Remco vince, ma non ride: Roglic e gli Ineos sono lì…

14.05.2023
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CESENA – C’è chi vince e non ride. E c’è chi non vince ed è il ritratto della felicità. Oggi la crono di Cesena ha riscritto la classifica generale. Ha gettato verdetti e infiammato ulteriormente il duello fra Remco Evenepoel, colui che ha vinto e non ride, e Primoz Roglic, colui che non ha vinto e ride.

Il Giro d’Italia va così al primo giorno di riposo con Remco che torna maglia rosa. Alle sue spalle a qualche decina di secondi ci sono, Geraint Thomas, Roglic appunto e Tao Geoghegan Hart, tutti raccolti in 5”.

Remco Evenepoel (classe 2000) conquista la crono di Cesena e torna anche in rosa
Remco Evenepoel (classe 2000) conquista la crono di Cesena e torna anche in rosa

Giorni difficili

Remco parte a razzo. Sembra possa bissare quanto mostrato a Ortona. Una superiorità schiacciante. Poi però qualcosa cambia. Evenepoel va forte ma non è il solito schiacciasassi. Fa fatica e qualcuno gli recupera persino qualcosa. Alla fine vince, ma per un solo secondo su Thomas.

«Credo di non essermi gestito al meglio – ha detto il belga a fine tappa – sono partito troppo forte e la seconda parte non è stata buona per niente».

E qui merita l’inciso di Damiano Caruso, oggi ottimo decimo. Il siciliano ha detto subito che si trattava di una crono di non facile interpretazione. Una prova in cui bisognava giocare con il limite del fuorisoglia. Dello stare a tutta sempre, ma mai mezzo watt sopra. Si era anche fatto i complimenti per questa sua gestione.

«Quando ho trovato il vento contrario non mi sono sentito bene. Di certo non è il momento migliore di forma della mia carriera – ha proseguito Evenepoel, forse esagerando anche un po’ – oggi possiamo essere soddisfatti giusto della vittoria di tappa. Ora mi godo il riposo. Gli ultimi due, sono stati i miei giorni peggiori qui al Giro».

Remco è stato l’unico tra i big ad utilizzare una ruota anteriore super alta (100 mm). Che abbia pagato sul tecnico anche per questo motivo?
Remco è stato l’unico tra i big ad utilizzare una ruota anteriore super alta (100 mm). Sarà stata la scelta giusta?

Scelte giuste?

Stamattina c’era qualche incertezza sulla scelta della ruota anteriore in casa Soudal-Quick Step, si era persino ipotizzato di usare la Rapid da 64 millimetri per i rilanci dentro Cesena. E anche perché consentiva di montare una copertura ideale per il bagnato. Poi Remco ha optato per la ruota da 100 millimetri. I suoi rivali avevano profili leggermente più snelli.

Restando in tema di ruote va detto anche che ieri, verso Fossombrone, il belga ha utilizzato delle gomme per la pioggia. Pioggia che poi non c’è stata. Dagli studi fatti, queste coperture non scorrono moltissimo, fanno sprecare qualche watt. Magari, visto che si parla di marginal gains, avrà inciso anche questo elemento?

Ma anche se così fosse, il Remco di questo weekend non è lo stesso di quello passato e tutto sommato questo giorno di riposo capita nel momento migliore per lui. Se la crono fosse arrivata martedì, dopo il riposo appunto, magari avrebbe massacrato tutti di nuovo. Impossibile dirlo.

Roglic vola

E andiamo in casa di colui che ride, Roglic. Primoz ha disputato una gara intelligente. Ha rischiato il giusto nelle curve. Ed è andato in crescendo. Lo sloveno non ha detto una parola, ma ha parlato col sorriso. Le sensazioni evidentemente sono quelle giuste.

«Primoz – ha detto il suo diesse Marc Reef – sta migliorando giorno dopo giorno e il fatto che abbia fatto una crono in crescendo è molto importante. Siamo arrivati al Giro dall’altura e sapevamo che all’inizio avrebbe fatica un po’. Siamo sicuri di quello che abbiamo fatto. 

«E’ importante osservare un buon giorno di recupero domani – ha proseguito il tecnico della Jumbo-Visma – perché la prossima tappa, quella di martedì, propone un avvio molto insidioso. Per i primi 80 chilometri praticamente si sale sempre e può essere complicato dopo il giorno di riposo. Bisognerà stare davanti.

«Il nostro obiettivo è la terza settimana. E sappiamo che qui al Giro è molto dura. Nel 2019 Primoz aveva corso il Romandia prima del Giro e l’aveva pagata un po’, stavolta veniamo da un camp in altura. E comunque è anche più maturo rispetto a quattro anni fa».

Infine sdrammatizza sul presunto Covid di Roglic. Da qualche che giorno infatti c’era questa voce: «Ah, ah – ride Reef – io non so perché siano nati questo rumors. In effetti l’ho sentito anche io qui in gruppo. No, no… Primoz sta bene. E credo si veda».

Frecce Ineos…

Anche Matteo Tosatto, direttore sportivo della Ineos-Grenadiers gongola. E tanto. Un po’ perché è il suo compleanno e soprattutto perché i suoi ragazzi sono andati fortissimo. Thomas ha perso per un soffio e Tao lo ha seguito ad un nulla. Senza contare le ottime prestazioni di De Plus e di Arensmans.

«Ho detto – spiega Tosatto – sin da Pescara ai ragazzi di stare tranquilli, che il Giro era ancora lunghissimo. Qualcuno ha detto che era già finito ad Ortona, ma non è così… Bisogna ragionare passo dopo passo. Remco sta bene, perché è primo, ma noi ci avvinciamo alle montagne ben messi».

Questa mattina avevamo visto gli Ineos in ricognizione. Le altre squadre l’avevano fatta con un atleta o due. Loro invece erano in parecchi. Segno che la crono resta un dogma per questo team. In una S, tra i canali romagnoli, ad un certo punto, Tao ha fermato la bici. E’ tornato indietro. Si è lanciato e ha riprovato l’ingresso nella S con una buona velocità. 

«Sapete che lavoriamo molto sulla crono – va avanti Tosatto – Abbiamo materiali importanti e tanto studio alle spalle, ma ci vogliono i ragazzi prima di tutto. E loro ci sono». E a proposito di materiali: la corona grande di Tao e Geraint era da 64 denti…

L’assolo di Healy, il graffio di Roglic e il Giro decolla

13.05.2023
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FOSSOMBRONE – Benvenuto Giro d’Italia? Che dite, sarà la volta buona? A Fossombrone la corsa rosa sembra essersi accesa definitivamente. Un corridore, Healy, che vince con una grande azione. La lotta tra gli uomini di classifica. La bagarre per andare in fuga… per di più con tanti atleti di spessore.

Andiamoli a sviscerare i temi di questa ottava tappa. Una frazione bellissima, ancora nel cuore di quella spina dorsale d’Italia che è l’Appennino. Per due ore e passa la fuga non prende quota. La media è altissima e sembra di rivivere le fasi iniziali della quarta frazione, quella di Lago Laceno.

Ben Healy (classe 2000) vince a Fossombrone e coglie il suo primo successo nel WorldTour
Ben Healy (classe 2000) vince a Fossombrone e coglie il suo primo successo nel WorldTour

Healy a mani basse

Fasi che a quanto pare sono state un mezzo incubo per Ben Healy. Il corridore della  EF Education-EasyPost è stato il dominatore di questa tappa e molto lo deve proprio a quanto accaduto quel giorno in Irpinia.

«E’ stata una buona esperienza col senno del poi – ha detto Healy – quel giorno ho speso e sprecato tantissimo. E non sono riuscito ad entrare in fuga. Oggi invece mi sono gestito diversamente. Io sono sempre nervoso quando non colgo l’attimo. E dopo che la fuga è partita, mi sono tranquillizzato e ho pensato a salvare la gamba».

Charly Wegelius, il suo diesse, alla Liegi ci disse che avevano un piano ben specifico per Healy al Giro. Ebbene era questo?

«In realtà – spiega Healy – il piano era prendere la maglia rosa nella prima settimana, ma appunto nella quarta tappa ho sbagliato tutto. Però avevo studiato il Garibaldi e questa era una delle frazioni che avevo cerchiato in rosso».

Le bellezze e il verde dell’Appennino tra Umbria e Marche. Curve tantissime, pianura pochissima
Le bellezze e il verde dell’Appennino tra Umbria e Marche. Curve tantissime, pianura pochissima

Come una classica

Healy quest’anno è stato uno degli atleti più performanti nelle corse di un giorno. Alla Liegi dopo la caduta di Pogacar era il più temuto da Evenepoel, tanto per dire. Ha vinto a Larciano e alla Coppi e Bartali.

Oggi il percorso poteva tranquillamente essere paragonato ad una Liegi. E come una classica Healy lo ha interpretato. Una volta in fuga non ha esagerato e al primo passaggio sullo strappo dei Cappuccini, a 50 chilometri dall’arrivo, ha nettamente cambiato passo. Ha innestato quella marcia in più che appartiene alla nuova generazione dei vincenti. La sua vittoria, almeno per noi che in un paio di occasioni lo abbiamo anche visto da bordo strada, non è mai sembrata in bilico.

«In effetti – dice l’irlandese – stavo bene. Però ho capito che avrei vinto solo quando durante l’ultimo passaggio sui Cappuccini avevo ancora più di due minuti. Perché sì, sono veloce, ma arrivare da solo è più bello e soprattutto perché sei sicuro di vincere!

«Grandi Giri? Non so ancora. Dovrei misurarmi con le lunghe salite e con i tanti giorni di gara. Io al massimo ne ho fatti dieci (al Giro U23, ndr). Per ora questo tipo di percorsi e gli strappi mi piacciono molto. Quindi preferisco puntare su questo tipo di gare».

Nella scalata dei Cappuccini, Evenepoel non era davanti come sempre. Piccoli segnali che non fosse al meglio
Nella scalata dei Cappuccini, Evenepoel non era davanti come sempre. Piccoli segnali che non fosse al meglio

Remco scricchiola

Ma se questa è stata la “foto” di giornata, l’altro piatto forte è stato il primo scontro tra gli uomini di classifica. Uno scontro acceso inaspettatamente da Primoz Roglic e dalla sua Jumbo-Visma, proprio lungo l’ultimo strappo di giornata. 

Il bottino dello sloveno, ma anche dei due Ineos-Grenadiers, Geogehgan Hart e Thomas, è di 14”. Tanti? Pochi? La questione, almeno per ora, non è questa, quanto piuttosto che lo scontro c’è stato e anche un esito. E ha vinto Roglic.

Sono secondi che fanno bene alla mente, che cementano certezze da una parte e ne destabilizzano da un’altra. Sì, Remco ha controllato, ma ho oggi ha perso. E lui non ama perdere.

«Conoscevo questa discesa già affrontata dalla Tirreno – ha detto Evenepoel alla tv belga – e Lutsenko ci era caduto, quindi non volevo rischiare. Li ho sempre avuti in vista sui rettilinei quindi nessun problema. Semplicemente non è stata la mia giornata migliore. Ho detto a Cattaneo che avevo mal di gambe e non volevo aggiungere acido lattico in vista della crono di domani».

Roglic in fiducia

«Più fiducia per domani? No, quella già c’era – dice un Roglic sorridente – oggi era dura, ma domani è più facile no? E’ tutta piatta, non c’è la salita dei Cappuccini!

«Ho visto che eravamo più uomini noi della Jumbo fino alla penultima salita e così ho detto: “Imponiamo un ritmo un po’ più duro nel finale”. L’ultimo chilometro della salita era davvero tosto, ma le gambe erano buone. Provarci mi è sembrata una buona idea. E poi fondamentalmente, se non ci provi non sai mai veramente come stanno le cose. Io ci ho provato… ed è andata bene. Quindi sì, siamo (usa il plurale, ndr) soddisfatti».

Ma quel che più ci ha colpito di Primoz è stata la sua disponibilità. Il suo buon umore. Ha detto qualche battuta tra l’arrivo e il bus. Ha parlato mentre era sui rulli a sciogliersi facendo anche delle battute scherzose. Chi passava gli dava pacche sulle spalle e lui a sua volta ne dava ad altri corridori. Davvero un Roglic nuovo.

«Domani? Beh, sto già facendo il riscaldamento per la crono…  Spero solo di non essermi surriscaldato!».

Shimano al Giro, segreti e strategie dell’assistenza ufficiale

13.05.2023
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L’Assistenza Tecnica Neutrale Shimano gestisce le biciclette presenti sulle ammiraglie blu. Come fanno? Ci sono un ordine nel posizionamento e delle logiche da seguire? E’ cambiato qualcosa rispetto al recente passato?

Ancora una volta abbiamo interpellato Massimo Rava, “capitano” degli uomini blu di Shimano al Giro d’Italia e ci siamo fatti spiegare come vengono gestite le “biciclette neutrali”.

Massimo Rava e il leader dell’assistenza Shimano al Giro (Mirrormedia)
Massimo Rava e il leader dell’assistenza Shimano al Giro (Mirrormedia)
Quante sono le biciclette per ogni ammiraglia?

6 biciclette per ogni ammiraglia e le ammiraglie Shimano al Giro sono 3. Abbiamo un totale di 18 biciclette neutrali con telaio e forcella in carbonio. Le bici sono brandizzate Shimano.

Come sono montate?

Sono da considerare delle top di gamma. C’è la trasmissione Shimano Dura Ace Di2 a 12 velocità, ruote C50 oppure C36 sempre Dura Ace, ma con le camere d’aria montate in combinazione con le gomme tubeless. I cockpit sono della famiglia Pro Bikegear e tutte hanno il reggisella telescopico per facilitare l’adattamento del corridore in caso di utilizzo repentino. Per questo motivo è fondamentale per noi come Assistenza Tecnica Neutrale avere delle biciclette con il reggisella classico da 27,2 millimetri di diametro, in modo da montare il seat-post telescopico.

Perché usate le camere d’aria abbinate agli pneumatici tubeless?

E’ una scelta tecnica. Le biciclette che abbiamo in dotazione possono rimanere inutilizzate per lunghi periodi, nonostante i numerosi controlli alle quali sono soggette. Per evitare l’accumulo di liquido anti-foratura preferiamo usare le camere. Le gomme tubeless sono più robuste, rispetto ai normali clincher e proteggono di più le camere d’aria.

Ci sono delle dinamiche legate alle scelte dei componenti e delle taglie dei telai?

L’utilizzo di componenti Dura Ace sulle macchine Shimano non è solo una questione d’immagine. Siamo in un contesto professionale e la categoria di componenti Dura Ace è stata sviluppata con i pro’ e per i pro’. L’obiettivo è quello di fornire il sistema più avanzato in termini di performance e tecnologie. Per quanto riguarda le taglie delle biciclette, sulle ammiraglie cerchiamo di tenere disponibili tutte e sei le taglie, ma abbiamo anche delle bici con taglie extra small, più usate nelle corse femminili.

In caso di necessità, come fate a sapere la misura corretta di quel corridore?

Il telescopico ci aiuta, non poco. Entra in gioco l’esperienza di anni di Servizio Corse e poi in Shimano abbiamo creato un database che ritengo un fiore all’occhiello della nostra organizzazione. E’ un vero e proprio archivio che aggiorniamo prima dell’inizio della stagione di gare, dopo aver chiesto la collaborazione dei meccanici dei team. Da loro ci facciamo mandare le schede delle misure di ogni corridore.

A cosa serve?

Ci permette di avere migliaia di dati e di informazioni, utilizzate anche per avere dei valori medi. Si parte con il considerare l’altezza sella, prima di ogni altra cosa e poi la lunghezza sul piano orizzontale. Essere perfetti è impossibile, ma abbiamo raggiunto dei livelli di eccellenza anche in questa categoria.

Le ammiraglie Shimano, come le auto dei team (Mirrormedia)
Le ammiraglie Shimano, come le auto dei team (Mirrormedia)
C’è una logica nella disposizione delle biciclette sul tetto delle ammiraglie?

Partiamo sempre dal presupposto che noi siamo e rimaniamo neutrali e dobbiamo essere in grado di aiutare tutti i corridori. Ognuna delle nostre ammiraglie ha una o due biciclette principali che sono quelle dalla parte del meccanico, di solito il lato destro. Un’altra bici di riferimento è la prima disponibile dalla parte del driver e così via. Ogni macchina blu Shimano ha le bici con almeno una tipologia di pedali usati dai corridori, Shimano e Look, SpeedPlay e Time. Stiamo lavorando anche sulle bagagliere porta-biciclette, in modo da essere ancora più veloci ed efficienti.

Su ogni ammiraglia è presente un frigo da campo con le borracce
Su ogni ammiraglia è presente un frigo da campo con le borracce (foto Shimano)
Questione anche di affiatamento e non solo delle abilità individuali?

E’ fondamentale, perché ogni equipaggio deve sempre essere al massimo della concentrazione. In caso di intervento, che sia un cambio bici o solo una ruota, nel momento in cui scendiamo dalla macchina dobbiamo avere in mano la ruota giusta con il corpetto corretto, se Shimano, Sram oppure Campagnolo. Il diametro dei dischi del freno deve essere quello giusto, perché è vero che c’è una sorta di standard riconosciuto, 160 anteriore e 140 posteriore, ma non tutti i team lo adottano. Il driver ed il meccanico devono capirsi al volo.

Dopo il termine della tappa le bici vengono rimosse dalle ammiraglie (foto Shimano)
Dopo il termine della tappa le bici vengono rimosse dalle ammiraglie (foto Shimano)
Quando finisce la giornata di gara, le bici come vengono controllate?

Ovviamente dipende molto dalle condizioni meteo, ma per noi ogni bicicletta e ogni componente deve essere al massimo dell’efficienza. Facendo alcuni esempi: la carica delle batterie dei sistemi Di2 viene verificata quotidianamente, così come le pressioni delle gomme. Ogni tre giorni c’è un controllo totale ed approfondito di ogni singolo pezzo.

Davide Bais da sogno. Campo Imperatore è suo

12.05.2023
4 min
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CAMPO IMPERATORE – Uno scatto secco. Uno solo. Come il manuale del buon ciclista impone e Davide Bais ha vinto la sua prima gara da professionista. Il corridore della Eolo-Kometa conquista il prestigioso traguardo di Campo Imperatore.

Prendersi un arrivo in quota al Giro d’Italia è qualcosa che non capita molto spesso. «Quando Petilli è scattato e Davide è rientrato bene, ha capito di avere buone gambe e lì ci ha davvero creduto», ci racconta Stefano Zanatta direttore sportivo della Eolo-Kometa. Anche se lui era nell’ammiraglia dietro al gruppo, ha avuto sempre la situazione sotto controllo.

I tre protagonisti della fuga di giornata: Karel Vacek, Simone Petilli e Davide Bais, ormai sulle rampe del Gran Sasso
I tre protagonisti della fuga di giornata: Karel Vacek, Simone Petilli e Davide Bais, ormai sulle rampe del Gran Sasso

Tre chilometri

La tappa scorre via nel cuore dell’Abruzzo. Il gruppo lascia fare e il distacco dilaga. Si può andare all’arrivo dunque. La scalata finale si fa man mano più intensa, sia per la tensione della gara, sia per la pendenza.

«E’ una grande gioia per me – racconta in maglia blu, Davide Bais – sull’ultima salita ho tenuto duro agli attacchi, soprattutto quelli di Simone Petilli. Sapevo che non dovevo mollare perché ero il più veloce. Gli ultimi tre chilometri sono stati i più duri e i più belli per me».

E Davide Bais se l’è giocata bene. Ha gestito ottimamente nervi ed energie. Ai 300 metri è partito e ha immediatamente aperto un gap. I massaggiatori della Eolo, dietro l’arrivo hanno iniziato subito ad abbracciarsi.

Gruppo sornione, la fuga va e Davide Bais ne approfitta
Gruppo sornione, la fuga va e Davide Bais ne approfitta

Fratelli al Giro

Intanto nelle stanze del vecchio hotel di Campo Imperatore, quello che tenne prigioniero Mussolini, i corridori si radunano alla spicciolata. Si scaldano sotto ai “funghi”. Qualcuno fa i rulli. E tra coloro che si cambiano, c’è anche Mattia Bais, fratello di Davide. Entrambi altro prodotto del Cycling Team Friuli.

Mattia è il ritratto della felicità. «Ho saputo ai due chilometri che Davide aveva vinto. Ho iniziato a festeggiare come se avessi vinto io. Gli altri in gruppo mi guardavano…

«Oggi dovevamo provarci io o lui. E’ entrato lui e va bene così. E’ un giorno importante per Davide, per me, per la squadra».

«Stare qui al Giro con mio fratello – replica Davide in conferenza stampa – è davvero bello: ci si aiuta, ci si confronta. E statene certi che presto anche lui si farà vedere. Siamo due corridori simili, due attaccanti. Le differenze? Due anni di età, qualche centimetro di statura e io che sono più disordinato!».

Zanatta, la strategia

E dire che tra le tante tappe forse questa era quella meno cercata dagli Eolo-Kometa. In effetti hanno speso parecchio in questa prima fase di Giro con Albanese, con Gavazzi e con lo stesso Davide Bais, già in fuga. 

«E’ una vittoria importantissima – spiega Zanatta – per la nostra squadra. E’ dall’inizio del Giro che siamo protagonisti. Abbiamo speso tanto e oggi non dovevamo cercare la fuga per forza. Anche perché credevamo che la corsa l’avrebbero fatta i team degli uomini di classifica».

Invece succede che gli uomini di classifica oggi non ne vogliono sapere. E quando iniziano gli scatti per andare in fuga i ragazzi della Eolo dovevano giusto buttarci un’occhio. Cosa che ha fatto Davide Bais.

«E’ andata proprio così – dice Zanatta – ma dico anche che siamo stati fortunati. Quando abbiamo visto che erano arrivati a 12′ a quel punto è cambiata la fuga stessa: si poteva arrivare. Ed è stata tutta un’altra gestione». 

Come dice Zanatta è cambiata la fuga. A quel punto si è trattato di far stare tranquillo il ragazzo. Anche perché era un bel po’, dalle categorie giovanili, che Davide non vinceva. Poteva emozionarsi

«Abbiamo cercato – conclude Zanatta – di non fargli pesare il fatto che si sarebbe giocato una tappa del Giro. Gli abbiamo detto di ragionare chilometro per chilometro, di mangiare, di bere… Solo nel finale gli abbiamo detto di tenere sott’occhio soprattutto Petilli, per noi il più forte. Anche se ai piedi di Rocca Calascio temevamo ancora il gruppo. Se un team degli uomini di classifica si fosse messo a tirare con decisione, sarebbero potuti rientrare. La scalata finale, nel suo insieme era di oltre 40 chilometri».

Ma non è successo. I tre davanti sono andati forte. E l’epilogo lo conosciamo.

All4cycling ti veste con i colori del Giro

12.05.2023
3 min
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Il Giro d’Italia prosegue il suo cammino che porterà tappa dopo tappa, salita dopo salita, a decretare il vincitore della maglia rosa. Contemporaneamente cresce negli appassionati il desiderio essere in qualche modo parte di questa affascinante avventura a due ruote che ogni anno, a maggio, unisce l’Italia. Perché allora non acquistare un prodotto griffato Giro? Per farlo basta visitare la pagina dedicata ai prodotti ufficiale del Giro d’Italia presente sul sito All4cycling.com. Stiamo parlando del “corner online” che All4cycling ha dedicato all’edizione 2023 della Corsa Rosa.

Nello store di All4cycling saranno disponibile le maglie ufficiali del Giro, a partire da quella rosa
Nello store di All4cycling saranno disponibile le maglie ufficiali del Giro, a partire da quella rosa

Ancora Giro Store

Anche per il 2023 è stata rinnovata la collaborazione fra il Giro d’Italia e All4cyclig, e-commerce di riferimento per tutti gli appassionati di ciclismo. All4cycling è stato infatti confermato nel ruolo rivenditore autorizzato dei prodotti ufficiali originali della Corsa Rosa.

Quest’anno sarà possibile trovare All4cycling non solo online, ma anche nei villaggi di partenza e arrivo del Giro per tutta la durata della corsa. Si tratta di un ulteriore riconoscimento della posizione rilevante oggi occupata da All4cycling nel mercato degli articoli per ciclisti.

Su Giro Store non mancano le maglie dedicate alle tappe o alle salite più significative dell’edizione numero 106 della corsa rosa
Su Giro Store non mancano le maglie dedicate alle tappe o alle salite più significative dell’edizione numero 106 della corsa rosa

Non solo la maglia rosa

Essendo lo store ufficiale del Giro d’Italia, All4cycling offre la possibilità di acquistare una vasta gamma di prodotti legati alla corsa rosa: abbigliamento tecnico, casual e accessori, gadget e merchandising di marchi noti come Castelli, Kappa, Elite, Svitol, Trudi e molti altri. 

Ampio spazio è naturalmente dedicato alle maglie ufficiali del Giro. Dalla maglia rosa, passando per l’azzurra, la ciclamino, la bianca. Tutte le maglie sono disponibili in versione maschile e femminile.

Non mancano le maglie dedicate alle tappe o alle salite più significative dell’edizione numero 106 del Giro. Ecco allora la maglia dedicata al Passo Giau, quella alle Tre Cime di Lavaredo e la maglia dedicata alla tappa finale di Roma. Tutte le maglie sono state realizzate da Castelli che  ha disegnato una maglia speciale per commemorare l’edizione 2023 della Corsa Rosa, chiamata “Giro 106”.

All4cycling sarà presente anche ai villaggi di partenza ed arrivo di tutte le tappe
All4cycling sarà presente anche ai villaggi di partenza ed arrivo di tutte le tappe

Anche per il tempo libero

L’offerta di prodotti dedicati al Giro d’Italia è davvero ricca e interessa anche il tempo libero. E’ stata infatti disegnata una linea casual composta felpe, polo e t-shirt dedicate al Giro 2023.

Immancabili poi i gadget per un ricordo simpatico da conservare nel tempo. Fra questi spicca Trudi, la mascotte del Giro. 

Chiudiamo con il pensiero di Luca Nardello, CEO di All4cycling: «All4cycling è orgogliosa di confermare il suo ruolo come Giro Store anche per l’edizione del 2023 del Giro d’Italia. Siamo impegnati a fornire ai nostri clienti i prodotti più esclusivi e di alta qualità del Giro d’Italia e siamo pronti a celebrare insieme a loro l’evento ciclistico più importante in Italia». 

All4cycling

Soudal-Quick Step, sulla bici di Remco l’occhio di Oppici

12.05.2023
5 min
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NAPOLI – Quando Evenepoel si è ritrovato per terra sulla via di Salerno per colpa del celebre cagnolino, il primo a scendere dall’ammiraglia con la bici di scorta è stato Fausto Oppici, meccanico della Soudal-Quick Step.

Fino allo scorso, il milanese era al Team Bike Exchange, oggi Jayco-AlUla, dove seguiva le corse e (quando era a casa) si occupava del magazzino. Quando si è reso conto di non avere più una vita, è tornato alla squadra belga da cui aveva spiccato il volo e adesso è con il campione del mondo al Giro d’Italia. C’era lui anche alla fine del 2022, quando Remco andò a fare i sopralluoghi in costiera amalfitana, gettando le basi per la sfida al Giro.

Fausto Oppici ha 52 anni: prima d diventare meccanico è stato un buon dilettante
Fausto Oppici ha 52 anni: prima d diventare meccanico è stato un buon dilettante

«In realtà con lui – quasi si schermisce – non ho un grandissimo rapporto, perché abbiamo fatto corse differenti, ma da quello che ho visto in questi primi giorni del Giro, come tutti i grandi campioni vuole avere il meglio possibile. Fanno fatica, quindi è giusto cercare di dargli il massimo».

Oppici è stato anche meccanico della nazionale per 19 mondiali fra Italia e Australia e ha lavorato in due Olimpiadi con gli azzurri e due con gli australiani.

Si fa qualcosa di diverso nel preparare le bici di una squadra che punta alla maglia rosa?

La differenza non è molta, perché l’occhio deve essere lo stesso. Se sbagli qualcosa, devi intervenire e soprattutto il corridore se ne accorge, che sia campione o gregario. Il lavoro è lo stesso, ma sicuramente lo stimolo è diverso. Un conto è andare al Giro sperando di vincere una tappa, altra cosa se vuoi il bottino pieno. La mentalità magari è la stessa, le motivazioni cambiano. Per cui c’è qualche bici in più, qualche ruota in più, qualche attenzione in più.

Le bici ricevono lo stesso trattamento, che siano del capitano o del gregario
Le bici ricevono lo stesso trattamento, che siano del capitano o del gregario
Quante bici in più?

Soprattutto quelle del leader sono sempre due più degli altri. Comprese le 8 che corrono, abbiamo 25 bici da corsa e 17 da crono. Per quello che invece riguarda le ruote, il numero è sempre quello, perché ne servono sempre tante. E considerando tutti i profili a disposizione, il numero è notevole. Abbiamo 50 coppie di ruote da strada, più 25 da crono.

Hai trovato grandi differenze in questa squadra rispetto alla tua prima esperienza?

No, la mentalità è sempre quella. Qui si corre per vincere ed essendo una squadra belga, c’è la passione della gente che ti spinge a fare sempre più di quello che potresti.

L’occhio è lo stesso, le motivazioni sono più forti. Sapere di mettere le mani sulla bici di Remco moltiplica l’attenzione?

Attenzione sì, mentre la metti a posto ti fermi a guardare qualcosa che potrebbe essere diverso o migliore. Una volta che hai finito il lavoro, devi essere sicuro di quello che hai fatto. Se continui a pensare che manca qualcosa, metti mano ed è sempre un toccare. E finisci col peggiorare, invece che migliorare.

Anche il meccanico deve studiare il percorso del Giro per valutare le varie scelte tecniche?

Prima lo facevamo molto di più. Adesso magari si dice ai ragazzi che partiamo tutti col i pignoni 11-34 e facciamo tutto il Giro con quel rapporto. Invece prima magari si partiva con l’11-21, poi magari se le salite erano ripide si metteva il 25. Poi è arrivato il 28. Invece adesso con le 12 velocità, a partire dall’11 hai una gamma di rapporti praticamente completa.

Oppici è subentrato nello staff dei meccanici belgi, di cui aveva già fatto parte
Oppici è subentrato nello staff dei meccanici belgi, di cui aveva già fatto parte
Per le ruote invece c’è da scegliere?

C’è da dire che tutta la gente ringrazia quando passa il Giro, perché si fanno le strade nuove. Quindi da quel lato, può capitare la buca, ci mancherebbe, ma le strade mediamente sono tutte belle. Quanto allo scegliere il tipo di pneumatico, noi usiamo il copertoncino in cotone con la camera d’aria in lattice. Abbiamo avuto a disposizione anche i tubeless, ma i corridori si sentono meglio sul copertoncino.

Il tubeless non viene usato davvero mai?

Solo quando piove. Abbiamo sul camion le ruote preparate per la pioggia: sono lì ferme, sperando di non usarle troppo spesso. La terza bici è montata con quelli. E se vediamo che è brutto, le prendiamo prima di partire. Altrimenti rimaniamo con i copertoncini e come scorte sull’ammiraglia teniamo bici montate allo stesso modo.

Oggi si scala Campo Imperatore, quali ruote e che rapporti per Evenepoel?

Ruote basse e come sempre il 34.

La festa di Pedersen, il tormento di De Marchi

11.05.2023
6 min
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Pedersen passa come una freccia, mentre accanto alla transenna sulla sinistra s’è fermato De Marchi cercando un po’ di silenzio nel baccano di Napoli e del cuore che martella. Una corsa per raggiungerlo e poi ci fermiamo rispettandone il respiro. Un metro più avanti, Simon Clarke ha tolto casco e occhiali e sta piangendo. Sono entrambi del 1986 e per entrambi la vittoria di tappa avrebbe significato molto, ma il gruppo ha recuperato forte e le minime schermaglie fatte negli ultimi 500 metri sono state fatali.

«Insomma, ho giocato un po’ – mormora Alessandrolui era molto più veloce di me e allora ho voluto provare a vincere. Insomma, fare secondo sarebbe stata una gran cosa, ma arrivati a questo punto, bisogna giocare per la vittoria. Quindi ho dovuto fare una cosa che forse non ho mai fatto in tutta la carriera: non dare più un cambio e me ne dispiace. L’avevo vista questa tappa, poi stamattina sono andato in partenza e ho visto che c’era un grande nervosismo e siamo andati…».

Due palleggi nella città dello scudetto: Remco torna alle origini e paragona Merckx a Maradona
Due palleggi nella città dello scudetto: Remco torna alle origini e paragona Merckx a Maradona

Cambi saltati

Parla e poi riflette, il rimpianto lo scuote. Sembra che le domande gli nascano da dentro e lui risponda mano a mano che vengono fuori. Poi lentamente De Marchi si riconnette con questa strada assolata in riva al mare e il discorso riparte.

«Sono mancati 300 metri – dice – eravamo in due, era un po’ un azzardo. Però l’unica cosa da fare era provare da lontano, sperando di avere le gambe sufficienti. E’ stata una gara entusiasmante, sapevamo che poteva essere adatta alla fuga e ci abbiamo provato. Credo che Clarke sia più dispiaciuto di me, perché essendo più veloce sapeva di avere più chance. Però dovevo giocare un po’, rischiare e provare a fargli lanciare la volata lunga per saltarlo. Stasera forse sarò più contento, adesso ho solo un gran mal di gambe e di schiena…».

L’omaggio di Pedersen

Sono arrivati agli ultimi 3 chilometri con 30 secondi di vantaggio, sembrava fatta. Dietro il gruppo era largo, tirato da Ineos e Bora, che volevano solo tenere davanti i capitani e si disinteressavano della volata. Tanto che quando chiedono a Pedersen come mai abbiano impiegato così tanto per chiudere sui primi, il danese vincitore quasi si stranisce.

«Davanti c’erano due corridori fortissimi – queste le parole del danese della Trek-Segafredo – dietro abbiamo dato quello che potevamo. Non penso che riuscire a vincere sia stato un fatto di fortuna. Abbiamo lavorato molto per trovare questo livello. Sono maturato, ho iniziato a lavorare di più. La squadra è costruita accanto a me e oggi sono riuscito a concretizzare. Certo, al mio palmares mancano alcune classiche, ad esempio non ho un grande rapporto con la Roubaix. Ma proverò a vincere tutto quello che posso…».

Pedersen ha voluto fortemente venire al Giro: non aveva ancora mai vinto una tappa
Pedersen ha voluto fortemente venire al Giro: non aveva ancora mai vinto una tappa

Lo stile De Marchi

De Marchi ritrova il sorriso, un sorriso amaro. Dall’altro lato della strada lo chiamano per chiedergli la borraccia e un tipo poco attento chiede al suo amico se abbia vinto lui. La città è rivestita di drappi azzurri, l’arrivo si specchia nel mare.

«Quando ho saltato i cambi? Nell’ultimo chilometro – spiega Alessandro – bisognava fare così. Forse nei chilometri precedenti ho lavorato di più, ho fatto più fatica, non ero proprio perfetto. Per stare lì davanti abbiamo fatto il nostro. Alla fine ho deciso di lasciare sulla strada tutto quello che avevo e questa è la cosa più importante. Se esiste uno stile De Marchi? Sì, quello di attaccare e poi non vincere. Però non si può rimanere sempre nel gruppo, dopo un po’ ti annoi. E onestamente oggi avrei sofferto molto di più a fare in gruppo quella discesa sulla Costiera».

Le strade del Giro

Le strade del Giro d’Italia, se ne parla tanto. I giornalisti stranieri giocano a fare gli agitatori, chiedendo ai corridori di fuori di parlarne. Qualcuno abbocca, qualcuno no.

«Le strade oggi erano davvero impegnative – commenta De Marchi – era una continua curva, un buco dietro l’altro e insomma, non è stata una passeggiata. Francamente non ho avuto occasione di guardare il panorama. Speravo di riuscire a portarmi dietro Gavazzi, sarebbe stato una spalla ideale. Oggi sono due anni dalla maglia rosa di Sestola e per questo mi scoccia ancora di più non essermi fatto un regalo».

Correre in Costiera è impegnativo, ma gli scenari non passano inosservati
Correre in Costiera è impegnativo, ma gli scenari non passano inosservati

Un turno di riposo

Sul tema delle strade, interviene anche Pedersen, che sorride come avendo esaudito un bel sogno e quindi non ha voglia di cercare per forza la polemica: chi lo conosce sa che dice sempre quel che pensa. E questo è il suo pensiero.

«Le strade sulla costa sono bellissime – dice – se non le vedi, vuol dire che sei cieco. Abbiamo corso a tutto gas, certo, ma ci siamo resi conto che erano bellissime. Oggi abbiamo trovato un misto di asfalto brutto e anche nuovo. Sono le corse, abbiamo da fare 3.500 chilometri di corsa, non possiamo pretendere che siano perfette e sempre uguali. Perciò stasera faremo festa e poi da domani penseremo a quale altra tappa puntare. Non certo Campo Imperatore, domani ci prenderemo un turno di riposo, anche i compagni meritano di recuperare…».

Pedersen va avanti con le interviste. De Marchi si avvia con pedalate lente verso il pullman della Jayco-AlUla. Dall’altro lato della strada passa Leknessund atteso nella zona mista delle tivù. Napoli inizia a defluire dalle strade del Giro, mentre sulla corsa si allunga già l’ombra lontana del Gran Sasso.

Velocisti magri al Giro: sei domande a Bragato

11.05.2023
4 min
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Che il velocista stia cambiando è argomento che abbiamo trattato in passato. Stavolta però vogliamo partire da un fatto concreto. In questi primi giorni di Giro d’Italia, abbiamo notato che i velocisti sono davvero magri. Molto più del solito. Anche quelli più potenti. Ci hanno colpito Gaviria, Consonni, Bonifazio… E corridori storicamente più “fisicati” vedi Pedersen, Matthews (di spalle in apertura, ndr) o Ackermann ci sono parsi più “tirati” di altre volte. 

Come mai? La nostra sensazione ha trovato conferma anche in ciò che ci hanno risposto alcuni tecnici, vedi Damiani per quel che riguarda Consonni, e gli stessi atleti.

Perché quindi questo peso minore? Mozzato qualche giorno fa ci ha detto che di volate al Giro ce ne sono parecchie, ma molte di queste il velocista se le deve guadagnare perché a ridosso dell’arrivo o durante la tappa le salite ci sono e lo sprint di gruppo non è scontato. Che siano dimagriti appositamente per questo Giro?

Abbiamo proposto i nostri dubbi a Diego Bragato, allenatore della nazionale della pista e “preparatore dei preparatori”, che tra l’altro ben conosce Simone Consonni. Con i suoi test e i suoi database Bragato conosce bene i numeri e la fisiologia di ciò che succede in gruppo.

Simone Consonni si è presentato al via del Giro tirato come mai in precedenza
Simone Consonni si è presentato al via del Giro tirato come mai in precedenza

Diego, dicevamo di velocisti molto magri in questo Giro: perché?

E’ il ciclismo moderno che lo richiede. Negli ultimi dieci anni si è vista un’evoluzione enorme del velocista. Oggi lo sprinter deve arrivare a fare delle volate che il più delle volte arrivano al termine di tappe con dislivelli importanti. Quindi di fatto non c’è più il velocista puro al 100%. Quello alla Guardini, alla Quaranta che vincevano le tappe piatte al Giro d’Italia. Adesso ci vogliono velocisti che hanno un aspetto metabolico molto importante e non solo la potenza. E’ importante che passino le salite per bene e che arrivino a fare le volate pur mantenendo dei wattaggi notevoli.

Si dimagrisce appositamente per un determinato percorso, in questo caso quello del Giro? Si lima il peso ad hoc? Nel senso: vado al Giro a 65 chili anziché 66?

Io non credo che sia un discorso ad hoc per il Giro e per le tappe che propone. Prendiamo Consonni: se vuole avere qualche chance di vittoria in più, deve poter arrivare con il primo gruppo, anche in tappe meno facili. Deve arrivare dove magari il vecchio velocista puro non arriverebbe. E questo vale per il Giro, ma non solo.

E’ una tendenza più generale, dunque…

E uno sprinter come Consonni lo può fare, perché ha degli ottimi valori metabolici e di potenza, come dicevo prima. Vado un po’ indietro nel tempo e penso a Viviani, una sorta di pioniere in tal senso. Elia è un atleta che negli anni d’oro è stato il corridore che ha vinto di più al mondo: 18-20 gare in una stagione. Quando ha conquistato l’oro a Rio 2016 in pista veniva da un anno pieno di qualità in allenamento. Nelle stagioni successive quei lavori di qualità gli hanno permesso di emergere e vincere così tante gare anche su strada. Limando un po’ sul peso ha potuto vincere anche un campionato europeo e un campionato italiano su percorsi piuttosto duri.

Bonifazio a crono. La sua silhouette fa pensare più a quella di uno scalatore che a quella di uno sprinter
Bonifazio a crono. La sua silhouette fa pensare più a quella di uno scalatore che a quella di uno sprinter
Insomma è dimagrito un po’, ma gli è rimasta addosso la qualità delle stagioni precedenti…

Esatto, riducendo un po’ il peso, ma non troppo la forza, è stato più efficiente con la forza di gravità.

Ma c’è un limite preciso a questo punto per cui un velocista da puro, diventa un velocista che tiene?

Dobbiamo assolutamente stare attenti a guardare il peso fine a se stesso. Con i professionisti non serve neanche dirla questa cosa, loro lo sanno molto bene, ma negli atleti in evoluzione è importante ribadirlo. Il peso non basta, bisogna vedere che tipo di peso hai, perché quando gli atleti parlano di perdere peso – soprattutto i velocisti – non devono perdere massa muscolare. In quanto perdere massa muscolare vuole dire perdere forza. Bisogna perdere solo massa grassa, cioè zavorra. Bisogna salvaguardare la massa magra, perché è quella che permette di applicare forza e potenza in bici.

Chiarissimo Diego, ma dalle vostre tabelle, dalle vostre statistiche c’è un “limite”, una percentuale di grasso che fa un po’ da spartiacque? Diciamo numeri a caso: fino al 7% di massa grassa sei un velocista puro, al di sotto fai anche le volate ristrette…

In realtà no, perché molto dipende dalla genetica della persona e dal punto di partenza che ha. Soprattutto oggi che è tutto personalizzato. Gli staff attuali con coach, nutrizionisti e medici, riescono veramente a individualizzare il peso ideale per ogni tipo di atleta. Quindi non c’è una percentuale di massa grassa che possa andar bene per tutti.

Pioggia e cagnolini a Salerno: tutti giù per terra…

10.05.2023
6 min
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Evenepoel ha girato la bici e se ne è andato infuriato verso il pullman. La seconda caduta a due passi dal traguardo di Salerno lo ha mandato fuori dai gangheri. Il campione del mondo ha pedalato nell’ultimo chilometro smoccolando rabbia con l’ammiraglia, spiegando e gesticolando, mentre sotto le ruote scorreva un asfalto infido e pieno di acqua e salsedine.

La scivolata l’ha provocata una spallata contro Kirsch della Trek-Segafredo, che nei momenti successi all’arrivo è andato a spiegarsi con Remco, anche se la colpa probabilmente non è stata sua, ma del belga. Avuta la certezza di esser nel tratto neutralizzato, il campione del mondo infatti si è voltato verso sinistra deviando la linea sulla destra e per questo toccando il lussemburghese.

La Soudal-Quick Step si mette Evenepoel nel taschino: il rientro è agevole, il gruppo lo aspetta
La Soudal-Quick Step si mette Evenepoel nel taschino: il rientro è agevole, il gruppo lo aspetta

Pochi velocisti rimasti

Il pomeriggio è tetro, in barba al sole del golfo di Salerno che di solito conquista per il brillare del mare e gli scenari struggenti. Oggi il Giro d’Italia è stato duro e alla fine la vittoria di Kaden Groves nobilita i pochi velocisti rimasti in piedi malgrado le righe verniciate sull’asfalto che sembrano saponette. Se ne accorge Cavendish, che perde la ruota posteriore al momento di accelerare. Se ne accorge Milan. E se ne accorge Vendrame che ne fa le spese e finisce all’ospedale.

«E’ stata davvero una volata particolare – racconta Groves – con una grossa caduta proprio alla fine. Ho cercato di rientrare davanti grazie ai miei compagni di squadra, che poi hanno fatto un ottimo lavoro per posizionarmi bene per la volata. Devo dire che dopo la seconda tappa che non è andata bene, è davvero straordinario aver vinto a capo di una giornata così dura. La prima vittoria al Giro d’Italia è un bel risultato e la squadra se lo merita».

Il cambio di Zoccarato

Piove e questa volta la fuga va lontano. Si ritrovano in testa Zoccarato, Gandin e Champion, che si contendono i traguardi di giornata. La giornata è scura, la nebbia rende ancora più insidiose le traiettorie quando la corsa affronta l’Appennino, trasformando le discese in rischiosi toboga.

La prima caduta di Evenepoel l’ha provocata un allegro cagnolino che ricorda ai più il gatto nero di Pantani sul Chiunzi. Uscito dal giardino in cui probabilmente vive, ha deciso di buttarsi in strada. Lo sguardo con cui Evenepoel lo fulmina capendo la causa dello scivolone lo incenerisce, ma ormai la frittata è fatta.

Proprio approfittando di una rotonda più viscida di altre e della scivolata di una moto, Zoccarato prende il coraggio a quattro mani e prende il largo. La maglia bianca e verde buca l’oscurità e il sogno resta vivo fino al momento in cui il cambio elettronico della sua bici decide di averne avuto abbastanza e si blocca. Il veneto smanetta sulla leva, ma non succede nulla. Poi sgancia il piede e molla un paio di pedate al cambio, poi deve rassegnarsi a pedalare con il 53×14, che lo mette dritto nel mirino del gruppo.

Lo raggiungono a 6,7 chilometri dall’arrivo. E quando Zoccarato si volta e vede che il gruppo è tutto spaccato, maledice ancora di più il guasto meccanico (elettronico), senza il quale approfittando della caduta alle sue spalle avrebbe potuto sognare più a lungo.

Le strisce bianche

Cavendish si alza sui pedali, cambia ritmo e nel momento della massima accelerazione, la ruota posteriore sbanda. Stessa cosa per Jonathan Milan, che arriva secondo e sfiora seriamente la doppietta. Chi sbaglia il corridoio per uscire è forse Dainese, che prima di lanciarsi deve girare attorno a Cavendish.

«Abbiamo cercato di stare davanti – spiega Milan – di stare più coperti fino al finale. I compagni hanno fatto un lavoro perfetto, poi Andrea Pasqualon mi ha lasciato nel punto migliore per fare la volata. Sapevo che il finale un po’ chiudeva, perché lo avevamo visto su internet. Ho iniziato lo sprint, ho preso una delle righe bianche e mi è scivolata la ruota. Non dico che questo abbia influito sulla mia prestazione, ma sono contento di questo secondo posto. E’ la conferma che ci sono».

Leknessund forse sperava in un battesimo di sole per la sua maglia rosa, invece piove
Leknessund forse sperava in un battesimo di sole per la sua maglia rosa, invece piove

La rosa da difendere

E’ un Giro che si avvia verso il primo arrivo in salita di venerdì sul Gran Sasso, con una vena di nervosismo che lo scuote. E’ nervoso Evenepoel. E’ nervoso Roglic, che è caduto ed è arrivato al traguardo con la bici di Bouwman. Gli unici che in apparenza sembrano calmi sono i ragazzi di Tosatto, che pur nel finale di oggi, sono sempre rimasti davanti e al riparo dalle sorprese.

«La giornata è stata fredda – racconta Leknessund al primo giorno in maglia rosa – non è stata divertentissima. Ho cercato di godermi la maglia nei momenti in cui eravamo tutti insieme ed è stato davvero bellissimo. Il finale invece è stato davvero convulso, ma alla fine è andato tutto bene e ho salvato la maglia. Quando c’è stata la caduta a 7 chilometri dall’arrivo, ero nel secondo gruppo, però i miei compagni hanno fatto un ottimo lavoro e poi le squadre dei velocisti hanno lavorato per la volata. Siamo rientrati sul primo gruppo, cercando di stare al coperto. E adesso questa maglia voglio tenerla il più possibile. Non sarà facile, sarei sorpreso magari se l’avrò dopo la crono di Cesena, ma comunque lotterò ogni giorno. Anche sul Gran Sasso».