Conca sfida la sfortuna e guarda alla seconda metà di stagione

09.06.2022
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Filippo Conca risponde da un hotel vicino a Thizy Les Bourgs, sede di partenza della quinta tappa del Critérium du Dauphiné. Ieri si è corsa la cronometro, vinta dal nostro Filippo Ganna per soli due secondi su un sempre competitivo Wout Van Aert.

«Oggi sono stato tranquillo – dice Conca – la cronometro non è il mio campo e quindi sono andato di conserva». Difficile anche pensare di fare meglio vista la sua assenza dalle corse negli ultimi due mesi. Filippo lo avevamo lasciato in preda ai crampi dopo la Sanremo

Conca in azione durante la Sanremo, è rimasto in fuga per 265 chilometri, solo i crampi lo hanno fermato
Conca in azione durante la Sanremo, è rimasto in fuga per 265 chilometri, solo i crampi lo hanno fermato
Filippo, dopo che cosa è successo?

Due giorni dopo la Sanremo (corsa il 19 marzo, ndr), che non dovevo nemmeno fare, ho preso il via della Volta Ciclista a Catalunya. Ho fatto una tirata unica da Sanremo fino in Spagna e sono arrivato stanco, infatti le prime due-tre tappe dovevano essere di recupero.

Invece?

Invece il gruppo è andato tutti i giorni a “blocco”, in più si sono aggiunti i ventagli. Insomma, non le condizioni di corsa ideali per recuperare. Così, insieme alla squadra, abbiamo deciso di ritirarci e di pensare agli impegni successivi che sarebbero stati GP Indurain e Giro dei Paesi Baschi.

Una scelta giusta?

Sì, anche perchè almeno ho avuto quei due giorni in più per recuperare e presentarmi alle due corse successive più riposato. 

La prima gara in Italia per Conca è stato il Trofeo Laigueglia corso con la nazionale
La prima gara in Italia per Conca è stato il Trofeo Laigueglia corso con la nazionale
Anche se abbiamo visto che nella sesta tappa dei Baschi sei arrivato oltre il tempo limite.

In realtà, durante tutti i giorni di corsa ho fatto registrare i miei numeri migliori, ne parlavo anche con la squadra ed eravamo contenti dei progressi fatti. Avevo “assorbito” bene il ritiro fatto sull’Etna a marzo trovando il colpo di pedale giusto. La squadra era talmente felice dei miei progressi che mi aveva messo nella squadra del Giro.  La storia del fuori tempo massimo fa abbastanza sorridere…

Perché?

Se guardate, alla sesta tappa, risultano arrivati solamente 54 corridori. Questo perché la tappa era estremamente dura, ma l’organizzazione ha tenuto una percentuale di tempo massimo bassissima. Io sono arrivato al traguardo con solamente 19 minuti di ritardo e sono andato a casa. Di corridori che non hanno nemmeno finito la tappa ce ne sono stati 26 a cui bisogna aggiungere altri 40 che come me sono arrivati al traguardo ma oltre il tempo limite. 

Al Giro dei Paesi Baschi Filippo aveva una buona condizione ma due giorni dopo la fine della corsa è risultato positivo al Covid
Due giorni dopo la fine del Giro dei Paesi Baschi, Conca è risultato positivo al Covid
Hai detto che eri stato inserito nella squadra del Giro, ma a Budapest non sei mai arrivato, come mai?

Questo perché due giorni dopo il mio ritorno a casa dalla Spagna sono risultato positivo al Covid. Ho avuto febbre alta per 5 giorni e dopo una settimana ero già negativo, così ho aspettato i canonici 10 giorni per tornare ad allenarmi. Le prime uscite le facevo brevi e a ritmi blandi, giusto per riprendere. Solamente che dopo 5-6 giorni dalla negatività, ho iniziato ad accusare sintomi di spossatezza, respiro affannoso ed avevo sempre sonno. Questi effetti post Covid mi sono durati un’altra decina di giorni.

Quindi tra una cosa e l’altra sei rimasto fermo un mese…

Sono tornato a correre a Francoforte il primo maggio, ma per una semplice questione numerica. A causa di regole UCI la squadra non poteva partire con meno di 7 corridori. Sono andato a Francoforte praticamente per partire. Il Delfinato è la prima vera corsa che faccio. 

Ora come ti senti?

Pensavo di stare peggio, il ritmo è alto, non sono al meglio, ma piano piano ingrano. Queste corse mi servono per aiutare la squadra e fare ritmo gara. A metà maggio sono andato in altura a fare un ritiro, prima con Petilli e poi mi ha raggiunto Hellemose, il danese della Trek. L’ultimo anno e mezzo, da quando sono passato pro’, è stato un susseguirsi di problemi.

Nei mesi invernali il corridore lombardo ha sofferto di una tendinite al ginocchio che ne ha rallentato la preparazione
Nei mesi invernali ha sofferto di una tendinite al ginocchio che ne ha rallentato la preparazione
Non sei mai riuscito a lavorare tranquillo…

Mai, tra un problema e l’altro non sono mai riuscito a costruire una buona condizione. Questo inverno ho avuto la tendinite che mi ha rallentato per due mesi, per fortuna è andata via, poi è arrivato il Covid. Ora voglio solo finire bene il Delfinato, fare il campionato italiano ed andare in altura a luglio per costruire la seconda parte di stagione.

Dovevi fare il Giro, che sarebbe stata la tua prima grande corsa a tappe, magari la squadra ti inserirà nel team della Vuelta?

Mi piacerebbe ma non ci spero, la Vuelta è un po’ l’esame di riparazione, lo vogliono fare tutti, difficile entrare negli 8. Il Giro ci tenevo tanto a farlo perchè sarebbe stata la mia prima corsa a tappe di 3 settimane, e a 24 anni sarebbe il caso di provare a correrne una. Sarei andato a correre in supporto di Ewan per le tappe piatte, ma poi in quelle mosse avrei avuto la possibilità di andare in fuga e cercare la vittoria, come De Gent a Napoli.

Una vittoria darebbe il morale giusto.

E’ difficile far capire quanto vali. Per avere risultati, ma soprattutto un pizzico di morale, centrare una fuga sarebbe quello che ci vuole. Anche durante la seconda tappa qui al Delfinato ho provato ad entrare in un gruppetto, siamo restati lì a bagno maria per tanto tempo, poi ci hanno ripresi. Appena siamo stati riassorbiti dal gruppo è partita la fuga giusta, che è anche arrivata a giocarsi la vittoria di tappa. Nei prossimi giorni ci riproverò.

I crampi all’improvviso. La disavventura di Conca alla Sanremo

21.03.2022
4 min
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Chilometro 263 della Milano-Sanremo, all’improvviso Filippo Conca sgancia il pedale sinistro, smette di pedalare e si accosta sulla destra. Si tocca il muscolo, poi addirittura si siede a terra.

Vede i suoi (ex) compagni di fuga andare via. Il tutto tra i dolori dei crampi. Alla fine riparte. E quando sta per ripartire è letteralmente inghiottito dal gruppo, lanciato a tutta verso la Cipressa. Quegli ultimi 30 chilometri (circa) sono un mezzo calvario. Però il ragazzo della Lotto Soudal è tosto. Poteva tirare dritto per Sanremo invece ha voluto onorare la Classicissima e alla fine l’ha chiusa in 145ª posizione a oltre 11′ da Mohoric.

Conca (classe 1998) dopo l’arrivo della Classicissima. Il lecchese ha poi proseguito per il Catalunya
Conca (classe 1998) dopo l’arrivo della Classicissima. Il lecchese ha poi proseguito per il Catalunya
Filippo, complimenti per la fuga prima di tutto: la volevi?

Sì e no, a dire la verità, fino ad un giorno dal via il nostro capitano era Caleb Ewan, dopo il suo forfait, perché non stava bene, i nostri piani sono cambiati. E la squadra mi ha chiesto di andare in fuga. Ero contento di questo perché alla fine la Milano-Sanremo l’ho sempre sognata, ho sempre sognato di parteciparvi. Esattamente dieci anni fa ero sia alla partenza che sul Poggio a vederla.

E come è stato stare sotto ai riflettori per tanti chilometri?

E’ stata un’emozione unica. Sapendo che c’era vento a favore e il gruppo non ci ha lasciato molto spazio. Però noi da Savona in poi abbiamo iniziato a spingere davvero forte. E infatti col vento a favore il vantaggio scendeva molto lentamente. A Laigueglia, guardando il vantaggio che era ancora di 4’33”, mi sono detto: possiamo arrivare davvero lontani.

E poi questo finale inatteso…

Gli ultimi 60 chilometri li sapevo a memoria perché a inizio febbraio ero venuto in ritiro ad Imperia. Tra l’altro nel punto esatto dove mi sono dovuto fermare per i crampi. Da una parte mi veniva quasi da ridere. Stavo ancora molto bene su Capo Berta. Hanno iniziato ad attaccare ed essendo appena sceso dall’altura facevo un po’ fatica a fare dei fuorigiri, però col mio ritmo andavo bene. Tanto che nella discesa verso Imperia sono rientrato. Il problema è che le gambe erano ancora abbastanza buone e tutto d’un colpo ho iniziato ad avere i crampi.

Il momento dei crampi per Conca (immagini TV)
Il momento dei crampi per Conca (immagini TV)
Quindi non hai avuto avvisaglie? Qualche campanello d’allarme che magari potevi intervenire con il rapporto, dei sali minerali…

No, è successo tutto nel giro di 5′. Dopo 260 chilometri avevo forza, mi sentivo ancora molto bene, ma la gamba purtroppo s’è bloccata. E’ avvenuto tutto all’improvviso ed era impossibile continuare. Ho provato a fare due pedalate, ma niente. 

Cosa ti è passato per la testa in quei momenti in cui eri fermo?

Mi sono detto: così la vita, così è il ciclismo. Quei signori che mi tenevano la gamba per i crampi mi facevano i complimenti perché ero rientrato dopo il Capo Berta.

Dove ce li avevi i crampi?

Sulla coscia destra. Proprio qui – e si tocca il quadricipite “incriminato” – tutta la parte superiore della coscia. Non mi succedeva da tanti anni e anche per questo sono molto dispiaciuto. Ci credevo e ci tenevo ad arrivare davvero lontano.

Comunque non avete fatto poco, poi Rivi e Tonelli sono arrivati all’imbocco del Poggio…

Sono sicuro che se fossi stato al mio top ci sarei stato anche io. Poi mi avrebbero ripreso sul Poggio. L’obiettivo di giornata, a quel punto, era farsi riprendere il più avanti possibile.

Okay Filippo, però ti porti via un bel bagaglio di esperienza. Hai provato il tuo fisico in gara, lo hai spinto ad oltre 260 chilometri…

Sì, sì, certo, però avrei voluto un po’ di più. Non sono tra i più forti in una corsa breve o che richiede sforzi intesi. Però mi piace andare in fuga e quando mi ricapiterà di stare così davanti alla Sanremo? Mi piace fare tante ore ad un buon passo anche in allenamento. Questa è la mia attitudine. Mi spiace, appunto, non essere stato al 100%. L’unica scusante è che fino a due giorni prima della Sanremo ero sull’Etna in ritiro.

Conca ha fatto parte della fuga del mattino (foto Instagram @andreagianaph)
Conca ha fatto parte della fuga del mattino (foto Instagram @andreagianaph)
Quindi non sapevi di dover fare la Sanremo?

Ero riserva. La squadra mi ha chiamato due giorni prima. Non per sostituire Ewan ma un altro ragazzo che non stava bene. Sapete, nell’ultimo periodo tutte le squadre stanno avendo problemi con i corridori per bronchiti, influenze varie e tante altre malattie. Io mi tenevo pronto, ma non mi sarei mai aspettato di farla veramente.

Beh, a maggior ragione dovresti essere contento…

Quando mi hanno chiamato dalla Sicilia sono tornato a casa (a Lecco, ndr). Ci sono stato cinque ore, il tempo di cambiare la valigia e di raggiungere il team a Milano.

Dai Filippo, sei giovane, hai fatto un’ottima gara e una bella esperienza…

Sì, sono davvero felice di aver fatto questa Sanremo. L’unico rammarico che ho è che credo sia l’unica Sanremo dove mi capiterà di arrivare così lontano. Solitamente sulla fuga in questa corsa chiudono molto prima. 

Conca, tendinite alle spalle e voglia di continuità

31.12.2021
4 min
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Conca mastica amaro e si sforza di pensare positivo: la dannata tendinite passerà e potrà presto riprendere ad allenarsi al meglio. Il primo segnale in ritiro, probabilmente per il cambio della bici e di qualche misura. Ora la meccanica e la biomeccanica sono a posto, resta da sistemare il tendine dietro al ginocchio.

«Dal ginocchio – dice – il dolore è arrivato al bicipite femorale. Il problema è venuto fuori in palestra. Un dolorino c’era già stato, ma sulla bici vecchia non si sentiva. Quando abbiamo preso le bici nuove, che hanno geometrie diverse, è arrivata la fitta. Ho appena ripreso, lo sento che ancora punge, ma siamo sulla strada giusta».

Sul podio finale del Polonia, Conca nell’abbraccio della squadra per il ritiro di Marczynski
Sul podio del Polonia, Conca nell’abbraccio della squadra per il ritiro di Marczynski

Morale in Svizzera

Il primo anno nel WorldTour con la Lotto Soudal è alle spalle con una cinquantina di giorni di corsa dagli esiti altalenanti.

«Una stagione bella tosta – sorride – soprattutto le gare WorldTour. Però ho visto che quando riesco a essere costante, con la giusta preparazione in altura e tutto il resto, riesco a competere. Non a vincere, ma a vedere il gruppo di testa. Al Giro di Svizzera sono stato contento di staccarmi da 25 corridori. Chiaro che andare forte sia un’altra cosa, ma resistere come in Svizzera mi ha dato morale».

Il percorso giusto

C’è bisogno di tempo, non lo dice, ma lo lascia capire. Ognuno ha il suo adattamento, ma avendolo seguito fra gli U23, è chiaro che nel periodo con Marco Milesi alla Biesse-Carrera, Conca non abbia mai rincorso il numero a effetto.

«Non ho bruciato le tappe – dice – a 15-16-17 anni ho fatto quello che serviva e niente di più. Lo stesso da under 23. Anche se il ciclismo è cambiato, rivendico la mia scelta. Mi ha permesso di non trascurare la scuola. So di non essere un fenomeno, ma per la storia che ho alle spalle, sono certo di avere dei margini. Posso ancora crescere molto, curando i dettagli e lavorando nel modo giusto».

Alla Tre Valli Varesine, in un giorno di pioggia e freddo
Alla Tre Valli Varesine, in un giorno di pioggia e freddo

La testa della corsa

Il 2022 ha portato anche un cambio di preparatore, dopo aver lavorato con Energy Lab, il centro cui si appoggia la squadra.

«Mi segue Luca Quinti – spiega – che mi fa lavorare tanto, pur lasciando tempo per recuperare. Con i belgi stavo bene, ma volevo nuovi stimoli. Ho fatto un bel mese. E’ chiaro che il salto di categoria lo senti e devi ammortizzarlo. Per il livello che avevo, sapevo che avrei dovuto lavorare e così è stato. Però in corsa ho visto che spesso c’era più gente dietro di quanta ce ne fosse davanti e questo vuol dire che posso starci dentro, anche se ancora non riesco a capire quali siano le mie caratteristiche».

Costanza e salute

Per questo c’è da lavorare, per trovare oltre alle caratteristiche il necessario equilibrio, in un ciclismo che richiede leggerezza e insieme potenza e che nel nome di ciò ha spesso creato problemi non banali.

La Coppa Agostoni, corsa con la nazionale, è stata l’ultima di stagione di Conca, chiusa al 39° posto
La Coppa Agostoni è stata l’ultima di stagione di Conca, chiusa al 39° posto

«Sono magro come da dilettante – dice – ma ho più massa. Per gli sforzi che si fanno negli ultimi dieci minuti di corsa, se non hai massa, sei finito. Ho lavorato in palestra e sugli sforzi brevi. Sono migliorato davvero tanto, ma ora il limite è che faccio fatica ad avere gli stessi numeri in corsa. E insieme mi piacerebbe avere più costanza sul piano della salute. Sarebbe bello allenarsi, correre e recuperare come quando si sta bene».

Profumo di Nord

Un metro e 88 per 80 chili. Da dilettante, nonostante simili numeri, Conca andava forte in salita. Oggi forse gli obiettivi si potrebbero rivedere.

«Mi hanno portato al Nord – conferma – ma le prime volte ho avuto qualche difficoltà a correre davanti. Però a fine stagione sono tornato a correre alla Primus Classic, sulle strade del mondiale e nel finale ero ancora là. C’era tanta gente forte e stavo davanti bene. Questo è stato un bel segnale. Perciò adesso spero di poter partire bene. Il programma prevede il debutto in Argentina, vediamo se riuscirò ad allenarmi bene nelle tre settimane che mancano. Col tendine si deve stare attenti ai carichi. Ho fatto per due volte quattro ore, in questa fase rischio di essere più fragile. Gli intoppi ti fanno ripartire ogni volta da un gradino più basso».

E Conca? Aspetta il debutto incrociando le dita

02.02.2021
4 min
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Il fisico da passistone belga Filippo Conca ce lo ha, quello è sicuro! Il comasco è alto un metro e novanta e quindi tutto lascia pensare che possa spaccare le pietre del Nord. In realtà è anche molto magro, sfiora i 70 chili, e avendolo anche seguito da dilettante possiamo dire che è anche un buono scalatore.

Filippo è da poco tornato dal ritiro ad Oliva, in Spagna, con la Lotto Soudal. Due settimane di prima vera esperienza nel WorldTour, due settimane in cui ha respirato grande ciclismo.

Primi contatti

«E’ andata molto bene – racconta Conca con entusiasmo – essere arrivato alla Lotto è stata la mia occasione. Dovevo andare con l’Androni ma poi si è presentata questa occasione e viste le difficoltà che ci sono, non solo nel ciclismo, ne ho approfittato. Ormai passano tutti da primo o secondo under 23, io ero già al quarto anno.

«Laggiù in Spagna c’erano tanti campioni, ma devo dire che tutti erano semplici. Ewan, Gilbert… nessuno si è mostrato vanitoso. Il rito di benvenuto? Eh sì, me lo hanno fatto… ma non si dice!».

Filippo quindi ha studiato i suoi compagni. In particolare è rimasto colpito da Roger Kluge, ex pistard tedesco: «Mamma mia come andava in discesa! Aveva un modo tutto suo. Entrava strettissimo, piegava la bici molto e usciva stretto. Poi in salita faceva una gran fatica. Io sono alto, ma lui è più alto ancora di me. Arriva a 1,93 metri».

Conca, classe 1998, ha un contratto con la Lotto fino al 2022
Conca, classe 1998, ha un contratto con la Lotto fino al 2022

L’inseguimento su strada

Filippo racconta il lavoro svolto in Spagna, un lavoro molto mirato al volume e meno alla qualità.

«Ci hanno diviso in tre gruppi, anche per controllare meglio il discorso delle bolle. Soprattutto nei primi giorni abbiamo fatto molti chilometri, poi nella seconda parte è aumentata anche l’intensità. Abbiamo fatto dei lavori, ma più che altro erano dei test per valutare la condizione. Delle prove su uno, cinque e dieci minuti.

«Hanno diviso i gruppi per caratteristiche tecniche, ma non era facile trovare una quadratura per numero e caratteristiche appunto. E infatti io e Oldani siamo finiti con i velocisti! Che non è proprio il nostro gruppo. Però per essere gennaio va bene. Alla fine i tre gruppi hanno fatto più o meno lo stesso lavoro».

In Spagna Conca deve essersi divertito. Oltre a ritrovarsi tra i grandi ha effettuato anche dei lavori particolari, come l’inseguimento a squadre.

«Esatto, dividevano il nostro gruppo in due squadre da quattro e facevamo delle sessioni di 7-8 minuti ad inseguirci. Quattro partivano e 20” dopo altri quattro gli davano la caccia. E nella seconda sessione si cambiava tra chi partiva prima e chi dopo».

Oldani apripista

«Paure? No, non ne avevo una in particolare, semmai è stato difficoltoso raggiungere la Spagna. Per due volte ci hanno annullato il volo, la prima perché non si sa, la seconda perché a Madrid nevicava e l’aeroporto era chiuso. Sapete, arrivare al primo ritiro in ritardo non era il massimo!

«Poi Stefano (Oldani, ndr) mi ha aiutato. Con un altro italiano in squadra è stato più semplice ambientarsi. Lui l’anno scorso era l’unico italiano ed era neopro’, mi ha raccontato che non è stato  per nulla facile all’inizio. Con Stefano ci conosciamo da quando avevamo 6-7 anni, nelle prime gare da bambini in Lombardia. Lui è di Varese e già avevamo legato. A volte se viene a fare il giro del Lago di Como ci incontriamo in allenamento, altrimenti no perché tra casa mia e casa sua ci sono quasi 100 chilometri di distanza».

Filippo Conca, Giro del Belvedere, 2020
Filippo Conca al Giro del Belvedere 2020
Filippo Conca, Giro del Belvedere, 2020
Filippo Conca al Giro del Belvedere 2020

Pronto per l’avventura

Conca dovrebbe esordire l’11 febbraio in Provenza, ma come dice lui stesso, covid permettendo e incrociando le dita.

«Eh sì. Sia perché stanno annullando diverse corse, sia perché essendo un neopro’ se bisogna far spazio ad un leader che magari doveva correre da un’altra parte, il primo che tolgono sono io. Dopo la Provence dovrei andare in Belgio: Het Nieuwsblad e Kuurne».

Chissà che emozione arrivare lassù con indosso una maglia particolare, quella di un team belga e con Gilbert in squadra.

«Io e Oldani siamo in due gruppi diversi – spiega Conca – Stefano arriverà alle classiche passando per la Parigi-Nizza. Per ora dovremmo correre insieme solo in Provence.

«Cosa mi aspetto da questo primo anno da pro’? Di definire bene il mio ruolo in squadra, di aiutare e migliorare, sono convinto di avere margini. Da under 23 sono sempre migliorato un po’, altri ho visto che sono migliorati meno, forse perché erano già più spremuti da juniores, cosa che sempre di più impone il sistema di oggi. Il rischio è di non emergere e infatti anche io ho fatto fatica». Ma intanto Filippo è lì…

Ehi Conca, Oldani ha qualcosa da dirti

17.11.2020
3 min
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Presto Filippo Conca raggiungerà Stefano Oldani alla Lotto Soudal. Entrambi classe 1998, saranno gli unici due italiani in questa storica squadra belga. E correre all’estero, si sa, per noi italiani non è mai facile, specialmente a 22 anni. 

Un po’ di esperienza però Oldani l’ha messa nel sacco. Ed è pronto a metterla a disposizione di Conca.

Un anno in Lotto, qual è stata la prima difficoltà?

La lingua. Non è stato facilissimo all’inizio. Era da un po’ che non parlavo inglese. Alla Kometa-Xstra Cycling comunicavamo soprattutto in spagnolo. Però devo dire che l’ho ripreso abbastanza velocemente. Ho visto che Conca ha qualche difficoltà, ma non se ne deve fare un problema.

Oldani al Giro d’Italia
Oldani al Giro d’Italia
Che ambiente hai trovato tu e che troverà Filippo?

Ai giovani soprattutto non mettono pressione. E’ un ambiente che mi è subito piaciuto molto. Alla Lotto, ma da quel che vedo anche in altri team stranieri, vivono le cose con più tranquillità. Spesso in Italia si parla troppo, si parla in tanti, alla Lotto si parla il giusto. A volte anche i corridori si lamentano delle tattiche, qui non succede. Meno parole, più fatti. Non sono mai stato infelice di essere l’unico italiano.

Vista così, ti immaginiamo con la valigia in mano che suoni al campanello della Lotto: “Ciao sono Oldani, corro con voi!”. E’ andata così?

Ah, ah, ah… Avevo un po’ d’ansia la prima volta. A me piace interagire, imparare e mi dava fastidio quando parlavano e non capivo. Ma una volta ripresa la padronanza della lingua, mi sono sbloccato ed è ritornato forte l’entusiasmo. Pedalavo e avevo Gilbert, Degenkolb o Ewan a fianco, magari sovra pensiero mi ritrovavo a sorridere da solo.

Quanto sei cresciuto quest’anno?

Ho fatto delle belle esperienze, anche se compresse in pochi mesi alla fine. Ho debuttato alla Strade Bianche ed è stato un po’ traumatico, poi il Giro e già questo mi ha fatto crescere molto.

Ma è vero che in Belgio i corridori delle loro squadre sono un po’ come i calciatori da noi?

Anche io chiedevo di questa cosa e per quel poco che ho visto nel ritiro che facemmo a dicembre scorso posso dire che nelle Fiandre può anche starci, ma in Vallonia… molto meno.

Avete bici Ridley, Helium e Noah: tu quale hai scelto? E quale consiglieresti a Conca?

Belle bici! Ne abbiamo quattro. Io ho scelto tre Helium e una Noah. Quest’ultima è il modello aerodinamico di Ridley. L’ho usata nella prima tappa della Tirreno. Però mi trovo meglio con la Helium: è più leggera e poi la sento anche più pronta. Per quanto riguarda Filippo, la sera dell’ultima tappa del Giro è venuto a ritirare la bici e ho visto che ha scelto una Helium. Il che ci sta visto che è uno scalatore.

Filippo Conca al Giro U23, chiuso al 5° posto
Filippo Conca al Giro U23, chiuso al 5° posto
Tu e Conca già vi conoscete, giusto?

Sì, eravamo compagni di camera al Tour de l’Avenir l’anno scorso.

E come lo vedi, teso?

Nella prima videoconferenza che abbiamo fatto era “tesuccio”, ma in confronto a me è già sciolto!

Ricapitolando che consigli gli daresti?

Di stare tranquillo perché è un ambiente… tranquillo. Di curare l’inglese e soprattutto di farsi trovare pronto. Perché il livello del WorldTour è incredibile. Sento di giovanissimi e juniores che vogliono passare subito, ma non è semplice “sopravvivere”. Filippo deve allenarsi al meglio e prepararsi anche mentalmente a prendere delle legnate. Io per esempio alla Tirreno che non ero in forma ho sofferto tantissimo, per fortuna al Giro è andata meglio.

Filippo Conca, Giro d'Italia Under 23, 2020

La Lotto chiama, Conca risponde

28.10.2020
3 min
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Conca è stato negli ultimi due anni l’altro gemello alto della Biesse-Arvedi. Quando alle corse c’erano Pippo e Colleoni, te ne accorgevi subito per via delle Pinarello di grossa taglia e i caschi che svettavano sulle teste del gruppo. Kevin è alto 1,80, Conca addirittura 1,90. Eppure entrambi vanno forte in salita ed entrambi hanno corso un bel Giro d’Italia. Colleoni, come già raccontato, chiudendolo al terzo posto. Conca, come stiamo per dirvi, piazzandosi al quinto come già l’anno scorso.

«Ma non ne sono soddisfatto – ammette – perché ero partito per vincere. Speravo di più da questa stagione. Ci conosciamo bene, abbiamo i nostri parametri e sappiamo quanto possiamo andare forte. E posso dire che sono stato al di sotto dei miei standard, come quest’anno è successo a molti, anche tra i pro’. La verità però è che se anche fossi stato al 100 per cento, contro Pidcock sarebbe stato impossibile. Perché è un fenomeno. Ma almeno avrei avuto la coscienza di aver reso al massimo».

Filippo Conca, Giro del Belvedere, 2020
Filippo Conca in azione nel Giro del Belvedere del 2020 (foto Scanferla)
Filippo Conca, Giro del Belvedere, 2020
Conca al Belvedere 2020 (foto Scanferla)

Conca ha 22 anni e arriva da Lecco. Approfittando della vicinanza del Giro d’Italia alle sue zone, la sera prima della crono è andato all’hotel della Lotto Soudal ed ha ritirato la bicicletta con cui, a partire da gennaio, inizierà la sua avventura nel WorldTour. E sarà che l’appetito vien mangiando, dopo aver assistito ai portenti dei giovani del Giro dei grandi, l’idea di chiedergli che cosa manchi a lui per essere come loro c’è balenata nella testa.

Che cosa manca?

Faccio prima a dire che io sono un buon atleta, ma gli altri sono fenomeni. Evenepoel. Pidcock. Pogacar. In Italia purtroppo non ce ne sono. Il miglior talento da noi è Bagioli, ma non credo che siamo a quel livello. La riflessione da fare è che forse, essendo venuti fuori così presto, magari altrettanto presto caleranno. Io spero in una carriera che duri a lungo, ma dove potrò arrivare non so proprio dirlo.

Avevi il contratto con l’Androni, eppure passerai con la Lotto Soudal.

Ero tranquillo. La Androni è una buona squadra, ma dopo il Covid ci siamo trovati con meno certezze. Corridori e squadre. E quando è capitata l’occasione di una squadra WorldTour, non ho potuto dire di no. Al quarto anno da U23, era un treno da prendere.

Il tuo procuratore è Manuel Quinziato?

Me lo ha presentato Rabbaglio (team manager della Biesse-Arvedi, ndr) a inizio anno. Mi ha seguito durante il Covid e mi ha detto che la Lotto cercava in italiano che andasse forte in salita. Mi sono fidato di lui al 100 per cento, ma non ho potuto chiedere troppe informazioni, perché la cosa doveva rimanere riservata.

Avresti potuto chiedere a Oldani, che corre lì da quest’anno?

Ci conosciamo da quando avevamo sei anni e ho pensato che se si trova bene lui, allora è un bel posto.

Quanto tempo servirà per capire la tua dimensione?

Ne servirà un po’. Un conto è andare bene in una gara di 10 tappe, altro vedere cosa accade in tre settimane. Magari avendo resistenza e recupero, vengo fuori meglio.

E se ti diranno di tirare?

Sono pronto, non è un problema. Il ciclismo è la mia passione e non mi vergogno di pensare che potrei diventare un gregario. So benissimo che non potrò mai diventare un capitano, come so che la maturazione potrebbe cambiare qualcosa.

Hai già preso la bici…

Ho preferito portarmi avanti perché non si sa cosa accadrà nelle prossime settimane. Così sono andati da loro in hotel e me l’hanno data. Passo da Pinarello a Ridley. Hanno riportato le stesse misure, ma mi trovo incredibilmente più lungo.

Stesse misure, posizione diversa?

Sono più disteso e forse sarà un bene per la schiena, visto che sono sempre stato molto raccolto. In ogni caso andrò dal mio biomeccanico per mettermi a posto.

A casa sono contenti del contratto?

Soprattutto mio padre, che sotto sotto è felicissimo, ma non fa trapelare nulla.

Cosa ti porti dietro degli insegnamenti del tuo diesse Milesi?

Il fatto di vivere il ciclismo in modo tranquillo. La squadra non ci ha mai messo pressioni. Semmai ero io che me la mettevo da solo, perché non mi bastava mai…