Tour of the Alps: Prodhomme vince, Seixas prenota il futuro

25.04.2025
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LIENZ (Austria) – La giornata finale del Tour of the Alps, che per la seconda volta in questa edizione finisce in suolo austriaco, regala una parata trionfale alla Decathlon AG2R La Mondiale. La formazione francese impacchetta una prestazione eccezionale con due suoi corridori tanto importanti quanto diversi. Nicolas Prodhomme vince la sua prima gara tra i professionisti con un’azione da lontano, al suo fianco arriva il giovane Paul Seixas

«Abbiamo chiuso alla grande un ottimo Tour of the Alps – ha detto Prodhomme – con questo bellissimo uno-due. Eravamo partiti per fare classifica con Gall ma abbiamo trovato sulla sua strada un ottimo Storer. Seixas ed io abbiamo lavorato bene durante la giornata di oggi. Gli avrei lasciato la vittoria ma lui ha voluto a tutti i costi che toccasse a me e lo ringrazio. Ora per me arriva il Giro d’Italia, prima però è tempo di festeggiare con la mia famiglia e di godermi questa prima vittoria tra i professionisti».

Il francesino Seixas, che ancora deve compiere diciannove anni, è arrivato direttamente nel WordTour dopo due stagioni da protagonista tra gli juniores. La Decathlon AG2R ha un vivaio profondo, che inizia con la formazione under 19 e prosegue con quella under 23 e ci ha abituato a questo tipo di approccio con i suoi ragazzi. Chi merita sale presto tra i grandi per imparare come si corre e a vivere il ciclismo da protagonista

Seixas ha lanciato l’azione decisiva sulla salita finale di questa quinta tappa
Seixas ha lanciato l’azione decisiva sulla salita finale di questa quinta tappa

Doppietta francese

Seixas e Prodhomme sono entrati nella fuga del mattino, consapevoli che il gruppo avrebbe lasciato spazio, complice anche il numero risicato di atleti arrivato al termine di questo Tour of the Alps, appena settantotto. Quindi non era facile per le squadre avere le forze per controllare la corsa. Sulla salita di Stronach, a dieci chilometri dal traguardo, è stato Paul Seixas a dare fuoco alle polveri alzando il ritmo e sfilacciando il gruppetto dei fuggitivi. A riportarsi sullo scalatore francese è stato Prodhomme e sulla discesa finale i due si sono parlati. Dietro al palco delle premiazioni chiediamo a Seixas cosa si sono detti. 

«Ci siamo confrontati su chi avrebbe dovuto vincere – dice – e visto che lui non aveva mai vinto in questi cinque anni da professionista ci è sembrato giusto che fosse lui a passare per primo sotto al traguardo. Io ho la consapevolezza di essere andato molto bene in questi cinque giorni e di essere forte. In futuro potrò vincere sicuramente altre gare. L’ammiraglia ha detto di far vincere me ma non ero d’accordo, era giusto lasciarla a Prodhomme».

Ti saresti aspettato una prova del genere in una corsa così dura?

Quando sono arrivato a questo Tour of the Alps non ero concentrato su quello che avrei potuto fare ma cosa avrei potuto imparare. A conti fatti sono stato tra i primi tutti i giorni tranne ieri, è stato bello ed emozionante. Alla fine pensavo che come squadra avremmo potuto vincere una tappa e ci siamo riusciti. 

Sei entrato nel WorldTour e stai andando molto bene, è stato un passaggio difficile?

Sicuramente si tratta di un grande salto perché qui corrono i migliori atleti al mondo. Questo inverno ho lavorato duramente e penso che tutti gli sforzi fatti siano stati ripagati da una buona condizione. Ora riesco a correre insieme agli atleti più forti: non credevo di essere così competitivo ma è una bella sorpresa. 

Al traguardo ti abbiamo visto insieme alla tua famiglia…

Erano qui per sostenermi, come hanno sempre fatto. Non è facile essere così giovane e avere una vita che ti porta spesso in giro ma penso sempre a loro e ai sacrifici che hanno fatto per me. Li amo. 

Cosa ti hanno detto quando sei arrivato direttamente nel WorldTour?

Si sono mostrati subito molto contenti e felici di vedermi qui a lottare tra i primi. Erano anche abbastanza sorpresi (dice con una risata, ndr). Ora ho diciotto anni e sono libero di decidere dove allenarmi. La mia mentalità però è sempre la stessa: mi alzo la mattina concentrato su come lavorare e mi sento realizzato

Per diversi giorni è stato anche leader della classifica dei giovani, primato strappato da Max Poole
Per diversi giorni è stato anche leader della classifica dei giovani, primato strappato da Max Poole
Il modo di allenarti è cambiato tanto?

Ho parlato con la squadra e ci siamo confrontati sul lavoro da fare una volta passato professionista. Mi alleno quasi il doppio rispetto a prima quindi la differenza si vede. Quando ero juniores non ho mai esagerato con le ore di allenamento, ora mi impegno quasi come gli altri atleti professionisti. Insieme allo staff si è deciso di lasciare del margine per progredire in futuro. 

In cosa ti senti più forte?

Mi sono concentrato su tutti gli aspetti: cronometro, sprint e salita. L’obiettivo è diventare un corridore il più possibile completo. La cosa che mi sorprende è il fatto di essere già ad un buon livello. Pedalare fianco a fianco con campioni come Storer, Ciccone e Arensman è abbastanza folle per me. 

Seixas ha avuto gli occhi, e i microfoni, puntati addosso fin dal primo giorno
Seixas ha avuto gli occhi, e i microfoni, puntati addosso fin dal primo giorno
La squadra ha dei corridori molto giovani in rosa, che arrivano anche loro dalle formazioni di sviluppo…

Penso che sia positivo perché ci si può aiutare a vicenda e ci si sente in un gruppo insieme a tanti coetanei. E’ la mentalità che conta e avere dei compagni di squadra giovani aiuta tanto. Quando li ho accanto cerco di imparare qualcosa su di loro e capire come lavorano e si allenano.

C’è qualcosa nello specifico che ti incuriosisce?

Sì, ma non lo dico. E’ un segreto (dice con una risata, ndr). 

Farai anche corsa con gli under 23?

Dovrei fare il Giro Next Gen, ma ancora devo avere la conferma dalla squadra. Uno degli obiettivi di stagione, che è anche un po’ un sogno per me, è il Tour de l’Avenir, ma manca ancora tanto. Ora mi godo il momento. 

Tour of the Alps: è il giorno di Storer che ora sogna in grande

22.04.2025
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VIPITENO – La seconda tappa del Tour of the Alps porta la firma di Michael Storer, l’australiano della Tudor Pro Cycling che da tempo ha abbracciato l’Italia, dove si allena e vive. Il rapporto con il nostro Paese è così forte che Storer ha imparato a masticare la lingua, seppur con la timidezza che chi gli sta vicino gli ha sempre riconosciuto. L’australiano ha lasciato casa a diciannove anni per diventare un corridore professionista, prima trasferendosi a Varese e poi a San Marino.

L’arrivo a Vipiteno coincide anche con il ritiro di Antonio Tiberi il portacolori della Bahrain Victorious lascia la corsa per un problema di salute. Meglio fare un passo indietro ora, riprendersi e mettere sotto la lente i prossimi obiettivi. La gara prosegue e la giornata si incendia presto, con un finale che doveva essere semplice e invece si è aperto alla frecciata di Storer. Tappa e maglia di leader, con un’azione in salita arrivata dopo il lungo lavoro da parte della Decathlon AG2R La Mondiale. I francesi lavorano, l’australiano concretizza. 

«Il pensiero era di attaccare sulla seconda parte della salita – racconta ai microfoni della sala stampa – però prima dovevo capire come stessi. Al primo dei due passaggi ho capito di stare bene, al secondo gli altri hanno attaccato, ma avevo ancora energia. Così ho deciso di provare ed è arrivata questa bellissima vittoria». 

Solidità 

Il Tour of the Alps 2025 per il momento raccoglie ambizioni e speranze degli atleti che hanno lavorato in ottica Giro d’Italia. E’ sempre stato così, il percorso che dal Garda porterà il gruppo in Austria si presta agli scalatori, anzi ci sorride proprio. I sogni Storer sono passati da qui anche lo scorso anno, quando al Giro colse un ottimo decimo posto finale con una solidità da non sottovalutare. 

«Ho un bel legame con questa gara – prosegue Storer – perché nel 2022 ero arrivato secondo nella classifica generale, mentre nel 2024 ho sfiorato la vittoria. Per quest’anno mi sono detto che avrei potuto fare qualcosa in più e direi che ho iniziato bene facendomi vedere. Ci sono tanti fattori grazie ai quali sono riuscito a fare un ulteriore step che mi ha portato a vincere già due gare in questa stagione. Devo ringraziare la squadra per il supporto e per la fiducia nei miei confronti. Sono felice di lavorare con loro e di avere un allenatore come Sebastian Deckert. Ancora più importante per me è il sostegno di mia moglie e della mia famiglia in Australia, la quale nonostante il fuso orario non si perde mai una corsa. 

Oggi è arrivata un’altra grande prova di Seixas che ha anticipato Bardet e Piganzoli nella volata del secondo posto
Oggi è arrivata un’altra grande prova di Seixas che ha anticipato Bardet e Piganzoli nella volata del secondo posto
La passata stagione è stata positiva ma il 2025 è iniziato con un altro passo, in cosa può essere migliore?

Il primo obiettivo, il mio sogno è il Giro d’Italia: in questa stagione voglio fare ancora meglio. 

Stai dimostrando di essere un ottimo scalatore, dove ti posizioni nel confronto con gli altri? 

Con la forma e la condizione sono sempre più vicino ai migliori, ci sono alcuni atleti fuori dalla mia portata al momento come Pogacar e Vingegaard. Però sto bene, sento di avere la giusta fiducia in me stesso e credo di poter seguire i più forti in salita e perché no batterli, come successo oggi oppure alla Parigi-Nizza. 

Su cosa hai lavorato durante la preparazione, ti sei concentrato su qualcosa in particolare?

E’ stato un ottimo inverno, che mi ha permesso di iniziare bene la stagione e per questo devo ringraziare di nuovo il mio allenatore. Ci conosciamo da diverso tempo, siamo stati insieme tre anni al Team DSM. Mi conosce perfettamente e questo credo sia il punto fondamentale della mia crescita. 

Hai messo nel mirino la classifica generale al Giro, ti senti pronto per tre settimane di gara?

Il primo tentativo di fare un risultato in una grande corsa a tappe risale al 2018 e con più convinzione al 2022, entrambe le volte ero alla Vuelta. Non è sempre andata bene, però posso dire che questi tentativi legati alla mia esperienza possono tornarmi utili. Tutto quello che ho fatto è arrivato con costanza e una crescita graduale, con il supporto della squadra sto riuscendo a fare ancora più mio questo ruolo. 

Tiberi ha alzato bandiera bianca, costretto al ritiro a causa di un fastidio intestinale
Tiberi ha alzato bandiera bianca, costretto al ritiro a causa di un fastidio intestinale
Hai parlato tanto della squadra, cosa ti ha dato la Tudor per migliorare e avere questa sicurezza nei nei tuoi mezzi?

E’ l’insieme di tutte le cose, dai compagni allo staff. Tutti sono delle ottime persone che mi danno fiducia e a volte serve solamente che qualcuno che creda in te. Diciamo che se quel qualcuno è il tuo allenatore allora tanto meglio perché il supporto diventa totale, anche mentale. Con la Tudor mi sembra più facile fare dei risultati, perché so di non essere mai solo. 

Per portare questa maglia fino alla fine cosa serve?

Attenzione. Tutti quelli che si trovano nella top 10 sono avversari pericolosi e temibili. Tutti i team vorranno attaccarci e prendere il simbolo del primato, questo renderà la corsa molto interessante. Sono pronto ad affrontarla, ed è sempre meglio farlo con quarantuno secondi di vantaggio. Per me sarebbe già un ottimo risultato lottare per vincere questa corsa.

Tirreno-Adriatico 2025 ,Andrea Vendrame

Vendrame va al Catalunya e la Classicissima la guarda in tivù

20.03.2025
4 min
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La tappa di Colfiorito dell’ultima Tirreno-Adriatico era lunga 239 chilometri. Pioveva da tutto il giorno e quando i più forti si sono presentati nello stretto arrivo, il solo capace di nascondersi e saltare fuori al momento giusto è stato Andrea Vendrame (foto di apertura). Pioveva anche a Sappada, lo scorso 24 maggio, quando il trevigiano conquistò la tappa del Giro a capo di 147 chilometri di fuga.

Vendrame sa vincere quando il tempo è brutto. E dato che sabato alla Milano-Sanremo si annuncia pioggia, sembra veramente strano che la Decathlon-Ag2r abbia deciso di non portarlo. Fra Bennett (il solo dei 7 prescelti ad aver vinto: due tappe al Tour de la Provence, categoria 2.1), De Pestel, Gautherat, Gudmestad, Lafay, Naesen e Paret Peintre un posto per l’unico italiano della squadra, per giunta vincente nel WorldTour e in condizione, non si trovava?

Al Giro d’Italia 2024, la vittoria di Sappada era già venuta a capo di una giornata sotto la pioggia
Al Giro d’Italia 2024, la vittoria di Sappada era già venuta a capo di una giornata sotto la pioggia

Emozioni e imprevisti

Ovviamente si tratta della considerazione di chi scrive, perché Vendrame sa stare al suo posto e non si lamenta. Ha imparato a godere delle conquiste raggiunte, progettandone di nuove, in questo suo correre fatto di emozioni e grandi scariche di adrenalina. Il periodo gli è favorevole, non era andata male neppure alla Strade Bianche, secondo migliore italiano al traguardo: un secondo più lento di Formolo.

«Ma quella è una corsa dai mille imprevisti – racconta – abbiamo visto i risultati e le foto. Tante cadute, tante forature, un disastro tutta la giornata. Purtroppo sul Sante Marie, ero ruota di Pello Bilbao e mi sono mancati quei 30-40 metri per scollinare con il primo gruppo. Però la condizione si è vista ed è buona. Alla Tirreno l’obiettivo era la tappa di Colfiorito ed è andata di lusso».

Anche nella tappa di montagna del sabato verso Frontignano, Vendrame ha ritentato la fuga
Anche nella tappa di montagna del sabato verso Frontignano, Vendrame ha ritentato la fuga

L’estro di Bettini

Emozioni e imprevisti sono il soggetto di una sua riflessione social, che ci è parsa interessante da approfondire. Nel ciclismo dei numeri esatti, dei test, dei rapporti fra chili e watt che smontano qualsiasi sogno, leggere di uno che parla di emozioni e imprevisti ti fa credere nuovamente nelle favole. Soprattutto uno che sta lì e le corse se le gioca col duro lavoro, ma anche la scaltrezza di azzeccare la mossa giusta al momento giusto. Uno come Bettini, facendo tutte le proporzioni: uno che non vince solo con le gambe, ma anche con lo spirito.

«L’imprevisto a Colfiorito – spiega – vista la lunghezza della tappa, è stata la pioggia. Però è andato tutto bene, bisognava mantenere la calma nel finale e gestirla al meglio. Sapevo di avere una buona condizione, la gamba c’era e infatti ci ho riprovato anche nei giorni successivi. Però vi confermo che la testa conta tanto.

«Se hai una mentalità forte, è fatta al 90 per cento. Bisogna mantenere la calma, sapersi gestire e non farsi prendere dal panico. Il giorno di Trasacco, quando ha vinto Kooij, ero rimasto tagliato indietro e ad inseguire da solo, mi sarei finito. Invece la fortuna ha voluto che Landa davanti abbia bucato, sia stato ripreso e poi la squadra lo ha portato ancora sui primi. E io da disperso che ero, alla fine sono arrivato sesto».

Da solo sui tornanti del Monte Grappa al Giro del 2024: Vendrame ama andare all’attacco
Da solo sui tornanti del Monte Grappa al Giro del 2024: Vendrame ama andare all’attacco

Dal Catalunya al Giro

L’imprevisto sarebbe a questo punto essere schierato per la Sanremo, ma in apparenza non sono state previste eccezioni, a meno di ripensamenti nelle prossime ore.

«Per cui per ora la Sanremo resta un sogno – chiude Vendrame – perché la squadra mi ha comunicato da tempo che non l’avrei fatta. Da programma sono previsto al Catalogna, ma è chiaro che essendo l’unico italiano del team, un po’ dispiaccia. Per questo poi comincerò a pensare al Giro d’Italia, l’obiettivo principale dell’annata, dove correrò per vincere una tappa».

XCR TRI: la gamma di bici al servizio di cronoman e triatleti

16.12.2024
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VAN RYSEL arriva con una bella novità sul mercato: la gamma di biciclette da triathlon XCR TRI. Tre modelli chiamati XCR TRI, XCR TRI Ultegra Di2 e XCR TRI Rival. Realizzate dal marchio francese in collaborazione con Swiss Side, azienda specializzata in studi sull’aerodinamica. Queste nuove biciclette realizzate per le prove contro il tempo e il triathlon sono quindi frutto di approfonditi test e studi in galleria del vento. La gamma XCR TRI offre una bassa resistenza all’avanzamento e assicura una velocità di punta ottimale. A tutto questo si aggiunge una grande efficienza generale, che favorisce la ricerca della massima prestazione. 

Per lo sviluppo della XCR TRI sono state spese tante ore in galleria del vento
Per lo sviluppo della XCR TRI sono state spese tante ore in galleria del vento

I consigli dei grandi campioni

E’ proprio grazie ai consigli e al supporto di atleti di alto profilo che la gamma XCR TRI è stata sviluppata per essere super efficiente sia nel triathlon che nel ciclismo professionistico. Tra questi spiccano Denis Chevrot, due volte campione europeo dell’Ironman, e i corridori della Decathlon AG2R La Mondiale, ai quali VAN RYSEL fornirà le bici per la stagione 2025

Tra i suggerimenti principali dati da Denis Chevrot c’è quello di munire la XCR TRI con punti di stoccaggio, ideali per riporre barrette e gel da utilizzare nelle prove di lunga durata. Le biciclette sono state costruite con l’assemblaggio di 486 componenti in carbonio, per garantire un perfetto equilibrio tra leggerezza, rigidità e durata.

Una bicicletta realizzata seguendo i consigli di atleti di alto livello, come Denis Chevrot: volte campione europeo dell’Ironman
Una bicicletta realizzata seguendo i consigli di atleti di alto livello, come Denis Chevrot: volte campione europeo dell’Ironman

Costruite per la velocità

L’intera gamma delle biciclette XCR TRI è stata costruita con l’intento di avere il migliore mezzo possibile, in grado di fornire il giusto supporto nelle sfide contro il tempo. Un prodotto nato dopo 36 mesi di meticoloso lavoro, sviluppo e costante miglioramento. Dopo tanti studi e continui miglioramenti è nata la XCR UCI. Modello utilizzato da Ben O’Connor durante i campionati del mondo di Zurigo nel mixed team relay dove la nazionale australiana ha vinto la medaglia d’oro. La XCR TRI UCI si è anche laureata campione nazionale a cronometro francese insieme a Bruno Armirail

Il peso del telaio è una delle caratteristiche che fa la differenza a livello qualitativo, infatti il modello XCR TRI Ultegra Di2 pesa solamente 1490 grammi in taglia M, ai quali vanno aggiunti i 490 grammi della forcella. L’attenzione ai dettagli non è solo nella scelta del carbonio ma anche nella sua disposizione. La bicicletta è studiata per tagliare perfettamente il vento, senza conseguenze negative sulla guidabilità. 

Il modello XCR TRI UCI ha vinto l’oro con Ben O’Connor nel mixed team relay a Zurigo 2024
Il modello XCR TRI UCI ha vinto l’oro con Ben O’Connor nel mixed team relay a Zurigo 2024

Posizionamento perfetto

La posizione sulla bicicletta è fondamentale per le prestazioni e, nella ricerca ci si è resi conto che la regolabilità è la chiave per ottenere la posizione perfetta. Per questo motivo la gamma XCR TRI consente una grande quantità di regolazioni, ogni ciclista potrà quindi trovare quella migliore per le sue caratteristiche. 

«Siamo incredibilmente orgogliosi – ha detto Jeremie Debeuf, head of product di VAN RYSEL – di presentare il nuovo VAN RYSEL XCR TRI. Il nostro obiettivo è stato quello di superare i limiti dell’aerodinamica e del comfort, creando una bicicletta che offrisse prestazioni ineguagliabili Abbiamo progettato il telaio in modo che potesse essere uno dei modelli più veloci presenti in circolazione. Dal cockpit altamente regolabile alle soluzioni di stivaggio integrate, ogni dettaglio è stato progettato per rispondere alle esigenze dei moderni triatleti e cronoman. Questa bicicletta è un vero e proprio biglietto da visita, che racchiude la filosofia, l’esperienza e l’anima del marchio VAN RYSEL».

Due le versioni disponibili: XCR TRI Ultegra Di2 e XCR TRI Rival. La prima è in vendita al prezzo di 7.700 euro, la seconda di 6.200 euro. 

VAN RYSEL

O’Connor, quattro anni in Francia e l’inglese ritrovato

15.12.2024
7 min
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ALTEA (Spagna) – Dato che non può ancora indossare gli abiti del Team Jayco-AlUla, Ben O’Connor ha pensato bene di presentarsi in ritiro con la maglia bianca e sopra una giacca larga e marrone. Di ottimo umore e anche leggermente abbronzato, l’australiano per quest’inverno non tornerà in patria, essendo diventato da poco papà e volendosi calare appieno nella parte di leader del nuovo team. Australiano come lui.

Riepiloghiamo, per chi fosse rimasto scollegato. Dopo aver conquistato il secondo posto alla Vuelta alle spalle di Roglic (che l’ha detronizzato a tre tappe dalla fine), l’australiano ha vinto con la sua nazionale il Team Mixed Relay ai mondiali di Zurigo e poi si è piazzato secondo nella gara in linea alle spalle di Pogacar e prima di Van der Poel. Ha riannodato in un solo colpo il filo che penzolava dopo il quarto posto al Tour del 2021, guadagnando valore di mercato e stuzzicando l’ambizione della squadra di Brent Copeland, che l’ha ingaggiato per farne il leader nei Grandi Giri. Lo incontriamo nei giorni del training camp della Jayco-AlUla ad Altea, lungo la costa fra Calpe e Benidorm.

O’Connor viene dalla punta più a Sud dell’Australia Occidentale, da una cittadina di settemila abitanti che si chiama Subiaco. Se qualcuno a questo punto ha pensato che c’è una Subiaco anche in Italia, a sud di Roma, sappia che l’omonimia non è casuale. Nell’area inizialmente popolata dagli aborigeni, nel 1851 si stabilì infatti una comunità di Benedettini che fondò la città dandole il nome di New Subiaco, proprio in onore della città italiana. A Subiaco, infatti, San Benedetto aveva fondato dodici monasteri e di uno era divenuto egli stesso l’abate. Otto anni dopo gli stessi monaci costruirono un grande monastero e nel 1881 la città prese semplicemente il nome Subiaco.

Tre le vittorie 2024 di Ben O’Connor, 29 anni: la Vuelta Murcia, la 6ª tappa della Vuelta (sopra), il Team Mixed Relay ai mondiali
Tre le vittorie 2024 di Ben O’Connor, 29 anni: la Vuelta Murcia, la 6ª tappa della Vuelta (sopra), il Team Mixed Relay ai mondiali
Come sta andando l’inverno?

Bene, finora il tempo è stato molto bello, piuttosto mite. Di solito vado via da Andorra quando nevica, non credo di esserci mai rimasto con la neve fuori dalla porta. Io andavo via e la neve arrivava, con un tempismo perfetto. Ma quest’anno che non ho intenzione di partire, la neve sembra non voler venire. Curiosa coincidenza.

Come si guarda indietro alla stagione 2024?

La guardo con un sorriso, è stato fantastico. Poche cose sono andate storte, ma ce ne sono sicuramente alcune che so di poter migliorare. Si potrebbe pensare che uno sia al settimo cielo, ma ci sono sempre prestazioni migliori, risultati migliori o modi migliori di gestire le situazioni. Però è stato certamente un anno da sogno.

Hai conservato tutte le maglie rosse della Vuelta?

Ne ho un sacco, questo è certo. Anche se hai vestito la maglia di leader in una qualsiasi gara World Tour, vorresti tenerla. E’ un ricordo, una cosa speciale. Se poi parliamo di un Grande Giro, è la ciliegina sulla torta. Indossare la maglia rossa per due settimane è stato qualcosa di diverso. Scendere dall’Andalusia attraverso la Galizia fino alla Cantabria è stato davvero una cosa grande. Il bello di quest’anno è che sono riuscito a mostrare la migliore versione di me in tutte le gare.

O’Connor ha conquistato la maglia di leader della Vuelta vincendo la 6ª tappa e l’ha difesa per i 12 giorni successivi
O’Connor ha conquistato la maglia di leader della Vuelta vincendo la 6ª tappa e l’ha difesa per i 12 giorni successivi
Avete individuato un fattore chiave per ottenere questa costanza durante la stagione?

Non so se sia l’età o il fatto di aver imparato a gestire il volume di allenamento. Il corpo ha imparato ad assorbire il carico di lavoro e fisicamente sono migliorato ogni anno da quando ho iniziato. Si impara a riposare e ad allenarsi per dare tutto quando serve. La squadra ha avuto un piano molto chiaro per ogni gara e in questo contesto abbiamo deciso che io fossi l’uomo delle classifiche generali. Alla Vuelta i ragazzi erano un po’ più al guinzaglio perché avevamo la maglia, però al Giro abbiamo vinto due tappe, con Vendrame e Valentin Paret-Peintre. La chiarezza è stata alla base di tutto ed è qualcosa su cui ragionare per la prossima stagione.

Pensi che potrai ripetere quello che hai vissuto quest’anno?

Probabilmente non rimarrò in testa alla Vuelta per due settimane, ma credo di potermi avvicinare. Non so se il 2024 rimarrà l’anno migliore della mia vita di corridore, ma di sicuro l’anno prossimo potrò ottenere prestazioni simili. Non ho dubbi sul fatto che possa migliorare, perché so che posso fare di più. Poi è chiaro che i risultati sono difficili da confermare, fai del tuo meglio e le cose magari non funzionano. Serve essere intelligenti. Non credo che al mondiale fossi il secondo più forte del gruppo, ma me la sono giocata meglio e alla fine ho preso la medaglia d’argento. Il ciclismo è così, non sempre alle prestazioni corrispondono i risultati.

Cosa ti fa pensare che l’anno prossimo otterrai prestazioni migliori?

Sono fiducioso perché, per esempio, nell’ultima settimana del Giro sono stato male come un cane. Eppure alla fine è stata una grande occasione persa, perché avrei avuto ugualmente la possibilità di salire sul podio, ma non ce l’ho fatta. Sarei potuto salire sul podio in entrambi i Grandi Giri della mia stagione. Avrei potuto vincere il UAE Tour e conquistare una gara a tappe WorldTour, invece Van Eetvelt è stato migliore di me. Tante cose sarebbero potute accadere, ma non sono successe. E io so che l’anno prossimo si può migliorare, ma non si può tornare indietro e cambiare il tempo.

O’Connor non ama le classiche ma riconosce l’atmosfera unica del mondiale con la maglia della nazionale
O’Connor non ama le classiche ma riconosce l’atmosfera unica del mondiale con la maglia della nazionale
Pensi di poterti avvicinare a Pogacar e Vingegaard?

No, sono fuori portata, sono troppo forti. Posso essergli vicino in certi giorni, ma non credo fisicamente di avere il loro stesso talento.

Arriverai al punto di pianificare le tue gare in base a ciò che non fanno loro?

Sì, è possibile. Si potrebbe seguire questa linea, perché ciascuno di noi ha sempre il proprio obiettivo personale. Potrei fare ogni anno il Giro se volessi, ma significherebbe evitare il Tour, che alla fine è l’apice. E proprio per questo tutti vogliono andare in Francia, perché è la corsa più importante dell’anno e tu vuoi esserci. Lo sport è pieno di grandi campioni, è una sua caratteristica, così come il fatto che non si può vincere tutto. Non si può evitare di andare al Tour e neppure di essere sconfitti, perché così è lo sport professionistico. Devi andare avanti e affrontarlo.

Perché si guarda a te solo per i Giri quando la tua prima vittoria 2024 è stata la Vuelta Murcia, di un solo giorno, poi sei arrivato secondo al mondiale?

Le corse di un giorno sono qualcosa che il mio ex allenatore ha sempre pensato che avrei dovuto fare di più. Solo che i programmi non si sono mai allineati. Le classiche devono piacerti e io non le trovo proprio così divertenti. Non è che proprio non veda l’ora che arrivino Amstel, Freccia e Liegi. Invece il mondiale è un po’ diverso, perché ha un’atmosfera da brivido. Indossi la maglia della nazionale australiana insieme agli altri corridori australiani ed è davvero una cosa speciale e allo stesso tempo per me un’eccezione. Con le corse di un giorno devi davvero metterti in gioco, mentre nelle corse a tappe puoi aspettare. Puoi essere il migliore semplicemente alla fine, che sia con la cronometro o sulla cima di una montagna. Invece durante la gara di un giorno, devi andare a cercarti anche il vento, devi essere aggressivo ed è un modo piuttosto divertente di gareggiare. Quindi da un lato non mi fanno impazzire, dall’altro forse potrei impegnarmici di più.

Il concetto di O’Connor è chiaro: la Decathlon non era il team più forte, ma ha guidato la Vuelta grazie a ruoli ben definiti
Il concetto di O’Connor è chiaro: la Decathlon non era il team più forte, ma ha guidato la Vuelta grazie a ruoli ben definiti
Che cosa hai imparato dal 2024?

Che puoi anche non avere una squadra di superstar, ma puoi ugualmente controllare una gara. Alla Vuelta avevamo un gruppo di bravi ragazzi, ma non certo dei campionissimi. Al confronto con quelli della UAE eravamo inferiori, ma i miei compagni sono stati forti perché avevano un compito prestabilito da svolgere e sono stati in grado di farlo. Ne sono rimasti tutti colpiti e abbiamo imparato che se hai le idee chiare, puoi riuscirci a prescindere dal nome dei tuoi compagni.

E’ scontato dire che il legame con l’Australia sia stato un fattore importante nella tua scelta?

No, di sicuro è stato un fattore importante. Sono stato per quattro anni in una squadra francese e ha significato cambiare completamente il mio stile di vita, il modo di comunicare. Se vai a correre in Francia, devi imparare prima di tutto la lingua. Sei tu il leader, hai la responsabilità di fare tu la corsa, eppure i direttori sportivi che ti guidano non parlano inglese. Così ho imparato a comunicare con i compagni e tutti i membri dello staff e i direttori. Soprattutto se sei un australiano in una squadra francese, devono davvero fidarsi di te perché vieni da un diverso modo di lavorare.

Una convivenza difficile?

Da un lato mi è piaciuta, ho vissuto un bel periodo, ma allo stesso tempo ero pronto per cambiare. Essere in una squadra australiana significa ritrovare la facilità di parlare e di stare con i ragazzi, me ne sono accorto già in questi pochi giorni. E anche con lo staff fila tutto liscio, si può parlare in modo diretto. Penso che come persona mi sentirò molto più a mio agio. In Francia mi sono divertito, ma qui è come tornare a casa.

Decathlon e VAN RYSEL: il ciclismo è ancora più strategico

13.12.2024
4 min
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LILLE (Francia) – La stagione 2025 del Team Decathlon AG2R La Mondiale è ufficialmente iniziata con una presentazione d’eccezione presso la Decathlon Arena di Lille. L’evento ha celebrato una straordinaria annata 2024, con 30 vittorie e 70 podi, e ha delineato ambiziosi obiettivi futuri, consolidando una partnership strategica tra Decathlon e la squadra francese fino al 2028.  

Céline Del Genes, Global Chief Customer Officer di Decathlon, ha sottolineato l’entusiasmo per il progetto: «Siamo parte integrante del team – ha affermato a bici.PRO – non solo uno sponsor. Per questo motivo, abbiamo deciso di estendere la nostra collaborazione e diventare fornitori unici della squadra, curando ogni singolo dettaglio: dall’abbigliamento tecnico in corsa e fuori corsa, fino agli accessori». Questo passo segna un’ulteriore dimostrazione del supporto di Decathlon per il ciclismo professionistico, non solo come sponsor ma come partner a tutto tondo».  

I corridori della Decathlon AG2R La Mondiale si apprestano a iniziare la stagione 2025
I corridori della Decathlon AG2R La Mondiale si apprestano a iniziare la stagione 2025

La nuova “areo” RCR-F

Durante l’evento, è stata presentata la nuova RCR-F: una bicicletta aerodinamica firmata VAN RYSEL, sviluppata in collaborazione con SwissSide e con il contributo diretto degli atleti del team. Questo modello, già notato in versione prototipale durante il Tour de France con Sam Bennett, sarà ufficialmente lanciato alla Parigi-Roubaix del prossimo anno. La RCR-F promette prestazioni straordinarie, con un risparmio aerodinamico di oltre 13 watt rispetto al modello precedente, la RCR-R, grazie a una progettazione innovativa focalizzata sulla velocità e sull’efficienza.  

Oltre alla nuova bici, VAN RYSEL ha ridisegnato anche i completi del team. I nuovi kit, sviluppati in galleria del vento e testati con rigorosi studi aerodinamici, combinano adesso performance elevate e un’identità visiva distintiva. Le divise si caratterizzano per materiali avanzati e una struttura ottimizzata, offrendo un risparmio energetico di circa 20 watt per i corridori. Le maniche bicolore rimangono un elemento distintivo, mentre il motivo “galaxy” si evolve, simboleggiando il flusso d’aria e l’intensità della competizione.  

Ed il design si estende anche agli accessori, come caschi e occhiali, ora caratterizzati dal verde emblematico di VAN RYSEL, migliorando la visibilità dei ciclisti nel gruppo. Anche le biciclette mantengono un’estetica iconica, con forcelle blu nella parte anteriore e dettagli verdi sul retro, per identificare facilmente gli atleti nel corso dei sempre concitati sprint sulla linea d’arrivo.  

Obiettivi ambiziosi per il 2025

Il 2025 si prospetta come una stagione di consolidamento e crescita per il Team Decathlon AG2R La Mondiale. Con il supporto solido e convinto di Decathlon, e l’innovazione tecnologica di VAN RYSEL, la squadra punta difatti a rafforzare il proprio ruolo di protagonista nel panorama ciclistico internazionale. E la Parigi-Roubaix, corsa simbo per la regione di Lille, ma anche per Decathlon, rappresenterà un banco di prova decisivo per la nuova RCR-F e per gli atleti del team.

Foto3 (Céline Del Genes, Global Chief Costumer Office di Decathlon)
Foto3 (Céline Del Genes, Global Chief Costumer Office di Decathlon)

Con l’unione di competenza, passione e innovazione, il Team Decathlon AG2R La Mondiale si prepara a scrivere un nuovo capitolo nella storia del ciclismo professionistico. Il 2025 si annuncia come un anno di sfide e successi, con lo sguardo sempre rivolto verso il futuro.

VAN RYSEL

Vuelta, mondiali e nuova squadra: cosa dice O’Connor?

19.10.2024
7 min
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TORINO – Il peso di una Nazione sulle spalle, ma Ben O’Connor non è uno che si lasci influenzare dal giudizio altrui né dalle pressioni. L’ha dimostrato con un finale di stagione da applausi, andandosi a prendere il tanto agognato podio in un Grande Giro alla Vuelta, riscattandosi così di quello sfuggitogli all’ultimo Giro d’Italia e in precedenza al Tour del 2021. Non contento, ha sfoderato un’altra piazza d’onore di prestigio nella rassegna iridata in quel di Zurigo.

Mentre lo guarda svolgere i test all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torino, Brent Copeland si frega le mani pensando al gioiellino che sarà il farò della Jayco-AlUla per il 2025. L’aspetto che lo stuzzica di più è proprio il fatto che i due secondi posti ottenuti dal ventottenne di Perth siano arrivati in corse così diverse sia come tipologia sia per le condizioni ambientali e metereologiche. Ora il manager della squadra australiana è ancora più convinto nell’avergli affidato il compito di raccogliere l’eredità di Simon Yates.

Abbiamo incontrato Ben O’Connor in occasione delle visite del Team Jayco-AlUla presso il Centro IRR di Torino
Abbiamo incontrato Ben O’Connor in occasione delle visite del Team Jayco-AlUla presso il Centro IRR di Torino
Ben, che effetto ti fa il pensiero di indossare dal 1° gennaio 2025 la maglia di una squadra australiana?

I quattro anni con la Decathlon hanno rappresentato un’esperienza completamente nuova, ma sarà speciale far parte di una squadra del mio Paese. Mi conforta molto perché, pur vivendo a migliaia di chilometri dalla nostra Australia, in effetti mi sentirò un po’ a casa. Sono contento di ritrovare un amico come Luke Durbridge e uno staff di connazionali. Essere il capitano della Jayco-AlUla in un Grande Giro poi, sarà una motivazione enorme ad alzare ancora l’asticella per portare in alto la nostra bandiera comune. Spero di ripetere quanto fatto quest’anno.

Sei cresciuto in una Nazione esplosa con i successi di campioni come Cadel Evans e Simon Gerrans: hai sempre pensato di fare il ciclista?

In realtà, no. Ho provato moltissimi sport, come ad esempio il cricket, il calcio e anche la corsa. Il Tour de France era sempre in tv da noi, ma il ciclismo non è mai stata un’ossessione, semmai un’opportunità che si è creata. Ci ho provato e, con il supporto dei miei genitori che mi hanno comprato la prima bici da corsa, è cominciato tutto. E’ successo tutto in fretta e in maniera inaspettata. In poco tempo mi sono trovato da correre nelle gare nazionali in Australia a gareggiare col primo team Continental in Asia. Fino ad arrivare in Europa l’anno dopo, nel 2017, e cominciare a vivere come un ciclista professionista

Nell’ultima settimana, O’Connor ha perso l’occasione di scalare il podio del Giro. Sul Grappa 9° posto di tappa
Nell’ultima settimana, O’Connor ha perso l’occasione di scalare il podio del Giro. Sul Grappa 9° posto di tappa
Sei passato da essere spettatore alla tv a esserne protagonista, visto che negli ultimi anni ti abbiamo visto parecchio anche nella serie sul Tour de France trasmessa da Netflix. Ti sei divertito?

Forse sono stato in onda pure troppo e chiedo scusa a tutti gli utenti che mi hanno guardato. Dai, almeno non ci sono nella prossima stagione, per cui vi do un po’ di sollievo. E’ stato interessante, ma direi che preferisco vedere le corse piuttosto che la serie di Netflix.

Beh, il tuo 2024 è stato un film avvincente, sei d’accordo?

Direi proprio di sì, penso di aver finalmente espresso il mio potenziale. Al Giro mi è spiaciuto stare male l’ultima settimana. In quel momento pensavo soltanto al podio perso nella generale e non sapevo se e quando mi sarebbe ricapitata un’altra occasione del genere. Poi, quando mi sono trovato in testa alla Vuelta per due settimane, è stato folle.

La vittoria di Yunquera ha permesso a O’Connor di salire in testa alla Vuelta e di restarci fino alla 19ª tappa
La vittoria di Yunquera ha permesso a O’Connor di salire in testa alla Vuelta e di restarci fino alla 19ª tappa
Com’è stato per la prima volta trovarsi al comando di un Grande Giro?

E’ stato pazzesco indossare una maglia iconica come quella rossa. Vedi gli altri farlo nei Grandi Giri e ti chiedi mille volte che cosa si provi. Poi tocca a te ed è incredibile, un mix di orgoglio e consapevolezza di essere un vincente. In quel momento, comunque, sei davanti a tutti. Non c’è niente di meglio e se non ti fai distogliere dalle tante attenzioni, è una carica in più.

A volte non ti sembra ti chiedere troppo a te stesso?

Sono entusiasta del mio finale di stagione perché ho raggiunto il livello che sapevo di valere. Il quarto posto al Giro mi aveva lasciato una sensazione di incompiutezza perché sentivo di poter valere di più, così come già all’Uae Tour perso all’ultimo giorno per appena due secondi. Il secondo posto alla Vuelta, invece, è stato come una vittoria per me.

Indossare la maglia rossa e difenderla (qui ai Lagos de Covadonga) ha fatto crescere la consapevolezza di O’Connor
Indossare la maglia rossa e difenderla (qui ai Lagos de Covadonga) ha fatto crescere la consapevolezza di O’Connor
E tra quella piazza d’onore sudata per tre settimane e quella della domenica mondiale, che punti in comune ci sono?

In entrambi i casi ho dato tutto quello che avevo e ho finito senza nessun rimpianto né alcun pensiero negativo. Sia in Spagna sia in Svizzera ho interpretato la corsa nel migliore dei modi. Punto. E ora sono carichissimo per la prossima stagione.

Non ti ha un po’ sorpreso essere sul podio nella gara di un giorno, primo degli umani dopo l’imprendibile Pogacar?

Il mio allenatore alla Decathlon continuava a ripetermi che avrei dovuto fare più corse di un giorno perché si addicono alle mie caratteristiche, per cui penso che ora possa essere orgoglioso. Forse perché sono arrivato al mondiale senza troppe aspettative, non sapendo se avrei finito la corsa né tantomeno in che posizione, per cui figuriamoci sul podio. E’ stata una bella sorpresa, perché ero così stanco dopo la Vuelta che non ho fatto nemmeno la crono e così sono arrivato molto tranquillo alla prova in linea. 

Dopo la crono finale di Madrid, il prevedibile crollo emotivo: il podio è suo
Dopo la crono finale di Madrid, il prevedibile crollo emotivo: il podio è suo
Com’è stato lottare contro Pogacar?

Non ho lottato con lui, anche se in realtà ero proprio alla sua ruota quando è partito. Ho avuto un momento di riflessione e mi sono chiesto se avessi dovuto seguirlo. Ci ho provato e non ero così lontano. Lui viaggiava su un altro pianeta, per cui sono stato contento di aver sfruttato l’occasione per avvantaggiarmi sugli altri perché chiunque degli inseguitori avrebbe potuto fare secondo o terzo. 

Hai qualche hobby quando non pedali?

Mi piace stare comunque all’aria aperta e passare tempo con mia moglie o con i miei amici. Magari mi concedo qualche bicchiere di vino o di birra o un buon caffè, niente di speciale. Preferisco fare un bel picnic, una camminata in montagna o comunque qualunque attività outdoor.

Pensi già ai piani per il 2025?

E’ ancora tutto da decidere, ma mi piacerebbe tornare al Tour de France. Se poi riuscissi a inserire anche Giro o Vuelta non sarebbe male, ma non devi fare due Grandi Giri per forza e magari potrei tenermi questo piano per il 2026. Mi è sempre piaciuta la combinazione Giro-Vuelta, mentre non sono così sicuro dell’abbinamento Tour-Vuelta. Giro-Tour, invece, potrebbe essere stimolante perché d’altronde il Giro è il Grande Giro che forse si addice di più alle mie caratteristiche

Ai mondiali di Zurigo, O’Connor ha fatto la sua parte per la vittoria australiana nel Team Relay
Ai mondiali di Zurigo, O’Connor ha fatto la sua parte per la vittoria australiana nel Team Relay
A maggio non le avevi mandate a dire a chi criticava la neutralizzazione della tappa di Livigno sotto la neve. Hai visto quanto successo di recente con la cancellazione delle Tre Valli Varesine e che ne pensi delle reazioni del pubblico?

Non mi sognerei mai di dire a nessuno come deve svolgere il proprio lavoro. Non dirò mai a un avvocato come deve comportarsi né a un giudice o un investitore. Per questa ragione, mi è parso alquanto paradossale che ci fosse gente che parlasse alle nostre spalle riguardo a un lavoro che non conoscono e che non saprebbero nemmeno fare. Chiunque può andare in bicicletta, non è così difficile. Ma gareggiarci e fare il ciclista professionista è totalmente un altro mondo. Ho chiuso coi social media e preferisco non leggere cosa scrive la gente che pensa di poter fare il nostro mestiere. Dovremmo essere noi ciclisti, insieme agli organizzatori, a prendere le decisioni, non il pubblico. 

La tua salita preferita?

Port de Cabus, in Andorra, forse una delle più belle che abbia fatto. E poi anche Arcalis non scherza affatto.

Nocentini, 9 anni (e 9 giorni in giallo) alla corte di Lavenu

01.09.2024
6 min
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Ha fatto notizia il recente licenziamento di Vincent Lavenu da team manager della Decathlon-Ag2R La Mondiale, squadra da lui fondata nel 1992. Dapprima si chiamava Chazal-Vanille, poi diventò la Casinò e infine, dal 2000 al 2023, ha avuto come primo sponsor Ag2R.

Qualunque fosse il nome, Lavenu è stato per 32 anni l’anima di quella realtà, tuttora il più antico team professionistico francese in attività. Capace di conquistare complessivamente 19 vittorie di tappa al Tour de France, 5 al Giro d’Italia e 7 alla Vuelta a España.

Ne abbiamo parlato con Rinaldo Nocentini, nove anni alla corte di Lavenu, tra i quali spicca un 2009 memorabile in cui ha indossato per 8 tappe la maglia gialla al Tour de France. Oggi il toscano collabora con una squadra juniores che si chiama Mepak.

Rinaldo, come hai preso la notizia del licenziamento di Lavenu?

Non ne sapevo niente, me l’ha detto l’altro giorno Enzo Vicennati al telefono. Mi sembra molto strano, qualcosa dev’essere successo, si devono essere rotti degli equilibri. Anche perché normalmente i francesi sono molto attenti a queste cose, a gestire queste dinamiche internamente. Ripeto, è strano che sia stato licenziato così, a stagione in corso, subito dopo il Tour. Avrebbero potuto aspettare la fine dell’anno, quando anche l’attenzione mediatica è meno presente. Ho letto che sembra possa entrarci il caso doping di Bonnamour. Quello che posso dire io è che con noi ha sempre trattato il discorso doping molto chiaramente e rigidamente. Quindi l’impressione è che, forse, la nuova dirigenza possa avere preso la palla al balzo per sistemare attriti interni con questo pretesto.

Di lui che ricordi hai, che tipo di team manager è stato?

Ho corso nella sua squadra per nove stagioni, dal 2007 al 2015, ed è sempre stato un ottimo manager. Meticoloso, sempre presente nelle gare più importanti, al Tour la prima ammiraglia la guidava lui. Personalmente mi ci sono sempre trovato bene, perché ha un carattere molto tranquillo, ci potevi parlare, non era uno che urlava o sbraitava. Per esempio, quando sono stato in maglia gialla ha lasciato che mia moglie rimanesse con noi tutti i nove giorni, assieme alla squadra, una cosa tutt’altro che scontata. Mi trattava come un figlio, si potrebbe dire.

Hai accennato a quella maglia gialla del 2009, un momento speciale per te ma anche per tutto il team. Ci racconti com’è andata?

Quel giorno era in maglia gialla Cancellara, e alla riunione della mattina avevamo deciso di andare in fuga. La tappa era Barcellona-Andorra, arrivo in salita oltre i 2000 metri. Alla fine ci siamo riusciti, in tutto eravamo in dodici, due della nostra squadra. All’inizio ovviamente pensavo solo alla tappa, poi negli ultimi chilometri è passato la moto con la lavagnetta che diceva che avevamo ancora quasi 6 minuti di vantaggio. In quel momento ho detto, ok, ci provo, vediamo se riesco a prendere la maglia. Non mi sono più preoccupato di seguire gli scatti degli altri e sono andato su del mio passo, anche se mi ricordo che c’era vento contro ed è stata molto dura. Ma dopo l’arrivo del gruppo, quando abbiamo capito che avevamo conquistato la maglia, è stato fantastico.  In hotel abbiamo festeggiato tutti assieme, per quanto possibile durante un Tour de France, e Vincent era più che felice, radioso.

Anche perché quella maglia poi l’avete tenuta per molte altre tappe, otto in totale.

Esatto, otto tappe più il riposo, nove giorni in totale. Non è stato facile perché avevo solo 6’’ di vantaggio su Contador e 8 Armstrong. Quindi sarebbe bastato un buco, una volata, per cui è stata battaglia ogni giorno. Poi c’è da dire che a loro, i favoriti, andava anche bene che la maglia la tenessimo noi, almeno per un po’. Quel periodo per noi è stato bellissimo, il giorno di riposo poi hai il mondo addosso, tutti ti cercano, tutti vogliono farti interviste. A fine Tour calcolarono che il valore della visibilità per lo sponsor data da quei giorni in maglia gialla era quantificabile in circa 60 milioni di euro. Capite bene perché Vincent non poteva che essere contento.

Facciamo un passo indietro, all’inizio della tua esperienza con Lavenu. Qual’è il tuo primo ricordo a riguardo?

Molto bello direi. La prima corsa con loro è stato il Giro del Mediterraneo e sono riuscito a vincere la 4ª tappa, quella del Mont Faron. Era la salita simbolo della gara, dove avevano vinto campioni come Bartoli e Casagrande. Lavenu lì non era mai riuscito a vincere, e così è stato un tripudio. Mi ricordo che feci la premiazione e poi partimmo subito in macchina per correre in albergo a berci una birra tutti assieme. Eravamo appena partiti quando gli addetti dell’antidoping ci hanno bussato sul finestrino per fermarci. In quanto vincitore di tappa dovevo presentarmi al controllo, ma dalla contentezza tutti in squadra se n’erano dimenticati. Ovviamente poi siamo scesi e l’abbiamo subito fatto.

Un team manager presente e allo stesso tempo alla mano, insomma.

Direi proprio di sì. Mi ricordo un altro episodio, al Tour del 2010. Quell’anno ero reduce da un infortunio, quindi tendevo a correre sempre in fondo al gruppo. Ad un certo punto Lavenu è venuto da me e mi ha detto, con la sua pacatezza ma comunque molto deciso: «Non penserai mica di stare lì tutto il tempo…». Allora ho annuito e ho subito risalito il gruppo.

Per finire un’ultima domanda su quel magico 2009. Quel Tour non era nei tuoi programmi ad inizio stagione. Quando hai saputo che ci saresti stato?

La stagione iniziò bene con la vittoria di una tappa al Giro di California, poi purtroppo presi la mononucleosi. Al campionato italiano però feci bene e il giorno dopo, era un lunedì, Lavenu mi chiamò per chiedermi se volessi andare al Tour. Io ovviamente accettai di corsa, perché si trattava della mia prima volta alla Grande Boucle. In squadra c’era una certa aspettativa perché l’anno prima avevamo fatto 9° e 10° in classifica con Valjavec ed Efimkin. Io avrei dovuto aiutarli, ma loro ebbero dei problemi e alla fine io feci 13°, un risultato di tutto rispetto per un esordiente. Però nulla a confronto con quei 9 giorni in giallo. Quelli, per me e per la squadra, certamente anche per Vincent Lavenu, valsero quasi un podio.

La Ag2R licenzia Lavenu: fine (triste) di una lunga storia

22.08.2024
5 min
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Lo ha ben raccontato L’Equipe: Vincent Lavenu non è più il team manager della Decathlon-Ag2R La Mondiale. E anche se era intuibile che il cambiamento sarebbe arrivato, nessuno si aspettava che nei confronti del suo fondatore si arrivasse a un licenziamento come quello che si è consumato. Il tempo che si chiudesse il Tour de France a Nizza, ricostruisce il quotidiano francese, e al fondatore della squadra è arrivata una mail in cui si annunciava l’apertura del processo di licenziamento. Contestualmente, gli sarebbe stato chiesto di restituire telefono aziendale, computer e auto.

Avevamo parlato con lui proprio in Francia, ragionando sulle prestazioni opache dei suoi ragazzi al confronto con quelle sfavillanti del Giro e ci aveva fatto capire che di colpo il clima in squadra non fosse più così sereno. Nulla lasciava però pensare all’epilogo poi andato in scena.

Rinaldo Nocentini e la sua maglia gialla del 2009 danno lustro inatteso alla squadra
Rinaldo Nocentini e la sua maglia gialla del 2009 danno lustro inatteso alla squadra

La Chazal-Vanille

Lavenu quella squadra l’ha fondata nel 1992 con un produttore di salumi francese. E’ la Chazal-Vanille del gigante Kirsipuu, che con gli anni diventa la Casinò e poi dal 2000 al 2023 ha come primo nome Ag2R, abbinato dal 2021 al 2022 a Citroen. Ogni volta Lavenu è lì a raccontarla, costruirla, tenerla insieme. Ogni volta con la sua serietà di uomo all’antica, che sulla soglia dei 68 anni già pensava che fosse arrivato il momento della pensione, ma si era certamente augurato di poter gestire l’uscita di scena. Magari dando a sua figlia Magali, inizialmente addetta stampa del team, il ruolo di responsabilità di cui parlava già da un po’. Magari lanciando un team femminile. I progetti non mancavano.

Invece lo hanno convocato. Dall’altra parte del tavolo ha trovato il nuovo direttore generale, Dominique Seryes, e il segretario generale Philippe Chevallier che aveva assunto a sua volta come vice. Nessuno ha raccontato esattamente come sia andato l’incontro, ma pare che al termine Lavenu abbia avuto un malore e per questo sia stata chiamata un’ambulanza dei Vigili del Fuoco. Da quel momento Lavenu ha affidato la gestione della vicenda a un avvocato.

Il caso Bonnamour

L’Equipe ha cercato di ricostruire con i contatti interni alla squadra e pare che la causa scatenante del licenziamento sarebbe stato il caso doping di Bonnamour. Il corridore francese, 29 anni, è stato sospeso dall’UCI dopo il Tour Down Under a causa di anomalie nel suo passaporto biologico e licenziato dalla squadra il 26 marzo. A Lavenu sarebbe stato imputato il ritardo con cui ha informato i suoi nuovi capi della situazione in corso. Sta di fatto che, con rapidità sorprendente rispetto alle abitudini, scattato il licenziamento, il suo nome è scomparso dall’organigramma del team, dove figurava ormai come direttore sportivo e non più come manager.

Il passaggio era avvenuto infatti nel luglio scorso con la nomina di Dominique Serieys da parte della direzione dell’AG2R La Mondiale, anche se (alla larga da sguardi indiscreti) i problemi erano iniziati tre anni prima.

Dal 2013 al 2017 è anche la squadra di Domenico Pozzovivo
Dal 2013 al 2017 è anche la squadra di Domenico Pozzovivo

Nasce la Ag2R-Citroen

Per consentire alla sua squadra di crescere e reggere il confronto internazionale, nel 2020 Lavenu ha costruito una nuova sede. E’ il progetto Ag2R-Citroen, raccontato come una meraviglia francese e come salto di qualità significativo, con l’arrivo di corridori come Greg Van Avermaet. Invece è l’inizio dei problemi.

Per metterlo in strada, Lavenu si indebita personalmente e proprio in quel momento iniziano i problemi. Per motivi non annunciati, Citroen attiva improvvisamente la clausola di recesso dopo tre dei cinque anni per cui ha firmato. Mentre Ag2R nomina un nuovo direttore generale, poco propenso ad assecondare gli slanci del manager francese.

Nel 2021 arriva Van Avermaet, oro olimpico a Rio 2016
Nel 2021 arriva Van Avermaet, oro olimpico a Rio 2016

Le carte sul tavolo

E’ la fine una partnership importante e antica, per i tempi del ciclismo. Un investimento, certo, ma anche un hobby per i grandi sponsor, che di colpo si trasforma in mero business. Per questo Ag2R La Mondiale mette le carte sul tavolo e offre due scelte. Rilevare la società, oppure andarsene. Il prezzo d’acquisto proposto, ricostruisce L’Equipe, sarebbe di 8.000 euro: una cifra che stupisce anche i due corridori presenti all’incontro. Il cambio di strategia è argomentato con la necessità di passare a società sportive meno romantiche, ma in grado di reggere il confronto con l’iper professionalizzazione dello sport.

Lavenu è nell’angolo. Ha cento dipendenti da tutelare e capisce che l’uscita di Ag2R La Mondiale sarebbe per questo drammatico. Per cui il contratto viene firmato. Lavenu resta nella posizione di direttore generale, ma contestualmente deve firmare una modifica al contratto a causa della quale perde ogni potere di firma.

La squadra da quest’anno ha cambiato nome con l’arrivo di Decathlon: qui Paret Peintre vince a Cusano Mutri al Giro
La squadra da quest’anno ha cambiato nome con l’arrivo di Decathlon: qui Paret Peintre vince a Cusano Mutri al Giro

Fine della storia

E’ una rottura netta col passato di squadre costruite e mandate avanti da un solo uomo, il presente che spazza via la tradizione. Certo con motivazioni sostenibili, però con modi che lasciano a desiderare. Alcuni membri dello staff hanno preferito lasciare la squadra lo scorso anno, un paio di dipendenti hanno intentato causa alla società, fra cui un direttore sportivo in squadra dal 1994.

Della gestione precedente resta la struttura del servizio corse, per la quale la società paga ora l’affitto a Lavenu. Tuttavia secondo L’Equipe la strategia prossima prevede che la compagnia assicuratrice voglia risistemare i quadri della squadra per poi venderla definitivamente a Decathlon, con lo spostamento a quel punto della sede operativa nel Nord della Francia. Si chiude una pagina del ciclismo francese, se ne apre un’altra. Sarà la storia a dire quale dei due capitoli sarà stato infine più affascinante e meritevole di racconto.