portacolori della Groupama guarda già oltre.

«Sono davvero molto contento della mia prestazione – dice – ma è vero che ci sono gare importanti in arrivo e non posso negarlo. Anche se ovviamente ho cercato di assorbire il più possibile tutte le energie della gente, il loro entusiasmo destato da questo argento».

Madouas al Tour du Limousin ha potuto tastare con mano l’affetto dei tifosi
Madouas al Tour du Limousin ha potuto tastare con mano l’affetto dei tifosi
Come giudichi nel complesso tutta l’Olimpiade vissuta in casa?

Qualcosa di magico, siamo usciti da due settimane di festa, con un’ottima organizzazione. Quando i Giochi sono finiti era palpabile nell’aria un sentimento misto di malinconia e di stordimento, quando torni a casa ti sembra strano. Riprendi la solita vita e ti sembra quasi inconsueto ciò che prima era normale. Ogni cosa d’altronde ha una fine. E’ anche per questo che sono andato subito al Tour du Limousin. Si trattava di mettere un punto e ripartire, andare avanti, ricominciare sì da quella performance che è stata bellissima, ma non dimenticando che c’è tanto altro.

Come hai festeggiato?

Abbiamo trascorso una settimana incredibile, lì e anche qualche altro giorno dopo. E’ tutto questo ambiente che rende il tempo il migliore che ho potuto trascorrere in bicicletta. Abbiamo festeggiato fino all’una di notte con gli altri ragazzi che quel giorno avevano vinto medaglie, c’era un entusiasmo enorme. Poi abbiamo continuato con i miei amici che erano presenti al Club France (il corrispettivo di Casa Italia, ndr). Siamo usciti a bere qualcosa insieme. Ma quell’entusiasmo è andato avanti il giorno dopo e quello dopo ancora. Per questo dopo la fine dei Giochi avevo bisogno di normalità.

La grande festa dei francesi, con Madouas (di spalle), Laporte e Alaphilippe
La grande festa dei francesi, con Madouas (di spalle), Laporte e Alaphilippe
In televisione si è vista la paura di Evenepoel non sapendo il suo vantaggio quando ha forato: voi come avete vissuto l’inseguimento, avevate notizie sul distacco dal belga e il vantaggio sugli inseguitori?

No, non sapevo nulla. Del fatto che ha avuto problemi meccanici sono venuto a conoscenza dopo l’arrivo. Non avrebbe fatto molta differenza per me se lo avessi saputo perché ero concentrato sulla mia gara. Era già abbastanza davanti a me, non sarebbe cambiato nulla e penso che avrei ottenuto lo stesso risultato. Il fatto di non avere le radio e quindi non sapere cosa succede davanti e dietro è una sorta di vantaggio e allo stesso tempo uno svantaggio. E’ solo un modo di correre diverso, ma poi quel che conta davvero è il rendimento che hai, le tue gambe. I valori vengono comunque fuori.

Che cosa significa per il ciclismo francese avere ben due medagliati nella prova olimpica?

Tantissimo, se si pensa che erano oltre 70 anni che la Francia non portava a casa una medaglia su strada, dall’oro di Beyaert a Londra 1948. E’ stato qualcosa di molto grande per il ciclismo francese, ne sono arrivate addirittura due. E ne sentiremo parlare qualche anno dopo la nostra carriera, sia per me che per Laporte.

Il 28enne di Brest è una colonna della Groupama che gli ha permesso di crescere con calma
Il 28enne di Brest è una colonna della Groupama che gli ha permesso di crescere con calma
Dal 2017 sei alla Groupama: quanto è importante per il ciclismo francese avere team nel WorldTour che hanno anche settori giovanili di alto livello?

Per noi è fondamentale perché attraverso la grande vetrina che è il Tour de France si muove tutto il ciclismo nostrano e avere gruppi come il nostro che agiscono al massimo livello è essenziale per il movimento. E’ vero che gli sponsor francesi vogliono alzare il loro livello e vincere le grandi gare, per le ripercussioni che possono avere, basti pensare a quel che significherebbe un francese vincitore della Grande Boucle. Per questo si investe tanto sulle squadre giovanili.

E’ un vantaggio?

Permette loro di allenarsi e raggiungere un livello molto alto il più rapidamente possibile. Le squadre straniere sicuramente hanno più soldi e più budget di noi, quindi dobbiamo riuscire a trovare qualcosa di diverso per poter attrarre i giovani. Il fatto di avere dei settori giovanili forti come il nostro ci permette di avere un piccolo vantaggio sulle grandi squadre.

Lo scorso anno Madouas aveva vinto il titolo francese. Ormai oltralpe è un riferimento assoluto
Lo scorso anno Madouas aveva vinto il titolo francese. Ormai oltralpe è un riferimento assoluto
Ora che sono passati giorni, per un ciclista professionista l’Olimpiade è qualcosa di speciale o vale quanto un mondiale o una classica monumento?

Difficile dirlo, è però vero che è qualcosa di profondamente diverso. Negli ultimi anni abbiamo visto che i Giochi Olimpici hanno un posto sempre più importante. Prima c’erano grandi campioni che correvano questa corsa quasi con fastidio. Ora i corridori vogliono vincerla. Non è una Monumento, non è un campionato del mondo perché lì hai la possibilità ogni anno. E’ una gara che si svolge ogni 4 anni e che è davvero a sé stante.

Il mondiale di Zurigo può essere adatto a te?

Beh, lo spero. E’ un percorso che mi piace. Può essere un obiettivo. Guarderò al più presto le strade, ma in ogni caso dipenderà molto da come ci arriverò, da quante energie avrò a disposizione perché sono tracciati che non perdonano. Somiglia un po’ al GP di Montreal dove sono stato quarto lo scorso anno e ricordo bene la fatica fatta… Potrebbe essere un grande obiettivo per la fine della stagione? Io dico di sì…

Finisher Evo: la perfezione al servizio degli atleti della Groupama

19.07.2024
4 min
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Julbo, azienda francese produttrice di caschi e occhiali per il ciclismo, ha deciso di celebrare il suo secondo anno in compagnia del team WorldTour Groupama-FDJ. Come? Semplice, con un nuovo modello di casco dedicato alla strada. Non un prodotto qualsiasi, però, e questo lo si capisce anche dalla vetrina scelta per presentarlo: il Tour de France. Il modello si chiama Finisher Evo e rappresenta l’avanguardia per i caschi da ciclismo. Creato da zero, e per questo senza limiti, è nato così un prodotto aerodinamico, ventilato e innovativo. Tante sono le funzionalità esclusive che rendono il Finisher Evo un vero e proprio marchio di fabbrica di Julbo.

Questo il casco Finisher Evo, realizzato in collaborazione con gli atleti della Groupama-FDJ
Questo il casco Finisher Evo, realizzato in collaborazione con gli atleti della Groupama-FDJ

Numeri da capogiro

Un casco nato dopo una serie infinita di test e di ore di lavoro. Da Julbo fanno sapere che le ore passate in galleria del vento per migliorarne le performance sono state addirittura 30. Mentre le ore di test sul campo sono state più del doppio: 70 e sono stati chiamati a dare il loro parere tutti i corridori del team Groupama-FDJ.

Le due realtà hanno lavorato in stretta sinergia, vista anche la vicinanza delle loro sedi operative: nemmeno tre ore di macchina! Finisher Evo è un casco totalmente Made in France e presentato nella corsa simbolo per il Paese: il Tour de France, in corso proprio in questi giorni.

Il casco

Uno degli obiettivi principali per Julbo era garantire ai corridori una calzata pressoché perfetta. Questo viste anche le tante ore passate in sella dai ragazzi del team, e non solo in gara. Sono stati evidenziati, negli studi sulla forma della calotta, tre diverse tipologie di testa. Dati che hanno portato alla nascita della calzata che possiamo oggi ammirare. Anche le taglie sono importanti, ai fini del comfort, e il Finisher Evo ne offre tante, in più offre una tenuta circolare a 360 gradi con una regolazione verticale importante. Ogni ciclista può trovare, in questo modo, la miglior vestibilità possibile.

Nelle gare di ciclismo, così come nelle uscite di tutti i giorni, non deve mancare la sicurezza. Julbo ha integrato nel casco il sistema Roll Cage, per una struttura più compatta e leggera. Questo consente di avere nella calotta ampie aperture per la ventilazione, migliorandola notevolmente.

Prestazioni al top

Per un team WorldTour le prestazioni sono fondamentali. Julbo e i suoi tecnici hanno sviluppato, grazie al contributo del software CFD (Computational Fluid Dynamics) delle linee che ottimizzano il flusso d’aria. Sia nella parte anteriore che in quella posteriore. Le turbolenze, sinonimo di calo di prestazione per un ciclista, sono così ridotte al minimo.

Una novità particolarmente interessante è la calotta rimovibile SpeedShell. Risultato di diverse ricerche che hanno portato Julbo ad offrire una soluzione facile e intuitiva che migliora le prestazioni aerodinamiche qualora ce ne fosse bisogno, come nelle tappe veloci. I corridori hanno in mano un solo prodotto, dotato però di un accessorio funzionale e maneggevole da applicare sulla calotta.

Julbo