Il mondiale dei 14 allori, Addesi si frega le mani…

02.09.2025
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L’Italia paraciclistica torna da Ronse, sede belga dei mondiali con 14 medaglie, lo stesso numero della rassegna zurighese dello scorso anno, solo che gli ori sono più che raddoppiati, arrivando all’esatta metà. La spedizione italiana guidata dal cittì Pierpaolo Addesi è stata trionfale, riportando alla memoria antichi bottini, quelli dell’epoca dello sfortunato Zanardi. Ma rispetto ad allora le differenze ci sono e sono sostanziali.

Addesi è appena sceso dall’aereo che lo riportava a casa, ritrovando sul cellulare una pioggia di chiamate inevase, di messaggi WhatsApp, di complimenti espressi da ogni parte e la prima cosa che ha notato è che mai come questa volta i successi dei suoi ragazzi hanno avuto un così forte riscontro mediatico, quando in passato (ecco una delle differenze…) avevano, se andava bene, una “breve” sui quotidiani sportivi.

Doppietta d’oro per l’olimpionico Cornegliani, battendo sempre lo storico rivale sudafricano Dui Preez (foto FCI)
Doppietta d’oro per l’olimpionico Cornegliani, battendo sempre lo storico rivale sudafricano Dui Preez (foto FCI)

«E’ una reazione a catena – sottolinea Addesi – La giornata storica di Rovescala non ha solo dato spinta al nostro gruppo sul piano tecnico e agonistico, ma ha anche attirato i fari dell’attenzione. C’era un’atmosfera speciale, si respirava sin dalla vigilia, ma io dico che era nell’aria già al primo ritiro stagionale. Si capiva che qualcosa stava cambiando, che si stava creando un vero e proprio gruppo, dove ognuno sostiene l’altro. Dove innanzitutto ci si diverte. Così sembra tutto più facile e ed è una cosa che ripeto da ogni volta che facciamo le riunioni: non è che si diventa felici dopo che si vince la medaglia, ma si vince la medaglia se si è felici».

Una volta si parlava di due gruppi separati, handbike e gli altri…

Non è così, almeno non più. Si sta tutti insieme, ma vorrei sottolineare anche lo staff che c’è dietro. Ci aiutiamo anche in ruoli diversi, cioè non facciamo distinzioni. E questa disponibilità i ragazzi la avvertono. Domenica sera sono uscite parole bellissime nella festa finale.

Come Cornegliani e Farroni, anche Roberta Amadeo ha vinto l’oro sia in linea che a cronometro (foto FCI)
Come Cornegliani e Farroni, anche Roberta Amadeo ha vinto l’oro sia in linea che a cronometro (foto FCI)
Che livello hanno avuto questi mondiali?

Ormai andiamo sempre più verso il professionismo, ogni edizione lo dimostra maggiormente. Il nostro bilancio non deve trarre in inganno, c’è ancora differenza con altri Paesi dove i corridori sono inseriti anche in squadre WorldTour e fanno i professionisti a tutti gli effetti. Ma noi ci stiamo arrivando, io sono ottimista, se riusciremo a coinvolgere le nostre squadre, anche se in Italia non è che ne abbiamo tante, ad aprirle a questi ragazzi. Come fanno in Francia – ammette Addesi – dove per esempio la Cofidis ha nell’organico due atleti in gara ai mondiali. E’ questione di tempo, ma stiamo andando nella direzione giusta. Infatti ci sono nomi che corrono e vincono fra Elite e Under 23 che già hanno le peculiarità per correre fra noi e sono molto interessati, il prossimo anno avremo tanti volti nuovi. Ma ci dobbiamo arrivare piano, anche se le società ancora ci guardano in modo diverso. Ma quel che è successo a Rovescala e questi risultati iridati sono un grande aiuto.

Il terzetto del team relay, con Cortini, Mazzone e Testa, bronzo dietro Francia e Australia (foto FCI)
Il terzetto del team relay, con Cortini, Mazzone e Testa, bronzo. In alto a sinistra il cittì Addesi (foto FCI)
Fino a qualche anno fa c’era sempre una sproporzione nel medagliere a favore delle handbike. La situazione adesso qual è?

Sta cambiando profondamente, anche se i campioni dell’handbike continuano a raccogliere allori. Ma lo dico apertamente, avremmo potuto ottenere molto di più con un pizzico di fortuna. Stacchiotti stava correndo un mondiale favoloso, era nella fuga decisiva di 5 corridori e il finale era a suo favore, ma una foratura ha spento i suoi e i nostri sogni. Sarebbe stata quantomeno un’altra medaglia perché l’arrivo era per lui. Anche nel tandem femminile Noemi Eremita e Marianna Agostini hanno perso per foratura un possibile bronzo. Senza dimenticare la Cretti che era in forma perfetta, ma ha avuto un problema meccanico prima della partenza. Ha corso con la bici di riserva, ma mentalmente non c’era più ed è comprensibile. Aspetteremo il mondiale su pista di Rio per rifarci. Non dimentichiamo che qualche anno fa non avevamo più neanche un ciclista, c’erano solo handbike. Ora diventiamo sempre più competitivi dappertutto.

La gioia di Di Felice e Andreoli per un oro atteso da ben 11 anni, vinto anche grazie a Totò e Bernard (foto FCI)
La gioia di Di Felice e Andreoli per un oro atteso da ben 11 anni, vinto anche grazie a Totò e Bernard (foto FCI)
Tra tante medaglie qual è quella che ti ha emozionato di più?

Dico la verità, l’oro del tandem, perché mancava da 11 anni ed è il frutto di un lavoro prolungato. Vedere un tandem che a distanza di due anni dalla sua costituzione vola sul gradino più alto del podio vuol dire che abbiamo lavorato bene (e a tal proposito Addesi racconta un episodio, ndr). Lo scorso anno a ottobre ho invitato Di Felice a provare il tandem con Andreoli. Sono venuti nella mia zona, a casa mia abbiamo fatto un test, ho visto subito che c’era qualcosa di buono.

Qual è la loro storia?

Di Felice, dopo le brutte vicissitudini culminate con la lunga squalifica ha trovato con noi la strada per riscattarsi. Io penso che avrebbe avuto tutto per fare il professionista. Le vicissitudini passate io le conosco in parte, non tutte, ma sono parte del passato. E’ molto determinato, ha una testa che è impressionante. Andreoli da parte sua l’agonismo lo aveva già masticato nello sci. Io però ho visto un Andreoli cambiato nel giro di un anno, che fa da guida anche agli altri. Sono andati proprio forte, le altre nazioni sono venute a complimentarsi e non dimentichiamo che ai piedi del podio sono finiti Totò e Bernard che hanno giocato di squadra.

Nella categoria H3 Testa e Pini hanno fatto compagnia sul podio al dominatore francese Bosredon (foto FCI)
Nella categoria H3 Testa e Pini hanno fatto compagnia sul podio al dominatore francese Bosredon (foto FCI)
Nelle handbike continuiamo a vincere con campioni che prolungano negli anni i loro successi, ad esempio Mazzone, il portabandiera di Parigi…

Le categorie di Mazzone, Cornegliani tengono conto di disabilità molto gravi, che portano gli atleti a prolungare negli anni la loro attività perché arrivare a quei livelli, anche per chi è giovane, è difficile. Nelle loro condizioni l’attività richiede enormi sacrifici, basti dire che se si gareggia o ci si allena alle 10, per espletare tutte le proprie attività bisogna alzarsi anche alle 4 di notte. Non tutti sono disposti a fare questi sacrifici. Le categorie con la C sono diverse, spesso sono legate a incidenti, per la maggior parte in moto.

Per Addesi non c’è nemmeno il tempo di rifiatare perché c’è subito da mettersi a lavorare per i mondiali su pista…

Sarà un mondiale un po’ ridotto perché lontano e non dà punti per le qualificazioni olimpiche, ma posso garantire che già dal prossimo anno avremo un livello più alto, a partire già dai materiali. Stiamo lavorando per trovare situazioni a nostro vantaggio. Stiamo lavorando proprio per Los Angeles, con calma, perché le cose si fanno per tempo, ma sono sicuro che nell’arco di un paio d’anni avremo un gruppo solido e forte sia su strada che su pista. Quest’anno però non andrò a Rio per cambiare aria con gli atleti che ho. Mi aspetterò piazzamenti importanti, potrebbe arrivare anche qualche medaglia. Guardando solo alle specialità olimpiche perché non dobbiamo disperdere le energie. La Federazione ci sta sostenendo, sono sicuro che anche il Comitato italiano Paralimpico ci metterà delle condizioni migliori per arrivare alle prossime Paralimpiadi con una squadra veramente di livello forte. Io voglio vincere, parliamoci chiaro…

Cornegliani pronto per entrare nella commissione del paraciclismo

06.02.2025
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Ci sono ancora cariche da assegnare, ma lui è l’uomo giusto al posto giusto. Con le sue tredici preferenze, Fabrizio Cornegliani è stato il primo eletto tra i consiglieri degli atleti (l’altra è Maria Giulia Confalonieri) e sarebbe perfetto per seguire tutta l’attività che riguarda il paraciclismo.

Inizialmente il 56enne di Miradolo Terme era nella squadra di Daniela Isetti, poi le votazioni finali lo hanno fatto entrare nel consiglio di Cordiano Dagnoni, il quale dovrà decidere come coprire tutti i reparti. E’ indubbio che sarebbe un peccato non sfruttare le competenze di Cornegliani, considerando che soprattutto l’oro olimpico vinto a Parigi (in apertura, foto CIP/Pagliaricci) lo ha proiettato in una ulteriore dimensione. Ciò che ha provato lui è trasferibile ad altri paratleti in vista dei prossimi eventi fino a Los Angeles 2028. Non più solo watt da sprigionare, ma anche un percorso mentale da intraprendere per approcciarsi meglio alle gare che contano. E se l’ultima volta gli avevamo chiesto com’era stato essere docente per un giorno, stavolta siamo noi che abbiamo ascoltato la sua lezione.

In attesa di conoscere i ruoli nelle commissioni, il neoconsigliere Fabrizio Cornegliani è la persona più giusta per il paraciclismo

In attesa di conoscere i ruoli nelle commissioni, il neoconsigliere Fabrizio Cornegliani è la persona più giusta per il paraciclismo
Fabrizio ti aspetti di entrare nella commissione del paraciclismo?

Dovrò trovarmi col presidente Dagnoni per discuterne e vedremo. La logica e il mio curriculum ventennale mi portano lì, però non c’è ancora niente di definito. Di sicuro, questo l’ho detto subito a Cordiano, se un atleta della categoria H1, la più fragile della categoria del paraciclismo, è entrato nel Consiglio, credo sia un bel segnale per tutti. Significa che gli altri altrettanto fragili non si sentiranno più soli come prima.

Stai pensando quindi di non correre più?

Per ora ho intenzione di finire questa stagione, poi vedremo le prossime annate. Voglio restare nel mio settore, però se la Federciclismo dovesse darmi l’incarico di seguirlo, allora avrei meno tempo di gareggiare. Bisogna dire che se uno ha smesso da poco o fa ancora attività, rimane molto più sul pezzo rispetto ad altri. Questo è quello che sta succedendo nel nostro mondo all’estero, perché gli altri non stanno a guardare. Guardate la Francia com’è cresciuta grazie a Patrick Moyses, ovvero un ex campione paralimpico, diventato cittì.

Patrick Moyses, argento alla Paralimpiadi di Seul 1988 nel nuoto, è il cittì della Francia preso come esempio da Cornegliani
Patrick Moyses, argento alla Paralimpiadi di Seul 1988 nel nuoto, è il cittì della Francia preso come esempio da Cornegliani
Avresti già un’idea su come intervenire?

Certo. Non dovremmo più lasciare nulla al caso. Come migliorano le tecnologie della bici, dovremmo migliorare l’approccio mentale alla gara. Se e quando ci metteremo attorno ad un tavolo, io vorrei che la nazionale potesse avvalersi di uno psicologo dello sport. Finora avevamo solo i fisioterapisti, ma è importante anche avere quella figura. Anche perché adesso l’asticella si sta alzando. Questo implicherebbe cercare di far convivere tanti atleti con compiti e obiettivi precisi in corsa. E sono consapevole che non potrà essere immediato.

Cornegliani crede molto nei buoni rapporti e nello spirito di squadra per raggiungere i traguardi più importanti
Cornegliani crede molto nei buoni rapporti e nello spirito di squadra per raggiungere i traguardi più importanti
Quanto tempo potrebbe richiedere tutto ciò?

Il concetto è molto sottile per gestire questo tipo di rapporti con gli atleti e tra atleti. Purtroppo nel nostro settore c’è ancora chi è invidioso di chi va più forte o vince più di lui. Invece è una mentalità da cambiare. Se sistemiamo certe condizioni, tutti gli atleti possono rendere al massimo. Lavoriamo per loro, deve essere uno stimolo. Per me l’obiettivo sarebbe quello di collaborare tutti assieme anche per vincere una sola medaglia, ma sentirsi tutti contenti e parte di quel progetto.

Il ruolo del cittì diventerebbe ancora più rilevante, giusto?

Assolutamente sì. Ora c’è Pierpaolo Addesi con cui ho avuto un bel biennio di avvicinamento a Parigi. Riprendendo quello che dicevo prima, sarebbe bello che nei due anni precedenti a Los Angeles si potesse lavorare bene con tutti come è stato fra noi due. Ci vuole una linea più moderna, tracciando un percorso per i prossimi Giochi Olimpici. Devo parlare col cittì, anche perché lui continua a sentirsi instabile, mentre è un buon tecnico.

Non solo watt: Cornegliani vorrebbe anche un psicologo dello sport nello staff della nazionale di paraciclismo
Non solo watt: Cornegliani vorrebbe anche un psicologo dello sport nello staff della nazionale di paraciclismo
Quanto ci crede il consigliere Fabrizio Cornegliani in un ulteriore salto in avanti del paraciclismo italiano?

Tantissimo, perché so che è fattibile e perché è una situazione che ho vissuto. E’ un mio sogno. Dobbiamo pensare che quando indossiamo la maglia azzurra siamo al top e quindi dovremmo avere anche diritto al top per tante figure in nostro supporto. Cerchiamo di sistemare gli attriti tra dirigenti e atleti senza dover imporre i ruoli ai secondi. E cerchiamo di portare una istruzione di base nel nostro settore. Los Angeles adesso sembra lontana, ma non facciamoci ingannare dal tempo.

Consigliere Confalonieri, le ragioni della scelta

22.01.2025
5 min
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«Le mie corse sono già pianificate – dice Maria Giulia Confalonieri – però mi è stato detto che tante volte c’è la possibilità di partecipare da remoto, la cosa importante sarà comunque esserci. Mi impegno a partecipare a tutti i Consigli Federali, che siano in presenza o meno. Ho accettato questo incarico e gli dedicherò il tempo necessario. Come atleta professionista sto in giro tanto tempo e passo tante ore in bici, ma il resto della giornata lo dedico al recupero. E se si tiene impegnata la mente, a volte è anche una cosa stimolante».

La rappresentanza atleti

Maria Giulia Confalonieri ha trent’anni e corre con la Uno-X Mobility. Domenica scorsa a Fiumicino, subito dopo la conferma di Dagnoni alla presidenza federale, è stata eletta come rappresentante degli atleti nel Consiglio Federale, l’organo di governo della Federazione. Ha ottenuto 12 voti: uno in meno di Fabrizio Cornegliani e il doppio di Elena Cecchini, prima degli esclusi. La sua stagione sta per partire con due prove a Mallorca e il UAE Tour, ma prima abbiamo voluto farci raccontare le ragioni del suo impegno nella politica federale.

Questo il Consiglio Federale per il quadriennio 2025-2028. A destra, Maria Giulia Confalonieri
La rappresentanza atleti nel Consiglio Federale spetta a Cornegliani (accanto a Dagnoni) e Confalonieri (a destra)

«Mi hanno contattato a fine novembre – racconta Confalonieri – per chiedermi se fossi disponibile. Prima mi sono fatta spiegare in che cosa consista il tutto, perché ero piuttosto all’oscuro di cosa potessi fare se fossi entrata nel Consiglio Federale. Ovviamente facendo ancora l’atleta professionista, a volte la presenza in persona potrebbe essere complicata, però mi è sembrato un bel modo per potermi rendere utile e far valere la mia opinione. Detto questo, non so cosa mi riserverà questo ruolo. Non conosco ancora le dinamiche e stiamo aspettando di sapere quando ci riuniremo la prima volta e a quel punto mi farò un’idea un po’ più chiara».

Prima di metterci in naso, seguivi la politica federale?

Leggevo qualche articolo ogni tanto, ma non mi sono mai interessata più di tanto. Se non pensassi di poter portare la mia opinione, non mi sarei avventurata in questo ambito. Penso che il punto di vista di chi sta ancora correndo possa essere utile. Qualche collega mi ha fatto i complimenti per essere entrata in Consiglio Federale, però diciamo che il lavoro deve ancora incominciare. Spero mi facciano i complimenti fra quattro anni.

In cosa puoi dare un contributo da atleta?

Questa è una bella domanda. A livello professionistico, non penso che ci siano tante cose da fare. Semmai si dovrebbe intervenire sulle categorie più giovani, vedremo che proposte verranno fuori, così potrò dire la mia. Per ora non ho ben idea di cosa bolla in pentola, diciamo che vedendo l’andamento negli anni, la base del ciclismo si è ridotta, non è più tanto semplice reclutare nuovi giovani. I numeri una volta erano più grandi, ma è anche vero che adesso ci sono tanti altri sport, mentre la sicurezza delle strade può essere un problema per i genitori, quando parliamo di giovanissimi.

Confalonieri è un’atleta delle Fiamme Oro. Qui in azione nell’ultimo campionato italiano a crono
Confalonieri è un’atleta delle Fiamme Oro. Qui in azione nell’ultimo campionato italiano a crono
Parliamo di sicurezza: hai 30 anni, la sensazione è che 15 anni fa le strade fossero più sicure?

Non lo so. Prima di tutto abito in un posto molto trafficato, quindi sono sempre stata abituata sin da giovane ad avere a che fare ogni giorno con tanti automobilisti. Sotto certi aspetti un po’ è peggiorata, ma non saprei neanche dire di quanto. Noto che a volte le persone hanno meno pazienza, magari gli fai perdere uno o due secondi per superarti. Anche se sei già in fila e stai rispettando tutte le regole, devono sempre farsi sentire. Magari qualcuno suona il clacson, un altro cerca di stringerti. Però non ho notato un tracollo, diciamo che c’è sempre stata della gente nervosa in strada.

Come ci convivi?

Cerco il più possibile di evitare le strade super trafficate, anche se ovviamente visto dove abito a volte, non è proprio semplicissimo. E poi cerco anche di andare in giro in fila però comunque in gruppo, che in parte ti aiuta. Per superarti, devono passarti vicino, ma fanno più attenzione e devono avere più pazienza per non rischiare una manovra azzardata. Invece nel sorpassare una bici sola, sono meno attenti. E poi ci sono le strade…

Cosa vogliamo dire?

Ci sono sempre più ostacoli e in Italia quello che manca rispetto a tanti altri Stati sono delle corsie dedicate alle bici. E’ vero che fanno le piste ciclabili e noi dovremmo utilizzarle, però è poco realistico pensare che un atleta professionista o anche un ragazzo dai 14 anni in su, che in pianura va almeno ai 30 all’ora, possa allenarsi su una pista che per giunta deve spesso condividere con i pedoni.

Confalonieri: dal ritiro a Roma e ora verso il debutto. Dal 2025 la Uno-X usa bici Ridley
Confalonieri: dal ritiro a Roma e ora verso il debutto. Dal 2025 la Uno-X usa bici Ridley (immagine Instagram)
Che effetto ti ha fatto l’altro giorno sentir chiamare il tuo nome alle elezioni?

Sapevo che fra i candidati c’erano anche Elena Cecchini e altri quattro ragazzi, però non ho mai veramente pensato alla possibilità che mi eleggessero, almeno fino al giorno che sono arrivata. Nei giorni precedenti, non ho mai avuto particolare tensione, ma quando hanno chiamato il mio nome, sono stata molto contenta. Sono arrivata a Roma la domenica mattina, perché il giorno prima ero ancora in Spagna con la squadra e per questo non sono potuta andare la sera precedente. Ho preso l’aereo e quando sono arrivata, l’Assemblea era appena cominciata.

Come è stato seguirla?

Non mi ero informata delle tempistiche né di come funzionasse. Era la prima volta e mi ha assorbito parecchio. E’ stato interessante sentir parlare i tre candidati e avere un punto di vista sulle loro campagne elettorali. Poi per il resto si è trattato di aspettare e vedere che cosa sarebbe successo. La sera sono tornata a Milano, già lunedì mattina mi sono allenata. Sabato si comincia da Mallorca.

Cornegliani sale in cattedra. Un giorno da prof universitario

18.12.2024
6 min
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Metti un giorno che una medaglia d’oro olimpica salga in cattedra a fare lezione e rispondere alle domande di una classe di studenti. E metti che parola dopo parola escano spunti inediti da approfondire con calma. Per una mattina Fabrizio Cornegliani, oro a crono alle Paralimpiadi di Parigi e ai mondiali di Zurigo nell’handbike, si è calato nella parte di professore al Corso Magistrale di “Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate” dell’Università di Pavia (in apertura foto Team Equa).

Un ruolo insolito per lui e invece molto stimolante per la classe che ha potuto conoscere meglio una persona che ha dovuto iniziare letteralmente una seconda vita, diventando uno dei più forti atleti della sua disciplina. Una lezione umana e universitaria che servirebbe sempre per aprire la mente di tutti, sportivi e non, su come si possa vincere o arrivare in alto in qualunque condizione. E così abbiamo chiesto a Cornegliani di raccontarcela.

Cornegliani ha ricevuto il Collare d’Oro, la massima onorificenza del CONI e del CIP, per l’impresa alla Paralimpiadi di Parigi
Cornegliani ha ricevuto il Collare d’Oro, la massima onorificenza del CONI e del CIP, per l’impresa alla Paralimpiadi di Parigi

Collare d’Oro

Gli appuntamenti istituzionali di Cornegliani sono fitti. L’ultimo in ordine cronologico è il Collare d’Oro, la massima onorificenza del CONI e del CIP (Comitato Italiano Paralimpico).

«Lunedì ero a Roma all’Auditorium Parco della Musica – inizia Fabrizio – per ricevere questo graditissimo riconoscimento. Ne avevo già ritirati tre in passato, ma questo ha avuto un sapore particolare. Rispetto agli altri anni c’erano meno atleti, tra un impegno e l’altro, e quindi abbiamo avuto più attenzione. L’altra premiata del ciclismo assieme a me era Chiara Consonni (oro in pista nella madison con Guazzini, che è in ritiro in Spagna con la Fdj-Suez, ndr). Per me è stato un grande onore essere uno dei due rappresentanti del nostro sport».

Fabrizio con moglie e figlio alla fine della premiazione. Quello di quest’anno è stato il suo quarto Collare d’Oro
Fabrizio con moglie e figlio alla fine della premiazione. Quello di quest’anno è stato il suo quarto Collare d’Oro

In aula

Quasi due settimane fa Cornegliani ha vissuto un’emozione diversa da quella che solitamente prova quando gareggia. Parlare davanti a degli studenti non è così scontato come si potrebbe pensare. Bisogna essere pronti ad avere la risposta giusta o comprensibile, ma lui non si scompone e non va in affanno.

«L’occasione è nata – spiega – attraverso Agnese Romelli, una mia compagna di squadra nel Team Equa. Lei è l’allieva di un professore dell’Università di Pavia che ci teneva a fare una lezione diversa dal solito. Ho accettato subito con entusiasmo e mi sono messo a loro disposizione. Ognuno poteva chiedermi ciò che voleva. L’intento della lezione era smuovere l’interesse dei ragazzi e capire quali argomenti toccare. Onestamente sono stato molto sorpreso perché non mi aspettavo considerazioni e domande da lasciarti a bocca aperta. Ovvio quindi che diventi molto bello poter rispondere alle loro curiosità».

Il video dell’impresa a cinque cerchi di Parigi rompe il ghiaccio e pone subito l’accento sul mezzo utilizzato da Fabrizio. La bici è un concentrato di ingegneria e tecnica e i ragazzi si fanno sotto con le domande.

«Rispetto alla pedalata alternata della bici tradizionale – prosegue Cornegliani – dove si fa forza spingendo, nella mia specialità, la H1, il movimento centrale gira in sincrono e la potenza si fa tirando. Quindi mentre stavo continuando a spiegare, un ragazzo mi interrompe e mi chiede se può nel frattempo disegnare come si immagina il sistema tecnico delle corone. Io divertito e piacevolmente stupito, gli rispondo che stavolta è lui ad aver attirato la mia curiosità. Alla fine del mio discorso, il ragazzo mostra il suo disegno ed era riuscito a riprodurre la corona ellittica che usiamo per non avere punti morti, assieme a tutto il resto della trasmissione».

Il video dell’oro olimpico di Cornegliani ha stimolato gli studenti a domande, considerazioni e disegni (foto Team Equa)
Il video dell’oro olimpico di Cornegliani ha stimolato gli studenti a domande, considerazioni e disegni (foto Team Equa)

Occhio sui dettagli

Guardando le immagini del video di Parigi, la classe nota tanti altri temi tecnici e morali.

«Ad esempio la seduta della handbike – ci dice Cornegliani – non resta la stessa per la salita e per la discesa. Infatti un ragazzo, continuando il contest del suo compagno, ha ipotizzato se esiste un modo per trovare una posizione della seduta più redditizia. Così come mi hanno chiesto informazioni sui tutori che uso per tenere le manovelle, visto che le mie mani non possono chiudersi fino in fondo e stringere bene. Ho spiegato a loro che vent’anni fa si usava un tape per tenere le mani attaccate alle manovelle. Qualcuno lo fa ancora adesso, perché nel frattempo, da un’idea nata in Italia, gli ausili che usiamo ora sono diventati costosi. Vanno dai 500 ai 4.000 euro a seconda delle necessità personali. Senza questi non possiamo praticare il nostro sport».

L’aspetto psicologico è stato invece l’argomento richiesto dalle ragazze. «Loro si sono domandate – va avanti – come funzioni la capacità del sistema italiano per aiutare una persona a ripartire dopo un incidente come il mio. In Italia non siamo avanti come in Inghilterra. Da loro chi ti assiste si immedesima nell’avere il tuo stesso problema. C’è stato uno studio che ha dimostrato come cambi il punto di vista da un medico normodotato che si mette in carrozzina per aiutarti nel recupero rispetto ad un medico normodotato ti segue in piedi. Anche questo è un aspetto importante che non si può sottovalutare».

Durante la lezioni in aula, Cornegliani ha spiegato l’importanza del tutore alle mani e come funziona la trasmissione del movimento centrale
Durante la lezioni in aula, Cornegliani ha spiegato l’importanza del tutore alle mani e come funziona la trasmissione del movimento centrale

Specializzazioni per paralimpici

Il tempo scorre veloce, però per Cornegliani e i suoi ragazzi c’è spazio per un ulteriore spunto, prima magari di ritrovarsi ancora.

«Abbiamo fatto riferimento alla bici e ai tutori – conclude Fabrizio, felice di averci potuto descrivere la sua esperienza in facoltà – ed è emerso parlando che la figura del laureato per queste situazioni particolari è e sarebbe fondamentale. Stiamo vedendo che ci sono sempre più studenti che scelgono queste specializzazioni e varrebbe la pena che gli facessero fare un monte ore di tirocinio in ambito sportivo. Magari studiando l’aspetto agonistico e prestazionale oppure su materiali leggeri, sicuri e performanti».

Gli studenti universitari hanno ragionato su come rendere più redditizia la seduta della handbike sia in discesa che in salita
Gli studenti universitari hanno ragionato su come rendere più redditizia la seduta della handbike sia in discesa che in salita

Cornegliani guarda poi al suo mondo, dove gli piacerebbe vedere in nazionale e nei club meccanici specializzati solo per handbike.

«E’ stata una chiacchierata di due ore con cervelli freschi, attivi, che possono costruire tesi o fare studi sulla nostra disciplina. Sono usciti molti temi, ma non tutti. Non abbiamo parlato di alimentazione, di peso, di vestiario e aerodinamica. Ma è stato meglio così, perché ci siamo già ripromessi che ci sarà un seguito».

Team Equa, pioggia di medaglie, ma Spada guarda ad altro

23.11.2024
5 min
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E’ stato un anno importante per tutto il settore paraciclistico, come sempre avviene in coincidenza dell’appuntamento olimpico. Il bottino è stato ingente, ma come sempre bisogna guardare al di là, perché le medaglie non dicono sempre tutto. Un occhio importante arriva da chi fa attività sul territorio, come il Team Equa che ha contribuito in maniera robusta al bottino azzurro nelle principali manifestazioni del settore.

«Il nostro bilancio è lungo da enunciare – mette le mani avanti il suo presidente Ercole Spada – perché abbiamo raccolto qualcosa come 63 medaglie, mettendoci dentro tre Coppe del Mondo, un mondiale su pista con Colombo e Bissolati, una decina di titoli italiani, un oro e tre bronzi a Parigi con Cornegliani e il tandem Plebani-Bernard sugli scudi, 3 titoli e 8 medaglie in totale a Zurigo… Ma è bene fermarsi qui, perché, come detto giustamente, le medaglie non dicono tutto».

Uno scatenato Ercole Spada sugli spalti di Parigi, a incitare i suoi atleti
Uno scatenato Ercole Spada sugli spalti di Parigi, a incitare i suoi atleti
Come giudichi la stagione del settore nel suo complesso?

Non si può negare che i problemi ci sono e sono anche profondi. I ragazzi hanno avuto poca assistenza a livello nazionale e per questo abbiamo supplito noi come società: non solo il Team Equa ma tutte quelle che gravitano in quest’ambiente. Se si considera che non ci sono stati ritiri federali, si capisce come ci siamo trovati a competere con autentiche corazzate con la nostra passione e i nostri sacrifici. I problemi non li possiamo risolvere, ma almeno diamo tutto quel che possiamo per favorire i nostri atleti. Si poteva fare di più, questo è sicuro, ma perché ciò avvenga serve che la Federazione investa sul settore in maniera chiara.

La vetrina olimpica però è stata foriera di maggiore attenzione verso di voi, soprattutto da chi non è un addetto ai lavori o uno stretto appassionato?

Sì, lo abbiamo visto in quei giorni fatidici a Parigi. La RAI ci ha dato una grossa mano, come anche la possibilità di competere a Zurigo insieme ai grandi, a tutte le categorie dei normodotati. E’ stata un’occasione importante, che ha anche dimostrato come possiamo essere anche noi un richiamo. Perché le nostre sono gare appassionanti e i nostri atleti mettono davvero tutto quel che hanno nelle competizioni. Tanto è vero che io non faccio mai distinzioni tra normodotati e diversamente abili: è una categorizzazione ormai superata.

Un momento della festa conclusiva della stagione, nella quale sono stati festeggiati i campioni: qui Pini, Cornegliani e Vitelaru
Un momento della festa conclusiva della stagione, nella quale sono stati festeggiati i campioni: qui Pini, Cornegliani e Vitelaru
Come team sei soddisfatto di com’è andata la stagione?

Come potrei non esserlo? Certo, si potrebbe sempre fare meglio e qualche colpo di sfortuna c’è stato, ma sono strafelice di come sono andati i ragazzi. I nostri sacrifici sono stati ricompensati, ad esempio il fatto di averli portati ben due volte a Parigi per fare sopralluoghi e allenarsi sui percorsi olimpici, a febbraio e a giugno. A conti fatti è stato un contributo decisivo per i loro risultati finali.

Come riuscite ad avere un bilancio simile di fronte a una concorrenza estera che ormai e a livello delle squadre WorldTour, anche per i relativi oneri economici?

Se devo essere sincero, quando siamo in trasferta per i grandi eventi me lo chiedo spesso… Dicono che nessuno ha vinto tanto quanto noi nella storia, d’altronde 750 podi internazionali in 11 anni sono un bilancio niente male… Cerchiamo di fare il massimo a nostra disposizione, fondamentale è l’apporto degli sponsor che d’altro canto sono molto soddisfatti del riscontro che ottengono per le vittorie dei ragazzi. Il problema è che partiamo con vistosi scarti, anche regolamentari.

Fabio Colombo e Manuele Cadeo, la coppia vincitrice di due bronzi tricolori su strada
Fabio Colombo e Manuele Cadeo, la coppia vincitrice di due bronzi tricolori su strada
Spiegati meglio…

Facciamo l’esempio dei tandem: i nostri ragazzi hanno a disposizione un calendario nazionale molto striminzito, le gare si contano sulle dita di una mano. All’estero consentono la partecipazione alle gare per Elite e U23 per le categorie C4 e C5, una cosa del genere per noi sarebbe una vera svolta, innescherebbe un meccanismo virtuoso. Noi avremmo bisogno di un calendario più ricco, maggiori occasioni di confronto. Ricordo ad esempio che qualche anno fa correva con noi un ucraino che per parte dell’anno andava in Belgio così poteva gareggiare tutto l’anno e, quando contava, la differenza si vedeva.

Non è però solo un problema di calendario…

No, infatti dobbiamo anche considerare che siamo sempre più opposti a ciclisti professionisti, sostenuti da club che hanno grandi possibilità economiche alle spalle e possono quindi dedicarsi solo a quello. I nostri sono dilettanti al confronto, gente che abbina l’attività al proprio lavoro e questo sta progressivamente allargando il gap.

Il momento più bello della stagione: Cornegliani chiude la sua crono e vince l’oro olimpico
Il momento più bello della stagione: Cornegliani chiude la sua crono e vince l’oro olimpico
Ora che le Olimpiadi sono alle spalle, bisognerebbe anche lavorare sul “rumore” che esse hanno destato per fare promozione…

Speriamo vivamente che dopo le elezioni federali ci si ricordi di noi, di questo aspetto che è fondamentale perché abbiamo bisogno di forze fresche, possiamo dare a tanti l’opportunità di vivere i propri disagi in maniera diversa, farne anzi una forza. Io spero che, chiunque venga eletto, ci mostri maggiore attenzione e investa su questo settore che può dare tanto.

Pomeriggio iridato: l’inno suona per Mazzone e Cornegliani

24.09.2024
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ZURIGO (Svizzera) – «Facciamo come Ganna – dice Mazzone – mettiamo in mezzo lei che però è più alta!». Così il pugliese in maglia iridata fa passare di là Cornegliani, vincitore oggi del secondo mondiale, e in mezzo mettono Ana Maria Vitelaru che ha conquistato il bronzo. Come Ganna, Affini e Remco nel mezzo, solo che questa volta le maglie iridate sono ai lati. Dopo la vittoria nella staffetta di apertura, un altro pomeriggio d’oro ed emozionante per gli azzurri di Pierpaolo Addesi.

Ana Maria Vitelaru è bronzo nella crono donne H5. Ha chiuso a 3’53” dalla vincitrice Haenen
Ana Maria Vitelaru è bronzo nella crono donne H5. Ha chiuso a 3’53” dalla vincitrice Haenen

Dalla polvere alle stelle

L’ultima volta che avevamo seguito di persona una gara di Mazzone fu lo scorso anno a Glasgow, quando Luca finì contro una transenna nella staffetta e uscì di gara, colpito e umiliato nell’ultimo giorno di gare. Forse per questo, vedendolo piangere per la gioia al risuonare dell’Inno di Mameli, il groppo in gola ce l’abbiamo pure noi. Dopo quel giorno, per il pugliese arrivato al 19° titolo, sono venute le due medaglie di Parigi e l’onore di essere portabandiera. Ma di vincere ancora a 53 anni non se lo aspettava.

«Tante volte – sorride e riflette – quando vado alle scuole come ambasciatore paralimpico, racconto sempre questo. Quando prendete un brutto voto, non demoralizzatevi, fate in modo che sia un punto di partenza. Un punto per avere la tigna di rifarsi. A Glasgow, veramente il morale era caduto a pezzi. Invece quando sono tornato a casa, mi è venuta la cattiveria agonistica di rifarmi. Non contro gli avversari, perché gli avversari sono comunque uno stimolo. Rifarmi con me stesso, per ritrovare quel Luca di otto anni fa anche con qualche anno in più (nel dirlo si commuove, ndr). Ce la volevo mettere tutta, volevo fare bene sia alle Paralimpiadi che qua».

Luca Mazzone, classe 1971, è campione del mondo nella categoria H2 con 40″ sul secondo. Mano sul cuore, c’è l’Inno
Luca Mazzone, classe 1971, è campione del mondo nella categoria H2 con 40″ sul secondo. Mano sul cuore, c’è l’Inno

«Veramente però – prosegue – sono sbalordito di me stesso. Sapevo che il percorso era favorevole, perché gli allenamenti fatti a Campo Felice insieme ai miei amici H3 davano buone speranze. Mi mettevo dietro di loro a fare gli allenamenti e mi facevano sempre i complimenti. Quindi sapevo che su questo percorso potevo fare bene, ma non con un simile distacco ai miei avversari (Mazzone ha vinto con 40” sul francese Jouanny, ndr) che, come ho detto a Parigi, hanno tanti anni meno di me. Questo è frutto del tanto lavoro svolto con la nazionale sia a livello personale, tante rinunce. In questo campionato ringrazio lo staff, che ha dato tanta serenità che per me fa molto. Serenità e tanta professionalità che mi ha permesso di far così bene».

La differenza dei tubeless

Fabrizio Cornegliani è una molla che non si scarica. Sul podio non è riuscito a stare fermo, almeno fino a che sono partite le note dell’Inno. E allora pure lui si è fermato ad ammirare quella bandiera che saliva al cielo. AI piedi del palco, c’è Ercole Spada, il presidente del suo Team Equa che sorride compiaciuto. E se Mazzone ha parlato col cuore in mano, Cornegliani la prende da atleta sulla cresta dell’onda, mescolando emozioni e numeri. A Zurigo c’è arrivato con l’oro olimpico al collo, non uno qualsiasi.

«Non me l’aspettavo – dice – però l’ho cercata. A Parigi lo dissi subito che ero sotto di un 10-15 per cento rispetto alla potenza che mi aspettavo. Così siamo ritornati a casa, ho riposato perché volevo un wattaggio migliore. Sono partito svantaggiato, perché sul piatto non ho tutta quella potenza per fare la differenza. Invece la differenza c’è stata. Abbiamo usato dei materiali nuovi, i tubeless che non avevamo ancora messo bene a punto sulla handbike. Probabilmente parte di questo vantaggio qua (2’35” sul secondo, ndr) è stato dato dalle gomme. Me li hanno dati due giorni fa e rispetto ai tubolari classici avevo la bici che scorreva e aveva un comfort mai visto».

Cornegliani ha vinto l’oro nella crono H1 con 2’35” sul secondo, il brasiliano Ferreira de Melo
Cornegliani ha vinto l’oro nella crono H1 con 2’35” sul secondo, il brasiliano Ferreira de Melo

«Questo percorso per quanto mi riguarda era fin troppo facile – prosegue – perché quando c’è solo una curva in un percorso, la potenza è tutto. Però era una gara lunga per la mia categoria, quindi la differenza l’ha fatta questo. Questo e la voglia di fare meglio di Parigi. Ho corso contro il mio fantasma ed è andata bene che fosse asciutto. Sul bagnato abbiamo delle difficoltà maggiori, i tutori cominciano a scivolare e diventa tutto un problema. La commozione sul palco? Quando suona l’Inno di Mameli, il brivido c’è sempre. Poi adesso che non ce lo suonano più nelle Coppe del mondo, è diventata una cosa rara. Quindi quando c’è l’Inno, mano sul cuore e cantare».

Le gare vanno avanti. Lello Ferrara si fa la foto con le medaglie al collo, strappando ben più di una risata. C’è la fila per fare le foto con questi splendidi atleti e andando via verso la sala stampa, il pensiero va a tutte le volte che un corridore si lamenta per il freddo o i sacrifici che deve fare. Non serve neanche aggiungere altro, abbiamo appena ricevuto l’ennesima lezione di volontà e voglia di vivere. Il resto non conta.

Cornegliani, un oro che vale anche come esempio

15.09.2024
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L’inno italiano, Fabrizio Cornegliani l’ha sentito suonare tante volte in suo onore. Ma quella aveva un sapore speciale. A Parigi, ai Giochi Paralimpici, primo (e alla fine unico) oro della spedizione olimpica del paraciclismo, che ha dato comunque un contributo importante al sesto posto nel medagliere tanto clamoroso quanto sottovalutato nel giudizio dei media.

Fabrizio Cornegliani è nato a Miradolo Terme (PV) il 12 marzo 1969. Ha iniziato a gareggiare nel 2017
Fabrizio Cornegliani è nato a Miradolo Terme (PV) il 12 marzo 1969. Ha iniziato a gareggiare nel 2017

I sacrifici dietro un oro olimpico

Per il pavese di Miradolo Terme è il culmine di una carriera nata per caso come per tanti costretti (ma come si vedrà questo verbo neanche si attaglia troppo bene al suo destino) allo sport paralimpico. Fabrizio lo sport l’ha sempre avuto nel sangue. Istruttore di arti marziali, un giorno è stato vittima di una caduta sfortunata, una gran botta alla schiena, un verdetto inappellabile: tetraplegia. Lo sport, il ciclismo in questo caso, lo ha riportato a galla, è diventato la sua vita, ben oltre un oro olimpico.

Argento tre anni prima a Tokyo, Cornegliani è partito per Parigi con un’idea sola in testa, un’idea dorata: «E’ difficile raccontare un oro olimpico perché dietro ci sono sacrificio e lavoro interminabili. La mia olimpiade posso dire che sia iniziata due mesi prima, nel senso che da allora ho fatto solo il ciclista e devo dire grazie alla mia famiglia perché quest’oro è soprattutto loro, dei sacrifici che hanno dovuto fare per sostenermi».

Fabrizio con la moglie. Il supporto della famiglia è stato decisivo nell’approccio olimpico
Fabrizio con la moglie. Il supporto della famiglia è stato decisivo nell’approccio olimpico

Il racconto di un giorno speciale

Cornegliani ha ben stampato nella mente ogni singolo momento di quel giorno d’oro: «Ci siamo svegliati alle 4 perché dovevamo fare un’ora di trasferimento in pullman e per me è stato un viaggio, con le macchine della polizia con i lampeggianti davanti e dietro. Nel buio faceva un certo effetto, anche un po’ inquietante. Siamo arrivati presto, sistemandoci nel parcheggio, poi io ho iniziato tutta la trafila di impegni che precedono una cronometro, legati al riscaldamento. Un rituale che è sempre lo stesso: i rulli di preparazione, la scelta delle ruote, la pressione giusta, il cambio delle batterie per i comandi… Un processo che nasconde sempre tante incognite e quando sei all’appuntamento principale del quadriennio, sai che ti giochi tutto anche per una sciocchezza».

La parte più difficile è il momento del via: «Oltretutto ci avevano anche anticipato il controllo dell’handbike e questo ha aggiunto stress a stress. Prima di partire ho guardato gli altri, lo staff azzurro: la tensione era palpabile. Io sapevo di giocarmi una medaglia, ma bisognava capire di quale colore. All’inizio il sudafricano Du Preee andava più forte ma era preventivato, è più leggero, poi la classifica si è assestata con la lotta fra me e il belga Hordies, come nell’ultima prova di Coppa del Mondo. Io però non mi sentivo a posto, non mi ero riscaldato bene e infatti i wattaggi erano inferiori a quel che pensavo.

Cornegliani ha preceduto il belga Hordies di 21″ e il sudafricano Du Preez, campione uscente, di 1’16”
Cornegliani ha preceduto il belga Hordies di 21″ e il sudafricano Du Preez, campione uscente, di 1’16”

L’impostazione delle curve

«Le difficoltà erano legate al percorso, ai sampietrini, all’impostazione delle curve. Con i nostri mezzi bisogna essere precisi, non puoi correggere. Oltretutto io ho i freni all’altezza dei gomiti, quando la bici è lanciata puoi fare ben poco, per questo conta molto conoscere il percorso. Io comunque iniziavo a preoccuparmi, non vedevo le cifre che volevo, oltretutto non avevo voluto la radio per non essere condizionato da quel che facevano gli altri. So che ho fatto brontolare qualcuno… Dopo la prima salita finalmente ho visto che il riscaldamento era completato e i numeri erano quelli giusti. A quel punto ho visto che le telecamere mi avevano raggiunto, era il segno che stavo andando bene. Mancava la parte finale, l’ultima salita: ero sotto di 5” ma non mi sono preoccupato, sapevo di avere più fondo e infatti nell’ascesa finale ho rifilato al belga più di 25”».

Il lombardo vanta 12 medaglie mondiali (5 d’oro), 4 europee (2 d’oro) e un oro e un argento olimpico
Il lombardo vanta 12 medaglie mondiali (5 d’oro), 4 europee (2 d’oro) e un oro e un argento olimpico

Il problema delle categorie

Arrivato al traguardo, non era finita: «C’era da attendere un minuto e mezzo per sapere se ero davanti al sudafricano e quei 90 secondi sono sembrati ore, poi è iniziata la festa, piangevano tutti. Io mi sono liberato di un peso enorme, mi sono passati davanti agli occhi tutti i sacrifici fatti per settimane e settimane, coinvolgendo tutti coloro che mi sono intorno. Mi sono ripreso quel che mi era sfuggito a Tokyo e qui, in mezzo alla gente, è stato ancora più bello. Anche perché avevo solo quest’occasione».

Qui è bene fare una specifica, perché Cornegliani era in gara anche nella prova in linea, «ma lì era solo per fare atto di presenza, io come tutti gli altri della mia categoria. Noi gareggiamo come H1 insieme agli H2, ma è un controsenso, è come mettere una Panda insieme a una Mercedes, non c’è competizione. Sono disabilità diverse, infatti nella categoria di Mazzone sono velocità molto maggiori e un diverso controllo del mezzo. Il Cio applica una regola assurda, noi facciamo la partenza e dopo poco ci fermiamo».

Il pavese e gli altri medagliati a Casa Italia con la Presidente del Consiglio Meloni
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E ora? I mondiali…

Questo introduce il tema della disabilità: «Noi non sentiamo le pedivelle, anzi con tutta l’imbracatura e il blocco delle mani la sensibilità scende ancora. La categoria H1 comprende tutti i tetraplegici, abbiamo quindi gli stessi tutori e lo stesso tipo di frenata, almeno partiamo tutti ad armi pari, ma per questo è folle accomunarci ad altre categorie. Per noi è fondamentale l’impostazione delle curve perché non possiamo ritoccare velocità e direzione, bisogna prevedere tutto prima».

La stagione di Cornegliani non è finita: «Ora ci aspettano i mondiali, dove so che ci sarà una crono piatta, meno adatta alle mie caratteristiche. Ma non sono proprio tipo da rilassarmi, sarà un’altra battaglia da combattere».

Festa azzurra per le strade di Parigi, finalmente lo stress della gara è alle spalle
Festa azzurra per le strade di Parigi, finalmente lo stress della gara è alle spalle

Lo sport come protocollo riabilitativo

Fabrizio non ha intenzione di smettere, anche perché il rapporto con la bici è talmente radicato che fa parte integrante della sua vita: «Per me è stato fondamentale per la ripresa e anzi secondo me andrebbe inserito come protocollo riabilitativo di base. Attraverso lo sport raggiungi livelli mai visti: la fisioterapia va bene, ma ti tiene impegnato un’ora, per il resto del tempo? La bici mi ha dato uno scopo, ha risvegliato il mio corpo, mi ha fatto affrontare la scala del recupero raggiungendo vette che nelle mie condizioni erano impensabili. E’ il metodo riabilitativo per eccellenza»