Pista, quali differenze tra le varie gare? Risponde Selva

05.12.2023
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La pista non va mai in vacanza, lo si può affermare serenamente. Nei suoi tanti appuntamenti è sempre presente un certo tipo di agonismo, anche per ciò che c’è in palio. Dal prestigio personale all’affinamento della condizione, dai punti per il ranking internazionale alle qualificazioni olimpiche o mondiali.

La collezione autunno-inverno tradizionalmente è sempre stata popolata dalle iconiche Sei Giorni (come quella di Gand), cui nelle ultime tre stagioni si è aggiunta la Uci Track Champions League, voluta per rendere le gare nei velodromi appetibili ad un pubblico più ampio e meno di nicchia, come ci aveva detto il suo direttore Florian Pavia. La campagna primaverile-estiva invece lascia spazio alle prove di Nations Cup e alle gare nei velodromi scoperti. Ma esistono differenze di livello qualitativo tra queste varie corse? E se sì, quali sono? Abbiamo chiesto le risposte a Francesca Selva, che con la sua partecipazione alla Champions League se ne è fatta un’ulteriore idea. Sentiamo cosa ci ha detto la 24enne veneziana di Marcon, che in questi giorni è impegnata a Montichiari per un raduno azzurro in vista delle prossime gare e del 2024, nel quale proverà ad intensificare anche l’attività su strada.

Selva corre su strada col team irlandese Torelli. Nel 2024 vorrebbe intensificare l’attività in funzione della pista
Selva corre su strada col team irlandese Torelli. Nel 2024 vorrebbe intensificare l’attività in funzione della pista
Ormai Francesca possiamo considerarti fissa nel gruppo della nazionale?

Direi di no per il momento, perché mi devo ancora confrontare con calma con Marco (Villa, il cittì della pista, ndr). Lui però sa che io sono disponibile alle sessioni di allenamento che ci sono sempre state tutte le settimane. E sa anche che se c’è bisogno, può contare su di me. Le convocazioni in Nations Cup per Cali nel 2022 e per Il Cairo lo scorso marzo sono state le occasioni per entrare nel giro azzurro ed io voglio provare ad investirci più tempo.

Punti a guadagnarti un posto per le prossime Olimpiadi?

A chi non piacerebbe andarci? Ma non esageriamo (sorride, ndr). Non mi sono fatta alcun tipo di aspettative e false speranze. So perfettamente che c’è già un gruppo di atlete che andrà a Parigi ed è giusto così. Vedremo dopo le Olimpiadi se si potranno aprire nuove possibilità. Di sicuro so che vorrei allenare l’inseguimento a squadre e migliorare altre mie caratteristiche. E’ per questo che proverò a correre un po’ di più su strada sempre in funzione della pista. La Torelli, la mia squadra, ha ricevuto nuovamente l’invito per correre la RideLondon e nel 2024 vorrebbero farmela correre. Sono affascinata da quella gara, ma dovrò prepararmi bene.

Cosa intendi per “in funzione della pista”?

Non sono mai stata entusiasta di correre su strada, ma l’ho rivalutata dopo le gare che ho fatto tra fine luglio e settembre. In Polonia ho finito una piccola corsa a tappe e non lo avrei mai detto. Sono rimasta piacevolmente sorpresa perché non ero abituata a quel tipo di fatica. Ho capito che su strada posso migliorare la mia resistenza in pista, visto che faccio le discipline endurance. Anche se di pochi secondi, in pista necessito sempre di un momento dove poter rifiatare e a volte è quello che ti manca per fare la differenza o finire meglio la gara. Anche le tre kermesse che ho fatto in Belgio erano simili allo sforzo che faccio solitamente in pista. Facendo così, spero quindi di potermi presentare più preparata alle prossime corse nei velodromi.

Proprio a Londra si è conclusa la Champions League. Cosa prevede ora il tuo calendario?

Nel frattempo, verso fine novembre, ho disputato la “4 Giorni di Ginevra” infilandoci anche qualche giorno di recupero. La settimana prossima torno in Svizzera per la Track Cycling Challenge di Grenchen, poi andrò a Copenaghen per le gare di fine anno (28 e 29 dicembre, dove sarà presente anche Viviani, ndr). A gennaio invece sarò in Germania per le Sei Giorni di Brema e Berlino, anche se in realtà correrò le mie discipline rispettivamente solo per uno e tre giorni.

Considerando le esperienze che hai accumulato nelle varie manifestazioni in pista, ci sono differenze fra loro?

Assolutamente sì, ma vanno contestualizzate. Ho corso tante gare di classe 1 e classe 2, ho fatto la Nations Cup e ultimamente la Champions League. Tre eventi diversi fra loro per modo di correre e dove ci sono corridori con esperienze ed obiettivi diversi. Le differenze maggiori le ho notate sul piano tecnico.

Puoi spiegarcele?

Parto dalla Champions, visto che era una novità per me. Anche se non c’era la madison, la mia specialità principale, devo dire che a livello mentale è piuttosto semplice, così come per l’interpretazione. Tuttavia si ha una qualità dei partecipanti molto alta. Si viaggia con rapporti folli e si va a tutta per quei 10/15 minuti. Se ne hai da restare agganciata, meglio per te. Paradossalmente andando così forte, non devi quasi preoccuparti di tattica o errori altrui. Cose che invece si verificano nelle altre competizioni.

Selva dopo Parigi 2024 vorrebbe allenare meglio l’inseguimento a squadre e altre sue caratteristiche
Selva dopo Parigi 2024 vorrebbe allenare meglio l’inseguimento a squadre e altre sue caratteristiche
Continua pure.

Alla Nations Cup ho sempre trovato un livello poco omogeneo. Questo è dato anche dal periodo in cui si corre. Spesso le prove sono in concomitanza con l’attività su strada e quindi la qualità può variare tanto. Sia a Cali che al Cairo ricordo che nella madison c’erano 3/4 coppie forti o che comunque sapevano correre, tra le quali inserisco anche noi italiane. Le altre invece erano pericolose e si vedeva che non erano ben affiatate. Infatti la difficoltà maggiore era stare attente continuamente alle manovre delle ragazze meno pratiche. Molte di loro facevano il cambio al contrario rispetto al tradizionale e questo può influire sulla gestione della gara.

In che modo?

Se non si parte forte o davanti, poi si rischia di restare imbottigliate per troppo tempo. Per uscire dalle retrovie o per evitare le cadute si consumano tante energie psicofisiche. Ad esempio a Il Cairo abbiamo sempre corso col coltello fra i denti. Eravamo tante coppie e pure le qualifiche per la madison erano state difficili. Personalmente soffro sempre tanto una madison disordinata e, come me, credo anche altri puristi della pista.

Nelle gare di classe 1 e classe 2 invece che livello c’è?

A proposito di puristi, lì si trovano proprio quegli atleti che in pista sono a proprio agio e che amano quel tipo di ciclismo. Non sono gare facili perché molti corridori vengono per prendere punti per il ranking. Di base il livello è medio-alto, poi ci sono sempre quelle star che lo alzano ulteriormente. Ci sono differenze anche tra le corse all’aperto e indoor. Non solo per una questione climatica ma anche per il fondo in legno o in asfalto. Sembrano due mondi totalmente agli antipodi. Ecco, nonostante tutto e si vada forte anche qua, diventa più semplice correre perché ogni atleta sa cosa deve fare e come si corre.

Vece, dopo la Champions si lavora per trovare più consapevolezza

11.11.2023
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LONDRA – L’espressione sorridente che Emma Finucane, campionessa del mondo in carica della velocità, indirizza a Miriam Vece significa una bella iniezione di fiducia per lei. La ventenne gallese ha vinto da poco il primo round facendo tanta fatica per superare l’italiana nella batteria che le vedeva di fronte anche alla olandese Ruby Huisman.

Nella zona box del Lee Valley Velopark si assiste ad un continuo pellegrinaggio di atleti che salgono e scendono dalla pista per le varie prove della Uci Track Champions League. L’atmosfera è quella del grande evento che conoscerà il suo atto finale nella prima serata di oggi. Vece è alla terza partecipazione su tre edizioni e conosce bene la manifestazione allestita da Warnes Bros Discovery. Attualmente sta lottando per la top 10, però sa quali indicazioni trarre. Ne parla con Daniele Napolitano, suo compagno di nazionale ed arrivato nella capitale britannica per supportarla, oltre che per osservare gli avversari. Parlando con Miriam sul 2024 che la aspetta, abbiamo compreso meglio il valore di quello sguardo iniziale.

Nella Champions, Vece (in secondo piano) tra velocità e keirin ha alternato buone prove ad altre più anonime (foto Uci Track CL)
Nella Champions, Vece (in secondo piano) tra velocità e keirin ha alternato buone prove ad altre più anonime (foto Uci Track CL)
Possiamo considerarti una veterana della Champions. Che differenze hai notato dal 2021 ad oggi nelle tue prestazioni?

Nella prima edizione ho avuto più fortuna. Venivo dal mondiale di Roubaix dove ero andata bene ed avevo continuato ad allenarmi. Invece quest’anno e lo scorso arrivavo direttamente dalla off-season. Sono venuta qua per fare della gamba, correre e vedere il livello che c’è. Naturalmente mi fa piacere aver ricevuto l’invito, è sempre una bella manifestazione. Mi sto divertendo e qualche risultato l’ho ottenuto.

Lo sprint di prima con Finucane è uno di questi?

Direi proprio di sì, se contestualizzo la mia forma attuale. In pratica sono tornata veramente in pista a Maiorca. Dopo i mondiali non sono stata molto bene. Ho avuto problemi ai denti, poi mi sono operata al naso. Ho ripreso facendo lavori in palestra e su strada a Salerno, la città originaria dei miei genitori. Solo a ottobre inoltrato abbiamo ricominciato gli allenamenti a Montichiari. Poco fa ho fatto sudare Emma, che aveva lanciato uno sprint lunghissimo. Sono comunque soddisfatta in un certo senso perché qua, considerando il bel montepremi in palio, nessuno mente e tutte vanno forte.

Un pregio e un difetto della Champions League?

La cosa brutta, per modo di dire, o comunque stancante sono i viaggi. Arrivi il giorno prima della gara, devi montare la bici, corri al sabato, smonti la bici e la rimetti nel cartone da spedire. Diventa un po’ stressante fare così tutto di fretta. Lo penso ogni volta, però poi penso che se non mi avessero invitata ci sarei rimasta male (dice sorridendo, ndr). La cosa bella invece è che corri senza pressioni, almeno io. Faccio le mie prove cercando di imparare un po’ di tecnica e tattica. E un altro aspetto positivo è che posso rappresentare l’Italia, quest’anno assieme a Francesca (Selva, ndr).

La Champions può dare indicazioni per le altre manifestazioni internazionali?

Sì e no. La stessa Finucane non la vedo performante come ai mondiali. Sono sicura però che a gennaio, quando ci saranno gli europei, lei sarà al top. Viceversa, la Propster (campionessa europea nel team sprint e U23 nella velocità, ndr) che di solito non è tra le titolari della nazionale tedesca, in cui il livello è molto alto, qua alla Champions è stata leader nelle prime due prove. Diciamo che si può vedere a che punto sono le avversarie, ma non è troppo attendibile. Adesso da una settimana all’altra cambiano tante cose. Ad esempio io a Berlino sono arrivata in finale nel keirin, a Parigi la settimana scorsa invece un disastro. Poi contano gli allenamenti che si fanno, specie per me con Quaranta.

Cosa ti ha detto Ivan per questa Champions League?

Anche se mi considera una ragazza esperta, lui ha sempre da ridire (sorride, ndr). Mi dice sempre che devo ancora imparare a correre, più che altro perché mi sottovaluto tanto. In gara mi sembra sempre di non riuscire a fare le cose, quando invece Ivan mi ripete che le gambe le ho e che vado più forte di tante altre che mi arrivano davanti. Questa è una cosa negativa per quello che faccio. Perciò quando a casa analizziamo le gare, c’è sempre da discutere (e sorride nuovamente, ndr).

In vista degli europei e quindi delle Olimpiadi stai lavorando per colmare questo gap psicologico?

Sì, assolutamente, lo stiamo già facendo. Stare nel gruppo dei ragazzi mi aiuta tanto. Mi spronano e me lo dicono a ragion veduta, visto che mi alleno con loro. Spero di qualificarmi per Parigi…

La scorsa estate Quaranta la dava quasi per certa.

Con un piede sono a Parigi, con l’altro sono ancora in Italia. Al momento sono ampiamente dentro al ranking per andarci, sia nella velocità sia nel keirin, però per la qualificazione mancano ancora quattro passaggi. Voglio partire subito bene con l’europeo e poi guadagnare i punti necessari nelle altre tre prove di Nations Cup. Io dovrei andare malissimo e quelle dietro di me dovrebbero stravincere. Tutto può succedere. Finché non la ottengo, non ci credo. Di sicuro se dovessi fare dei bei tempi, allora anche quel famoso gap psicologico si ridurrebbe e sarebbe un po’ più facile prepararsi.

Miriam Vece (qui con Ivan Quaranta) a Parigi 2024 potrebbe essere la prima donna italiana della storia a fare velocità alle Olimpiadi
Miriam Vece (qui con Ivan Quaranta) a Parigi 2024 potrebbe essere la prima donna italiana della storia a fare velocità alle Olimpiadi
A Parigi potresti scrivere la storia come prima donna italiana nella velocità. Quando inizierà Miriam Vece a preparare il suo intenso 2024?

Finita la Champions League, farò una settimana di riposo d’accordo con Quaranta. Poi da fine novembre ci rimettiamo sotto. Per l’europeo si dice che potremmo fare anche un team sprint. Ivan vorrebbe portare delle giovani, ma vedremo. In effetti andare alle Olimpiadi sarebbe già un grandissimo traguardo, un vero orgoglio per me, visto che prima di me nessuna azzurra lo ha mai fatto. In ogni caso ci arriverò tranquilla. Quando vedremo che l’Italia sarà qualificata, allora con Ivan inizieremo a lavorare per il podio, pur sapendo che non sarà per nulla semplice. Però a Tokyo Kelsey Mitchell vinse la velocità ed era l’ultima arrivata. Quindi mai dire mai.

Tra sfogo e bilancio, la Champions di Francesca Selva

08.11.2023
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Un malinconico post su Instagram, con cui Francesca Selva ha voluto fare il punto sulla sua partecipazione alla Champions League della pista. Le attese erano tante, l’ambizione non si è certo fermata davanti alla consapevolezza di una preparazione messa insieme frettolosamente nelle ultime settimane. E così all’orgoglio di farne parte si è sovrapposto un velo di sfiducia, nato più che altro dalla pressione psicologica. Allora per metterla un po’ sul leggero, strapparle un sorriso e in attesa di seguirla di persona nelle ultime due serate di Londra, abbiamo aggiunto Francesca a casa, un paio di giorni prima dell’ultima valigia.

Questa la foto utilizzata da Francesca Selva su Instagram per raccontareil suo stato d’animo (foto SWpix.com)
Questa la foto utilizzata da Francesca Selva su Instagram per raccontareil suo stato d’animo (foto SWpix.com)
Insomma, cos’era quel post?

A me piace scrivere, analizzare. E’ stato come fare un bilancio, concedersi uno sfogo. Sto facendo fatica e c’è stata anche un po’ di sfortuna. Nella prima tappa ho bucato e stavo bene. Nella seconda tappa, ho avuto una giornata no. Stavo male, non mi sarei neppure alzata dal letto. La settimana scorsa tutto sommato stavo abbastanza bene, non ho avuto problemi. Però ho fatto una serie di movimenti sbagliati in gruppo, ero spesso nella posizione sbagliata. E quindi, a causa di questi errori tecnici, anche se stavo bene il risultato che si può essere percepito dall’esterno non esprime quel che mi sento. Ho un po’ di amaro in bocca, mi dispiace perché vorrei riuscire a raccogliere tutto quello che posso. Chiaramente non è facile e probabilmente sto pagando il fatto di non aver mai gareggiato a livelli così alti. Non ho mai partecipato a europei o mondiali. Quindi la gestione della grandezza dell’evento mi pesa.

Ci sei arrivata anche senza una grande preparazione, no?

Esatto, infatti inizialmente ero già felice di essere là. Quando poi ci sono arrivata, ho scoperto che non mi bastava più. Questo è il succo della faccenda.

Le gare sono tiratissime, servono gambe ed esperienza per gestirsi al meglio (foto SWpix.com)
Le gare sono tiratissime, servono gambe ed esperienza per gestirsi al meglio (foto SWpix.com)
Non hai fatto mondiali, però sei stata due volte in Nations Cup, quindi un po’ di alto livello l’hai visto. Quali sono le differenze?

E’ la grandezza dell’evento, anche se non sono un’atleta che si agita prima delle gare. In Nations Cup si corre con la maglia azzurra e quello un po’ di peso sulle spalle lo mette. La prima volta ho corso con Matilde Vitillo e sapevamo che comunque era impossibile correre per una medaglia, per cui abbiamo cercato di fare il massimo. Lei è giovane, doveva fare esperienza, io dovevo portarle un po’ della mia nella madison. Quindi è stato più un passaggio di crescita per lei e l’ho vissuta tranquilla, senza pressioni. L’anno scorso a Cali correvo con Letizia Paternoster, quindi ero un po’ più agitata, perché sapevo di essere la pedina debole della coppia e avrei dovuto sputare sangue per vincere la medaglia che poi abbiamo preso. Però il livello era oggettivamente molto più basso, non c’è nessun paragone.

La Champions è così tirata?

Io non ho mai corso gare di questa portata. Il livello delle atlete è alto e le gare sono velocissime. Si va forte, si va tanto forte. E’ un altro mondo, proprio un modo di correre completamente diverso. E poi col fatto che è un format televisivo, tutti vogliono farsi vedere e cercano di dare il meglio. Quindi vengono fuori delle gare veramente tiratissime. Anche nella corsa a punti che facciamo al pomeriggio, che non serve assolutamente a niente, si scannano come se fosse veramente il campionato del mondo.

Francesca Selva divide le trasferte con Miriam Vece, impegnata nelle gare veloci (foto SWpix.com)
Francesca Selva divide le trasferte con Miriam Vece, impegnata nelle gare veloci (foto SWpix.com)
Come mai secondo te?

Si sente tanto la grandezza dell’evento. In un mondiale sai che ti stai giocando la maglia iridata, qua è diverso. L’atmosfera che c’è in pista ti fa sentire che sei al centro di una cosa enorme. Hai tutti gli occhi addosso e ti dici che non devi fare brutta figura, perché il mondo sta guardando.

Possiamo dire che hai cominciato dall’Università, senza passare dalla materna?

Diciamo di sì. A livello di esperienze, sono ancora una bambina. Sono entrata in nazionale a 23 anni, che è una cosa abbastanza fuori dagli schemi. Quindi chiaramente dalla parte della gestione emotiva mi manca ancora qualcosa. In più mettiamoci che è tutto molto frenetico. Arrivi il giorno prima. Monti le bici. Corri. Smonti le bici. Parti di nuovo. Vai a casa e fai tutto da sola. A me non pesa particolarmente, perché sono abituata a viaggiare così durante l’anno. Però chiaramente quando sei a quel livello, con gli inglesi che magari sono in 12 e hanno con loro lo staff della nazionale, le differenze si vedono. Intendiamoci, non credo che a me possa fare la differenza, se non un paio di posizioni. Non stiamo dicendo che potrei vincere.

Lo consideriamo un punto di partenza?

Prima di partire ero contenta di essere lì, mentre adesso effettivamente mi scontro col mio essere una persona competitiva. Quindi non mi basta semplicemente partecipare. Voglio giocarmela, però onestamente non potevo aspettarmi chissà cosa da me stessa. Quando sei lì, vuoi ottenere sempre di più. Anche io ho scritto che è un punto di partenza, invece la mia nutrizionista mi ha risposto che non è molto d’accordo. Secondo lei non è un punto di partenza, nel senso che io qua ci sono arrivata con un percorso ben duro e difficile e l’ho affrontato da sola. Quindi secondo lei, è un bel traguardo che ho raggiunto.

E tu cosa ne pensi?

Per me è il modo di realizzare quanto devo ancora lavorare, quanto voglio lavorare per arrivare lì, non solo per esserci. Spero che anche questo inverno io possa allenarmi ancora con la nazionale. Mi sono sentita con Marco Villa e Diego Bragato che stanno facendo i piani e ho chiesto di poter lavorare con loro. Ancora non sono pronta per giocarmi una vittoria a questo livello, però ci voglio arrivare. E farò tutto quello che serve.

Il fatto di essere sempre in diretta tivù fa sì che le gare siano sempre molto combattute
Il fatto di essere sempre in diretta tivù fa sì che le gare siano sempre molto combattute
Manca l’ultimo turno di questa Champions. Come quale spirito andrai a Londra?

Voglio provare a tirar fuori qualcosa di più, l’unica cosa che mi chiedo è di non pensarci. A questo punto non ho niente da perdere, quindi meglio fare ultima avendoci provato, piuttosto che restare per tutto il tempo a ruota. A Londra proverò a viverla un po’ più serenamente, senza pensare a dove sono e cosa sto facendo. La prenderò come una gara normale e la gestirò come faccio di solito. Alla fine devo essere contenta di essere lì e devo cercare di trarne il meglio, quindi proverò a divertirmi e basta. Il fatto che ci sia Miriam Vece con me è una fortuna e mi aiuta. La settimana scorsa ha fatto una volata che mi ha esaltato e quando sono salita nell’eliminazione, anche se stavo male, avevo voglia di spaccare il mondo. Insomma, siamo solo in due ed è sempre bello avere una compagna di nazionale che un po’ ti capisce. Ci stiamo divertendo tanto, al di là dell’aspetto delle gare.

Felicità Selva, la Champions League pareggerà i conti

29.09.2023
6 min
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Francesca Selva la incontrammo lo scorso novembre a Noto, nel ritiro della nazionale della pista. Spigliata e diretta, ci raccontò la passione per la pista: il vero centro della sua attività di atleta. Nel resto del tempo lavorava per T°Red che produce le bici su cui correva. Tuttavia dopo la Coppa del mondo del Cairo le cose hanno preso una piega diversa. La sua strada si è divisa da quella dell’azienda di Montichiari e in poche settimane, rimboccandosi le maniche, Francesca si è inventata una nuova dimensione. Alla fine c’è riuscita. E pochi giorni fa, al culmine della stagione così raddrizzata, ha ricevuto la convocazione in cui non osava più nemmeno sperare.

«Mi hanno invitata alla Champions League della pista – sorride la veneziana (in apertura, foto Marc Goyvaerts) – ed è stata una sorpresa. Quest’anno non avevo nemmeno provato a entrare, perché su 18 posti, 12 erano esclusiva per i podi del mondiale. E io il mondiale l’ho visto dal divano di casa, quindi evidentemente non potevo esserci. Però c’erano sei wild card in tutto il mondo a discrezione dell’organizzazione. Neanche venti giorni fa la mia compagna ha detto che l’avevano contattata per andare e, visto che insieme facciamo tutto il calendario della pista, ormai gli organizzatori ci conoscono. Così ho provato a scrivere a quelli della Champions. Mi hanno riposto dopo un paio d’ore che mi avrebbero fatto sapere la settimana successiva. Io ero a correre in Danimarca, era un venerdì e il mercoledì successivo mi ha scritto questo ragazzo. E mi ha detto che ero stata presa. Ho pianto per venti minuti…».

Selva-Vitillo: la coppia della madison che ha corso al Cairo nella Coppa del mondo 2023
Selva-Vitillo: la coppia della madison che ha corso al Cairo nella Coppa del mondo 2023
Come mai?

Perché era un sogno poter andare, ma non lo avrei mai immaginato, soprattutto dopo l’anno che ho passato. Se me l’avessero detto 2-3 mesi fa, non non ci avrei creduto e tutt’ora faccio fatica a realizzarlo. Penso che non lo realizzerò finché non sarò lì a correre. Per me è un grandissimo obiettivo. C’è chi magari va per i soldi, per me che in questo lavoro investo il mio tempo e i miei soldi, è il riconoscimento di tutto quello che sto facendo.

Che stagione è stata finora questa per te?

Ci siamo visti in Sicilia. Dopo quel ritiro ho continuato a correre in inverno. Ho vinto un po’ di gare e a gennaio ero al ritiro con la nazionale a Calpe e poi ho fatto tutto il lavoro invernale in pista a Montichiari con la nazionale. Mi sono veramente resa conto di cosa voglia dire lavorare a quel livello. Soprattutto girare con il quartetto, una disciplina che non amo, a livello di allenamento è stata molto utile. E poi sono andata in Coppa del mondo al Cairo. Ho fatto la madison con Matilde Vitillo: lei giovane che doveva fare un po’ di esperienza, io più esperta. E anche se non abbiamo fatto risultati importanti, è sempre bello rappresentare la nazionale.

Francesca Selva e Amalie Winther Olsen sono presenze fisse nelle gare su pista. Ora la Champions
Francesca Selva e Amalie Winther Olsen sono presenze fisse nelle gare su pista. Ora la Champions
Dopo il Cairo però, c’è stata una battuta d’arresto.

Sì, perché la mia strada e quella della squadra si sono divise e questo mi ha tenuto fuori dalle gare per circa 3-4 mesi. Sono tornata a correre alla Sei Giorni di Fiorenzuola, che si fa a luglio. Ovviamente il periodo non è stato dei migliori, non mi stavo neanche allenando perché non avevo certezza su quando sarei potuta tornare in bici. A Fiorenzuola ho partecipato sempre con la mia compagna danese, con cui faccio tutte le gare, e da lì ho iniziato a correre tantissimo. Praticamente la mia stagione è stata di due mesi e mezzo, ma facevo tre gare su strada alla settimana.

Con quale maglia?

Mi sono unita a un team continental irlandese che si chiama Team Torelli e ha sede in Belgio. Praticamente ho fatto due mesi fissa lassù e mi spostavo solo per andare a correre su pista. Non mi danno materiale, mi arrangio con tutto. E’ una squadra piccola, però molto conosciuta, quindi ha inviti per tutte le gare, anche molte WorldTour. Non avendo un grande main sponsor, ci arrangiamo. Però per me è un vantaggio, perché mi permette di essere libera, di scegliermi il calendario e gestirmelo come preferisco. Mi permette di fare l’attività su pista come voglio io, ma al tempo stesso di fare gare importanti su strada, che mi fanno soffrire come non avevo mai sofferto prima e quindi per crescere va benissimo.

Alla Schaal Sels Merksem in Belgio, Selva a ruota di Kopecky che vincerà. Per l’azzurra, il sesto posto (foto Marc Goyvaerts)
Alla Schaal Sels Merksem in Belgio, Selva a ruota di Kopecky che vincerà. Per l’azzurra, il sesto posto (foto Marc Goyvaerts)
Hai fatto anche un sesto posto alla Schaal Sels Merksem…

E c’era anche Lotte Kopecky dopo il mondiale. Ho fatto due mesi lassù e nel mezzo ho buttato appunto un po’ di gare su pista in giro per l’Europa. Sono contenta che abbiamo avuto bei risultati anche su strada, che è stata una sorpresa. Ormai erano cinque anni che non correvo più seriamente su strada. L’anno prossimo sicuramente farò più gare, sempre in ottica di allenarmi per la pista, però chiaramente una volta che ho il numero sulla schiena corro sempre per cercare di vincere.

Sembra di risentire Rachele Barbieri due anni fa, quando correva in una piccola squadra. Va bene questa dimensione o ti piacerebbe trovare una squadra più grande?

Per ora mi va bene così, soprattutto perché fino ad ora non avevo mai realizzato di poter correre su strada. Mi ha sempre un po’ annoiato, quindi penso di dover fare almeno una stagione per capire se effettivamente posso pensare di insistere o se sia meglio che resti in questa dimensione. Passare in una squadra più grande darebbe magari disponibilità economica, ma non mi lascerebbe libera di vivere il ciclismo come adesso. Sono molto felice e tranquilla, perché faccio quello che mi piace. Sono io che ci investo e sono io che scelgo cosa fare, quindi chiaramente sono coinvolta al 200 per cento. La mia paura di andare in una squadra più grande è quella di trovarsi i classici paletti, che sono anche normali, perché alla fine sarebbe un lavoro.

La Champions League è un riconoscimento, ma anche l’occasione di farsi vedere?

Assolutamente. Ho saputo di poter partecipare neanche 20 giorni fa, quindi chiaramente in un mese e mezzo non diventerò la ragazza più forte del mondo. Però sicuramente è un’occasione preziosa e cercherò di sfruttare le possibilità che ci verranno date. Speriamo anche in un pizzico di fortuna, di essere al posto giusto nel momento giusto. In questi giorni sto correndo in Danimarca, perché tra l’altro Montichiari e chiuso e quindi è l’unico modo di tornare a girare sul legno, perché era dal Cairo che non riuscivo a farlo.

Cosa ti aspetta da qui al debutto?

Un bel blocco di lavoro nel prossimo mese. Sicuramente arriverò pronta e poi speriamo che tutto vada bene.

La nazionale, invece, è qualcosa su cui si può investire?

Ultimamente mi è stato difficile, devo ammetterlo, perché dopo marzo mi sono dovuta trasferire a casa dei miei a Venezia, quindi chiaramente Montichiari mi è abbastanza scomoda, perché sono più di due ore di strada. Però spero di poter tornare in zona per ricominciare ad allenarmi seriamente almeno tutte le settimane. L’anno scorso la differenza che ho notato lavorando con la nazionale è stata abissale, quindi sicuramente tornare più vicino alla pista è una cosa che dovrò prendere in considerazione

Sicilia-Svizzera e ritorno: i viaggi e le piste di Francesca Selva

26.11.2022
7 min
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Francesca Selva ha lasciato il ritiro di Noto appena lunedì per correre a Ginevra. Per lei che gareggia quasi esclusivamente in pista con il T°Red Factory Racing, la stagione delle Sei Giorni è il clou dell’attività invernale, ma essere entrata nel giro azzurro è stata comunque un’ottima apertura. Il team corre nei velodromi di mezzo mondo, ma finora era sempre rimasto ai margini del giro azzurro.

«Secondo me – dice Francesca, che a Noto ha diviso la camera con Letizia Paternoster – essere stata convocata è un bellissimo punto di partenza. E’ stato il primo ritiro con la nazionale dopo aver vestito per la prima volta la maglia azzurra a Cali quest’anno in Coppa del mondo e sono molto contenta. E’ stata una bellissima opportunità per allenarmi con i miei compagni e fare squadra e capire sempre di più che passi bisogna fare per salire».

Pista, fixed e cross

La squadra è emanazione diretta dell’azienda di Desenzano del Garda che produce le bici T°Red. Il team principal è Romolo Stanco, la team manager Erica Marson. Il tecnico per la pista è Alex Buttazzoni, ex azzurro, e al suo fianco c’è Giairo Ermeti, vecchia conoscenza del professionismo su strada e della pista. Gli atleti sono 12 fra Italia e Argentina.

Francesca è campionessa italiana di fixed, corre su pista e anche nel cross. Ha studiato arti grafiche al liceo, ha l’hobby della fotografia e frequenta Scienza della Comunicazione.

Tu corri in una squadra che fa praticamente solo pista, ma sei entrata soltanto ora nel giro della nazionale. Ti limita non correre anche su strada?

No, non credo sia un limite, anzi. Il fatto di avermi convocato per la Coppa del mondo è stato forse il modo per ringraziarci del lavoro che facciamo tutto l’anno. Corro il 99 per cento dell’anno su pista, in tutte le competizioni europee. La squadra mi permette di fare questo tipo di attività, ma un po’ su strada bisogna andarci, perché dà un ritmo che bisogna avere per fare risultati su pista. La mia scelta sta funzionando, quindi sono contenta.

Quanta strada fai in un anno?

Quest’anno 6-7 giorni di corsa, un’enormità… (sorride, ndr). Corro su strada quando ho la domenica libera, quando non sono a correre su pista, che è molto raro. Ovviamente faccio le gare open che ci sono in Italia, poi quest’anno è andata bene, perché sono andata a podio cinque volte. Quindi, anche il fatto di essere da sola su strada non è assolutamente un problema.

Quanto estero fai durante l’anno? In Italia non ci sono tante gare su pista…

Faccio tanto calendario europeo. Quest’anno penso di aver preso oltre 20 voli, considerando che la maggior parte le trasferte le facciamo in furgone. Ho fatto tutto luglio e agosto senza mai toccare il suolo italiano. E’ bello, ma anche impegnativo, essere sempre in giro non è facile. Anche tenere un certo tipo di allenamento quando sei sempre in giro per le gare non è facile. Però sicuramente poi ti dà soddisfazioni, perché è un lavoro importante.

T°Red è soprattutto un marchio di bici, quanto siete importanti nello sviluppo del prodotto?

Ringrazio tantissimo il lavoro che facciamo, io in primis lavoro all’interno dell’azienda. Sono parte dello sviluppo di tutti i progetti che siano legati ai telai, piuttosto che ai vari componenti. Le nostre bici sono stampate in 3D come quella di Ganna, con la lega Scalmalloy e le usiamo già da tre anni. Parlo per me e per i miei compagni che sono anche nella nazionale Argentina. E’ molto importante questa parte, perché avere il pieno controllo sullo sviluppo e sulle modifiche del tuo mezzo ti permette di essere nella tua comfort zone quando sei in bici. E come diciamo sempre noi, se riesci a correre pensando solo al fatto di dover pedalare e non pensare che hai una bici sotto di te, vuol dire che stai facendo le cose nel modo giusto.

Qual è il tuo ruolo in azienda?

Sono un jolly. Inizio a partire dal lato atleta, fornendo il mio feedback diretto su ogni tipo di modifica sulla bici e i componenti per sviluppare materiali, forme, geometria e qualsiasi dettaglio. Poi mi occupo della gestione del sito web, le grafiche, la verniciatura delle bici, insomma un po’ di tutto. Ci diamo una mano, ognuno fa la sua parte.

Cosa prevede il tuo calendario?

Sono tornata da Copenaghen la settimana scorsa, ho fatto un po’ di giorni qui, parteciperò alla Quattro Giorni di Ginevra e poi tornerò in Sicilia da sola per allenarmi un paio di settimane. Non sarò in questo stesso hotel, ma in uno a 15 chilometri da Noto. Il mio percorso in pista è iniziato qui quattro anni fa e quindi è un posto cui sono particolarmente legata.

Dalla prossima settimana, Francesca Selva tornerà in Sicilia per allenarsi
Dalla prossima settimana, Francesca Selva tornerà in Sicilia per allenarsi
Poi cosa farai?

Tornerò a casa il 14 dicembre per la Due Giorni di Grenchen, poi ne avrò un’altra a Copenaghen prima di Capodanno. E poi si continua così, con l’obiettivo della Sei Giorni di Berlino a gennaio, su cui ho fatto il cerchiolino rosso. L’atmosfera delle Sei Giorni credo sia una cosa fantastica e spero che riprendano a farle tutte. Perché anche a livello di pubblico e show, sono veramente belle da fare e seguire.

Qui a Noto le ragazze sono al lavoro per le Olimpiadi: quali sono i tuoi obiettivi?

Nel 2023 voglio provare a investire maggiormente su me stessa. Ridurrò l’impegno in azienda e proverò a fare l’atleta a tempo pieno. Ho 23 anni, voglio capire dove posso arrivare davvero.