Con una previsione centrata in pieno, nei giorni del ritiro della Lotto Soudal, Tim Wellens aveva detto che quest’anno gli sarebbe piaciuto partire subito forte. Non voleva ripetere il debutto sfortunato del 2020, quando a causa di un problema fisico non era riuscito a correre la Parigi-Nizza. Con l’Etoile de Besseges vinta in apertura, il belga ha centrato l’obiettivo e si lancia verso una stagione in cui cercherà di dare un tocco di completezza al suo palmares. Trent’anni a maggio, ha vinto brevi corse a tappe, come il BinkBank Tour e il Tour de Pologne. Ha vinto tappe al Giro e alla Vuelta. Eppure quando parla, ogni volta dice che la sua ambizione è vincere una grande classica, lasciando intuire lui per primo di non essere pienamente soddisfatto.
E’ così anche quest’anno?
Non potrebbe essere altrimenti (sorride, ndr). Sono ancora convinto di poter vincere una grande classica. E’ il mio grande obiettivo. Non credo che sarò mai felice solo con vittorie di tappe dei grandi Giri. Sono bei risultati, ma non mi bastano.
Una classica a caso?
Direi di sì, ma anche no… Tante mi si addicono. Potendo scegliere, vorrei che fosse in Belgio. Che fosse un monumento. E siccome quella che più mi piace è la Liegi-Bastogne-Liegi, se potessi scegliere, vorrei proprio lei: la Doyenne!
Eppure le due tappe alla Vuelta hanno salvato il tuo 2020…
E’ stato un anno speciale per tutti, difficile per tutti. Non credo si possano fare paragoni con altre stagioni passate e spero di non doverne vivere un altro simile. Se fosse stato un anno normale, guardando quelle due vittorie, avrei pensato a un magro bilancio. Invece quei due successi mi hanno permesso di affrontare l’inverno con la testa giusta.
Vale a dire?
Se chiudi male la stagione, hai mille rimpianti e non riesci a riposarti davvero. Invece aver chiuso con il dolce in bocca per me ha significato entrare nell’inverno con la consapevolezza che va tutto bene.
Come è stato il tuo inverno?
Veloce. Sono stato per 8-9 giorni senza bici. So che altri corridori staccano molto più a lungo, ma a me dopo quel tempo viene il desiderio fortissimo di ricominciare. Sono ripartito bene e, avendo finito così tardi con la Vuelta, alla ripresa la mia condizione era già buona. Non ho cambiato molto. Ho tutto chiaro in testa ora, i miei obiettivi e come raggiungerli.
Di quali obiettivi parli?
Il primo momento chiave sarà all’Omloop Het Nieuwsblad. Poi c’è il grosso punto di domanda della Parigi-Nizza, che ha un bel percorso. Ma non potrei correre la Strade Bianche e mi dispiacerebbe. Poi andrò alle classiche fiamminghe e le ardennesi, con il dubbio se fare o meno la Freccia Vallone in vista della Liegi. Invece nell’estate sarò al Tour de France e solo quello. Penso che un grande Giro vada più che bene.
Non dici nulla del mondiale in Belgio, per giunta dalle tue parti?
Durante il ritiro in Spagna sono venuti a trovarmi i tecnici della nazionale per parlarne. Il percorso è bello e tutti i belgi vorrebbero partecipare, compreso me. Vedremo cosa dicono i direttori sportivi, perché abbiamo una grande chance di vincere con Wout Van Aert, per cui per il momento la mia posizione potrebbe essere quella di esserci per supportate la nazionale.
Pensi che sarà una grande festa come il Fiandre?
Covid permettendo, sarà molto di più. Mi viene da pensare alla partenza del Tour da Bruxelles. Un’atmosfera diversa, una settimana di gente da tutto il mondo e di allenamenti con la maglia della nazionale sulle strade del Paese. Vedremo dopo il Tour in quale modo potrò arrivarci bene, ma quasi certamente mi avvicinerò senza fare la Vuelta.