Velasco: «Il Delfinato mi ha tirato il collo, ma sono fiducioso»

19.06.2025
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«Ora sto andando nella mia Isola d’Elba per qualche giorno di riposo attivo… Così mi riprendo dalle fatiche e dal caldo tremendo del Delfinato!». Simone Velasco è stato uno dei tre italiani presenti al Critérium du Dauphiné, gli altri due erano Simone Consonni e Jonathan Milan.

L’atleta della XDS-Astana non correva dal GP di Francoforte, il primo maggio, pochi giorni dopo la Liegi-Bastogne-Liegi, tanto per dare un riferimento. Questo gli ha consentito di impostare un blocco di lavoro importante.

In Francia non è stato brillantissimo, proprio perché alle spalle c’era un lavoro mirato. E’ stata per Simone una corsa di costruzione. Sentiamo dunque come è andata e quanto queste fatiche potranno essere utili in vista del Tour… e del campionato italiano. Ricordiamo che Velasco è stato tricolore appena due stagioni fa.

Al Delfinato, Velasco ha pagato un po’ il caldo e la mancanza di ritmo gara. Ma è stata un’ottimma gara di costruzione
Al Delfinato, Velasco ha pagato un po’ il caldo e la mancanza di ritmo gara. Ma è stata un’ottimma gara di costruzione
Simone, dunque, dicevi di caldo e fatica…

Le prime tre tappe sono andate abbastanza bene. Ero soddisfatto perché comunque era più di un mese che non correvo e mi ero preparato bene a casa, pur non essendo andato in altura.

Come mai?

Ho avuto un problema giusto la sera prima del training camp: ho preso una bronchite abbastanza tosta e avevo anche la febbre. Quindi ho recuperato e poi, visto che da quest’anno si può usare la tenda ipossica, ho fatto un po’ di preparazione a casa. Un bel blocco di tre settimane, e speriamo che abbia funzionato. Dagli esami fatti sembrerebbe di sì.

Come ti regolavi con la tenda? Sappiamo che è piccolina e che ci sono delle limitazioni logistiche

Abbiamo fatto cambio con mia figlia. In pratica lei dormiva nel lettone con la mia compagna, Nadia, e io, che ho portato il letto della piccola nella camera matrimoniale, dormivo nel suo. Non è stato facile ma questo mi ha consentito di fare un bel periodo a casa. E anche mentalmente non è poco. In bici poi mi sono allenato bene e al Delfinato mi sono tirato il collo… parecchio!

Quindi Simone, cosa porti via da questo Delfinato? L’obiettivo era quello?

Sicuramente mi aspettavo di fare qualche risultato in più, specialmente nelle prime tappe. Poi la quinta tappa, quella dopo la crono, è stato un giorno disastroso per noi. Siamo caduti, anche Tejada, che si è rotto la mano. A me è andata bene, ma per rientrare ho sprecato tante, tante energie. E così sono stato costretto ad alzare bandiera bianca a 500 metri dallo scollinamento dell’ultima salita. Non avevo proprio le gambe. A quel punto ho provato a recuperare, ma è stato uno sforzo intenso e quel caldo mi ha segnato. Ne ho portato lo strascico per il resto delle tappe. Però secondo me il Delfinato resta il miglior banco di prova in vista del Tour per prendere la condizione e non solo.

L’elbano in questa settimana sta osservando un periodo di riposo attivo
L’elbano in questa settimana sta osservando un periodo di riposo attivo
A cosa ti riferisci?

Credo che sia la corsa migliore perché comunque ti confronti con il 90 per cento dei corridori che saranno al Tour de France e oltretutto ricalchi anche qualche strada. In più noi abbiamo provato la decima tappa della Grande Boucle (Ennezat-Le Mont-Dore Puy de Sancy, ndr), che sarà molto impegnativa.

Però la consapevolezza di aver fatto la fatica giusta non è poco. Alla fine non correvi davvero da tanto tempo e forse era la prima volta che mancavi dalle gare così a lungo

Non solo, ma prima della bronchite ho avuto anche un mezzo infortunio. Proprio a Francoforte in volata, mi è uscita la catena e ho sbattuto il ginocchio sul manubrio. Questo si è gonfiato, ho dovuto fare un’aspirazione. Poi per fortuna la cosa è stata meno grave del previsto… però anche lì per una decina di giorni ci sono dovuto andare cauto. Però guardo il bicchiere mezzo pieno: quest’anno dalla Tirreno in poi ho trovato continuità, mi sono ripreso anche fisicamente. Ho sempre dimostrato di essere ad un buon livello.

Simone, come si corre il Delfinato? Tu hai parlato tanto di fatica, ma si guardano i dati del computerino e dopo tot minuti oltre una certa soglia si molla affinché sia un allenamento costruttivo oppure si spinge e basta?

Dipende dalle tappe. In quelle in cui si cerca di far bene è chiaro che non si sta a guardare il computerino, in altre dove non c’è l’obiettivo di fare il risultato ci si regola. E se non si ha bisogno di fare determinate sessioni si cerca di recuperare. Magari prima fai il lavoro che ti ha chiesto la squadra e poi vai regolare.

Simone Velasco (classe 1995) ha vinto il tricolore nel 2023
Simone Velasco (classe 1995) ha vinto il tricolore nel 2023
Simone, si guarda anche il peso come una volta, oppure quello ormai si dà per assodato?

Fortunatamente col peso sono a posto, a parte l’inverno da quando inizio a correre sono più o meno sempre intorno ai 60-60,5 chili. Chiaro, ci devi stare attento, ma non è un assillo.

Da spettatore privilegiato non pagante, che impressione hai avuto di “quei due”, Vingegaard e Pogacar?

Che sono di un altro livello. Ma io ci aggiungerei il terzo, Van der Poel. Ho visto che veramente volava. E’ già in grande condizione. Ha sfiorato il podio a crono. Il giorno della fuga in cui ha vinto Romeo, siamo partiti subito in salita, 15 minuti e lui era davanti che attaccava e vi posso assicurare che salivamo forte, tanto forte. Eravamo rimasti in tutto una quarantina in cima, ma lui era nei primi 20 che attaccava, quindi vuol dire che c’è già una condizione ottima.

L’ultima domanda, Simone: ora come sarà il tuo programma?

Questa settimana è dedicata al recupero attivo, venerdì dovrò fare dei richiami. Nei giorni all’Elba punto ad uscire presto per pedalare col fresco in primis e per avere poi delle giornate di relax davanti. Quindi farò il Giro dell’Appennino e il campionato italiano su strada. Poi il Tour.

Consonni e un Delfinato in crescita, per sé e per le volate di Milan

17.06.2025
5 min
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Il Critérium du Dauphiné è finito da appena due giorni e Simone Consonni ha già rifatto le valigie, direzione altura. Le fatiche in terra francese hanno lasciato qualche scoria e hanno allegato le prime risposte dopo il periodo di preparazione a Sierra Nevada. La Lidl-Trek è tornata a casa con una vittoria di tappa siglata da Jonathan Milan. Il velocista friulano è riuscito a mettere le ruote davanti a tutti nella seconda tappa, mentre nella quinta non è riuscito a bissare il successo. Simone Consonni e Jonathan Milan sono tornati a correre insieme dopo più di due mesi, l’ultima volta che si erano ritrovati insieme era stato alla Classic Brugge De Panne. 

«Andare in altura – racconta Simone Consonni – serve un po’ per rigenerarsi sia fisicamente che mentalmente. Sapete, quando si è a casa è difficile staccare, si è sempre indaffarati a fare tante cose. In questo modo riesco a prendere i miei ritmi e posso fare ancora quale passo in più per migliorare alcuni parametri, come il recupero. Se il Tour de France sarà impegnativo e tirato come queste otto tappe al Delfinato, meglio avere qualche globulo rosso in più».

Simone Consonni e Jonathan Milan non correvano insieme dalla Brugge-De Panne del 26 marzo scorso
Simone Consonni e Jonathan Milan non correvano insieme dalla Brugge-De Panne del 26 marzo scorso

Sui passi giusti

Aver trovato il successo nella prima gara dopo il ritiro in altura è stato importante, soprattutto se questa è anche l’antipasto di quello che si troverà al Tour de France. Ora che il percorso in preparazione alla Grande Boucle è stato completato è il momento di capire se la condizione trovata è quella giusta oppure no. 

«Personalmente – riprende Simone Consonni – la gara è andata bene, mi sono sentito sempre meglio giorno dopo giorno. Ho avuto un paio di giorni complicati, ma arrivando dall’altura sapevamo che sarebbe potuto succedere. In particolare nella seconda tappa, quella vinta da Johnny (Milan, ndr) non sono riuscito a fare il lavoro di ultimo uomo. Sapevamo che il Delfinato sarebbe stata una gara difficile, bastava guardare la lista dei partenti per capire che avremmo sofferto. Oltre a noi, solamente la Israel Premier Tech ha portato un velocista».

La Lidl-Trek di Milan e la Israel di Stewart si sono occupate di tenere chiusa la corsa nelle tappe con arrivo in volata
La Lidl-Trek di Milan e la Israel di Stewart si sono occupate di tenere chiusa la corsa nelle tappe con arrivo in volata
Che passaggio è stato per voi?

Abbiamo avuto la conferma di avere un gruppo veramente solido. C’erano tre occasioni in volata, nella prima siamo riusciti a resistere agli attacchi degli uomini di classifica riportando Milan nel gruppo dei migliori. Già il fatto di essere riusciti a rientrare è stata una risposta positiva. 

La vittoria del giorno dopo è stata una conferma ulteriore?

Assolutamente. La seconda tappa era comunque molto impegnativa con quasi 3.000 metri di dislivello e tanti chilometri. Rientrare, riuscire a sprintare e vincere non è banale. Peccato perché è coincisa con la mia giornata “no” però sono comunque riuscito a dare il mio contributo. Con il passare delle ore ho parlato con Theuns e Stuyven, ho detto loro di invertire i ruoli nel treno e sono stati loro a lanciare Milan. 

Per Milan e la Lidl-Trek è arrivata una vittoria di tappa durante il Delfinato sul traguardo di Issoire
Per Milan e la Lidl-Trek è arrivata una vittoria di tappa durante il Delfinato sul traguardo di Issoire
Come mai hai avuto queste difficoltà?

Un po’ per il lavoro in altura, poi ne ho parlato con la squadra perché avevo i crampi e facevo davvero tanta fatica. Ci siamo messi a guardare un po’ di file e ci siamo resi conto del fatto che era da un po’ che non facevo una gara così impegnativa. Ho iniziato la stagione alla Valenciana, dove il ritmo e il percorso erano davvero esigenti. Al UAE Tour le due tappe di montagna sono state fatte in maniera davvero blanda. Alla Tirreno-Adriatico sono stato male e ho saltato le Classiche.

Insomma, ti mancava il ritmo gara?

Sì. Anche perché in primavera ho corso, ma tutte gare piatte e senza particolari difficoltà. Da lì mi sono fermato un mese e ho corso a Francoforte, più per esigenze di squadra. Mi hanno chiamato all’ultimo a causa di alcune assenze in squadra. E’ stato un ritorno estemporaneo, infatti mi sono fermato ancora per un mese per preparare il Tour

Il successo di Milan è stata una conferma nel processo di avvicinamento al Tour de France
Il successo di Milan è stata una conferma nel processo di avvicinamento al Tour de France
Anche per Milan il Delfinato è stato un passaggio importante?

Lui arrivava con più gare rispetto a me. Ha finito la Tirreno e ha fatto il blocco delle Classiche, che sicuramente ti lascia qualcosa in più nelle gambe. Però dopo l’altura correre è un bene, alla fine non abbiamo preparato il Delfinato, ma questo è stato un passaggio lungo il cammino per il Tour. 

Come avete lavorato in altura?

Abbiamo messo insieme tanti chilometri. Quando si va in ritiro ci si concentra su questo aspetto, con tanti allenamenti lunghi e molti metri di dislivello. Le volate si allenano in gara. Con il senno di poi direi che il lavoro fatto è stato giusto. Al Tour troveremo tanta salita, come al Delfinato, quindi allenarsi in quota e poi venire a fare una corsa così dura è stato utile. E’ importante avere i cinque o sei minuti di sforzo ma bisogna anche arrivare con i primi nel finale, serviva costruire una base solida. 

Le occasioni per gli sprinter sono state poche al Delfinato, nella seconda volata Milan è arrivato quinto
Le occasioni per gli sprinter sono state poche al Delfinato, nella seconda volata Milan è arrivato quinto
Dopo due maglie ciclamino al Giro con quali ambizioni arriverete al Tour, la maglia verde è possibile?

Andremo al via di Lilla con l’obiettivo di vincere quante più tappe possibile. La maglia verde sarà una diretta conseguenza, se andrà bene potrebbe arrivare. 

Tornerai al Tour dopo cinque anni, la tua esperienza potrà essere utile?

Non saprei. Quando ho corso alla Grande Boucle era il 2020 ed è stata un’edizione strana visto che c’era il Covid. La corsa era blindata, non c’era tanto pubblico. Da questo punto di vista direi di no. Per quanto riguarda l’esperienza in gara penso che la corsa la facciano i corridori. Sarà difficile perché avremo i migliori atleti al mondo al via. Però ripeto, questo Delfinato ci ha dato fiducia. 

E’ giusto fare una corsa a tappe dopo il grande Giro?

10.06.2024
5 min
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Il grande Giro e poi la corsa a tappe a seguire: va sempre bene? Si dice che dopo le tre settimane si abbia una grande gamba e allora perché non sfruttarla? 

In questi giorni abbiamo visto diversi corridori che dopo il Giro d’Italia hanno preso parte al Delfinato o al Giro di Svizzera o stanno per partire allo Slovenia: Tiberi, Fortunato, Piganzoli, Quintana, Caruso, Conci (questi ultimi due si notano nella foto di apertura)…

Cosa comporta questa scelta di calendario? E cosa accade nel fisico? C’è una frase di qualche giorno fa di Lorenzo Fortunato che torna con prepotenza: «Adesso si fa più lavoro al training camp in altura che al Giro. E quindi quando vai in corsa, vai a raccogliere i frutti del lavoro. Non si usano più i Grandi Giri per allenarsi. A me è capitato di fare il Giro d’Italia e poi andavo allo Slovenia oppure alla Adriatica Ionica Race, dove il livello era un pochino più basso e mi salvavo. Ma per come si va adesso, il Grande Giro deve essere l’ultimo atto di un cammino iniziato prima proprio per questo». 

Michele Bartoli, preparatore di molti professionisti e della Bahrain-Victorious, è pronto a rispondere alle nostre questioni.

Michele Bartoli (classe 1970) è oggi un preparatore affermato. E ancora un ottimo ciclista! (foto X)
Michele Bartoli (classe 1970) è oggi un preparatore affermato. E ancora un ottimo ciclista! (foto X)
Michele, il grande Giro, il Giro d’Italia ovviamente in questo caso, e poi una corsa a tappe: si può sfruttare la condizione che lasciano le tre settimane?

Io cambio un po’ le vecchie teorie, per me non è più così. Oggi si è talmente al limite sia mentalmente che fisicamente che qualcosa salta. Se dopo il grande Giro c’è la concentrazione e la voglia di mangiare ancora bene, di riposare il giusto… allora bene, ma è molto, molto complicato. Prima era vero il contrario: era complicato andare piano!

Perché? Cosa è cambiato adesso?

Il modo di correre, si pesano i grammi del cibo, si deve assumere un tot preciso di carboidrati, lo stress in gara e soprattutto ci si arriva già al top col peso senza quel chiletto in più, la condizione è subito alta dopo il grande lavoro a monte (la teoria di Fortunato, ndr). Si deve pensare davvero a tante cose e quando arrivi al termine del tuo Giro ti viene voglia di mollare. Ed è normale, è comprensibile.

Lo scorso anno al Tour VdP si è gestito alla perfezione, facendo la “fatica giusta”. Ma ha potuto farlo perché non mirava alla classifica
Lo scorso anno al Tour VdP si è gestito alla perfezione, facendo la “fatica giusta”. Ma ha potuto farlo perché non mirava alla classifica
Diversi corridori del Giro sono andati al Delfinato e altri allo Svizzera: passano 6 giorni tra Giro e Delfinato, 13 fra Giro e Svizzera e 16 fra Giro e Slovenia. Incide questa differenza?

Sì e secondo me peggiora con passare dei giorni. Se ci si deve togliere il dente, meglio farlo subito. Poi chiaramente, dipende sempre dalla mentalità dell’atleta. Ma non è facile dopo il Giro mantenere la concentrazione. Tenere duro altri sei giorni magari ancora è fattibile, ma per lo Svizzera diventa più dura. Sì, si ha un po’ più di recupero. Puoi rifare qualche piccolo allenamento, ma ormai l’obiettivo grande è passato.

Abbiamo capito che la componente mentale è centrale, ma da un punto di vista prettamente fisiologico, muscolare?

Difficile scindere le due cose. Quando poi assaggi il riposo, la tranquillità, dopo che sei stanco il gioco si fa duro. Meglio fermarsi, mettere un punto e poi riprendere dopo aver recuperato. Chiaramente parlo per Delfinato e Svizzera e di chi deve andare lì per fare bene. Ma se vieni dal Giro e sai che poi staccherai queste corse non ti danno nulla o ti danno poco. Poi, attenzione, non dico che il grande Giro non ti lasci la buona condizione, però oggi mentalmente pesa di più. Oggi non è fattibile o è molto più difficile.

E se fosse per una corsa di un giorno?

Cambia tutto. Il Tour per l’Olimpiade (o la Vuelta per il mondiale) sono il top. Lì la concentrazione è massima e se ne trae il massimo beneficio. Il Giro è l’unico dei grandi Giri che poi non ha questo tipo di obiettivi a seguire.

Nonostante la grande fatica, alla fine Lorenzo Fortunato si è portato a casa la maglia dei Gpm dal Delfinato
Nonostante la grande fatica, alla fine Lorenzo Fortunato si è portato a casa la maglia dei Gpm dal Delfinato
Che poi, a meno che non si è Pogacar, se non si punta decisi alla classifica, un grande Giro lo puoi gestire in vista della gara di un giorno. Pensiamo a Van der Poel l’anno scorso con il Tour…

Esatto, quella è la preparazione migliore. Non hai lo stress della classifica, puoi mollare di tanto in tanto, puoi gestire gli sforzi, mangi bene, fai ritmo, fai i massaggi tutti i giorni.

E invece, tornando alla corsa a tappe che segue il grande Giro: c’è differenza se lo fa un giovane o un esperto? Per esempio abbiamo visto Tiberi al Delfinato e Caruso allo Svizzera…

Per me è peggio per il giovane, anche perché oltre ad una situazione di recupero, a cui magari è più abituato l’esperto, ritorna il discorso delle motivazioni. Ad un atleta come Caruso cosa può dare un piazzamento al Delfinato o allo Svizzera della situazione? Per Tiberi già è un discorso diverso è giovane e nonostante non sia andato bene non condanno la sua scelta di provarci.

Chiaro…

Penso a Fortunato per esempio. Ha fatto un buon Giro, ma al Delfinato nonostante sia stato bravo a mettersi in mostra che fatica ha fatto? Si staccava da 20-25 corridori mentre al Giro era tra i migliori. Però per lui un Delfinato ha più senso che per un Caruso. Per lui un quinto posto diventa importante anche ai fini di un contratto, di visibilità, d’importanza.

Roglic thrilling. Jorgenson lo fa soffrire ma il Delfinato è suo

09.06.2024
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Crisi di fame? Dolori postumi delle varie cadute? Giornata no? Alla fine Primoz Roglic ha salvato il Criterium du Dauphiné per soli 8”, quando invece sembrava una passeggiata. Una giornata thrilling lo sloveno la deve mettere sempre nei suoi cammini, anche quando trionfa. E così è stato oggi verso Plateau des Glieres.

Anche se questa volta sembra più probabile un errore di alimentazione o d’idratazione pre o durante la tappa. E’ solo una supposizione sia chiaro, ma ci sembra improbabile che da un giorno all’altro la squadra più forte veda tutti e tre i suoi migliori uomini in difficoltà o comunque meno brillanti.

Hindley, Vlasov e poi Roglic che prima dominavano all’improvviso non sono i più forti? Okay, se fosse successo ad uno, ma a tre su tre, ci sembra parecchio. E se è davvero così, Roglic può dormire sonni tranquilli.

Roglic ottimista

Il capitano della Bora-Hansgrohe è parso comunque sereno. Di certo era felice per aver portato a casa una gara per la quale la sua squadra aveva lavorato molto.

«Ho avuto sicuramente un momento difficile oggi – ha detto Primoz dopo il traguardo – ma non credete che nei giorni scorsi sia stato tanto diverso. È stata un’edizione del Delfinato dura con tutte le salite e le cadute. Cosa è successo oggi? Penso di essere solo stanco dopo questi giorni in montagna e così gli altri sono riusciti ad essere più veloci di me». Il che può anche starci se la si guarda in un quadro più generale della preparazione.

«Voglio godermi il momento perché in queste condizioni non si vincono gare tutti i giorni. Avevamo bisogno di questa vittoria dopo tanto lavoro. Con la squadra ci stiamo conoscendo ogni giorno di più. L’ambiente è buono. Questo successo fa piacere e certamente dà fiducia, ma vincere il Delfinato è una cosa, vincere il Tour de France è un’altra».

Di buono c’è che Roglic non è andato nel panico. Si è staccato un filo prima di quanto non avesse potuto tenere. Per sua stessa ammissione Roglic ha detto che conosceva i distacchi dei due là davanti e in qualche modo si è gestito, soprattutto fin quando li ha avuti a vista d’occhio. Ma otto secondi sono maledetti pochi da gestire.

Matteo Jorgenson (classe 1999) andrà al Tour con grosse opportunità
Matteo Jorgenson (classe 1999) andrà al Tour con grosse opportunità

Attenti a Jorgenson

L’altra notizia che arriva dalla Francia è che la Visma-Lease a Bike ha ufficialmente pronto il “Piano B” qualora Jonas Vingegaard non dovesse esserci o non mostrarsi al top. Un piano a stelle strisce, di nome Matteo Jorgenson. Magari il talento californiano non sarà ancora all’altezza di un Pogacar, ma di certo potrà lottare per qualcosa d’importante.

Jorgenson ha mostrato una grande solidità tecnica, fisica e mentale in questa stagione. Alla fine si è ritrovato a fare il capitano in corse importanti, senza fare la minima piega. Ha vinto la Parigi-Nizza, ha lottato nelle classiche e a crono è quello messo meglio di tutti in assoluto tra gli uomini di classifica. E’ paragonabile a specialisti come Ganna o Kung.

E poi in salita oggi ha colpito la sua tenuta sul cambio di ritmo feroce di De Plus. Jorgenson non è piccolo. Se tiene queste “botte” e poi ha la possibilità di mettersi di passo è un problema grosso… per gli altri.

Quello stesso cambio di ritmo che prima di mettere in difficoltà, ha sorpreso Roglic. 

E ora Tour

Tutti gli uomini di classifica dicono che sono in fase di crescita, che gli manca qualcosa… e c’è da credergli, ma più o meno i valori sono questi. In tre settimane si può cambiare poco. Carlos Rodriguez è migliorato giorno dopo giorno in questo Definato e lui sicuramente al Tour si vorrà giocare il podio. Lo spagnolo è sostanza pura. Alla distanza esce sempre.

Capitolo Giulio Ciccone. L’abruzzese era quello con meno giorni di corsa nelle gambe. Come ci aveva detto, questo era il primo appuntamento al quale era arrivato davvero preparato. Ha chiuso ottavo a 2’54” da Roglic. Se pensiamo che 2’33” di quel distacco lo ha preso a crono, possiamo dire che se l’è cavata benone. Magari lui è il più fresco del lotto e se Tao Geoghegan Hart non dovesse andare come si aspettano, in casa Lidl-Trek potrebbe essere lui il leader alla Grande Boucle.

Persino Remco Evenepoel, parso non tiratissimo, fa parte della schiera di chi si è dichiarato in crescita: «Sono decisamente migliorato questa settimana. E’ bello finire così. Considerando che sono forse all’85 per cento della mia forma, direi che va bene. Ho vinto una tappa, sono riuscito a stare a lungo con i migliori scalatori e le discese sono andate bene, quindi tutto è stato positivo in vista del Tour… che non vedo l’ora di affrontare».

Ed è subito Remco. Altro che dubbi…

05.06.2024
5 min
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La cronometro del Delfinato ha messo subito in chiaro una cosa: Remco Evenepoel è tornato ed anche bene. A Neulise, il campione del mondo, è stato autore di una prova di grande spessore. E non solo per la vittoria, ma anche per come e quando è venuta questa vittoria.

Il come: non ha dominato a mani basse sin dal primo metro, come gli capita la maggior parte delle volte, ma se l’è dovuta sudare anche sul filo dei nervi contro Joshua Tarling. Il quando: questo era il primo vero grande test dopo l’incidente dei Paesi Baschi.

Ora Remco è leder con 33″ su Roglic, 1’04” su Jorgenson e 1’11” su Gee, maglia gialla prima della crono
Ora Remco è leder con 33″ su Roglic, 1’04” su Jorgenson e 1’11” su Gee, maglia gialla prima della crono

Parola a Velo

Con Marco Velo, tecnico delle cronometro della Federciclismo, abbiamo rivisto la gara contro il tempo del Delfinato. E lo abbiamo fatto anche in chiave olimpica, in chiave Filippo Ganna, tanto per non girarci intorno.

«Come ho visto Remco? Forte, molto forte. Che lo fosse non avevo dubbi, che dopo l’incidente fosse già a questo livello un po’ meno. Questa cosa non mi lascia tanto sereno! Ha battuto un ottimo Tarling. Che dire… si sapeva. Inutile girarci troppo attorno, i nomi per Parigi sono soprattutto questi tre: Remco, Tarling e Pippo. Sono loro che si andranno a giocare l’oro e le medaglie».

«Il percorso di oggi al Delfinato riprende abbastanza quello di Parigi. Forse era un po’ più duro nella seconda metà (nella parte più veloce Tarling è stato un filo più rapido di Remco, ndr). Questo ci dice che se la giocheranno sino all’ultimo. Ma credo anche che Pippo abbia la testa per arrivare al meglio a Parigi. Dieci giorni fa erano gli altri che lo guardavano al Giro, adesso li ha guardati lui e sicuramente avrà detto: ma quanto vanno forte!».

Per Velo resta importante il test del tricolore, soprattutto per analizzare poi wattaggi, efficienza e velocità in chiave olimpica. E anche le sensazioni…

E a proposito di sensazioni: se Remco ha continuato a dire che in posizione da crono la scapola gli faceva male, Velo ha esaltato la sua stabilità: «Mi è parso molto solido in generale e anche più composto del solito. Neanche sembrava che stesso spingendo poi così tanto. E si è confermato essere molto, molto aerodinamico», segno dunque che stava bene. «Speriamo stia già troppo bene!».

Non per smentire Velo, ma Remco stesso dopo l’arrivo ha detto di non essere ancora al top. «Ma – ha detto il belga – è andata meglio del previsto. E’ stata dura contro Tarling, specie quando ho saputo che al secondo intermedio ero ancora dietro. Ma questa vittoria è stata davvero un bel segnale».

L’adattamento di Roglic con i nuovi materiali sembra ottimale
L’adattamento di Roglic con i nuovi materiali sembra ottimale

Bravo Primoz

L’altra “notizia” di giornata, ma in chiave Tour de France stavolta è Primoz Roglic. Terzo a 39” da Remco, ma migliore tra i grandi della classifica generale. Non che Evenepoel non sia da annoverare tra i pretendenti alla maglia gialla, ma in tal senso dà meno garanzie di Vingegaard, Pogacar e Roglic stesso.

«In effetti – riprende Velo – Roglic ha fatto una buona crono. E’ pur sempre il campione olimpico di specialità, anche se va detto che quella di Tokyo era una crono particolare, molto dura con i suoi 650-700 metri di dislivello. Mi è piaciuta la sua gestione dello sforzo, si vede che ha esperienza e attitudine a questo tipo di prove. Di certo dopo questa crono prenderà confidenza, sotto tutti i punti di vista».

«Roglic si è portato dietro dalla Visma la cadenza. Era molto agile, sulle 100 o più rpm. Ha fatto tesoro di quelle conoscenze apprese nel vecchio team. Mi sembra si stia avvicinando al Roglic migliore e non è poco alla sua età (34 anni, ndr).

«Prima di tutto – ha ironizzato Roglic – sono rimasto sulla bici! Non sono caduto… Sono ancora in crescita, ma fare questi sforzi per me è importantissimo. In allenamento non riesco a spingermi a questo limiti. Crono bene dunque, ora vediamo le montagne».

L’esempio di Buitrago

Grandi note non ci sono dal Delfinato. E’ emerso il grande limite di certi team per questa disciplina nonostante atleti con ottime gambe, si legga Groupama-Fdj che sommando le prestazioni di Gregoire e Gaudu hanno incassato oltre 6′.

Ancora una volta è emersa la perfezione, sottolineata anche da Velo, della posizione e dei materiali della Visma-Lease a Bike, con un super Matteo Jorgenson. Una posizione del tutto moderna. Schiena piatta, “cascone” aerodinamico e praticamente chiusura totale tra mani e casco. Il tutto con un elevatissima agilità.

E poi c’è Santiago Buitrago. Il colombiano ha incassato 2′ tondi tondi da Remco, ma è senza dubbio il più scalatore. Si è visto che ha lavorato su questa disciplina. «Ed è importante farlo anche se non sei uno specialista», ha sottolineato Velo (ripensiamo per esempio ai due leader della Groupama-Fdj).

«Santiago quando sta bene è capace di fare belle prestazioni anche a corno e questo mi fa piacere. Penso ai nostri ragazzi e penso alle crono lunghe che sono state inserite in queste gare tra Giro, Delfinato… che sia la volta buona? Che si capisca una volta per tutte che questa disciplina è importantissima se vuoi fare bene anche nelle corse a tappe? E lo devono capire le società dei giovani… non i pro’.

«Domenica scorsa ero ad assistere alla crono organizzata dal Pedale Romanengo. C’erano tantissimi ragazzini, allievi e juniores, e anche under 23. Mi ha fatto molto, molto piacere vedere quel fermento e la voglia di migliorarsi anche se non si è degli specialisti come Buitrago».

Carapaz e quei denti un po’ troppo stretti al Delfinato

20.06.2023
4 min
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Dopo David Gaudu ed Enric Mas è Richard Carapaz il terzo deluso del Delfinato. Il campione olimpico ha chiuso 36° nella generale ad oltre 35′ da Jonas Vingegaard. Dati preoccupanti in vista del Tour de France.

La stagione del corridore della EF Education-Easy Post è stata tutta un’altalena. Una vittoria e una battuta d’arresto. Ma se nei mesi precedenti tutto sommato le cose erano sotto controllo, adesso che il tempo stringe è allarme rosso. O quantomeno arancione.

Carapaz (classe 1993) vince il Mercan’Tour pochi giorni prima del Delfinato. Sin ad oggi solo 24 giorni di corsa per il campione ecuadoriano
Carapaz (classe 1993) vince il Mercan’Tour pochi giorni prima del Delfinato. Sin ad oggi solo 24 giorni di corsa per il campione ecuadoriano

Altalena 2023 

Carapaz ha esordito vincendo il titolo nazionale a febbraio, poi ha avuto una forte tonsillite. E’ arrivato tardi in Europa ed è quasi sempre stato costretto ad inseguire la condizione, tanto da saltare le Ardenne. Dopo i Paesi Baschi infatti c’è stato ancora uno stop per l’ecuadoriano.

Ma quando è rientrato a fine maggio ha vinto la Mercan’Tour Classic Alpes-Maritimes. Okay, non è una gara di primissimo piano, ma aveva dato pur sempre ottimi segnali.

Segnali che lui stesso aveva interpretato così: «Questa vittoria – aveva detto Carapaz – mi dà fiducia in vista del Tour. Adesso so di essere sulla strada buona e che devo continuare così al Delfinato».

Polveri bagnate 

E al Delfinato in effetti ha continuato ad attaccare, come del resto è nel suo Dna, ma il risultato non è stato lo stesso.

E’ stato proprio Richard ad aprire le danze tra i big sulla salita finale della quinta frazione. Salvo poi rimbalzare pesantemente. Eppure era partito bene con un secondo posto, nella seconda frazione. Ma forse sono stati proprio questi risultati a portarlo fuori strada.

In casa EF sembrano tranquilli. Voci non ufficiali hanno parlato di un calo prevedibile dopo cinque giorni di corsa a questi livelli. In fin dei conti era un bel po’ che Carapaz non si scontrava con certi avversari.

Però qualche dubbio resta, come per esempio nella tappa contro il tempo. Okay, Carapaz non è un cronoman e si trattava di una frazione per specialisti, però ha incassato oltre 2’30”, facendo peggio persino di Bernal e soprattutto di Gaudu che è meno cronoman di lui.

E nell’ultima frazione ha incassato mezz’ora, arrivando con l’ultimo gruppetto, scortato dal fido Amador e da Arcas. E’ chiaro che non era il corridore che conosciamo.

Anche la stampa sudamericana non è stata benevola. «Carapaz ha avuto grosse difficoltà, adesso avrà tempo di recuperare per il Tour?». E ancora: «Non è il Carapaz che c’era alla Movistar e che è arrivato alla Ineos Grenadiers».

Sui Pirenei Carapaz ha testato delle nuove ruote Vision e anche un materasso a temperatura controllata (foto EF Education-Easy Post)
Sui Pirenei Carapaz ha testato delle nuove ruote Vision e anche un materasso a temperatura controllata (foto EF Education-Easy Post)

Da Andorra al Tour

Dalla squadra non giungono commenti e neanche Richard ha rilasciato grosse dichiarazioni dopo Delfinato. Durante la corsa continuava a dire di lottare, ma tra il dire e il fare ci sono di mezzo le gambe.

Tuttavia una chiave di lettura corretta si può ricostruire dalle parole di Nate Wilson, performance manager della EF. Wilson sostanzialmente aveva detto che Carapaz e i suoi compagni avevano lavorato bene e duramente a Font Romeu, località pirenaica a 1.800 metri di quota. Aveva aggiunto che era importante arrivare al Delfinato se non proprio al 100 per cento, quasi. Altrimenti si sarebbe usciti da questa corsa peggio di come la si era iniziata.

E allora è lecito ipotizzare che una volta visto che certi fuorigiri stavano diventando dei boomerang, Carapaz e il suo staff abbiano deciso di “alzare il piede dall’acceleratore” e abbiano pensato solo a concludere la corsa, facendo un blocco di lavoro, come si usa dire oggi.

Nei giorni scorsi Carapaz è salito di nuovo in altura, ad Andorra, con alcuni compagni di squadra. 

«In questo camp – ha dichiarato Wilson – il primo step è stato il recupero. Poi abbiamo iniziato a fare l’ultimo piccolo blocco prima del Tour: grandi salite, anche dietro allo scooter per fare del buon ritmo gara».

Basterà? Lo capiremo tra pochi giorni sulle strade del Tour.

Marzano, appunti dell’ammiraglia: rivali, squadre, prestazioni

16.06.2023
5 min
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Marco Marzano era sull’ammiraglia della UAE Emirates al Giro del Delfinato. Gara che è stata  un vero laboratorio in vista del Tour. E lo è stata per i suoi ragazzi, ma anche per osservare da dentro gli avversari, a partire da Jonas Vingegaard e la sua Jumbo-Visma.

Il diesse lombardo ci spiega cosa ha visto, cosa ha notato e quanto davvero il danese faccia paura… ammesso che la faccia. Il duello con Tadej Pogacar è già vibrante e sembra sia quasi rimasto in sospeso dal Tour scorso. Tattiche, watt, valori in campo: cosa ha visto dunque Marzano?

Marco Marzano (a sinistra) con Hauptman (a destra)
Marco Marzano (classe 1980) pro’ fino al 2014 è uno dei diesse della UAE Emirates
Marco, certe cose le hai viste da dentro. Cosa ti è sembrato di questo Delfinato e di Vingegaard?

Ho visto un Vingegaard fortissimo e ce lo aspettavamo. Lui e la sua squadra non hanno sbagliato nulla. Hanno corso ad un livello altissimo… dispiace perché quest’anno con Tadej si era pianificato di andare al Delfinato, proprio per avere un primo confronto diretto e sarebbe stato bello vederli già in sfida, ma l’incidente della Liegi ha cambiato i piani. Noi però siamo comunque soddisfatti.

Adam Yates ha chiuso al secondo posto…

Siamo soddisfatti per Yates, che sta facendo un’ottima stagione. E’ salito sul podio del UAE Tour, ha vinto il Romandia e qui ha fatto secondo dietro a Vingegaard. Ma poi siamo contenti della crono, del fatto che siamo sempre riusciti a lavorare insieme nell’ultima salita…

Contenti della crono per la vittoria di Bjerg?

Per la vittoria di Bjerg, che aveva vinto tre crono ai mondiali under 23, ma ci aveva messo un po’ a capire che “di qua” le velocità sono altre (il danese nella foto di apertura con la maglia di leader dopo aver vinto la crono, ndr). Siamo contenti per i materiali, siamo contenti perché al termine di quella giornata siamo stati la miglior squadra. Segno che i materiali e il lavoro sulla crono stanno pagando.

Bjerg ha ottenuto la sua prima vittoria nel WT. Per Marzano è stato merito anche del buon lavoro sui materiali da parte del team (foto Instagram)
Bjerg ha ottenuto la sua prima vittoria nel WT. Per Marzano è stato merito anche del buon lavoro sui materiali da parte del team (foto Instagram)
In effetti pagavate qualcosa contro il tempo?

Vero, ma come detto ci stiamo lavorando. Grazie a Mauro (Gianetti, team principal, ndr) abbiamo cambiato rotta. Materiali, meccanici, Colnago: Mauro ci ha messo nelle migliori condizioni per esprimerci al meglio, per ottenere questi marginal gains e si vede. 

Voi avete i veri numeri in mano, Marco. Cosa ti è sembrato di Vingegaard in particolare?

I numeri non li posso dire, ma posso dire che ci aspettavamo prestazioni su questo livello. Si vedeva che il danese faceva la differenza netta, ma la cosa per noi è che nelle salite finali riuscivamo ad avere Majka, spesso Grosschartner e Yates… Situazioni che vedremo anche al Tour, anche se una corsa di tre settimane è diversa. Nella terza settimana cambiano tante cose, le incognite del meteo sono maggiori…

Ma sono numeri fuori portata quelli espressi da Jonas?

No, io credo siano alla portata di Pogacar. Ora c’è solo da capire come andrà questa differenza di preparazione in seguito al riposo forzato. Noi Tadej lo vedremo al Tour di fatto.

Per Marzano Vingegaard ha espresso ottimi valori, ma non impossibili, almeno per Pogacar
Per Marzano Vingegaard ha espresso ottimi valori, ma non impossibili, almeno per Pogacar
A proposito di Pogacar, si faceva sentire durante il Delfinato? Era curioso?

Sì, sì… chiamava. Si sentiva spesso con Hauptman, il suo diesse di riferimento, sarà lui in prima ammiraglia al Tour. Era a Sierra Nevada e chiedeva, s’informava di come andassero le cose.

Delfinato e Tour: è stato e sarà anche uno scontro fra squadre. La vostra è già definita?

Non del tutto, ma lo schieramento per la salita è quello che avete visto al Delfinato (Grosschartner, Majka, Yates) più Pogacar, chiaramente. Poi ci sono garanzie per la pianura come Bjerg e Laengen.

Quindi ora siete ai livelli della Jumbo-Visma?

Credo di sì. Loro hanno corridori molto importanti. Penso a Kelderman che è allo Svizzera, Kruijswijk (anche se si è infortunato) e Kuss. Ecco, se Kuss al Giro d’Italia ha dato tutto, ed è un bel punto di domanda, allora magari al Tour soprattutto all’inizio non sarà al massimo. Ma se non dovesse aver dato tutto, allora Vingegaard potrebbe avere un corridore molto, molto importante al suo fianco. Noi ci stiamo attrezzando e anche in questo caso il merito è di Gianetti, che ha completato la squadra. Credo che ci stiamo avvicinando parecchio.

Al Delfinato è mancato il duello Pogacar vs Vingegaard, ma non quello fra Jumbo e UAE
La Jumbo Visma ha dato una prova di grande forza e mancano ancora Keldermann, Kuss e Van Aert
Sarà dunque anche un scontro tra UAE Emirates e Jumbo-Visma…

Io non sottovaluterei la Ineos Grenadiers. In quel team hanno tanta esperienza per le corse a tappe, anche se magari non hanno un super leader. E poi c’è questo O’Connor che ormai è qualche anno che è lì e che va forte. C’è Gaudu

Okay Marco, ma non credo temiate O’Connor e Gaudu, con tutto il rispetto per questi atleti, sia chiaro.

Comunque Gaudu ha fatto secondo alla Parigi-Nizza, ma se è vero che non sono i primi rivali, sono corridori molto validi che appartengono a squadre che magari tatticamente possono entrare in ballo, avere un ruolo insidioso.

C’è qualcosa che invece ti ha colpito nell’arco di questa corsa?

Di base direi di no. Mi aspettavo un Delfinato così e corso a questi livelli. Ho visto una Jumbo e un Vingegaard che senza Kruijswijk avevano un uomo in meno in salita, volevo vedere come avrebbero lavorato, ma tanto Jonas non ne ha avuto bisogno: prendeva e partiva… Un giorno ha trovato Carapaz e lo ha seguito. Semmai è stato interessante quel che non ho visto.

Il podio del Delfinato (Vingegaard, Adam Yates e O’Connor) ha lasciato soddisfatto Marzano
Il podio del Delfinato (Vingegaard, Adam Yates e O’Connor) ha lasciato soddisfatto Marzano
Cioè?

Kelderman e Van Aert al Giro di Svizzera.

Come mai li hanno dirottati lì? Un modo per “nascondere le carte” su come lavoravano?

Forse anche per quello, ma credo per essere completi sulle due gare e cogliere risultati ovunque, anche in ottica dei punti e della classifica a squadre. Al Delfinato per il risultato pieno: la generale (e sono arrivate anche le tappe). Allo Svizzera per le tappe. Così che tutti i corridori avessero il loro spazio. Non credo perché ci siano problemi tra Van Aert e Vingegaard.

Dal Delfinato scorci (importanti) di futuro per Garofoli

15.06.2023
6 min
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La scorsa settimana Gianmarco Garfoli ha messo un tassello importante per la sua carriera. Ha preso parte e concluso il Criterium del Delfinato, a detta di molti la corsa più veloce e dura dell’intero anno. E’ qui che tanti leader fanno le prove in vista del Tour de France e altrettanti si devono guadagnare un posto in squadra proprio per la Grande Boucle.

E poi c’è chi, come il marchigiano dell’Astana-Qazaqstan, va al Delfinato per capire a che punto sia, per iniziare a scontrarsi con i grandi e prendere parte alle corse di altissimo livello. La classifica finale recita: 75° ad un’ora e 19′ da Vingegaard. Ma solo nell’ultima frazione “Garo” ha incassato mezz’ora.

Dopo il Romandia ancora una gara WT per Garofoli. Al Delfinato però il livello era ancora più alto…
Dopo il Romandia ancora una gara WT per Garofoli. Al Delfinato però il livello era ancora più alto…
Gianmarco, sei appena tornato dal Delfinato: cominci a fare corse davvero grandi…

Eh sì, credo sia una delle corse più importanti del panorama mondiale. Il livello è altissimo, da Tour de France. Per me è stata una prima esperienza in gare di questo livello e sono discretamente contento. Per certi aspetti è stato anche un traguardo riuscire a completarla.

E come è andata?

Purtroppo non è iniziato nel migliore dei modi perché sono caduto ben due volte, nella prima e nella terza tappa. E quelle cadute hanno un po’ condizionato tutto l’andamento del Delfinato: le botte le ho sentite e tuttora ho una costola che mi fa male. 

Eppure nelle prime frazioni sei andato benino. Eri vicino alla testa della corsa…

Nella prima tappa sono caduto in discesa. Grandinava. C’è stato un momento in cui veramente scendeva tantissima acqua e non si vedeva la strada. Pensate che sono cascato su un pezzo dritto. Non so nemmeno come abbia fatto. Quella è stata la botta più forte: andavamo a velocità assurde. La terza tappa invece era per velocisti, però siamo andati così forte che di sprinter ne erano rimasti pochi ed essendo io “velocino” ho provato a buttarmi nella mischia per ottenere un piazzamento. Purtroppo sono caduto all’ultimo chilometro quando ero nelle prime 15 posizioni.

Per il marchigiano una crono all’insegna della regolarità: tanta fatica, ma senza esagerare
Per il marchigiano una crono all’insegna della regolarità: tanta fatica, ma senza esagerare
Che idea ti sei fatto di questo Delfinato dunque?

E’ stato bello confrontarsi con i migliori del mondo. Adesso ho dei dei punti di riferimento. So dove devo lavorare per migliorare. Torno a casa con tanta esperienza e tanta motivazione per fare di più. La tappa dove sono andato un pochino più forte è stata quella che ha visto la prima vittoria di Vingegaard. Sull’ultima salita non ho perso tantissimo da lui e sono arrivato al traguardo intorno alla cinquantesima posizione, ad un paio di minuti. Ero soddisfatto della mia prestazione.

Hai detto che sai come lavorare. A cosa ti riferisci?

Ho capito soprattutto il livello che c’è e dove devo arrivare, perché fino a che te lo dicono puoi solo immaginarlo. E sinceramente mi immaginavo che andassero un pochino più piano! Invece vanno forte, molto forte. Adesso capisco molte cose. Sarà la mia giovane età, ma certe cose devo toccarle con mano. Già al Romandia avevo visto che il livello WorldTour era tutt’altra cosa rispetto alle altre gare professionistiche. Al Delfinato ho visto e vissuto uno step ulteriore.

In cosa devi dunque migliorare?

In salita, perché è lì che che si fa la differenza, e anche nella tattica di gara. O quantomeno nella gestione dello sforzo. In una gara di minor livello ti puoi permettere di sbagliare, di fare un fuorigiri che non serviva: in qualche modo riesci a salvarti. Qui no. Nell’ultima tappa ho fatto un fuorigiri esagerato per provare ad entrare nella fuga, ma poi ero ero completamente finito. Mi sono staccato dal gruppo! Da 100 corridori. E mi sono detto: «Cavolo, adesso come ci vado all’arrivo?».

Nelle ultime due tappe, complici le cadute ad inizio Delfinato e qualche errore tattico, Gianmarco ha pagato dazio
Nelle ultime due tappe, complici le cadute ad inizio Delfinato e qualche errore tattico, Gianmarco ha pagato dazio
E’ una delle esperienze di cui parlavi?

Esatto, ho imparato a conoscermi meglio, a gestirmi in queste situazioni. Logicamente non basta e devo migliorare molto proprio il mio livello generale, ma già solamente facendo questa gara secondo me sono cresciuto. Ho fatto dei passi in avanti.

Adesso Gianmarco hai un obiettivo più concreto: sai dove devi arrivare. Sai quanto manca. Non si tratta di dover andare forte a prescindere… E’ diverso.

E’ molto diverso, so quanto manca e come lavorarci su. So di avere le possibilità di fare una bella carriera e voglio investirci. Ripeto, è stata una prima esperienza positiva, anche se certe volte durante la gara mi sono un po’ demoralizzato proprio perché si va tanto forte.

Ti sei ritrovato con un parterre regale. Ti sarà capitato di stare vicino a Vingegaard e notare che tu eri impegnato e lui ancora doveva iniziare ad aprire il gas?

In realtà la cosa più impressionante non è stato tanto Vingegaard, ma il fatto che proprio tutti vadano forte. Dici il velocista va piano in salita… neanche per idea! Tu sei a tutta, ma proprio a tutta su una salita, poi ti volti e vedi che non si è staccato nessuno. Questo è impressionante. Poi è chiaro che vedere la Jumbo-Visma dominare fa un certo effetto. Io comunque non mi sono sentito fuori luogo, anzi…Quello era il mio posto. Ho vent’anni, devo migliorare tanto, ma è lì che voglio arrivare.

E tu come stai? Abbiamo visto che sei più magro, ma ipotizziamo non sia ancora al massimo…

No, no… non sono ancora al top. L’anno di stop si è fatto sentire. Sono rientrato e ho fatto anche bene, ma quel “buco” adesso si fa sentire, specie se inizi a fare questo tipo di gare. Non puoi permetterti di non essere al 100 per cento. Male non sto, altrimenti il Delfinato neanche lo avrei finito. Dalla Sicilia però ho fatto dei passi in avanti e anche il lavoro sul Teide con Lutsenko è stato utile.

Gianmarco con Lutsenko sul Teide. Tra i due c’è un bel rapporto. Dopo l’italiano il marchigiano tornerà in altura, ma a Livigno (foto Instagram)
Gianmarco con Lutsenko sul Teide. Tra i due c’è un bel rapporto. Dopo l’italiano il marchigiano tornerà in altura, ma a Livigno (foto Instagram)
Adesso qual è l’obiettivo?

Non tanto essere al top per questa o quella gara e poi magari mollare o sfinirsi e ammalarsi, quanto riuscire a finire una stagione fatta bene. Senza intoppi. Fare gare e mettere chilometri di corsa nelle gambe.

E’ condivisibile nel tuo caso: più costanza che prestazione.

E’ proprio quello che mi manca. Lo sento nelle gambe. Tra Covid ad inizio anno, miocardite la stagione passata… si sente. Mi serve la costanza e la costanza per le gare più lunghe, magari anche quelle da 21 giorni, che voglio siano presenti nel mio futuro. Intanto farò l’italiano e poi dovrei andare a Livigno in altura per preparare i prossimi appuntamenti. Il finale di stagione potrebbe riservarmi qualche gara importante.

Idea Vuelta?

Non è da scartare. Vedremo con la squadra se ci sarà questa possibilità.

Bernal, al Delfinato un altro passo. Tour più vicino?

12.06.2023
5 min
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Sul micidiale arrivo di La Bastille, Egan Bernal è giunto ancora staccato, ma almeno – a suo dire – era felice. Poi basta guardare la foto di apertura per giudicare da soli. In più il colombiano era appagato per la sensazione di essere tornato a calcare i gradini del podio… seppure quello di squadra. La sua Ineos Grenadiers infatti aveva vinto la classifica a squadre del Delfinato.

Ma come è andata questa importantissima gara per Egan? Alti e bassi ci sentiamo di dire. Come un’onda. Buone sensazioni che spesso si sono scontrate con ritardi importanti. Però…

Bernal (primo da sinistra) è salito sul podio dopo molto tempo. La sua squadra ha vinto la classifica dei team
Bernal (primo da sinistra) è salito sul podio dopo molto tempo. La sua squadra ha vinto la classifica dei team

Bicchiere mezzo pieno

Però… ci sono dei però e questi contano non poco, almeno nel caso della maglia rosa 2021. Sappiamo che Bernal è di fatto ancora nella lunga fase post incidente gennaio 2022. Si sapeva che questo anno sarebbe stato quasi tutto un punto di domanda per lui e le cose non si stanno discostando troppo da questa aspettativa.

Il però, appunto, è che qualcosa si muove. Egan ha chiuso il Delfinato in dodicesima posizione a 6’44” da Jonas Vingegaard, ormai un mostro al pari di Evenepoel e Pogacar. Un tempo ci saremmo stupiti (in negativo) di una prestazione simile da parte sua. Ma a quanto pare Bernal e la sua squadra vedono il bicchiere mezzo pieno.

Giusto pochi giorni fa, prima della crono, il suo diesse Steve Cummings aveva dichiarato che Egan stava facendo incredibilmente bene e che secondo loro era vicino dal tornare ai livelli che gli competevano.

Tutto sommato non era una dichiarazione peregrina. Di fatto il Delfinato era la prima corsa di primissimo livello che Bernal tornava a fare dopo l’incidente. Tenere il passo era già qualcosa.

E Bernal stesso ne era consapevole. «Intanto – aveva detto Bernal prima del via – voglio finire la gara, poi vedremo come andrà e si faranno le valutazioni necessarie». Tradotto: se è davvero possibile vederlo schierato al Tour de France. Ma su questo punto (cruciale) ci torneremo.

Nella tappa contro il tempo, Egan ha incassato 2’25” da Vingegaard e mediamente 1’30” dagli altri uomini di classifica (foto @gettysport)
Nella tappa contro il tempo, Egan ha incassato 2’25” da Vingegaard e mediamente 1’30” dagli altri uomini di classifica (foto @gettysport)

Alti e bassi

Analizziamo la sua gara. Bernal è alla prima competizione di primissimo livello, come detto, dal 2021. Di per sé il risultato è buono. Egan parte bene. Paga dazio, anche abbastanza salato, nella crono. Si fa un po’ sorprendere, anche a suo dire, nella terza tappa quando Carapaz e Vingegaard scattano. E qui una prima dichiarazione che ci aiuta a capire il suo stato fisico e anche d’animo.

«Quando sono partiti Carapaz e Vingegaard – ha dichiarato Bernal – un po’ sono rimasto sorpreso. In più non li ho seguiti anche perché credevo proprio che non avessi quel ritmo. Ho avuto paura di spingere troppo forte e di esplodere. Ma tutto questo sta iniziando ad essere nuovo per me, è buono… Anche quel contrattacco successivo con gli uomini di classifica è un segno di fiducia.

«Mentre per la crono, sapevo che non sarebbe andata benissimo, visto che ultimamente ci ho lavorato molto poco».

Forse è mancato qualcosa nelle tappe finali, quelle di più alta montagna, il suo terreno. O meglio, visto l’andazzo ci si poteva attendere qualcosa in più. Ma in squadra, che hanno il polso delle prestazioni necessarie, “tiravano il freno a mano” su certe aspettative sui monti. 

Sulle alte montagne c’è stata una sorta di “liberi tutti” da parte della Ineos Grenadiers. Non avendo nessun leader in grado di vincere la generale, hanno lasciato ai ragazzi la possibilità di fare la propria gara. Carlos Rodriguez non si è mai messo ad aiutare Bernal. E la stessa cosa hanno reciprocamente fatto Bernal e Daniel Martinez. 

Il Delfinato è stato preso davvero come un test, un passaggio in vista del Tour de France, da parte di tutti loro. Non neghiamo che ci è sembrato strano, insolito, vedere una Ineos correre così.

In salita Bernal non ha mai preso l’iniziativa ma era giusto così. Ha cercato di produrre i migliori valori possibili post incidente 2022
In salita Bernal non ha mai preso l’iniziativa ma era giusto così. Ha cercato di produrre i migliori valori possibili post incidente 2022

Giallo sul Tour

La questione centrale è questa: Bernal farà o non farà il Tour? Okay, si sta riprendendo, ma al momento è lontano dal Bernal che conosciamo. Però è anche vero che la corazzata di Sir Brailsford, tanto corazzata non è, almeno per la generale pensando alla prossima Grande Boucle. Chi sarà dunque il leader? Che squadra sarà fatta per la Francia?

La risposta a questa domanda rischia di restare per l’aria e di restarci fino a domenica prossima, quando terminerà il Tour de Suisse. La soluzione infatti potrebbe arrivare dalla Svizzera, dove sta correndo l’altro presunto leader Ineos per la Grande Boucle: Tom Pidcock.

Ad oggi, i nomi che tra gli addetti ai lavori sembrano essere certi sono quelli di: Carlos Rodríguez, Tom Pidcock, Jonathan Castroviejo, Michal Kwiatwoski e Magnus Sheffield. Mancano all’appello tre atleti. Lo spazio per Bernal ci sarebbe eccome. Ma resta da chiedersi se sarà all’altezza, prima ancora di capire che tipo gara e di formazione impostare da parte del team.

Molta attenzione dei media per il colombiano (classe 1997)
Molta attenzione dei media per il colombiano (classe 1997)

Una strada lunga

Scegliere il Tour come primo grande Giro al rientro da un simile infortunio è molto, però è anche vero che stiamo parlando di un campione che sa motivarsi come pochi. Che ha già vinto questa gara e che tutto sommato al Delfinato è arrivato dodicesimo. C’è chi è andato più piano. E allora Tour sì, ma con altri obiettivi da quelli in giallo.

La cosa è certa, e l’abbiamo detta, è che Bernal sta migliorando. Dopo gli ottavi posti al Romandia e al Giro di Ungheria ecco un altro piccolo step. Abbiamo detto “migliorando” e non tornando. Per il Bernal che conosciamo manca molto e forse potrebbe anche non bastare, visto che in due anni si è vista un’evoluzione di numeri spaventosa, ma il viatico sembra buono ed Egan è apparso felice.

«Ogni colpo di pedale – ha detto il colombiano – lo faccio con amore e gratitudine alla mia famiglia, ai medici e agli amici che mi stanno portando sulla strada della mia versione migliore».