Dov’è finito Diego Rosa? Corre poco. E su Aru dice che…

17.08.2021
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Prima il controllo antidoping alle 6,30 e di conseguenza Diego Rosa è uscito in bici prima del solito. A quel punto, rientrato a casa, è salito in auto con sua moglie Alessandra e il figlio Elia e se ne sono andati a prendere un po’ di fresco a Isola 2000. Detto questo, dove fosse finito il piemontese di stanza a Monaco era un bel mistero, che ci siamo proposti di svelare.

Il suo calendario 2021 è stato ricco fino a giugno, poi lasciata alle spalle la Settimana Italiana in Sardegna, i tempi fra una corsa e l’altra si sono dilatati. Tanto che la prossima corsa si svolgerà fra quattro settimane e la successiva dopo un buco di tre, prima di addentare le gare italiane. Almeno quelle cui l’Arkea-Samsic è stata accettata. Avendo declinato l’invito per il Giro di Sicilia, pare che non saranno al via di Gran Piemonte e Milano-Torino.

Nonostante le intenzioni, quest’anno Diego Rosa ha corso pochissimo con Quintana. Qui nelle Asturie
Nonostante le intenzioni, quest’anno Diego Rosa ha corso pochissimo con Quintana. Qui nelle Asturie

Il piano B

Il piano A prevedeva che Diego avrebbe corso assieme a Nairo Quintana, il piano B prevede la ricerca di un contratto per il 2022 con quella strana sensazione di essere ad agosto senza sapere che cosa si farà nella prossima stagione. Nel frattempo, un po’ per ingannare l’attesa e un po’ perché a Burgos il corridore che l’ha tirato giù gli ha sfasciato la bici da strada, Diego ha ripreso ad allenarsi con la mountain bike.

«E devo dire – sorride – che sto riscoprendo un mondo, vengono fuori dei grandi allenamenti anche divertenti. Ho idea che continuerò a usarla anche dopo. L’allenatore della squadra mi segue come può, ma è chiaro che mentre gli altri corrono, io devo cercare di simulare a casa un bel ritmo. Ci vorrebbe qualcuno per fare dietro moto tutti i giorni, ma chi ce l’ha?».

Alla partenza del Mont Ventoux Denivele Challenge, chiuso da Diego Rosa al 37° posto
Alla partenza del Mont Ventoux Denivele Challenge, chiuso da Diego Rosa al 37° posto

Aru che lascia

La curiosa piega della sua carriera iniziò quando lasciò l’Astana, la magica Astana che con Nibali, Aru e Landa scrisse grandi pagine di ciclismo fino al 2016. Diego fu uno dei primi ad andarsene, probabilmente avendo capito che non avrebbe trovato grandi spazi per sé e nel 2017 approdò al Team Sky.

«Alla Vuelta a Burgos – racconta – ho scambiato poche parole con Aru, così quando ho letto il suo annuncio sono caduto dal pero. Non è una decisione facile, dopo che sei riuscito a rimetterti in sesto. Devi avere le palle e sono contento per lui se ha capito che questa è l’unica via per essere felice. Il gruppo Astana si è sciolto come succede sempre. Eravamo tutti amici da una vita, ma si sapeva che Fabio e Vincenzo avessero offerte per andare via. Magari quella scelta non ha sistemato la carriera, ma ha messo a posto la vita. Abbiamo fatto delle scelte, poi ognuno ha continuato per la sua strada».

Alla Freccia Vallone 2021, in fuga con Vervaecke e Velasco
Alla Freccia Vallone 2021, in fuga con Vervaecke

Alti e bassi

Partecipare al Giro di Sicilia gli avrebbe fatto gola, ma pare che il problema fosse logistico, per la troppa vicinanza in calendario della corsa successiva e la difficoltà nello spostare i mezzi. 

«Per cui – dice – l’ultima corsa di stagione potrebbe essere il Lombardia, cui partecipiamo grazie alla classifica Uci. Devo dire che in questa situazione ho un po’ di alti e bassi. Certi giorni dico che potrei smettere, ma mi darebbe fastidio uscire così, quasi di nascosto. Stiamo valutando varie situazioni, ma a quelli cui ho parlato ho chiesto prima di vedere il programma e poi l’ingaggio. Vorrei correre ancora, ma non voglio farlo a tutti i costi. Perciò ora mi organizzo con la mountain bike per passare le prossime tre settimane. E per il resto sto bene. La vita a Monaco procede bene, la famiglia gode di ottima salute. Magari ci vediamo alle corse italiane di fine stagione…».

Due biker alla Freccia! Rosa e Velasco nella fuga di ieri

22.04.2021
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Scusate, ma la Freccia Vallone non era una corsa su strada? E allora cosa ci facevano ieri due biker in fuga? A parte gli scherzi, il destino ha voluto che Simone Velasco e Diego Rosa, entrambi con un importante passato nella mountain bike, si ritrovassero in testa alla classica belga. I due sono stati fuori per 150 chilometri, più o meno.

E così, osservati speciali durante la corsa, li abbiamo acciuffati nel dopo gara. In cima al Muro d’Huy la strada spiana e lì i corridori sfilano per tornare con la strada “parallela” nei bus a valle. 

Simone Velasco (25 anni) è alle prime esperienze tra le Ardenne
Simone Velasco (25 anni) è alle prime esperienze tra le Ardenne

Debutto con fuga

Il primo è Velasco. Raggiungiamo l’elbano, mentre un massaggiatore gli passa una bottiglietta d’acqua e gli spiega come raggiungere i pullman appunto.

«Al momento – dice Simone – so che non posso ancora reggere i migliori su questi arrivi e quindi ci ho provato anticipando. Siamo andati fortissimo tutto il giorno in fuga. Io ho fatto il meglio che potevo, poi mi sono mancate un po’ di gambe nell’ultimo giro, ma ci stava. Avevo speso tanto. 

«Guardiamo avanti, alla Liegi. Tenteremo di attaccare di nuovo. E poi, ragazzi, prima o poi arriverà anche il nostro momento. Comunque è sempre un onore fare queste corse».

Velasco è soddisfatto. Per il corridore della Gazprom-RusVelo si tratta del debutto nella Campagna del Nord e nelle Ardenne. E’ venuto qui per fare il trittico. Amstel e Freccia in qualche modo le ha messe nel sacco, adesso tocca alla più dura, alla Liegi-Bastogne-Liegi.

«E’ la mia prima volta quassù – riprende Velasco – e devo prenderci un po’ le misure. Oggi è stata dura ma anche domenica scorsa sul Cauberg non è stata da meno. Infatti adesso voglio recuperare per bene in vista della Liegi, perché vi assicuro che sono morto! Domani voglio un po’, un bel po’, di relax. Anche perché poi venerdì andremo a provare il percorso di domenica prossima».

Rosa e Velasco protagonisti alla Freccia 2021
Rosa e Velasco protagonisti alla Freccia 2021

Chiacchiera da biker

Intanto proprio davanti a noi sfila Diego Rosa. Lo chiamiamo a gran voce. E Simone ci fa: «E’ biker anche lui! E oggi siamo stati compagni di fuga».

Diego si ferma, gira la bici e ci raggiunge. Nel frattempo Velasco ci confida: «Diego ha detto che mi deve una birra da un litro, lo aspetterò!».

Finalmente arriva il corridore dell’Arkea Samsic al quale chiediamo subito perché è in debito di una birra. «E’ vero gliela devo – ammette Rosa – ma solo se mi restituisce la maglia che gli ho messo in ammiraglia! Una bella birretta, stasera non ce la toglie nessuno di sicuro…». In pratica Velasco ha fatto un favore a Rosa facendogli lasciare una maglia che si era tolto nella propria ammiraglia.

In questo intermezzo molto da biker vista la birra, cogliamo l’occasione per chiedere a Rosa se anche lui come Velasco ad ottobre farà il mondiale Marathon. Diego però cambia espressione. Si fa serio e ribatte a Simone. «Perché tu fai il mondiale marathon?». L’elbano annuisce con la testa e ammette che ci vuol provare. Tanto più che si corre sui sentieri di casa, a Capoliveri, proprio all’Elba. A questo punto Rosa gli fa un paio di domande. Evidentemente la cosa lo stuzzica.

Diego Rosa (32 anni) in azione sul muro d’Huy
Diego Rosa (32 anni) in azione sul muro d’Huy

Rosa, la condizione e il Giro

Ma torniamo alla Freccia e sentiamo il piemontese.

«Abbiamo fatto una “specorata” oggi… (“specorare” in gergo significa fare molta fatica, ndr). Devo andare a vedere ancora i dati, ma credo che siamo andati davvero forte in fuga – dice Rosa, esattamente come Velasco – Cosa aggiungere: c’è gente più forte di noi.

«La fuga non era in programma. L’idea era di muoversi nel circuito finale. Poi invece mi sono ritrovato in un gruppo grande davanti, ho visto che dietro facevano fatica a rientrare nonostante fossero tutti in fila indiana e ho pensato: qui ci lasciano andare. Ci siamo mossi una volta sola, sia io che “Simo”. C’è stata un po’ di guerra prima, per entrare in quel gruppo davanti. Ma va bene così, come diceva un vecchio diesse italiano: il vento in faccia fa gamba. Speriamo abbia ragione!

«Io sono alla ricerca condizione. Con questa fuga mi sono fatto gran bel regalo e poi con una giornata come oggi, con il sole, queste gare sono ancora più belle. Purtroppo si sente la mancanza di corse del 2020. L’anno scorso ho fatto davvero pochissimi giorni di gara tra il Covid e la caduta al Tour. Ci vuole un po’ di tempo. Solo adesso sto trovando un po’ di continuità con le gare».

Con Diego si parla anche del Giro d’Italia. La sua Arkea è stata vicino ad ottenere l’invito e lui stesso ci aveva fatto più di un pensierino.

«Ci sono rimasto davvero male quando ho saputo che eravamo fuori. Ci tenevo tanto a tornare al Giro. Saremmo stati una squadra molto competitiva, di sicuro la più competitiva tra le professional. Abbiamo dovuto ricambiare i programmi e adesso siamo un po’ in balìa del calendario. Almeno sono contento che ci siano squadre italiane. A bocce ferme poi ci ho ripensato. Alla fine noi il Tour lo facciamo ed è giusto che tutti abbiano le loro possibilità».

Rosa: «Se ci invitano preparo il Giro in Colombia»

30.01.2021
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Il mattino di Diego Rosa è quello di tanti padri di famiglia, che si svegliano presto, danno una mano alla moglie nel preparare i due bimbi, in questo caso Noah di 3 anni ed Elia di 4 mesi, poi si cambiano e vanno al lavoro. La sola differenza è che il lavoro del piemontese di stanza a Monaco si svolge sulle strade assolate del Principato, dove a parte la prima settimana di gennaio, non sono mai scesi sotto i 18 gradi. Oggi però è una vigilia importante, perché domani finalmente si comincia con il Gp La Marseillaise, calcio di inizio di una stagione che fa già lo slalom tra un annullamento e l’altro.

«Qua – sorride amaramente – siamo tutte le sere davanti al notiziario col terrore che Macron parli e annunci un altro lockdown. E a quel punto non sappiamo che cosa succederà. Ha detto che lo sport professionistico non avrà arresti, ma il ciclismo è sempre particolare da controllare. Noi corridori abbiamo lavorato come al solito, potendo uscire. Io di solito vado da solo, anche perché sono tutti in ritiro o con i loro compagni. Ma mi rendo conto che per le squadre ogni volta è un rimescolare piani…».

Diego Rosa con Claudio Chiappucci all’Etoile de Bessegens del 2020
Rosa con Chiappucci all’Etoile de Bessegens del 2020
Quest’anno nel mirino e anche nel cuore dovrebbe esserci il Giro?

Stiamo aspettando le wild card con una certa apprensione. Attesa su attesa. L’Arkea-Samsic ha dimostrato di avere l’organico per fare due grandi Giri, per cui l’idea sarebbe di fare il Giro con Quintana e un gruppo di scalatori. Poi andare al Tour ugualmente con Nairo, ma a quel punto quattro uomini per Bouhanni che vuole togliersi le sue soddisfazioni. Tanto al Tour non siamo noi a dover controllare la corsa e il percorso è meno duro del 2020.

A questo punto, sta tutto a capire quando arriveranno gli inviti…

Siamo una squadra piccola, se ci chiamano dobbiamo dire grazie. So che è stata chiesta la possibilità di avere una wild card in più, per cui credo che, avuta questa risposta, le renderanno note. In assenza della squadra aggiuntiva, per i team italiani la vedo complicata. L’ho provato sulla mia pelle con l’Androni, quando fare il Giro era una vera garanzia di sopravvivenza.

A Monaco, Rosa è riuscito ad allenarsi sempre al caldo
A Monaco, Rosa è riuscito ad allenarsi sempre al caldo
Avete fatto qualche ritiro nel frattempo?

Due. Uno a dicembre qui in zona Cannes, in un hotel solo per noi. Eravamo tutti, abbiamo preso il materiale, fatto le foto e sbrigato la parte burocratica. Poi uno in Spagna a gennaio, zona Altea, in cui però non c’erano i sudamericani. Si trattava solo di allenarsi, gli hanno risparmiato il viaggio.

Hai pensato di tornare in Colombia come nel 2020, oppure hai desistito per il Covid?

L’idea era di andare, in effetti. Abbiamo rinunciato per il rischio che chiudessero qualche confine e rimanessimo bloccati o per la necessità di fare la quarantena al rientro. Viaggiare col bimbo così piccolo non sarebbe stato un problema. Ma intanto, dovendo fare un ritiro in altura fra Sanremo e Ardenne, si stava pensando di andarci a fine marzo. Si sta bene, si lavora alla grande.

A proposito di sudamericani, come stanno Nairo e le sue ginocchia operate?

L’ho sentito pochi giorni fa, mi ha detto che le cicatrici sono ormai fatte e ha ricominciato a lavorare sul serio. Quando arriverà qua, sarà un po’ più indietro, ma c’è tutto il tempo. Con lui parliamo raramente di lavoro. Un po’ perché quando stacchiamo, lo facciamo davvero. E nelle occasioni in cui parliamo, ci scambiamo racconti di vita familiare, sui figli. Poco ciclismo…

Il porgetto Arkea, aspettando le wild card, prevede il Giro con Quintana
Il porgetto Arkea, aspettando le wild card, prevede il Giro con Quintana
Questo significa essere sereni: come va con l’inchiesta francese?

Cosa dire? Hanno aperto un’indagine e pare non abbiano trovato nulla. Sarebbe bello ci fosse un comunicato in cui, al pari di quando il caso è venuto fuori, si annunciasse che è chiuso. E’ giusto che controllino, ma in squadra respiro serenità, in un ambiente più piccolo in cui mi sono davvero ritrovato.

Il tuo programma?

Dopo il debutto di domani, di corsa in Italia. Laigueglia. Strade Bianche. Tirreno. Sanremo. Altura. Ardenne e Giro.

Se vi invitano ci sarai anche tu, dunque?

Senza neanche mezzo dubbio. Manco da due anni, non vedo l’ora di tornarci.

Diego Rosa

Diego Rosa c’è ancora. E pensa alle classiche

13.12.2020
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«E’ stato più complicato il mese dopo la frattura che la rottura della clavicola stessa. Avevo un braccio legato e con l’altro cullavo mio figlio appena nato», la scena fa un po’ sorridere. Una scena che aveva come protagonista Diego Rosa.

Il corridore piemontese negli ultimi anni era un po’ sparito dai radar. E pure era uno degli scalatori più forti, sempre in prima linea per i suoi capitani e a volte anche per se stesso. Tre anni nella Ineos-Grenadiers (nei primi due era ancora Sky) però si sono rivelati un boomerang. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire come è andata con l’ex biker.

Diego, partiamo da dove ci siamo lasciati questa estate e cioè dalla caduta del Tour…

Eh, ho rotto la clavicola in cinque parti e il recupero è stato più lungo del previsto. Mi hanno operato a Torino e mi hanno messo la classica staffa di metallo. Adesso però sto bene. Con una stagione molto corta è bastata una caduta e ho finito prima. E poi, ragazzi, era la prima volta che mi rompevo. E’ successo a 31 anni.

Diego Rosa alla Strade Bianche 2020
Diego Rosa
Diego Rosa alla Strade Bianche 2020
Hai parlato di tuo figlio, quanto incide nella vita di un corridore? Quanto lo fa maturare?

Quello di cui ho parlato era Noah, il secondo, ne ho anche un altro, Elia. All’inizio avevo un po’ paura e invece devo dire che si compensa bene con la vita da atleta. Prima pensavo solo al mio lavoro e alla bici, adesso invece non ho più tempi morti. Sì, togli qualcosa al riposo ma lo fai con piacere. Poi devo dire che mia moglie Alessandra ha capito al 110% che mestiere faccio e mi ha aiutato molto, la notte si alza lei. Allenarsi dopo le notti in bianco non è il massimo.

Come sei arrivato all’Arkea-Samsic?

Tramite il mio procuratore Acquadro. Lui che seguiva Nairo (Quintana, ndr) mi disse di questo progetto. A me è sembrato interessante per rilanciarmi. Nel team dov’ero andavo a scendere anziché a salire. E poi volevo una squadra dove la mia voce avesse peso, dove fossi ascoltato. Ho parlato con i manager della Arkea, ho visto che avevamo le stesse idee e dopo mezz’ora ci siamo stretti la mano. 

E quali erano queste idee?

Tornare ad avere qualcuno che mi desse fiducia e responsabilità. Loro avevano molti giovani cercavano qualcuno più esperto e la cosa mi stuzzicava.

Hai parlato di rilanciare. Ma cosa è successo in quei tre anni alla Sky/Ineos?

E’ una squadra piena di campioni e non ho reso come dovevo. Ho seguito i loro metodi, ho fatto quello che mi hanno chiesto, ma evidentemente con me non ha funzionato. Io non riuscivo ad adeguarmi. Non era il mio ambiente. Avevo poco spazio e quando c’era dovevo sgomitare con gli altri per andare alle corse. Così mi sono ritrovato a fare il quintultimo uomo in salita, quando ero abituato a fare l’ultimo. E man mano la squadra perdeva fiducia in me, così alla fine tiravo in pianura e nelle corse meno importanti.

Cosa intendi quando dici che hai seguito il loro metodo? Che non era il tuo ambiente?

Il ciclismo è tutto globalizzato, ma c’è chi si allena in un modo e chi in un altro. Italiani e spagnoli hanno un approccio molto più tranquillo, gli inglesi sono metodici, diversi. Noi facciamo la base, tanto medio, la soglia e i fuorigiri. Io stando a Monaco uscivo tutti i giorni con la squadra, in pratica era come se fossi sempre in ritiro. E non capivo gli allenamenti, totalmente diversi dai nostri: lunghissimi a ritmo super blando, uscite brevi e intense… Non li capivo e soprattutto non credevo in quello che facevo. Poi ripeto, non dico che non funzionino, guarda tutto quello che vincono! Dico che non hanno funzionato con me, che non mi sono adattato. Inoltre non parlavo troppo l’inglese all’inizio e il mio preparatore era australiano, vi lascio immaginare come comunicavamo… Adesso all’Arkea mi hanno affidato ad un ds, Yvon Caer, che parla italiano convinti che io non sapessi il francese, ma, stavolta li ho fregati io!

Scusa ma Cioni non ti poteva aiutare?

Ero con altri preparatori, quando sono arrivato da lui ormai era tardi. La squadra non mi vedeva più. Negli ultimi anni non ho più fatto un grande Giro, non avevo neanche più un programma. E io stesso avevo perso fiducia.

Diego Rosa
Diego Rosa e Davide Formolo, i due sono vicini di casa
Diego Rosa
Diego Rosa e Davide Formolo, i due sono vicini di casa
Insomma tre anni brutti…

Più che brutti, un’esperienza direi…

E cosa ti ha lasciato questa esperienza?

Che mi sono ritrovato in un team di giovani e con Quintana in maglia di leader in queste gare più piccole francesi e loro non sapevano come fare per gestire la corsa, come chiudere le fughe. E così io ho preso in mano la situazione.

Oggi chi ti segue?

Un preparatore della Arkea. Mi piace: io gli dico le mie idee e lui mi corregge.

La cosa sembra funzionare: sei partito bene a Majorca e avevi colto una top ten alla Strade Bianche…

Sì, ho ripreso da corse di un livello un pelo più basso per ripartire a tutta. Poi ci hanno fermato e… ciao! La seconda parte di stagione era tutta incentrata sul Tour de France e infatti il decimo posto alla Strade Bianche era molto buono. Al Tour avrei dovuto fare la prima settimana a salvare la gamba, per dare tutto nella terza, invece non ho concluso neanche la prima. Ma quel che conta è che in corsa finalmente ero presente, il morale c’era. La squadra mi ha dato responsabilità e io ho ritrovato il piacere di correre e fare la vita.

Com’è il rapporto con Quintana?

Ci siamo conosciuti l’anno scorso quando abbiamo saputo che avremmo corso insieme. Siamo stati tre settimane da lui in Colombia con tutta la famiglia. Siamo stati benissimo. In gara è molto esigente, vuole stare davanti, ma è sempre rispettoso. Ho corso con quasi tutti i capitani del gruppo e ormai so cosa vogliono.

Senti ma in Colombia siete stati anche in Mtb, visto che Nairo laggiù la usa spesso?

No, cavolo! Sapete, sono due anni che non tocco una Mtb. L’ultima volta sono rientrato a casa con la maglia stracciata tanto che mi vergognavo ad attraversare Montecarlo in quelle condizioni! Il fatto è che ho ancora la testa da biker, ma non ho più la stessa sensibilità e m’impunto su ogni roccia. Così no: sai come andavi, vedi come vai e vorresti buttarla al mare! La riprenderò quando potrò andare come dico io.

Cosa hai fatto dopo lo stop al Tour e nel recupero?

Un mese di poltrona. Potevo dormire solo così. Vedevo la tv fino alle 4 del mattino. Successivamente è arrivato il mio fisioterapista, Carlo Ranieri che lavora nell’atletica, e con lui in 10 giorni abbiamo fatto di tutto. Poi sono andato a correre, a nuotare… Ogni giorno uno sport diverso, adesso però solo bici, altrimenti sarei diventato un triatleta!

Potevi andare a nuotare con Formolo…

Davide è nella porta qui accanto alla mia. Mi ha detto di andare insieme. Io sono agli inizi, lui va forte. Per fortuna il mare è diventato grosso e non si può nuotare! 

Che 2021 ci possiamo aspettare?

Il calendario lo definiremo a breve. Una riunione su Zoom però l’abbiamo fatta. Dovrei essere leader per le classiche di un giorno e poi si vedrà per le gare a tappe. Ma non abbiamo un programma definitivo, anche perché dobbiamo attendere gli inviti nei grandi Giri. Mi piacerebbe fare bene le Ardenne e la Strade Bianche. E anche San Sebastian che per un motivo o per un altro non ho mai corso.

E se dovessero invitarvi al Giro, ti piacerebbe tornare? Oppure meglio il Tour?

Preferisco centomila volte il Giro