Indurain e Aru, dalla Maratona con lo sguardo alla Francia

06.07.2025
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CORVARA IN BADIA – Circondati dalle maestose Dolomiti, ma col pensiero che vola al Tour de France. Impossibile non parlarne nel weekend della Grand Depart quando ti imbatti in due campioni come Miguel Indurain e Fabio Aru, ospiti speciali della Maratona ciclistica amatoriale che ogni anno porta 8.000 appassionati da ogni angolo del mondo in Alta Badia e poi su e giù per le montagne patrimonio dell’Unesco che tutti ci invidiano.

Indurain è un veterano della Maratona delle Dolomiti, Aru è alla seconda partecipazione (foto Enervit)
Indurain è un veterano della Maratona delle Dolomiti, Aru è alla seconda partecipazione (foto Enervit)

I campioni e la Maratona

Entrambi stelle del Team Enervit, i due assi del pedale amano tornare in questi luoghi che hanno visto solo di sfuggita quando correvano da pro’, ma che ora possono godersi con un po’ più di tranquillità.

«Qui a Corvara una volta arrivai secondo (dietro a Franco Vona, 13ª tappa del 1992, ndr) – parte a raccontare il Navarro – ma poi vinsi quel Giro, per cui ho bei ricordi. Ho perso il conto di quante Maratone ho fatto qui, ma posso dire che è una manifestazione bellissima. Incontro sempre grandi amici, come Bugno, Sagan e tanti altri. L’anno scorso ero insieme a Fabio sul Falzarego. Lui faceva la diretta per la televisione mentre pedalava, mentre io ero al gancio in crisi e facevo fatica a tenere il suo passo». 

Il Cavaliere dei 4 Mori al suo fianco sorride e esordisce: «Per me è un piacere tornare qui dopo la prima volta dello scorso anno: è una gara unica e si pedala in posti fantastici. L’atmosfera e il calore degli appassionati sono incredibili. E’ un piacere godersi questo bellissimo momento di sport».

Dopo aver vinto il Giro del 1992, Indurain tornò al Tour, ottenendo il secondo di 5 successi, sfidato da Chiappucci e Bugno
Dopo aver vinto il Giro del 1992, Indurain tornò al Tour, ottenendo il secondo di 5 successi, sfidato da Chiappucci e Bugno

Pogacar favorito, ma…

Col pensiero si vola Oltralpe e si parla della corsa a tappe più attesa. «Non so dire chi la vincerà, perché il Tour è lungo e in tre settimane può succedere di tutto», ribatte Miguelon, vincitore di 5 Tour consecutivi dal 1991 al 1995. «Pogacar ci arriva sicuramente da favorito, poi vedremo come andrà. Ci sono i migliori corridori del mondo. Dietro a Tadej e Vingegaard, un gradino sotto, ci sono Evenepoel e tanti giovani che stanno crescendo, per cui sarà un Tour interessante».

Fabio, che si vestì di giallo e chiuse quinto nella generale otto anni fa, dà ragione allo spagnolo: «Quello che dice Miguel è vero, il Tour è lungo e ci sono tante dinamiche e cose che possono accadere, comprese cadute e problemi tecnici. Col Delfinato, Pogacar ha dimostrato ad oggi di essere il favorito, però Vingegaard è lì vicino, per cui speriamo che sia una bella sfida». 

Al Tour del 2017, Aru indossò la maglia gialla. Fu l’ultimo anno di grandi risultati per il sardo
Al Tour del 2017, Aru indossò la maglia gialla. Fu l’ultimo anno di grandi risultati per il sardo

La squadra e i dettagli

Con gregari di lusso come Joao Almeida per la Uae e Simon Yates per la Visma, la differenza potrebbero farla anche i compagni nei momenti chiave. «Sono due squadre fortissime, così come anche la Bora. Poi c’è Mas che va sempre forte – aggiunge Indurain, che poi si sposta sul suo connazionale in forza alla Movistar – ma gli manca sempre qualcosa per fare quel salto di qualità. Un po’ è una questione di “motore”, un po’ gli manca anche un po’ di sicurezza nei propri mezzi. Non deve aver paura di perdere e deve provarci di più».

Aru torna sulle guerre stellari: «Penso che Tadej e Vingegaard siano, soprattutto per i Grandi Giri, un pelino superiori a tutti gli altri. Poi corridori come Remco, O’Connor e tanti altri hanno senza dubbio qualità, ma sono sicuramente meno forti degli altri due. Scongiurando problemi, Tadej lo vedo un gradino sopra a Jonas. Nel ciclismo di oggi devi essere attento a tutti i dettagli, così come già quando ho smesso io. Sicuramente in questo lo sloveno è davvero un esempio, con una grande programmazione in allenamento, nel recupero e nell’alimentazione. Bisogna essere perfetti in tutto». 

Pogacar è il corridore che più piace al sardo: «Tadej senza dubbio, perché è un corridore completo. Ci ho fatto due anni in squadra insieme e sin da subito ha dimostrato il suo valore. Consigli? Non gliene ho mai dovuto dare, visto che ha sempre vinto. Si merita tutto quello che sta ottenendo perché è davvero un bravo ragazzo».

Alle intervist con Alan Marangoni, A Corvara c’è anche Peter Sagan
Alle intervist con Alan Marangoni, A Corvara c’è anche Peter Sagan

La crisi del ciclismo italiano

Indurain, invece, svela: «L’ultimo corridore che mi piaceva molto e che mi poteva un po’ assomigliare era Dumoulin. Era alto come me e andava forte a cronometro, ma anche in salita sapeva difendersi bene. Ora, invece, ci sono corridori meno di ritmo e molto più esplosivi come Pogacar, Vingegaard, Evenepoel e Van der Poel. Tutti gli sport cambiano, le tappe sono più corte e così anche le cronometro, ma è normale che sia così».

Negli anni di Indurain, l’Italia era una super potenza del ciclismo, mentre ora arranca. «Non so se all’Italia manchino corridori o il fatto di avere una squadra di spessore o forse ancora entrambe le cose. Non so quale sia il fattore scatenante di questa crisi, ma è davvero doloroso non vedere l’Italia protagonista. Nei miei anni aveva tanta abbondanza di grandi corridori sia per le classiche sia per i Grandi Giri. E’ un momento difficile perché poi si lotta contro superpotenze che hanno budget enormi, come la Uae Emirates».

Aru commenta così la situazione: «Per quanto riguarda le corse a tappe, non voglio mettermi in mezzo, ma direi che mancano corridori come Nibali. E’ un periodo in cui non abbiamo corridori per i Grandi Giri, per cui dobbiamo lavorare sui giovani e sperare di raccogliere qualcosa. Per quanto riguarda questo Tour, invece, mi aspetto qualcosa di buono da Milan, visto che già anche al Giro ha dimostrato il suo valore. Lo conosco poco, ma faccio il tifo per lui».

L’evento di Corvara richiama ogni anno 8.000 cicloturisti ed è in pieno svolgimento (foto Maratona delle Dolomiti)
L’evento di Corvara richiama ogni anno 8.000 cicloturisti ed è in pieno svolgimento (foto Maratona delle Dolomiti)

In Piemonte con la Vuelta

Italia e Spagna è un binomio che si fonderà anche ad agosto alla prossima Vuelta, vista la Gran Salida dal Piemonte. E, a proposito della saga di guerre stellari del pedale, ai nastri di partenza potrebbero esserci sia Pogacar sia Vingegaard. 

«Spero che Miguel possa esserci nella mia regione adottiva», fa Aru con un sorriso. «Se posso molto volentieri perché amo l’Italia e la Vuelta che partirà da voi sarà qualcosa di unico», ribatte Miguelon prima di concedersi un dolcino e lanciare uno sguardo alle Dolomiti che sono pronte ad abbracciarlo chilometro dopo chilometro lungo la Maratona. 

Selle Italia SLR, quarta edizione: 137 grammi di cura infinita

05.07.2025
7 min
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Per il ciclismo, quello amatoriale certamente ma per tanti versi anche quello dei pro’ (a giudicare dalle presenze) il weekend di Corvara è uno dei più iconici di tutto l’anno. Questa volta coincide con la partenza del Tour de France ed è interessante annotare che Selle Italia abbia scelto la Maratona dles Dolomitees per presentare un suo nuovo modello: la SLR.

La sigla è certamente iconica, essendo stata immessa sul mercato nell’ormai lontano 1999, quando si caratterizzò per la leggerezza e la forma affusolata che ne fecero da subito una scelta per corridori. Da allora la storia è andata avanti e per oltre vent’anni la SLR è stata sinonimo di peso piuma e prestazioni, anche se negli anni ha subito due rivisitazioni: quella del 2010 e quella del 2018.

La quarta edizione

Quella presentata a Corvara è la quarta edizione ed è caratterizzata da tre versioni che mantengono la forma e la seduta che hanno fatto della SLR una sella facilmente identificabile. Fra gli aspetti di novità, è stata ridotta la lunghezza, che dai 250 millimetri dell’originale ne perde 8 e si assesta a quota 242. Di riflesso o come causa per la modifica, il padding è stato ridotto in lunghezza e assottigliato al minimo nella parte posteriore.

Non si tratta di un semplice tentativo di riscrivere l’estetica della sella, ma di una modifica ispirata dalla tecnologia Pressure Map idmatch. Deriva da essa infatti la consapevolezza che la parte posteriore della sella rimane ormai inutilizzata e non contribuisce in modo significativo al comfort del corridore in sella. Visto che ormai pedalano tutti in avanti? Non avrebbe troppo senso prevedere spessori generosi nella parte posteriore: il discorso non fa una grinza.

La biomeccanica resta

Ciò che non cambia è invece il punto di appoggio delle ossa ischiatiche: motivo per cui si è detto in apertura che viene mantenuta la seduta. Allo stesso modo il BRP (Biomechanical Reference Point) resta nella stessa posizione delle versioni precedenti, assicurando coerenza nel feeling e l’adattamento per chi proviene dal modello precedente.

Che cosa sia il BRP è presto detto: è il punto, comune a tutte le selle attualmente in commercio, in cui la sella raggiunge una larghezza di 70 mm.

Leggera e più efficiente

Oltre alla geometria, la peculiarità della nuova SLR è la riduzione del peso: le nuove versioni risultano più leggere rispetto alle precedenti, con un risparmio di grammi a beneficio della reattività e dell’efficienza.

Il telaio è nuovo. Nelle versioni in carbonio è stato utilizzato un layup più efficiente, caratterizzato anche da geometrie riviste, per migliorare l’assorbimento delle vibrazioni senza comprometterne la resistenza strutturale. Lo stack tra BRP e punto di innesto anteriore del telaio nella scocca è stato aumentato di 4 millimetri. In questo modo si è accresciuta la libertà di regolazione, permettendo la massima personalizzazione dell’assetto.

Tre versioni road

Come si accennava in partenza, le versioni sono tre e attendono settembre per conoscere gli altri allestimenti che completeranno la linea. La prima è la SLR 3D CARBON. Ha il telaio in carbonio e pesa appena 137 grammi (taglia S3) grazie alla stampa in 3D. La bilancia dice che la differenza rispetto alla precedente SLR Boost 3D Kit Carbonio è di 29 grammi. La forma è invariata e si arriva alla sua realizzazione con tecnologia Carbon DLS, che permette la creazione di aree di ammortizzazione differenziata (prezzo di 449,90 euro).

C’è poi la versione SLR 3D ELITE, con telaio tubolare in acciaio leggero e 28 grammi meno della SLR Boost 3D TI316. La cover è sviluppata con tecnologia Carbon DLS (prezzo di 359,90 euro). Infine la SLR CARBON, che ha il telaio in carbonio, con imbottitura rivestita a mano che ne fa una sella artigianale. E’ disponibile in quattro taglie (con e senza foro), pesa appena 118 grammi in taglia S3, quattro in meno del precedente modello (prezzo di 319,90 euro).

Esteticamente, la nuova SLR adotta uno stile total black molto essenziale, in linea con il design moderno delle biciclette da strada. Le indicazioni di modello e taglia sono riportate in grigio sulla cover.

www.selleitalia.com

Wilier Verticale SLR, veloce, leggera e godibile ovunque

04.08.2024
7 min
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La nuova Wilier Verticale SLR va molto oltre la bici dedicata allo scalatore. Certo, è leggerissima, elegante e sfinata, ma è anche veloce ed è rapidissima nei rilanci dalle basse alle alte velocità. Le ruote Miche Kleos RD36 sono un bel prodotto che diventa il vestito ideale di questa bici. L'abbiamo portata alla frusta in diversi contesti, chiudendo il nostro test alla Maratona delle Dolomiti 2024, un'edizione segnata dalla pioggia.

CORVARA – Il test della nuova bici di casa Wilier si conclude con la una delle gran fondo più ambite, ovvero la Maratona delle Dolomiti, il contesto perfetto per una bici come la Verticale SLR. Eppure, dietro questo mezzo top di gamma in senso assoluto c’è tanto da raccontare.

A nostro parere è riduttivo limitarsi a descriverla come “bicicletta da scalatore”, perché la nuova Verticale SLR è anche molto veloce. In discesa è gratificazione pura e prende velocità in un amen se rilanciata partendo da velocità ridotte. Entriamo nel dettaglio della nostra prova.

La stessa bici usata da Tejada al Tour (ruote a parte)
La stessa bici usata da Tejada al Tour (ruote a parte)

Una bici da 6,6 chilogrammi

In tutto 6,6 chilogrammi, rilevati e senza pedali, una bici sul filo dell’illegalità. Illegale, un aggettivo che piace tanto ai ciclisti amanti dei numeri, dei pesi ridotti che collimano con una efficienza tecnica che non viene mai meno, in nessun frangente che si incontri sulla strada. 6,6 chilogrammi con i portaborraccia montati ed il supporto per il computerino, il supporto per la luce posteriore (che all’occorrenza diventa anche porta numero) e con tutta la componentistica di serie, tubeless da 30 millimetri di sezione compresi, pignoni 11-34 inclusi. Quindi si può limare ancora qualcosa.

Ma quello che più ci ha colpito è il rapporto che esiste tra il valore alla bilancia e la stabilità della bici, la giusta rigidità percepita e una precisione di tenuta delle traiettoria degna di nota (anche con pneumatici più piccoli da 28, una sorta di standard attuale). Wilier Verticale SLR, la migliore Wilier di sempre.

In salita

Nasce per la salita, è il terreno dove eccelle e anche quando non si ha la gamba, la stessa bici è in grado di dare qualcosa. Cosa significa? Significa che la nuova Wilier è una di quelle bici che funziona bene quando si pedala da seduti, quando ci si alza in piedi sui pedali e quando ci si scompone.

Offre un buon sostegno sull’avantreno (bisogna però abituarsi alla forma del manubrio) e permette di caricare molto i pesi del corpo proprio sulla porzione anteriore. Al contrario di molte superleggerissime non trasmette nessuna flessione che arriva dalla forcella e non da mai quella sensazione di “tirare indietro” nel punto dello sterzo. La stessa cosa arriva dalla scatola centrale e dal carro. Il reggisella è più confortevole e fa percepire una certa elasticità, utile nel lungo periodo e quando si affronta un tratto con asfalto malmesso.

In discesa

Non ci ha sorpreso, ci aspettavamo una bici precisa e stabile. E’ migliore se paragonata alla Zero SLR ed è più precisa. In parte ricorda la Filante SLR, che tanto ci era piaciuta in questi frangenti. E’ bene sottolineare che la Verticale SLR è una bici da corridore agonista. Non è la bici da mandare a briglia sciolta, va tenuta ed in parte assecondata, ma non è una di quelle bici leggere che si imbizzarriscono quando la velocità sale. Permette di correggere qualche errore in fase di inserimento e quando viene rilanciata è superlativa.

E’ una bici da portare alla frusta e che al tempo stesso diventa anche esigente in alcuni frangenti, perché invita a spingere sempre. Non è un fattore da far passare in secondo piano, anche nella scelta dell’allestimento più adeguato e per sfruttare al massimo le potenzialità del mezzo.

Profilo medio, il vestito perfetto

Per la maggior parte del tempo (il test è durato circa un mese e mezzo, con oltre 1.800 chilometri percorsi) abbiamo utilizzato le Miche Kleos RD36. Abbiamo sconfinato anche verso ruote da 50 e con profili differenziati 58/48 (posteriore e anteriore), in modo da avere una panoramica più ampia del comportamento della Verticale SLR.

Con le ruote altissime è veloce, ma perde qualcosa in agilità e nella perentorietà che la contraddistingue nei cambi di ritmo alle basse andature. Le 50 millimetri sono il compromesso ottimale per una bici del genere e oltre alla performance c’è anche un vestito che gratifica gli occhi al 100%. Ma con le ruote medie resta la leggerezza al pari della capacità di sopportare i cambi di ritmo secchi, le sparate secche e fasi di rilancio che in salita fanno godere anche chi salitomane non è.

La confidenza con il manubrio

Abbiamo utilizzato la misura di manubrio più estrema: quella larga 37 sopra e 40 sotto. Provenendo da manubri tradizionali, la presa stretta sopra può non essere immediata ed è necessario prendere un po’ di confidenza, anche in discesa. Cambia la dinamica della guida. Quando si impara e ci si adatta (diventa importantissimo capire dove e come tenere i gomiti, i polsi e gli avambracci) i vantaggi ci sono e sono alla portata di watt e schermo del computerino. Si è veloci e si risparmia qualche watt. Quando ci si alza in piedi sui pedali non è un problema e si tira facile.

Il vantaggio vero e proprio arriva dal disegno che c’è al centro della curva. E’ una sorta di gomito che rende la presa corposa e riempie tutto il palmo della mano. Ha il suo perché nel tenere arpionato il manubrio in volata, in pianura quando la velocità è alta, sui vallonati ed in discesa. Il lavoro che è stato fatto in questa zona della bici è importante e a nostro parere anche la sicurezza in vari frangenti ne guadagna.

La stabilità di una bici si misura anche grazie a gesti, ad esempio mollare il manubrio per chiudere la giacca
La stabilità di una bici si misura anche grazie a gesti, ad esempio mollare il manubrio per chiudere la giacca

In conclusione

La Verticale SLR è la bici che fa venire voglia di montare in sella e pedalare. Disegno e forme Wilier, elegante e sfinata, senza eccessi, una bici che paga l’occhio. La sua eleganza è condita dalla ricerca di tanti dettagli che si riferiscono anche alla componentistica utilizzata. Ad esempio il movimento centrale Miche, tutto il manubrio integrato e molto altro.

E’ l’utilizzo a fare la differenza, perché se è vero che la Verticale SLR è una bici da corridore vero, è altrettanto vero che non mostra eccessi: non è un cavallo pazzo. Questo è un aspetto tecnico che merita tanta considerazione, soprattutto nell’ottica di un utilizzatore “normale”, che oltre a fare prestazione deve pensare anche allo stare bene in sella e godersi qualche pedalata senza spingere a tutta. La nuova Wilier è anche questo, ovvero una bici non eccessivamente impegnativa, fluida e scorrevole in ogni situazione.

Wilier Triestina

Alta Badia, Maratona delle Dolomiti e il grande ciclismo

21.06.2022
3 min
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L’epoca Covid-19 ci lascia anche qualcosa di buono, pensando al futuro e alla connessione tra ambiente, sport e ciclismo. Quando il 30 settembre scorso, la Maratona dles Dolomites ha comunicato il tetto massimo dei partecipanti (fissato a 8000 presenze) per l’edizione 2022, un sussulto generale ha animato il mondo delle due ruote amatoriali. Le motivazioni sono diverse e tutte ampiamente argomentabili, sta di fatto che ci troviamo al cospetto di una comunità che ha insegnato a molti a fare turismo sportivo, a mettere al centro della promozione il territorio e a far diventare una gran fondo, una vetrina mondiale nella quale tutti vogliono essere protagonisti.

Unica nel suo genere, perché per la Maratona lavorano 4 persone tutto l’anno, che aumentano esponenzialmente di numero man mano che l’evento si avvicina. E’ uno strumento di lavoro per il turismo: si parla di oltre 16.000 presenze con un periodo di soggiorno medio tra le 2/3 notti, solo per citare alcuni numeri. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Michil Costa, presidente del comitato MdD e titolare di un Leading Hotel – La Perla – in Corvara.

La partenza della Maratona Dles Dolomites (foto Freddy Planinschek MdD)
La partenza della Maratona Dles Dolomites (foto Freddy Planinschek MdD)
Perché avete ridotto il numero massimo dei possibili partecipanti?

Per dare maggiore qualità alla manifestazione, perché nonostante tutto l’edizione del 2021, ancora in epoca Covid, ci ha insegnato qualcosa. Ci sono stati meno partecipanti, rispetto alle edizioni pre-pandemia, ma questo ci ha fatto notare che ha dato una maggiore qualità del prodotto offerto. La Maratona delle Dolomiti e l’Alta Badia, sono alla costante ricerca di qualcosa di nuovo da proporre e, oltre ai vari temi di attualità, la volontà era quella di dare ancor più qualità. La soluzione è stata quella di ridurre il tetto massimo delle iscrizioni. Mi rendo conto che per qualcuno possa essere una decisione impopolare e questo mi spiace, ma era necessario prendere una decisione, una posizione e fare una scelta. Così è stato fatto.

Professionisti o amatori, il ciclismo è parte dell’Alta Badia (foto Manuel Glira MdD)
Professionisti o amatori, il ciclismo è parte dell’Alta Badia (foto Manuel Glira MdD)
Con la riduzione dei partecipanti è auspicabile un ritorno al passato, per quello che riguarda il percorso?

E’ un’ipotesi, ma è difficile dire oggi, se ci sarà un ritorno sul Passo Fedaia. Di sicuro sarebbe molto interessante ed epico tornare alle origini, ma è necessario considerare le tante variabili che comporta la variazione e allungamento del percorso. Un tracciato più duro, il passaggio a Canazei con il blocco di una valle. I tasselli da mettere insieme sono diversi. Di certo il punto fermo, delle strade chiuse e dei passi alpini, aperti solo ai ciclisti in quella giornata è un fattore dal quale non si può prescindere. E’ una caratteristica della Maratona dles Dolomites. Comunque si, è lecito pensare al percorso di una volta.

Il Pordoi in più di un’occasione ha scritto pagine epiche al Giro
Il Pordoi in più di un’occasione ha scritto pagine epiche al Giro
Possiamo immaginare a un domani, dove la manifestazione amatoriale possa far da traino ad una dedicata ai professionisti?

Anche in questo caso affrontiamo un argomento attuale, dibattuto nel comitato e anche in tutta la nostra comunità. Non lo nego, ci stiamo pensando, magari anticipando con una sorta di parallelo con gli U23, forse nel 2023. Potrebbe essere una prova, come un test, che potrebbe anticipare l’evento dedicato ai professionisti. Un intero fine settimana di bicicletta, tra pro’ ed amatori. E’ da organizzare, ma si può fare.