Bahrain Victorious

La Bahrain e il 2026: giovani, programmi, materiali. Pellizotti a te

08.12.2025
7 min
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E’ tempo di voltare pagina in casa Bahrain Victorious. Il 2026 si avvicina e la squadra è pronta a inaugurare una nuova fase, costruita su un mix di giovani talenti e guide esperte. Se da una parte salutano figure di riferimento come Andrea Pasqualon e Torstein Traen, dall’altra il team continua a puntare con decisione su un vivaio che negli ultimi anni ha iniziato a dare frutti importanti.

Per capire come si sta preparando il gruppo e quali saranno i punti chiave della prossima stagione, abbiamo parlato con Franco Pellizotti, direttore sportivo e figura centrale nella costruzione di questo nuovo corso. Con lui abbiamo provato a stendere un primo velo sui programmi, sulle ambizioni e sull’identità tecnica che la Bahrain vuole consolidare nel 2026.

Franco Pellizotti (classe 1978) è uno dei direttori sportivi della Bahrain-Victorious
Franco Pellizotti (classe 1978) è uno dei direttori sportivi della Bahrain-Victorious
Dicevamo, Franco, una Bahrain un po’ diversa, quella 2026: è così?

Arrivano un po’ di giovani. Negli ultimi anni stiamo investendo tanto su di loro perché andare a prendere corridori esperti costa molto. Abbiamo un bel vivaio dagli juniores al devo team ed è giusto attingere da lì. Secondo me questi ragazzi sono ottimi atleti e li inseriamo accanto agli esperti. E’ chiaro che magari a fine anno le vittorie non sono tantissime, ma se guardiamo al futuro abbiamo giovani molto promettenti. Non bisogna avere fretta: vanno fatti crescere bene, affiancandoli ai nostri “vecchi”, tra virgolette.

Anche perché ormai di vecchi ne avete pochi, tolto il “super vecchio”!

Alla fine abbiamo Damiano Caruso, che è un vecchio per davvero… ma solo anagraficamente. Potremmo dire che anche Matej Mohoric sia vecchio, ma ha 31-32 anni: è un vecchio relativo.

Quando arrivano questi giovanissimi di 18-20 anni, vale ancora la pena affiancarli ai “vecchi”, o magari dialogano meglio con pro’ di 23-24 anni?

E’ vero che molti giovani quando passano pro’ pensano già di sapere tutto, ma ce ne sono altri che sanno cosa vogliono, si fidano e ascoltano. E’ difficile trovare giovani che abbiano voglia di imparare davvero: è la vera sfida di questo periodo storico.

Antonio Tiberi e Damiano Caruso: una coppia consolidata. Stessi programmi anche nel 2026?
Antonio Tiberi e Damiano Caruso: una coppia consolidata. Stessi programmi anche nel 2026?
Togliamo Caruso, che ben conosciamo come corridore e come persona, chi è un ragazzo che invece vedi particolarmente sensibile con i nuovi giovani arrivati?

Direi Mohoric. Matej dispensa consigli a destra e a manca, soprattutto nelle gare in Belgio o nelle corse a tappe. Se fossi un giovane mi fiderei ciecamente di lui. Mohoric dà il 100 per cento per la squadra e per i giovani. Damiano è un altro che non ha problemi: basta vedere quel che sta facendo con Antonio Tiberi.

Che poi ormai Tiberi non è nemmeno più un giovanissimo…

Vero. Dieci anni fa sarebbe stato giovanissimo, oggi col ciclismo diverso che stiamo vivendo è uno pronto. E’ già al terzo anno con noi, il quarto da pro’. Di Damiano si è fidato molto: senza di lui non dico sia perso, ma sicuramente trova una guida importante. Ci sono giovani che vogliono ascoltare e altri che pensano di sapere già tutto, ma…

Ma?

Ma dopo un po’ di gare si accorgono che il ciclismo vero inizia lì, quando passi. Tutto quello che hai fatto prima ti è servito per il passaggio, ma poi si può azzerare. E’ da professionista che devi dimostrare quello che vali.

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Uno dei cinque rinforzi 2026 della Bahrain è Alec Segaert, cronoman belga classe 2003
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Uno dei cinque rinforzi 2026 della Bahrain è Alec Segaert, cronoman belga classe 2003
Questo è il periodo in cui s’inizia a parlare di programmi. Alcuni rumors dicono che Tiberi vorrebbe fare il Tour de France. E’ così?

Chiaro che ripetere sempre le stesse cose non dà stimoli. Il 2024 per lui è stato molto buono, al Giro d’Italia soprattutto, mentre il 2025 è stato sotto le aspettative. Magari un po’ di spirito di rivalsa in più ce l’ha. Prima di decidere attendevamo di vedere com’era strutturato anche il nuovo Giro. Sapete, a ottobre dire: tu fai il Giro e tu fai il Tour è spesso prematuro se non conosci i percorsi.

Appunto te lo abbiamo chiesto: dopo aver visto il Giro, qualcosa è cambiato? C’è una crono lunghissima e nessuna salita stile Mortirolo o Zoncolan…

Con una crono così lunga cambia tutto, per uno come Tiberi. Adesso staremo due settimane in Spagna e studieremo Giro e Tour in modo approfondito. In base ai percorsi e alle volontà degli atleti decideremo. E’ giusto ascoltare cosa vuole il corridore: alla fine in bici ci sale lui.

Tra i nuovi innesti c’è anche Jakob Omrzel: cosa possiamo aspettarci da lui?

Jakob vorrebbe già fare corse importanti. E’ talentuoso e ha dimostrato cose non comuni. La Bahrain, giustamente lo ha blindato per anni e per questo dobbiamo farlo crescere senza fare passi più lunghi della gamba. Alla fine ha fatto solo un anno da under 23: il ciclismo vero ancora non l’ha assaggiato. Lo inseriremo in qualche corsa importante, magari vicino a un leader altrettanto importante. Ma di certo lo schiereremo anche in gare meno dure, non WorldTour.

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Jakob Omrzel vincitore del Giro Next Gen 2025 è la nuova stella della Bahrain – Victorious (foto La Presse)
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Jakob Omrzel vincitore del Giro Next Gen 2025 è la nuova stella della Bahrain – Victorious (foto La Presse)
Perché?

Perché possa togliersi soddisfazioni e per non fargli perdere l’attitudine a vincere. Quest’anno ha dimostrato al Giro di Slovenia, con un quarto posto nella generale, e in Croazia che è un corridore affidabile per questo livello di gare.

Franco, l’hai detto tu prima: la stagione della Bahrain-Victorious non è stata super. Visto che dall’anno prossimo si riparte da zero con i punti WorldTour come correrete? Stile “stile Astana” oppure in modo classico cercando di vincere?

Nel tradizionale management meeting che facciamo dopo il Lombardia, lo abbiamo ripetuto: il nostro modo di competere è questo, cercare di vincere. Poi è chiaro che devi guardare anche ai punti perché comunque è importante, però non stravolgeremo il nostro modo di correre. Correremo come abbiamo sempre fatto… da squadra. Cercheremo di ben figurare nelle corse importanti. Se vai a guardare il numero di vittorie è chiaro che non è altissimo, ma chi ha vinto tanto? La sola UAE Emirates ne ha colte quasi 100, altre 50 e passa la Soudal-Quick Step che ha velocisti esperti e fortissimi. La Red Bull – Bora che ha un budget enorme, anche se non ha fatto una super stagione, ha mostrato di avere corridori di assoluto valore che sono stati costanti.

Mettiamoci anche che qualche vostro leader ha avuto varie sfortune…

Mohoric sono un paio d’anni che fatica a trovare continuità per vari motivi fisici, ma conosciamo il suo valore. Tiberi viene da una stagione sottotono. Martinez secondo me ha fatto molto bene, a parte il finale. Però il suo discorso è diverso.

In che senso?

Un ragazzo francese che lascia una squadra francese: per un transalpino spostarsi all’estero non è semplice. Per i francesi è più difficile lasciare la loro Nazione: storicamente è così. Parliamo di un ragazzo che è letteralmente uscito dal suo nido. Sono convinto che il prossimo anno farà ancora meglio.

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La Oltre RC è il modello aero del Reparto Corse Bianchi: qui la livrea Bahrain presentata qualche giorno fa
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La Oltre RC è il modello aero del Reparto Corse Bianchi: qui la livrea Bahrain presentata qualche giorno fa
In cosa deve migliorare Martinez?

Un po’ nella costanza, sulla performance più o meno ci siamo, ma credo che questa arriverà da sola. Lui più di altri ha dovuto adattarsi: ha trovato una lingua diversa. L’inglese lo parla, ma non come il francese che usava alla Groupama-FDJ. E per uno timido come lui può essere un ostacolo ulteriore. Anche noi dovevamo capire com’era il ragazzo. Vedere come si muoveva, come la pensava, com ‘era coi compagni. Lenny è un patrimonio che va tutelato senza fretta.

Domanda che rivolgiamo più al Pellizotti ex corridore che diesse: avete cambiato bici, da Merida a Bianchi. Com’è stato l’approccio?

Quando cambi un’azienda partner così importante dopo nove anni non puoi non essere titubante: sai cosa avevi, ma non cosa troverai. E invece abbiamo trovato un’azienda ambiziosa, con una grande voglia di migliorarsi. Bianchi non ha problemi ad investire, oltre a fornirci i materiali è disposta anche a lavorare in prima persona per migliorarsi, per sviluppare i prodotti. E’ ambiziosa.

I ragazzi hanno già entrambe le bici?

No, solo quella da strada. Ma torneranno dal training camp anche con quella da crono e la seconda bici da strada. Comunque tornando su Bianchi l’ho detto ai ragazzi: «E’ un marchio storico, io ci ho corso tanto e vinto anche un campionato italiano. Nel ciclismo, che è passione ed è uno sport che più di altri si lega alla sua storia, per me è un valore aggiunto. Insomma Bianchi è stata la bici di Coppi, Gimondi e Pantani».

Nicolò Buratti, Team Bahrain Victorious, Vuelta 2025

Buratti e il primo Grande Giro: una Vuelta movimentata

23.09.2025
5 min
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Nicolò Buratti si è messo alle spalle il suo primo Grande Giro: La Vuelta, tre settimane di corsa intense che sono partite in Italia per arrivare fino alle porte di Madrid. Le manifestazioni ProPal hanno costretto l’organizzazione a cancellare la tappa conclusiva e a rimodellare altre due frazioni, quella di Bilbao e quella di Mos. Castro de Herville

Una Vuelta movimentata anche per quello che ha detto la strada, visto che la Bahrain Victorious ha visto il ritiro di Damiano Caruso avvenuto ancora prima della partenza da Torino. Mentre qualche giorno dopo è stato il capitano Antonio Tiberi ad alzare bandiera bianca uscendo di classifica. Ma non ci sono state solo note negative. Infatti Torstein Traen ha tenuto la maglia rossa per tre giorni, ceduta poi a Jonas Vingegaard. Il norvegese è riuscito a conquistare poi un top 10 finale.

«Per essere il mio primo Grande Giro – racconta Buratti – sono felice, sia per me che per l’ambiente in squadra. L’avventura non era iniziata nel migliore dei modi vista la caduta di Caruso che lo ha costretto a non partire. Quando Tiberi è andato in difficoltà non è stato semplice, per fortuna c’è stata la buona notizia di Traen che ha portato la maglia rossa. In questo ciclismo, se non corri nel UAE Team Emirates o alla Visma, non capita spesso di avere il capitano in maglia di leader».

Tante emozioni in tre settimane…

E’ stato un primo Grande Giro intenso ma che mi è piaciuto molto, è stato parecchio lungo e me ne sono accorto nei giorni in cui stavamo per arrivare a Madrid. A un certo punto mi sono fermato a pensare alla tappa di Torino e mi sembrava lontanissima nel tempo. Allo stesso modo sono settimane frenetiche che passano rapidamente, e questo anche grazie all’atmosfera positiva all’interno del team. 

Nonostante le difficoltà riscontrate con il ritiro di Caruso e le difficoltà di Tiberi?

Sì. Mi è dispiaciuto molto non avere Caruso al nostro fianco. Sarebbe stata una figura di riferimento per tutti, anche per me. E’ un corridore esperto che ha sempre la parola giusta per ogni momento. Inoltre eravamo partiti a lavorare insieme dal Pordoi. So la fatica che ha fatto, è un peccato quando tanti mesi di lavoro svaniscono così. Con Tiberi ho condiviso la stanza, l’ho visto tranquillo e concentrato. Era svanita la classifica ma è stato bravo a cambiare mentalità e correre per le ultime tappe andando in fuga.

Nicolò Buratti, Bahrain Vicotorious, Vuelta 2025
Dopo tre settimane di corsa Buratti ha avvertito un po’ di stanchezza
Nicolò Buratti, Bahrain Vicotorious, Vuelta 2025
Dopo tre settimane di corsa Buratti ha avvertito un po’ di stanchezza
Come ti sei trovato in questa nuova esperienza?

Sono uscito bene dalla Vuelta, già dai primi allenamenti fatti a casa ho capito di aver assorbito bene le fatiche di quelle tre settimane di gara. Il grande dubbio che avevo era su come avrei reagito dopo il primo giorno di riposo, una volta messo alle spalle sono andato avanti giorno per giorno. 

C’è stato un momento più difficile?

La seconda settimana è stata dura, con un percorso impegnativo e sei tappe davvero molto toste. La terza e ultima settimana di gara è andata via più tranquilla, sicuramente hanno aiutato l’umore e la mentalità, eravamo stanchi ma mi è sembrata quasi semplice gestirla. Sapevamo di essere alla fine.

Nicolò Buratti, Bahrain Vicotorious, Vuelta 2025
Buratti è uscito dalla Vuelta con una buona condizione che vuole sfruttare per questo finale di stagione
Nicolò Buratti, Bahrain Vicotorious, Vuelta 2025
Buratti è uscito dalla Vuelta con una buona condizione che vuole sfruttare per questo finale di stagione
Una tappa che ti è rimasta impressa? 

Quella dell’Angliru mi è rimasta nel cuore, non solo per aver scalato una salita storica del ciclismo ma anche per il calore del pubblico. C’era un calore e un’emozione unica, poi io non l’ho fatta con intenti di classifica, magari me la sono goduta di più.

Pubblico che ha avuto anche un ruolo con le numerose proteste ProPal…

Credo che questa Vuelta entrerà nella storia anche per questo aspetto. Sinceramente mi è dispiaciuto non arrivare fino a Madrid, dopo tante fatiche sarebbe stato un motivo di orgoglio e di coronare il tutto con quell’atmosfera che ti fa dire: «Ce l’ho fatta».

Vuelta Espana 2025, gruppo protesta Gernika Palestina (foto EFE)
Vuelta Espana 2025, gruppo protesta Gernika Palestina (foto EFE)
Com’è stato viverlo dall’interno del gruppo? Ne avete parlato?

Ogni mattina non si capiva come sarebbe andata avanti la corsa, fino all’ultima tappa ogni giorno era un punto di domanda. Protestare è un diritto, chi era a bordo strada ha fatto quello che era nelle sue facoltà. L’unica cosa che mi sento di dire è che non deve andarci di mezzo la sicurezza dei corridori, in gruppo c’era la sensazione di dover restare sempre all’erta.

Ora in che modo concludi la stagione, con quali ambizioni?

Sto bene, sarò al via del Giro dell’Emilia, della Coppa Bernocchi, Tre Valli e Gran Piemonte. Sono motivato per fare bene, voglio fare del mio meglio. So che il percorso della Bernocchi e della Tre Valli di solito si sposa bene con le mie caratteristiche, vedremo. Mi farò trovare pronto.

Il tetris di Villa tra l’Africa e la Francia: nasce l’Italia

28.08.2025
6 min
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Tornato con soddisfazione dai mondiali juniores su pista, in cui ha affiancato Salvoldi e Bragato, Marco Villa adesso fa rotta verso il doppio impegno dei mondiali e degli europei su strada. Il Rwanda e la Francia chiamano corridori resistenti e forti in salita. Ma mentre per la spedizione africana bisognerà che alla crono (ugualmente dura) pensi chi poi farà anche la strada, nella sfida europea la prova contro il tempo sarà per specialisti e sarà possibile prevedere un avvicendamento.

Tiberi ha esordito al mondiale pro’ lo scorso anno a Zurigo. Ora è alla Vuelta: secondo Villa dovrebbe pensare di più alle classiche
Tiberi ha esordito al mondiale pro’ lo scorso anno a Zurigo. Ora è alla Vuelta: secondo Villa dovrebbe pensare di più alle classiche
Si è molto ragionato, la conclusione è che il gruppo mondiale e quello europeo non saranno identici?

No, non saranno due gruppi uguali. Quando due mesi fa ebbi il primo contatto con Ciccone, mi disse che a lui il mondiale capitava bene, dopo la Vuelta, però poi aveva Emilia e Lombardia nel programma (i due sono insieme in apertura al Tour of the Alps, ndr). E l’Emilia si corre il giorno prima dell’europeo, quindi non si riesce.

Hai già in testa le due rose diverse?

Col mondiale mi ero mosso, con gli europei mi sono detto che avrei potuto aspettare anche la Vuelta. Inizialmente per il Rwanda sembrava che avremmo avuto cinque nomi ed era abbastanza facile individuarli. Dovevo tenere presente che due di loro dovevano essere cronoman e serviva anche il terzo per fare il Team Relay. Quindi solo due sarebbero stati stradisti puri, ma avrei avuto cronoman in grado di dare una mano su quel percorso. Adesso invece la prospettiva è di avere sette o anche otto nomi, quindi qualcuno che a malincuore avrei dirottato sull’europeo, ora potrei tirarlo dentro.

Quando ci sarà l’ufficialità?

Un meeting tra presidente, segretario generale, Amadio e il vicepresidente è stato fatto a Torino sabato mattina, prima della partenza della Vuelta. Qualcosa hanno già deciso e preventivato, però probabilmente si dovrà passare per il Consiglio federale. In attesa, a me è stato comunicato che c’è la volontà di aprire ad altri atleti.

Recuperare Caruso è l’auspicio di Villa: dipenderà dalla sua possibilità di tornare in condizione
Il Giro ha dato a Caruso il quinto posto e un grosso carico di soddisfazione personale
Per il tuo primo mondiale su strada l’idea è di avere un leader unico?

Con cinque corridori il discorso sarebbe stato diverso, ma l’idea rimane, perché Ciccone ha dimostrato che su certi percorsi sa vincere, sa provare a vincere. Non nascondo che farei fatica a definire Tiberi un gregario. Ad Antonio ho detto che mi piacerebbe portarlo come seconda punta. Però, secondo me, corre poco nelle prove di un giorno. Anche in funzione del fatto che i prossimi tre mondiali hanno tutti caratteristiche simili, mi piacerebbe formare un gruppo e Tiberi potrebbe essere la figura del campione che deve acquisire esperienza correndo i mondiali e altre corse di un giorno. Ad ora si concentra tanto sulle corse a tappe, ma con le sue caratteristiche potrebbe perfezionare un po’ l’attitudine alle prove singole.

Pensi di poter recuperare Caruso dopo la caduta per cui ha saltato la Vuelta?

Inutile nascondere che Caruso come regista ha trovato il pieno consenso anche da parte di Ciccone. Sono amici e si fida, in più Caruso in squadra è l’uomo spalla di Tiberi. Sarebbe l’uomo giusto per quel ruolo. Adesso vediamo quello che si può fare. Ci siamo sentiti e mi è sembrato di capire dall’entourage della squadra che ci sia margine per lavorare in questi giorni. Gli ho dato 7-8 giorni in cui capire se riesce ad allenarsi, se riesce a ritornare e fare qualche gara, nel calendario italiano, forse anche il Canada. Io mi fido perché ha grande personalità e ha dimostrato di sapersi allenare. Quando abbiamo parlato, mi disse che sarebbe venuto, ma dopo due mesi senza correre, era curioso di vedere come sarebbe rientrato a Burgos. E’ andato e ha vinto.

Quanto è brutta la frattura della mano?

Il giorno dopo è andato in bici, riusciva a tenere il manubrio in una certa posizione, ma non a fare tutto quello che può capitare in gruppo durante una gara. E così ha rinunciato. Per questo penso che possa allenarsi e magari in 10-12 giorni possa tornare a correre. L’ho trovato molto determinato, entusiasta del ruolo che gli ho dato e di questa possibilità di maglia azzurra. Per questo ci spero anche io fino alla fine.

Pellizzari, al pari di Tiberi, ha bisogno di esperienza nelle corse di un giorno: Villa lo vorrebbe a Kigali
Pellizzari, al pari di Tiberi, ha bisogno di esperienza nelle corse di un giorno: Villa lo vorrebbe a Kigali
I tre cronoman che farebbero anche la strada sono Cattaneo e Sobrero, con l’aggiunta di Tiberi?

Esatto. I primi con cui ho parlato sono questi. Sobrero inizialmente avrebbe dovuto fare il Tour, ma è andato al Polonia ed è andato forte e adesso sta facendo bene alla Vuelta. Lui e Cattaneo possono dare una mano anche su strada, perché vanno forte in salita. Tiberi l’anno scorso non sembrava tanto dell’idea di fare il Team Relay, vediamo se cambia opinione. Al momento è tutto concentrato sulla Vuelta e non voglio stressarlo più di tanto. Abbiamo la coincidenza che la cronometro è per scalatori, perché se fosse stata veloce e avessi portato un Ganna, su strada avrebbe potuto aiutare poco. Invece agli europei la crono è per specialisti e la strada per scalatori, ma siamo vicini e si possono fare due gruppi che si interscambiano, così costi e stanze in hotel restano invariati.

Se avessi qualche posto in più per il Rwanda, Pellizzari sarebbe un nome da aggiungere?

Pellizzari era già una richiesta di sacrificio che avevo chiesto alla Federazione e ad Amadio che l’avrebbe portata avanti, per un discorso parallelo a quello di Tiberi. Abbiamo tre mondiali duri e Pellizzari è un altro che in questi tre anni può crescere, ci può far comodo e può diventare un leader. Mi piacerebbe già a questo mondiale. Abbiamo parlato, era un po’ titubante.

Come mai?

Abbiamo parlato dei vaccini e del livello degli ospedali, gli ho detto che l’UCI ha dato delle garanzie precise. Era il periodo dell’incidente di Baroncini, comprensibile che esitasse. Infatti poi si è tranquillizzato e mi ha dato l’okay per esserci. Adesso aspettiamo di avere i numeri definitivi, ma almeno per il sesto già ci sto lavorando.

Cattaneo, terzo agli europei crono 2024, è uno dei candidati di Villa a strada e prova contro il tempo ai mondiali
Mattia Cattaneo, terzo agli europei crono 2024, è uno dei candidati a strada e prova contro il tempo ai mondiali
Se il blocco del mondiale non si può replicare agli europei, qual è l’orientamento?

Mi piacerebbe fare un blocco XDS-Astana. Ulissi, Scaroni, Lorenzo Fortunato, Velasco, Conci sono tutti atleti che sto tenendo d’occhio. Stiamo valutando anche con Ganna, anche perché Cattaneo e Sobrero rientrano martedì dal Rwanda e la crono c’è di mercoledì e il team relay il giovedì. Affini mi ha chiesto di non considerarlo perché gli nasce la bimba, così per la crono ho allertato Lorenzo Milesi. Tornando alla strada, mi piace come si sta muovendo Frigo, da capire se per mondiale o europei, come pure Aleotti. Quello che cambia, se andiamo al mondiale in più di sei, è che qualcuno della strada potrebbe correre anche l’europeo. Ci sono 4 giorni dal rientro e magari c’è lo spazio per recuperare.

Hai una scadenza per dare i nomi?

Non c’è un termine come per le Olimpiadi, ma certo servono i nomi per i biglietti aerei. Per cui aspettiamo le conferme sul numero effettivo e poi tirerò fuori la squadra.

Caruso è un gladiatore: prepara la Vuelta e culla il sogno azzurro

07.08.2025
6 min
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Per una singolare coincidenza o per aver ben lavorato, nella prima tappa della Vuelta Burgos e nella seconda al Tour de Pologne – martedì scorso – Caruso e Tiberi hanno centrato rispettivamente il quinto e il quarto posto. Per essere entrambi diretti verso la Vuelta, il segnale non è passato inosservato. E se di Tiberi vi abbiamo raccontato proprio dal Polonia, eccoci oggi con Damiano che alla corsa di Burgos è da sempre affezionato e con la prossima Vuelta si accinge a vivere il ventiduesimo Grande Giro della carriera.

«Alla fine la ripresa non è stata così male – spiega – ho fatto un bel blocco di altura sul Pordoi, lavorando bene. Un periodo così lungo forse è stato un po’ forzato, però del resto da me a luglio c’è stato un caldo torrido e ho dovuto allungare l’altura, altrimenti più che migliorare sarei peggiorato. La Sicilia d’estate quando fa caldo veramente, è improponibile: puoi andare in bici, ma non ti puoi allenare».

Il Giro ha dato a Caruso il quinto posto e un grosso carico di soddisfazione personale
Il Giro ha dato a Caruso il quinto posto e un grosso carico di soddisfazione personale
Come mai il Pordoi e non Livigno come tanti colleghi?

La squadra ha degli accordi per cui siamo andati lassù, ma devo dire che mi piace molto. C’è traffico anche sulle Dolomiti, però partendo dal Pordoi hai più opportunità di percorsi. L’unica pecca è che nel giorno di scarico, devi comunque farti la risalita. Però diciamo anche che il Pordoi preso da Canazei, se fatto in maniera blanda, non è così impegnativo. Le Dolomiti sono un bel posto per allenarsi e ci troviamo bene. Abbiamo tutto l’hotel prenotato per noi, l’Hotel Garni Gonzaga, e quindi riesci a stare tranquillo, isolarti, lavorare bene e concentrarti sul pezzo.

Al Giro è arrivato l’annuncio del prolungamento del contratto, con quali motivazioni si va verso la Vuelta?

Sono venuto fuori dal Giro con una bella dose di soddisfazione personale, che mi ha dato la motivazione per continuare a fare questo lavoro. Il rinnovo ne è stata la conferma lampante. Ho lavorato bene per ripresentarmi alla Vuelta in maniera adeguata. Chiaramente non immagino di impegnarmi per fare classifica. Il mio obiettivo è provare a vincere una tappa e dare il mio supporto ad Antonio (Tiberi, ndr) che invece si cimenterà con la generale.

Vuelta 2021, Caruso è già arrivato secondo al Giro, vincendo all’Alpe di Mera. In Spagna conquista l’Alto de Velefique
Vuelta 2021, Caruso è già arrivato secondo al Giro, vincendo all’Alpe di Mera. In Spagna conquista l’Alto de Velefique
Come quando nel 2021 arrivasti secondo al Giro e vincesti una tappa in Spagna?

Come nel 2021 all’Alto de Velefique e come nel 2023, quando arrivai quarto al Giro e alla Vuelta feci secondo in una tappa dietro Evenepoel e altri piazzamenti. L’anno scorso sono stato sfortunato, perché sono caduto qui a Burgos e alla Vuelta ho preso il Covid. L’ultimo è stato una finale di stagione travagliato, spero che quest’anno vada tutto liscio.

Hai detto che la ripresa dopo tanta altura non è stata poi così male…

In realtà a San Sebastian, che è stata la corsa del rientro, mi hanno tirato il collo. Dopo quasi due mesi senza correre, è stato abbastanza traumatico. Però già qui a Burgos – chiaramente con il dovuto rispetto perché il livello è diverso – sono riuscito ad arrivare davanti e questo fa piacere. La tappa d’apertura, con tutto il trasferimento, era lunga 210 chilometri, con percorso abbastanza ondulato e il finale su uno strappo secco di un chilometro. Essere tra i migliori ti fa capire che il fisico risponde bene che hai lavorato in maniera corretta. Per il momento è tutto tranquillo. Ho visto che anche Antonio in Polonia ha dato un bel segnale. Diciamo che siamo in carreggiata.

Burgos sarà l’ultimo test per Caruso verseo la Vuelta. Qui è con Zambanini e Van der Meulen
Burgos sarà l’ultimo test per Caruso verseo la Vuelta. Qui è con Zambanini e Van der Meulen
C’è stato il quinto posto al Giro, ma cosa è cambiato dopo aver deciso che avresti chiuso? 

Io credo che tanto sia cambiato nella testa. Ho iniziato il 2025 convinto di smettere a fine stagione, ma sono anche testardo. Per cui in questa mia convinzione, ho promesso a me stesso di fare tutto al meglio. Ho dedicato tanto del mio tempo alla bici, come se fosse per l’ultima volta. Anziché trascinarmi sino a fine stagione, ho voluto fare tutto nella maniera corretta, per non avere rimpianti. Il problema è che forse mi sono impegnato troppo (ride, ndr).

E cosa è successo?

Sono arrivati dei bei risultati. Ho ritrovato il piacere di andare in bici, di soffrire e di fare la vita del corridore. Non che prima l’avessi perso, però l’anno scorso è stata una stagione troppo travagliata. Ho inseguito la condizione, ma fra malanni e cadute non è mai arrivata. Quindi mi era passata un po’ la voglia, invece quest’anno l’ho ritrovata. E poi mi gratifica anche il ruolo di riferimento per i ragazzi più giovani, non solo per Antonio. Mi viene riconosciuto dalla dirigenza e anche dai compagni. E’ un insieme di cose che mi hanno portato a prendere la decisione di continuare a fare il mio lavoro e cercare di farlo bene.

Il rientro alle gare di Caruso dopo il ritiro sul Pordoi è avvenuto a San Sebastian: una discreta faticaccia…
Il rientro alle gare di Caruso dopo il ritiro sul Pordoi è avvenuto a San Sebastian: una discreta faticaccia…
Un anno e poi basta?

Deciso! Comunque vada, il prossimo sarà l’ultimo. Fino allo scorso anno anche a casa parlavo di percentuali, per cui al 90 per cento avrei smesso. Adesso invece sono convinto al 100 per cento. Il 2026 sarà il mio ultimo anno.

Pensi che per allora Tiberi avrà imparato tutto quello che serve?

Il grosso di quello che potevo trasmettergli in termini di esperienza, l’ho trasmesso. Antonio ha 24 anni ed è nell’età in cui deve cominciare a prendere le decisioni per conto proprio e capire quello che vuole fare veramente. Io posso solo assisterlo e facilitargli il lavoro. Stiamo arrivando al punto in cui, trasmesso il mio bagaglio, non potrò più aiutarlo. Per me è come se fosse un fratellino, c’è un rapporto che va oltre quello lavorativo. Averlo in camera o in gara è solo un piacere, perché è un bravo ragazzo e una persona piacevole con cui è bello dividere il proprio tempo.

Caruso ha corso 4 mondiali da pro’: l’ultimo a Imola nel 2020, quando arrivò decimo, primo degli azzurri
Caruso ha corso 4 mondiali da pro’: l’ultimo a Imola nel 2020, quando arrivò decimo, primo degli azzurri
Parliamo del mondiale?

E dai, parliamone. Il cittì Villa ha chiesto il mio parere. Io gli ho spiegato il mio avvicinamento, che passerà per la Vuelta e sarà ideale per pensare di avere una buona condizione. Non ho detto no e non ho detto sì, anche perché non ho ricevuto ancora alcun tipo di proposta. Semplicemente ho chiesto di vedere come evolve la situazione e quale sarà la condizione, perché mi piacerebbe andare solo nel caso in cui avessi una condizione dignitosa nel rispetto per la maglia azzurra. E’ ancora presto per parlarne, ma a breve arriverà il momento di prendere una decisione. Per ora ci siamo limitati a uno scambio di idee.

Ultima domanda: fra Burgos e la Vuelta riesci a tornare a casa?

No, ci sarà ancora un mini richiamo di altura a Sestriere con la squadra. Servirà per evitare distrazioni, non tanto per finalizzare o migliorare qualcosa. A casa si sta pochissimo, ma al giorno d’oggi o ti adatti a questo sistema o non puoi fare il corridore. E poi cosa ci vado a fare la settimana di Ferragosto in Sicilia? Non riesci ad allenarti, fa troppo caldo. E poi una giornata in spiaggia in Sicilia equivale a una tappa di montagna della Vuelta, una di quelle dure…

Nel Giro della Bahrain: un “nuovo” Tiberi e il solito grande Caruso

07.06.2025
5 min
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La Corsa Rosa della Bahrain Victorious ha subito un forte rimescolamento nell’ultima settimana di gara. I ragazzi guidati da Franco Pellizotti erano partiti dall’Albania poggiando le loro speranze sulle giovani spalle di Antonio Tiberi, forte del quinto posto dello scorso anno. Con il passare dei giorni la corsa si è fatta sempre più difficile da gestire a causa dei tanti momenti di stress. Proprio una di queste circostanze concitate ha portato alla caduta di Antonio Tiberi nella tappa di Gorizia. Da lì il Giro d’Italia del team Bahrain Victorious è cambiato e i gradi di capitano sono passati sulle spalle del più esperto Damiano Caruso. Il siciliano è stato capace di raccogliere quanto seminato e di portare a termine un Giro d’Italia nel quale ha dato prova, qualora ce ne fosse stato bisogno, delle sue grandi qualità.

«In corsa – racconta Franco Pellizotti – il capitano è sempre stato Caruso, mentre il leader era Tiberi. Abbiamo lavorato così anche lo scorso anno. Una volta che Tiberi è caduto tutte le responsabilità sono passate a Caruso».

Antonio Tiberi era arrivato al Giro per curare la classifica per la Bahrain e con grandi ambizioni
Antonio Tiberi era arrivato al Giro per curare la classifica per la Bahrain e con grandi ambizioni

Recuperare

Pellizotti analizza e racconta, intanto in sottofondo si sente un gran strofinare e spazzolare. Il diesse sta lavando la bici di sua figlia Giorgia, che domani correrà in una gara di mtb e anche in questo caso si deve arrivare pronti. 

«Una volta sceso dall’ammiraglia – continua – ho lasciato da parte il lavoro del diesse e mi sono dato a quello del papà, che poi ci sia sempre di mezzo una bici cambia poco. Oggi (venerdì per chi legge, ndr) Giorgia ha l’ultimo giorno di scuola e domani andrà a fare una gara. Da una corsa come il Giro si torna a casa stanchi, ma bisogna recuperare il tempo perso in famiglia. Anche perché poi venerdì prossimo riparto: direzione Tour de Suisse».

Ecco Tiberi, Caruso e Pellizotti: leader, capitano in corsa e diesse
Ecco Tiberi, Caruso e Pellizotti: leader, capitano in corsa e diesse
Torniamo al Giro, eravate partiti con grandi ambizioni…

Vero. Con Tiberi l’obiettivo era di salire sul podio e di provare a vincere una tappa, poi la caduta di Gorizia ha fermato il tutto. Meno male che Caruso ci ha tolto le castagne dal fuoco conquistando un ottimo quinto posto. La nostra punta era Tiberi, ma Caruso aveva dimostrato di stare bene. 

Com’era stato impostato il Giro del siciliano?

Caruso quando è in condizione non è capace di lasciarsi sfilare e uscire di classifica, non fa parte del suo carattere. Lui stesso era consapevole del suo stato di forma. Si è trattato di un Giro d’Italia strano, il primo vero arrivo in salita è arrivato all’inizio della terza settimana. Solo in quel momento ci siamo resi conto delle reali forze in campo

Dopo la caduta nella 15ª tappa Tiberi ha mollato definitivamente il colpo a Bormio, cedendo dieci minuti ai primi
Dopo la caduta nella 15ª tappa Tiberi ha mollato definitivamente il colpo a Bormio, cedendo dieci minuti ai primi
Dopo la caduta di Gorizia si è mai pensato di fermare Tiberi?

No. Ha preso una bella botta, ma il suo cammino al Giro non era a rischio. Avevamo Caruso in classifica ed è stato giusto che Tiberi restasse in corsa per dare il suo contributo. Quando Antonio è arrivato in squadra da noi è stato subito elevato a leader, ma per un ragazzo giovane come lui è stato giusto fare anche questo tipo di esperienza. Un conto è fare il leader, un altro è sapersi muovere da gregario

Spiegaci meglio.

In passato non ha mai ricoperto questo ruolo, ma se vuole diventare un corridore capace di curare la classifica al 100 per cento è una parte fondamentale. Nei due Giri d’Italia corsi con noi, Tiberi è sempre stato il leader, ma il ruolo di capitano lo ha ricoperto sempre Caruso. 

Cosa cambia?

Che Caruso aveva il compito di guidare la squadra, parlare con l’ammiraglia, usare la radio. Tiberi, invece, doveva preoccuparsi solamente di andare forte. In quest’ultima settimana di Giro ho visto Antonio cambiare negli atteggiamenti.

Già a San Valentino Tiberi aveva perso terreno, per Caruso era arrivato il via libera
Già a San Valentino Tiberi aveva perso terreno, per Caruso era arrivato il via libera
In che senso?

L’ho visto più presente in corsa, spesso parlava alla radio, comunicava con i compagni quando si creava la fuga. Insomma ha preso consapevolezza che esiste anche l’aspetto di gestione della gara. Avere accanto un corridore come Caruso sicuramente gli ha dato una mano a capire come si fa.

E’ mancato il risultato ma è stato un Giro comunque importante…

Per questi aspetti appena elencati credo che finire questa corsa sia stato fondamentale per Tiberi. Ha visto e messo in pratica aspetti nuovi. 

Damiano Caruso ha concluso il Giro d’Italia in quinta posizione, è stato il migliore degli italiani
Damiano Caruso ha concluso il Giro d’Italia in quinta posizione, è stato il migliore degli italiani
Spendiamo anche qualche parola per Caruso?

Che dire, ha fatto un grande Giro d’Italia. Conosciamo bene le sue doti, che lo hanno portato a essere uno dei corridori più forti sul fondo. Ha passato un 2024 non semplice e aveva tanta voglia di tornare a fare bene. Ha curato diversi aspetti e si è dato da fare ancora di più. Dopo la scorsa stagione aveva anche pensato di smettere, quindi era partito per questo 2025 con l’obiettivo di voler finire bene la carriera. 

E invece ha prolungato di un altro anno.

Al Tour of the Alps mi aveva già accennato qualcosa a riguardo. Ci eravamo detti di aspettare il Giro. Per fortuna nostra correrà insieme a noi per un’altra stagione. Credo che il 2026 potrà essere un anno fondamentale per il nostro team, ma non abbiamo fretta. Prima c’è la Vuelta e sia Tiberi che Caruso arriveranno agguerriti.

Caruso, primo italiano nella generale: e adesso cosa si fa?

28.05.2025
4 min
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LEVICO TERME – A 37 anni compiuti il 12 ottobre e con il contratto rinnovato per un’altra stagione, Damiano Caruso è ad ora il primo italiano nella classifica generale del Giro: quinto a 2’40” da Del Toro. Parlando di sé e della sua ottima forma, il siciliano dice semplicemente che l’inverno è andato bene e non ci sono stati intoppi. E’ magro al punto giusto, ma non ha fatto diete drastiche: di quelle che ne perdi subito tanti e poi altrettanto rapidamente li riprendi. E proprio la voglia di fare sacrifici nel modo giusto lo ha persuaso di poter fare ancora un anno, tagliando il traguardo delle 19 stagioni (da protagonista) nel professionismo.

Ieri nella tappa di San Valentino, fra salite dure e buontemponi travestiti, Caruso ha atteso Tiberi finché la squadra gli ha dato via libera e allora ha tagliato il traguardo in dodicesima posizione, a 2’31” da Scaroni e con 1’20” di vantaggio sul giovane capitano laziale. Che cosa stia accadendo in questo Giro è qualcosa che ci andava di chiedergli, ricordando bene la sua forma quando arrivò secondo nell’edizione del 2021 e osservando quella attuale. Anche in questo caso dice che magari i numeri sono gli stessi, anche se giurerebbe che siano migliori, ma il peso è sensibilmente inferiore: 65 chili contro i 67 di allora. Come sta Caruso?

«Sto bene – dice – chiaramente con un po’ di stanchezza, ma questo penso che sia normale. Il cervello è ancora collegato alle gambe, quindi so perfettamente che quest’ultima settimana sarà impegnativa. E’ imperativo non dare troppo ascolto alle sensazioni che il tuo corpo ti lancia e gestire la fatica».

Durante il riposo, diviso fra i giornalisti presenti e quelli collegati via Zoom
Durante il riposo, diviso fra i giornalisti presenti e quelli collegati via Zoom
Dicono tutti che è un Giro in cui si va velocissimi. L’anno scorso c’era un dominatore come Pogacar, quindi forse era diverso l’approccio. Che differenza c’è tra l’anno scorso e quest’anno?

L’anno scorso siamo partiti tutti battuti in partenza, con un atleta come Pogacar che non lascia spazio. Non perché per di inventiva, ma semplicemente perché Tadej è uno o due step superiore a tutti e quindi c’è poco da inventarsi contro un atleta del suo calibro. Quest’anno si sta correndo in una maniera che onestamente al Giro d’Italia non avevo mai provato. Tutti i giorni sono state tappe difficili, impegnative. Anche in quelle che sulla carta sembravano tappe tranquille, dove magari tirare un po’ il fiato e un po’ di energie: abbiamo speso tutti i giorni.

Questo grande agonismo potrebbe essere la causa delle tante cadute?

Le cadute hanno sempre fatto parte di questo sport, però percepisco molto il nervosismo in gruppo. C’è molta attenzione da parte di tutte le squadre nel proteggere i propri leader e questo chiaramente innesca una serie di conseguenze. Porta il gruppo a viaggiare sempre più forte e ogni squadra vuole prevaricare l’altra, avere la posizione migliore. Questo, inevitabilmente, porta anche a un superiore rischio di cadute.

Con Oscar e Greta, i figli venuti a fargli visita al via da Viareggio
Con Oscar e Greta, i figli venuti a fargli visita al via da Viareggio
La tappa di ieri ha cambiato molti riferimenti…

Finora avevo visto un corridore veramente più forte di tutti gli altri, quindi Del Toro, ma non sapevamo come avrebbe retto nella terza settimana. Alla vigilia di questo Giro non era considerato come l’avversario primario, però è evidente che sulla strada avesse dimostrato di non avere paura di niente. L’ho visto pedalare con estrema facilità e con la sicurezza di un veterano. Ieri avrei detto che sarebbe stato difficile trovare un altro corridore che potesse impensierirlo nella prossima settimana. Solo lui potrebbe farlo, commettendo un errore.

Vedi possibile il podio per Antonio Tiberi, che ora viaggia in 8ª posizione a 4’07” dalla testa?

Non lo so se il podio sia possibile. Fino a ieri credevo ci fossero un paio di corridori che avessero più o meno un posto assicurato. Del Toro e Carapaz, insomma, poi mi piacerebbe sperare che per Antonio l’obiettivo sia ancora possibile. Non dobbiamo dimenticarlo, altrimenti da ora in poi si correrebbe solo per il piazzamento, mentre noi siamo venuti per il podio.

Ieri Caruso ha tagliato il traguardo con Bernal, a 2’31” da Scaroni
Ieri Caruso ha tagliato il traguardo con Bernal, a 2’31” da Scaroni
Nel frattempo in squadra sono cambiati gli obiettivi, dato che siete in due nei primi dieci?

No, non è cambiato niente. L’obiettivo principale è sempre stato quello di mettere Antonio sul podio e continueremo a provarci. Chiaramente la mia posizione in classifica non è totalmente da buttare al vento, quindi stiamo cercando di fare una cosa difficile. Mettere Antonio sul podio è una top 10 per me. Sappiamo che è difficile, ma dobbiamo provarci perché non vedo altre soluzioni.

Mancano tre tappe di montagna. Il podio che fino ad Asiago sembrava scolpito nella pietra di colpo si è sbriciolato. Il ritiro di Roglic ha rimesso Pellizzari sulla scena, non tanto come uomo capace di ribaltare il Giro, ma certamente come una scheggia capace di destabilizzarlo. La UAE Emirates non sembra più una schiacciasassi e di colpo si ha la sensazione che tutto sia possibile. La tappa di oggi ci farà sapere qualcosa di più. Compreso il delicato equilibrio fra Caruso e Tiberi nella rincorsa ormai faticosa al podio di questo Giro. A Caruso mancano 2’09”, per Tiberi è lontano 3’36”.

Tiberi, l’obiettivo è sopravvivere o cercare un giorno da leone?

27.05.2025
5 min
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CITTADELLA – E se fosse necessario rischiare tutto per far saltare il banco, tu lo faresti? Tiberi guarda fisso. Cerca le parole che abbiano il senso giusto. Se il ciclismo italiano del Giro poggia sulle sue spalle, occorre anche che le risposte siano sensate. Antonio non ha l’indole del kamikaze, preferisce calcolare e poi semmai andare. Sono le 10,30 del mattino del giorno di riposo. La tappa di Asiago ha fatto brindare al pericolo scampato, ma domani (oggi per chi legge) non ci saranno possibilità di appello. Nei 203 chilometri da Piazzola sul Brenta a San Valentino (Brentonico), con 4.737 metri di dislivello, qualsiasi passo falso rischia di chiudere la porta su una situazione già di per sé complicata.

«Forse la mia indole- dice – è un pochino diversa da quella che era ad esempio di Nibali. Nel senso che io sono più regolarista rispetto a quello che era il modo di correre di Vincenzo. Però anche questo è qualcosa che va interpretato. Cerco sempre di studiare in base alle situazioni che si verificano nelle fasi di gara. E se si dovesse presentare un’occasione nella quale mi sento di stare particolarmente bene, magari in una fase critica della gara dove vedo qualche avversario in crisi, sicuramente non escluderei di attaccare».

Tiberi e Caruso con il ds Pellizotti: l’anima italiana della Bahrain Victorious è molto evidente
Tiberi e Caruso con il ds Pellizotti: l’anima italiana della Bahrain Victorious è molto evidente
Si può dire che ieri l’avete ripresa per i capelli?

Sì, possiamo metterla sicuramente così. Anzi, dopo la tappa ero tanto contento di come ero riuscito a passare la giornata. Dentro di me pensavo di aver superato una delle più dure del Giro. Magari non è stata una delle tappe più impegnativa che abbiamo da affrontare, però venivo dalla caduta del giorno prima e avevo dolori e fastidio a pedalare. Sapevo che sarebbe stata sicuramente una giornata dura e sono contento di come sono riuscito a sopravvivere.

Ma adesso arrivano le tappe dure davvero, come la mettiamo?

Mancano delle tappe veramente tanto complicate. Secondo me, la più dura sarà quella con arrivo a Champoluc (19ª tappa, ndr), che farà le differenze già grandi in classifica. So che dovrò darmi da fare, ne ho parlato anche con Damiano (Caruso, ndr). Mi ha detto che la cosa più importante sarà arrivare a Roma senza avere dei rimpianti e poter dire di aver fatto tutto il possibile.

Il suo andare così forte è un vantaggio per te?

Noto ogni giorno quanto la sua performance stia migliorando, è veramente in forma (il siciliano ha appena annunciato il prolungamento di un anno con la Bahrain Victorious, ndr), Anche ieri ero accanto a lui sull’ultima salita quando ci sono stati diversi attacchi e ho notato come rispondeva subito. Sta veramente bene. Quindi per adesso stiamo correndo entrambi da leader della squadra e poi ovviamente nelle fasi cruciali sarà lui a sacrificarsi per me.

Nella tappa di Asiago, la squadra ha riportato in gruppo Tiberi staccato sul Muro di Ca’ del Poggio
Nella tappa di Asiago, la squadra ha riportato in gruppo Tiberi staccato sul Muro di Ca’ del Poggio
Torniamo al discorso di partenza: ti ci vedi ad attaccare un giorno a testa bassa o rimarrai in attesa della selezione del gruppo?

Ci sono alcune tappe in cui secondo me si avrà una selezione, tra virgolette, abbastanza naturale. Non dico che si andrà di passo e i corridori si staccheranno da sé. Però comunque correndo come ieri, con la Ineos che farà il forcing e qualche altro attacco ad esempio proprio nella tappa di Champoluc, ci sarà una selezione più importante. Però non escludo neanche che se mi riprendo dalle botte e vedo che sto bene, se ci sarà un’occasione nelle ultime tappe importanti, sicuramente non mi tirerò indietro e proverò qualcosa anche io.

Hai capito in che modo sta correndo la UAE Emirates?

E’ difficile da interpretare. Ci abbiamo pensato ed è evidente che abbiano due uomini di punta veramente forti. Anche loro, quasi come noi, stanno correndo con due punte. Ayuso, che da quello che mi sembra di aver capito, è il capitano. Ieri hanno fatto vedere che quando Del Toro ha seguito l’attacco di Bernal, dietro tutta la squadra ha lavorato per lo spagnolo. E anche lui in primis l’ho visto in discesa prendere il comando per chiudere. Da quello che si può capire da fuori, la maglia rosa è di Del Toro, ma il leader resta Ayuso e la squadra lavora per lui, casomai Del Toro avesse qualche cedimento.

Prima tappa dopo il riposo (oggi) con quattro salite dure: cosa c’è da aspettarsi da Bernal e Carapaz?

Da quello che ho potuto vedere domenica, in alcuni momenti sembrava che si fossero messi d’accordo, nel senso di voler testare le condizioni degli avversari. Li ho visti entrambi molto molto brillanti in salita, hanno un’ottima gamba perché per fare ripetutamente quei cambi di ritmo, bisogna stare davvero bene. Nelle prossime tappe dure si inventeranno qualcos’altro per provare a riaprire la corsa.

Antonio Tiberi, 23 anni, è attualmente 7° in classifica a 3’02” da Del Toro, appena 1’36” dal podio
Antonio Tiberi, 23 anni, è attualmente 7° in classifica a 3’02” da Del Toro, appena 1’36” dal podio
Sei venuto al Giro con tante attese dei tifosi italiani e con il ritiro Ciccone, sei rimasto da solo. E’ qualcosa che pesa? Leggi i giudizi oppure vai avanti per la tua strada?

Sinceramente non leggo giudizi o critiche. Al contrario, quello che percepisco è che quando sono in gara lungo la strada ci sono tante persone che mi tifano e mi incoraggiano. E questo per me è la cosa più importante, perché mi dà la forza, il morale è la grinta per dare il massimo e cercare di fare il meglio di me stesso.

Caruso e Pellizzari, modi diversi d’essere gregari al Giro

21.05.2025
5 min
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Giulio Pellizzari è l’angelo custode di Roglic, al pari di Damiano Caruso per Tiberi. Il Giro d’Italia segnala questa singolare dinamica. Alla Red Bull-Bora, il giovane di talento si ritrova al servizio del campione anziano, per lavorare e rubargli l’arte. Alla Bahrain Victorious è il contrario: il corridore più anziano è il riferimento per il giovane di talento. Due diversi modi di essere gregario, che approfondiamo con Massimo Ghirotto, che ha aiutato svariati campioni e con il ruolo ha notevole dimestichezza.

Il padovano come da quindici anni a questa parte sta seguendo il Giro d’Italia con il team di Radio Rai, ma non più dalla moto. Chiunque, non potendo seguire le tappe dalla televisione, riesca ad ascoltarle in radio resta ogni volta piacevolmente ammirato dalla qualità del loro lavoro. De lresto il ciclismo è nato alla radio e lo spazio per l’immaginazione lasciato dalle parole degli inviati è un inestimabile valore aggiunto.

La postazione di Radio Rai: da sinistra Ghirotto, l’ospite Francesco Moser, Piccinelli e Martinello (immagine Instagram)
La postazione di Radio Rai: da sinistra Ghirotto, l’ospite Francesco Moser, Piccinelli e Martinello (immagine Instagram)
Al Giro d’Italia ci sono due gregari: uno vecchio e uno giovanissimo. Caruso fa da balia a Tiberi, Pellizzari lavora e intanto impara da Roglic. Che differenze ci sono?

Le differenze sono sostanziali. Tiberi si avvale di un uomo di grandissima esperienza e di grandissimo spessore, che ha anche fatto delle belle classifiche. Non per niente nel 2021 Caruso è arrivato secondo, nel 2023 è arrivato quarto, poi mi pare abbia fatto un decimo posto al Tour. Damiano ha fatto il capitano, magari ci si è trovato perché il suo leader a volte cadeva, ma lui è stato in grado di non farlo rimpiangere. Sa come gestire una classifica e i momenti difficili. Quindi Tiberi ha veramente l’uomo giusto che lo può consigliare, cosa che invece Roglic non ha ovviamente in Pellizzari.

Approfondiamo!

La Red Bull-Bora ha ingaggiato Giulio e ha fatto bene, perché ha visto le qualità che ha messo in mostra l’anno scorso al Giro d’Italia e i suoi risultati da giovane. Sono andato a leggere meglio ed è evidente che in tutte le corse più belle degli under 23, soprattutto il Tour de l’Avenir, il primo avversario per Del Toro era proprio Pellizzari. Questo ragazzino anche domenica sulle strade bianche, in un terreno che non era suo, ha veramente dimostrato delle doti, ma chiaramente non ha mai gestito una situazione critica. Lui i consigli a Roglic non li darà mai. Roglic lo sfrutta perché ha delle doti e quando servirà lo metterà a tirare.

Infatti dovrà essere lui a imparare da Primoz…

E’ chiaro che il mestiere del gregario, che è un’arte, lo impari strada facendo. A me viene in mente un altro nome che è qua: Rafal Majka. Un gregario di lusso, uno che potrebbe essere capitano e che a 35 anni lavora per Del Toro e Ayuso. Come pure Adam Yates, che faceva delle cose stratosferiche al Tour de France. Sono stati leader, ma adesso sono al servizio dei loro capitani. Pellizzari è stato ingaggiato perché sarà sicuramente un ragazzo di futuro e di talento, ma in questo momento può fare solamente il domestico. E si dovrà vedere se Roglic vorrà insegnargli qualcosa. Io sono stato nei panni del vecchio corridore e quando non vuoi insegnare, certe cose te le tieni per te.

Pellizzari ha iniziato a lavorare a stretto contatto con Roglic al Catalunya, dove si è guadagnato la convocazione per il Giro
Pellizzari ha iniziato a lavorare a stretto contatto con Roglic al Catalunya, dove si è guadagnato la convocazione per il Giro
Cosa potrebbe insegnargli Roglic?

Fare il gregario non è solamente mettersi là davanti e tirare, ci sono tante sfumature. Quando intervenire e come gestirti e a volte anche avere il coraggio di dire no. Quando chiedere di mettere un altro a tirare, perché può tornarti utile per il resto della corsa. Sono cose che Pellizzari non può decidere da sé, ma se gliele dice Roglic, allora è diverso. Fermo restando che certe cose le impari quando ci sbatti il naso. I bambini li puoi sgridare, ma imparano solamente quando sbagliano. Sicuramente Pellizzari è giovanissimo e se saprà metabolizzare i suoi errori, sarà uno che potrà dare grandi soddisfazioni.

Questo dipende anche dalla generosità del corridore più esperto?

Mi viene in mente un aneddoto di quando avevamo il Chiappucci giovane e noi eravamo i vecchi. Non è mai bello fare i paragoni col passato, però ricordo quando Claudio sgomitava e aveva voglia di farsi vedere, cosa che a noi più vecchi dava un po’ fastidio. E allora succedeva che non ci aprissimo tanto con lui per insegnargli, anche se poi ha imparato da sé. E’ capitato che fossimo frenati e che lo lasciassimo sbattere il naso. Ecco, se l’anziano non si apre, questo può accadere. Diciamo che Caruso ha già una storia ed è pagato anche per quel ruolo: non l’hanno portato perché faccia la sua classifica. C’è da vedere se a un certo punto fra Pellizzari e Roglic, magari non in questo Giro, verranno fuori gelosie interne.

Roglic ha fatto una bella crono dopo il passaggio a vuoto di Siena, come vedi il seguito della storia?

Roglic non si discute. Quando ne parliamo tra di noi, si fanno delle analisi. Credo che la tappa di Siena l’abbia pagata dal punto di vista psicologico e quando si è trovato in quella situazione, ha salvato il salvabile. Ma non diamolo per morto. Ero sicuro che avrebbe fatto una bella crono, è bastato guardare quella che ha fatto a Tirana. La fortuna dei suoi avversari è stata che ieri era una crono corta, altrimenti il suo margine sarebbe stato superiore. Ora però bisognerà vedere la sua squadra.

La collaborazione fra Caruso e Tiberi (di spalle) è il filo conduttore da quando Antonio è approdato alla Bahrain Victorious
La collaborazione fra Caruso e Tiberi (di spalle) è il filo conduttore da quando Antonio è approdato alla Bahrain Victorious
Uscito di scena Hindley, appunto, Pellizzari si trova al centro delle operazioni.

C’è da capire. Martinez va meno dello scorso anno, ma è di quei “cagnacci” che saltano fuori nella tappa giusta. Hanno Aleotti, che ancora si è visto poco. E c’è Pellizzari, appunto, che si troverà costretto a maturare in questo nuovo incarico. Si trova proiettato in una situazione nuova, dopo gli anni alla Bardiani in cui era discretamente libero. Ha davanti questo ruolo nuovo. Dovrà mettersi alla prova e imparare. Lo aspetta una grande scuola.

Tiberi cresce e Roglic è pericoloso. Parola di Caruso

17.05.2025
4 min
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TAGLIACOZZO – Ad eccezione di Ayuso e Del Toro, abbastanza giovani e sfrontati da minacciare le certezze dei più grandi, fra i primi otto della tappa di ieri ci sono i corridori più titolati di questo Giro d’Italia. Gli altri sono appena più indietro, ma la classifica ora ha finalmente una forma. Damiano Caruso e i suoi 37 anni sono la voce più autorevole del primo gruppo. Ancora una volta il siciliano ha tagliato il traguardo accanto ad Antonio Tiberi. Franco Pellizotti dice che non lo vedeva da un pezzo così in forma e Damiano e le sue prestazioni gli danno ogni giorno ragione.

Con Tiberi quarto a 27 secondi da Roglic, Caruso viaggia in undicesima posizione e mantiene lo sguardo fisso su ciò che gli accade intorno, a metà tra il fratello maggiore e l’angelo custode. «E’ andata anche bene – dice – per essere un arrivo così esplosivo. Per quanto mi riguarda sono super soddisfatto sia della prestazione della squadra, della mia e anche per quella di Antonio. Non è una sorpresa, sta facendo quello che ha promesso. Ma di Roglic non mi fido, lui la sa lunga, nell’arco delle tre settimane può ancora dire molto…».

Tiberi che cresce

La Bahrain Victorious ha preso in mano la corsa poco prima dell’ultimo bivio verso Marsia, la località sciistica ormai dismessa che ha ospitato il traguardo della settima tappa del Giro d’Italia.

«Siamo atleti che lavorano insieme da tanto – spiega Caruso – quindi è un gruppo affiatato. La squadra ci dà fiducia, quindi è giusto ricambiarla. Si vede anche da come corriamo, in gara non c’è bisogno nemmeno di parlare. Ci guardiamo e ognuno sa quello che deve fare e questo è gratificante. In questo quadro, Antonio sta crescendo nella personalità e in tutti gli aspetti, quindi il progetto va avanti. E alla fine è andata bene anche per me. Era un finale molto impegnativo, perché gli ultimi due chilometri erano abbastanza tosti. Tutta la tappa, specialmente la partenza, è stata corsa a ritmi veramente importanti. E’ venuta fuori una giornata impegnativa, ma anche soddisfacente per me, per la squadra e per il nostro leader, quindi oggi (ieri, ndr) andiamo a riposarci contenti».

Un livello altissimo

E’ mancato Roglic, dice Caruso. Ieri tutti lo aspettavano, invece Primoz non ha risposto all’attacco di Ayuso e neppure ai precedenti di Ciccone e Bernal. Ha preferito o è stato costretto a starsene alla finestra e alla fine ha perso un’occasione.

«Siamo andati forte tutto il giorno – racconta – regolari e a tutta. L’accelerazione è una delle caratteristiche di Ayuso, lo scatto secco, più di quanto lo abbia Antonio. L’importante però è che ci sia stata una reazione da parte di entrambi. Sono felice di questo, perché ho risposto anch’io bene, nonostante i miei 37 anni. Se tutto va bene e uno ha voglia di correre e continuare a fare sacrifici, può ancora correre ad alti livelli. Però devono esserci questi presupposti, altrimenti non si va più avanti. C’è da dire che si va davvero forte. Si potrebbe pensare che non sia stato un grande arrivo, dato che non ha fatto differenze notevoli. L’arrivo invece era giusto, il fatto però è che tutti i corridori sono preparatissimi e il livello è così alto che certi giorni i percorsi non bastano più…».