Coppa San Vito 2025, Alessio Magagnotti batte Nicola Padovan (immagine Contri-Autozai)

Magagnotti, le vittorie e il cammino per diventare grande

23.10.2025
5 min
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Un post su Instagram non basta per descrivere le potenzialità di un corridore. Ma se a scriverlo è un tecnico di esperienza come Gianluca Geremia, allora probabilmente vale la pena approfondire. E la settimana scorsa il tecnico regionale del Veneto ha scritto delle parole molto importanti sul trentino Magagnotti.

«Senza ombra di dubbio – ha scritto – questo è il ciclista junior più forte di che io abbia mai visto da quando sono tecnico regionale di categoria. Non mi ha stupito per le sue vittorie, ma per quanto forte andava sui percorsi meno adatti alle sue caratteristiche, facendo soffrire gli altri, non ultimo al giro della Lunigiana. Un vero fenomeno della categoria, (per me) con un unico difetto: per 5 km è trentino e non veneto! A parte la battuta, gli auguro davvero di affermarsi nei prossimi anni mantenendo l’umiltà e la determinazione che ha, sempre divertendosi! Forza @ale_magagnotti».

Premiazione Baron, 2025, foto ricordo Gianluca Geremia, Alessio Magangotti
Un incontro della settimana passata e questa foto hanno dato a Geremia l’occasione per parlare di Magagnotti
Premiazione Baron, 2025, foto ricordo Gianluca Geremia, Alessio Magangotti
Un incontro della settimana passata e questa foto hanno dato a Geremia l’occasione per parlare di Magagnotti

Per chi non fosse sul pezzo, Magagnotti è un ragazzo trentino del 2007, arrivato fra gli juniores nel 2024 dopo una splendida carriera negli allievi: 6 vittorie al primo anno e 18 al secondo, fra cui la Coppa d’Oro. Un metro e 81 per 73 chili, con la maglia della Autozai-Contri ha vinto 7 volte lo scorso anno, raddoppiandole quest’anno, fra volate e cronometro (in apertura, la Coppa San Vito in un’immagine Autozai-Contri). In pista ha vinto l’europeo dell’inseguimento a squadre, doppiandolo ai mondiali e aggiungendo l’oro nella prova individuale. Di lui si è accorta la Red Bull che l’ha fatto firmare nel suo devo team.

Che cosa ha visto in lui Gianluca Geremia?

Era l’atleta che arrivava dalla categoria allievi con dei risultati pesanti ed è riuscito a mantenere le aspettative. E’ forte perché fisicamente è dotato, non lo dico io: lo dicono i test, lo dice la nazionale. A livello fisico è un fenomeno, uno che fa più notizia quando non vince. Ma quest’anno l’ho scoperto un po’ di più. Ci ho parlato in qualche occasione e ho avuto modo di osservarlo.

Hai scritto del Giro della Lunigiana…

Non tanto per la tappa che ha vinto, ma per quando si è messo a tirare il gruppo nella tappa di Fivizzano e ha fatto sfracelli. Lo ricordo malvolentieri, perché davanti avevamo Davide Frigo, però è stato Alessio a chiudere sulla fuga. E mi sono chiesto: come ha fatto uno come lui, che ha un fisico possente, a esprimere certi numeri su quel percorso che era tutto fuorché veloce?

Giro della Lunigiana 2025, Alessio Magagnotti vince a Marina di Massa (foto Giro della Lunigiana)
Le volate non stupiscono (qui al Lunigiana): altro quando Magagnotti si esprime in tappe vallonate (foto Giro della Lunigiana)
Giro della Lunigiana 2025, Alessio Magagnotti vince a Marina di Massa (foto Giro della Lunigiana)
Le volate non stupiscono (qui al Lunigiana): altro quando Magagnotti si esprime in tappe vallonate (foto Giro della Lunigiana)
Ti sei dato una risposta?

Ha grandi numeri. Ho corso insieme a Cunego e Pozzato, ma fisicamente Magagnotti mi ricorda tanto Cancellara. Dopo Fabian, non avevo più visto un fisico del genere. Questo vuol dire tutto e non vuol dire nulla, salvo che in questo momento, con i valori che ha e per la categoria in cui si trova, Alessio è un fenomeno. D’altra parte vedo anche un ragazzo con tanta determinazione, che non si accontenta mai.

In base a cosa lo dici?

Ad esempio vedi che ha trasformato in impresa la vittoria di una gara regionale come Codognè. Ha attaccato in partenza e nessuno è più andato a prenderlo, quindi lì motore c’è. Poi ci vuole la testa, ci vuole la volontà di farlo, quindi diciamo che sta facendo vedere tante piccole cose che servono per diventare corridori.

Facciamo gli avvocati del diavolo: può essere così vincente perché è fisicamente più avanti degli altri?

Giusta domanda che ci permette di approfondire. Secondo me, sa che la strada è ancora lunga. L’ho trovato in alcune premiazioni e devo dire che tutte queste celebrazioni mi hanno sempre fatto paura. Sei davanti a un ragazzo che ha vinto in ogni categoria, ma tante premiazioni diventano dei pesi. Diventano quasi dei fastidi, se poi le cose non vanno bene. Per questo gli auguro veramente di avere intorno delle persone che non gli facciano sentire questo peso, perché a mio modo di vedere è un ragazzo proprio umile e tranquillo. Siamo noi che lo stiamo facendo volare tanto alto.

Per Magagnotti il doppio oro ai mondiali su pista: nell’inseguimento a squadre e in quello individuale (foto UCI)
Per Magagnotti il doppio oro ai mondiali su pista: nell’inseguimento a squadre e in quello individuale (foto UCI)
Lui sta con i piedi per terra?

Quando sai di essere forte, quando hai certi valori, la possibilità di vincere il campionato del mondo è la normalità. Doveva farlo. E se non lo avesse fatto, poteva significare che non aveva voglia di allenarsi. Che mentalmente non è stabile per quel tipo di impegni, invece ha dimostrato l’esatto contrario. E’ l’aspetto che mi piace maggiormente, la consapevolezza che per diventare corridore devi avere voglia di fare sacrifici e la capacità di gestire la pressione. E lui secondo me le ha entrambe.

Hai detto di averci parlato più volte: ti dà l’impressione di essere un ragazzo che ascolta?

Quando parli, ti guarda fisso e ascolta. Poi elabora i suoi pensieri, ma vedi che assorbe qualsiasi cosa. Non è per caso che vada forte. Okay le gambe, però soffermandosi sulle altre sfaccettature, capisci che c’è qualcos’altro. C’è anche la testa, secondo me ce le ha tutte, è un ragazzo da far crescere nel modo giusto. Lo dissi anche su Lorenzo Finn, il talento che ha margine, che ha vinto due mondiali di seguito: uno che quando colpisce, lo fa in modo secco.

Magagnotti è uguale?

Alessio è un fenomeno. Arrivava dalla categoria allievi come fenomeno e ha dovuto dimostrarlo sul campo tra gli juniores. Bisognerà vedere quando il fisico maturerà ancora, se valori come il rapporto potenza/peso rimarrà vantaggioso. Ma se il prossimo anno lo vedessimo vincere qualche volata, non mi stupirei. Anzi, glielo auguro e sarebbe giusto, perché il motore c’è. Spero che sfrutti il dono che madre natura gli ha dato, che capisca di essere fortunato ad aver ricevuto questa dote.

Olimpiadi di Rio 2016, cronometro individuale maschile, Fabian Cancellara conquista l'oro

Cancellara e l’oro di Rio: sfida contro il tempo e contro se stesso

17.10.2025
8 min
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Le cronometro possono diventare una prigione? Le parole di Michael Rogers e poi quelle di Pinotti hanno aperto uno squarcio interessante. Grandi campioni a lungo dominatori, costretti ad aumentare un lavoro già asfissiante per l’arrivo di nuovi avversari. Abbiamo pensato a Ganna, costretto da Evenepoel a cercare forza e ispirazione nei dettagli più estremi. Ma abbiamo pensato anche a Cancellara, protagonista 10 anni fa di un finale che pochi sarebbero stati in grado di pronosticare.

Due volte iridato a crono da junior. Poi un filotto impressionante dal 2006 al 2010. Salisburgo 2006, campione del mondo. Stoccarda 2007, campione del mondo. Pechino 2008, campione olimpico. Mendrisio 2009, campione del mondo. Melbourne 2010, campione del mondo. Poi iniziò l’inversione di tendenza. Bronzo nel 2011 e nel 2013, in entrambi i casi dietro Tony Martin e Bradley Wiggins. Nel mezzo, nel 2012, il deludente settimo posto alle Olimpiadi di Londra, staccato di 2’14” dallo stesso britannico, vincitore in quell’anno del Tour.

E quando si pensava ormai alla fine della storia, ecco il colpo di scena con l’oro nella crono alle Olimpiadi di Rio 2016: ultima gara della carriera. Un ritorno su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo. Nessuno, tranne Luca Guercilena, che aveva già allenato Michael Rogers e in quel fantastico viaggio del 2016 accompagnò Cancellara giorno dopo giorno.

Guercilena incontrò per la prima volta Cancellara nella Mapei Giovani e lo ha poi ritrovato nel 2011 a partire dalla Leopard-Trek
Guercilena incontrò per la prima volta Cancellara nella Mapei Giovani e lo ha poi ritrovato nel 2011 a partire dalla Leopard-Trek
Si può dire davvero che dopo un po’ la crono ti svuota?

La differenza sostanziale è tra preparare la cronometro all’interno di una gara a tappe, rispetto a quelle di un solo giorno come il mondiale, in cui il volume di lavoro specifico che devi fare è altissimo e devi prepararle facendo salire la condizione al massimo. A un certo punto con Fabian saltammo dei mondiali perché si era deciso di non investire più nel preparare la gara di un giorno.

Quanto c’era di fatica fisica e quanto di fatica mentale?

L’intensità psicologica è altissima. Il volume di lavoro specifico che fai ogni giorno dietro motore è di alta intensità, quindi è veramente pesante. Quando preparavamo i vari appuntamenti con Rogers e anche con Cancellara, per 3-4 volte a settimana si facevano sedute dietro motore di tre ore con media/alta intensità. Con ripetute fuori scia, brevi e prolungate. Un lavoro veramente esaustivo, in cui devi essere sempre molto concentrato, perché lavori su blocchi di 30 secondi/un minuto e questo richiede un livello di attenzione elevatissimo. Lo stress psicologico aumenta al pari di quello fisico, perché devi sostenere tutto quel carico.

Come nacque l’idea di tornare alle Olimpiadi, visto tutto questo?

Tutti avevano dipinto la cronometro di Rio come durissima. Io ero andato a vederla l’anno prima con il test-event e sinceramente, nonostante ci fossero due strappi importanti, sul volume totale della cronometro che era lunga 54,6 chilometri, non raggiungevi neanche i 4 chilometri di salita. Quindi sebbene Fabian in quel momento pagasse dazio ai vari Dumoulin e Froome, dichiarammo un doppio obiettivo.

Tour de France 2016, cronometro, La Caverne du Pont d'Arc, Fabian Cancellara
Il Tour non aveva dato grandi risposte, tutt’altro. Nella crono del 13° giorno, vinta da Dumoulin su Froome, Cancellara arrivò 23° a 3’15”
Tour de France 2016, cronometro, La Caverne du Pont d'Arc, Fabian Cancellara
Il Tour non aveva dato grandi risposte, tutt’altro. Nella crono del 13° giorno, vinta da Dumoulin su Froome, Cancellara arrivò 23° a 3’15”
Doppio?

Obiettivi paralleli. Il primo era il suo desiderio di finire la carriera con un bel risultato alle Olimpiadi, per non dover tenere duro per tutta la stagione. Dall’altro lato, ero io che insistevo, perché sebbene tutti dicessero che fosse durissima, secondo me c’era un volume di chilometri di discesa tecnica e di pianura che lo avrebbero favorito. Così ci dicemmo di andare e puntare al miglior risultato possibile. All’inizio pensavamo a una medaglia, poi col passare del tempo e degli allenamenti, i dati iniziarono a dirci che si potesse puntare al grande risultato.

Quanto è durata la preparazione per Rio?

Eravamo già stati in ritiro fra il Giro di Svizzera e il campionato nazionale. Ero andato da lui e avevamo fatto quasi 20 giorni sempre insieme. Poi andammo al Tour de France, ma non c’era una cronometro all’inizio, quindi preparare la prova secca era piuttosto complicato. Arrivammo alla vigilia del secondo giorno di riposo e ci fermammo. Quindi tornai da lui e iniziammo a lavorare per le Olimpiadi, diciamo dal 22-23 luglio per altri 10-15 giorni di lavoro specifico. Neanche più una distanza su strada, tutti i giorni dietro motore per 3-4 ore alla volta.

Più difficile del solito?

Gli ultimi lavori prima di partire per Rio furono veramente impegnativi. Allenamenti di 50 chilometri facendo un chilometro in scia della moto a 60 all’ora e poi 500 metri fuori scia. E’ pesantissimo per la testa eppure Fabian l’ha fatto e anche con la pioggia. Simulavamo anche le salite del percorso. Nel circuito che usavamo, c’era una strada in salita con il birillo in cima, lui arrivava su, ci girava intorno e poi io con la moto lo riportavo subito in velocità. Devi avere veramente gli attributi per fare una roba del genere, tanti altri avrebbero girato e sarebbero tornati a casa.

Parigi-Roubaix 2013, Fabian Cancellara si avvia alla vittoria
Fra il 2006 e il 2014, Cancellara vinse anche 3 Fiandre e 3 Roubaix: questa l’ultima nel 2013
Parigi-Roubaix 2013, Fabian Cancellara si avvia alla vittoria
Fra il 2006 e il 2014, Cancellara vinse anche 3 Fiandre e 3 Roubaix: questa l’ultima nel 2013
Quindi subito con la motivazione al massimo?

All’inizio era dubbioso, perché Dumoulin e gli altri gli avevano dato delle belle batoste, per cui il morale non era dei migliori. Sapevamo che con il suo peso, nelle crono di un Grande Giro faceva fatica ad esprimersi. Ma tornato a casa e recuperato lo sforzo del Tour, con il lavoro specifico iniziammo a vedere i numeri salire in modo lineare e cominciò ad arrivare anche il morale. E’ stato anche un lavoro di convincimento, ripetendo che il percorso gli sarebbe piaciuto, ma gli ultimi dubbi se ne sono andati quando finalmente il percorso l’ha visto. Ha fatto un paio di giri un po’ brillanti e ha cambiato sguardo: una medaglia era possibile. E dopo, con gli ultimi allenamenti e vedendo anche le facce degli altri, abbiamo capito che si poteva giocare per l’obiettivo grosso.

Aver preso legnate da Dumoulin o Froome poteva incidere così tanto sulla preparazione?

In quel ciclismo si guardavano già tanto i numeri, più che altro la critical power. Però c’era ancora uno scontro abbastanza forte dell’uomo contro l’uomo. Contava anche il discorso di sfidare l’altro. Mi ricordo che il giorno prima stavamo facendo la sgambata dietro moto e Dumoulin, che probabilmente stava facendo una ripetuta per sbloccarsi, ci passò a doppia velocità e subito la reazione di Fabian fu quella di andargli a ruota. Forse adesso, con la miriade di numeri che riusciamo ad analizzare nel dettaglio, il discorso è più su se stessi e basta.

C’è meno agonismo?

Ci sono altri riferimenti. Un atleta può avere la giornata no, ma quando parte per una cronometro ha tutta una serie di informazioni su se stesso, sul tempo, la temperatura, il pacing e quant’altro, che se è in grado di seguire le indicazioni, al 99 per cento fa la massima prestazione possibile. Poi diventa importante la tecnica, perché se ci sono due o tre curve che ti mettono in difficoltà, vince quello più bravo a guidare la bici. Però se sei su un percorso dritto e piatto, si fa fatica a pensare che vinca uno non pronosticato.

Olimpiadi di Rio 2016, Fabian Cancellara
A Rio cambiò tutto e dopo quei 54,6 chilometri (e con una posizione oggi improponibile) arrivò l’oro con 47″ su Dumoulin, 1’02” su Froome.
Olimpiadi di Rio 2016, Fabian Cancellara
A Rio cambiò tutto e dopo quei 54,6 chilometri (e con una posizione oggi improponibile) arrivò l’oro con 47″ su Dumoulin, 1’02” su Froome.
Come dire che battere Evenepoel nelle condizioni a lui favorevoli sia impossibile?

Esatto. Forse prima c’era un discreto livellamento. C’è stato Michael Rogers, poi Fabian, però c’erano anche Dumoulin, Wiggins, Tony Martin, Phinney… C’erano parecchi cronomen competitivi, poi gradualmente si è arrivati allo strapotere assoluto dei singoli. Per cui quando si va in partenza, è difficilissimo che ci siano sorprese, chiaramente in base al percorso.

Tutto il lavoro che ha fatto per la crono, ha inciso sulla carriera di stradista di Fabian?

Sì, per com’era lui, senza dubbio. Per vincere le Roubaix o le classiche del pavé, escludiamo Pogacar che ovviamente è un caso sui generis, è importante essere in grado di fare sforzi intensi e costanti per quasi un’ora. Poi ci sono le varie declinazioni. Boonen era più forte nelle volate, quindi molto esplosivo, ma per brevi tratti riusciva a tenere determinate intensità. Per cui Fabian doveva trovare l’occasione per attaccare e prendergli 10-15 secondi costringendolo a uno sforzo superiore per andarlo a prendere. Indubbiamente avere delle caratteristiche di quel tipo, è stato un vantaggio.

Perdona la domanda scomoda, perché riferita a un atleta non tuo. Visto lo strapotere di Evenepoel, di cui hai parlato, consiglieresti a Ganna di mollare per un po’ le crono per dedicarsi alle classiche?

Bè, considerando tutto quello che ha vinto Ganna a cronometro, potrebbe valerne la pena e forse poteva valerla anche prima. Dobbiamo tutti eterna gratitudine a Pippo per il lustro che ci ha dato, però è ovvio che per il ciclismo in senso assoluto, il Sagan che vince Fiandre e Roubaix ha un impatto maggiore delle tante crono che puoi aver vinto in carriera. Visto quanto Ganna è già andato vicino alla Sanremo, secondo me potrebbe rischiare e lavorare per migliorare nelle classiche o provare a farle un paio d’anni a tutta e basta.

Olimpiadi di Rio 2016, cronometro individuale maschile, Fabian Cancellara sale sul podio
La chiamata al podio ed esplode la gioia dopo quattro mesi di lavoro tiratissimo: secondo oro dopo 8 anni
Olimpiadi di Rio 2016, cronometro individuale maschile, Fabian Cancellara sale sul podio
La chiamata al podio ed esplode la gioia dopo quattro mesi di lavoro tiratissimo: secondo oro dopo 8 anni
E poi magari tornare a Los Angeles e vincere la crono come Cancellara a Rio?

Sì, senza dubbio. Comunque un cronoman di quel livello non perde le sue caratteristiche. Nel momento in cui ti rifocalizzi a fare un determinato tipo di lavoro, la memoria muscolare ce l’hai e quindi una volta che ci sono la condizione e la salute, riesci lo stesso a fare performance.

Quando capiste che era fatta?

Eravamo tutti sorpresi. Quando passò all’ultimo intertempo, che era a sette chilometri dall’arrivo, aveva 48 secondi di vantaggio e in quel momento capimmo che il bel risultato si stava concretizzando in una medaglia d’oro. Non era il favorito, nessuno lo dava neppure nei primi cinque. Non arrivava da una stagione brillantissima. Ma dimostrò una grande forza psicologica. E chiuse la carriera a Rio con l’oro al collo.

Andermatt e Tudor Pro Cycling: una partnership svizzera nelle Alpi

25.06.2025
3 min
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Il team Tudor Pro Cycling ha stretto una nuova e prestigiosa collaborazione con Andermatt Swiss Alps AG, la realtà che sta trasformando la località svizzera in una destinazione alpina d’eccellenza, attiva 365 giorni l’anno. Immersa tra otto iconici passi di montagna, Andermatt rappresenta oggi una delle mete più ambite per il ciclismo su strada e diventerà la nuova base d’allenamento per gli atleti della squadra fondata da Fabian Cancellara.

Questa sinergia nasce da valori comuni: passione per lo sport, dedizione alla qualità e un profondo orgoglio per l’identità svizzera. L’annuncio della partnership è stato celebrato con un evento esclusivo ad Andermatt, alla presenza di due leggende dello sport elvetico: Fabian Cancellara, fondatore del team Tudor, e Bernhard Russi, campione olimpico e ambasciatore della località alpina.

Fabian Cancellara e il suo team avranno in Andermatt il luogo di riferimento nelle prossime stagioni
Fabian Cancellara e il suo team avranno in Andermatt il luogo di riferimento nelle prossime stagioni

Un territorio da sogno

Andermatt si trova in una posizione strategica per gli amanti del ciclismo: dal piccolo borgo è possibile raggiungere otto dei più celebri passi montani delle Alpi svizzere, tra cui Furka, Susten, Nufenen, Grimsel, Klausen, Lukmanier, Oberalp e l’intramontabile Gotthard, protagonista ricorrente del Tour de Suisse. Molti di questi percorsi possono essere affrontati in anello, rendendo Andermatt un punto di partenza ideale per ciclisti di ogni livello, con temperature ideali da maggio a ottobre.

La nuova collaborazione permetterà agli atleti di Tudor Pro Cycling di allenarsi in uno degli scenari più affascinanti d’Europa, beneficiando al contempo dell’elevata qualità dell’ospitalità locale. La squadra, oggi composta da 47 corridori, compreso anche il team U23, (di cui ben 15 svizzeri), gareggia ai massimi livelli sia nel ciclismo su strada che nel gravel, e nel 2025 affronterà per la prima volta il Tour de France.

Andermatt non è solo una località alpina d’eccellenza, ma è anche strettamente legata alla storia e alla visione di Fabian Cancellara. Dal 2021, Andermatt Swiss Alps AG è sponsor ufficiale di Chasing Cancellara, il format che porta gli appassionati di ciclismo a pedalare lungo i tracciati più celebri della Svizzera. Uno degli appuntamenti più attesi del 2025 sarà proprio la tratta Zurigo–Andermatt, in programma il 16 agosto: 194 km di pura sfida attraverso paesaggi mozzafiato.

Oltre a Chasing Cancellara, la località ospita ogni anno l’Alpenbrevet, una maratona ciclistica tra le più apprezzate in Europa, con diverse opzioni di percorso: la più impegnativa supera i 6.800 metri di dislivello e un fascino che richiama centinaia di appassionati da tutto il mondo.

Le Alpi Svizzere sono un teatro pazzesco per allenarsi e andare in bici
Le Alpi Svizzere sono un teatro pazzesco per allenarsi e andare in bici

Servizi su misura

Andermatt offre tutto ciò che un ciclista può desiderare: dagli hotel di lusso come The Chedi (5 stelle) e il Radisson Blu Reussen (4 stelle), fino agli appartamenti Andermatt Alpine Apartments, perfetti per soggiorni in autonomia. Non mancano servizi dedicati come officine specializzate, bike shop, aree per il lavaggio bici e depositi sicuri.

«Siamo entusiasti di accogliere Tudor Pro Cycling – ha dichiarato Tom Rendell, il Chief Marketing Officer di Andermatt Swiss Alps – la loro filosofia Born To Dare si sposa perfettamente con la nostra visione dinamica e innovativa. Questa collaborazione rafforza ulteriormente la posizione di Andermatt come destinazione leader per il ciclismo su strada in Svizzera».

«Andermatt occupa un posto speciale nel mio cuore ha ribattuto Fabian Cancellara – considerando che è stato il quartier generale di Chasing Cancellara e oggi, grazie a questo nuovo capitolo con Tudor Pro Cycling, si chiude un cerchio fatto di passione, prestazione e orgoglio svizzero».

Andermatt

Alaphilippe: nuovo look e lo spirito di sempre

09.01.2025
4 min
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Pare che quando Alaphilippe ha incontrato all’aeroporto di Alicante la Soudal-Quick Step, in Spagna per il ritiro di gennaio, abbia avuto un tuffo al cuore. Il francese ha ammesso di aver trovato strano di non essere vestito come loro, il che è comprensibile dopo undici stagioni nello stesso gruppo. Tuttavia subito dopo, Julian ha raccontato di essere orgoglioso di aver scelto la Tudor Pro Cycling. Semmai gli è dispiaciuto non aver chiuso il suo percorso nello squadrone belga con una gara di addio. La caduta dei mondiali lo ha tolto di mezzo per tutto il resto della stagione, così che la sua ultima corsa con quei colori è stata la Super 8 Classic del 21 settembre, vissuta tuttavia senza averne consapevolezza.

«Da quando ho saputo che a fine anno sarei partito – racconta il francese, ritratto in apertura in una foto del Tudor Pro Cycling Team – ho cercato di godermi ogni momento il più possibile. Perché quando ero fuori con la squadra ero sempre felice. Mi mancheranno le persone, tutti sanno che attribuisco grande importanza alle relazioni personali. Con alcuni di loro lavoro da anni, avranno sempre un posto speciale nel mio cuore. Quando li ho visti all’aeroporto, è stato bello rivederli e fare due chiacchiere».

A Zurigo, prima del via, parlando con Evenepoel. Poi la caduta ha messo fine al suo 2024
A Zurigo, prima del via, parlando con Evenepoel. Poi la caduta ha messo fine al suo 2024

Senza pensare al Tour

Quando nei giorni scorsi è stato chiesto a Fabian Cancellara se lo abbia ingaggiato per giocarsi l’invito al Tour, lo svizzero si è affrettato a dire di no. Ha spiegato che quando si è messo a ragionare con Ricardo Scheidecker e Raphael Meyer di quale fosse un corridore in grado di far crescere il livello tecnico della squadra, il nome del francese sia venuto fuori quasi subito. Ricardo lo conosceva da anni e sapeva bene quello che avrebbe potuto dare.

«La sola cosa che mi interessava – ha detto Cancellara – era chi fosse e quale fosse la sua motivazione. Non mi interessava un corridore capace di aprirmi le porte o con un grande palmares. Prendendo lui, non avevamo in mente il Tour, ma il modo in cui avremmo costruito la squadra e il livello a cui aspiriamo. Ovviamente la sua immagine aiuta, è positiva, ma se ci fermiamo a questi aspetti, non andremo lontano».

Alaphilippe, classe 1992, ha lasciato la Soudal-Quick Step in cui passò professionista nel 2014 (foto Tudor Pro Cycling)
Alaphilippe, classe 1992, ha lasciato la Soudal-Quick Step in cui passò nel 2014 (foto Tudor Pro Cycling)

Il ciclismo degli inviti

Alaphilippe alla Tudor scoprirà una nuova dimensione del ciclismo: quella degli inviti. Per un corridore abituato a scegliere le corse come ciliegie potrebbe essere uno scoglio difficile da scavalcare, tuttavia la sua leggerezza fa capire che per ora il problema non è percepito in quanto tale.

«Nella mia mente non l’ho mai vista in questi termini – dice Alaphilippe – ho seguito completamente i miei sentimenti. Mi sono chiesto cosa volessi e la risposta è stata la possibilità di divertirmi ancora a fare ciclismo in una buona struttura. E la Tudor incarna perfettamente questo ideale. E’ chiaro che ci siano delle differenze fra le due squadre, ma non sono venuto qui per fare confronti. Tutti lavorano molto duramente per darci il meglio possibile, per ora va tutto bene e sono felice. Sono convinto che fosse arrivato il momento giusto per fare questo passo. Avevo bisogno di nuove motivazioni».

Tirreno 2022, il campione del mondo era Alaphilippe, ma Pogacar vincerà la corsa
Tirreno 2022, il campione del mondo era Alaphilippe, ma Pogacar vincerà la corsa

Contro i mulini a vento

Le corse dei sogni restano le stesse e non potrebbe essere altrimenti. Amstel, Liegi, Lombardia, il Fiandre che è quasi un sogno, le tappe del Tour. E poi il mondiale, perché quando l’hai vinto per due volte, fatichi a pensare di non poterlo fare ancora. Il grosso dubbio è se ci sia ancora spazio in questo ciclismo di grandissimi motori per una zanzara scaltra e fantasiosa come il francese.

«Continuo a vivere il ciclismo della vecchia scuola – dice – lo faccio nello stesso modo in cui lo facevo dieci anni fa. Non cambierò. Oggi è sempre più una questione di numeri, ma io amo ancora correre seguendo l’istinto. E lo farò finché non mi fermerò. Puoi battere tutti i tipi di record, ma la cosa più importante è comunque come ti senti sulla bicicletta. E ovviamente i risultati che ottieni. A volte vedo i corridori guardare immediatamente il proprio computer dopo una gara, quasi non gli importa sapere quanto distacco hanno preso o come sia andata la gara. Guardano se hanno battuto i record di wattaggio e sono felici. Per me il ciclismo non è questo. La stagione di Pogacar è stata spettacolare. È un fenomeno e ho sentito che è solo al 20 per cento del suo potenziale. Ma per fare il corridore a questo livello, devi continuare a credere che puoi battere certi corridori e lavorare sodo per riuscirci. So anche io che sarà molto difficile, ma se non ci credi non troverai la motivazione per continuare a lavorare».

Presentata a Zurigo la nuova BMC Teammachine R: un capolavoro

26.09.2024
9 min
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ZURIGO (Svizzera) – Il truck del Tudor Pro Cycling Team è il riparo perfetto dalla pioggia. Siamo qui per la presentazione della nuova BMC Teammachine R Mpc. La sigla identifica la tecnologia Mpc, acronimo di Masterpiece. Sugli sgabelli per presentarla, il padrone di casa Fabian Cancellara, ma anche Stefan Christ, responsabile del reparto Ricerca e Sviluppo. E’ una sorta di talk, in cui si gira intorno alla bicicletta e alla filosofia che l’ha creata.

Quattro punti chiave

«Penso che in sostanza – dice Stefan – siano quattro le cose che rendono MPC molto speciale. La prima è la precisione del layup e questa è davvero la chiave. Essere precisi al 100 per cento con ogni patch in fibra di carbonio che inserisci. Questo ci consente di dare a ogni porzione di fibra una funzione in modo che possa davvero sopportare il carico. E questo è il motivo principale per cui il telaio può essere effettivamente più leggero.

Stefam Christ è responsabile della ricerca e lo sviluppo di BMC
Stefam Christ è responsabile della ricerca e lo sviluppo di BMC

«La seconda cosa, che in qualche modo dimentichiamo sempre ma è ancora molto speciale, è che con la tecnologia Mpc abbiamo degli strumenti che ci consentono di produrre l’intero telaio in un unico pezzo. Non ci sono incollaggi, non c’è nessuna congiunzione sul telaio. E questo, ancora una volta, ci consente di risparmiare peso.

«La terza cosa è che possiamo saltare tutti i passaggi di finitura – prosegue Stefan – che si tratti di levigatura o verniciatura. Quello che vedete qui è il prodotto, come esce dallo stampo. Quindi non c’è bisogno di alcun trucco, perché non dobbiamo truccare nulla. E naturalmente, non dover applicare la finitura fa anche risparmiare peso.

«Infine la quarta cosa è che questo telaio viene prodotto in un posto abbastanza vicino alla Svizzera e per questo torniamo al nome Masterpiece. Per realizzare un telaio del genere, servono persone con un know-how e un set di competenze molto specifici, persino la loro manualità. In ogni fase di lavoro ci sforziamo di raggiungere la perfezione e questo non sarebbe possibile in un contesto di produzione di massa. Il telaio è realizzato in un posto dove la mentalità è molto vicina alla nostra. Intendo dire: persone che conoscono la Svizzera e ciò per cui la Svizzera è famosa».

Zero vernice

La bici è nera e priva di verniciatura e fa bella mostra di sé. Siamo riusciti a guardarla da vicino e fotografarla in attesa che arrivasse Cancellara, che ha avuto il privilegio di svilupparla con i tecnici di BMC. Solo che poi ha dovuto restituire tutti i campioni e nel dirlo ride disperato. Si capisce che Fabian e la sua squadra siano diventati partner privilegiati dello sviluppo dei nuovi prodotti.

«Viviamo insieme – dice Fabian – collaboriamo e non perdiamo tempo in stupidaggini. Andiamo davvero avanti e osiamo quando siamo in corsa. Penso che sul fronte della performance ci impegniamo e ci sosteniamo a vicenda. Nella famiglia BMC ci sono brave persone, che ci sostengono e che si sfidano a vicenda e poi trovano la strada giusta per permetterci di vincere le gare di ciclismo. BMC è sinonimo di performance e penso che Masterpiece sia il punto in cui prestazioni, ingegneria e produzione si fondono nel migliore dei modi. Utilizzano un metodo di produzione davvero unico, che permette di aumentare le prestazioni a livelli davvero estremi.

Prima della presentazione, Cancellara ha osservato a lungo la bici
Prima della presentazione, Cancellara ha osservato a lungo la bici

«Ovviamente quando l’ho provata, ho sentito delle differenze, anche ora che ho un po’ più di chili addosso. Ma credo che alla fine la sensibilità sia ancora lì e credo di averla ancora. Per questo, quando mi chiamano e mi chiedono se avrei voglia di provare una bici, rispondo sempre di sì. Perché mi piace e mi entusiasma. Naturalmente dare dei feedback è una responsabilità».

Quattro giorni di lavoro

Stefan riprende la parola. Le domande si susseguono e questa volta la curiosità di chi conduce l’incontro verte sulle tecniche di produzione che fanno di questa bicicletta, realizzata in collaborazione con Red Bull Advanced Technologies, qualcosa di raro. Sarà prodotta in poche centinaia all’anno, perché ogni cosa che la riguardi richiede tempi più lunghi.

«Nel complesso – dice – abbiamo visto l’opportunità di creare qualcosa di eccezionale. Siamo stati in grado di eliminare i vincoli che si hanno nella normale produzione del carbonio. Il fatto di non guardare alla produzione di massa, ma di concentrarsi sulla perfezione, ha rappresentato un grande passo e un nuovo punto di partenza. Siamo stati in grado di fare cose molto diverse perché sapevamo che non ne avremmo fatte molte, ma ognuna di esse doveva essere perfetta. 

«Per darvi un’idea, produrre un telaio così comporta circa due giorni di lavoro di un solo operaio. In questi due giorni, uno intero viene dedicato solo a mettere le fibre al posto giusto. Nella produzione tradizionale, questo avviene in circa quattro o sei ore e viene fatto da più mani diverse. Quindi il lavoro viene suddiviso tra diversi operatori. Inoltre nella produzione standard, si dedica molto tempo per realizzare la finitura e rendere il telaio un prodotto gradevole. Naturalmente qui è un po’ diverso».

Rigidità, peso, comfort, aerodinamica

E allora Christ va avanti a dire che in BMC dedicano più tempo all’accuratezza e alla precisione della stratificazione del carbonio, risparmiando così molto tempo nella finitura. E poi si passa agli obiettivi di questa realizzazione, che deve conciliare più esigenze in una sola bici.

«La sfida – spiega Stefan Christ – è quella di realizzare una bicicletta che abbia un alto punteggio in tutti tipi di prestazione. Intendo rigidità, peso, comfort e aerodinamica. Quattro aspetti che in qualche modo sono in lotta tra loro perché non è facile combinarle. Credo che tutti sappiamo quanto sia facile realizzare una bicicletta superleggera, scendendo a compromessi altrove. Idem se si vuole realizzare una bicicletta molto aerodinamica, ma con un peso di 7,5 chili. Noi abbiamo cercato di ottenere un punteggio altissimo in tutte le prestazioni. Ci sono voluti molti dati di simulazione per combinare leggerezza e aerodinamica. Penso che sia questo il punto in cui abbiamo fatto il più grande passo avanti.

«La rigidità invece è qualcosa che nel ciclismo professionistico tutti vogliono per il trasferimento di potenza e per la precisione di guida. Essa è sempre stata parte integrante della ricetta delle nostre bici da corsa, su questo non scendiamo mai a compromessi. La vera sfida è stata l’ottimizzazione fra leggerezza e aerodinamica, che abbiamo raggiunto grazie a molte simulazioni. Quindi direi che Teammachine R si distingue davvero dalla massa ed è eccellente su ogni terreno». 

La presentazione si è svolta sul truck del Tudor Pro Cycling Team
La presentazione si è svolta sul truck del Tudor Pro Cycling Team

Il limite è nel peso

Cancellara racconta le sue sensazioni sui vari prototipi provati. Dice che non si stupirebbe se i suoi corridori un giorno dovessero chiedergliela e viene da immaginare che per un Alaphilippe o lo stesso Hirschi una bici del genere potrebbe essere lo zuccherino che stimola l’ambizione. La bici arriva facilmente a 6,8 chili e lo svizzero sottolinea che i limiti di peso e la bontà delle bici già in loro possesso fa sì che i corridori debbano solo preoccuparsi di andare forte. L’incontro volge al termine, quella bici è bellissima e ci resta addosso solo la voglia di provarla. E’ disponibile presso i rivenditori proprio da settembre e il prezzo del kit telaio è di 8.999 euro. Fuori continua a piovere. La gara degli juniores nel frattempo è entrata nel vivo.

Quello che Alaphilippe porterà alla Tudor: parla Cancellara

03.09.2024
4 min
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Qualcosa ci aveva colpito nelle parole di Julian Alaphilippe al momento di annunciare la firma con il Tudor Pro Cycling Team. Il racconto del francese circa lo scambio di opinioni con Fabian Cancellara sulla famiglia e la serenità nella squadra hanno creato una sorta di ponte fra le due enormi esperienze in campo. Ci siamo tutti ritrovati a pensare che, al netto delle eventuali responsabilità, gli ultimi mesi del francese alla Soudal-Quick Step non siano stati l’ideale per rendere al meglio. Le parole martellanti di Lefevere sono risultate destabilizzanti per un atleta che dopo gli infortuni non aveva ancora ritrovato la piena efficienza fisica. Ora che il corpo riesce a pedalare alla velocità della mente, si è rivisto un Alaphilippe battagliero e vincente. Solo che ormai la frittata era fatta. La sfiducia è stata insuperabile, la squadra belga non ha proposto rinnovi contrattuali di alcun tipo e Julian ha firmato con la Tudor. Troverà Ricardo Scheidecker, come abbiamo spiegato, e anche Matteo Trentin che ben conosce.

Cancellara, qui con Luc Wirtgen, è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team
Cancellara, qui con Luc Wirtgen, è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team

Il fuoco dentro

Cancellara è il proprietario dei team e contrariamente a quanto accade nelle professional di tutto il mondo, evita di spingere troppo sul gas. Non si sta affrettando a promettere il WorldTour, anche se è comune convinzione che i suoi sponsor potrebbero reggerne benissimo l’impatto. Si cresce per gradi, innestando di volta in volta gli uomini giusti per il progetto. E l’arrivo di Alaphilippe e Hirschi, che si sommano a Trentin e Dainese iniziano a comporre uno scheletro piuttosto convincente.

«Per noi è una grande opportunità avere Julian con noi – ha spiegato Cancellara a L’Equipe – per il nostro progetto, con il suo modo di correre, il suo brio, la sua esperienza. Quando vince è una cosa, ma se vince un suo compagno è orgoglioso come se fosse lui. E’ un ragazzo semplice che ha tenuto i piedi per terra. Ha ancora il fuoco dentro, la voglia di fare bene».

Alaphilippe sa vincere, ma sa anche esultare quando il risultato viene da un compagno di squadra
Alaphilippe sa vincere, ma sa anche esultare quando il risultato viene da un compagno di squadra

Un corridore del team

Cancellara sa stare al mondo e lo conosce bene. E’ stato a lungo la colonna portante delle squadre di Riis, vincendo le sue classiche più belle. Poi è passato nell’orbita della Trek e con Luca Guercilena ha chiuso la carriera vincendo le Olimpiadi di Rio nella crono. Sa che l’errore più grande è quello di caricare il peso della squadra sulle spalle del corridore di gran nome. A lui è successo e non l’ha sempre trovato divertente.

«Non spetta a Julian costruire la squadra – ha proseguito Cancellara – deve portare valore aggiunto alla nostra struttura, ma non dico che abbia delle responsabilità, delle pressioni. Siamo noi, tutti insieme. E abbiamo la responsabilità di metterlo in buone condizioni. Deve poter tornare a casa e stare tranquillamente con la sua famiglia. Penso che Julian abbia bisogno di questo, di quella tranquillità, di una buona atmosfera, di persone di cui si fida, che credono in lui, attorno a lui. Non ha niente da dimostrare, ma sono sicuro che se avrà questo equilibrio, farà il resto».

Ritrovata la salute, Alaphilippe ha ritrovato la vittoria, ma ormai la frattura con Lefevere era insanabile
Ritrovata la salute, Alaphilippe ha ritrovato la vittoria, ma ormai la frattura con Lefevere era insanabile

La porta del Tour

Ovviamente lo svizzero sa che l’investimento sul francese ha due facce: quella dei risultati che potrà portare e quella delle porte che potrà aprire. Sin dal suo debutto fra le professional, la Tudor ha avuto grande accoglienza nelle corse del Belgio, ma un po’ più tiepida in Francia. Mai provate ancora le Classiche Ardennesi. Invitata per la prima volta alla Parigi-Nizza, è riuscita a vincere la tappa di Montargis con Arvid De Kleijn, che dopo aver regalato alla squadra la prima vittoria in assoluto alla Milano-Torino del 2023, ha così offerto la prima nel WorldTour.

«Siamo una squadra di seconda divisione – ha spiegato ancora Cancellara – vogliamo continuare come abbiamo fatto finora e stabilizzare la nostra organizzazione. Grazie a Julian avremo delle opzioni, ma non andremo dove non saremo in grado di distinguerci. E’ escluso che andiamo a una gara solo per esserci. Se andiamo , vogliamo essere offensivi, gareggiare, mostrare unità e carattere. Possiamo chiedere di partecipare al Tour, ma la decisione non è nelle nostre mani. Non è detto che con la presenza di Julian questo accadrà con sicurezza. Abbiamo un grande progetto sul tavolo, ma non abbiamo deciso. Se continuiamo a stabilizzare la nostra organizzazione, il nostro modo di correre, avvicinarci ai primi 20 team, può essere un obiettivo concreto».

Alaphilippe alla Tudor, aria nuova e voglia di vincere

27.08.2024
5 min
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Era scritto da mesi che Julian Alaphilippe avrebbe lasciato la Soudal-Quick Step: Lefevere ha fatto di tutto per costringerlo a mollare e alla fine ce l’ha fatta. Pochi però immaginavano che “Loulou” sarebbe andato alla Tudor Pro Cycling. Il suo nome sembrava ormai associato a quello di Bernaudeau e alla Total Energies, invece alla fine ha prevalso l’offerta di Cancellara. E volendo leggere fra le righe, la sensazione è quella di un Alaphilippe ancora battagliero, che ha voglia di nuovi stimoli e nuove vittorie. La squadra francese non sembra il luogo ideale per chi ha ancora l’indole del guerriero.

A San Sebastian, Alaphilippe più esplosivo di Hirschi in salita, ma lo svizzero vincerà in volata
A San Sebastian, Alaphilippe più esplosivo di Hirschi in salita, ma lo svizzero vincerà in volata

Una scelta difficile

Alaphilippe ne ha parlato dopo la gara di Plouay, chiusa a 11″ da Hirschi, che lo aveva già battuto a San Sebastian e passerà con lui nella squadra svizzera. La sua scelta deriva da motivazioni particolari e forti, come ci aveva spiegato qualche giorno fa Ricardo Scheidecker, Head of Sports del team svizzero.

«Non è stata una decisione facile – ha raccontato Alaphilippe – perché si è trattato di scegliere fra bei progetti e persone che avevano lavorato tanto per avermi con sé. Mi faceva male l’idea di deluderli, ma alla fine ho scelto di pensare a me stesso. Ho ascoltato il mio cuore e questo mi ha fatto sentire libero. So di aver fatto la scelta giusta».

Fra Ricardo e Cancellara

A ben vedere non si tratta di un salto nel buio. Con Trentin ha corso per quattro anni, quando ancora Matteo militava nel gruppo Quick Step, e lo stesso Ricardo Scheidecker ne era una colonna portante. A ciò si aggiunga la voglia di nuove motivazioni, dopo l’intera carriera nella stessa squadra.

«Le mie esigenze sono semplici – spiega Julian – facciamo uno sport difficile e volevo un progetto con una base solida, dove devo pensare solo alla prestazione, a me e alla mia famiglia. So che la squadra si occuperà di tutto il resto. Conosco bene Trentin, ho bei ricordi. Conosco anche Ricardo ed è una persona con cui ho vissuto bellissimi momenti alla Quick Step. Lui è stato il primo a spiegarmi il progetto e la voglia che avevano di lavorare con me. Ci ho messo del tempo, perché volevo prima tornare ai miei livelli, senza le mille questioni legate a un passaggio di squadra. Volevo essere certo di fare la scelta giusta. Ho parlato molto anche con Cancellara. Mi ha fatto capire di esserci passato, che era una decisione importante e difficile da prendere, soprattutto a questo punto della carriera. Cose che lui ha vissuto, al punto da aver parlato anche di come bilanciare la vita familiare con le corse».

Nella scelta di Alaphilippe sarebbe centrale anche la voglia di stare vicino alla famiglia (foto Instagram)
Nella scelta di Alaphilippe sarebbe centrale anche la voglia di stare vicino alla famiglia (foto Instagram)

La ricerca della felicità

Scheidecker ha usato la parola “felicità”, forse perché era evidente che nella vecchia squadra questa fosse ormai perduta. Di solito il rinnovo del contratto avveniva dopo la Liegi, ma questa volta Lefevere ha preso tempo e ha dato ad Alaphilippe la possibilità di guardarsi intorno. Andare alla Tudor ha significato accettare la scommessa dei corridori che l’hanno preceduto. Dover aspettare gli inviti e non avere le certezze di un team WorldTour.

«Voglio realizzarmi – spiega – vincere le gare. Voglio sentirmi bene con me stesso, per dare il massimo e portare la squadra al top. Questo è il mio obiettivo. Sono felice di avere un ruolo di leadership, ma so anche che dovrò dare l’esempio ai tanti giovani, in bici e giù dalla bici. Questo mi motiva e mi rende felice. Rimanere era impossibile. Negli ultimi anni ci sono stati momenti complicati. Quindi oltre al fatto che ero già un passo avanti sull’idea di cambiare ambiente, la decisione non è stata così complicata. Ho pensato al discorso degli inviti, ma ho fiducia. Spero che faremo tutte le grandi gare, dalle Ardenne fino al Tour. Ho ambizioni per me e per la squadra, ma dovremo meritarci ogni invito. La voglia di Tour cresce con il passare degli anni. Quest’anno ho scelto il Giro e le Olimpiadi, ma devo dire che il Tour è quello che mi è mancato per fare meglio a Parigi».

Le Olimpiadi sono state il cuore dell’estate di Alaphilippe, cui forse è mancata la condizione del Tour
Le Olimpiadi sono state il cuore dell’estate di Alaphilippe, cui forse è mancata la condizione del Tour

La saggezza del Tour

La stagione propone ancora sfide interessanti: al centro di tutto, il mondiale di Zurigo che per l’Alaphilippe vecchia maniera sarebbe davvero il perfetto banco di prova. Alla fine dello scorso anno, Davide Bramati disse che per rivedere Julian al top dopo l’incidente di Liegi sarebbe servito un altro inverno e la previsione si è avverata alla perfezione.

Se tutto va come sperano Cancellara e lo stesso francese, il prossimo potrebbe essere l’anno di alcune belle rivincite: fra tutte quelle della Liegi, chiusa al secondo posto nel 2021 dietro Pogacar. E conoscendo la gente del Tour, siamo abbastanza certi che faranno di tutto per avere al via il francese più amato. Un uomo che ha avuto coraggio. Se avesse voluto la certezza della Grande Boucle, gli sarebbe bastato firmare in Francia e avrebbe avuto davanti giorni da Re Sole e forse anche più soldi. Ripartire da Tudor è il chiaro segnale della sua voglia di fare.

Raphael Meyer, il motore invisibile del Tudor Pro Cycling

28.01.2024
7 min
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Raphael Meyer, classe 1986, è il motore invisibile e potente del Tudor Pro Cycling Team. Se Fabian Cancellara ne è il proprietario e Ricardo Scheidecker è il responsabile della gestione sportiva, tutto il resto passa attraverso lo svizzero di Lucerna. Nel giorno in cui la Tudor Pro Cycling ha ottenuto la wild card per il Giro d’Italia, le sue parole nel comunicato stampa ci hanno spinto ad approfondirne il senso.

«L’invito – si legge – è un grande riconoscimento del lavoro svolto dall’intero team da quando lo scorso anno siamo entrati nel professionismo. Può sembrare un grande passo avanti per la nostra giovane squadra, ma riteniamo che sia un’evoluzione logica. Abbiamo adottato misure tra cui l’ingaggio di corridori e personale esperti per essere pronti a esibirsi a questo livello. Correremo al Giro con lo stesso spirito audace che abbiamo dimostrato la scorsa stagione e puntiamo a portare a casa una vittoria di tappa».

Raphael Meyer comparve nel ciclismo nel 2018. Cancellara si era ritirato e aveva messo in piedi una serie di eventi. La prima volta che lo incontrammo fu alla tappa toscana di Chasing Cancellara, in cui gli amatori pedalavano con il campione. La collaborazione fra i due nel frattempo si è evoluta. E’ passato prima attraverso la Swiss Racing Academy ed è ora sfociato nel Tudor Pro Cycling Team, di cui Raphael è il CEO.

Raphael Meyer, classe 1986, è CEO della Tudor Pro Cycling (foto Luca David)
Raphael Meyer, classe 1986, è CEO della Tudor Pro Cycling (foto Luca David)
Puoi spiegarci quanto lavoro ci sia stato dietro la costruzione di questo team?

Abbiamo iniziato quasi da zero, partendo da un team continental e non sapendo se avessimo abbastanza materiale, se ci avrebbero consegnato i mezzi in tempo, se il nostro staff sarebbe stato affiatato al punto giusto. Avevamo tante incertezze, ma tutti hanno contribuito alla riuscita credendo nel progetto. Perciò ancora prima di debuttare a Marsiglia, giusto un anno fa, eravamo già in trattativa con i corridori che abbiamo preso quest’anno.

C’è stato un momento in cui i dubbi sono scomparsi?

Sì, il 15 marzo alla Milano-Torino molti punti interrogativi se ne sono andati. Non tutti, perché ne ho ancora oggi. Era il giorno della prima vittoria, era anche il compleanno di mia moglie e due ore prima della partenza, mia madre mi aveva chiamato dicendomi che mia nonna era appena morta. E per me è stato davvero emozionante essere in ammiraglia con Cozzi e sentire alla radio che aveva vinto il numero 161 della Tudor Pro Cycling. Ho pensato: «Ci siamo. Non importa chi ci sia alla partenza, non importa quanti anni abbia la gara, questo è il nostro posto».

Milano-Torino 2023, 15 marzo. Arvid De Kleijn regala la prima vittoria al Tudor Pro Cycling. Meyer era in ammiraglia
Milano-Torino 2023, 15 marzo. De Kleijn regala la prima vittoria alla Tudor. Meyer era in ammiraglia
Qual è il tuo ruolo nella squadra?

Ho iniziato a lavorare con Fabian nel 2018, quando abbiamo creato la società. Abbiamo provato a fare alcune cose, certe hanno funzionato, altre meno. A un certo punto abbiamo pensato di prendere in mano il Giro di Svizzera, ma abbiamo detto di no. Finché a un certo punto ci siamo trovati davanti alla Swiss Racing Academy che stava per chiudere. La gente diceva che avremmo dovuto aiutarli e anche io ho pensato la stessa cosa. Non sapevamo come gestire una squadra, ma Fabian ha detto che se non fossimo intervenuti, avremmo distrutto il sogno di diventare professionisti di quei 14-16 atleti.

E cosa avete fatto?

Abbiamo cominciato a lavorare. E quando poi è stato chiaro che avremmo potuto fare un altro passo, abbiamo richiesto la registrazione come proteam. A quel punto abbiamo discusso su come dividerci i compiti e io sono diventato il CEO, perché conoscevo bene il progetto e avevo tenuto tutti i collegamenti. Non sono troppo legato a questo titolo, che in inglese significa Chief Executive Officer. A me piace intenderlo in un altro modo. Dico sempre che sono il Chief Enablement Officer, cioè quello che consente alle persone di svolgere il proprio lavoro. Mi assicuro che Cozzi abbia un’ammiraglia. Che ci siano abbastanza biciclette. Faccio in modo che abbiamo abbastanza soldi per pagare i conti. Nella nostra squadra ognuno ha il suo incarico, perché ciascuno è bravo nel fare qualcosa. Io verifico che ognuno possa fare al meglio la propria parte. E’ così che vedo il mio ruolo.

La squadra svizzera corre su bici BMC: una sorta di bandiera elvetica
La squadra svizzera corre su bici BMC: una sorta di bandiera elvetica
Quando hai iniziato a sperare nel Giro?

Sin dall’inizio sapevamo che al primo anno non avremmo fatto domanda per un grande Giro, perché non eravamo pronti. Probabilmente avremmo potuto chiedere un invito o fare domanda per il Fiandre del 2023 e per la Parigi-Roubaix, ma non l’abbiamo fatto perché non eravamo pronti. Ora, un anno dopo, sappiamo di essere abbastanza forti e quindi abbiamo chiesto di partecipare a un grande Giro.

Neppure quest’anno sarete alla Roubaix.

Perché non lo abbiamo chiesto. Sui media ho letto di Tudor esclusa dalla Roubaix e dal Tour. Ma non ci hanno escluso, semplicemente non abbiamo chiesto di partecipare. Abbiamo fatto richiesta per il Fiandre, per la Gand-Wevelgem e tutte le classiche fiamminghe. Ma ad esempio ci siamo detti che non avremmo potuto fare il Fiandre, la Schelderpijs, la Roubaix e dopo cinque giorni andare al Tour de Romandie, dove vogliamo fare bene. Siamo esseri umani. Abbiamo dei corridori che hanno bisogno di riposo. Il nostro staff ha famiglia e hanno piacere di tornare a casa, quindi dobbiamo dare loro il tempo di respirare. In compenso stiamo già pensando a cosa fare nel 2025, quali richieste mandare. Non vogliamo partire solo per partecipare o mandare un corridore in fuga. Siamo la Tudor. Ad ogni gara andiamo con un piano e con la possibilità realistica di vincere. Così sarà al Giro, non andremo solo per compiacere i nostri sponsor.

Tudor subito in evidenza, qui Dainese secondo al Trofeo Calvi di Mallorca
Tudor subito in evidenza, qui Dainese secondo al Trofeo Calvi di Mallorca
Cosa ha visto Tudor nel ciclismo?

L’opportunità di creare un progetto molto vicino al marchio. In tutto il mondo la squadra è conosciuta con il nome Tudor, in quale sport succederebbe? A meno che tu non sia Red Bull e compri una squadra di calcio e le dai il tuo nome. Questa potrebbe essere la ragione più ovvia, ma bisogna anche valutare Tudor come brand e come azienda. Non è un marchio effimero che entra in uno sport e scompare dopo tre anni. Tudor è di proprietà di una fondazione che ha determinati principi. Si prendono cura della società e delle prossime generazioni. In qualche misura è quello che facciamo anche noi, ma siamo svizzeri e non ne parliamo perché non abbiamo bisogno di vantarci. Cerchiamo di creare un luogo dove i giovani possano crescere come esseri umani e come ciclisti. Il Devo Team per ora ha 7 svizzeri e 6 atleti internazionali. Sono persone che si trovano in un momento decisivo della loro vita, non solo della loro carriera e lo trascorreranno insieme a noi. E anche questo è uno dei motivi per cui Tudor è nel ciclismo. E poi ci sono i bambini…

Cosa c’entrano i bambini?

In Svizzera abbiamo un programma chiamato Kids on Wheels, in cui promuoviamo il ciclismo anche nelle regioni meno ricche. Andiamo nelle pump track, portiamo le biciclette, cerchiamo di ispirare i bambini. Prima del Giro di Svizzera, andremo nelle scuole per distribuire informazioni, materiale, bandiere, cappellini. Vogliamo che i ragazzi ci vedano e sognino di diventare ciclisti. O almeno sappiano che il ciclismo è uno sport bellissimo e muoversi in bicicletta è super salutare. E’ un cambiamento che stiamo portando in Svizzera, ma presto ci piacerebbe estenderlo all’Europa e al mondo intero. Con un marchio come Tudor puoi farlo.

Raphael Meyer collabora con Cancellara dal 2018. Qui al campionato svizzero 2023 (foto Tyler Haab)
Raphael Meyer collabora con Cancellara dal 2018. Qui al campionato svizzero 2023 (foto Tyler Haab)
Quindi c’è dietro anche un grande lavoro di comunicazione?

La squadra è il faro del progetto. Ora la televisione di Stato dice che il prossimo passo per Cancellara è portare Tudor al Giro. Grazie a questo, le persone al supermercato sanno che esiste una squadra ciclistica in Svizzera. E’ ciò che vogliamo. Ovviamente Tudor vuole vendere più orologi e quindi ho le mie riunioni con il loro responsabile marketing, ma il più delle volte parliamo di questo tipo di visioni.

Tornando a te, seguirai qualche gara durante la stagione o rimarrai in ufficio?

L’altro giorno ho avuto una discussione con mia moglie, mentre guardavamo il calendario. Quando ha visto i giorni delle mie trasferte, mi ha chiesto se sia davvero necessario che vada a tante gare. Le ho risposto di no, ma che voglio andarci. Dedichiamo gran parte della nostra vita al ciclismo e andare alle corse ripaga con emozioni positive. Al Giro rimarrò per almeno due settimane, perché voglio imparare. Probabilmente alla fine sarò distrutto, ma voglio sapere cosa si prova. Ai tempi della continental, andai a una gara con i meccanici. Volevo capire cosa significasse essere un meccanico nel team ciclistico. Onestamente? Fare il meccanico non è un bel lavoro e penso che saperlo mi renda un capo migliore. Forse mi sbaglio, ma questo è quel che provo.

Niente europei, ma Sierra vuole tutto: pista e strada

23.01.2024
5 min
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Per David Sierra sono giorni importanti. Villa lo voleva nel gruppo azzurro agli europei di Apeldoorn e aveva anche detto che gli avrebbe affidato la corsa a punti, ma la sua nuova squadra, la Tudor Under 23 ha preferito portarlo nel primo ritiro prestagionale, per la necessaria presa di contatto con tutto quello che sarà il suo gruppo, fra tecnici e corridori. I rimpianti sono svaniti ben presto: troppo importante porre le basi per quello che sarà il suo primo anno nella categoria con sguardo molto più in là.

Di Sierra qualche giorno fa ha parlato anche Salvoldi, sottolineando il profondo cambio non solo fisico, ma soprattutto prestativo che il corridore lombardo con radici colombiane ha mostrato nel corso dell’anno, risultando tutt’altro atleta rispetto a quello che aveva conosciuto al suo primo anno da junior.

«E’ stato un cambiamento soprattutto mentale – riconosce Sierra – devo ammettere che nel primo anno non ero concentrato sul ciclismo al 100 per cento, i miei allenamenti erano ancora a livello di un allievo. A un certo punto della stagione però ho cominciato a ragionare, a capire che se volevo davvero ottenere qualcosa, dovevo fare tutto per bene. Così d’inverno mi sono messo sotto con l’allenamento, ho curato l’alimentazione senza sgarrare, ho implementato il potenziometro e i risultati si sono subito visti».

Il gruppo U23 della Tudor, composto da 13 elementi. Fra loro anche l’altro italiano Alari (foto Tudor Pro Cycling)
Il gruppo U23 della Tudor, composto da 13 elementi. Fra loro anche l’italiano Alari (foto Tudor Pro Cycling)
Solo su pista?

No, anzi direi che su strada i progressi sono stati evidenti sin da subito. Sono andato alla Gand-Wevelgem in una giornata dura, eppure per pochissimo ho mancato di arrivare con il primissimo gruppo, di giocarmi qualcosa d’importante. Poi la pista è venuta di conseguenza, ho iniziato a competere con Fiorin nella madison e i risultati sono arrivati.

La scelta del team dà da pensare: che cosa dicono del tuo doppio impegno con la pista?

C’è massima apertura, questo lo posso assicurare, perché era una delle condizioni che avevo posto per accettare la loro proposta. Tanto è vero che mi permettono di partecipare a tutte le sessioni di Montichiari e sono stato anche al ritiro invernale della nazionale a Noto. E mi lasceranno libero anche per le prove successive.

Sierra con la nuova divisa Tudor. Il lombardo ha avuto assicurazioni per effettuare la doppia attività
Sierra con la nuova divisa Tudor. Il lombardo ha avuto assicurazioni per effettuare la doppia attività
Quali saranno?

Io punto agli europei under 23 e poi fare qualche gara di classe 1 e 2, anche per guadagnare punti per poter essere selezionato per la Nations Cup. Per ora non ho avuto notizie da Villa sulla possibilità di partecipare a qualche tappa, ma è anche giusto così considerando che è ancora in ballo la qualificazione olimpica e quindi cerca l’esperienza. Intanto però conto di avere qualche chance per gareggiare e acquisire punti e sempre maggiore conoscenza.

Hai visto Fiorin in gara ad Apeldoorn?

Non me lo sono perso, ho anche tifato per lui e mi è dispiaciuto che ha perso l’attimo giusto per rimanere nel vivo della lotta dello scratch. Sono stato contento che abbia avuto questa possibilità, mi sarebbe piaciuto condividerla.

Con Fiorin, Giaimi e Favero, Sierra ha vinto l’oro europeo con il record mondiale
Con Fiorin, Giaimi e Favero, Sierra ha vinto l’oro europeo con il record mondiale
Tra l’altro con Matteo formate ormai una coppia affiatata nella madison, un’accoppiata quasi inscindibile e Villa ripete spesso che l’affiatamento è la prima condizione perché in quella gara così difficile da interpretare si possano ottenere risultati…

Diciamo che siamo a buon punto. Ci siamo integrati bene subito. Io dico sempre che la nostra forza è che siamo due persone completamente diverse, non solo in pista. Lui è un tipo molto tranquillo, io sono più estroverso. In pista lui è molto più veloce di me, ma io sono un attaccante per natura, quindi ci compendiamo in maniera perfetta.

Veniamo al nuovo team. Come ti trovi?

Davvero benissimo. Abbiamo già fatto un primo ritiro di 5 giorni in Spagna, c’era anche Cancellara con cui abbiamo parlato, ci ha spiegato il progetto che è alla base di tutto il team. Il nostro primo giorno coincideva con l’ultimo della squadra maggiore, ma quel che ho notato è che non cambia nulla fra l’uno e l’altro, la professionalità e l’attenzione verso di noi è la stessa. Ora non vedo l’ora d’iniziare a correre.

Nel 2023 Sierra ha sfiorato il podio ai mondiali su strada ed è stato 6° agli europei (foto Tudor Pro Cycling)
Nel 2023 Sierra ha sfiorato il podio ai mondiali su strada ed è stato 6° agli europei (foto Tudor Pro Cycling)
Sai già che calendario farai?

Non è stato ancora deciso, ma sappiamo già che alcuni di noi avranno occasioni per gareggiare con il team più grande, quindi con i professionisti e la cosa mi solletica alquanto. E’ un cambiamento profondo che sto affrontando, so anche che ci saranno lunghi periodi lontano da casa: in certi momenti dell’anno, fra una gara e l’altra rimarremo nel quartier generale vicino Lucerna. Poi ci saranno i periodi in altura.

Ti aspetti qualcosa in particolare dalla tua stagione su strada?

Sarei pretenzioso a sottolineare una gara piuttosto che un’altra. Io sono pronto innanzitutto ad aiutare e a mettermi a disposizione della squadra, ad imparare, ma non nascondo che spero in qualche occasione di mettere il naso avanti e, perché no, di vincere. Voglio prendere le misure per il prossimo anno, quando spero di fare il salto di qualità. Intanto però c’è anche la pista e lì le soddisfazioni non le posticipo a un lontano futuro, voglio ottenerle subito…