Autunno sulle montagne russe per Balsamo, ma ora vacanze…

15.10.2024
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Correre il mondiale tre giorni prima di sposarsi. Correre il Simac Ladies Tour pochi giorni dopo averlo fatto. Nell’autunno di Elisa Balsamo e Davide Plebani c’è stato anche questo, con la coloratissima festa nel mezzo in cui gli sposi hanno proposto agli invitati un dress code non comune. Abbiamo sempre pensato che per fare i corridori serva uno spirito libero. Oppure semplicemente lo stesso tocco di originalità che ha fatto del loro matrimonio una festa variopinta e allegra.

«Abbiamo deciso per il primo ottobre perché sognavamo di fare una cosa all’aperto – dice Elisa con allegria contagiosa – e se avessimo aspettato la fine di ottobre, non sarebbe stato possibile. Alla fine il tempo è stato dalla nostra parte. Siamo riusciti a fare quello che volevamo e sapevo che dopo avrei ancora dovuto correre. Il mondiale invece è stato una chiamata dell’ultimo momento. Sono stata più che contenta di aiutare la squadra, soprattutto perché Sangalli mi aveva detto subito il mio compito sarebbe stato aiutare nei primi 70 chilometri, affinché Elisa Longo Borghini potesse prendere il circuito davanti. E alla fine c’è una grande differenza fra andare a una gara e avere le pressioni di essere il capitano o farlo come è stato a Zurigo. Sapevo di dover dare comunque il massimo, ma senza la pressione del risultato».

Il matrimonio fra Elisa Balsamo e Davide Plebani si è celebrato il 1° ottobre sul Lago d’Iseo (Instagram/@hardyccphotos)
Il matrimonio fra Elisa Balsamo e Davide Plebani si è celebrato il 1° ottobre sul Lago d’Iseo (Instagram/@hardyccphotos)
Come è stato ritrovarsi in gruppo con alcune compagne che erano state al tuo matrimonio?

Abbiamo riso parecchio. Ad esempio con Yaya (Sanguineti, ndr), nelle prime tappe scherzavamo dicendo che stessimo ancora sudando gin tonic. Però alla fine io sono stata contenta di correre perché purtroppo a causa della caduta sono andata in forma alla fine della stagione e il Simac mi ha dato la possibilità di portare a casa qualche risultato. Mi sentivo ancora in crescita e quindi alla fine è valsa la pena di andare a correre.

Se sei ancora in condizione, allora potevi andare ai mondiali su pista, no?

Diciamo che lì è un discorso un po’ diverso e alla fine rimango ferma sulla decisione che ho preso alle Olimpiadi. E’ una ferita ancora aperta, ne ho parlato anche con Marco. Ho bisogno di prendermi un po’ di pausa dalla pista. Questo non vuol dire che non ci andrò più, assolutamente. Comunque mi piace e penso che sia importante anche per la strada. Però ho deciso che questo mondiale lo guarderò da spettatrice.

Cancellate le Olimpiadi, si può dire che dal Romandia in avanti la stagione si è raddrizzata?

Sì. Sono molto contenta della mia primavera, però la caduta ha distrutto tutto. Anche a Burgos mi sentivo bene e poteva essere un buon avvicinamento per le Olimpiadi. Però purtroppo con i se e con i ma ormai non si va da nessuna parte. Tenevo tantissimo ad andare a Parigi e ho fatto l’impossibile esserci, ma purtroppo la condizione era quella che era. Al Romandia sono tornata a vincere ed è stata una grande soddisfazione. All’europeo ho riconosciuto delle belle sensazioni. Forse è la prima volta che finisco una stagione non esausta e potrebbe essere una buona cosa riprendere il prossimo anno da dove mi sono fermata.

Il 6 settembre a Losanna, oltre 5 mesi dall’ultima vittoria, Balsamo torna al successo nel Tour de Romandie. Battuta Kopecky
Il 6 settembre a Losanna, Balsamo torna al successo nel Tour de Romandie. Battuta Kopecky
Dopo la medaglia di bronzo di Davide a Parigi, scrivesti in un messaggio che si era trattata della più grande emozione di sempre legata al ciclismo. Ti va di mettere in fila le emozioni di questa stagione?

Sicuramente il matrimonio sopra ogni cosa di sempre, però non c’entra con la bici. Parlando di sport, vedere Davide vincere il bronzo è stata davvero una delle cose più belle. E’ stato davvero emozionante e in qualche modo mi ha fatto fare pace anche con quel velodromo. La vittoria al Romandia è stata la più bella di quest’anno, per tutto quello che c’è stato dietro. La vittoria al Binda è stata un’altra grande emozione. Il secondo posto alla Roubaix all’inizio è stata una grande delusione. Però poi quando sono tornata a casa, mi sono resa conto che se me l’avessero detto prima, avrei messo la firma. Davvero non immaginavo di poter arrivare lì a giocarmi una gara del genere. E forse questo mi ha aiutato ad aprire gli occhi e capire che ce la posso fare, che può essere nelle mie corde. Quindi quel secondo posto si è trasformato in una sensazione molto positiva.

Quante volte nella tua testa hai rifatto quella volata contro Lotte Kopecky?

All’inizio ci ho pensato un po’ di volte, adesso però basta. Penso che uno dei miei punti di forza sia quello di riuscire abbastanza facilmente a lasciare le cose alle spalle e andare avanti. Ovviamente la riguardi per imparare dagli errori. Però una volta che ho capito che magari avrei potuto aspettare un attimo di più a lanciare la volata, basta. L’ho capito e ci riproveremo l’anno prossimo. Ormai questo è andato.

Secondo te il matrimonio cambierà di tanto la vita, oppure eravate già sposati e non lo sapevate ancora?

Secondo me sarà così. Era già qualche anno che vivevamo insieme, quindi in realtà a livello pratico non cambia nulla. Però penso che sia stata veramente una giornata splendida per noi. Abbiamo fatto una bella festa insieme alle persone a cui vogliamo più bene. Penso che sia stato bello coronare la nostra storia col matrimonio che per noi è una cosa importante, un percorso di vita.

A Zurigo, per dare man forte a Longo Borghini: i mondiali di Balsamo a 3 giorni dalle nozze
A Zurigo, per dare man forte a Longo Borghini: i mondiali di Balsamo a 3 giorni dalle nozze
Le foto e tutti quei colori davano un grande senso di allegria…

Diciamo che abbiamo alimentato la fantasia dei nostri ospiti. Il nostro dress code era “un tocco di pazzia”. Volevamo che ciascuno potesse esprimersi come meglio credesse, non volevamo imporre nulla e lasciare la libertà. In realtà è venuta una cosa bellissima, perché a noi piacciono le cose colorate e sembravamo quasi tutti abbinati. Eravamo talmente colorati, che sembrava quasi fatto apposta.

A proposito di colori, la tua maglia Santini con gli unicorni diventerà la maglia di una nuova squadra giovanile. Come è andata?

Diciamo che quando purtroppo la Valcar ha chiuso, Davide ed io ci siamo guardati e abbiamo detto che sarebbe stato bello fare qualcosa per aiutare le ragazze. Alla fine se io sono arrivata dove sono, è perché ho sempre trovato qualcuno che mi ha aiutato. E soprattutto la Valcar è stata un punto di riferimento importante. Così ne ho parlato con Davide Arzeni e abbiamo cercato di unire le forze. Io ho deciso di sponsorizzare questa squadra appena nata e dare il mio supporto. Quanto alle divise, visto che piacevano, abbiamo deciso di usare quell’idea per la squadra.

L’ultima domanda, restando collegati alla Valcar. Quando sei ripartita al campionato italiano, dicesti di aver pensato anche di mollare. Una tua ex compagna, Marta Cavalli, non è ancora tornata in gruppo, pagando il conto delle troppe cadute. Esiste una ricetta per venirne fuori oppure ognuno la vive a modo suo?

Questa è una domanda molto interessante. Io credo che sia diverso per ciascuno, per cui posso parlare per me. Una cosa è molto importante: le persone che ti circondano. Per me il supporto di Davide, della mia famiglia, delle persone di cui mi fido, anche della squadra, dello staff che lavora sempre con me, è stato fondamentale. Da soli per me non si riesce ad andare oltre dei momenti così difficili. Farsi male è veramente una cosa brutta, avere dolore fisico è proprio brutto. Quindi secondo me da soli non è possibile ed è per questo che io ho sempre creduto nell’importanza del sapermi circondare magari di poche persone, però di grande fiducia. E alla fine in questi due anni si è rivelata la scelta vincente.

Il secondo posto agli europei dietro Wiebes è stato la conferma delle buone sensazioni di Balsamo al Romandia
Il secondo posto agli europei dietro Wiebes è stato la conferma delle buone sensazioni di Balsamo al Romandia
Quando sei lì, diciamo nel buco nero, fa più male più il ricordo del dolore provato o la paura che possa succedere di nuovo?

Devo dire che, tra virgolette, sono stata fortunata. La prima caduta è successa in una dinamica di gara che per fortuna non succede spesso, forse se fosse stata una caduta di gruppo sarebbe stato diverso. Invece quest’anno la mia fortuna più grande è stata che io della caduta a Burgos non mi ricordo nulla.  Quando chiudo gli occhi, mi succede spesso di rivivere la mia caduta alla Ride London. Chiudo gli occhi e, senza che io lo decida, mi trovo quell’immagine e questo può spaventare e bloccarti. Invece della Spagna non mi ricordo niente, non so neanche bene cosa sia successo. Ho riguardato le immagini, però in realtà per me è un buco nero. E questo mi è stato di grandissimo aiuto.

Vuoi dire che la botta in testa a qualcosa è servita?

Esatto (ride, ndr).

E’ tempo di vacanze ora?

Sì, partiamo lunedì prossimo e ci facciamo una bella luna di miele. Stati Uniti Occidentali e Hawaii. Ci rivediamo in Spagna al primo ritiro. Adesso per un po’ si pensa ad altro, come quando ti sposi e hai solo voglia di sparire.

Due fratelli, il loro tandem e un bronzo storico

30.08.2024
8 min
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Il giorno dopo di Davide Plebani, Lorenzo Bernard e del loro tandem ha il ritmo del riposo. Ieri sera dopo la medaglia di bronzo nell’inseguimento le cose sono andate per le lunghe, tra formalità e antidoping. Tempo per riflettere poco: i festeggiamenti, la medaglia sotto il cuscino e tutti a nanna.

Plebani racconta, le domande servono solo per indirizzare il fiume delle parole. Il bergamasco ha sempre trasmesso la sensazione di avere di fronte una brava persona. E il suo stupore per i valori dello sport paralimpico lo conferma. L’ambiente lo aveva già colpito nei giorni dei mondiali di Rio, la dimensione olimpica ha fatto il resto. Dice che non gli era mai capitato di abbracciare un avversario prima del via di una finale, mentre ieri lo ha fatto. Lui che normalmente soppesa le parole, ha voglia di raccontare ed è un’occasione da cogliere al volo. Accanto c’è Lorenzo Bernard.

Il tempo di rendersi conto e poi sul tandem esplode la gioia. Medaglia di bronzo al primo tentativo (foto CIP)
Il tempo di rendersi conto e poi sul tandem esplode la gioia. Medaglia di bronzo al primo tentativo (foto CIP)
Che effetto fa il giorno dopo avere quella medaglia tra le mani?

Abbiamo dormito insieme, l’ho tenuta sotto il cuscino e l’effetto è bellissimo. Io ho questo rito che quando prendo le medaglie, la notte ci dormo insieme. E’ un’emozione grandissima e siamo molto contenti, perché comunque il giusto e duro lavoro paga. Non sempre, pur lavorando, si viene ripagati, magari perché si sta lavorando male.

Voi avete fatto tutto bene?

Sono contentissimo di lavorare con Lorenzo e di essere cresciuti insieme, anche se in poco tempo. Ho spinto un po’ sull’acceleratore con lui per riuscire ad ottenere subito il massimo. Vedendo le sue qualità, sapevo che avremmo potuto far bene. Solo che dovevamo recuperare terreno sui nostri avversari, che ormai stanno insieme da dieci anni.

Ieri Perusini ha parlato proprio del poco tempo, da Glasgow in avanti…

E noi tra l’altro Glasgow non l’abbiamo fatto. Praticamente facciamo pista da veramente poco, da ottobre scorso. Però adesso non vorrei che arrivasse il messaggio che è banale prendere una medaglia Paralimpica, mi dispiacerebbe che passasse questo messaggio. Perché non lo è stato affatto!

Nella finale per il bronzo, gli azzurri hanno fatto il tempo di 4’04″613 (foto CIP)
Nella finale per il bronzo, gli azzurri hanno fatto il tempo di 4’04″613 (foto CIP)
Che cosa ha fatto la differenza?

Il discorso è stato solamente che Lorenzo è portato. Tutti i nostri avversari ci temono veramente tanto e ci hanno fatto i complimenti. Soprattutto perché lui è l’unico B1, cioè totalmente cieco. Vuol dire che deve avere doppia grinta. Perché hai sicuramente dei deficit in più rispetto agli altri, che riescono a vedere il movimento di quello davanti. Che si allenano da soli con la loro bicicletta, su strada. E’ una situazione totalmente diversa.

Davvero in così poco tempo gli avversari vi hanno inserito fra quelli da guardare?

Capiscono che Lorenzo è veramente forte, mentre io ho fatto il professionista praticamente fino a ieri. Avevo smesso e quando mi hanno chiesto di continuare sembrava che fare la guida del tandem fosse una passeggiata. Invece ci siamo trovati davanti a un livello devastante. Basta vedere i tempi: 3’55” significa volare. Ieri abbiamo spinto il 67×14, sono numeri da inseguimento al top. Sicuramente il fattore che ha permesso di abbreviare i tempi è stata la mia esperienza. Abbiamo anche preso delle batoste, però il duro lavoro ha pagato. E vi assicuro che Lorenzo non è ancora al massimo.

Di te si diceva che girassi sui tempi di Ganna, per cui Lorenzo è forte, ma tu non sei da meno…

Sono arrivato davvero a giocarmi due Olimpiadi (parlando di questo, la sua voce cambia impercettibilmente e vira su un tono più freddo, ndr), ma non ci sono mai riuscito. E quando mi si è aperta la porta di Lorenzo, che comunque aveva questo motore eccezionale, mi sono detto che dovevamo crederci fino in fondo. La cosa è che, come i nostri tecnici giustamente continuavano a ripetere, essendo la prima Paralimpiade, poteva anche non venire il risultato. Io però non l’ho mai vista così. E’ la mia prima Paralimpiade, ma voglio portare a casa qualcosa. Sapevo che era possibile.

Fra europei e mondiali, Plebani ha conquistato cinque podi. Qui l’argento nell’inseguimento agli europei di Monaco 2022
Fra europei e mondiali, Plebani ha conquistato cinque podi. Qui l’argento nell’inseguimento agli europei di Monaco 2022
Siete sempre stati in vantaggio, c’è mai stato un momento difficile?

Sì, ai meno 6. In partenza l’abbiamo gestita bene. Sentivo che siamo stati sempre in vantaggio, perché eravamo entrambi costanti. Solo che noi avevamo un ritmo maggiore, quindi guadagnavamo. Non abbiamo mai avuto un cedimento. In qualifica il tempo era stato migliore, però nell’ultimo chilometro avevamo sofferto di più. Qui invece siamo riusciti a essere sempre costanti, anche se un pelo più lenti. Però a un certo punto il fisico ti dice no. Ti dice: aspetta, guarda che adesso sta finendo la batteria! Quindi le gambe diventano durissime e non si va più avanti. Ecco, il fulcro secondo me è arrivato a quel punto, perché ho capito di dover andare a tutta e allora avremmo fatto la storia. Quindi ho chiuso gli occhi e ho dato tutto. Per modo di dire (ride, ndr), altrimenti chi lo guidava il tandem?

A proposito di tandem, ne avete usato uno in carbonio?

Sì, siamo stati fortunati perché la squadra di Lorenzo, il Team Equa, ha permesso l’acquisto di questo tandem. Altrimenti non saremmo riusciti ad averlo. Quando ho parlato con Ercole Spada, il suo presidente, è stato subito gentile. Ha detto che credeva in noi e grazie a lui abbiamo potuto fare una grande differenza nei materiali e per i ritiri, per i quali ci ha appoggiato. Quindi un grazie va a lui e sicuramente anche da parte mia alle Fiamme Oro, perché senza il loro permesso e il loro supporto, non sarei potuto venire qui a giocarmi la medaglia.

E’ presto per pensare a Los Angeles 2028?

Decisamente. Ero molto concentrato e mi sono detto di fare un passo alla volta. Quando hai un obiettivo, cerchi di focalizzare le tue energie. Non abbiamo neanche fatto un giro nel Villaggio. Ho tolto anche Instagram per un mese, ho cercato di isolarmi e concentrarmi con Lorenzo. Sono stato veramente bene. Non ho pensato al futuro, ma una cosa la so. Avrei dovuto fare i mondiali, ma non andrò, perché in quei giorni devo sposarmi.

A proposito di matrimonio, raramente si è vista Elisa Balsamo tanto commossa per un risultato…

Lo ha detto anche lei: «E’ stata un’emozione più forte di quando vinco io». E io le ho risposto: «Adesso almeno capisci cosa provo quando vinci tu!».

Lorenzo Bernard, classe 1997, ha debuttato come canottiere (foto Instagram)
Lorenzo Bernard, classe 1997, ha debuttato come canottiere (foto Instagram)

Come due fratelli

Qui potrebbe scattare la gelosia, diciamo ridendo. Cosa dirà Lorenzo Bernard, sapendo che il suo compagno di Paralimpiadi preferirà andare a sposarsi piuttosto che fare con lui il prossimo mondiale? La risata scatta per entrambi. Il posto di Davide sarà preso da Manuele Caddeo, ligure, a sua volta un ex stradista.

«No, no – sorride – non sono geloso. Lui per me è come un fratello e assieme a lui ho realizzato il sogno di una vita. Come ho sempre detto a tutti, vincere una medaglia era una mia ossessione. Mi stava turbando e mi sono levato un grosso peso di dosso. Sapevo che Davide sarebbe stato la persona migliore per me. Abbiamo visto da subito che se ci impegnavamo e avevamo un buon feeling, si poteva fare questa roba. Quindi io ci ho creduto dal primo giorno e ho messo tutto me stesso. Come ha fatto anche lui».

Plebani ammette di aver trovato un livello stellare nei tandem. Ieri hanno corso con il 67×14 (foto CIP)
Plebani ammette di aver trovato un livello stellare nei tandem. Ieri hanno corso con il 67×14 (foto CIP)
E’ stato davvero così semplice passare dal canottaggio alla bicicletta?

Devi avere gambe veramente forti e poi più o meno lo sforzo è quello. Io facevo i 2.000 metri: erano 6 minuti di sforzo intenso. Quindi ho dovuto solamente trasformare il mio corpo in un corpo da ciclista, quindi levare un po’ di massa sopra e mettere tutta la concentrazione nelle gambe. E’ stata una progressione, pian piano sono migliorato e siamo arrivati alla medaglia. Mi hanno mandato messaggi un sacco di persone, mentre la mia famiglia era qui.

Davide ha parlato di strette di mano prima del via, ma come sono state le fasi prima della partenza?

Secondo me le ho gestite molto meglio rispetto ai mondiali. Certo, è un’altra situazione. Ha funzionato il fatto di restare tranquillo e con la mente abbastanza rilassata, non pensarci troppo e dare tutto. Però comunque c’era tensione, l’adrenalina non mancava.

Al sesto chilometro si è capito che la gara fosse alla svolta. Siete riusciti in qualche modo a comunicare?

Durante la gara no. Noi abbiamo la nostra tecnica, che consiste nell’andare a tutta finché ne hai. Quindi io metto giù, so che sono 16 giri e mi metto a contarli. Almeno ci provo. In qualifica e ieri in finale fra il dodicesimo e il tredicesimo giro ho perso il conto. Ma sapevo che ne mancavano pochi e sono andato avanti a pedalare finché non ha smesso anche Davide.

Secondo Bernard il tipo di sforzo fra i 2.000 metri al remo è simile a quello dell’inseguimento (foto CIP)
Secondo Bernard il tipo di sforzo fra i 2.000 metri al remo è simile a quello dell’inseguimento (foto CIP)
Qual è stato il primo pensiero, quando hai capito che era fatta?

Ci sono stati due o tre giri di assestamento, per prendere entrambi fiato. Poi quando Davide me l’ha detto, è esplosa una gioia infinita. Non sono mai stato così felice, credo, in tutta la mia vita. Secondo me, nulla succede per caso. Credo che ci sia un motivo per tutto e quindi sono contento. Cerco di raccontare a tutti quello che mi è successo, affinché non succeda ad altri (Lorenzo ha perso la vista per l’esplosione di una granata della Seconda Guerra Mondiale mentre era a lavorare nei campi, ndr). Quindi in qualche modo l’ho presa bene e non ho rimpianti.

Si guarda al futuro o, come dice Davide, si vive il presente?

Fino ad ora, ero concentrato su questa gara, si vedrà poi come andrà avanti nei prossimi anni. Adesso lascio finire queste Olimpiadi, che abbiamo ancora tre gare da fare, poi ci penseremo. Intanto però mi godo questa medaglia, sapeste da quanto tempo la inseguivo…

Ceci, applausi per Plebani-Bernard e lo sguardo al 2028

30.08.2024
7 min
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ASCOLI PICENO – Ceci arriva su una Caballero 700 rossa, con i bermuda e la maglia nera. Ha smontato dal turno nel supercarcere di Marino del Tronto e dopo un rapido passaggio da casa, ha accettato l’invito per un caffè. La città è calda, anche se negli ultimi giorni, qualche scroscio di pioggia ha provato a rinfrescare l’aria.

«Complimenti a Davide e Lorenzo – dice Ceci prima di ogni altra cosa – sono stati grandissimi. Erano andati per una medaglia e ci sono riusciti al primo assalto. Si sono meritati ogni applauso!».

Due giorni fa, il 28 agosto, sono iniziate le Paralimpiadi di Parigi, che andranno avanti fino all’8 settembre. E ieri Davide Plebani e Lorenzo Bernard hanno centrato la medaglia di bronzo nell’inseguimento. Nel commentare il risultato, il cittì Perusini ha usato parole molto chiare. Ha lodato i due azzurri pr la rapidità dei loro progressi. Poi ha fatto notare il gap tecnologico a livello di biciclette. Infine ha dedicato il bronzo a tutti i ragazzi che nell’ultimo anno hanno fatto pista e hanno ottenuto risultati ai mondiali di Rio, ma non sono a Parigi per il ridotto numero di slot.

Ieri a Parigi, la medaglia di bronzo storica di Plebani e Bernard nell’inseguimento (foto Instagram)
Ieri a Parigi, la medaglia di bronzo storica di Plebani e Bernard nell’inseguimento (foto Instagram)

Gli esclusi più illustri per l’esiguità dei posti sono Francesco Ceci e Stefano Meroni, oltre a Elena Bissolati e Chiara Colombo che proprio ai mondiali brasiliani hanno conquistato un oro storico nel Mixed tandem team sprint. E anche se questo è il momento di tifare per i compagni di nazionale, si può capire che l’esclusione abbia bruciato. E proprio per questo, probabilmente, Silvano Perusini si è sentito di fare quella dedica. Non c’è voglia di piangersi addosso né di attaccare: certe cose non si possono cambiare. Quel che sta a cuore al velocista marchigiano è semmai la possibilità di riprendere presto la preparazione. Di fatto i tandem veloci non gareggiano dai mondiali di Rio. A Montichiari c’è stato tempo solo per un ritiro a maggio, in occasione del quale sono stati anche comunicati i nomi di chi sarebbe andato a Parigi. Da allora è tutto fermo.

Puntavi a Parigi?

A livello personale, ci puntavamo tanto e sapevamo di avere l’età giusta e la possibilità per puntare a una medaglia. Abbiamo iniziato a lavorare insieme da un anno e la cosa positiva è che sono arrivati subito dei buoni risultati. Siamo entrambi due atleti lavoratori, quindi ci prepariamo dopo aver finito i nostri turni. Potete immaginare cosa abbia significato prepararsi d’inverno sui rulli e in palestra. Magari fai un paio d’ore su strada, sapendo che i lavori sono completamente diversi rispetto alla pista.

Colombo-Bissolati, Meroni-Ceci: l’iride nella velocità a squadre di Rio 2024 resta una pietra miliare per la pista paralimpica
Colombo-Bissolati, Meroni-Ceci: l’iride nella velocità a squadre di Rio 2024 resta una pietra miliare per la pista paralimpica
Eppure i risultati sono arrivati lo stesso…

Oltre alla vittoria nella velocità olimpica, nel chilometro abbiamo fatto la qualifica con il quarto tempo a due decimi e mezzo dall’argento. E poi in finale siamo arrivati quinti, a 7 decimi dalla medaglia. Abbiamo avuto un problema con la bicicletta in partenza, ma non potevamo fermarci per effettuare una seconda partenza. Quindi abbiamo tirato dritto abbassando il nostro tempo di 7 decimi rispetto all’anno prima. Quindi, pensando a Parigi, secondo me ci sarebbe stata la possibilità di fare bene.

Quando ti alleni con Meroni?

Quando ci sono collegiali in pista. Lui vive a Lurago d’Erba, siamo a sei ore di macchina l’uno dall’altro. Dopo il mondiale, abbiamo continuato ad allenarci forte, finché non ci hanno dato la notizia che non saremmo andati. Ovviamente si accettano le scelte, quelle non si discutono. E siccome ci è stato detto che il nostro progetto dovrà dare i frutti migliori a Los Angeles 2028, speriamo che effettivamente si possa continuare a lavorare per allora. Spostiamo gli obiettivi a lungo termine.

Si fa il tifo per gli altri azzurri?

Ho scritto un messaggio nel gruppo Whatsapp facendo gli bocca al lupo a tutti. In pista purtroppo siamo pochi, perché abbiamo solo Claudia Cretti, oltre a Davide e Lorenzo che hanno già preso la medaglia. E ripeto: sono stati strepitosi! Speriamo che il bilancio finale sia ottimo, per dare slancio al settore. Se iniziamo a creare una storicità anche nel settore pista, automaticamente cresce tutto il movimento. Mi auguro che si possa continuare in questo lavoro, in modo che al prossimo mondiale possiamo pensare di andare per vincere un titolo. In un anno tutto il movimento è cresciuto. Abbiamo riportato ottimi risultati, il nostro titolo mondiale ha avuto un bel risalto. Peccato non si sappia ancora quando e dove si faranno i prossimi.

Prove di partenza ai mondiali di Rio per il team azzurro. Partono Bissolati e Ceci (foto Instagram)
Prove di partenza ai mondiali di Rio per il team azzurro. Partono Bissolati e Ceci (foto Instagram)
Perusini ha parlato di margini enormi per noi su pista.

E ha ragione. Ovviamente Nazioni come Gran Bretagna, Francia, Germania e Olanda sono molto avanti. I paralimpici usano le stesse bici dei “normo” e fa tanto. Noi siamo partiti da un anno e mezzo e corriamo con il tandem di alluminio. Abbiamo lavorato per migliorarlo, abbiamo ottenuto dei miglioramenti, ma i tandem in carbonio di altre squadre restano più performanti.

In che modo procede ora la vostra attività?

Siamo in attesa di conoscere i calendari, perché non ci sono gare per noi. L’importante sarebbe dare continuità al lavoro per poter crescere. Non è sfuggito il fatto che in tutti i Paesi stiano cercando atleti di elite per dare forza ai loro tandem. Ai mondiali mi sono ritrovato con altri velocisti con cui anni fa facevo i tornei della velocità. Per cui a un certo punto diventa decisiva anche l’affinità nella coppia. Con Stefano ci si sente spesso al telefono. Ha 37 anni ed è partito da zero. Non aveva mai fatto certi lavori in palestra, per cui per arrivare a certi livelli ha messo costanza e impegno. Sappiamo anche cosa ci servirebbe per migliorare nel chilometro.

A Rio 2024, Ceci e Meroni hanno sfiorato la medaglia nel chilometro (foto Instagram)
A Rio 2024, Ceci e Meroni hanno sfiorato la medaglia nel chilometro (foto Instagram)
Che cosa?

Abbiamo visto che perdiamo tanto nel primo giro e mezzo. Dobbiamo lavorare su forza massima, forza esplosiva e tecnica di partenza. Però bisogna farlo insieme. Al momento ognuno di noi lavora su se stesso, in modo che quando ci ritroveremo, partiremo da un livello più alto. Ci sentiamo spesso, a volte discutiamo. Io sono molto duro e a volte lo richiamo sul lavoro da fare. Sono contento, perché secondo me è la maniera giusta. Gli ho detto sin dal principio, che quando siamo in nazionale siamo due atleti che gareggiano per un obiettivo. Quindi, a prescindere dalle condizioni in cui lavoriamo, dobbiamo dare il massimo. Lo sappiamo entrambi e riusciamo a farlo.

Tu hai fatto parte del gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre: credi che se lo fossi ancora, quei 7 decimi che vi hanno diviso dalla medaglia ai mondiali di Rio sareste riusciti a limarli?

Io penso con la massima serenità che la medaglia fosse alla portata, se si fosse investito sul mezzo meccanico come in ogni disciplina e se avessimo avuto il tempo di prepararci al meglio. Con più ritiri e investendo su noi stessi, avendo davanti la possibilità di andare a un’Olimpiade. Se fossi rientrato nel gruppo sportivo subito dopo i mondiali di Glasgow, forse in Brasile la medaglia sarebbe arrivata, dato che in qualifica eravamo a due decimi e mezzo dall’argento. Il tempo c’è, il valore è quello. Ci manca solo la rifinitura finale, considerando che ci sono grandissimi step e grandissimi margini di crescita dati da aspetti oggettivi, che possono essere modificati con un minimo di sforzo da parte di tutti.

Il cittì Perusini assieme a Clauda Cretti in un’immagine 2023: la bergamasca è a Parigi
Il cittì Perusini assieme a Clauda Cretti in un’immagine 2023: la bergamasca è a Parigi
Quindi cosa ti auguri quando le Paralimpiadi saranno concluse?

Che l’UCI vari subito i nuovi calendari e si possa riprendere a lavorare, avendo davanti un quadriennio per arrivare a Los Angeles nel modo migliore. Allenarsi nelle pause del lavoro non è facile, considerando che altri fanno solo gli atleti. Se la domenica gareggi e il giorno dopo vai in ufficio, non riesci a recuperare. E se ti alleni la sera dopo il lavoro, ci arrivi già stanco. Nonostante tutto, devo ringraziare il mio Istituto che mi permette di farlo. Lo fai quando sai che ne vale la pena, con la consapevolezza che significa togliere dalla propria vita ogni altra cosa. Per un’Olimpiade ha senso. Ma noi non siamo come gli altri atleti che se non corrono su pista hanno la strada. Noi abbiamo solo la pista. E in questo momento quello che fa paura è il vuoto che vediamo davanti.

Balsamo riparte dalla primavera e dalla voglia di divertirsi

25.08.2024
5 min
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«Una cosa buona che ho portato via da Parigi – dice Elisa Balsamo – la cosa per me più bella è stato il pubblico sul percorso della gara su strada. La gente sulla salita di Montmartre è stata una cosa veramente impressionante. Potrò dire per sempre che io c’ero. Secondo me ci saranno poche gare spettacolari come quella».

Il capitolo delle Olimpiadi di Parigi lo chiudiamo volutamente così. Nulla di tutto quello che potremmo raccontare cambierebbe il succo di un’esperienza falsata dalla cattiva sorte, che nelle dichiarazioni successive è diventata la sola causa di risultati al di sotto delle attese. Quello che interessa, parlando con Elisa alla vigilia della corsa di Plouay (la piemontese ha chiuso al quarto posto) è la nuova pagina su cui proprio dalla corsa francese si inizierà a scrivere la seconda parte di stagione.

Le fatiche del Tour dopo le Olimpiadi hanno creato la base da cui ripartire
Le fatiche del Tour dopo le Olimpiadi hanno creato la base da cui ripartire
Si può dire che da oggi comincia una seconda parte di stagione che sarà folgorante e bellissima?

Speriamo! Sto bene (sorride, ndr), devo dire che il Tour de France è stato decisamente duro, però mi sono sentita meglio ogni giorno. Speriamo che questo finale di stagione sia positivo.

E’ un Tour che ci voleva per rimetterti completamente in carreggiata dopo il ritiro dal Giro?

Ho fatto delle belle volate nei primi giorni, sono contenta. Ma diciamo, come avete ben capito, che era un Tour per cercare di rimettersi in sesto. Nel senso che arrivando da un periodo un po’ travagliato, l’obiettivo era più che altro quello di riuscire a creare una buona condizione e aiutare le compagne. Quindi direi che è andata bene.

Adesso si guarda giorno per giorno o si fissano grandi obiettivi?

Credo che l’europeo possa essere una bella occasione per me. Ma non voglio pensare a un solo obiettivo, parteciperò ancora a delle grandi gare interessanti. L’obiettivo è quello di raccogliere il più possibile e divertirsi. Ci sono ancora delle belle occasioni.

La vittoria nel Trofeo Binda su un’atleta in forma come Kopecky e Puck Pieterse ha ribadito che Balsamo non è solo una velocista
La vittoria nel Trofeo Binda su un’atleta in forma come Kopecky e Puck Pieterse ha ribadito che Balsamo non è solo una velocista
Divertirsi è un bel verbo: c’è stato spazio per il divertimento in questi primi mesi?

Sono molto contenta della mia primavera. Mi sono divertita e sono arrivati degli ottimi risultati. Sicuramente gli ultimi due mesi e mezzo dalla caduta non sono stati facili, però ormai si guarda avanti. Penso di essere uscita dal tunnel, quindi questa è la cosa più importante. Devo dire che gli ultimi due anni non sono stati particolarmente fortunati, soprattutto a causa delle cadute. Farsi male non è mai bello…

Fatte le debite proporzioni, sei forte in pista e hai una grande punta di velocità: si potrebbe pensare a te come a un Jonathan Milan. Forse tu tieni meglio in salita, come dimostra la vittoria al Trofeo Binda. Quale pensi che potrebbe essere un tuo sviluppo?

Devo dire che volendo immaginare un’Elisa a lungo termine, a me piacerebbe cercare di diventare sempre più completa. Da questo punto di vista, quello che ho fatto in primavera è stato un passo avanti rispetto all’anno scorso. Ovviamente non voglio perdere lo spunto veloce, perché alla fine credo che sia il mio punto di forza. Però vorrei cercare di migliorare un pochino sulle salite, sugli strappi. E’ quello il mio obiettivo.

Di solito si dice che dopo le Olimpiadi quelli che hanno fatto pista tornano tra le mani delle proprie squadre e si dedicano solo alla strada. Sarà così anche per te?

In realtà per adesso non mi sono fatta grandi idee. Quindi prima di dichiarare cose ai giornali, vorrei parlare con tutti. Sentire quello che pensa Villa, confrontarmi con lui e poi prenderò la mia decisione. La pista fa parte del mio bagaglio e mi ha dato molto. In questi ultimi anni mi sono tolta davvero delle belle soddisfazioni. E penso che con l’equilibrio giusto, la pista possa dare qualcosa anche per la strada. Però non è facile. Soprattutto nel ciclismo del giorno d’oggi in cui se non arrivi alle gare al 110 per cento, fai solo una grande fatica e nient’altro.

Divertirsi significa anche essere in pace dopo un secondo posto: Balsamo-Consonni alla Gand, entrambe battute da Wiebes
Divertirsi significa anche essere in pace dopo un secondo posto: Balsamo-Consonni alla Gand, entrambe battute da Wiebes
Come si vive in casa la partenza di Davide per le Paralimpiadi?

Credo che se lo sia veramente meritato. E’ stato vicino ad andare a Tokyo, quindi penso che per lui sia veramente il coronamento di un sogno. Per di più lo sta facendo aiutando un’altra persona e forse è una cosa ancora più nobile (Davide Plebani, compagno di Elisa, correrà le Olimpiadi sul tandem con Lorenzo Bernard, ndr). Ho sempre saputo che Davide è una persona molto buona, nato per aiutare le altre persone, quindi questo secondo me gli permette davvero di coronare un sogno. Nei primi tempi dopo la caduta, mi è stato vicino e senza di lui non sarei sicuramente riuscita a venirne fuori. Adesso diciamo che sto cercando di ricambiare, dandogli il massimo supporto per questo grande obiettivo.

Dopo non essere andato a Tokyo era amareggiato…

E anche quello l’ha portato a decidere di smettere di correre in bici, prima che gli venisse fatta questa proposta del paraciclismo. Sono state dette delle cose non tanto belle e a quel punto ha scoperto di essere un po’ stufo dell’ambiente. Penso che questa sia la rivincita più grande che si potesse prendere. Sono già molto felice per lui e secondo me hanno possibilità di portare a casa un buon risultato e alla fine il valore di una medaglia è sempre il valore di una medaglia.

Plebani, qui con Balsamo, è tornato in bici dopo la delusione di Tokyo per puntare alle Paralimpiadi e prendersi una rivincita
Plebani, qui con Balsamo, è tornato in bici dopo la delusione di Tokyo per puntare alle Paralimpiadiadi
Tornando a te, hai ritrovato le sensazioni dei bei tempi?

Sì, insomma, sento di essere in ripresa. Sicuramente il mio corpo ultimamente è stato sottoposto a tanti stress che, sovrapposti uno all’altro, hanno reso le cose abbastanza complicate. Però devo dire che adesso mi sento in salute e questa penso sia la cosa più importante. Prima sentivo davvero molto instabile da quel punto di vista. Nel momento in cui invece una persona si sente in salute, può cercare di lavorare sulla prestazione, fare allenamenti più specifici e tutto quello che serve. Adesso sono in questa fase, con l’incognita di come reagirò nell’immediato alle fatiche del Tour. Perché il Tour è stato impegnativo, oltre che per le distanze, anche per i dislivelli. Ma è quello di cui avevo bisogno. Speriamo davvero da adesso di iniziare a scrivere una storia un po’ diversa.

Parigi ha il sapore del riscatto. Ora Plebani vuole vincere

22.07.2024
5 min
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Questa settimana Elisa Balsamo, insieme agli altri 402 atleti della grande spedizione olimpica azzurra, sarà a Parigi. Per Davide Plebani ci sarà invece da aspettare ancora oltre un mese, per gareggiare sotto l’insegna dei cinque cerchi. Il fidanzato della pluricampionessa del mondo ha raggiunto il traguardo della qualificazione insieme a Lorenzo Bernard. Nei giorni scorsi a Ostenda (BEL) con il bronzo in Coppa del Mondo ha confermato come la coppia sia una valida carta da giocare per il podio e per lui questi giorni hanno anche il dolce sapore della rivincita.

L’approdo alle Paralimpiadi riscatta infatti la doppia Olimpiade sfuggita dalle mani proprio in extremis e che gli aveva lasciato ferite che solo ora iniziano a rimarginarsi. Parlando con il corridore di Sarnico, la soddisfazione è evidente, ma anche la carica fortissima per portare a casa qualcosa di importante.

Bernard e Plebani, in un anno sono arrivati sul podio mondiale e ora sognano quello a cinque cerchi
Bernard e Plebani, in un anno sono arrivati sul podio mondiale e ora sognano quello a cinque cerchi

«Mi avvicino al momento più importante della mia carriera», esordisce. «Abbiamo cominciato a fare lavori specifici su pista abbinati alla distanza per la strada per ottenere la miglior condizione in entrambe le discipline, che rispetto alle Olimpiadi per normodotati saranno invertite: prima la pista e poi la strada. Noi punteremo molto sulla prima e anche sulla prova in linea, per la crono non abbiamo avuto molto tempo per prepararla, comunque è chiaro che ci proveremo».

C’è un particolare che ti accomuna al tuo vecchio compagno d’avventure Filippo Ganna: anche tu sarai una delle primissime punte azzurre a scendere in gara…

Sì, la prova di inseguimento sui 4.000 metri sarà il giorno successivo alla cerimonia d’apertura, spero tanto che potremo avere fortuna noi come anche Filippo sabato prossimo. Il primo giorno di gare hai tutta l’attenzione addosso, se fai bene sei di buon auspicio per tutti gli altri, qualsiasi disciplina affrontino.

L’ultimo podio in Coppa del Mondo a Ostenda è il viatico verso una Paralimpiade ricca di ambizioni
L’ultimo podio in Coppa del Mondo a Ostenda è il viatico verso una Paralimpiade ricca di ambizioni
Che cosa rappresenta per te esserci arrivato?

Era un obiettivo importantissimo, uno dei grandi traguardi della mia carriera. Uso appositamente il passato perché ora è invece uno stimolo, per conquistare almeno una medaglia. E’ sicuramente l’evento più importante al quale parteciperò, averlo raggiunto attraverso la fiducia dei cittì mi dà ulteriore spinta per alzare la mia condizione, cercare di arrivare davvero al massimo.

Quanto c’è di diverso rispetto a prima?

Molto, perché qui siamo in due, questa è una grande responsabilità. Non inseguo più solo obiettivi personali, ma condivisi. Io e Lorenzo facciamo squadra, lavoriamo come una cosa sola. Io poi sento dentro di me una spinta in più.

Una delle grandi soddisfazioni di Plebani da inseguitore, l’argento agli European Games 2019
Una delle grandi soddisfazioni di Plebani da inseguitore, l’argento agli European Games 2019
C’è anche voglia di rivalsa per due Olimpiadi sfuggite?

Un po’, non lo nego. La cosa che mi piace è aver visto i miei sforzi, i miei risultati essere finalmente valsi a qualcosa. C’è stata una meritocrazia, mi sono sentito premiato per quel che avevo fatto e questo, riflettendoci, è ciò che mi è mancato in passato. Ho visto Rio 2016 e Tokyo 2020 da spettatore dopo aver tanto lavorato, essermi impegnato per qualificare il quartetto. In quel caso però i miei sforzi non trovarono un giusto premio.

Oltretutto tu hai vissuto sulla tua pelle tutta la parabola del team, partito praticamente dal nulla per arrivare all’oro olimpico…

Sì, con momenti importanti anche prima di Tokyo come ad esempio quell’edizione dei mondiali nella quale stavamo viaggiando ai limiti del record del mondo, fallito solo a causa della sfortunata caduta di Lamon. Io c’ero, io stavo contribuendo, io potevo farlo. E’ tutto ciò che non è stato considerato. Ma fa parte del passato, ora c’è un nuovo orizzonte per me e voglio concentrarmi su quello.

Bernard e Plebani, per loro pista e strada con elevate ambizioni da podio
Bernard e Plebani, per loro pista e strada con elevate ambizioni da podio
Intorno a te hai mai sentito giudizi e pensieri che esprimevano una considerazione diversa per le Paralimpiadi rispetto alle prove dei normodotati?

No, perché chi si occupa di sport sa quanto lavoro ci sia dietro e soprattutto si rende conto che il livello è altissimo. Voglio fare solo un esempio: il record mondiale di Ganna nell’inseguimento individuale è 3’59”. Noi nel tandem viaggiamo a 3’58” e per arrivarci serve un lavoro enorme. Non è che essendo in due si va automaticamente più veloci, anzi. Il peso è doppio, tanto per capirci. Sarà un’impresa enorme conquistare il podio, noi vogliamo provarci e ci stiamo provando senza stress, perché l’ambiente ci aiuta, anche questa è per me una novità.

La tua preparazione quanto è stata influenzata da quel che è accaduto a Elisa?

E’ complicato dirlo. Io le sono stato vicino e ho accompagnato tutta la sua ripresa, paradossalmente il momento peggiore è stato coincidente con un momento di minor attività mia, quindi ho potuto esserle accanto. Abbiamo condiviso la ripresa, la crescita e ci davamo forza l’un l’altra. Sicuramente è stato un viaggio bello ma difficile, ora il suo si avvia alla conclusione.

Davide insieme a Elisa Balsamo. L’avventura a Parigi ci sarà per entrambi, in periodi sfalsati
Davide insieme a Elisa Balsamo. L’avventura a Parigi ci sarà per entrambi, in periodi sfalsati
Nessuno più di te può saperlo: in che condizioni è?

E’ consapevole di quel che sta facendo, del fatto che ha dovuto ricominciare praticamente da zero e sin dall’inizio ci siamo detti che l’obiettivo vero doveva essere arrivare al 4 agosto non solo nella miglior condizione possibile, ma coscienti di aver fatto tutto quello che si poteva fare, senza avere rimpianti. La sua forma cresce giorno dopo giorno, so per certo che appena sarà a Parigi ci metterà tutto quel che si sente nella testa, nelle gambe, nel cuore. Poi staremo a vedere.

Perusini, il miracolo della pista alle Paralimpiadi di Parigi

16.07.2024
6 min
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Se Pierpaolo Addesi sta a Daniele Bennati, nel ciclismo paralimpico il ruolo di Villa appartiene a Silvano Perusini, che lo scorso anno ebbe l’incarico di costruire dal nulla il settore della pista. Nell’Italia delle tantissime medaglie su strada, infatti, la pista inspiegabilmente mancava. Il friulano, che per mestiere lavora in un centro di riabilitazione per tetra e paraplegici in cui gestisce tutta la parte di scienze motorie, ha preso l’incarico con serietà ed entusiasmo. Il frutto del suo lavoro e quello degli atleti sono state le prime medaglie ai mondiali – da Glasgow a Rio – e la qualificazione olimpica. Da domani la sua nazionale sarà in ritiro a Montichiari.

«Non me l’aspettavo – dice – sinceramente, non me l’aspettavo. Cordiano stesso (il presidente federale Dagnoni, ndr) mi aveva indicato come obiettivo massimo le Olimpiadi di Los Angeles del 2028, perché anche lui capiva che era tutto da costruire. Quando sono arrivato, non avevo neanche un’officina, non avevo un box, non avevo una bicicletta, una ruota, né dati sugli atleti. Quando entravo in pista con quei 4-5 ragazzi che avevo convocato, c’era una disorganizzazione incredibile. Loro non sapevano come riscaldarsi, non sapevano dove mettersi. Ne avevo uno in curva, uno nel rettilineo delle partenze, l’altro nel rettilineo opposto. Adesso invece si fissa un orario. Si dice che alle 9,30 si sale in pista e li vedi puntuali, che fanno doppia fila, organizzati con il rapporto giusto, con la pressione giusta delle gomme. Ormai abbiamo raggiunto un livello di organizzazione molto elevato. Quindi non guardo solo il risultato, ma anche il lavoro fatto. Adesso hanno delle competenze tecniche e tattiche, sanno gestire le varie tipologie di allenamento. In questi due anni, abbiamo fatto veramente un bel lavoro».

Campionati del mondo pista di Glasgow 2023, prima apparizione per la nazionale di Silvano Perusini
Campionati del mondo pista di Glasgow 2023, prima apparizione per la nazionale di Silvano Perusini
Si può dire che il primo scatto nella consapevolezza sia stato il mondiale di Glasgow?

Sono stati i mondiali in cui sono scattati il senso di appartenenza alla squadra e l’orgoglio per le medaglie raggiunte. E chi non ha portato medaglie comunque ha ottenuto dei quarti posti. Ci siamo resi conto delle nostre capacità, delle nostre potenzialità e dei margini di miglioramento. Glasgow ci ha dato visibilità a livello nazionale, grazie alla presenza dei giornalisti. Eravamo equiparati alla nazionale di Villa, siamo usciti dall’ambiente ciclistico paralimpico e siamo entrati in quello del ciclismo. C’erano le dirette, immagini che giravano in televisione e sui siti. A Glasgow c’è stata una grossa gratificazione anche dal punto di vista mediatico che, assieme ai risultati ha fatto crescere il gruppo. E tutto questo ci ha dato una grande spinta verso i mondiali di Rio.

Cosa è successo a Rio?

Abbiamo avuto una bella crescita che ci ha permesso di conquistare delle medaglie e di vincere il titolo mondiale a squadre (foto di apertura, ndr), che secondo me è il più gratificante. Fra tutte le specialità, è la più difficile da costruire dal punto di vista tecnico. Hai bisogno di lavorare su quattro atleti (Chiara Colombo-Elena Bissolati, Federico Meroni-Francesco Ceci, ndr), sulla tecnica, sulla tattica. Ci sono meccanismi da curare, devi raggiungere veramente la perfezione per fare un risultato del genere. Probabilmente nell’ambito del mondiale è stata la medaglia più bella.

Hai avuto difficoltà a fare le scelte per Parigi?

Ho avuto difficoltà perché nell’attimo in cui raggiungi una certa posizione nel ranking, l’UCI ti dice che hai dei posti limitati e quindi ti devi confrontare anche con la strada. Il gruppo guidato da Pierpaolo Addesi ha una tradizione e una storia molto più lunga di quella su pista. Ha dei campioni affermati che calcano da sempre il palcoscenico dei mondiali e delle Olimpiadi e questo ti porta a delle scelte obbligate. Quindi per il rispetto verso gli atleti della strada, che sono veramente di altissimo valore, abbiamo scelto di portare in pista chi ai mondiali aveva fatto podio nelle specialità olimpiche. Per cui i nomi erano quelli di Claudia Cretti e il tandem di Plebani-Bernard. In più ci siamo giocati la slot con Andrea Tarlao, anche se ai mondiali non aveva preso una medaglia nelle discipline olimpiche.

Ai mondiali di Rio, Claudia Cretti è stata terza nell’inseguimento
Ai mondiali di Rio, Claudia Cretti è stata terza nell’inseguimento
Le discipline olimpiche sono il chilometro e l’inseguimento, giusto?

Esatto. E sono soddisfatto di partecipare con tre ragazzi – due del tandem e la Claudia – perché mai ci saremmo sognati di poter già accedere alle Paralimpiadi. Penso sia una bella gratificazione per tutto il gruppo della nazionale su pista e soprattutto per questi ragazzi che hanno lottato tanto. Mi dispiace per il tandem di Ceci e Meroni, perché a Rio hanno fatto un grandissimo mondiale. Hanno vinto la specialità a squadre, il tandem sprint a squadre, ma non hanno preso la medaglia in una specialità olimpica. Sono arrivati quinti nel chilometro, a pochissimo dal podio, ma non è bastato.

Quanto è stato difficile, visto il gruppo che si è creato, comunicare l’esclusione agli atleti rimasti fuori?

E’ una cosa tragica. Durante i ritiri nasce una grande complicità tra atleta e tecnico nel rispetto dei propri ruoli. Mi rendo conto che l’atleta patisca una scelta del genere, però è tanto pesante anche trasmetterlo, proprio per il rapporto che si crea. Non è stato semplice, però poi fai una valutazione prettamente tecnica e quindi i ragazzi devono recepirla, capirla e accettarla.

Quanto siete cresciuti sotto l’aspetto tecnico rispetto al non avere nemmeno un’officina?

Molto. Per quanto riguarda il tandem, abbiamo la collaborazione con Bonetti. Per le ruote, viviamo abbastanza alla luce della nazionale maggiore. Infine, per tutto quello che è la valutazione funzionale, ci basiamo sulla collaborazione col Team Performance della Federazione. Quindi abbiamo dei dati molto specifici sulle qualità e le capacità dei ragazzi e questo è veramente una cosa molto importante. In più utilizziamo i biomeccanici della Federazione e anche in questo riusciamo a curare il materiale e il posizionamento in modo molto preciso. Se penso a quello che eravamo, abbiamo raggiunto veramente un livello importante.

Secondo te quale potrebbe essere il nostro livello a Parigi?

Facciamo subito un’analisi per atleta. Claudia Cretti ha delle possibilità di medaglia per quanto riguarda l’inseguimento individuale. Stiamo lavorando tecnicamente in modo particolare sulla difficoltà nel raggiungere la velocità di crociera. La stiamo in parte risolvendo, quindi secondo me riusciremo a fare veramente una prestazione importante e mirare a una medaglia. Nei 500 metri ancora no, perché è ancora più importante lo stacco dal blocco in partenza. Quindi secondo me arriveremo fra i primi, ma non siamo da podio. Per quanto riguarda il tandem di Plebani e Bernard, che tra l’altro hanno fatto un ottimo risultato a Rio (terzi con 4’08”), anche lì abbiamo possibilità di medaglia. Rispetto a Rio siamo con tutti in condizione leggermente migliore. Abbiamo lavorato di più per quanto riguarda gli aspetti tecnici e gli aspetti metabolici specifici delle discipline paralimpiche. Sicuramente il tempo potrà essere abbassato, bisognerà vedere cosa faranno le altre nazioni. Io però sono abbastanza ottimista di poter migliorare intanto la prestazione di Rio.

Cosa farete di qui a Parigi?

Da questa settimana, da domani fino al 20, siamo in ritiro in pista. Il 20 abbiamo una gara paralimpica a Pordenone e ci teniamo anche a fare bene. Gli organizzatori sono stati gentilissimi e in Italia sono anni che non si fanno competizioni paralimpiche su pista al di fuori dei campionati italiani. La gara è la preparazione che ti dà qualcosa in più per fare bene nelle competizioni internazionali. Sono proprio contento di partecipare a questo evento, all’interno della Tre Sere di Pordenone, come nazionale. C’è un discreto pubblico, avremo visibilità e poi nella prima metà di agosto faremo altura a Campo Felice assieme al gruppo strada. Dal 20 al 25 torneremo in pista a Montichiari e il 25 si parte per Parigi. Andiamo alle Paralimpiadi, lo trovo meraviglioso.

La nuova vita di Plebani, ora a caccia del podio olimpico

09.04.2024
6 min
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Per Davide Plebani la notizia della prossima convocazione per i Giochi Paralimpici ha un sapore dolce come il miele. E’ già di per sé un riscatto dopo che la sua carriera da pistard si era chiusa senza essere riuscito a ottenere quel che voleva. Per anni parte della nazionale, sempre nel gruppo del quartetto anche se non titolare, nel corso del tempo Plebani era diventato l’esempio della grande speranza non concretizzatasi, di un corridore di grande talento ma con risultati inferiori a quelli che si attendevano. Il treno olimpico sembrava passato, invece…

La storia del suo connubio con Lorenzo Bernard, che l’ha portato al bronzo mondiale e quindi all’ammissione d’ufficio alla rassegna a cinque cerchi è un racconto che Davide fa con una gioia palpabile, che traspare dalla sua voce anche per il fatto che questo successo è condiviso.

I due in allenamento a Rio. Il loro bronzo vale direttamente la qualificazione olimpica
I due in allenamento a Rio. Il loro bronzo vale direttamente la qualificazione olimpica

«Io avevo smesso di correre per mia scelta, i mondiali del 2022 erano stati l’ultimo atto di una carriera comunque importante, considerando che ho dalla mia anche un bronzo mondiale ed europeo nell’inseguimento. Un mese dopo aver appeso la bici al chiodo mi ha chiamato il presidente della Fci Dagnoni, dicendomi che ha sempre creduto in me e che era un peccato mollare, ma che avrei potuto dare un contributo diverso. Mi ha suggerito l’idea del paraciclismo, fatto sta che a gennaio ero già in sella al tandem».

Una specialità completamente diversa, anche dal punto di vista tecnico…

Sì, serviva un po’ di tempo per abituarsi, ma d’altro canto la regola che vuole il decorrere di un anno di passaggio dal ciclismo olimpico a quello paralimpico mi dava il tempo per ambientarmi. Poi la mia esperienza nei velodromi mi consentiva di prendere presto confidenza col nuovo mezzo. Attenzione però, perché con Lorenzo il nostro impegno non riguarda solo la pista, ma anche le gare su strada, in linea e a cronometro. Io prima ero abituato ad affrontare le prove contro il tempo come un di più, ora invece sono un obiettivo vero e proprio.

Per Plebani e Bernard c’è anche la strada, con due occasioni di gara a Parigi 2024
Per Plebani e Bernard c’è anche la strada, con due occasioni di gara a Parigi 2024
Che cosa significa correre in tandem?

E’ diverso, non tanto e non solo per il gesto tecnico. E’ fondamentale trovare il giusto feeling con il compagno, conoscersi anche fuori dalla gara, entrare in sintonia. Soprattutto nel nostro caso dove per forza di cose abbiamo compiti diversi. Lorenzo, dietro, è fondamentale, perché deve spingere e trovare una grande sensibilità di gesto verso di me, seguire e assecondare la mia pedalata. In sella comunichiamo molto, io non sono solamente i suoi occhi, ma devo dargli i tempi. E’ importantissimo che ci sia sincronia e questa si acquisisce con il lavoro.

Accennavi al fatto che non sarete impegnati solo su pista, quanto cambia il vostro impegno passando alla strada?

Sono sforzi diversi. Le cronometro sono intorno ai 30 chilometri e anche qui bisogna trovare il giusto rimo di pedalata. Nelle gare in linea serve anche la sensibilità nel coesistere con gli altri, sono prove sui 100-120 chilometri, forse sono quelle dove il connubio è più forte. Resta il fatto che pista e strada sono connesse, ognuna è utile all’altra come per me è sempre stato, ogni specialità aiuta l’altra.

Ai mondiali hai ritrovato tanti corridori che erano con te nelle gare su pista e su strada da normodotati. Che effetto ti ha fatto ritrovarli in una situazione così diversa?

E’ particolare, tra una gara e l’altra a Rio spesso ci ritrovavamo, ci salutavamo, condividevamo le nostre esperienze e in tutti ho trovato la gioia di essere lì, di vivere questa nuova esperienza molto più profonda. E’ qualcosa che va al di là della pura competizione, è appagante già per il solo fatto di esserci. Ho trovato campioni della pista e anche della strada, è stato bellissimo.

Personalmente che effetto ti fa questa nuova esperienza?

Sono contentissimo, mi sento per la prima volta teso verso un obiettivo chiaro. Avevo chiuso la mia carriera insoddisfatto, mi era mancato qualcosa, soprattutto non sentivo fiducia intorno a me. Invece qui è tutto diverso. A gennaio avevamo gareggiato in Coppa del Mondo e le cose non erano andate bene, ma sapevo di poter crescere e avevo chiesto fiducia a Perusini. Lui me l’ha accordata, si è fidato. Io e Lorenzo abbiamo lavorato insieme trovando il giusto mix e ho potuto dare risposta a quella fiducia. Ora so che possiamo fare anche molto meglio, abbiamo ampi margini di crescita, quindi per Parigi sono molto ottimista.

Lorenzo Bernard, 27 anni della Valsusa, è già stato olimpico a Tokyo 2020 nel paracanottaggio
Lorenzo Bernard, 27 anni della Valsusa, è già stato olimpico a Tokyo 2020 nel paracanottaggio
Oltretutto avere già in tasca il biglietto olimpico è una motivazione in più…

Sì, perché possiamo concentrarci totalmente sulla preparazione, anche le tappe di Coppa diventano ora semplici test, non dobbiamo dannarci l’anima per qualificarci. Noi ci crediamo fortemente, possiamo davvero puntare al massimo risultato, l’importante è finalizzare l’obiettivo. Il mondiale era una tappa, il target è più in là…

Ti ritroverai a Parigi come la tua compagna Elisa Balsamo. Che cosa ha detto di questa tua seconda carriera?

Elisa mi aiuta e mi supporta in tutto, come io faccio con lei. Ci siamo sentiti durante i mondiali, ma lei era contenta per me già prima, mi diceva che da tempo non mi vedeva così felice, così concentrato verso qualcosa e per lei tanto bastava, i risultati venivano di conseguenza. Sarebbe stato bellissimo condividere la nostra esperienza olimpica, ma anche il fatto di viverla entrambi anche se con qualche settimana di differenza è esaltante.

Plebani con Elisa Balsamo: saranno entrambi a Parigi, ma in periodi diversi
Plebani con Elisa Balsamo: saranno entrambi a Parigi, ma in periodi diversi
Che impressione hai tratto dal mondo del ciclismo paralimpico?

Non credevo davvero di trovare tanta professionalità. Sono atleti veri. Il primo pensiero che mi è venuto in mente è che qui dovevo andare anche più forte di prima, se volevo emergere. Poi c’è il fatto che non si corre solamente per se stessi, si condivide l’esperienza con un compagno ed è bellissimo. Vorrei che Parigi fosse già domani…

Il ciclismo paralimpico italiano ha trovato un nuovo tesoro: la pista

02.04.2024
6 min
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Nei giorni scorsi Rio de Janeiro ha ospitato i mondiali di ciclismo paralimpico su pista e la nazionale italiana è tornata a casa con un oro, un argento e 3 bronzi (nella foto di apertura della Fci). Un bottino sontuoso, considerando che la disciplina era sempre stata l’anello debole del movimento, pochissimo praticata e pressoché senza squilli. Qualcosa si era già visto lo scorso anno a Glasgow, ma si gareggiava in un contesto particolare, con tutte le discipline su due ruote concentrate in una sorta di “Olimpiade interna”. Questa volta no, tutti i fari dell’attenzione erano sul velodromo e sugli atleti paralimpici.

Perusini insieme a Claudia Cretti. Il tecnico azzurro ha costruito il settore quasi dal nulla
Perusini insieme a Cretti. Il tecnico azzurro ha costruito il settore quasi dal nulla

Tre anni per costruire una disciplina

Inoltre, dato da non sottovalutare, fino a pochissimi anni fa in Italia il ciclismo paralimpico era sinonimo di handbike e nient’altro. Tanti allori in quello specifico settore, niente nell’altro al punto che tre anni fa, ai Giochi Olimpici di Tokyo, non eravamo neanche presenti (e nel mondo paralimpico il ciclismo su pista è disciplina trainante, quasi al livello di atletica e nuoto).

Per questo i risultati ottenuti in Brasile hanno un peso enorme e Silvano Perusini, il cittì del settore ci tiene che venga messo in rilievo: «Non guardo solo al medagliere, ma anche alle prestazioni generali, ho visto tempi davvero di rilevanza internazionale. Poi è arrivato l’oro e non in una specialità qualsiasi, ma nel team sprint con i tandem, battendo la Gran Bretagna che di questo sport è un po’ il faro per tutti».

La squadra azzurra del team sprint, con Colombo, Bissolati, Meroni e Ceci
La squadra azzurra del team sprint, con Colombo, Bissolati, Meroni e Ceci

Cretti e il tandem già a Parigi

Non era, quello di Rio, un mondiale normale, perché arriva a pochissimi mesi dai Giochi Paralimpici di Parigi e quindi non solo dava punti fondamentali per le qualificazioni, ma era anche uno specchio di quel che ci poteremo aspettare.

«Ci presenteremo a Parigi non per fare comparsa. Intanto ci sarà Claudia Cretti che a Rio ha preso tre medaglie pur essendo lontana dalla miglior condizione per alcuni problemi e questo dà a lei e a noi molta speranza. Poi avremo Bernard e Plebani nel tandem che a Rio hanno preso un bronzo clamoroso. Anche perché è una coppia costituita da pochissimo. Non dimentichiamo che Plebani fino a poco più di un anno fa era nel gruppo di Villa, ha dovuto aspettare che decorressero i 12 mesi richiesti dall’Uci per il passaggio dal settore olimpico a quello paralimpico».

I due tandem oro nel team sprint con Bissolati e Colombo davanti, Ceci-Meroni dietro
I due tandem oro nel team sprint con Bissolati e Colombo davanti, Ceci-Meroni dietro

Tokyo 2020 senza azzurri al velodromo

E’ qualcosa per certi versi clamoroso, perché tre anni fa la nostra assenza nel velodromo, in un’edizione paralimpica considerata la migliore di sempre, fece comunque scalpore: «Siamo partiti da zero, non posso negarlo. Nel precedente quadriennio non c’era alcuna attività nei velodromi. Non c’era organico, non avevo niente in mano. Devo dire grazie alla Federazione e al Cip che si sono resi conto di come quell’assenza fosse una macchia nell’immagine dello sport italiano e mi hanno messo nelle migliori condizioni per lavorare. Negli ultimi 18 mesi si è investito molto, considerando anche che per colpa del Covid abbiamo avuto un anno in meno per lavorare. Ma non dobbiamo illuderci: anche se a Parigi ci saremo, abbiamo un lungo cammino da compiere.

Bernard e Plebani, in un anno sono arrivati sul podio mondiale e ora sognano Parigi
Bernard e Plebani, in un anno sono arrivati sul podio mondiale e ora sognano Parigi

Manca ancora un calendario

«Ora abbiamo un velodromo per lavorare, materiali, anche un budget seppur non cospicuo. Ma siamo anni luce lontani dalle altre Nazioni. Ai mondiali abbiamo portato gente che era alle prime armi in assoluto, non solo in ambito internazionale, ma proprio immersa in un ambiente completamente sconosciuto. E ci confrontiamo con nazioni dove c’è una tradizione pluridecennale. Per questo i nostri risultati sono clamorosi».

Perusini, pur facendo leva sull’entusiasmo e sulle speranze per Parigi, non dimentica dove si deve lavorare: «E’ fondamentale che si costruisca un calendario nazionale di gare. Noi non l’abbiamo e questa è una grave lacuna. C’è gente che non ha mai fatto gare di gruppo, senza alcuna esperienza, facendo leva solo sulla propria preparazione che in contesti del genere risulta quasi asettica. Da noi deve crescere la cultura paralimpica, abbiamo bisogno dell’impegno delle società, anche, anzi soprattutto nell’allestimento di eventi. Costruiamo una strada che porta ai grandi eventi. Allora le imprese di Cretti o Bernard-Plebani non saranno più isolate».

Per Claudia Cretti a Rio l’argento nello scratch e il bronzo nell’omnium e nell’inseguimento
Per Claudia Cretti a Rio l’argento nello scratch e il bronzo nell’omnium e nell’inseguimento

Il cammino verso Parigi

Che atmosfera c’era a Rio? «Pubblico ce n’era, ma è stato sicuramente molto diverso da quanto avvenuto a Glasgow. Lì avevamo un’attenzione mediatica straordinaria perché eravamo fianco a fianco con i grandi campioni del ciclismo. Questa volta l’impatto è stato più tranquillo».

Ora la mente è proiettata verso Parigi, ma il cammino è ancora lungo: «Abbiamo in programma due prove di Coppa del Mondo, a Maniago e Ostenda, poi verranno stilati i ranking definitivi e sapremo a quanti posti abbiamo diritto per tutto il ciclismo paralimpico. A quel punto con Pierpaolo Addesi che è il cittì della strada faremo le nostre scelte. E’ chiaro però che un podio iridato dà già un posto nella selezione azzurra e mi dispiace che il team sprint non sia fra le specialità previste a Parigi, meritavano quella chance. La Colombo ha appena 19 anni, anche Meroni è giovanissimo e con Bissolati e Ceci hanno subito trovato un connubio importante. Quell’oro è stato un capolavoro ed è lo specchio di dove possiamo arrivare se c’è collaborazione da parte di tutti».

Per la rappresentativa azzurra 8° posto nel medagliere vinto dalla Cina con 14 ori
Per la rappresentativa azzurra 8° posto nel medagliere vinto dalla Cina con 14 ori

Come a Tokyo, se non di più…

Finora l’Italia del ciclismo paralimpico è stata identificata con l’handbike. In che modo questa, non prevista a Rio, si presenterà al consesso olimpico?

«Dopo Tokyo abbiamo profondamente rivoluzionato la nazionale, immettendo nomi nuovi, molti giovani che hanno fatto esperienza come Pini e Testa già assiso sul massimo gradino del podio mondiale. Tanti elementi sono ancora “grezzi” nel senso che hanno poca esperienza, ma io dico che andremo a Parigi per puntare allo stesso obiettivo di Tokyo ma con la possibilità di fare anche di più».

Balsamo all’AeroClub per insegnare la bici ai bambini

17.09.2023
6 min
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ORIO AL SERIO – Elisa Balsamo ha gli occhi luminosi, bagnati di gioia e commozione, felicità e soddisfazione. Siamo all’AeroClub dove la campionessa del mondo 2021 ha organizzato un sabato pomeriggio di festa per centinaia di piccoli ciclisti che si sono dati battaglia nel format della ”gimcana”, dedicato ai giovannissimi, dalla G1 alla G6. Oltre 150 gli iscritti per quella che è stata sì una gara ma prima ancora, appunto, una festa. Perché Elisa Balsamo, ormai stabilmente di casa nella bergamasca, ha voluto affiancare ad una parte agonistica organizzata dalla Gsc Villongo, anche una amatoriale. Una maxi gimcana predisposta per bambini e adulti desiderosi di mettersi alla prova con la bicicletta, magari per la prima volta, e di passare un pomeriggio condividendo una passione comune: la bicicletta.

«L’idea – racconta una delle punte della Lidl-Trek – nasce dal fatto che gli aerei sono una grande passione del mio compagno Davide (Plebani, ndr). Lui possiede una licenza per pilotare aerei privati, conosce bene il posto e la gente che lo anima. Volevamo creare qualcosa di bello per i giovanissimi, perché quella è la fascia d’età più importante. Siamo rimasti colpiti, non ci aspettavamo un tale numero di iscrizioni».

Il tema sicurezza

In un’area così vasta, dove l’orizzonte quasi si perde e si ha una sensazione ambigua di disorientamento e pace, c’è un aspetto che ha convinto Elisa Balsamo che sì, quello era il posto ideale per avvicinare i bambini al ciclismo: «Oltre ad essere così suggestivo, l’Aeroclub è un posto sicuro, senza traffico né pericoli».

Già, la sicurezza e il traffico azzerato. Un sogno, un’utopia purtroppo, che sta rendendo sempre più complicato convincere le famiglie a portare i propri figli in una squadra ciclistica. Questo però dà ripercussioni poi anche sul mondo del professionismo, dove il ricambio generazionale non è sempre così immediato e di qualità.

Elisa Balsamo, con dispiacere, conferma: «Diventa sempre più difficile per le società lavorare e consentire a bambini e ragazzi di allenarsi in sicurezza. Se non si ha un circuito chiuso diventa davvero complicato prendersi la responsabilità di pedalare in strada, nel traffico. Noi professionisti però abbiamo un ruolo importante. Dobbiamo aiutare le società a crescere e i bambini ad appassionarsi all’andare in bicicletta, consapevoli che a quest’età c’è un solo imperativo. I bambini devono divertirsi. Poi arriva anche la competizione, ma solo poi».

Per gioco e per sport

E il format del pomeriggio all’Aeroclub funziona. Qualche piccolo corridore riconosce Elisa e le sue pulsazioni salgono come su un Gpm di 1ª categoria. Altri chiedono a genitori e direttori sportivi chi sia quella ragazza così normale eppure con l’aura di una che corre ai massimi livelli. Ci sono quelli che ammirano lo stand allestito da Santini con il kit firmato Elisa Balsamo, chiedendo a mamma e papà una maglietta, un cappellino iridato almeno.

Altri ancora non se ne occupano e continuano a giocare, a scherzare tra di loro, a parlare di bici, ma anche di figurine e di pallone, di aerei e di voli, di compagni di scuola, di verifiche svolte al mattino e di gare, di rapporti e rivalità, di sogni, desideri, merende e programmi per la domenica senza scuola.

Un affare di famiglia

Il tutto in maniera che più democratica non si può. Figli che spiegano ai genitori come impugnare il manubrio al meglio, genitori che invitano alla concentrazione i figli affinché non si facciano male e poi loro, le piccole cicliste che con i denti stretti e la bocca spalancata cercano di pedalare più forte possibile, che con la treccia che svolazza fuori dal casco fanno vedere a tutti quanto sappiano andare forte e con una tecnica meticolosa quanto sappiano destreggiarsi nel percorso.

«E’ bellissimo – racconta Elisa Balsamo – vedere così tante ragazze in bicicletta negli ultimi anni. Noi professioniste stiamo consapevoli che dobbiamo portare avanti la lotta per far sì che il ciclismo femminile abbia sempre più spazio e arrivi ad essere contagioso anche solo a livello amatoriale. L’importante, alla fin dei conti, è riuscire a portare più persone in bicicletta».

L’amore per la bici

E mentre il fruscio delle ruote sibila sull’asfalto, mentre le melodie della bicicletta si mischiano con i toni squillanti delle voci dei giovanissimi, ecco che c’è spazio anche per gli aerei, con gli addetti dell’Aeroclub che portano a bordo dei velivoli i piccoli partecipanti alla giornata. L’entusiasmo monta, i sorrisi pure e i desideri di spiccare il volo un giorno – magari in sella ad una bicicletta – si scrivono sui volti dei passeggeri.

Elisa guarda da lontano e torna bambina, a quell’età: «E dire che per me non è stato amore a prima vista con la bicicletta – ammette – perché da piccola praticavo tanti sport. Poi però ho capito che la bicicletta aveva qualcosa in più, che il ciclismo aveva una caratteristica unica: sembra uno sport individuale e invece è uno sport dove la squadra è fondamentale, senza quella non si va da nessuna parte».