I destini incrociati di De Lie e Gaudu. Due storie su cui riflettere

29.06.2025
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Potrà sembrare strano, ma le strade di Arnaud De Lie e David Gaudu in qualche modo s’intrecciano, si somigliano, pur restando distanti. Uno è un velocista belga, l’altro uno scalatore francese. Entrambi hanno talento, e lo hanno dimostrato, ma allo stesso tempo portano con sé fragilità importanti.

Ma senza divagare: perché i destini di De Lie e Gaudu s’incrociano? Il primo sta uscendo da un periodo nero e la sua squadra, la Lotto, lo ha annunciato al Tour de France. L’altro, invece, resta fuori. Viene dunque da chiedersi: il talento basta?

Dopo essersi rimesso in sesto De Lie ha lavorato sodo allo Svizzera. Qualche giorno oprima era stato 3° alla Brussels Classic
Dopo essersi rimesso in sesto De Lie ha lavorato sodo allo Svizzera. Qualche giorno oprima era stato 3° alla Brussels Classic

La situazione del belga

De Lie non ha avuto una grande primavera (ed è già la seconda, dopo i problemi fisici dell’anno scorso). Il belga, per sua stessa ammissione, ha avuto difficoltà mentali. Si è caricato di troppa pressione e questo a cascata lo ha portato completamente fuori forma. La Lotto lo ha quindi fermato del tutto, lo mise proprio fuori squadra, e resettato ancora una volta.

«Il mio stato d’animo – ha detto De Lie qualche giorno fa – è completamente diverso ora. Dopo la Gand-Wevelgem giravo a vuoto. Ero in un circolo vizioso, ma ora va molto meglio. La cosa più difficile, la prima per risollevarmi, è stata accettare quei momenti. Ora cerco di trarre il positivo da quelle fasi negative. E’ su questo che mi concentro, lo scatto deve venire da sé stessi. Gli altri possono incoraggiarti, ma se sei convinto che non funzionerà, allora non funzionerà mai».

De Lie ha parlato dei suoi prossimi obiettivi: le volate e le tappe ondulate del Tour: «I miei obiettivi non devono essere per forza incentrati sui risultati. Devo essere soddisfatto e orgoglioso. Ero sempre arrabbiato per i miei piazzamenti all’inizio della stagione, ma quell’atteggiamento non mi ha aiutato. A un certo punto ho pensato: per chi sto pedalando? La gente ha delle aspettative, ma io lo facevo quasi per gli altri, non per me stesso. Se do il massimo nella cronometro in salita in Svizzera, per dire, allora potrò essere orgoglioso di me stesso. E questo mi dà molta più soddisfazione.

Gaudu ha concluso un Giro d’Italia nel quale è stato quasi invisibile. Era al di sotto del suo talento
Gaudu ha concluso un Giro d’Italia nel quale è stato quasi invisibile. Era al di sotto del suo talento

E quella del francese

«Dato il mio livello attuale, sono stato trasparente con la squadra. Conoscono i miei dati, quindi abbiamo deciso insieme di saltare il Tour quest’anno», ha detto senza troppi giri di parole David Gaudu, scalatore della Groupama-FDJ e grande speranza del ciclismo d’Oltralpe.

E dire che l’inizio di stagione del bretone non era stato affatto male. Aveva vinto una tappa e chiuso terzo al Tour of Oman.

«Da allora – ha raccontato il team manager della FDJ, Marc Madiot, che si trova a rivivere qualcosa di molto simile che gli accadde con Pinot – è stato costantemente in difficoltà: cadute, spirali negative. Abbiamo cercato di recuperarlo gradualmente portandolo anche al Giro d’Italia, ma è ricaduto.

E a proposito di Giro, anche noi abbiamo una testimonianza diretta. In più di una partenza e arrivo lo abbiamo visto quasi “non presente”. In particolare il giorno della crono di Pisa. Eravamo dietro l’arrivo in attesa di Pellizzari per un’intervista concordata. Gaudu era partito un paio di corridori prima. Quando è arrivato, era stanco ma non sfinto, come chi dovrebbe fare una cronometro a tutta, ma magari non erano queste le direttive. Il massaggiatore gli ha chiesto più volte se volesse l’acqua o il recupero, quelle bevande viola ormai familiari, e lui non ha risposto. Continuava solo a legarsi i capelli, ora lunghi, con l’elastico. Alla fine, lo stesso massaggiatore gli ha messo l’asciugamano sul collo e gli ha indicato la via per il bus.

Una scena che potrebbe anche non significare nulla, ma col senno di poi il linguaggio del corpo era eloquente.

Per il Tour bisogna essere al 100 per 100 – ha concluso Madiot – piuttosto che inseguire il tempo, stiamo facendo un reset. L’obiettivo è riportarlo al suo livello migliore per la Vuelta e per il finale di stagione, fino alla Cina.

La mente degli atleti può essere forte nei momenti di sforzo, ma anche fragilissima al di fuori della stretta attività. Lì possono sorgere problemi che fanno crollare il castello
La mente degli atleti può essere forte nei momenti di sforzo, ma anche fragilissima al di fuori della stretta attività. Lì possono sorgere problemi che fanno crollare il castello

Talento sì, ma di cristallo

Per certi aspetti i due ricordano i classe 1990 di cui tanto si è parlato: forti, estri puri, ma in tanti, chi per un motivo e chi per un altro, si sono persi strada facendo. Solo Romain Bardet e Mattia Cattaneo, che comunque hanno avuto i loro momenti tempestosi, sono rimasti in pista a lungo. Mattia ancora va avanti…

«I miei obiettivi non devono essere per forza incentrati sui risultati», anche questa frase di De Lie fa riflettere. E’ un capitano, un leader e sentirlo parlare così magari non è il massimo per gregari o sponsor. Tuttavia è un pensiero che va rispettato, almeno in questo momento di “convalescenza”.

E ancora. Circolo vizioso, spirale negativa, ricaduta… sono termini che fanno riflettere. Tante volte si pensa che la vita del corridore sia semplice: basta allenarsi, mangiare bene e riposarsi, e automaticamente si vada forte. Ma non è così. Ci sono equilibri ben più sottili.

E forse lo sono ancora di più quando c’è il talento e si ha la consapevolezza di poterlo (e di doverlo) dimostrare.

FLR: un Giro da protagonista “ai piedi” di Vine e Paleni

16.06.2025
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Nello specifico panorama delle calzature tecniche per il ciclismo, il nome FLR è sinonimo di innovazione, tecnologia e performance. L’azienda, con sede internazionale e una lunga esperienza nello sviluppo di calzature sportive, ha difatti nel tempo saputo costruire la propria reputazione attraverso un approccio ingegneristico orientato alla qualità e al miglioramento continuo.

Specializzata nella produzione di scarpe per diverse discipline – dalla corsa al calcio, dal canottaggio fino appunto alle due ruote – FLR ha saputo trasferire competenze trasversali al mondo del ciclismo su strada. Il risultato? La proposta commerciale di una gamma completa di scarpe da ciclismo ad alte prestazioni, progettate per offrire efficienza, comfort e durata.

La tomaia della FLR F-9 è costruita in microfibra leggera seamless
La tomaia della FLR F-9 è costruita in microfibra leggera seamless

Ingegneria della performance

Quello che distingue FLR nel competitivo mercato delle scarpe da ciclismo è il controllo totale sul processo produttivo. Dalla progettazione delle suole in carbonio alla realizzazione di solette ergonomiche, passando per la produzione di fibbie, forme, stampi e fustelle, tutto è sviluppato internamente. Questo approccio diretto consente di ottimizzare ogni singolo componente per garantire un’esperienza di calzata davvero superiore, sia per i ciclisti amatoriali quanto per i professionisti del World Tour.

Non a caso, la collaborazione di FLR con atleti di alto livello è un elemento chiave del successo del brand. Il marchio lavora difatti fianco a fianco con corridori professionisti per raccogliere feedback concreti su materiali, fit, resistenza e trasmissione della potenza. Questo scambio costante alimenta l’innovazione e rende ogni prodotto un’evoluzione naturale delle esigenze reali del ciclista moderno.

La suola R5000 è realizzata interamente in fibra di carbonio a garantisce un trasferimento di potenza elevato
La suola R5000 è realizzata interamente in fibra di carbonio a garantisce un trasferimento di potenza elevato

F-9: la prima scelta dei professionisti

All’interno della collezione FLR, il modello F-9 rappresenta la punta di diamante tra le scarpe da ciclismo da strada di livello alto. Scelta da numerosi ciclisti professionisti, la F-9 è stata recentemente utilizzata dall’australiano Jay Vine (UAE Team Emirates XRG) e e dal francese Enzo Paleni (Groupama-FDJ) durante il Giro d’Italia 2025, a conferma del suo posizionamento top di gamma nel circuito World Tour.

Il cuore tecnologico della F-9 è la suola R500 interamente in fibra di carbonio, sviluppata per massimizzare il trasferimento di potenza durante la pedalata. Con un indice di rigidità pari a 14, una delle misurazioni più elevate del settore, questa suola garantisce difatti la massima efficienza energetica, riducendo le dispersioni di forza e migliorando il rendimento sui pedali.

Non manca l’attenzione al comfort e alla ventilazione: la suola integra difatti una presa d’aria frontale di grandi dimensioni per aumentare il flusso d’aria e mantenere il piede fresco anche nelle condizioni più calde. Il battistrada antiscivolo consente una camminata sicura, mentre la foratura standard a tre fori, e la scala laterale per l’allineamento delle tacchette, offrono la massima compatibilità con i principali sistemi di aggancio.

La tomaia della FLR F-9 è costruita in microfibra leggera seamless per eliminare i punti di pressione e garantire un fit aderente ma confortevole. Il materiale avvolge il piede come una seconda pelle, mentre gli inserti traspiranti distribuiti tra la punta e i pannelli laterali favoriscono una ventilazione costante su tutta la superficie del piede. Per quanto riguarda la chiusura, FLR ha scelto un sistema a doppio rotore Atop per così consentire una regolazione indipendente di due zone fondamentali:arco plantare/avampiede, e tallone/caviglia.

Pensata per chi punta al massimo, la F-9 di FLR si distingue anche per l’approccio aerodinamico e l’ergonomia avanzata. Il design slanciato, la calzata anatomica e la suola rigida la rendono ideale per ciclisti che vogliono affrontare competizioni ad alta intensità o allenamenti quotidiani senza compromessi.

La chiusura delle FLR è affidata a due rotori Atop
La chiusura delle FLR è affidata a due rotori Atop

FLR Shoes

PuntoRosso: il nuovo volto del negozio di biciclette secondo Wilier

10.06.2025
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Nel cuore pulsante della tradizione ciclistica italiana, Wilier Triestina ha ridefinito il concetto stesso di negozio di biciclette attraverso la creazione di PuntoRosso, una rete di hub specializzati dedicati a tutti gli appassionati delle due ruote. Da Rossano Veneto fino a Vicenza, Piacenza e Alessandria, questi spazi rappresentano molto più di un semplice punto vendita: sono veri e propri “experience center”, dove la passione per il ciclismo incontra la tecnologia, l’assistenza personalizzata e il design.

Ogni singolo PuntoRosso è pensato per offrire un’esperienza immersiva nel mondo Wilier Triestina. Con oltre 40 modelli esposti in ciascuna sede, gli appassionati possono letteralmente toccare con mano l’eccellenza del marchio italiano e scoprire l’ampia gamma di biciclette road, gravel, mtb e pedalata assistita. Le collezioni includono anche le top di gamma come la Urta MAX SLR – Team Edition, la Supersonica SLR progettata con Stefan Küng per le cronometro, e la Filante SLR, frutto della collaborazione con il team Groupama FDJ.

Ma ciò che rende davvero speciale ogni PuntoRosso è la cura per il dettaglio. Le sedi, dal design moderno con pareti antracite e illuminazione mirata, sono arredate per accogliere i clienti in un ambiente elegante e funzionale. I visitatori possono accomodarsi nei salottini per un caffè, sfogliare riviste di settore o dialogare con meccanici specializzati, creando così una vera community ciclistica.

Nei vari PuntoRosso di Wilier sono vengono esposti una gran serie dei modelli del marchio triestino
Nei vari PuntoRosso di Wilier sono vengono esposti una gran serie dei modelli del marchio triestino

Una rete al servizio del ciclista

Negli ultimi mesi, la rete PuntoRosso si è ampliata con due nuove aperture a Vicenza e Villafranca Padovana, portando a sette il numero totale dei concept store attivi. Presenti anche a Farra di Soligo, Cerea, Marostica, Piacenza e Alessandria, queste sedi rappresentano un presidio fisico fondamentale per il brand, offrendo servizi su misura e consulenze tecniche d’eccellenza. Ogni PuntoRosso ospita un’officina certificata Wilier Triestina, con tecnici formati direttamente dall’azienda. Il cliente trova qui non solo la bici dei propri sogni, ma anche supporto post-vendita, assistenza professionale e la possibilità di personalizzare ogni dettaglio del proprio mezzo.

Il progetto PuntoRosso nasce circa dieci anni fa su iniziativa della famiglia Gastaldello, alla guida dell’azienda dal 1969, quando Giovanni Gastaldello rilevò all’asta lo storico marchio fondato nel 1906. Oggi sono i tre fratelli Andrea, Enrico e Michele a condurre l’azienda: rispettivamente presidente del CdA, direttore commerciale e responsabile della produzione. Uniti da una visione comune, puntano a riaffermare il valore dell’esperienza diretta e del contatto umano nel rapporto tra brand e consumatore.

«Con i PuntoRosso – ha dichiarato Andrea Gastaldello – vogliamo riportare l’esperienza fisica, umana e tecnica al centro. Non si tratta solo di vendere biciclette, ma di costruire relazioni, offrire competenza e creare un luogo di incontro per la community ciclistica».

Gli store PuntoRosso sono ideati per offrire un’esperienza totale all’utente
Gli store PuntoRosso sono ideati per offrire un’esperienza totale all’utente

Un format che guarda al futuro

La crescita di PuntoRosso non si ferma ai confini italiani. Wilier ha già avviato l’espansione internazionale con corner dedicati in Germania, Austria, Spagna, Svezia, Svizzera e nei mercati emergenti come Cina e Taiwan. 

Fondata nel 1906, Wilier Triestina è l’ultima grande realtà produttiva italiana rimasta completamente indipendente. Con 28.000 biciclette prodotte ogni anno, e un fatturato che supera gli 80 milioni di euro (inclusi i ricavi delle aziende satellite Miche e Youn Live Bike), il brand è presente in oltre 50 Paesi. L’estero rappresenta l’80% del business, con i mercati europei in crescita costante e un’espansione asiatica in pieno sviluppo.

A supportare i piani di crescita dal 2020 c’è il fondo svizzero-canadese Pamoja Capital, che ha acquisito una quota di minoranza, mantenendo però il controllo saldamente in mani italiane.

Con i PuntoRosso, Wilier Triestina firma una rivoluzione nel mondo retail del ciclismo. Non più semplici negozi, ma veri e propri hub esperienziali che uniscono vendita, consulenza, assistenza e community. Un progetto ambizioso che guarda al futuro, restando fedele alla tradizione artigianale e alla passione che da oltre un secolo contraddistinguono il marchio.

Wilier

Miche: prima volta al Giro d’Italia assieme a un team WorldTour

23.05.2025
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Dalle officine di San Vendemiano alle grandi salite del Giro d’Italia, Miche firma un esordio molto atteso del ciclismo professionistico: l’azienda veneta è entrata ufficialmente nel circuito WorldTour in qualità di partner tecnico del team Groupama-FDJ, portando sulle strade della corsa rosa tutto il “know-how” italiano nella produzione di ruote e componentistica ad alte prestazioni.

Fondata nel cuore della provincia di Treviso, Miche ha difatti siglato un accordo triennale con Groupama-FDJ, storico team francese precedentemente legato a Shimano. Il debutto in occasione del Giro d’Italia avviene dunque in una stagione che segna una svolta strategica nella storia dell’azienda. In un settore dominato da player asiatici sin dagli anni Ottanta, la scelta di un marchio italiano rappresenta un segnale forte di rilancio del Made in Italy nel ciclismo d’elite.

I corridori del team Groupama-FDJ affrontano il Giro con le nuove Kleos RD (Race Division), ruote sviluppate da Miche in galleria del vento per ottimizzare aerodinamica, affidabilità e robustezza. Il set comprende tre profili – 36, 50 e 62 mm – per adattarsi ai diversi scenari di gara, dalle tappe pianeggianti alle grandi montagne.

Il profilo da 50 mm è il più versatile: garantisce equilibrio perfetto tra peso, rigidità e penetrazione aerodinamica, risultando la scelta preferita da molti atleti. Realizzate in fibra di carbonio T700 e T1000, con mozzi in alluminio Ergal e raggi in acciaio, le ruote si distinguono per la scorrevolezza, più che per la leggerezza estrema: la RD 36 pesa 1.380 grammi, la RD 50 si ferma a 1.455 grammi, mentre la RD 62 arriva a 1.560 grammi.

Miche e i suoi prodotti sono al loro primo Giro d’Italia, lo stanno correndo con la Groupama-FDJ
Miche e i suoi prodotti sono al loro primo Giro d’Italia, lo stanno correndo con la Groupama-FDJ

Tecnologie integrate con Wilier

Il team Groupama-FDJ pedala su biciclette Wilier Triestina, altra eccellenza veneta oggi parte dello stesso gruppo industriale di Miche. La collaborazione consente lo sviluppo di soluzioni integrate tra telaio e ruote, con vantaggi tangibili in termini di prestazioni. Nelle tappe in linea, i corridori utilizzeranno la Filante SLR, mentre per le cronometro è prevista la Supersonica SLR con ruote Miche specifiche: Kleos RD SPX3 a tre razze all’anteriore e Kleos RD Crono al posteriore.

Per le tappe di montagna, la squadra sarà dotata della Verticale SLR, bici ultra leggera e rigida, costruita con tre differenti tipi di fibra di carbonio Toray.

Miche ad oggi fa parte del Gruppo Wilier Triestina, che fornisce le bici alla Groupama-FDJ
Miche ad oggi fa parte del Gruppo Wilier Triestina, che fornisce le bici alla Groupama-FDJ

Innovazione 100% italiana

Oggi parte del gruppo Wilier Triestina, Miche è un’azienda moderna e profondamente legata al territorio. Con 42 dipendenti specializzati, e una produzione annuale che include oltre 25.000 coppie di ruote e 50.000 pacchi pignone, ogni fase – dalla progettazione al collaudo – si svolge nella sede unica di San Vendemiano (in Provincia di Treviso), dove tecnologie avanzate e robotica convivono con la passione artigianale.

Il 95% del fatturato Miche proviene dall’estero, con il 71% dedicato al settore strada, l’8% al Gravel, l’8% alla E-Bike, il 6% alla Mtb e il restante alla pista.

Il debutto al Giro d’Italia nel WorldTour rappresenta per Miche non solo una sfida tecnica, ma un’opportunità strategica per consolidare il proprio brand a livello globale. Il Giro d’Italia è la prima grande corsa a tappe di un percorso ambizioso che vede il Made in Italy protagonista sui tracciati più duri del ciclismo mondiale.

Miche

Niente altura: solo strada, sauna e rulli. Germani racconta

22.05.2025
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CASTEL DI SANGRO – Lorenzo Germani si è preparato per il Giro d’Italia pedalando, andando in sauna e facendo i rulli in bagno, con l’acqua calda che scorreva. Ha fatto ricorso all’Heat Training: l’allenamento al caldo. Non è una pratica nuova. Abbiamo raccontato di Alberto Dainese che lo seguì preparando la Vuelta di quattro anni fa, ne avevamo già esplorato i concetti con Giacomo Notari, mentre la EF Education-Easy Post gli ha dedicato un interessante approfondimento sul proprio sito. Diversi atleti lo hanno eletto a metodo sostitutivo per l’altura: perché la quota non dà loro gli esiti sperati o perché allergici ai ritiri interminabili sul Teide, a Sierra Nevada, sull’Etna o Livigno.

L’obiettivo è tirare fuori il meglio dal proprio fisico e farlo in modo lecito. Dall’allenamento all’alimentazione. Di qualsiasi acrobazia vi capiti di leggere in questo senso, prendetela con un sorriso e la consapevolezza che una volta certi risultati si conseguivano col doping. Lo studio di metodologie lecite, ancorché insolite, testimonia di un ciclismo sano, curioso e proiettato verso la ricerca.

Così se ci sono atleti che trascorrono interminabili periodi in altura e altri che preferiscono hotel con camere ipobariche al livello del mare o tende ipossiche in casa, c’è anche chi punta ad aumentare il volume del plasma e ottenere adattamenti fisiologici favorevoli, ricorrendo al calore. Come appunto Germani, corridore di 23 anni della Groupama-FDJ, che al Giro d’Italia sta svolgendo un lavoro oscuro, ma potente e prezioso per la squadra (in apertura con David Gaudu). E forse, ora che il francese è uscito dalla classifica, avrà più spazio per sé. Intanto però gli abbiamo chiesto di raccontare la sua esperienza.

Germani, 23 anni, è alto 1,79 per 62 kg ed è professionista dal 2023. Il suo agente è Manuel Quinziato, con lui nella foto
Germani, 23 anni, è alto 1,79 per 62 kg ed è professionista dal 2023. Il suo agente è Manuel Quinziato, con lui nella foto
Perché puntare sull’adattamento al caldo? E’ stata un’idea tua oppure della squadra?

Avevo sentito di altri che lo facevano. Ho approfondito la questione e ho voluto provarla. Mi sono reso conto di avere notevoli benefici rispetto all’altura, che in realtà non mi ha mai dato grossi vantaggi. Così ne ho parlato con la squadra e già l’anno scorso per la Vuelta avevamo messo in pratica dei protocolli analoghi. Anche loro si sono trovati ad approfondire il tema e ci hanno fatto dei piani di allenamento mirati.

A cosa serve e quali sono i benefici di cui parli?

Ti alleni affinché nel giorno della gara la temperatura corporea risulti più bassa a parità di intensità dello sforzo. Si crea uno stato di beneficio generale. In più si perdono meno elettroliti quando si suda. Infine aumenta il volume del plasma, una cosa che normalmente si insegue nelle preparazioni in altura.

Come funziona?

L’ho suddiviso fra sauna e allenamento sui rulli. Preparando il Giro, l’ho fatto per tre settimane, un paio di volte a settimana. Uscivo in bici e dopo l’allenamento mi cambiavo e andavo diretto nella sauna. Ci stavo per mezz’ora a 80, 90 gradi. Poi uscivo e lasciavo che la temperatura rimanesse alta. Non mi gettavo acqua fredda sulle gambe come fanno alcuni, devi lasciare che il corpo impari da sé ad abbassare la temperatura. In alternativa facevo i rulli.

Diverse squadre praticano Heat Training. La EF lo documenta molto bene nel suo sito (foto Ef Pro Cycling)
Diverse squadre praticano Heat Training. La EF lo documenta molto bene nel suo sito (foto Ef Pro Cycling)
Sempre dopo l’allenamento?

Esatto. Rientravo, mettevo la bici sui rulli in bagno e aprivo l’acqua calda. Mi vestivo come un eschimese e mi mettevo a pedalare. Nella prima parte cerchi di spingere un po’ di più per far salire subito il cuore e poi guardi soltanto i battiti. Diciamo che in questo caso tra watt e cuore è inversamente proporzionale.

Perché vestirsi pesante? E basta aprire l’acqua calda oppure si usano stufette?

Basta l’acqua calda, che produce calore e umidità. Perché coprirsi tanto? Più ti vesti e meno devi spingere, perché la temperatura sale facilmente. L’importante è coprire bene le estremità del corpo, come le mani o la testa, perché ci sono più capillari e terminali nervosi.

Durante questa fase si può bere?

No, vietato. Bevevo prima e dopo, ma non durante, per ottenere il massimo vantaggio. Stessa cosa quando finivo, lasciavo che la temperatura rimanesse più alta possibile e il più a lungo possibile. La doccia ad esempio la facevo calda.

Quanto dura la seduta di rulli, mezz’ora come la sauna?

Un po’ di più, fra i tre quarti d’ora e l’ora.

In fuga verso Valona con Mark Donovan. Il Giro di Germani cambia faccia ora che Gaudu è uscito di classifica?
In fuga verso Valona con Mark Donovan. Il Giro di Germani cambia faccia ora che Gaudu è uscito di classifica?
Quale delle due modalità è più redditizia?

In teoria dovrebbe essere lo stesso. Io preferivo la sauna, perché magari quell’oretta dedicata ai rulli avrei dovuto sottrarla al tempo per fare i lavori in bicicletta. Facendolo in attivo, quindi pedalando sui rulli, si crea ancora più fatica. Mentre in passivo, quindi in sauna, dovresti avere benefici, senza creare ulteriore stress al fisico.

Si hanno benefici progressivamente oppure alla fine delle tre settimane ti accorgi che qualcosa è cambiato in meglio?

Qualche cambiamento lo percepisci subito nell’adattamento al calore. Io ad esempio ho sempre sofferto la sauna, per cui inizialmente dopo un quarto d’ora dovevo uscire, prendermi un attimo di recupero e poi rientrare. Le ultime volte invece facevo 30 minuti filati. Stessa cosa con i rulli. La prima volta avevo tot battiti a tot watt, alla fine avevo gli stessi watt ma con meno battiti. I parametri sono questi.

Perché ricorrere a questi sistemi e non andare in altura?

L’ho fatta negli ultimi due anni e non ho visto grossi vantaggi e quindi ho preferito allenarmi di più, anche perché quando si va in quota ci si allena sempre un filo di meno.

Dallo scorso inverno, Germani convive con la compagna Martina, futuro avvocato (immagine Instagram)
Dallo scorso inverno, Germani convive con la compagna Martina, futuro avvocato (immagine Instagram)
Visto che sei andato da poco a vivere con la tua compagna, lei come ha preso i rulli e la temperatura tropicale nel bagno?

Ecco questa potrebbe essere la nota dolente (ride, ndr). Una volta aveva bisogno del bagno, ma ha dovuto aspettare che finissi e non era molto contenta. Invece un giorno avevo bisogno io di aiuto, ero disperato. Mi mancavano 20 minuti, ero proprio al limite della mia vita. E le ho chiesto di venire a darmi supporto morale e lei mi ha risposto che stava studiando e non poteva muoversi.

E tu?

Quando poi ci siamo ritrovati a tavola, le ho detto che ci ero rimasto male e che mi sarebbe bastata la sua compagnia. E lei ridendo ha detto di aver pensato che la volessi in bagno solo per scaldarlo ancora un po’, perché con un corpo in più la stanza sarebbe stata più calda…

Il Giro di David Gaudu, partendo a fari spenti

09.05.2025
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Sono 18 anni che un francese non vince una corsa a tappe professionistica appartenente al WorldTour, l’ultimo fu Christophe Moreau nel 2007 al Delfinato. Se poi andiamo a guardare un grande giro, l’astinenza dura da trent’anni, con Laurent Jalabert alla Vuelta 1995. Al Giro addirittura bisogna risalire al 1989 e al compianto Laurent Fignon. A tutto questo spera di mettere fine David Gaudu, al via del Giro d’Italia, ma le premesse non sono certamente delle migliori.

A inizio stagione il leader della Groupama-FDJ era abbastanza fiducioso delle sue possibilità nella corsa rosa: «Mi hanno sempre parlato bene del Giro – aveva detto a Eurosport – quando sei leader di una squadra francese, tutti ti aspettano al Tour. Pinot e Bardet si sono costruiti una fama alla Grande Boucle prima di provare il Giro, io faccio un po’ la stessa cosa e non vedo l’ora di provarci».

Gaudu è partito al Romandia dopo l’operazione alla mano e 7 settimane lontano dalle gare (foto Gachet-DirectVelo)
Gaudu è partito al Romandia dopo l’operazione alla mano e 7 settimane lontano dalle gare(foto Gachet-DirectVelo)

Un inizio stagione dranmatico

Quello era a inizio stagione, ma poi le cose non sono andate molto bene: caduta a inizio stagione a causa di un cane randagio che gli ha attraversato la strada. Neanche il tempo di rimettersi in sesto ed altra caduta alla Strade Bianche, poi la peggiore, alla Tirreno-Adriatico che l’ha costretto a un’operazione alla mano e a sette settimane di stop. E’ chiaro che la condizione non può essere quella sperata, anche se David vuole provarci, anche per rispondere con i fatti a chi lo critica ritenendolo un’altra delle tante promesse francesi non mantenute.

Gaudu arriva al Giro dopo aver fatto le prove generali al Romandia. Corso senza grandi test precedenti, ripartendo di fatto da zero. DirectVelo lo ha seguito passo passo, per verificare la sua crescita fisica ma anche morale sempre con la corsa rosa sullo sfondo. Perché diciamoci la verità: non capita spesso che una grande corsa a tappe arrivi senza uno dei “tre tenori” al via, Pogacar, Vingegaard, Evenepoel, che già schiacciano tutti gli altri sul piano dell’attenzione mediatica e che poi impongono la loro legge in corsa. Al Giro i pretendenti alla vittoria sono parecchi, e il transalpino vorrebbe essere tra loro.

Una delle tante cadute che il transalpino ha subìto quest’anno. Alla Tirreno la più dolorosa
Una delle tante cadute che il transalpino ha subìto quest’anno. Alla Tirreno la più dolorosa

La difficoltà delle prime uscite

Gli inizi in Svizzera non erano stati semplici, perché il ventottenne di Landivisiau sapeva di non avere il serbatoio pieno, anzi: «E’ la corsa ideale per preparare il Giro – aveva detto – ma devo affrontarla senza prendere rischi, pensando solo ad accumulare chilometri, fatica e condizione. Devo ritrovare il ritmo gara, vedere come rispondono le gambe, il risultato non conta».

Le prime frazioni lo hanno visto correre sempre nelle retrovie: «Il livello è sempre più alto, si evolve ogni anno e se non sei più che pronto, paghi le conseguenze. Io avevo anche iniziato bene la stagione, al Tour of Oman avevo vinto una tappa, chiuso sul podio nella generale, c’erano tutte le avvisaglie per una buona primavera, ma mi accorgo, correndo ora in una prova WorldTour, che rispetto ad allora avrei dovuto andare molto più forte, per ottenere qualcosa».

Per il corridore della Groupama Fdj le prime tappe al Romandia sono state molto difficili
Per il corridore della Groupama Fdj le prime tappe al Romandia sono state molto difficili

Il cammino verso la rinascita

Ottantacinquesimo nella prima tappa, poi sempre intorno alla quarantesima posizione, ogni tappa finiva con lo sguardo di compagni e dirigenti con quell’aria interrogativa: «Non posso recuperare il tempo perduto, parto da una base molto più bassa di tutti gli altri. Posso solo sperare di crescere verso la partenza albanese».

Intanto Gaudu ripercorreva il cammino svolto dal punto più basso: «Dopo l’operazione sono stati 6 giorni senza pedalare e poi due settimane sui rulli. Sono uscito su strada per una settimana per accumulare ore poco per volta, poi ho cominciato a fare sul serio e quella è stata la parte che mi è piaciuta di più, una settimana a casa e una a Tenerife ma senza andare in altura. Un’altra settimana a casa e poi valigie pronte per il Romandia. E’ impossibile pensare che ciò possa bastare…».

Gaudu aveva iniziato bene la stagione, vincendo una tappa in Oman e finendo 3° in classifica
Gaudu aveva iniziato bene la stagione, vincendo una tappa in Oman e finendo 3° in classifica

In salita si è rivisto a sprazzi il vero Gaudu

Una situazione non semplice da gestire, anche psicologicamente: «La condizione non è la peggiore, vedo ogni giorno qualche miglioramento, ma non posso pensare di essere al livello degli altri. Ho solo la consapevolezza di aver fatto tutto quello che potevo, poi sarà la strada a dire se sarà stato sufficiente».

Poi è arrivato il giorno più importante, la prova del nove con il tappone di Thyon 2000 e a fine frazione Gaudu, finito 32° a 6’26” dal vincitore Lenny Martinez era felice quasi quanto lui: «Mi sento rassicurato perché sono andato meglio di quanto pensavo. Ho iniziato con sensazioni non buone, ho corso in difesa nelle prime tre tappe, ma qui ho ritrovato il piacere di pedalare e lottare, senza mai andare in difficoltà e non era scontato».

La conometro finale del Romandia. David ha pensato soprattutto a curare la posizione pensando al Giro
La conometro finale del Romandia. David ha pensato soprattutto a curare la posizione pensando al Giro

A cronometro, prove tecniche di Giro

Poi la cronometro finale, interpretata senza guardare il cronometro: «Non era assolutamente importante, guardavo altre cose, le sensazioni dopo un giorno faticoso, pensando soprattutto a curare la posizione in bici. Alla fine ho chiuso 30° in classifica e posso assicurarvi che per come stavo all’inizio, per quel che ho passato nelle settimane precedenti, non era assolutamente scontato».

Ciò però era il passato, ora il momento del via albanese è alle porte: «Devo guardare le cose obiettivamente: non riesco a reggere gli scatti, vado in difficoltà. Io confido nella struttura del Giro dove la prima settimana è abbastanza tranquilla, ci sono solo due tappe difficili dove dovrò limitare i danni, poi faremo il punto. Il Giro è davvero speciale quest’anno e io spero molto nel giorno di riposo dopo la tre giorni albanese per recuperare».

Il francese conta di superare indenne la prima settimana, poi deciderà se puntare alla classifica o a una tappa
Il francese conta di superare indenne la prima settimana, poi deciderà se puntare alla classifica o a una tappa

Tappe come obiettivo, ma basterà?

Con che progetti si parte, allora? «Noi partiamo guardando alle vittorie di tappa, come abbiamo fatto – e con costrutto – all’ultima Vuelta, poi vediamo come si mette la classifica. Io ho una buona squadra, ho un ottimo feeling con tutti, c’è poi Enzo Paleni che è un vero maestro in tutto a dispetto dei suoi 22 anni. Io parto con il cuore sollevato perché sono tutto intero, ho finito il Romandia senza cadere e divertendomi, per ora è già qualcosa. Vediamo ora che cosa possiamo costruire…».

Il progetto World Tour di Miche, ben oltre la sponsorizzazione

18.01.2025
7 min
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Miche è diventata ufficialmente partner e fornitore tecnico del Team Groupama-Fdj, di fatto sostituendo una parte della sponsorizzazione (e collaborazione tecnica) Shimano che durava da oltre un ventennio (dal 1997). Un aspetto quest’ultimo tutt’altro che banale.

Se è vero che Miche e Wilier fanno parte della stessa famiglia, è altrettanto vero che le due aziende hanno due anime distinte, separate, indipendenti. Anche per questi motivi entriamo nel dettaglio dell’intervista fatta a Gregory Girard, Amministratore Delegato di Miche e madrelingua francese, che ci spiega i dettagli principali del progetto World Tour. Vogliamo toccare anche alcuni aspetti tecnici della fornitura dei materiali, grazie al contributo di Paolo Bisceglia, Product Manager di Miche.

Una crescita del team, non solo tecnica

«Passano i giorni e le settimane – racconta Girard – e ci rendiamo conto che siamo entrati in un team che ha, oltre al resto, anche l’obiettivo di internazionalizzarsi. Groupama-Fdj Cycling Team vuole scrollarsi di dosso quell’etichetta di team marcatamente francese. Pur essendo di madrelingua, il francese tra me ed i referenti della squadra è stato utilizzato in rare occasioni. La maggior parte degli incontri e le discussioni sono state fatte in inglese. Anche se sono francese l’accordo tra Miche ed il team avrebbe preso forma in ogni caso. Diciamo che più che la mia persona ha avuto un valore importante il rapporto che è stato instaurato con Wilier».

La squadra è all’opera con i nuovi materiali (foto Groupama-FDJ)
La squadra è all’opera con i nuovi materiali (foto Groupama-FDJ)

Alzare l’asticella e mantenere l’identità

«Il progetto World Tour di Miche – prosegue Girard – era una cosa che andava fatta. Il motivo principale è quello che voler alzare ulteriormente la qualità e la resa tecnica di tutti i prodotti Miche ed essere al fianco di un team World Tour è il massimo. E’ molto dispendioso, ma è anche una risorsa alla quale attingere, per conoscenze e sviluppo. Inoltre è fondamentale per aiutare il grande pubblico a cambiare la percezione che ha del marchio.

«Essere parte del gruppo Wilier significa condividere informazioni, creare sinergie – argomenta Girard – Miche è una cosa e Wilier è un’altra, le identità dell’una e dell’altra parte non sono in discussione».

Fornitura enorme, questo è il World Tour

La sponsorizzazione e la fornitura tecnica per una compagine World Tour sono un impegno enorme. Sono inclusi anche il devo team e quello juniores

«In più – prosegue Girard – c’è lo sviluppo dei prodotti del futuro e abbiamo dato la massima disponibilità anche per eventuali personalizzazioni e richieste nel corso della stagione. Il contratto è di tre anni e come fornitura per il 2025 si contano 350 coppie di ruote da strada, alle quali si aggiungono 50 coppie da crono. E’ molto, ma non sono numeri estremi, ci sono squadre che chiedono molto di più. Le ruote occupano il ruolo principale, poi ci sono alcuni componenti che stiamo sviluppando con loro, senza dimenticare le corone Miche da crono».

Galleria del vento protagonista per Miche e per il team francese (foto Miche)
Galleria del vento protagonista per Miche e per il team francese (foto Miche)

L’ufficio tecnico Miche sotto pressione

Miche conta 42 dipendenti e l’ufficio tecnico ne ha 3, che si occupano dei progetti e si interfacciano con i tecnici del team e ultimamente è parecchio sotto pressione.

«I pensieri maggiori, quelli da mal di testa in fase di trattativa – conclude Girard – non arrivano dal contratto di sponsorizzazione, non sono legati agli aspetti finanziari, ma proprio alle richieste tecniche e dalla fornitura dei materiali da prevedere in tempi brevissimi. Groupama-Fdj adesso è la punta della piramide e poi c’è il resto, la mtb ed il gravel, la pista, non in ultimo il mercato dei normali utilizzatori».

Livrea nera con i dettagli argento per le ruote del team (foto Miche)
Livrea nera con i dettagli argento per le ruote del team (foto Miche)

La valutazione dei prodotti

La prima fornitura risale a fine 2023. Miche ha fornito le ruote da 50 e 62 millimetri, mentre il team continuava la sua attività con la fornitura completa da parte di Shimano.

«Prima di passare a prodotti Miche – spiega Paolo Bisceglia, product manager di Miche – lo staff tecnico francese ha voluto analizzare i dati nella galleria del vento e poi dare a soli due corridori le ruote da usare, da testare a fondo. Sono stati eseguite anche diverse prove comparative con i materiali che già utilizzavano. L’obiettivo era quello di misurare le performance, un lavoro estremamente utile anche per noi».

Gli stessi materiali in commercio

Non ci sono segreti. Le ruote da 36, 50 e 62, ovvero le Kleos RD in dotazione alla squadra, sono le medesime che può acquistare un normalissimo utente, come prevede il regolamento tecnico UCI.

«Oltre alle ruote da strada – prosegue Bisceglia – Miche fornisce i perni passanti alleggeriti, le corone da crono, compreso il sistema monocorona X1RD. Ovviamente le ruote da crono, la lenticolare e la nuovissima tre razze. Quest’ultima è il primo strumento super performante e super tecnologico che prende forma grazie alla collaborazione tra Miche, Groupama-Fdj e la galleria del vento di Silverstone e la GST usata per analizzare le forme degli Airbus. E’ stata creata in circa sei mesi, un lasso temporale ridottissimo. Ci sono poi una serie di componenti che stiamo facendo testare e analizzare, tra questi un movimento centrale che annovera dei materiali mai utilizzati in precedenza in questo segmento».

Puntigliosi e precisi: un grande stimolo

«L’impegno è enorme – chiosa Bisceglia – non si può nascondere, quando si entra in contatto con il World Tour tutto si amplifica. Le giornate dovrebbero essere di 30 ore e forse non basterebbero. E devo dire che per ora non sono arrivate richieste particolari, ma arriveranno quando ci saranno da sviluppare altri componenti e quando i materiali saranno portati sul pavé. D’altronde il loro ed il nostro obiettivo è migliorare e non dimentichiamo che tutti i prodotti Miche di ultima generazione sono per la prima volta al servizio del World Tour.

«Come staff tecnico – conclude Bisceglia – abbiamo una persona totalmente dedicata a loro e più in generale faremo una serie di affiancamenti durante i training camp e le prime corse in Europa. Gli stessi affiancamenti prevedono sessioni di lavoro con lo staff tecnico della squadra, i meccanici e gli stessi corridori».

Gaudu al Giro e Gregoire che cresce, rifondazione Groupama

07.01.2025
5 min
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La Groupama-FDJ, decima nella classifica UCI alla fine del 2024, riparte confermando alcuni dei suoi punti saldi come Gaudu e Madouas, puntando forte su Gregoire affinché diventi il leader che tutti si aspettano, ma avendo visto andare via Lenny Martinez. Assieme al figlio del celebre Miguel, altri tre giovani hanno lasciato il team di Marc Madiot: Thompson, Watson e Pithie. La nidiata dei talenti, cresciuta e portata nel WorldTour da Gannat, ha attirato l’attenzione di squadroni dal portafogli più fornito. Martinez è andato alla Bahrain Victorious, Pithie alla Red Bull-Bora, Watson alla Ineos e solo Reuben Thompson è sceso dal WorldTour firmando con la Lotto.

Per fare il punto della situazione sulla squadra transalpina, che in tempi non sospetti lamentò l’eccessivo carico fiscale francese che riduceva in modo importante il suo potere di acquisto, abbiamo interpellato Philippe Mauduit. Dallo scorso anno è lui il responsabile dell’area tecnica del team.

«Quanto a Lenny – ammette – durante l’inverno abbiamo sentito le sue parole e quelle del suo procuratore per cui prima del progetto sportivo cercavano di firmare il più grosso contratto possibile. Alla fine è cosi, ormai fa parte del ciclismo. E’ un bimbo e speriamo che per lui vada tutto bene. Qualche settimana fa mi ha detto: “Philippe siete la mia squadra del cuore. Fra tre anni tornerò con voi, quando non avrò più bisogno di soldi”. Vedremo…».

La separazione da Lenny Martinez non è stata indolore (foto Team Bahrain Victorious)
La separazione da Lenny Martinez non è stata indolore (foto Team Bahrain Victorious)
Partito Martinez, vi aspettate che Gregoire possa diventare un leader?

Di fatto, Romain Gregoire è gia un leader. Il modo che ha di prendere la parola in gruppo, anche davanti a compagni con più esperienza, lo dimostra. Lui è nato leader. Adesso gli mancano ancora un po’ di maturità fisica ed esperienza per dimostrarlo su strada, ma siamo convinti che il 2025 vedrà la dimostrazione del suo talento.

Uno che sta lanciando lampi di talento è Brieuc Rolland, che ha 21 anni e ha già fatto vedere qualcosa.

Brieuc Rolland è stato una bella sorpresa di regolarità ad alto livello. Vincere la Course de la Paix e il Piccolo Lombardia non è poco. Lui è il corridore del devo team che ha fatto più gare con la WorldTour. Sono state 15 gare nel 2024, per cui lo abbiamo visto crescere. Ha dimostrato di avere belle qualità di scalatore poi sa leggere la corsa. Per il 2025 gli faremo un programma grazie al quale guadagnerà esperienza accanto ai nostri capitani Gaudu e Guillaume Martin, che è appena arrivato. Però gli lasceremo anche l’opportunità di fare la sua corsa. E’ importante che i ragazzi vincenti abbiano l’opportunità di farlo. Non devono perdere il gusto, alla fine è la sola cosa che conta, no?

Kung è la colonna della Groupama, Gregoire (a destra) la speranza più attesa (foto Groupama-FDJ)
Kung è la colonna della Groupama, Gregoire (a destra) la speranza più attesa (foto Groupama-FDJ)
Gaudu è ancora un uomo su cui puntate per i Grandi Giri?

Non dimenticate che tra il podio alla Parigi-Nizza e la Vuelta, Gaudu ha accumulato tanti infortuni, ma anche virus e cadute. Non è per trovargli scuse, ma negli ultimi 18 mesi è stato davvero sfortunato. Ha ritrovato un livello decente solo dopo mesi di lavoro. Il suo elemento rimangono le gare da scalatore e ovviamente la classifica generale nei Grandi Giri. E’ molto motivato per la sfida del Giro d’Italia, che sarà il suo grande appuntamento, nel quale lo supporteremo con fiducia e consapevolezza.

Kung riuscirà finalmente a vincere una classica?

Negli ultimi tre anni, Stefan la dimostrato la sua grande regolarità. E’ vero che con lui cerchiamo la vittoria in una classica della prima parte del Belgio. Se la merita, lavora tanto per quello e tutti vogliamo che ci riesca. Inoltre ha fatto un incredibile lavoro di sviluppo con Wilier per la Supersonica, la bici crono con la quale ha vinto l’ultima tappa della Vuelta. Speriamo di vedergliene vincere ancora.

Dopo cinque anni alla Cofidis, Guillaume Martin approda alla corte di Madiot (foto Groupama-FDJ)
Dopo cinque anni alla Cofidis, Guillaume Martin approda alla corte di Madiot (foto Groupama-FDJ)
A proposito di classiche del Belgio, ma della seconda parte, Madouas è entrato nei dieci all’Amstel e alla Liegi e poi sul podio delle Olimpiadi.

Madouas è un caso diverso rispetto a Gaudu. Al di la dell’argento di Parigi, non ha avuto un gran rendimento. E’ un corridore importante per la squadra, ma deve portare più risultati e più regolarità nel 2025. 

Hai parlato di Wilier, lo sviluppo continua. Ora sono arrivate anche le ruote Miche.

E’ nata una bella e grande collaborazione con loro. Con il nostro supporto, sono usciti dalla galleria del vento con la bici da crono la più veloce dell’anno! E questo in appena 6 mesi di studio, quando solitamente per ogni azienda ne servono almeno 18. E’ la dimostrazione che la collaborazione è molto buona e che, come noi tutti, anche Wilier è motivata in una maniera incredibile per supportarci e aiutarci a vincere.

La Groupama-FDJ da quest’anno usa anche ruote Miche, che appartengono al gruppo Wilier (foto Groupama-FDJ)
La Groupama-FDJ da quest’anno usa anche ruote Miche, che appartengono al gruppo Wilier (foto Groupama-FDJ)
E’ stato difficile subentrare a Lapierre con cui avevate un rapporto di collaborazione ormai storico?

Wilier è un azienda cha ha fatto la storia del ciclismo, ma non è rimasta nel passato. Hanno grande esperienza e da questo sono partiti per guardare più avanti e sviluppare nuovi prodotti, sempre più performanti e veloci e questo coincide perfettamente con la nostra filosofia. Ormai siamo una delle squadre più anziane del WorldTour. Nei nostri server abbiamo migliaia di dati che condividiamo con loro, ma non siamo ancora sodisfatti di quello che abbiamo. Vogliamo sempre di più e in questo Wilier è un partner vincente. Ci spingiamo reciprocamente per andare sempre più veloci.

A tutto Germani: il rinnovo, la crescita e il futuro della Groupama

16.11.2024
5 min
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Lorenzo Germani ha concluso la sua seconda stagione con la Groupama-FDJ e in entrambi i casi è andato oltre quota 70 giorni di corsa. Il ciociaro viene spesso chiamato in causa dal team francese, che su di lui conta parecchio. A testimonianza di ciò è arrivato anche il rinnovo di contratto, che lo legherà alla formazione WorldTour transalpina fino al 2027. Germani è passato under 23 con il devo team e ha fatto tutta la trafila fino ad arrivare in prima squadra. Dopo quattro anni che mastica il francese la pronuncia si è consolidata, nel raccontarci la sua stagione gli scappa un accento perfetto. Nello scherzare con lui questo diventa l’appiglio per snocciolare i pensieri di una stagione difficile ma che lo ha visto comunque crescere. 

«Sono partito a correre presto, al Tour de la Provence – dice – e anche bene. Ma tra la prima e l’ultima tappa in gruppo c’è stata una serie di ritiri clamorosa, se si guarda alle statistiche lo si vede (dei 117 partenti del prologo di Marsiglia solo 68 sono arrivati all’ultima tappa ad Arles, ndr). C’è stata la diffusione di un virus intestinale, che ha colpito anche me. Da lì non sono riuscito a recuperare completamente, anche perché la squadra aveva tanti altri corridori fuori per infortuni o malanni».

La seconda stagione di Germani nel WT si è conclusa con 78 giorni di corsa
La seconda stagione di Germani nel WT si è conclusa con 78 giorni di corsa

Rincorsa continua 

Il calendario di Germani parla di una costante presenza in gare di alto livello, un fattore che sicuramente aiuta a prendere dimestichezza con il WorldTour. Tuttavia correre senza essere mai al top della forma in questo ciclismo può portare maggiore fatica nelle gambe.

«Non sono mai riuscito a rimettermi ad un ritmo corsa giusto – spiega Germani – nel senso che oltre a un po’ di riposo avrei avuto bisogno di un periodo di allenamento costante, per ricostruire la condizione. Sono arrivato fino al Giro d’Italia non con le gambe che avrei voluto per la mia prima presenza alla Corsa Rosa. L’ho comunque finito in crescendo e questo è stato un buon segnale per me».

Due Grandi Giri

Nelle sue due stagioni con la Groupama-FDJ il classe 2002 ha collezionato già tre presenze in grandi corse a tappe, con un Giro d’Italia e due Vuelta. 

«Dopo aver rifiatato a metà stagione – continua – ho ripreso gli allenamenti in vista della mia seconda Vuelta. E’ stata una gara tostissima, non ho mai sofferto così tanto. Nei primi dieci giorni il caldo ci ha distrutti, poi la seconda e terza settimana si saliva e basta. Penso però che quest’anno sia stato utile per crescere ulteriormente, fare due Grandi Giri in una stagione dà una marcia in più. Infatti una volta uscito dalla Vuelta ho fatto registrare i miei migliori valori, nelle ultime corse di stagione ho capito di stare bene.

«E’ anche un bel modo di progredire – continua – perché questo step mi consentirà di aiutare maggiormente i miei compagni. Un conto è tirare nelle prima fasi di gara, un altro è arrivare fino al momento decisivo. Al Lombardia sono riuscito a restare con i migliori e scortare Gaudu fino all’inizio della salita per la Colma di Sormano. Spero che questa stagione mi dia anche quel qualcosa in più per giocarmi le mie carte quando sarò chiamato a farlo».

Il cammino prosegue

La Groupama-FDJ a fine 2022 fece passare tra i professionisti un blocco di sette ragazzi che arrivavano dal devo team. Quel gruppetto di giovani corridori ha continuato il proprio cammino di crescita, ma dei sette iniziali ne sono rimasti solamente tre: Romain Gregoire, Enzo Paleni e il nostro Lorenzo Germani. Chi per un motivo e chi per un altro gli altri hanno lasciato il team francese che li aveva cresciuti. 

«Il rinnovo – spiega Germani – era nell’aria già da dicembre 2023, quindi avevo testimonianza della fiducia della squadra nei miei confronti. Questo mi ha fatto restare sereno in ogni momento della stagione. L’obiettivo è continuare a progredire e far parte del progetto Groupama».

Tra i nomi illustri che hanno salutato i vecchi compagni di avventura c’è quello di Lenny Martinez. Il francesino ha conquistato cinque vittorie nel 2024 e dalla prossima stagione vestirà i colori della Bahrain Victorious. Un addio difficile da digerire ma che fa parte delle scelte sportive di ogni corridore.

«Certamente – conclude Germani – il fatto che Martinez non sarà più con noi ci crea dispiacere. Allo stesso tempo credo che la squadra rimanga molto forte e nell’anno a venire potremo fare bene. Arrivano altri ragazzi forti del team di sviluppo e in più la squadra si è rinforzata con corridori di esperienza come Remì Cavagna e Guillaume Martin. In più rimane Romain Gregoire che nel finale di stagione ha fatto molto bene e ha ancora ampi margini di crescita».