Quelli che passano alla Mtb, una sfida per pochi

23.11.2020
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Si parla più spesso di stradisti che passano alla Mtb, più raramente avviene il contrario e con il cittì della nazionale di mountain bike, Mirko Celestino, ne abbiamo parlato cercando di capire che caratteristiche deve avere uno stradista aspirante biker.

Simone Avondetto, un possibile stradista per Celestino
Simone Avondetto, un possibile stradista per Celestino

L’austriaco della Bahrain-McLaren, Hermann Pernsteiner (nella foto di apertura) è uno di quei “casi salmone”, cioè che vanno controcorrente. Eh sì, perché un conto è chi da giovane ha fatto Mtb e poi è passato presto alla strada. E chi a “fine” carriera ha cambiato disciplina, passando dalla strada alla Mtb. Uno dei primi fu proprio Celestino, poi Simoni, Casagrande, Chiarini. Seguiti poi da alcuni pro’ francesi e spagnoli.

Stradisti si nasce…

«Oggi è tutto esasperato e tutto è portato al dettaglio – dice Celestino – e non è facile passare da una disciplina all’altra. E non bisogna neanche pensare a Van der Poel: lui è unico. Lo stradista che passa alla Mtb ha bisogno della tecnica. Il biker che passa alla strada ha bisogno dell’esperienza e del saper stare in gruppo.

«Ricordo Cadel Evans. Lui arrivò alla Saeco che aveva vinto le Coppe del mondo in Mtb ma era davvero “limitato” all’inizio. Non sapeva stare in gruppo: o era all’esterno perché aveva paura o in coda a 10 metri dall’ultimo perché non sapeva stare in gruppo. In discesa sopra i 60 all’ora s’irrigidiva. Poi però ci si è messo d’impegno e piano piano… guardate dov’è arrivato!». In quest’ultima frase c’è tutto il nocciolo del nostro articolo. Per questo i “salmoni” sono pochi.

La Mtb la puoi fare anche in un secondo momento, la strada no. L’andare su strada si acquisisce da bambini.

Mirko Celestino

Biker e strada moderna

«Penso che il biker, sia esso maratoneta o crosscountrista – riprende Celestino – si sposi bene con il ciclismo moderno. Una volta partivamo piano e la corsa vera c’era negli ultimi 60-70 chilometri. Adesso al chilometro zero è già bagarre. Se ai miei tempi partivi al via, veniva un capitano e ti tirava una borraccia in testa. Queste partenze sprint, così come i prologhi e le crono sono ideali per i biker, abituati a stare a tutta dal primo metro e a fare da soli. Per questo la tattica potrebbe essere un limite».

E che la tattica sia un limite, è vero. L’anno scorso proprio Pernsteiner fu scartato dal suo team per il Giro in quanto in una corsa chiuse sul compagno di squadra, Antonio Nibali. L’austriaco si è giustificato dicendo di non essere abituato a queste tattiche, ma ha dovuto aspettare un anno per disputare la corsa rosa.

Gaia Tormena, dagli ostacoli dell’Xce alla pista
Gaia Tormena, dagli ostacoli dell’Xce alla pista

Tormena e Avondetto

«Se devo dire dei nomi di biker attuali che potrebbero passare su strada faccio fatica, ma non perché non li ritengo all’altezza, ma perché li vedo davvero come biker, nel fisico e nella mente.

«Mi viene in mente Gaia Tormena (ex iridata nell’Eliminator) e infatti l’ho messa in contatto con Dino Salvoldi. In lei ho visto subito la pista. Il suo modo di fare, la concentrazione, lo sguardo cattivo, l’esplosività. Una prova di Eliminator dura un minuto e mezzo e si può equiparare a certe specialità della pista. Dino mi ha detto che deve lavorare molto, ma che l’atleta c’è. E infatti è stata convocata per gli Europei U23 su pista.

«Tra i nostri ragazzi se dovessi giudicare il motore, i gemelli Braidot o i Kerschbaumer sarebbero all’altezza, ma come ripeto, faccio fatica a vederli stradisti nel complesso. Se proprio dovessi dare un nome allora direi Simone Avondetto, perché oltre ad avere un buon motore ha anche una grinta non comune. Cade e si rialza, è staccato, ma non molla mai è sempre con i denti di fuori e potrebbe adattarsi bene».