Sfilata iridata a Etten-Leur, il mondiale dei criterium

23.08.2023
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Quello di Etten-Leur lo chiamano “il campionato del mondo dei criterium”, forse anche per la ricchezza che viene messa ogni anno sul piatto e che permette di attirare anche i campioni più ritrosi. L’anno scorso ad esempio, nessuno riuscì ad attirare il vincitore del Tour Jonas Vingegaard, tranne loro. Tutto grazie a una serie di generosi sponsor olandesi e ai 280 euro con cui migliaia di vip pagano il loro posto nell’area riservata.

La Canyon Aeroad di Van der Poel s’è vestita dell’iride, come la sua “sorellina” nel ciclocross
La Canyon Aeroad di Van der Poel s’è vestita dell’iride, come la sua “sorellina” nel ciclocross

Il jet per Van der Poel

Per il Criterium di Etten-Leur, cittadina del Brabante Settentrionale al confine con il Belgio, si fanno delle vere e proprie follie, come ad esempio andare in Spagna con un volo privato per prelevare il campione del mondo Mathieu Van der Poel e portarlo a correre. Sono partiti sabato sera, sono riusciti ad atterrare all’aeroporto di Malaga e da lì, con il prezioso passeggero iridato a bordo, sono atterrati a Breda. Dall’aeroporto, sono bastati quindici minuti per arrivare nel centro della festa.

«Avevano già insistito dopo il Tour – ha ammesso Van der Poel, stupito – ma io avevo declinato l’invito. Però dopo il mondiale ho pensato che avrei dovuto mostrare la maglia da qualche parte e tutto sommato Etten-Leur non è molto lontano da dove vivo. Così ho potuto indossare per la prima volta la maglia iridata. Avevo già la valigia pronta, si è trattato solo di tornare a casa un giorno prima del previsto».

Van der Poel ha anticipato di un giorno il rientro dalle vacanze a bordo di un jet privato
Van der Poel ha anticipato di un giorno il rientro dalle vacanze a bordo di un jet privato

Tre giorni a Marbella

Chi magari pensava che l’olandese fosse in Spagna per il solito ritiro, prenderebbe una cantonata. Van der Poel infatti si è concesso una meritatissima vacanza dopo il Tour, il mondiale strada di Glasgow e quello finito troppo presto sulla mountain bike.

«Dopo quella caduta – ha raccontato a Het Nieuwsbladero così rigido che ho passato comunque due giorni sulla bici per recuperare un po’ di elasticità. Poi ho trascorso tre giorni a Marbella con un gruppo di amici e diciamo solo che ci sono state delle belle serate molto intense. Avevo bisogno di decompressione. Il mondiale è stato l’ultimo grande obiettivo della stagione, anche se forse non mi rendo ancora bene conto di quello che ho fatto. Forse ci riuscirò una volta che la stagione sarà davvero finita».

L’intrusa iridata: la belga Kopecky in Olanda fra le olandesi Vollering e Wiebes. Tutte di casa SD Worx
L’intrusa iridata: la belga Kopecky in Olanda fra le olandesi Vollering e Wiebes. Tutte di casa SD Worx

Un salto a Parigi

Però quella caduta brucia, soprattutto considerando il suo orgoglio sconfinato. Per cui la sua vacanza e la successiva partecipazione al criterium olandese sono serviti per sentirgli ammettere qualcosa di più.

«Sto accarezzando l’idea – ha detto – di partecipare al test event di mountain bike a Parigi a fine settembre. Quindi dovrei continuare ad allenarmi e nel frattempo voglio anche correre qualche gara su strada. Non so ancora quale sarà il programma, molto dipenderà da come mi sentirò in allenamento. La voglia di mostrare la maglia c’è, ma se potessi scegliere, mi piacerebbe davvero tanto vincere il Fiandre con questo simbolo addosso».

Vollering a braccia alzate, come sul Tourmalet, come alla fine del Tour che ha vinto
Vollering a braccia alzate, come sul Tourmalet, come alla fine del Tour che ha vinto

Kopecky e il surf

A Etten-Leur c’era anche una ricca partecipazione femminile. Lotte Kopecky, chiaramente, ma anche Demi Vollering, con la sua maglia gialla del Tour e anche Annemiek Van Vleuten, olandese che a fine anno si ritirerà ma per i tifosi olandesi è ormai una leggenda.

Raccontano gli organizzatori (che per l’iridata della SD Worx non hanno dovuto mandare un aereo), che quando si è sparsa la voce della sua partecipazione, il sito internet del criterium è andato in crash, tanta è la sua popolarità anche in Olanda.

Anche Kopecky ha raccontato qualcosa di sé e dell’emozione iridata, ma anche lei forse non è ancora pienamente consapevole della portata del trionfo.

«E’ la prima volta che indosso questa maglia su una bicicletta – ha ammesso – non ho pedalato molto negli ultimi giorni. Una volta l’ho messa sulla tavola da surf (ridendo, ndr). L’ho trovato divertente, ma ho ancora bisogno di qualche lezione. Finalmente ho avuto una vacanza, cosa che non accade spesso. Mi sono davvero goduta quella settimana senza obblighi, ma per capire se adesso nella mia carriera cambierà qualcosa, dovremo aspettare le prossime settimane».

Anche per Kopecky una bici iridata, ma pantaloncino nero che incontra di più il suo gusto
Anche per Kopecky una bici iridata, ma pantaloncino nero che incontra di più il suo gusto

Domenica Kopecky correrà la Schaal Sels a Merksem e forse sarà alla partenza della Classic Lorient a Plouay: «Ma soprattutto voglio divertirmi – ha detto a Het Nieuwsblad prima di lasciare Etten-Leur – senza alcun obiettivo. Voglio capire se c’è ancora grinta, voglio rilassarmi e quando posso, voglio dormire un’oretta di più. Diciamo che negli ultimi giorni non sono mancate le feste».

Kopecky, un vero gigante: Glasgow sbancata con tre ori

13.08.2023
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GLASGOW – Forse è la vita che l’ha fatta arrabbiare e adesso ogni volta che sale sulla bicicletta, Lotte Kopecky ha una dedica da fare. L’ultimo inverno è stato duro. La morte di suo fratello Seppe, che era il suo idolo e l’aveva convinta a correre in bici, l’ha scossa fino alle fondamenta. Erano sempre insieme, anche nel fare le cose sbagliate. Poi la separazione da Kieran De Fauw, compagno e allenatore, che lo scorso anno l’ha guidata alla vittoria della Strade Bianche e del Fiandre e al secondo posto ai mondiali di Wollongong, l’ha costretta a riorganizzarsi la vita. Colpi che avrebbero potuto abbatterla, dai quali invece la fresca campionessa del mondo è uscita più dura e determinata.

Sul podio ai fianchi di Kopecky, la compagna Vollering e Cecile Ludwig
Sul podio ai fianchi di Kopecky, la compagna Vollering e Cecile Ludwig

Un anno molto duro

Così oggi, sul circuito di Glasgow che tanti avevano descritto come cucito sulle sue caratteristiche, Kopecky si è messa la vita sulle spalle e ha giocato le sue carte incurante delle altre. Soprattutto quando si è resa conto che le altre avevano riconosciuto la sua forza e mai e poi mai la avrebbero aiutata a raggiungere il suo obiettivo: il terzo titolo mondiale nella stessa settimana, dopo quelli dell’eliminazione e della corsa a punti in pista (cui va sommato il bronzo dell’omnium).

«Non so a cosa stessi pensando quando ho tagliato il traguardo – racconta – finora è stato un anno fantastico, ma anche molto duro. Non so cosa continui a spingermi, ma questa vittoria significa molto per me. Davanti alla morte di mio fratello avrei potuto decidere di restare sul divano di casa o di ripartire in bici: ho scelto la seconda. E questo è un sogno che si avvera. Sono migliorata tanto. Conosco il mio corpo e come reagisce. Penso di aver trovato buon equilibrio tra l’allenamento e la parte divertente del ciclismo. L’aspetto mentale è importante, mentre prima pensavo sempre e solo ad allenarmi. Invece ho imparato a stare bene come persona, quando non sono una ciclista».

E’ stato un anno pieno di successi, ma anche molto duro: commozione più che giustificata
E’ stato un anno pieno di successi, ma anche molto duro: commozione più che giustificata

Una gara nervosa

Potente come quando le gambe andrebbero anche da sole, Kopecky ha corso per tutto il giorno al vento, al punto da far pensare che la volesse buttare a tutti i costi, spalancando la porta a Vollering e Van Vleuten, ma anche a Marlene Reusser e la solita Cecile Ludwig. Invece quel che non era chiaro era la quantità pazzesca di forze ancora a sua disposizione.

«E’ stata una gara molto nervosa – dice – la collaborazione davanti non è stata la classica cosa che racconteresti quando torni a casa. Le incitavo perché mi aiutassero, ma non sapevo quale fosse la loro condizione, per cui ho cominciato a guardare solo me stessa. Non ero nervosa per le mie condizioni, ma Elise Chabbey era un minuto e mezzo davanti a noi e avevamo visto che su questo percorso non è facile riportare qualcuno indietro. Ero venuta a vederlo e avevo capito quanto fosse importante e necessario correre davanti, anche se significava spendere di più». 

Il diritto di vincere

La corsa infatti è cambiata dopo che Chabbey è stata ripresa e Kopecky ha potuto guardare finalmente in faccia le avversarie e attaccare per andare al traguardo. Lo ha fatto a 7 chilometri dalla fine e poi non si è mai voltata indietro.

«Devo ringraziare Sanne Cant per i suoi sforzi nei primi giri – spiega – e anche Justine Ghekiere ha fatto bene quando le ho chiesto di tenere il ritmo. Julie Van de Velde mi ha aiutato a rientrare nel gruppo dopo che ho dovuto cambiare bici. Ma ho davvero sentito che avrei vinto in cima a Montrose Street. La corsa è stata allo sfinimento. Non ero sicura, ma una volta che sono arrivata in cima a 1,5 chilometri dall’arrivo, ho capito che ce l’avrei fatta. Non è stato facile lottare contro le mie compagne di club, anche perché siamo ottime amiche. Ma oggi ognuna di noi sapeva di avere il diritto di vincere. Poi fuori corsa ci saremmo fatte reciprocamente i complimenti, come poi è successo».

Tre mondiali in 7 giorni

Dicono che in Belgio sia diventata popolare anche giù dalla bici, che non possa andarsene in giro senza essere fermata, al pari di quanto accade ai colleghi maschi. Lei arrossisce e ride, quasi non spiegandosi il perché ciò accada. Però poi tira fuori la grinta e molla un altro scatto.

«Il Belgio è un grande paese del ciclismo – dice – ma la parte femminile è in ritardo. Sono orgogliosa di aver dimostrato di poter vincere anche le corse più importanti. Spero che queste vittorie servano per convincere le ragazze e gli sponsor che c’è spazio anche per noi. Dopo i due mondiali in pista, ho pensato che sarebbe stato quasi impossibile aggiungerne un altro oggi. Tre volte campione del mondo in sette giorni. Troppo pazzo per spiegarlo con delle semplici parole…».

Magnaldi: il suo Tour dopo le fatiche del Giro

07.08.2023
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Le scorie del Tour de France Femmes non sono rimaste solo nelle gambe delle atlete. Quella che ci accoglie è una solare Erica Magnaldi, accompagnata però da una tosse che scandisce la nostra intervista.

«Negli ultimi giorni – racconta l’atleta della UAE ADQ– ho preso un brutto raffreddore, probabilmente dovuto alla stanchezza ed alla discesa del Tourmalet». 

La tappa è terminata in cima ma, come in ogni frazione di montagna, i bus delle squadre erano sotto. «Cinque chilometri più in basso – conferma Magnaldi – faceva molto freddo ed era umido. In più bisognava scendere piano a causa dei tanti tifosi presenti». 

Magnaldi ha chiuso il Tour Femmes al 13° posto, dopo essere arrivata 5ª al Giro Donne
Magnaldi ha chiuso il Tour Femmes al 13° posto, dopo essere arrivata 5ª al Giro Donne

Stacco programmato

Dopo il Tour Femmes Erica Magnaldi si è fermata, lei è stata una delle ragazze che ha corso prima il Giro Donne e poi il Tour. Una pausa meritata insomma, nella quale questo malanno non porta a molti intoppi o contrattempi.

«Era già previsto uno stacco di tre o quattro giorni – spiega – tutti senza bici. Poi pian piano ho ripreso con gli allenamenti. Un mese senza gare lo farò tutto, prima però mi farò un periodo di altura al Sestriere. Questi giorni di vacanza me li sono goduti a metà, a causa del raffreddore, ma meglio ora che durante la preparazione».

Prima del Giro Donne la Magnaldi ha corso la Vuelta Femenina
Prima del Giro Donne la Magnaldi ha corso la Vuelta Femenina
Tu hai corso Giro e Tour, come è andata?

Bene. Il mio obiettivo principale, a livello di classifica, doveva essere il Giro Donne. Il Tour avrei dovuto correrlo in supporto alla squadra, infatti il mio programma prevedeva il picco di forma alla corsa rosa. 

Come ti sei sentita durante il Tour, hai risentito delle fatiche precedenti?

La stanchezza accumulata si è sentita maggiormente nel giorno del Tourmalet. Nelle prime tappe stavo bene e avrei dovuto supportare Olivia (Baril, ndr) che però è rimasta attardata fin da subito. Succede al Tour, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo.

Così hai curato ancora la classifica?

Sì, ho provato a tenere duro. Ho pagato tanta stanchezza accumulata al Giro. Non sono sicura fossero incompatibili, la Labous è andata bene in entrambi, così come la Santesteban e la Ludwig. Correre Giro e Tour al top non sarebbe stato possibile, ma fare il primo in preparazione dell’altro sì. Poteva essere la chiave giusta di lettura. 

Anche se il podio del Tour dice il contrario forse, no?

La mia preparazione prevedeva di arrivare al Giro al top e di quello sono molto contenta. Se si vuole puntare al Tour, probabilmente si deve fare un periodo di preparazione mirato e correre solo quello. 

Persico e Magnaldi si sono ritrovate a curare la classifica anche al Tour
Persico e Magnaldi si sono ritrovate a curare la classifica anche al Tour
Hai parlato di stanchezza che poi hai pagato sul Tourmalet, cosa ti è mancato?

Più che lo sforzo prolungato di un’ora (tempo della scalata del Tourmalet, ndr) direi che mi è mancata la freschezza. Non sono riuscita a tenere il ritmo altissimo che si è fatto sull’Aspin, quei cinque minuti di cambio di andatura. Mi mancava la brillantezza per resistere a quel cambio di passo, per soffrire e rimanere con le prime. Infatti mi sono staccata sull’aumento di ritmo della Van Vleuten. Silvia Persico ed io stavamo anche rientrando in discesa, ma davanti hanno spinto forte e non siamo riuscite a ricucire. 

Van Vleuten secondo te ha pagato quel fuori giri?

Probabilmente non si aspettava una Vollering così forte e sperava di staccarla fin dall’Aspin. Ma lei arrivava da un periodo di preparazione specifica, mentre Van Vleuten no.

Poi le tappe prima del Tourmalet non erano semplici…

Di frazioni piatte ne abbiamo fatta una sola, per il resto era tutto un sali e scendi. Anche le volate che ci sono state sono arrivate dopo giornate intense e di grande fatica. Dovevi costantemente guardarti alle spalle, correre davanti e questo per tutti i giorni. Avrei preferito avere una compagna che curasse la classifica, così io avrei puntato ad una tappa. Invece ho dovuto sempre correre sul “chi va là” e in attesa del Tourmalet.  

A Erica Magnaldi è mancato quel pizzico di brillantezza per rimanere con le prime
A Erica Magnaldi è mancato quel pizzico di brillantezza per rimanere con le prime
Si è parlato molto dei 21 giorni tra Giro e Tour, tu come li hai gestiti?

Sono stata in altura, a Sestriere, è vicino a casa e mi è comodo andarci, ci impiego meno di due ore in macchina. Ho riposato bene, dormito al fresco e recuperato. Nei primi sette giorni ho fatto poco in bici, giusto una leggera ripresa. Nella settimana successiva ho “acceso” il motore con più intensità. 

Come ti sentivi?

Bene, però ero consapevole che 21 giorni sono pochi, non ho potuto allenarmi sul ritmo gara e l’intensità. Alla fine in corsa mi sono resa conto di avere quel due per cento di freschezza in meno per seguire le prime. Per quello che doveva essere però, alla fine è stato un buon Tour Femmes.

Il Tour Femmes ha alzato l’asticella nel ciclismo femminile

03.08.2023
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La deriva della Van Vleuten nella nebbia del Tourmalet non poteva passare inosservata. La campionessa del mondo, grande favorita per la vittoria del Tour de France Femmes, ha visto sgretolarsi in due giorni tutte le sue certezze. Sulle rampe dell’Aspin aveva messo le compagne alla frusta, per poi rimanere fregata dal suo stesso gioco. Questo spunto ha aperto però una considerazione differente, più larga, ovvero quella della possibilità di correre Giro Donne e Tour Femmes ad alti livelli

Lo sguardo spiritato della Van Vleuten, quei 21 giorni tra Giro e Tour sono stati toppo pochi per recuperare?
Lo sguardo spiritato della Van Vleuten, quei 21 giorni tra Giro e Tour sono stati toppo pochi per recuperare?

Sempre più al top

Al Tour era presente, nello staff della UAE ADQ, il coach Luca Zenti, al quale lanciamo lo spunto per questa riflessione. 

«Una considerazione da fare – dice Zenti – è che il ciclismo femminile è cambiato e si specializza sempre più. Abbiamo visto che le atlete che sono andate forte in questo Tour lo hanno preparato nei minimi dettagli. Hanno fatto quello che è un classico avvicinamento strutturato, con altura e un periodo di preparazione specifico. 

L’avvicinamento mirato della Vollering le ha permesso di arrivare pronta alle ultime due tappe
L’avvicinamento mirato della Vollering le ha permesso di arrivare pronta alle ultime due tappe
La domanda nasce spontanea: Van Vleuten ha perso a causa degli sforzi del Giro Donne?

Non possiamo saperlo con certezza, ma della fatica in più sicuramente l’ha accusata. A livello di numeri sono andate forte, pensate che il Tourmalet è stato scalato in 55 minuti a 5,2 watt/kg. La Van Vleuten non ha sottoperformato in maniera netta, certo che in una corsa così tirata 0,2 watt/kg in meno fanno la differenza. La Van Vleuten ha uno staff importante, e sicuramente avranno fatto le analisi del caso. Una cosa mi ha impressionato, anzi, due…

Dicci.

La prima è il livello generale che si è alzato tanto. La seconda è l’organizzazione, i protocolli di recupero sono ormai alla pari di quelli degli uomini. Tant’è che non era raro vedere le ragazze fare i bagni nell’acqua fredda subito dopo l’arrivo. 

Il Giro può aver inciso quindi, anche a livello generale?

Sicuramente. Per esempio anche noi della UAE ADQ abbiamo portato Persico e Magnaldi che hanno corso anche il Giro. Con Silvia siamo andati sulla stessa linea della scorsa stagione, nella quale aveva risposto bene.

Niewiadoma (in maglia Canyon/SRAM) completa il podio finale del Tour Femmes a Pau
Niewiadoma (in maglia Canyon/SRAM) completa il podio finale del Tour Femmes a Pau
Non ha performato come lo scorso anno però, no?

A numeri sì, quelli erano e sono stati buoni. Il percorso quest’anno era molto duro, non si avvicinava tanto alle sue caratteristiche, soprattutto le ultime due tappe. 

Ne parlavamo anche con Casonato, i numeri ormai sono sempre più alti, e le gare diventano più impegnative.

Vero, questo Tour ne è l’esempio. Le tappe che arrivavano prima del Tourmalet erano tutte insidiose. Difficili da leggere e che non permettevano la minima distrazione. A tutto questo si è aggiunta anche una distanza notevole: la tappa più lunga misurava 177 chilometri, al Giro 133. 

Tanti chilometri in più ogni giorno che poi si sono fatti sentire sul Tourmalet…

Vollering, Van Vleuten e Niewadoma sono sempre state vicine fino a quel giorno. La fatica nelle gambe però ha agito in maniera differente. Chi era ancora fresca e senza fatiche grosse alle spalle ha fatto la differenza. 

Silvia Persico ha ottenuto un buon 14° posto in classifica generale, in un Tour lontano dalle sue caratteristiche
Silvia Persico ha ottenuto un buon 14° posto in classifica generale, in un Tour lontano dalle sue caratteristiche
Quei 21 giorni tra Giro e Tour come si potevano interpretare?

In due modi: il primo era quello di arrivare al Giro non al top e correre in funzione del Tour. Potrebbe essere stata la tattica della Labous (seconda al Giro Donne e poi quinta al Tour, ndr). Il secondo modo era capire che fosse impossibile, o comunque molto difficile, recuperare bene e preparare il Tour dopo la corsa rosa. 21 giorni non permettono di rifiatare e di rispolverare la gamba giusta. 

Una sorpresa è stata la Kopecky, che nessuno si sarebbe aspettato di vedere sul podio.

Lei è un esempio concreto dell’accuratezza di preparazione che c’è stata verso questo appuntamento. Ha gestito le energie molto bene, poi ha questa capacità di lavorare e performare anche sotto uno sforzo prolungato. Il lavoro di preparazione fatto le ha permesso di tenere su una salita come il Tourmalet, cosa non scontata. 

Kopecky ha sorpreso per resistenza e capacità di soffrire, sul Tourmalet è rimasta con le migliori fino alla fine
Kopecky ha sorpreso per resistenza e capacità di soffrire, sul Tourmalet è rimasta con le migliori fino alla fine
Hai notato altro?

La distribuzione dell’intensità media si è alzata, anche nelle tappe da “volata” ogni singola salitella veniva presa a tutta. La visione della corsa ora cambia, le tappe si allungano e non si va piano. Bisogna essere bravi nel prendere le atlete e portarle a fare un certo tipo di lavoro in allenamento, che poi va curato durante tutta la settimana.

Facci un esempio per capire meglio…

Sull’intensità possiamo dire che le atlete che hanno curato la classifica generale arrivavano ai piedi della salita forte. I primi uno o due chilometri li facevano a 5,7-5,8 watt/kg e poi si allineavano a 5,5 watt/kg per 20 minuti. Sono sforzi importanti che non tutte sono in grado di fare ancora, quindi il lavoro di noi coach va in questa direzione. 

Dentro al trionfo della SD-Worx con Elena Cecchini

31.07.2023
6 min
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E’ stata la squadra più forte di tutte e di tutto. La SD Worx non solo ha dominato il Tour Femmes, ma ha saputo gestire una serie di circostanze avverse e discusse che avrebbero potuto negare loro il successo finale. Stavolta il termine “corazzata” calza a pennello per la formazione olandese e da Elena Cecchini ci siamo fatti raccontare il dietro le quinte di questa ultima settimana vissuta ad alta intensità.

Vittoria da gustare

Quattro tappe vinte su otto, la maglia gialla e la verde portate dall’inizio alla fine e la classifica a squadre. La leadership della SD Worx è stata netta, sono quindi meritati i festeggiamenti di fine Tour. Cecchini ha qualche minuto libero prima di andare a cena con compagne e staff. L’emozione c’è, ma non prende il sopravvento nella sua voce, lei è sempre molto lucida. E naturalmente anche consapevole di quello che hanno appena fatto.

«Per stasera (ieri sera, ndr) avevamo già deciso che saremmo state tutte assieme – spiega la friulana – a prescindere di come sarebbe andato il Tour. Nei programmi c’era di rientrare a casa lunedì. A maggior ragione ci godiamo la serata celebrando queste vittorie. Abbiamo finito con un podio tutto nostro nella crono. Questi risultati sono importanti per tutto il nostro gruppo, per i nostri sponsor. Per noi ogni gara è importante, lo abbiamo sempre detto. Solitamente non ci poniamo pressioni però quest’anno il “peso” del Tour si è fatto sentire parecchio. Non sono state giornate semplici per noi. Sono successe cose che potevano creare instabilità a livello mentale. Nei nostri confronti sono state prese decisioni contestabili, ma siamo sempre rimaste concentrate».

Dove nasce il trionfo

Quinta tappa, Vollering fora e sfrutta la scia della sua ammiraglia guidata dal diesse Danny Stam per rientrare nella coda del gruppo principale. Senza entrare troppo nel merito, sono scene che si vedono spesso nelle gare maschili e femminili in un limbo del regolamento, ma per la giuria non va bene. Stam viene espulso dalla corsa e Vollering subisce venti secondi di penalizzazione nella generale. Sanzioni che possono costare il Tour. La SD Worx protesta e prende atto della decisione.

Al Tour Vollering è salita a quota 15 vittorie stagionali, mentre Kopecky a 11. Il totale della SD Worx è di 53 e non è finita
Al Tour Vollering è salita a quota 15 vittorie stagionali, mentre Kopecky a 11. Il totale della SD Worx è di 53 e non è finita

«Sembrava quasi – commenta Cecchini – che ci stessero aspettando al varco apposta. Che commettessimo qualcosa di strano per punirci. E’ una sensazione che abbiamo avuto. Quest’anno è come se dessimo fastidio perché vinciamo tanto, ma non ricordano ad esempio che Wiebes vinceva venti corse all’anno anche alla DSM. E poi personalmente ero rimasta molto scottata da quello che era successo alla Vuelta. Demi (Vollering, ndr) attaccata mentre stava facendo la pipì. Tra gli uomini quella è una pausa serena e ininfluente, da noi invece diventa un momento di ulteriore stress. Pensate che alla sesta tappa una mia compagna ed io ci siamo fermate per farla, ma Anna (Van der Breggen, l’altra diesse, ndr) ci ha detto che non potevamo rischiare nuovamente dopo l’esclusione di Danny. Credevamo di rientrare sfruttando la scia delle altre ammiraglie come capita sempre ed invece tutte le macchine ci sorpassavano veloci.

«In ogni caso – continua nell’analisi – non ci siamo demotivate. Danny è rimasto con noi lo stesso e professava calma. La nostra squadra è molto solida ed unita, ma in queste difficoltà ci siamo strette ulteriormente. E’ scattato qualcosa in più. Abbiamo capito subito che non aveva senso sprecare energie psicofisiche preziose per cercare di far valere le nostre ragioni. In questo Tour sono stata in camera con Demi e l’ho sempre vista tranquilla. Sapeva che quei venti secondi li avrebbe potuti recuperare grazie alla sua condizione e a noi. Ha gestito tutto alla grande. Anche Lotte (Kopecky, ndr) è stata favolosa nel resistere più che poteva sul Tourmalet. Vederla lì ha destabilizzato le avversarie, ma secondo me lei non vedeva l’ora che Demi scattasse per poter salire bene del proprio passo. Quella è stata una tattica. Come squadra mi sento di dire che possiamo affrontare e superare tutto».

Con l’espulsione di Stam, Anna Van der Breggen in ammiraglia sapeva di avere gli occhi della Giuria puntati addosso
Con l’espulsione di Stam, Anna Van der Breggen in ammiraglia sapeva di avere gli occhi della Giuria puntati addosso

Compagne leader

La SD Worx al Tour è arrivata a quota 53 vittorie stagionali. E dietro a queste c’è sempre chi fa un lavoro fondamentale ed oscuro. Cecchini si sente molto tagliata per questo ruolo quasi da mettere da parte le ambizioni personali anche se la formazione olandese ha dimostrato che c’è spazio per tutte. Ci sono ancora tanti obiettivi da centrare ma quello del Tour com’è stato preparato?

«Ho corso anche il Giro Donne – prosegue la 31enne cinque volte tricolore tra strada e crono – e sono gare totalmente diverse sia nel livello che nel percorso. Se avete fatto caso, al Tour non abbiamo mai avuto una giornata calma. Siamo andate sempre molto forte. Anche lo stress si è fatto sentire. Vollering e Kopecky hanno fatto bene a puntare solo al Tour. E’ una gara in cui devi essere fresca mentalmente se vuoi vincere o ottenere il massimo. Credo che nei prossimi anni molte atlete non potranno più correre Giro e Tour sperando di fare bene in entrambi. Anche se spero che il Giro, con l’organizzazione di Rcs Sport, possa crescere di importanza come il Tour».

Una vittoria, la maglia verde e seconda nella generale. Kopecky scatenata al Tour, per Cecchini è la favorita al mondiale
Una vittoria, la maglia verde e seconda nella generale. Kopecky scatenata al Tour, per Cecchini è la favorita al mondiale

«Non so se arriveremo a sessanta vittorie – conclude Cecchini – però posso dirvi che le mie compagne correranno il Tour of Scandinavia come in Francia. Stiamo solo pensando a goderci questa stagione perché poi il 2024 sarà anno olimpico e sappiamo che potrebbero esserci delle variabili. Piuttosto posso dirvi che Kopecky sarà la favorita numero uno per il mondiale di Glasgow. Lo dico senza paura perché è giusto che la nostra nazionale lo sappia per inventarci qualcosa per batterla. Anche Lorena (Wiebes, ndr) sarà fortissima, ma Lotte è uscita con una forma strepitosa. Sapevo che stava molto bene, ma non mi aspettavo così tanto. In salita è andata forte e altrettanto a crono, riuscendo ad arrivare seconda nella generale del Tour. Non è poco per lei. Ora io farò qualche giorno di riposo recuperando una botta subita nella terza tappa poi mi concentrerò sul mondiale».

EDITORIALE / Van Vleuten, una sconfitta annunciata

31.07.2023
5 min
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E’ più sorprendente che Demi Vollering abbia vinto il Tour Femmes o piuttosto che non ci sia riuscita Annemiek Van Vleuten? E’ la domanda che ci frulla nella testa da quando abbiamo visto la campionessa del mondo concludere la tappa del Tourmalet con una rassegnazione che non le appartiene.

Prima ha messo la squadra a tirare sull’Aspin, facendo presagire il grande attacco. Con lei sono rimaste soltanto Vollering, Niewiadoma e la sorprendente Kopecky, rientrata in un secondo momento. Quando poi si è trovata sotto le ruote la salita finale (versante di La Mongie), l’iridata ha scoperto di non avere gambe per fare la differenza. Malanno di giornata? Stanchezza inattesa? Strapotere delle rivali?

Prima e seconda: Vollering e Kopecky hanno avuto un avvicinamento mirato al Tour. La belga ha corso di più
Prima e seconda: Vollering e Kopecky hanno avuto un avvicinamento mirato al Tour. La belga ha corso di più

Van Vleuten spuntata

Siamo propensi a escludere il malanno e puntiamo il dito sulla stanchezza inattesa al confronto di avversarie più fresche. Demi Vollering l’aveva battuta già nel testa a testa alla Vuelta, ma la classifica era rimasta appannaggio di Annemiek. Al Tour è successo qualcosa di diverso.

La cartina tornasole è Lotte Kopecky, fino a quel giorno in maglia gialla. Va bene la condizione straordinaria, ma è abbastanza chiaro che se un’atleta con le sue caratteristiche riesce a stare con le migliori fino a 5 chilometri dall’arrivo sul Tourmalet, qualcosa non va. Qualcuno non è andato forte come doveva.

Da quel punto, quello in cui la sua compagna ha attaccato, Kopecky ha preso infatti 3’32” di distacco, mentre 2’34” sono toccati a Van Vleuten. Per cui è chiaro che se la bagarre fosse iniziata ai 10 chilometri dall’arrivo, come lasciava intuire la tattica del Movistar Team, Kopecky sarebbe saltata in modo più netto. Perché Van Vleuten non è riuscita ad attaccare, come ad esempio aveva fatto al Giro d’Italia?

Labous 5ª al Tour, dopo il 2° posto del Giro. Anche lei ha attaccato, ma sul Tourmalet è crollata a 2’46”
Labous 5ª al Tour, dopo il 2° posto del Giro. Anche lei ha attaccato, ma sul Tourmalet è crollata a 2’46”

21 giorni sono pochi

Il motivo a nostro avviso è nel calendario e proprio nel fatto che l’olandese abbia corso e vinto il Giro, avendo poi appena tre settimane per andare al via del Tour de France. Mentre Vollering e la sua squadra, come pure molte altre, hanno lavorato soltanto per la sfida francese. E proprio la maglia gialla non ha corso per tutto il mese precedente.

Van Vleuten ha pagato pegno nelle ultime due tappe del Tour, le più dure, sicuramente scontando i suoi anni e la forza della vincitrice, ma anche e soprattutto il mancato recupero dopo il Giro, a fronte della freschezza delle rivali.

Si spacca da anni il capello, ragionando sul mese di giugno. Quei 30 giorni fra il Giro e il Tour degli uomini, che è troppo breve perché un grande campione provi a vincerli entrambi. L’ultimo, Marco Pantani, era diretto discendente dalle divinità dello sport e ci riuscì sfruttando anche alcune circostanze favorevoli nelle prime due settimane del Tour 1998. Trenta giorni non sono sufficienti per i più forti professionisti del gruppo e si ritiene che per le ragazze ne bastino ventuno? Va bene, non parliamo di corse di tre settimane (una parità più volte invocata proprio da Van Vleuten), ma in proporzione il livello dell’impegno richiesto alle atlete è pari a quello degli uomini. Chi compila i calendari queste cose le sa?

Froome vinse il Giro nel 2018 e al Tour si piegò a Thomas e Dumoulin, a sua volta secondo anche al Giro
Froome vinse il Giro nel 2018 e al Tour si piegò a Thomas e Dumoulin, a sua volta secondo anche al Giro

Chi scrive i calendari

Probabilmente no, perché alla fine il nodo che giunge al pettine ha la stessa sigla: UCI. Proprio in questi giorni, sono sotto gli occhi di tutti le lamentele dei tecnici delle nazionali per l’assurda disposizione delle gare ai mondiali di Glasgow: fiore all’occhiello e fonte di reddito per l’Unione Ciclistica Internazionale.

La sensazione è che non si possano conciliare qualità e quantità se alla base mancano competenza e attenzione verso le esigenze degli atleti. Concentrare nello stesso posto e negli stessi giorni atleti olimpici e paralimpici (nel velodromo si annuncia un traffico da ora di punta), sovrapporre le specialità e non curarsi delle difficoltà che così si creano a chi lavora per mesi ed è poi costretto a rinunciare a qualche obiettivo fa capire che esiste un punto in cui il marketing e lo spettacolo prendono il sopravvento sullo sport.

Magnaldi è stata la miglior italiana al Tour: 13ª a 13’51”, dopo essere arrivata 5ª al Giro, a 5’34” da Van Vleuten
Magnaldi è stata la miglior italiana al Tour: 13ª a 13’51”, dopo essere arrivata 5ª al Giro, a 5’34” da Van Vleuten

Giro o Tour

Così, mentre aspettiamo di vedere come andranno le cose nei prossimi giorni a Glasgow, torniamo per un istante col pensiero al WorldTour delle donne e al calendario che cresce e offre occasioni e gare pari a quelle degli uomini.

Una riflessione occorre. In primis perché le squadre non hanno l’organico e il budget adatti per una simile mole di impegni: lo dimostra il fatto che la LIV Racing TechFind alla fine abbia dovuto fondersi con la Jayco-AlUla e altre fusioni probabilmente arriveranno. In secondo luogo, si va verso la riproduzione degli stessi difetti nel funzionamento del giocattolo.

Il WorldTour, nato per avere i migliori atleti nelle gare più importanti, ha iniziato a spaccare il gruppo anche fra le donne. Chi fa il Giro non può vincere il Tour. Tre settimane sono poche e se non si fa in modo di passare a 30 giorni fra l’uno e l’altro, presto l’esiguo gruppo delle donne si spezzerà in due tronconi. E anziché avere Giro e Tour col meglio possibile, dovremo rassegnarci al fatto che una delle due avrà al via le giovani o le seconde schiere. Con buona pace di RCS Sport che ha fatto il diavolo a quattro per prendersi il Giro d’Italia.

Vollering, il sogno Tour si avvera. Podio per Kopecky

30.07.2023
5 min
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E’ un’immensa festa SD Worx quella che colora la serata di Pau, nell’ombra francese dei Pirenei. Ci sono la tappa di Marlene Reusser, la maglia verde di Lotte Kopecky e la gialla di Demi Vollering, entrambe sul podio finale del Tour Femmes. Là sopra, con il terzo posto preso dalla sorridente Kasha Niewiadoma, per la prima volta da tre anni a questa parte, non sale Annemiek Van Vleuten. Il passaggio di consegne c’è stato ieri sul Tourmalet, ma da qui a dare per finita l’olandese campionessa del mondo il passo è forse un po’ affrettato. Una giornata storta ci può stare, ma ancora di più è palese la differenza fra chi ha corso e vinto il Giro e chi invece ha preparato il Tour.

«Ovviamente ho lavorato sodo – racconta Vollering sul filo dell’incredulità – ma non è solo duro lavoro, è anche crederci. Sono tante cose, tutte insieme. Hai un sogno per cui lavori sodo, ma devi anche mantenerti calmo e trovare un buon equilibrio nella tua vita per realizzarlo».

Un Tour imperiale per la SD Worx, con Kopecky, Vollering, Reusser, Cecchini, Bredewold e Majerus
Un Tour imperiale per la SD Worx, con Kopecky, Vollering, Reusser, Cecchini, Bredewold e Majerus

L’ultima crono

Difficilmente una crono alla fine del Tour, anche se si tratta di un Tour di sole nove tappe, riscrive il verdetto del giorno prima sulla montagna. E se è stata sorprendente la prova di Lotte Kopecky sul Tourmalet, non ha di certo stupito la sua grande crono, che le ha permesso di salire sul secondo gradino del podio. Allo stesso modo in cui era scritto che una bella prova l’avrebbe fatta Niewiadoma.

«Niente male per una velocista – sorride la campionessa belga della crono – quasi non so cosa mi stia succedendo. Sono arrivata al Tour in buona forma, ma non avrei mai pensato al podio. Mi sono sorpresa soprattutto ieri, ma questa settimana in genere è stata più di quanto avessi mai immaginato. E’ stato pazzesco fare tutto il Tour in maglia gialla e vincerlo poi con Demi. Non so in realtà se sia stata la migliore crono della mia carriera. Avevo fatto un’ottima strategia con il mio allenatore e sono stata in grado di esprimere tutta la forza che mi era rimasta. Non me l’aspettavo dopo ieri. E’ stato emozionante, ma ha funzionato. Incredibile».

Amarezza Van Vleuten

I conti non tornano per Annemiek Van Vleuten. Il suo livello stellare del Giro d’Italia Donne sembra essere sparito, contro quello altrettanto stellare della SD Worx, contro la loro programmazione e contro la somma delle fatiche che dal Giro d’Italia l’hanno condotta alla sfida francese.

«Non so cosa sia andato storto negli ultimi due giorni – ha detto all’olandese NOS – ma di certo non sono l’Annemiek che posso essere. Questo è ovviamente molto duro nel mio ultimo Tour de France. Ieri sul Tourmalet mi sono sentita male, non come mi sento normalmente. Oggi ho dato il massimo per mantenere il podio, ma ho subito capito che sarebbe stato difficile. Mi dispiace molto essere giù dal podio, soprattutto perché il team ha lavorato per me tutta la settimana. Fortunatamente, ho vinto il Tour l’anno scorso. Questa corsa occuperà sempre un posto speciale nel mio cuore».

Cambio della guardia

L’ennesimo abbraccio con Demi Vollering questa volta sembra diverso. Difficile dire se ogni volta ci sia per Kopecky una punta di rammarico, ma in questo caso, nonostante tutto il Tour al comando, anche la belga sapeva che non avrebbe potuto scavalcare il Tourmalet da prima della classifica. Quello doveva essere terreno per Demi Vollering e nessuno, del resto poteva prevedere che Van Vleuten non avrebbe avuto la forza per scalzare Kopecky dalla maglia gialla.

«Avevo fissato in anticipo – spiega Vollering – una serie di obiettivi per questo Tour de France. Uno era chiaramente il Tourmalet, ma volevo anche fare una bella prova contro il tempo con uno sguardo al futuro. Voglio andare al mondiale crono con un buon feeling e questa giornata è stata molto importante. Mi sono sentita bene tutto l’anno e molto stabile insieme ad Anna Van der Breggen che fa i miei programmi di allenamento. Penso di dover ancora realizzare che ho appena vinto il Tour de France, mi servirà qualche giorno in più con la famiglia per capire tutto. Oppure forse capirò qualcosa stasera quando festeggerò con la squadra. In ogni caso, non vedo l’ora che questo caos finisca e io possa riprendere fiato».

Nebbia e freddo, il Tourmalet incorona Demi Vollering

30.07.2023
6 min
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«E’ una bella sensazione – sorride Demi Vollering – l’avevo vissuto molte volte nei miei sogni, ma è bello indossare questa maglia gialla nella vita reale. Vincere in cima al Tourmalet è stato molto bello ed è stato un vantaggio averlo provato due volte durante le ricognizioni, perché la nebbia rendeva difficile vedere esattamente dove fossimo. Ma adesso basta, potrò festeggiare solo dopo la cronometro».

La cima del Tourmalet è sprofondata nella nebbia e nella penombra di un orario di arrivo a dir poco insolito. Ci sono abbracci e lacrime, ragazze sedute per terra e voci attutite. E’ il giorno che il ciclismo femminile attendeva da quando fu presentato il Tour de France Femmes del 2023. La tappa più importante, il giorno dello scontro più atteso fra Demi Vollering e Annemiek Van Vleuten. L’Italia avrebbe rilanciato con Elisa Longo Borghini e Marta Cavalli. Poi la corsa e la vita hanno preso la piega meno attesa.

La piemontese della Lidl-Trek, fortissima e in ottima condizione, è stata costretta a tornare a casa da un problema di salute proprio alla vigilia della tappa. L’atleta della FDJ-Suez ha pagato ancora il conto a una stagione maledetta ed è comunque arrivata ottava: il talento e la testa dura, quando ci sono, non svaniscono. Restavano le due sfidanti olandesi e Lotte Kopecky, la vincitrice del Fiandre e di altre 10 corse nel 2023, in difesa della maglia gialla.

Una settimana difficile

Sulla cima c’è anche Anna Van der Breggen, che da atleta avrebbe avuto tutte le carte per ambire a questa tappa e questa maglia, anche se va ripetendo che non le sia dispiaciuto di aver chiuso prima del ritorno del Tour.

«Ero fiduciosa dopo quello che Demi ha mostrato quest’anno – dice la diesse del Team SD Worx – ma non era scontato che ci riuscisse. Questa mattina tutti erano tesi. Sapevamo che ci sarebbe stato da soffrire, ma anche che lei è capace di farlo. Non voglio passare il tempo a litigare con la giuria, vogliamo vincere sulla strada e quello che è successo poteva farci perdere l’equilibrio».

Il riferimento è chiaro. Il team veniva infatti da una settimana complicata. Prima il ritiro di Lorena Wiebes. Poi la penalizzazione di 20 secondi inflitta a Vollering per un rientro dietro macchina. Infine l’espulsione del diesse Danny Stam, per quella stessa manovra, condotta in modo pericoloso.

«La nostra idea – spiega la vincitrice, completando idealmente il discorso – era non rispondere con i secondi, ma con i minuti. E sono felice che sia realmente accaduto».

Il forcing di Van Vleuten sull’Aspin sbriciola il gruppo, ma forse danneggia proprio la campionessa del mondo
Il forcing di Van Vleuten sull’Aspin sbriciola il gruppo, ma forse danneggia proprio la campionessa del mondo

Van Vleuten sull’Aspin

Comincia tutto quando la Movistar prende in mano la corsa sul Col d’Aspin, segno che Van Vleuten vuole dare la sua impronta alla tappa: costi quel che costi. Vinta la Vuelta e il Giro, la campionessa del mondo è passata attraverso il Tour con insolita cautela, questa volta invece scopre le carte e attacca frontalmente la squadra della maglia gialla. Mancano 5 chilometri dalla cima dell’Aspin e incredibilmente Van Vleuten non fa il vuoto. Con lei vanno subito Niewiadoma e Vollering, raggiunte in breve anche dalla sorprendente Kopecky.

«Con il senno di poi – commenta benissimo Annemiek – potrei aver scavato la mia fossa in quel momento. Normalmente il fatto di avere la corsa dura è un vantaggio per me, ma anche se avessi avuto una giornata al top, oggi non avrei battuto Demi. Non posso fare a meno di congratularmi con lei, è stata su un altro livello. E a quel punto non avrebbe avuto senso insistere. Sono delusa, ma non posso incolpare me stessa: mi sono appena imbattuta in un’avversaria più forte. Se non avessi lavorato prima del Tour (vinto il Giro, l’olandese si è subito ritirata in altura, ndr), potrei recriminare qualcosa con me stessa, ma così non è stato».

Rocciosa Kopecky

Dopo l’attacco di Niewiadoma, che ha cercato di approfittare dello stallo fra le prime della classe, quel che colpisce è la tenuta di Lotte Kopecky, atleta da classiche e anche molto veloce, che si ritrova ancora a giocarsi il podio. E forse se ne stupisce anche lei.

«Il piano – ammette dopo l’abbraccio con Vollering – era di resistere il più a lungo possibile per innervosire le altre. Ho sofferto, ma mi è stato detto che Annemiek non era lontana e questo mi ha aiutato. Abbiamo ricevuto un sacco di fango negli ultimi giorni, questo risultato ripaga davvero. E domani nella crono (oggi, ndr), farò di tutto per riprendermi il podio. Sono quarta, farò la crono della vita, ma non mi dispererò se non dovessi riuscirci. Non ero venuta in Francia per il podio (la belga ha vinto la prima tappa e indossa la maglia verde, ndr)».

L’ultima crono

Vollering ha attaccato a cinque chilometri dall’arrivo. Inizialmente, Van Vleuten l’ha seguita, poi ha dovuto sedersi nuovamente e gestire la sua fatica. Presa anche Niewiadoma, l’atleta della SD Worx e le sue unghie gialle hanno puntato decise sul traguardo, vincendo la tappa e raccogliendo la maglia gialla dalla compagna Kopecky (arrivata a 3’32”). Le tensioni di inizio primavera sono dimenticate, la squadra olandese ha corso da autentica corazzata.

Oggi il Tour de France Femmes affronta l’ultima tappa: crono di 22,6 chilometri sulle strade di Pau. Vollering ha un vantaggio rassicurante di 1’50” su Niewiadoma e 2’28” su Van Vleuten. Kopecky è quarta, a 7 secondi dal podio. La prima atleta partirà alle 14,38, sarà di nuovo sera quando conosceremo la vincitrice della seconda edizione del Tour.

«Sarebbe bello – provoca Vollering vestita di giallo – se l’organizzazione mettesse a disposizione anche per noi una tappa sugli Champs Elysées, in modo che anche noi donne potessimo festeggiare la vittoria del Tour a Parigi».

L’analisi del Giro Donne e uno sguardo al Tour

18.07.2023
6 min
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Il Giro Donne ha lasciato uno strascico lungo alle proprie spalle, che continuerà a far parlare gli appassionati fino al 27 luglio, data d’inizio del Tour de France Femmes. Al seguito del UAE Team ADQ c’era Simone Casonato, performance coach delle ragazze di Arzeni. Casonato ha avuto modo di leggere la corsa dall’interno, vivendola attimo per attimo: grazie al suo occhio tecnico, ci siamo immersi in queste nove tappe. 

Simone Casonato lavora da due anni come performance Coach del UAE Team ADQ
Simone Casonato lavora da due anni come performance Coach del UAE Team ADQ

Nove giorni di lavoro

Quello del coach del UAE Team ADQ è stato un lavoro a 360 gradi, volto a leggere la prestazione delle sue atlete e non solo. 

«Il mio lavoro – dice – si svolgeva in due grandi momenti: il pre tappa ed il post tappa. Nelle fasi precedenti alla partenza, facevo una previsione delle prestazioni delle ragazze, in termini di energie spese. Analizzavo il percorso ed i punti salienti, grazie ai vari software e fogli di calcolo, fornivo una stima dell’energia espressa durante ogni momento della tappa. Un lavoro che andava di pari passo con quello della nostra nutrizionista: Erica Lombardi.

«Nel post tappa – continua Casonato – l’analisi riguardava la prestazione delle nostre ragazze e delle avversarie. Una cosa estremamente utile per i nostri diesse e non solo».

Silvia Persico ha performato bene sia sulle salite brevi (adatte a lei) che sulle più lunghe
Silvia Persico ha performato bene sia sulle salite brevi (adatte a lei) che sulle più lunghe
Quindi si può dire che hai avuto un occhio su tutto il Giro Donne: che cosa ti è parso della prestazione di Van Vleuten?

Si è dimostrata una tacca sopra le altre, le sue prestazioni sono state in linea con i suoi migliori valori del 2022, espressi durante il Tour de France Femmes. In particolare con la tappa della Super Planche des Belles Filles, dove ha espresso i suoi migliori numeri di sempre. 

La cosa che ha impressionato è la sua costanza…

Non solo quella. Lei riesce ad esprimere valori elevati sia consecutivamente che nel corso di tutte le tappe. Per farvi un esempio: riesce a mantenere un picco intorni ai 5,5 watt per chilo su salite da 20 minuti, anche consecutive. Questi dati è stata in grado di riportarli durante tutte le nove tappe (diventate otto a causa dell’annullamento della crono iniziale, ndr). 

Una delle sorprese di questo Giro Donne è stata Gaia Realini.

Si è dimostrata estremamente solida, lo testimonia il fatto che abbia chiuso terza in classifica generale, portando a casa la maglia di miglior giovane. Ha performato ad alti livelli su più terreni: nella tappa regina, quella di Ceres, è stata l’unica a seguire Van Vleuten in salita. Mentre nella tappa di Alassio ha fatto vedere una grande esplosività, caratteristica fondamentale per seguire le prime. Ha solamente 21 anni e sicuramente ha messo in chiaro di essere una delle migliori atlete del futuro. 

Per quanto riguarda le vostre c’è da sottolineare la vittoria di Chiara Consonni nell’ultima tappa…

Chiara ha avuto un finale in crescita, che legato alla sua giovane età è un bel segnale, vincere alla fine di un grande Giro è sinonimo di solidità. Nella volata di Olbia ha avuto un minimo decremento del picco di potenza rispetto alla sua miglior performance. Per una velocista è un grande dato che denota grandi qualità neuromuscolari.

Silvia Persico invece ha ottenuto una bella top 10, no?

Ha avuto una buona tenuta su tutte le tappe, sicuramente non ha giocato a suo favore la cancellazione del prologo. Lì avrebbe potuto fare bene. Silvia ha messo in campo una buona tenuta sia su salite brevi, vicine alle sue caratteristiche, sia in salite più lunghe.

Ci sono stati altri dati che ti hanno colpito?

Uno in particolare: ovvero che l’intensità media di una tappa al Giro Donne è superiore rispetto a quella degli uomini. Un fattore determinato sicuramente dalla distanza percorsa in ogni tappa. La frazione più lunga è stata la quarta, con 134 chilometri. Uno studio ha dimostrato che le donne, durante una corsa, rimangono per più tempo in Zona 4, precisamente del 13%, rispetto agli uomini. I maschi stanno in quella fascia di sforzo, che varia tra il 91 e il 105% per il 20% del tempo totale della gara. Le donne arrivano anche al 33%. 

Torniamo un attimo a Van Vleuten, hai detto che si è espressa sui suoi migliori valori, riuscirà a mantenerli fino alla fine del Tour?

Va detto che non si è mai risparmiata, nonostante avesse un gran margine sulle avversarie. Nelle due settimane che dividono Giro e Tour, il riposo diventa fondamentale. Certo è che Van Vleuten vince i tre grandi Giri dal 2021, sicuramente ha una sicurezza psicologica importante. Va fatta un’analisi però.

Van Vleuten ha vinto la Vuelta per soli 9 secondi sulla connazionale Vollering, un vantaggio risicato
Van Vleuten ha vinto la Vuelta per soli 9 secondi sulla connazionale Vollering, un vantaggio risicato
Dicci.

In questo 2023 l’olandese è partita “a rilento” rispetto allo scorso anno. Il calendario è cambiato, la Vuelta è stata la prima grande corsa a tappe e questo ha influito. 

Infatti in Spagna ha vinto, ma con soli 9 secondi su Vollering. 

Esattamente, perché non era al massimo della sua condizione. I dati, sulla salita di Lagos de Covadonga, parlavano di un discostamento di 0,2/0,3 watt per chilo dalle sue migliori prestazioni. Tant’è che laVollering le ha rifilato poco meno di un minuto. 

Vollering arrivava alla Vuelta Femenina da una campagna del Nord vissuta da dominatrice.

Vero, hanno avuto due approcci alla stagione completamente diversi. Vollering ha avuto un picco di forma ad aprile, che ha sfruttato per fare una grande Vuelta e mettere in difficoltà Van Vleuten. Quest’ultima invece è partita più piano per arrivare poi ad avere la miglior forma possibile al Giro Donne ed al Tour Femmes. 

Vollering ha corso una grande campagna del Nord, poi si è fermata per preparare al meglio il Tour
Vollering ha corso una grande campagna del Nord, poi si è fermata per preparare al meglio il Tour
Vollering, invece, arriverà al Tour da una lunga pausa, l’ultima gara è stato il campionato nazionale…

Ha diviso la stagione in due blocchi, un modo più canonico per gestire la condizione. Il grande vantaggio di Van Vleuten è che riesce a sostenere carichi di lavoro inimmaginabili per le altre. In un anno arriva a fare 33.000 chilometri e 430.000 metri di dislivello. Vi faccio un paragone, Valgren, nel 2018 è stato uno dei corridori dell’Astana ad aver fatto più chilometri. Ha totalizzato 33.900 chilometri ed accumulato 437.000 metri di dislivello, Van Vleuten non è così lontana. 

Il Tour de France Femmes però probabilmente si deciderà nelle ultime due tappe: arrivo al Tourmalet e cronometro finale.

Per questo il duello Vollering-Van Vleuten affascina così tanto, arrivano in maniera talmente diversa che non abbiamo quasi idea di come possa andare. Non ci resta che goderci questo grande spettacolo, consapevoli che anche il caldo giocherà la sua parte.