La passione per il ciclismo e l’eccellenza enologica italiana tornano a incontrarsi anche nell’edizione 2025 del Giro d’Italia, grazie al rinnovo della storica partnership tra Astoria Wines e la Corsa Rosa. Un legame nato nel 2012 e diventato negli anni un simbolo della festa sul podio, con lo spumante trevigiano a celebrare i vincitori di tappa e i detentori delle maglie più ambite.
Per il quattordicesimo anno consecutivo, Astoria si conferma “Official Sparkling Wine” del Giro d’Italia, con le sue inconfondibili bottiglie Jeroboam da tre litri pronte a essere stappate in ogni tappa: dalla Maglia Rosa alla Ciclamino, dall’Azzurra alla Bianca, ogni giorno il brindisi è rigorosamente made in Treviso. A rendere ancora più speciale l’edizione 2025 è stata la partenza dall’Albania, occasione che ha spinto l’azienda a realizzare una bottiglia ufficiale dedicata, con etichetta celebrativa “Shqipëria”, già diventata un must tra gli appassionati: oltre 15.000 pezzi venduti nei primi mesi.
Pedersen è stato il grande protagonista delle tappe albanesi con due vittorie su trePedersen è stato il grande protagonista delle tappe albanesi con due vittorie su tre
Oltre i confini
Il ciclismo, sport popolare e seguito a livello internazionale, si è rivelato un veicolo strategico per la promozione del marchio Astoria Wines nel mondo.
«In questi anni – ha dichiarato l’amministratore delegato di Astoria Wines Filippo Polegato – abbiamo portato il nostro spumante in tutta Italia e ben oltre i confini nazionali, grazie anche alle grandi partenze dall’estero. Israele, Ungheria, Danimarca e oggi i Balcani sono mercati nei quali la visibilità ottenuta con il Giro ha fatto la differenza. La tappa in Albania ha suscitato grande entusiasmo e ci sta aprendo nuove strade commerciali».
Nairo Quintana e Filippo Polegato, Amministratore Delegato di Astoria WinesNairo Quintana e Filippo Polegato, Amministratore Delegato di Astoria Wines
Innovazione sostenibile
Ma non è solo una questione di visibilità. Astoria è un’azienda che ha fatto dell’innovazione sostenibile uno dei suoi tratti distintivi: nel 2024 ha introdotto sul mercato il primo tappo green in bioplastica ricavata dalla canna da zucchero, utilizzato proprio nelle bottiglie ufficiali del Giro. Una scelta coerente con la crescente attenzione del brand verso l’ambiente e le nuove sensibilità dei consumatori.
E per chi ama il brindisi leggero, Astoria è stata pioniera anche sul fronte del “Low Alcol”, portando già nel 2012 sul podio il suo “9.5 Cold Wine”, uno spumante brut da soli 9.5 gradi, diventato un riferimento nel segmento.
Il momento simbolico dell’edizione 2025 sarà il 25 maggio, quando la carovana del Giro passerà davanti alla sede di Astoria a Refrontolo (Treviso), durante la tappa che da Fiume Veneto condurrà i ciclisti alla mitica salita del Monte Grappa, con arrivo ad Asiago. Un omaggio alla lunga collaborazione tra il Giro e un marchio che ha saputo coniugare qualità, stile e passione per il grande ciclismo.
Le bottiglie ufficiali del Giro d’Italia 2025 sono disponibili online cliccando www.astoriawineshop.it, pronte per essere stappate da tifosi, collezionisti e appassionati delle due ruote.
Ce ne aveva parlato Damiano Caruso qualche settimana fa dell’importanza del giorno di riposo all’alba della crono di Pisa. «Avere una prova contro il tempo dopo una giornata di riposo non è semplice – ci aveva detto il siciliano – gli uomini di classifica dovranno gestire al meglio la pausa per non arrivare con le gambe imballate e perdere tempo».
Il Giro d’Italia è lungo e pieno di insidie e spesso queste si nascondono nei momenti più inaspettati. Avere una giornata di stacco può essere utile per la mente, ma un tranello per le gambe. Incuriositi dalla gestione di questo momento particolare, siamo andati direttamente da Michele Bartoli. Il toscano, che a Lucca è di casa, è il preparatore di Tiberi e Caruso, tra gli altri. I due italiani della Bahrain Victorious al momento sono entrambi in classifica e proprio la crono di domani farà da spartiacque. Dopo la tappa di Siena (foto di apertura), il ciociaro al momento si trova in terza posizione a 17″ da Ayuso e 1’30” da Del Toro.
Nell’unico arrivo in salita Tiberi si è fatto trovare pronto, ma il Giro deve ancora prendere formaNell’unico arrivo in salita Tiberi si è fatto trovare pronto, ma il Giro deve ancora prendere forma
Entriamo subito nel dettaglio, come si gestisce la giornata di oggi per Tiberi?
Il riposo completo è sempre sconsigliato. Meglio fare un’uscita in bici e restare attivi. Se ci si ferma dopo dieci tappe il rischio è di fare come quando una macchina sbatte contro un guardrail, ovvero che si distrugga tutto. In questo caso parliamo del lavoro fatto.
Spiegaci meglio…
Il fisico degli atleti durante il Giro è abituato a certi ritmi e determinati sforzi. Fermarsi completamente vorrebbe dire arrestare un processo e cambiare di colpo il metabolismo. Di base non contemplo l’idea di non fare nulla, il mio concetto di “riposo attivo” vuol dire comunque prendere la bici.
Nel giorno degli sterrati Tiberi ha guadagnato 7″ su Ayuso e 1′ e 22″ su Roglic, un bottino importante in vista della cronometro di domaniNel giorno degli sterrati Tiberi ha guadagnato 7″ su Ayuso e 1′ e 22″ su Roglic, un bottino importante in vista della cronometro di domani
Cosa si deve fare?
A mio avviso c’è da inserire una buona pedalata con qualche lavoro, come la produzione di lattato e altre piccole cose. Con Antonio (Tiberi, ndr) parliamo di pedalare un paio d’ore, anche due ore e mezza, e nell’uscita inseriamo qualche attivazione in salita.
Il rischio è di non avere una prestazione all’altezza?
Se un corridore potenzialmente ha nelle gambe una cronometro da 400 watt medi e la conclude a 380 watt è un problema. Per come la vedo io questa è anche la prima crono vera del Giro, quella di Tirana era atipica ed è emerso chi ha avuto voglia di rischiare un po’ di più.
La crono di Tirana ha lasciato poco spazio al motore degli specialistiLa crono di Tirana ha lasciato poco spazio al motore degli specialisti
Quindi il giorno di riposo diventa un’altra tappa?
In un certo senso sì. Non per gli sforzi in bici ma per la routine: colazione, bici, massaggi e certamente una parte di recupero. Il Giro fino a ora non è stato estremamente impegnativo, quindi oggi Tiberi farà la sua classica uscita di attivazione con un po’ di lavoro in Z3. Starà in bici tra le due ore e le due ore e trenta.
Che idea ti sei fatto per questa cronometro, pensi sia adatta a Tiberi?
E’ un percorso molto dritto, quindi la sua buona aerodinamicità può sicuramente essere sfruttata al meglio. Poi c’è una salita praticamente impercettibile, all’uno o 2 per cento. Lì ci sarà da spingere e Tiberi è molto bravo anche sotto quell’aspetto. La discesa è breve, brevissima, con quattro curve da fare in velocità. Concede un breve respiro e poi ci si rimette sul rettilineo e si spinge ancora. E’ sicuramente una cronometro da specialisti che può scavare dei grandi distacchi, per questo è importante arrivare pronti.
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SIENA – Juan Ayuso non si ferma dopo l’arrivo. Tira dritto e se ne va. La sua bici da crono, che lo attendeva per il defaticamento nel retro del palco, perché forse già pregustava la maglia rosa, non la userà mai. La maglia rosa è finita sulle spalle del compagno di squadra, Isaac Del Toro, che adesso è il nuovo leader del Giro d’Italia proprio davanti a lui.
Se ieri abbiamo assistito al grande ritorno di Wout Van Aert, è anche vero che bisogna parlare del messicano e della tattica della UAE Emirates. E’ fuori dubbio che almeno qualche incomprensione ci sia stata. Se poi sia stata più o meno involontaria, si vedrà strada facendo. Ma è un fatto che mentre uno davanti era in fuga, l’altro dietro tirava. Ed i soggetti in questione avevano la stessa maglia.
Del Toro e la Ineos hanno dato il maggior impulso all’attacco dopo la caduta di Turner, Roglic e PidcockDel Toro e la Ineos hanno dato il maggior impulso all’attacco dopo la caduta di Turner, Roglic e Pidcock
Una rosa storica
Bisogna però andare con ordine e rendere comunque omaggio alla nuova maglia rosa, appunto Del Toro. Una maglia rosa affatto banale. Questo, ragazzi, è un campione con la C maiuscola. Ha vinto l’Avenir, ha mostrato doti enormi in salita. Va forte a crono, guida bene la bici. E soprattutto è un classe 2003!
«Indossare questa maglia è qualcosa di incredibile – racconta Del Toro – la maglia rosa la sogni da bambino quando inizi a pedalare. Non ci avrei mai creduto».
Isaac appare frastornato. Le domande insistenti sulla tattica adottata dalla sua squadra lo spiazzano. Sembra una gioia col freno a mano tirato. Come di chi sa di averla fatta grossa? Per rispondere a questo punto di domanda bisognava essere delle mosche in casa UAE ieri sera.
E ora cosa cambia per Del Toro e la UAE? E’ normale porsi certi quesiti. «Io leader? No – smentisce Del Toro – i capitani sono Adam Yates e Ayuso. Io sto bene, ma loro sono più forti. Io ho sfruttato una situazione di corsa. Ero davanti nel momento della caduta e non mi sono reso conto. Quando mi sono ritrovato davanti, all’inizio ho pensato che quello in maglia bianca fosse Ayuso, invece era Bernal. E infatti poi non ho più tirato. Poi la squadra mi ha detto di restare lì, proprio perché Bernal poteva essere pericoloso, e ho continuato. Era troppo rischioso fermarsi. Sapevo poi che dietro c’erano dei compagni».
«Sono pronto ad aiutare i capitani – ripete Del Toro – ho molto rispetto per loro. Intanto sono qui davanti, ma loro sono più bravi. Però non posso neanche fermarmi o non avere fiducia in me stesso. Voglio credere in me stesso, perché sono l’unico che può. Se non lo faccio io, chi lo fa?».
Auyso ha cercato collaborazione, ma non tutti hanno tirato come ci si poteva immaginare per chiudere su Bernal o incrementare su RoglicAuyso ha cercato collaborazione, ma non tutti hanno tirato come ci si poteva immaginare per chiudere su Bernal o incrementare su Roglic
Tattica contraddittoria
La squadra gli avrà anche detto di restare lì, e ci sta, visto che dietro con Ayuso c’erano anche Arrieta (per un po’), McNultye Adam Yates. Solo che lo spagnolo continuava a dannarsi l’anima e per lunghi tratti il messicano davanti accelerava forte. Faceva la selezione.
Poi a un tratto ha smesso di tirare, ma dietro Ayuso continuava a scalpitare e non sempre trovava l’appoggio dei compagni: chi si staccava, chi restava in coda (vedi Yates), chi era palesemente ferito ma non mollava (vedi McNulty).
Sono andati a singhiozzo. A volte spingeva Ayuso. A volte McNulty. E solo nel finale si è visto timidamente Yates. Insomma, la UAE Emirates ha dominato, ma non ha corso alla perfezione come spesso accade.
E poi una frase di Del Toro ci ha fatto riflettere. In conferenza stampa gli è stato chiesto cosa si fossero detti con Van Aert quando erano rimasti in due. Lui aveva attaccato e il belga l’aveva seguito.
«A Wout – spiega Del Toro – ho chiesto di tirare, ma mi ha detto che non poteva perché dietro aveva il suo leader, Simon Yates». La domanda è legittima: e allora tu perché hai tirato? Non avevi forse dietro il tuo, anzi, i tuoi leader? Un bell’enigma. Bisogna vedere cosa diceva la squadra.
Anche Del Toro guarda indietro. In fuga con Van Aert, il messicano (a suo dire) cerca collaborazioneAnche Del Toro guarda indietro. In fuga con Van Aert, il messicano (a suo dire) cerca collaborazione
Più Isaac che Juan?
E poi ci sono le scene, i movimenti dal vivo da valutare. Quel che si osserva nei giorni di gara nella zona dei bus, la villaggio, nel dopo arrivo… Quando Del Toro è arrivato ha festeggiato, ma senza esagerare. Ci sta anche che fosse stanco e, da campione qual è, fosse dispiaciuto per aver perso la tappa.
Ma poi vedi McNulty sorridere per la maglia rosa. Adam Yates quasi euforico. E Ayuso, appunto, che non c’è.
E qui ecco subito i mormorii tra giornalisti e addetti ai lavori. Con la mente che torna al caso del Galibier all’ultimo Tour de France, quando Ayuso non tirò a dovere per Pogacar e Almeida e Yates non ne furono felici.
Ieri prima del via Ayuso era seduto sul bus a parlare con la sua compagna. Nulla di che, sono congetture, ma perché non era con gli altri sul bus? Ayuso è ambizioso. E’ forte, è un cannibale quando può, e questo Giro potrà ancora farlo suo. Ma deve in qualche modo attaccare il compagno o sedersi sulla riva del fiume ad aspettare che succeda qualcosa.
Ayuso ha tagliato il traguardo in settima posizione. Ora nelle generale è secondo a 1’13” da Del ToroAyuso ha tagliato il traguardo in settima posizione. Ora nelle generale è secondo a 1’13” da Del Toro
Due punte
Sereno era ancheFilippoBaroncini. Col “Baro” abbiamo scambiato giusto una battuta fugace. «Una bella giornata per noi. Adesso ne abbiamo due davanti. Sono contento per Isaac». Baroncini era uno dei più freschi all’arrivo e il motivo è presto detto.
«Mi sono ritrovato nel drappello con Roglic e chiaramente non ho tirato mai. Avevo il compito di stare lì, vedere cosa succedeva e riferire i suoi movimenti al team».
Matxin, manager e tecnico della UAE, esperto qual è, sfrutta a suo favore la situazione. «Adesso ne abbiamo due davanti, per gli altri sarà più complicato attaccarci. Non c’è nessun problema. Isaac si è ritrovato davanti ed era giusto che continuasse a stare lì», sono le parole che ha detto alla Rai.
Non tutti hanno preso bene questo modo di correre. Persino la stampa spagnola si chiede se Ayuso abbia il nemico in casa. Come sempre sarà la strada a dare il verdetto, e la strada dice che già domani ne vedremo ancora delle belle. La crono di Pisa sarà senza esclusione di colpi.
«Per me sarà difficile – ha concluso Del Toro – Juan è più bravo di me a crono. E poi si tratterà della prova contro il tempo più lunga che ho mai fatto».
SIENA – Si alza un coro. “Wout, Wout…” e lui si lascia andare a un urlo che quasi non gli appartiene. E forse è così perché quel Wout Van Aert da qualche ora non c’è più. E’ tornato il campione che tutti conosciamo. Poche ore fa avevamo titolato: Il Belgio sulle spine chiede ogni giorno di Van Aert. Ebbene, questa è stata la sua risposta.
A Siena va in scena una tappa da strip-tease tecnico e nervoso. Una frazione che potrebbe decidere addirittura il Giro d’Italia, una giornata che ha ricordato l’epica tappa del 2010, solo che al posto del fango stavolta c’era la polvere.
Van Aert si lascia andare ad un urlo mostruoso. La folla lo accalma. E’ portato in trionfoPoi crolla tra i suoi pensieri e le sue emozioniVan Aert si lascia andare ad un urlo mostruoso. La folla lo accalma. E’ portato in trionfoPoi crolla tra i suoi pensieri e le sue emozioni
Bentornato Wout
Quante cose da raccontare, quanti spunti. Ma oggi la notizia è il ritorno alla vittoria di Wout Van Aert. Stamattina era stato tra gli ultimi ad accordarsi: era rientrato nella zona dei bus per un ultimo controllo.
Man mano che la corsa andava avanti, tra accelerate, cadute, attacchi, noie meccaniche, il gruppo si assottigliava. E lui c’era. E’ lì che si vede il campione: lo squalo che fiuta il sangue e poi azzanna la preda.
Infatti ha detto: «Ho cercato di crearmi situazioni favorevoli. Prima della tappa pensavo che avrei potuto vincere con una fuga da lontano. Non avrei immaginato che ci sarebbero stati dei team con voglia di controllare. Quando ho visto che non ero nella fuga, ho pensato di aver sprecato la mia occasione migliore per vincere».
«La Q36.5 ha continuato a lavorare, ha controllato la fuga. Dal secondo settore di sterrato la situazione si è fatta favorevole anche per me, perché c’erano ancora corridori in classifica interessati a fare ritmo e riprendere la fuga. Stavo bene, già dal primo settore. La dinamica è cambiata dopo la caduta: la Ineos Grenadiers (quella in cui sono rimasti coinvolti anche Pidcock e Roglic, ndr) ha approfittato del momento con tanti corridori davanti. E’ stato lì che ho iniziato a crederci».
Nel finale un duello tra titani: Del Toro e Van Aert. Il messicano sembrava più brillanteNel finale un duello tra titani: Del Toro e Van Aert. Il messicano sembrava più brillante
Duello con Del Toro
La preda di cui parlavamo è molto più giovane di lui. Una preda che per un tratto è stata anche alleata. Isaac Del Toro, talento della UAE Emirates, ha tirato molto. Forse anche più del belga.
I due si sono parlati. Forse si sono accordati con il classico “tappa a me, maglia a te”. Ma a giudicare da come se le sono date nel finale, non sembrava proprio. Addirittura Van Aert nell’ultima curva, per essere sicuro di non farsi passare, è quasi finito sulle transenne per uscire alla massima velocità. Dettaglio che lui stesso ha rimarcato (e anche Del Toro lo ha notato). Se c’è stato un patto, sono stati due ottimi attori.
In realtà poi si è saputo che Wout gli ha detto che non poteva tirare troppo perché dietro c’era il suo leader: Simon Yates.
Intanto dietro era il caos totale. Ciccone che a tratti tirava. Ayuso che non stava fermo e cercava collaborazione. Roglic che inseguiva e Pellizzari che continuava a rientrare per aiutarlo. Bernal che si è rivisto a livelli siderali. Un sacco di carne al fuoco.
Bravo Ulissi, ha lottato come un leone, ma ha dovuto cedere la maglia rosaLa corsa è si è accesa presto. Ed è scoppiata del tutto con la caduta di Roglic e Pidcock a circa 50 km dall’arrivoBravo Ulissi, ha lottato come un leone, ma ha dovuto cedere la maglia rosaLa corsa è si è accesa presto. Ed è scoppiata del tutto con la caduta di Roglic e Pidcock a circa 50 km dall’arrivo
Fuori dal tunnel?
La cosa più bella è stato il suo crescendo. E probabilmente è proprio questo che anche a lui è piaciuto di più.
«Non sono ancora al top – ha detto il belga – ma va bene così. Sto crescendo… Sono cresciuto sia durante la tappa (ma quella è la testa, ndr) che durante questo Giro.
«Sono felicissimo, per me vuol dire tanto vincere al Giro e soprattutto tornare al successo dopo un periodo lungo e complicato. Ho studiato bene il finale, conosco bene la Strade Bianche e penso che l’esperienza in questa corsa, mi abbia aiutato. Sapevo che in quel punto, dopo lo strappo di Santa Caterina, sarebbe stato molto difficile superare qualcuno. Nel finale, probabilmente, se avessi avuto gambe migliori ci avrei provato».
All’arrivo c’era la sua famiglia. Anche i suoi bambini sembravano stralunati nel vedere il loro papà così euforico. Gli urli, poi lo sdraiarsi in terra. A riordinare le idee. L’adrenalina resta, ma i nervi crollano. Le forze vanno via, emerge la passione.
«Se sono fuori dal tunnel? Sì – poi ci pensa un attimo Wout – direi di sì. Insomma, una bella e grande domanda. Sono molto emozionato, ho tante cose che mi passano per la testa. Questo è un posto speciale, forse il più bello dove finire una corsa di bici. Una piazza così, con tifosi così vicini, quasi un’arena… Forse è una delle mie vittorie più belle.
«Oggi sono riuscito a entrare nel ristretto gruppo davanti e anche in quello di chi ha vinto in tutti i grandi Giri. Il mio obiettivo principale era vincere una tappa qui. Avrei voluto anche vestire la maglia rosa. Ci sono andato vicino, ma nei giorni successivi ho perso troppo tempo. Forse anche per questo questa vittoria vale ancora di più per me e per la squadra».
Il messicano e l’olandese sullo strappo di Santa Caterina. Guardate che grinta. Alla fine Wout ha vinto anche di esperienzaIl messicano e l’olandese sullo strappo di Santa Caterina. Guardate che grinta. Alla fine Wout ha vinto anche di esperienza
Un nuovo Giro
Da Siena inizia un nuovo Giro d’Italia per tanti: per Roglic, oggi sconfitto di giornata. Per la UAE Emirates. Per la Visma-Lease a Bike.
«Non abbiamo mai mollato – riprende Van Aert – ci siamo andati vicini più volte nelle tappe precedenti. Spero che questa vittoria possa cambiare il Giro anche per i miei compagni. Abbiamo corridori adatti a ogni terreno».
Intanto il suo addetto stampa gli porge il box con la pasta. Lui lo guarda affamato, ma è troppo gentile per mangiare durante la conferenza stampa. Altri lo fanno, credeteci!
«Sicuramente – conclude Van Aert – festeggeremo con una bella bottiglia di vino. Siamo in Toscana. Ho notato che siamo passati anche davanti alla cantina di Antinori, quindi stasera sarà il momento per celebrare. Come sapete, l’Italia è la mia Nazione preferita per le vacanze. E anche per andare in bici. Il Giro mi sta aiutando a scoprire nuove regioni e nuovi posti. Ieri mi è piaciuta molto la zona dove è finita la tappa. E’ davvero bello vincere qua».
Un po’ come ieri, con Ulissi, mentre venivamo via. Van Aert ci ha sorpassato tra i vicoli di Siena, tornati in mano ai turisti. C’era una salita per tornare ai bus. Mentre faceva lo slalom tra la gente, un cenno d’intesa e: «Uff, ancora salita!».
Ogni giorno i giornalisti belgi vanno al pullman della Visma-Lease a Bike e chiedono a Marc Reef, che guida la squadra al Giro, come sta Van Aert. Lo racconta bene Het Nieuwsblad, il cui inviato Jan-Pieter de Vlieger annota che le risposte della squadra stanno lentamente cambiando di tono. Al via della tappa di Matera, Reef ha risposto: «Speriamo che Wout guarisca». Al via da Castel di Sangro, il responso è stato: «Wout sta migliorando un po’ ogni giorno».
I progressi sono visibili, tanto che a Napoli il belga si è ritrovato nell’ultimo chilometro a giocarsi la tappa con Plowright, in piena preparazione per lo sprint. Dal punto di vista tattico, può essere stato un errore, ma Van Aert era felice di avere ancora forza nelle gambe.
9ª tappa, la tappa di oggi: Gubbio-Siena di 181 km9ª tappa, la tappa di oggi: Gubbio-Siena di 181 km
Il Van Aert del 2020
E’ opinione comune che una prima risposta attendibile sulle condizioni di Van Aert potrebbe arrivare oggi. La tappa Gubbio-Siena è una piccola Strade Bianche. I settori di sterrato sono soltanto cinque, ma i quasi 30 chilometri (di cui 26 concentrati in 34 chilometri di percorso) potrebbero rivelarsi un banco di prova severo e attendibile. L’arrivo a Piazza del Campo è lo stesso di marzo, con la salita di Santa Caterina.
Van Aert vinse su quelle strade nel 2020, con la condizione eccezionale che di lì a poco gli avrebbe permesso di vincere anche la Sanremo. E’ evidente che Wout non abbia la condizione di allora, ma l’assenza dei grandi specialisti potrebbe rendergli il compito meno gravoso.
Nel 2020 Van Aert vinse la Strade Bianche. Qui è con Fuglsang e AlaphilippeNel 2020 Van Aert vinse la Strade Bianche. Qui è con Fuglsang e Alaphilippe
Fra Yates e la fuga
Durante la preparazione del Giro, Wout ha svolto una ricognizione sul percorso della tappa. «E’ davvero difficile – ha affermato ieri – si tratta di una Strade Bianche a tutti gli effetti, non di una copia in miniatura come a volte si vede nei Grandi Giri. Mi sento meglio. Tagliacozzo è stata una tappa dura, ma l’ho superata bene. Ieri c’era tanto dislivello, tappa per veri scalatori. Ho sperato di tenere nel finale vallonato e per questo avevo pensato a una fuga, ma non è andata come pensavo.
«E adesso non vedo l’ora di correre sugli sterrati. Ma con la mia forma attuale non posso concentrare tutto in una tappa specifica. Ecco perché voglio provare a lottare per la vittoria di tappa ogni volta che sarà possibile. So che la priorità della squadra è portare Simon Yates al traguardo senza problemi, ma io ho carta bianca per unirmi a una fuga».
L’attacco di Pidcock a Pogacar su Monte Sante Marie: un’immagine dell’ultima Strade BiancheL’attacco di Pidcock a Pogacar su Monte Sante Marie: un’immagine dell’ultima Strade Bianche
Gli uomini di classifica
Sarà vero però che non ci saranno tra i piedi degli specialisti? E non è forse vero che negli ultimi anni la Strade Bianche si è trasformata in una corsa per scalatori, più che per esperti del fuoristrada? Ci sarà Vacek, che per certi versi somiglia a Van Aert, ma appare molto più in condizione. Ci sarà Pidcock, che a marzo si è arreso soltanto a Pogacar. E il suo allenatore Kurt Bogaerts è in sintonia con lo scetticismo sul ruolo che avrà Van Aert.
«Mads Pedersen con la sua forma attuale – ha detto al giornale belga – può essere della partita, ma per il resto vedo solo i corridori della classifica generale. Giulio Ciccone, Primoz Roglic, Juan Ayuso o Egan Bernal, che ha già ottenuto un quinto posto alla Strade Bianche. Lo si vede anche nelle tappe sul pavé del Tour, dove vengono alla ribalta anche gli uomini di classifica, che hanno il motore più potente. Van Aert potrebbe starci, ma credo che non sia ancora al massimo della forma. E’ normale non essere molto costanti dopo un incidente come quello della Vuelta. Credo che vedremo il Wout van Aert del passato solo nella seconda metà di quest’anno».
Quest’ultimo parere ha gelato l’entusiasmo dei media belgi. Che però stamattina ugualmente si sono presentati al pullman della Visma-Lease a Bike chiedendo a Reef qualche aggiornamento sulle condizioni del loro beniamino. Wout li ha abituati così bene, che è difficile credere nella sua vulnerabilità ed è sempre bello sperare che gli riesca un altro miracolo.
CASTELRAIMONDO – Quanto tifo ieri abbiamo visto lungo il tracciato per Giulio Pellizzari. Ma è così, quando c’è di mezzo l’enfant du pays… E’ il bello del ciclismo e del Giro d’Italia. Tanto calore anche per l’altro marchigiano in gruppo, Gianmarco Garofoli, ma lui è di Ancona e quanto calore ci fosse anche per lui già lo avevamo visto questo inverno, mentre queste maceratesi erano proprio le strade di Giulio.
La sua Camerino distava appena nove chilometri dall’arrivo. E’ qui che si allena ed è qui che ha iniziato a inseguire il sogno di diventare corridore. E oggi eccolo (di nuovo) al Giro d’Italia al fianco di un capitano importante, forse il più importante di tutta la corsa rosa.
Sandro Santacchi a capo del tifo per PellizzariSandro Santacchi a capo del tifo per Pellizzari
Non chiamatelo fans club
Ma di questo tifo vi vogliamo raccontare tramite Sandro Santacchi, il coordinatore del “non fans club” di Giulio.
«Non vuole che si chiami fans club – spiega Santacchi – perché Giulio è particolarmente attento a quello che sono i fatti e non le parole. Mi spiego meglio: lui considera il fan club come un modo di porsi al mondo con troppa apparenza. Un po’ come se non se lo fosse ancora meritato… diciamo così. Magari tanti suoi colleghi lo vorrebbero, ma lui non lo gradisce in modo ufficiale. Però noi gli andiamo dietro lo stesso, almeno dove è possibile!».
Messa così sembra che Pellizzari possa essere distante da loro, invece… fermi tutti, non è affatto così. Anzi. «Oggi (ieri, ndr) quando è passato su Sassotetto ci ha guardato e ci ha fatto un sorriso grosso così. Ha visto questo gonfiabile di sei metri! Era contento… E noi con lui».
Sandro Santacchi è alla guida di un gruppo di amici, sostanzialmente come ce ne sono tanti nei paesi d’Italia. E guida questo gruppo sotto le insegne della sua società ciclistica la Frecce Azzurre di Camerino.
Le classiche scritte sull’asfalto…E tanti cartelloni: così le strade maceratesi hanno accolto il ragazzo di casaLe classiche scritte sull’asfalto…E tanti cartelloni: così le strade maceratesi hanno accolto il ragazzo di casa
Griglia e ciclismo
Ieri su Sassotetto erano in tanti. Gli amici del paese, uniti dalla passione per la bici e l’amore per Pellizzari che hanno visto crescere. Il gonfiabile sì, gli striscioni anche… ma pure carne alla brace e vino.
«Siamo tornati giù da poco. Ci siamo divertiti. Perché siamo tutti innamorati di lui? Perché è una gran bella persona, in tutte le sue sfaccettature… E’ sempre sorridente, è sempre disponibile con tutti e allo stesso tempo è concentratissimo sui suoi obiettivi. E’ un professionista esemplare. Non lascia niente al caso. Ma quando poi monta in bici ha una cattiveria… E’ bestiale».
«Io, e non solo io, mi sono avvicinato a lui, prima di tutto perché c’è un bel rapporto con la sua speciale famiglia. Perché se Giulio è così è perché ha la fortuna di avere una famiglia stupenda. Abbiamo iniziato a seguirlo dalle sue gare juniores, noi tutti siamo appassionati di ciclismo. Era un piacere vedere pedalare questo ragazzino e si intravedeva subito che la stoffa c’era. E da lì, man mano, è nato tutto».
Qualcuno si aspettava che la Red Bull-Bora gli lasciasse spazio… ma la maglia rosa di Roglic è troppo importanteQualcuno si aspettava che la Red Bull-Bora gli lasciasse spazio… ma la maglia rosa di Roglic è troppo importante
Tifo competente
Prima, quando vi abbiamo detto che Santacchi è uomo di ciclismo, intendevamo nel vero senso della parola. Ha anche un certo occhio tecnico.
«Le doti di Giulio in bici le stiamo vedendo – racconta Santacchi – e ancora non abbiamo visto tutto, perché Giulio è in crescita. Ha già fatto un bello step dall’anno scorso. In tal senso mi ha molto colpito la cronometro che ha fatto a Tirana. Fino all’anno scorso non aveva mai preparato bene questa disciplina e quest’anno, stando in una squadra dove si cura di più, è andato subito bene».
La cosa bella è anche il rispetto verso l’atleta: non c’è invadenza. Il tifo vero è “senza nulla a pretendere”. Non pensiamo solo al “non fans club” di Pellizzari, ma in generale alle tantissime persone che lungo la strada scrivono un foglio, uno striscione o fanno scritte sull’asfalto. Il tifoso applaude quando passa il gruppo, applaude più forte quando passa il suo beniamino. In questo caso il ragazzo in corsa, dell’enfant du pays, diventa l’orgoglio di una terra.
«Se l’avevamo sentito prima della tappa di ieri? Vi dico questa – conclude Santacchi – ci siamo ripromessi che con l’inizio del Giro, Giulio avrebbe “staccato” il telefono. Era arrivato al punto che ogni sera aveva 400 messaggi e lui è tipo da rispondere a tutti! Quindi ha preferito fare così per non intaccare la sua concentrazione. Però sapeva che lo aspettavamo. Erano giorni che ci lavoravamo per farlo contento… e perché piaceva anche a noi. Anche perché non so quante altre volte potrà capitare che il Giro passerà dalle nostre parti con Pellizzari è protagonista. Bisognerà attendere altre congiunzioni astrali! Intanto ci siamo goduti questa».
CASTELRAIMONDO – Continuava a voltarsi indietro. Silenzioso. Uno sguardo al cronometro, un sorso della bevanda per il recupero, un altro sguardo al cronometro. Silenzio. «Quanto avevo di distacco, ditemelo». Ancora silenzio. Poi un urlo… Forte, di gioia. Diego Ulissi è la nuova maglia rosa del Giro d’Italia.
La tappa va a Luke Plapp, cronoman che, appena rimasto da solo, si è capito subito che non lo avrebbero più ripreso. Secondo Andrea Vendrame, uno dei protagonisti della fuga, Plapp è stato bravissimo: «Si vedeva nettamente che era quello che ne aveva di più. E’ andato forte, forte per davvero. Io ci ho provato. Ho dato una mano a Fortunato, che è un grande amico, per i punti della maglia. Spero mi ricambierà».
Ulissi si volta verso l’arrivo in attesa del verdetto. Rosa sì, rosa no. Non parla…Poi l’urlo. Una gioia potente«La maglia rosa è un sogno che si realizza», ha detto il toscanoUlissi si volta verso l’arrivo in attesa del verdetto. Rosa sì, rosa no. Non parla…Poi l’urlo. Una gioia potente«La maglia rosa è un sogno che si realizza», ha detto il toscano
Plapp, De Marchi, il destino…
Certo, la maglia rosa sulle spalle di un italiano mancava da quattro Giri e quasi 90 tappe. L’ultimo a portarla è stato Alessandro De Marchi, compagno di squadra proprio di Plapp alla Jayco-AlUla. Magari con la sua azione l’australiano ha costretto gli altri a tirare forte e ha aiutato, indirettamente, Ulissi a prenderla. Chissà. Ci piace pensare che ci sia un piccolo zampino anche di De Marchi, che qui al Giro non c’è: tagliato fuori dalla squadra all’ultimo minuto.
«Questa mattina – racconta Plapp – l’obiettivo era andare in fuga e pensavo potesse essere una tappa perfetta per me. Dopo la caduta nella crono di Tirana ho faticato un po’, mi fa ancora male il polso, ma la squadra ha sempre creduto in me. Nel finale ho avuto crampi alla gamba sinistra ma ho deciso di spingere. Questa vittoria la voglio dedicare a tutti. Per me è importante vincere con questo team: volevo portare in giro la cultura australiana nel mondo. Era il team che desideravo sin da bambino».
«De Marchi? E’ stato con noi l’anno scorso qui al Giro ed è stato bello viverlo con lui. E’ un corridore di grande esperienza. Ho saputo che non avrebbe fatto il Giro quando lo avete saputo voi. Che dire? Avrà la possibilità di essere al Tour o alla Vuelta. Spero di tornare a correre presto con lui».
Luke Plapp si prende Castelraimondo dopo un assolo di 45 kmLuke Plapp si prende Castelraimondo dopo un assolo di 45 km
E’ festa XDS
La festa esplode nel clan della XDS-Astana. Sappiamo le difficoltà che stanno attraversando: i punteggi, la rivoluzione in corso all’interno del team. E questa maglia rosa è un premio per tutti. E’ stato bellissimo, per esempio, vedere come Lorenzo Fortunato, appena arrivato al traguardo, sia subito andato da Ulissi per chiedergli se l’avesse presa.
Un grande abbraccio glielo ha dato anche Fausto Masnada. «E’ stata una tappa molto difficile – racconta Masnada con un sorriso largo – Strano a dirsi, ma questa mattina sul bus, durante la riunione, avevamo deciso che Fortunato e Ulissi dovevano entrare nella fuga e tutti abbiamo lavorato perché ci riuscissero. E credetemi, non è stato affatto facile, perché per due ore siamo andati a velocità folli. Però una volta entrati nella fuga abbiamo capito che poteva essere la loro, la nostra, giornata».
«Dietro non si capiva bene cosa volesse fare la Red Bull-Bora, se tenere la maglia o no. Anche perché essendo una fuga composta da corridori molto forti, era difficile da controllare. Alla fine però possiamo dire che questa sera si festeggerà la maglia rosa… Quando ho saputo che l’aveva presa? Proprio sull’arrivo, a cento metri per la precisione. Io passo e lo speaker annuncia la maglia di Diego!».
Anche oggi paesaggi stupendi lungo la dorsale appenninicaNel finale Bahrain e UAE hanno aumentato il ritmo e Ayuso ha strappato un secondo a RoglicUlissi in corsa ha pensato solo ad andare a tutta nel finale. Ha preso la maglia per 12″ su Fortunato e 17″ su RoglicAnche oggi paesaggi stupendi lungo la dorsale appenninicaNel finale Bahrain e UAE hanno aumentato il ritmo e Ayuso ha strappato un secondo a RoglicUlissi in corsa ha pensato solo ad andare a tutta nel finale. Ha preso la maglia per 12″ su Fortunato e 17″ su Roglic
Ulissi in rosa
Finalmente Diego Ulissi arriva in conferenza stampa. E’ davvero sereno, soddisfatto, orgoglioso… e anche un filo emozionato. Con la XDS-Astana è venuto per fare “casino”, per provarci come ha sempre fatto. Perché otto tappe al Giro non le vinci così, specie se non sei uno sprinter… con tutto il rispetto per i velocisti.
«Oggi – inizia a raccontare Ulissi, riallacciandosi senza saperlo alle parole di Masnada – poteva essere proprio il giorno giusto per fare qualcosa di buono. Tutti i compagni hanno fatto un grande lavoro per far sì che io e Lorenzo fossimo presenti nella fuga. Riguardo alla tappa bisogna solo dire che Plapp è stato superiore. Ma io sono contento di come sono andato. Il percorso era esigente e sono rimasto con i migliori. Francamente non avevo idea dei vantaggi, la radio non funzionava bene e mi dicevano di andare a tutta. Sapevo che stavo lottando sui secondi. Poi – e Ulissi sorride – la gente a bordo strada ha iniziato a urlarmi che mi stavo giocando la maglia. E’ stato incredibile».
Ma cosa vuol dire la maglia rosa per un corridore, specie per un italiano? Tanto, forse tutto. «Forse la radio non funzionava bene davvero. E sì, sono esperto, ma credo che alla fine non mi dicessero più i distacchi per non destabilizzarmi, per non deconcentrarmi. Magari inizi a farti dei pensieri… Non so, ma credo sia stata la scelta giusta da parte dell’ammiraglia».
«Non sono uno che si fa prendere dai sentimenti spesso, però quando ho visto la maglia rosa con la scritta XDS-Astana mi sono emozionato. A 36 anni ripercorri tutta la tua carriera. Mi sono levato belle soddisfazioni. Ho superato momenti difficili. Ho pensato alla mia famiglia. In questi 16 anni ho costruito una bellissima famiglia con tre bambine. E ancora i miei genitori, i miei nonni, tutti i sacrifici che hanno fatto fin da quando ero piccolino, per portarmi alle corse… Sì, mi sono emozionato pensando a loro».
L’incontro fugace nel dietro le quinte. Un cinque, un sorriso e una bottigliona!L’incontro fugace neldietro le quinte. Un cinque, un sorriso e una bottigliona!
Tante gioie e un sassolino
Questa maglia rosa è un premio alla carriera, dunque. Ulissi mancava al Giro d’Italia da due anni. La UAE Team Emirates non lo aveva convocato nel 2024: altre tattiche, altri obiettivi. Conquistarla a 36 anni non è cosa da poco, specie in questo ciclismo sempre più estremo, in cui l’età dei vincenti si è decisamente abbassata.
«Con l’età non è facile rimanere a grandi livelli – spiega il toscano – ma ho grandi motivazioni. Ho anche cambiato squadra per questo: per cercare di vivere giornate come questa. In UAE in questi anni hanno fatto altre scelte, come mandarmi in Ungheria a caccia di punti in concomitanza della corsa rosa, ma credo che dopo tanti anni in quel gruppo, praticamente tutti quelli della mia carriera, e con quello che avevo fatto, correre e vincere un Giro d’Italia al fianco di Tadej me lo sarei meritato. E l’anno scorso per me è stata una stagione importante, nel senso che non sono andato piano. Ho fatto moltissimi punti e ho chiuso tra i primi venti al mondo».
La conferenza termina ed Ulissi si alza e se ne va. Altre procedure post arrivo lo attendono. A un certo punto spunta da dietro una transenna. Lui in rosa, l’addetto stampa Yuri Belezeko con una bottiglia di spumante…
«Domani? Con la maglia rosa sulle spalle bisogna dare tutto. Certo, sarà una tappa particolare e complicata e servirà anche un po’ di fortuna. Ma lotterò. E poi arrivare in Toscana in rosa… Intanto penso a dormire bene stanotte!». Cosa che forse non sarà così facile… per fortuna.
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TAGLIACOZZO – Ad eccezione di Ayuso e Del Toro, abbastanza giovani e sfrontati da minacciare le certezze dei più grandi, fra i primi otto della tappa di ieri ci sono i corridori più titolati di questo Giro d’Italia. Gli altri sono appena più indietro, ma la classifica ora ha finalmente una forma. Damiano Caruso e i suoi 37 anni sono la voce più autorevole del primo gruppo. Ancora una volta il siciliano ha tagliato il traguardo accanto ad Antonio Tiberi. Franco Pellizotti dice che non lo vedeva da un pezzo così in forma e Damiano e le sue prestazioni gli danno ogni giorno ragione.
Con Tiberi quarto a 27 secondi da Roglic, Caruso viaggia in undicesima posizione e mantiene lo sguardo fisso su ciò che gli accade intorno, a metà tra il fratello maggiore e l’angelo custode. «E’ andata anche bene – dice – per essere un arrivo così esplosivo. Per quanto mi riguarda sono super soddisfatto sia della prestazione della squadra, della mia e anche per quella di Antonio. Non è una sorpresa, sta facendo quello che ha promesso. Ma di Roglic non mi fido, lui la sa lunga, nell’arco delle tre settimane può ancora dire molto…».
Il diesse Stangelj sa che Caruso, qui sui rulli, è l’uomo che può fare la differenza nel Giro di TiberiLa Bahrain Victorious verso Tagliacozzo in testa al gruppo ha fatto il primo forcingIl diesse Stangelj sa che Caruso, qui sui rulli, è l’uomo che può fare la differenza nel Giro di TiberiLa Bahrain Victorious verso Tagliacozzo in testa al gruppo ha fatto il primo forcing
Tiberi che cresce
La Bahrain Victorious ha preso in mano la corsa poco prima dell’ultimo bivio verso Marsia, la località sciistica ormai dismessa che ha ospitato il traguardo della settima tappa del Giro d’Italia.
«Siamo atleti che lavorano insieme da tanto – spiega Caruso – quindi è un gruppo affiatato. La squadra ci dà fiducia, quindi è giusto ricambiarla. Si vede anche da come corriamo, in gara non c’è bisogno nemmeno di parlare. Ci guardiamo e ognuno sa quello che deve fare e questo è gratificante. In questo quadro, Antonio sta crescendo nella personalità e in tutti gli aspetti, quindi il progetto va avanti. E alla fine è andata bene anche per me. Era un finale molto impegnativo, perché gli ultimi due chilometri erano abbastanza tosti. Tutta la tappa, specialmente la partenza, è stata corsa a ritmi veramente importanti. E’ venuta fuori una giornata impegnativa, ma anche soddisfacente per me, per la squadra e per il nostro leader, quindi oggi (ieri, ndr) andiamo a riposarci contenti».
Nonostante l’arrivo esplosivo, Tiberi ha risposto bene agli attacchi di Bernal e Ciccone. Poi tutti si sono arresi ad AyusoLa Bahrain Victorious è un gruppo ben affiatato. Pasqualon ieri verso l’arrivo, dopo aver lavorato nei primi chilometriNonostante l’arrivo esplosivo, Tiberi ha risposto bene agli attacchi di Bernal e Ciccone. Poi tutti si sono arresi ad AyusoLa Bahrain Victorious è un gruppo ben affiatato. Pasqualon ieri verso l’arrivo, dopo aver lavorato nei primi chilometri
Un livello altissimo
E’ mancato Roglic, dice Caruso. Ieri tutti lo aspettavano, invecePrimoz non ha risposto all’attacco di Ayuso e neppure ai precedenti di Ciccone e Bernal. Ha preferito o è stato costretto a starsene alla finestra e alla fine ha perso un’occasione.
«Siamo andati forte tutto il giorno – racconta – regolari e a tutta. L’accelerazione è una delle caratteristiche di Ayuso, lo scatto secco, più di quanto lo abbia Antonio. L’importante però è che ci sia stata una reazione da parte di entrambi. Sono felice di questo, perché ho risposto anch’io bene, nonostante i miei 37 anni. Se tutto va bene e uno ha voglia di correre e continuare a fare sacrifici, può ancora correre ad alti livelli. Però devono esserci questi presupposti, altrimenti non si va più avanti. C’è da dire che si va davvero forte. Si potrebbe pensare che non sia stato un grande arrivo, dato che non ha fatto differenze notevoli. L’arrivo invece era giusto, il fatto però è che tutti i corridori sono preparatissimi e il livello è così alto che certi giorni i percorsi non bastano più…».
TAGLIACOZZO – Se Roglic avesse avuto la stessa prontezza quando è scattato Ayuso, probabilmente oltre ad aver conquistato la maglia rosa, avrebbe vinto anche la tappa. Invece lo sloveno ha esitato, mentre è stato rapidissimo a lasciare la conferenza stampa quando l’interruzione di corrente ha fatto spegnere le luci. In montagna può capitare, lui si è alzato subito di scatto, ha lasciato la risposta a metà e si è precipitato giù dalla scaletta verso l’antidoping. Per certi versi c’è da capirlo. Dopo la discesa al piazzale dei pullman, li attendono due ore di viaggio fino alla costa adriatica, ma i modi lasciano a desiderare. Chiamiamola originalità.
Dopo l’arrivo di Ayuso, l’abbraccio col massaggiatore Paco: è la prima vittoria in un Grande GiroDopo l’arrivo di Ayuso, l’abbraccio col massaggiatore Paco: è la prima vittoria in un Grande Giro
La prima di Ayuso
Il primo arrivo in salita del Gironon ha fatto male come tradizione vorrebbe. Gli ultimi due chilometri della scalata finale che da Tagliacozzo conduce a Marsia erano i più ripidi, ma la sensazione è che non siano bastati per fare azioni di classifica. Fra quelli più attesi, soltanto Pidcock e Piganzoli hanno pagato più di quanto fosse lecito aspettarsi (rispettivamente 34″ e 38″). Fra i primi invece si è risolto tutto in una serie di provocazioni. Prima il forcing della Bahrain Victorious. Quindi i due attacchi violenti di Ciccone, poi rimasti nelle gambe. Quindi il forcing di Bernal e solo alla fine, con lo sforzo di 35-40 secondi che sapeva di avere nelle gambe, la rasoiata di Ayuso che ha lasciato tutti sul posto.
«Non è una semplice vittoria – dice lo spagnolo della UAE Emirates – è la mia prima vittoria in un Grande Giro, quindi è una di quelle che ricorderò per sempre. Ricordo la prima da professionista a Getxo e questa è la prima tappa in un Grande Giro, siate certi che la porterò sempre con me. Nel finale ho sempre seguito Roglic perché in questi arrivi lui è il più forte e vince praticamente sempre. Quando è iniziato l’attacco, non sapevo se stesse aspettando che partissi o stesse giocando. Ma quando la mia distanza è arrivata, ho attaccato e non mi sono fermato finché non è finita. Prima di muovermi ho lasciato che gli altri sprecassero un po’ di energia. Più o meno sono azioni che hai in mente, ma dipende sempre da come arrivi e dalle gambe. Mi sentivo bene. Sapevo di poter fare un attacco di circa 30-45 secondi, che più o meno è quello che ho fatto, forse un po’ di più. Era importante fare un attacco solo, anziché provare e poi voltarsi e poi rifarlo ancora. Un attacco solo e possibilmente vincente».
Si partiva in salita verso Roccaraso, Roglic e la Red Bull sui rulliDopo Tirana, un’altra rosa per Roglic, che però non sembra assillato dalla difesa a tutti i costiPellizzari ha tirato per tutto il giorno e nel finale ha ceduto 14 secondiSi partiva in salita verso Roccaraso, Roglic e la Red Bull sui rulliDopo Tirana, un’altra rosa per Roglic, che però non sembra assillato dalla difesa a tutti i costiPellizzari ha tirato per tutto il giorno e nel finale ha ceduto 14 secondi
La fuga di Roglic
Pizzicato al riguardo, Roglic ha giocato, ma probabilmente dietro il tanto sorridere e mostrarsi gioviale c’è stato qualche minuto di buco, che gli ha impedito di rispondere agli attacchi finali. Il leader della Red Bull-Bora ha perso ieri l’appoggio di Hindley, ma si ritrova accanto un Pellizzari solido e pimpante e starà a lui essere all’altezza del compito che lo attende. La maglia rosa è tornata dopo quella di Tirana, ma la sensazione è che neppure questa volta, Roglic si svenerà per difenderla.
«Non sono più così giovane – dice – i giovani invece si accendono subito. Io ho bisogno di un po’ di tempo per iniziare a carburare, ma me ne vado da questa salita con la maglia rosa. Ancora una volta lo ripeto: è un privilegio. Gli avversari sono sempre più vicini e non so quando me la porteranno via. So però che oggi la nostra squadra ha corso bene per tutto il giorno. Mi sto godendo la giornata, non si sa mai quanto durerà. Essere qui a lottare con i migliori è meraviglioso, anche se quando è partito l’attacco non ero nella posizione in cui dovevo essere. Forse ho dormito un po’».
A questo punto, approfittando dell’interruzione di corrente, la maglia rosa se ne è andata, covando forse il sottile fastidio per non essere riuscito a vincere sull’arrivo che lo chiamava da giorni e su cui non è andato oltre un pur lodevolissimo quarto posto, alle spalle di Ayuso, Del Toro e Bernal.
«Del Toro è un compagno di squadra e un amico – ha detto Ayuso dopo la vittoria – mi fido totalmente di lui»«Del Toro è un compagno di squadra e un amico – ha detto Ayuso dopo la vittoria – mi fido totalmente di lui»
L’attesa degli sterrati
Ayuso invece ha la calma serafica di chi vuole stringersi forte il momento e farne parte finché ci sarà luce. Risponde alle domande e non evita quelle scomode. Anche quando gli chiedono chi secondo lui vincerà il Giro. E poi lo spagnolo butta lo sguardo sulla tappa di Siena, la meno prevedibile.
«Siamo venuti con l’ambizione di vincere – dice – io per primo ho l’ambizione di vincere. Ma penso che la responsabilità e il peso della gara si vedranno sulla strada. Oggi è solo un primo passo, già domenica sugli sterrati ci sarà una tappa forse più temibile. Sarà sicuramente una delle più impegnative di questo Giro. Non avremo bisogno soltanto di buone gambe, di una buona posizione o di una squadra forte. Servirà anche la fortuna perché le forature possono rovinare l’intero Giro. Bastano una foratura o un brutto momento e mesi di lavoro andranno in fumo».
Le auto hanno iniziato la discesa. Prima le ammiraglie, poi quelle del Giro-E. La Polizia e lentamente tutti quelli che non vedono l’ora di tornare a valle e riprendere l’autostrada. Il livello del gruppo è così alto che nessuno degli uomini di classifica ha perso terreno. Sono saliti in gruppo, col paradosso che anche in salita ormai si sta bene a ruota. Non era un arrivo risolutivo, ma ha confermato che i migliori sono tutti lì. Ha ceduto Pidcock, inaspettatamente. Anche Piganzoli ha ceduto, ma non stava bene. Invece Fortunato, che ieri è caduto, oggi ha sofferto ma ha tenuto duro. Fra una schermaglia e l’altra, il vero Giro deve ancora cominciare.
Pogacar è il più forte quindi ogni giorno risparmia qualcosa: è in sintesi la tesi di Pino Toni. Anche a livello tattico lo sloveno è in una botte di ferro