Amadio, il primo punto su juniores e nazionali

18.05.2021
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Che cosa sta facendo Roberto Amadio? Nominato alla presidenza della Struttura Tecnica Strada e Pista della Federazione, il friulano è un po’ sparito dai radar, inghiottito dalla macchina federale e dalla necessità di capirne dinamiche e segreti.

«Il progetto di questa Federazione – spiega Ruggero Cazzaniga, suo predecessore e ora vicepresidente federale – è salire di livello, passando per un ammodernamento che consenta di coinvolgere partner che ci facciano crescere. Amadio riveste la funzione del team manager e coordinatore delle nazionali. Deve imparare che cosa vuol dire catapultarsi in questa realtà che non è 100% privata, ma vive in favore delle società. Vedo da parte sua una grande volontà e vedo una squadra diversa dal passato, che sta nascendo con ottimi presupposti».

L’obiettivo finale sarà gestire le nazionali come un team WorldTour per tutto l’anno
L’obiettivo finale sarà gestire le nazionali come un team WorldTour per tutto l’anno

In ufficio

In questi giorni Amadio (che nella foto di apertura è con Moreno Argentin) vive una strana situazione, con un occhio sul Giro d’Italia e l’altro sul nuovo incarico, che lo prende parecchio.

«Al momento – dice – si sta lavorando all’approvazione delle gare e a dettagli ogni giorno da imparare e altri da aggiustare. Per fortuna ho accanto Giorgio Elli, che è molto preparato, e lo stesso Cazzaniga che mi aiutano a capire i meccanismi. Non è come guidare un team, questo è chiaro. Sono anche in contatto con i tecnici delle nazionali, lavorando sui prossimi appuntamenti. Ma per ora è un ruolo molto da ufficio e poco sul campo. Ho visto un paio di corse juniores e una di dilettanti, per fortuna c’è lo streaming…».

Obiettivo juniores

Qualche settimana fa avevamo parlato di lui con Michele Biz, proprio a proposito della categoria juniores, dopo che Roberto era andato a seguire le corse organizzate da un pool di squadre friulane per ovviare alla stasi dell’attività.

Biz pensa che la Fci dovrebbe mettere mano alla categoria juniores…

Forse è arrivato troppo professionismo. Forse si dovrebbero lasciare i ragazzi di quell’età più tranquilli, mentre ci sono 4-5 squadre nettamente superiori alle altre, che corrono in modo professionale e ammazzano le altre realtà.

Gran Premio Liberazione juniores, vince Dario Igor Belletta
Gran Premio Liberazione juniores, vince Dario Igor Belletta
Non si dice che adesso si passa professionisti direttamente dagli juniores?

Io invece credo che la categoria vada protetta ed è un’attenzione importante, perché si tratta della fase in cui si intravedono le potenzialità di un corridore. C’è chi matura prima e chi matura dopo e bisogna tutelare i più interessanti, magari riparandoli dall’equazione che se non vinci, non trovi squadra per l’anno successivo.

Non siamo forse alla ricerca del nuovo Evenepoel?

Ecco, bravi! C’è quest’ansia di trovare il super talento e se poi non funziona, gli danno un calcio nel sedere. Perché funziona così, lo sappiamo. La Fci impone i due anni nelle categorie giovanili, ma poi arrivano i procuratori, si attaccano al diritto al lavoro e nel nome di questo cancellano il diritto più sacrosanto del corridore che è crescere gradualmente. In più si creano della aspettative che non sempre possono essere mantenute.

Il programma elettorale di Dagnoni prevedeva la rifondazione delle squadre nazionali. Senza fare nomi per non metterti in imbarazzo, state ragionando anche sui futuri tecnici?

La gestione futura delle nazionali, proprio come è scritto nel programma elettorale che ha portato Dagnoni alla presidenza, sarà uno dei miei compiti. Come impostarle e come gestirle. La nomina dei commissari tecnici è compito del presidente, io semmai potrò dare qualche indicazione, ma al momento non mi sfiora il dubbio di fare nulla, perché stanno lavorando tutti bene.

Alla Coppi e Bartali, Amadio assieme al presidente Dagnoni e al cittì azzurro Cassani
Alla Coppi e Bartali, Amadio assieme al presidente Dagnoni
Cazzaniga parla di nazionali come un team WorldTour.

E’ il motivo probabilmente perché la scelta è caduta su di me. E’ un programma ampio che coinvolge strada, fuoristrada e pista. Un progetto che richiede uomini che ben si integrino, che sappiano lavorare insieme, seguendo la linea. Ma tutto questo è competenza del Consiglio Federale. Per ora mi sto occupando di altro. E vi assicuro che ho tanto da fare. Però visto che bravo ieri Sagan? Gli ho mandato un messaggio. Quando vince uno dei miei ragazzi, salta fuori il vecchio cuore Liquigas.

Suzuki consegna al presidente FCI Dagnoni

Suzuki e FCI, un rapporto di valori condivisi

11.05.2021
3 min
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Suzuki rilancia con forza la propria collaborazione con la Federazione Ciclistica Italiana. Per la stagione in corso, il marchio automobilistico nipponico, sempre attento al mondo dello sport e dei grandi eventi, è presente in grande evidenza sulle divise delle Nazionali di ciclismo azzurre di tutte le discipline.

La prima consegna

Il sodalizio fra Suzuki e la Federazione Ciclistica Italiana è stato ribadito a Torino, presso la sede Italiana del marchio automobilistico. In questa occasione è stata consegnata al Presidente federale Cordiano Dagnoni (a sinistra nella foto di apertura) una Suzuki ACROSS Plug-in. La prima di una specifica flotta ibrida che consentirà allo staff, ai tecnici e agli atleti di spostarsi in modo rapido, sicuro e soprattutto rispettoso dell’ambiente.

La maglia della Nazionale con lo sponsor Suzuki
La maglia della Nazionale con lo sponsor Suzuki
La maglia della Nazionale con lo sponsor Suzuki
Suzuki sarà presente sulle maglie delle Nazionali di ciclismo

Una collaborazione attiva dal 2016

«Siamo davvero entusiasti della partnership attiva con Suzuki – ha commentato il Presidente della Federazione Ciclistica Italiana Cordiano Dagnoni – una collaborazione avviata nel 2016 e che abbiamo scelto di proseguire. Suzuki è a tutti gli effetti un marchio molto vicino allo sport e che incarna valori in cui ci riconosciamo. Ha un grande occhio di riguardo nei confronti dell’ambiente, è tecnologico ed innovativo, proprio come il ciclismo di oggi. Suzuki inoltre sviluppa prodotti in grado di supportarci al meglio nei tanti chilometri che ogni giorno percorriamo lungo le strade del grande ciclismo internazionale. Un partner dunque sempre al nostro fianco nel cammino che ci condurrà ad una serie di importanti appuntamenti, come i Campionati Europei, i Mondiali e le Olimpiadi di Tokyo».

La Suzuki Across Plug-in che sarà data in dotazione alla Federazione Ciclistica Italiana
La Suzuki Across Plug-in
La Suzuki Across Plug-in che sarà data in dotazione alla Federazione Ciclistica Italiana
La Suzuki Across Plug-in che sarà data in dotazione alla Federazione Ciclistica Italiana

Sicurezza e rispetto ambientale

«Suzuki è orgogliosa di confermare il supporto alla gloriosa Federazione Ciclistica Italiana – ha ribadito il Presidente di Suzuki Italia Massimo Nallila presenza della nostra S sulla maglia azzurra degli atleti del ciclismo italiano è una vera e propria medaglia sul petto per il marchio Suzuki. Lavorare per un obiettivo, dare il massimo in una competizione, rispettare le regole e l’avversario, sono valori comuni sia del ciclismo che del marchio di Hamamatsu. La gamma 100% ibrida del marchio giapponese sposa temi molto cari a tutti i ciclisti: sportività, attenzione alla sicurezza stradale e rispetto della natura. Sulla strada rispettiamoci! La nostra libertà finisce dove inizia il rispetto di quella altrui. E tra le esigenze da soddisfare non dimentichiamo quelle del pianeta: la bicicletta sarà una delle soluzioni del futuro».

Stessi valori e stesso impegno

«La nostra ACROSS Plug-In è l’emblema dell’approccio alla mobilità sostenibile. Equipaggiata con sistemi di sicurezza efficaci che tutelano anche gli altri utenti della strada, ha una autonomia da best in class in modalità elettrica, senza emissioni nocive dallo scarico. Suzuki ritrova nel mondo dello sport, e in particolare in quello del ciclismo, i valori di cui si fa portatrice nella società e quando si cimenta in prima persona nelle competizioni motoristiche. Gli sportivi sanno bene quanto la volontà e la tenacia siano determinanti per superare i propri limiti e per raggiungere i traguardi più ambiziosi. L’impegno di chi spinge sui pedali ricorda quello profuso dai tecnici di Suzuki quando sono chiamati a studiare nuove tecnologie per permettere di offrire prodotti tecnologici ed efficienti, in grado di rendere migliore la vita dei nostri clienti e di primeggiare nelle corse, oltre che sul mercato».

suzuki.it

Due mesi dopo l’elezione, il presidente cosa fa?

21.04.2021
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A due mesi dall’elezione, Cordiano Dagnoni non si tira indietro quando si tratta di raccontare il suo impegno, ma il dato oggettivo è che le cose da fare sono tante e il tempo è tiranno.

«Sono a tutta – dice – attacco la mattina alle 8 e non me ne vado dall’ufficio prima delle 20. Questa è la prima telefonata extra. C’è tanto da fare. Pensavo di trovare una situazione più a posto. Tante cose erano ferme, come in un’azienda in cui non hai investito sulle macchine e la produzione è calata. Per dare una scossa, ho messo mano al settore della comunicazione perché il mondo viaggia veloce e dobbiamo stare al passo coi tempi. Ho chiamato Roberto Amadio alla Struttura Tecnica. E assieme a Mannelli dei Revisori dei Conti e Castellano, abbiamo già lavorato alla semplificazione per gli aspetti amministrativi rispetto ai Comitati provinciali e regionali. Modifiche, devo dire, molto apprezzate».

Assieme ad Amadio e Cassani alla Coppi e Bartali
Assieme ad Amadio alla Coppi e Bartali
Andiamo con ordine, come sei arrivato al nome di Amadio?

Sono amico fraterno con Mario Scirea, ci allenavamo insieme. Abbiamo la stessa età. Mi ha fatto lui il nome. Ha detto, ricordandolo dagli anni alla Liquigas, che era la persona giusta per gestire il gruppo e il budget. Roberto si è dimostrato subito entusiasta. Ha seguito la campagna elettorale restando dietro le quinte e il suo nome è stato uno dei primi che ho portato avanti dopo l’elezione. E’ una figura che si integra bene con le altre, apprezzato da tutti: un vero valore aggiunto. E’ partito con molto entusiasmo.

La comunicazione?

E’ il modo per diventare visibili, appetibili, richiamare nuovi sponsor. Lavoriamo in stretta coordinazione. E poi sono molto fiero di Marcello Tolu, il Segretario Generale, come dire l’amministratore delegato dell’azienda, che da quattro anni era segretario della FitArco, la federazione del tiro con l’arco. Un romano a Roma, per me che sono a Milano è fondamentale, anche se martedì è stato tutto il giorno su con me.

Lo hai scelto tu?

Il Segretario viene nominato dal presidente, ma ha bisogno dell’avallo del Coni. Così qualche tempo dopo l’elezione sono andato a parlare con Malagò. Gli ho detto che avevo una richiesta e non poteva dirmi di no. Quando gli ho fatto il nome, si è buttato indietro sulla poltrona e mi ha chiesto come avrebbe fatto a portarlo via dal tiro con l’arco. Io ho ribadito che ne avevamo bisogno. E visto che in passato la Fci qualche grattacapo l’ha dato, Malagò mi ha chiesto di dargli 10 giorni e alla fine Tolu è venuto con noi.

Marcello Tolu è diventato Segretario Generale (foto Fci)
Marcello Tolu è diventato Segretario Generale (foto Fci)
Cosa dici del Consiglio federale che si è formato?

Mi piace, pur avendo all’interno eletti di altre fazioni. E’ un bel gruppo. Siamo coesi, tutti hanno voglia di fare bene e per questo ho deciso di dare delle deleghe vere, non per finta. Significa che mi fido. Ci siamo divisi in base alle competenze, senza stare a litigare. Io ho tenuto per me il paraciclismo (perché credo sia un settore da tenere su), i Giudici di gara, l’impiantistica (che è legata alla promozione) e la nazionale.

Si vede qualche frutto dopo due mesi?

E’ stimolante e ci sono tante cose da fare. Si comincia a vedere l’entusiasmo di aziende che si avvicinano. Già la mia elezione e il cambio di presidente aveva generato curiosità, ora si cominciano a vedere i progetti e per i manager è più facile avvicinarsi a cose concrete. Tanti contratti ce li siamo trovati già in essere, per ora vanno bene così e poi se ne riparlerà. 

Che cosa c’è da fare nell’immediato?

Le Commissioni, ma stiamo ragionando con calma per mettere le persone giuste nel ruolo giusto. Per fortuna non ho debiti elettorali, quindi posso scegliermi chi meglio ritengo e sulla base della competenza. Mi piace poter inserire qualcuno di cui mi fido. Ad esempio la Commissione dei Giudici di Gara si è fatta da sé. Ho chiesto al presidente Gianluca Crocetti di indicare lui i nomi con cui avrebbe voluto lavorare e guarda caso coincidevano con i miei. Non saranno nomine a buttar via, con due soli che lavorano e gli altri a non far nulla. Si deve creare un gruppo che funzioni.

Gianluca Crocetti è il presidente della Commission Giudici di gara
Gianluca Crocetti è il presidente della Commission Giudici di gara
Metterete mano al professionismo? Quello che è successo alla Vini Zabù non è il massimo…

Se ne è parlato. Il passaggio al professionismo merita una riflessione più serie di quanto fatto finora. Il metodo migliore a mio avviso era quello di quando correvo io, basato sui punti. Il sistema è andato in crisi quando si sono messe di mezzo le leggi sul lavoro, ma io credo che con il buon senso si possa gestire. Anche quello del pilota d’aereo è un lavoro, ma per arrivarci devi superare un esame e avere determinati requisiti fisici, non basta che il papà ti paghi il corso. Mi sembra assurdo che abbiamo speso così tante risorse per rifarci un’immagine e basta un caso così per rimettere tutto in discussione.

Com’è la vita del presidente federale?

Sono sempre a tutta, a dire tanto riesco a dedicare il 5 per cento del mio tempo all’azienda. Per fortuna ho due fratelli che sbrigano il lavoro e io posso dedicarmi alle rifiniture. Ieri c’era una riunione e ho mandato avanti loro. Io sono arrivato a riunione iniziata, loro hanno fatto il grosso e io sono arrivato per le ultime decisioni. Il prossimo appuntamento è venerdì a Riva del Garda all’ultima tappa del Tour of the Alps e poi domenica al Gp della Liberazione. Ma non mi lamento, sono contento di come stanno andando le cose.

Con Amadio i pro’ entrano in Federazione

25.03.2021
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La sua nomina ha destato molta sorpresa: nella prima riunione del nuovo consiglio federale, Roberto Amadio è stato nominato Presidente della Struttura Tecnica Nazionale Strada e Pista, acquisendo la carica da Ruggero Cazzaniga oggi vicepresidente della nuova Fci. Una scelta sorprendente soprattutto per la storia di Amadio, lungamente legato anche per trascorsi agonistici alla pista ma più facilmente identificato come uomo della strada, con un lungo e glorioso passato come direttore sportivo e team manager.

Una nomina che a molti è sembrata gettare un ponte fra la struttura federale e il mondo professionistico, spesso entità lontane e magari addirittura in contrasto, dando così seguito a quelle idee che il presidente Cordiano Dagnoni aveva specificato nella sua campagna elettorale.

«Quando ho iniziato ad avvicinarmi al mio nuovo ruolo – dice Amadio – mi sono accorto di quanto sia un compito arduo e soprattutto ampio. Riguarda regolamenti tecnici, stipula del calendario di attività, attribuzione dei campionati Italiani, gestione delle nazionali e tanto altro ancora. Il lavoro è molto, io porterò dentro e ci metterò tutta la mia esperienza acquisita in una vita, da corridore e dirigente, inserendomi in una strada già tracciata da Cazzaniga e dal segretario Giorgio Elli, che hanno già fatto molto e bene».

Amadio, qui con Davide Bramati, ha iniziato come Ds nel 1992 alla Jolly Componibili
Amadio, qui con Bramati, ha iniziato come Ds nel 1992 alla Jolly Componibili
Può essere il primo passo verso un nuovo rapporto tra Fci e mondo professionistico?

Ci dovrà essere un forte e continuo dialogo con la Lega e le squadre, ma anche con gli organizzatori. E avendo vissuto in questo mondo per tanti anni, ci metterò tutto me stesso per favorirlo. Non sono due mondi contrapposti, anche se hanno compiti diversi, bisogna trovare le giuste sinergie.

Che cosa puoi fare dalla tua posizione per favorire la crescita di un vero e proprio team italiano di WorldTour?

Io credo che nella situazione attuale pensare a una squadra italiana al massimo livello sia prematuro, ma chiaramente bisogna lavorare tutti, nel proprio ambito, perché quest’idea un giorno si realizzi. La Fci può dare una mano e nella mia posizione farò di tutto per farlo, ma bisogna innanzitutto pensare a potenziare la Federazione in base agli impegni che le si pongono davanti: nel nostro caso specifico i grandi eventi internazionali a cominciare dalle Olimpiadi.

Con il quartetto dell’inseguimento Amadio vinse il Mondiale dell’85
Con il quartetto dell’inseguimento Amadio vinse il Mondiale dell’85

Il progetto Club Italia

Chiacchierando con Cassani e non solo, si era parlato dell’idea di importare nel ciclismo l’idea del Club Italia, una sorta di squadra nazionale permanente che agirebbe come team continental e coinvolgerebbe i migliori talenti giovani delle varie discipline ciclistiche (strada, Mtb, pista, ciclocross) per far acquisire loro esperienza su strada.

Pensi che sarebbe possibile?

Sarebbe un progetto importante, nel quale possiamo muoverci come Federazione. La strada della multidisciplina è il ciclismo del terzo millennio, questo è indubbio. Un’idea simile c’era già negli anni Ottanta e diede buoni frutti, soprattutto per la pista. Sicuramente permetterebbe ai vari tecnici nazionali di lavorare su un club gestendo al meglio la preparazione e la programmazione degli appuntamenti. Ci si può ragionare…

E’ attraverso idee simili che può ripartire la crescita del movimento italiano di vertice o ci sono anche altri passaggi da pensare?

Per tutte le specialità serve programmazione, soprattutto oggi dove scienza e tecnologia sono arrivate a livelli da Formula 1 nel supporto dell’attività. L’Italia nel complesso sta lavorando bene, basta guardare gli enormi progressi della pista. Per la strada resto convinto che bisogna partire dalla base, lavorare con cura sulle categorie giovanili, juniores e under 23, per stimolare la crescita dei giovani talenti e invogliare sempre più gli sponsor a investire sul ciclismo. A tal proposito sono sempre scettico al pensiero che arrivi qualcuno che investa una valanga di soldi per creare un team di WorldTour, per questo dico che bisogna andare per gradi.

Con Nibali, Basso e il patron Paolo Dal Lago: era il 2012, il suo ottavo anno alla Liquigas
Con Nibali e Basso: era il 2012, il suo ottavo anno alla Liquigas
Che cosa ti rimane delle tue esperienze in ammiraglia?

Tanti bei ricordi, legati soprattutto ai campioni con cui ho lavorato. Da Basso a Nibali a Sagan, ho avuto la fortuna di lavorare con loro imparando anche da loro. Questo mi ha dato una conoscenza dell’ambiente a 360°, senza dimenticare che le mie radici sono legate alla pista per la quale ho un amore inestinguibile. Spero di poter dare indietro parte di quello che ho ricevuto, attraverso questo nuovo incarico.

Che cosa ti auguri per questo quadriennio così breve?

La Federazione imposta il suo lavoro sulle Olimpiadi, noi siamo entrati in corso d’opera e Tokyo sarà frutto per lo più dell’impegno di chi c’era prima. Io guardo già a Parigi 2024 e mi piacerebbe che per allora potessimo dare importanti segnali in quelle discipline nelle quali per ora siamo ai margini, come ad esempio la velocità su pista. Tre anni sono pochi, lo so, per ottenere risultati di vertice, ma possiamo gettare una base solida, portando maturità ed esperienza nelle categorie giovanili, perché è da lì che nascono i campioni.

Bruno Vicino campione del mondo in pista

Vicino chiama Dagnoni: «Rilancia gli stayer…»

26.02.2021
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Con l’arrivo di Cordiano Dagnoni alla guida della Fci, conoscendo il suo passato di stayer, molti sperano che la specialità del ciclismo dietro motori abbia un sussulto. Una volta le gare dietro moto riempivano le tribune delle piste, poi sono andate lentamente scomparendo ed è quasi un miracolo che sia stato tenuto in piedi il Campionato d’Europa, disputato per l’ultima volta a Pordenone nel 2019 e vinto dal tedesco Burkart e dalla nostra Marta Cavalli. Guardando l’albo d’oro si scopre che la specialità continua ad avere interpreti di un certo peso, basti guardare alle vittorie di Viviani nel 2013, il danese Morkov l’anno successivo e, andando un po’ indietro nel tempo, il vincitore del Tour Bradley Wiggins nel 2003.

A Natale c’era il pienone

Chi ha legato la sua storia ciclistica al mondo degli stayer è Bruno Vicino, attualmente nello staff dirigenziale dell’UAE Team Emirates, che ripensando al suo passato non nasconde tanta nostalgia: «E’ un vero peccato che questo patrimonio sia stato lasciato andare: ricordo ad esempio le fantastiche giornate di Natale a Dortmund. Il giorno della festa si pranzava al velodromo e al pomeriggio i campioni della specialità davano spettacolo su pista davanti a molte migliaia di spettatori. Sembrava di essere allo stadio, tanto era il tifo… In Italia era una specialità poco conosciuta, eppure eravamo tra i più forti al mondo».

Bruno Vicino campione del mondo
Bruno Vicino sul gradino più alto del podio al Campionato del mondo di Zurigo 1983
Bruno vicino campione del mondo
Bruno Vicino vittorioso al Campionato del mondo di Zurigo 1983

La fine delle Sei Giorni

A che cosa si deve il suo declino?

Le ragioni possono essere tante, certamente molto ha influito un certo abbandono della pista e soprattutto il tramonto delle 6 Giorni, che in Europa riempivano i velodromi di tutte le principali città. Io poi credo anche che ci sia stato un certo disinteresse da parte dei Paesi dell’Est europeo, che a livello di politica sportiva nel nostro ambiente hanno sempre avuto molto peso.

Vicino con maglia della nazionale
Bruno Vicino in azione con la maglia azzurra ai Campionati del mondo di Barcellona 1984
Vicino con maglia della nazionale
Bruno Vicino in azione ai mondiali di Barcellona 1984
L’andare dietro motori, nell’ambito dell’allenamento, ha ancora un senso?

Certamente, moltissimo. E’ lo strumento migliore per preparare il ritmo di agilità. Una sbagliata percezione della specialità ad esempio fa credere che emergano soprattutto i velocisti, invece è ideale per i passisti, perché si va di regola sui 72-73 km orari, le gambe frullano sempre sullo stesso ritmo e lo stesso rapporto. E’ ideale ad esempio per chi prepara le cronometro, oppure per chi va forte nei circuiti. Io ad esempio grazie agli stayer avevo preso l’abitudine di rilanciare l’azione dopo le curve scattando da seduto, mantenendo la posizione e riducendo lo sforzo.

Bruno Vicino con medaglia argento
Bruno Vicino è argento ai mondiali di Brno 1981 con il vincitore Rene Kos e Wilfried Peffgen
Bruno Vicino con medaglia argento
Bruno Vicino, a sinistra, con la medaglia d’argento ai mondiali di Brno 1981

Si corre in due

Che cosa serve per emergere tra gli stayer?

Il fattore principale, che non deve essere mai dimenticato, è che la gara la si fa in due, chi guida la moto e chi la bici. Tra i due ci deve essere feeling, un buon corridore senza un buon pilota non vincerà mai. Sono come due teste che devono ragionare all’unisono per emergere, capire quando accelerare, quando mantenere il ritmo e così via.

Allenarsi dietro moto ha ancora un senso?

Altroché… E’ ideale per dare il ritmo nelle pedalate, per fare riscaldamento e sciogliere i muscoli, prima di una crono la consiglio sempre anche ai ragazzi del team, anche meglio dei rulli. E’ chiaro che anche in allenamento serve un certo accordo tra i due mezzi, anche perché su strada ci sono avvallamenti e soprattutto le auto, serve massima attenzione, ma la sua utilità è innegabile.

Dietro motore in pista
Il tedesco Wilfried Peffgen e Bruno Vicino, in basso, ai mondiali di Besancon 1980
Bruno Vicino con De Lillo ai mondiali di Besancon 1980
Bruno Vicino ai mondiali di Besancon 1980

Pianura e niente fisso

Quali percorsi sono più adatti?

Bisogna cercare i tracciati più pianeggianti possibile, proprio perché quel che va allenato è il ritmo di pedalata. Un errore da non fare è utilizzare per gli allenamenti su strada dietro motori bici a scatto fisso, che vanno benissimo su pista ma all’aperto serve sempre avere la possibilità di cambiare e soprattutto frenare.

Oggi Bruno Vicino è nello staff della UAE Team Emirates
Oggi Bruno Vicino è nello staff della UAE Team Emirates
Oggi Bruno Vicino è nello staff della UAE Team Emirates
Oggi Bruno Vicino è nello staff della UAE Team Emirates

La pista è più sicura

Con l’arrivo di Dagnoni, che cosa ti aspetti per il tuo antico amore?

Ci unisce la stessa passione, il presidente sa bene quale spettacolo questa specialità sa regalare, spero tanto che riprenda vigore sia in Italia che in Europa, ricordiamoci sempre che andare su pista è molto meno pericoloso che su strada quindi può essere un grande richiamo per i ragazzi e si sa che il rombo dei motori piace sempre…

Pro’, giovani e sicurezza: Dagnoni cosa farà?

26.02.2021
5 min
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Cordiano Dagnoni è il freschissimo presidente della Federazione ciclistica italiana. L’ex corridore e tecnico lombardo ha vinto le elezioni giusto la scorsa domenica.

Ma nel momento della “festa” Dagnoni non ha parlato di programmi e progetti. Lo fa però adesso con noi che gli chiediamo di giovani professionisti e sicurezza: tre temi importantissimi per il ciclismo e per chi va in bici. Lui stesso ci aveva illustrato il suo programma elettorale, adesso vediamo cosa potrà veramente realizzare nei prossimi mesi.

Cordiano Dagnoni, neo presidente federale, è già al lavoro…
Dagnoni, neo presidente federale, è già al lavoro…
Presidente, partiamo dai giovani. Quali sono le sue linee guida?

A livello promozionale prevediamo un progetto alternativo a quello delle scuole. Riteniamo più proficuo passare per oratori e centri estivi. 

Perché, Dagnoni?

Perché d’estate i bambini sono più propensi a fare attività sportiva, a stare all’aria aperta e gli animatori/accompagnatori lo stesso. Per questo vogliamo trovare accordi con gli enti promozionali. In tal senso è fondamentale l’impiantistica: bike park, ciclodromi, pump track…. Bisogna trovare location sicure, anche per far star tranquilli i genitori che altrimenti non li manderebbero. E in questo progetto il fuoristrada e la Bmx sono fondamentali. Ad un bambino metti il casco integrale, le protezioni e lo mandi giù da una rampa, ma sapete quanto si diverte e che attitudini acquisisce?

Gli organizzatori di gare juniores, allievi… spendono molto in tasse e in cambio hanno avuto poco dalla Fci, magari giudici che li multavano perché la logistica dell’arrivo non era conforme per pochi centimetri… Cosa farà la Fci adesso?

Beh, la Fci ha molto agevolato queste società dando contributi a chi si è preso l’onere di organizzare sotto pandemia e in qualche modo hanno già preso. Ma quello delle tasse Fci è solo un aspetto marginale. In generale aumentano i costi. Pensiamo per esempio solo al personale Asa: chi ha fatto un corso e ha ricevuto una certificazione adesso si sente abilitato a chiedere un contributo. Si sta più attenti alla sicurezza, giustamente, ma i costi aumentano e la coperta è corta. Posso dire che cercheremo di avere un occhio di riguardo e di intervenire secondo le nostre risorse.

Oggi è sempre più difficile trovare dei ragazzi che vogliono far fatica, mentre il movimento amatoriale è molto forte. Si può sfruttarlo? Pensiamo ad una quota delle iscrizioni devolute al settore giovanile, a gare organizzate sfruttando la stessa struttura della granfondo. E’ chiaro che molto ricadrebbe sull’organizzatore, ma proprio per questo la Fci può essere di supporto…

La tessera degli amatori già aveva subito una maggiorazione che andava a vantaggio dei giovanissimi, solo che poi anche la tessera dei giovanissimi è aumentata in quanto il costo dell’assicurazione era praticamente più alto della tessera stessa. In Lombardia, dove ero stato presidente del comitato regionale, avevo proposto questo progetto di associare le gare amatoriali con quelle dei ragazzi. Spesso sono gli stessi papà che corrono e che poi potrebbero portare il figlio o la figlia a gareggiare. Magari la mattina si fa la granfondo e nel pomeriggio la gara giovanile, sfruttando le stesse strutture. Chiaramente con un tracciato diverso. Ma vado oltre.

Prego…

Penso che la stessa cosa si possa proporre per il paraciclismo. Credo sia anche un messaggio sociale. E lo stesso associare il paraciclismo ai giovanissimi. I paratleti sono esempi e sarebbe educativo per i piccoli. Da questi atleti arrivano grandi lezioni di vita.

L’esclusione dell’Androni Giocattoli dal Giro 2021 ha sollevato grandi polemiche
L’esclusione dell’Androni dal Giro ha sollevato grandi polemiche
Passiamo al mondo dei pro’, presidente. Ci rendiamo conto che il ruolo della Fci è marginale, ma cosa può fare la Federciclismo per riportare il nostro sport ai vertici internazionali. Cosa può fare per tornare ad avere squadre WorldTour?

Bella domanda! Noi ci concentriamo su altri settori. E’ vero che le medaglie arrivano dal mondo dei pro’, ma il nostro compito è quello di tutelare anche le categorie sottostanti. Se poi si parla della mancanza di team WorldTour, questo è vero. Ma attenzione, perché d’Italia ce n’è molta in queste squadre: corridori, massaggiatori, diesse, meccanici… Probabilmente il fisco fa scappare le società dal nostro Paese. Ma questo è un aspetto che dovrebbe rivedere prima di tutto il governo. Noi possiamo solo tendergli la mano affinché possa trovare soluzioni valide.

Spesso in Italia le piste ciclabili sono fatte senza veri criteri di ciclabilità
Spesso in Italia le piste ciclabili sono fatte senza veri criteri di ciclabilità
Nelle ultime settimane c’è stata polemica riguardo ai posti assegnati al Giro. La Fci potrebbe intercedere con Rcs per trovare un regolamento univoco?

Bisogna trovare delle regole certe e definite, che si sottraggano ai giudizi soggettivi. Servono dei parametri che stabiliscono se ne hai diritto oppure no. Io credo che Fci e Rcs dovrebbero collaborare molto di più. Questo è un mio obiettivo.

Sicurezza. Giusto un paio di giorni fa è morto un altro ragazzo, Giuseppe Milone di 17 anni. Cosa farà la Fci per questo delicato tema?

Torniamo al discorso di prima: serve una certa impiantistica. Bisogna ragionare con le amministrazioni locali per trovare gli spazi giusti. I ciclodromi sono la via migliore. Percorsi di 800-1.000 metri nei quali possono girare i ragazzi, ma anche gli amatori. Spazi in cui possano starci anche le scuole di Mtb. Poi certo, anche sull’educazione stradale (da parte di tutti, automobilisti e ciclisti, ndr) abbiamo degli ampi margini di miglioramento. Bisogna sviluppare piste ciclabili, ma ciclabili vere, non ciclopedonali. Come in Belgio, Olanda. Andrebbe rivista la moda urbana delle nostre città e periferie. La cultura ciclistica va creata e noi come Fci siamo portavoce di questo cambiamento.

La regola del metro e mezzo di distanza è giusta, ma è anche vero che spesso è irrealizzabile: buche, traffico, strade strette… Cosa ne pensa, Dagnoni?

Come presidente del comitato lombardo feci mettere sul lato sinistro delle maglie della nostra rappresentativa il logo giallo del metro e mezzo affinché fosse pubblicizzato. Poi sì, ha una realizzabilità relativa, è più un consiglio per automobilisti che una regola.

Martinello e Isetti, analisi e sassolini nelle scarpe

22.02.2021
4 min
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Gli sconfitti della contesa elettorale, Silvio Martinello e Daniela Isetti, hanno diversi stati d’animo, legati alle diverse aspettative e alla possibilità di vincere che ciascuno a suo modo si era in qualche modo attribuito.

Rischio ballottaggio

Martinello è arrivato secondo a 22 voti da Dagnoni. Sapeva che la sua unica chance sarebbe stata vincere al primo turno. Il ballottaggio sarebbe stato fatale contro Dagnoni, mentre sarebbe stato giocabile contro Isetti. Se da un lato era evidente che gli elettori di Isetti avrebbero dato sostegno a Dagnoni, il contrario non sarebbe stato così scontato.

«In questo momento – dice – c’è la delusione per non aver centrato l’obiettivo, ma insieme la serenità di aver lavorato per il meglio. Abbiamo fatto un gran lavoro, abbiamo parlato di ciclismo e criticità. Sono felicissimo che Norma Gimondi sia diventata vicepresidente, perché non era una cosa scontata. E’ molto preparata e appassionata, chissà che questa esperienza non sia utile per un altro futuro».

Silvio Martinell e Cordiano Dagnoni si sono sfidati al ballottaggio (foto Fci)
Silvio Martinell e Cordiano Dagnoni si sono sfidati al ballottaggio (foto Fci)

L’impronta di Renato

Il dubbio che ti assale, dopo le tante… forchettate fra lo sfidante e il presidente uscente Di Rocco, è che lo stesso Renato a un certo punto abbia manovrato lo spostamento dei voti verso Dagnoni, pur di tagliar fuori Martinello. Le parole di Di Rocco, per cui si può essere soddisfatti per l’elezione di un uomo con un cammino importante in federazione, sono in qualche modo una conferma.

«E’ stata sicuramente un’elezione – conferma Martinello – con l’impronta di Di Rocco. Nel mio intervento ugualmente mi sono sentito di riconoscere il suo spessore e i suoi trascorsi. In ogni caso ora c’è un Consiglio Federale nel pieno dei suoi poteri, che non potrà certo negare le criticità che gli abbiamo mostrato».

Silvio non scappa

E adesso cosa sarà di Martinello, che in una conversazione ha sottolineato come il grande lavoro fatto non debba essere disperso?

«Non so cosa mi riserverà il futuro – dice – di certo non ho intenzione di uscire dal ciclismo, perché credo in questi mesi di aver parlato proprio di ciclismo. Sapevo che non sarebbe stato facile, soprattutto perché non ho mai fatto parte dell’establishment. E’ come alla fine di una corsa, cui hai partecipato sapendo di esserti preparato al massimo. Ho la serenità di aver fatto tutto bene. Ci sono anche gli avversari che fanno la loro corsa e se si viene battuti, occorre riconoscergliene merito».

Eccesso di onestà

Daniela Isetti mostra lo stesso distacco, ma basta guardarla negli occhi per capire che il distacco è davvero relativo.

«Quello che mi scoccia – risponde – è che non sono state mantenute le parole date. Sono stata convinta fino all’esito del voto che avrei potuto farcela, anche se per scaramanzia stavo zitta, dato che tutti mi avevano già attribuito la vittoria. L’unica cosa di cui forse potrei pentirmi è l’essere stata troppo sincera e trasparente, ma rifarei tutto, perché non posso cambiare la mia natura. Così come non posso non rivendicare le mie competenze. Non sono una persona che cova la delusione, ma devo ancora metabolizzare quello che è successo. Mi dispiace solo che la Fci perda un dirigente capace. E comunque l’Assemblea è sovrana e così ha deciso».

Ecco il nuovo Consiglio federale del presidente Dagnoni (foto Fci)
Il Consiglio federale del presidente Dagnoni (foto Fci)

Voto incoerente

Il prossimo nodo da sciogliere per quanto la riguarda è la sua candidatura, proposta da Di Rocco prima di farsi da parte, come rappresentante italiana in seno all’Uci. Proprio questa nomina è stata oggetto di una vibrante obiezione da parte di Dagnoni.

«E’ un po’ presto per dire cosa farò – dice – ma non mi accanisco per avere una carica, come abbiamo visto invece alcuni in questa Assemblea. Unica cosa che ci terrei a sottolineare è che non credo che il risultato della prima votazione sia stata coerente con i valori e il lavoro fatto fin qui. E a chi mi chiede se non fosse possibile confluire sin da subito nel progetto di Dagnoni, risponde che l’ho escluso per una richiesta di riconoscimento dei valori in campo».

Dagnoni presidente, fra progetti e commozione

21.02.2021
4 min
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Se c’è un’immagine che più di altre rimarrà negli occhi di chi ha seguito l’Assemblea Generale della Federazione, che ha portato all’elezione di Cordiano Dagnoni alla presidenza, è proprio l’abbraccio fra il presidente e Mario Valentini. Due minuti di una stretta che sapeva di conquista e dolore. Pochi sanno quanto il tecnico umbro sia stato determinante nel tessere la tela che ha portato all’elezione di Dagnoni, ma in quel momento ogni speranza di vittoria era priva di importanza. Ieri sera, infatti, il figlio Mauro si è spento dopo una lunga malattia. Aveva 53 anni.

«Credo che Mario sia venuto – dice Dagnoni a bassa voce – perché sapeva che Mauro ci teneva tantissimo. Eravamo d’accordo che se fossi stato eletto, lui sarebbe stato il mio uomo di fiducia su Roma. E questo ho tenuto a dirlo, nel primo incontro che abbiamo fatto a metà pomeriggio. Questo Consiglio Federale avrà 12 componenti: gli 11 eletti e poi Mauro da lassù».

Elezioni federali
Subito dopo la proclamazione, il nuovo presidente Fci saluta commosso Mauro Valentini (foto Fci)
Elezioni federali
Il saluto di Dagnoni a Mauro Valentini (foto Fci)

Davanti al notaio

Dagnoni è appena stato davanti al notaio per firmare l’accettazione del mandato. Alla vigilia sembrava che tutti i voti dovessero convergere come per un plebiscito sul nome di Daniela Isetti. L’emiliana era la portatrice del programma più articolato, almeno quanto quello di Martinello era ricco di fatti ed elementi che a qualcuno devono essere parsi destabilizzanti. Il programma di Dagnoni era il più magro, con quella concezione della Federazione come un’azienda che lentamente faceva breccia negli ambienti che non hanno mai digerito troppo bene la burocrazia romana.

Via la cravatta

La tensione inizia a scemare ed è il momento dei pensieri in libertà, quelli con la cravatta slacciata. Coloro che hanno provato a fare interviste su programmi e provvedimenti hanno ricavato risposte prevedibilmente vuote.

«E’ un po’ come in una gara su pista – ammette il presidente – come uno dei tre europei che ho vinto sul derny. C’è prima la fase in cui tagli la linea, che dà una gioia effimera. Poi c’è la fase delle premiazioni, in cui capisci ma non del tutto. E poi c’è la fase del giorno dopo, quando ti svegli. Io sono ancora alle premiazioni. Di programmi e il resto si comincerà a parlare da domani».

Con i suoi tre vice: Cazzola, Gimondi e Cazzaniga (foto Fci)
Con i tre vice: Cazzola, Gimondi e Cazzaniga (foto Fci)
Due giorni fa in uno scambio di messaggi, a fronte dei proclami dei rivali, ti dicevi tranquillo.

Mi sentivo che sarebbe andata bene. Partivo dalla consapevolezza di avere buona parte dei voti della Lombardia e già solo per questo gli altri partivano svantaggiati. E poi sapevo che in caso di ballottaggio con Martinello, sarei stato avvantaggiato. Chi avrebbe votato Isetti, non sarebbe confluito su Silvio.

Che cosa secondo te ha convinto i tuoi elettori?

Con il passare delle settimane, ci siamo resi conto che il profilo sobrio che avevamo scelto alla fine stava venendo fuori. Magari all’inizio non ci hanno ascoltato, perché c’era gente che faceva più rumore. Alla lunga però sono emersi i veri valori.

C’è qualcosa che hai letto nei programmi dei tuoi rivali che avresti voluto far tuo?

Posso dire quello che penso? I loro programmi erano troppo lunghi ed elaborati. Noi abbiamo voluto puntare su meno cose. Progetti concreti. Abbiamo scelto di concentrarci su quello che si può fare davvero. Per cui al momento giusto, si potrà partire.

Una firma solenne: il presidente accetta la nomina
Una firma solenne: il presidente accetta la nomina
Con gradualità o tutto insieme?

Anche insieme. Nel mio stile di lavoro c’è da sempre la delega. Se lasci che a lavorare siano diverse professionalità, hai più canali aperti. Invece magari sui progetti più complicati si può agire con tempi diversi.

Inizialmente si disse che Di Rocco fosse dalla tua parte.

All’inizio Renato si era convinto che sia Daniela sia io avessimo il profilo giusto per essere buoni candidati. Alla fine però si è sbilanciato e si è spostato su Isetti e questo mi ha avvantaggiato, perché ha fatto capire quali fossero le forze reali in campo.

Un Consiglio federale con 7 lombardi su 11 eletti: cosa significa?

Un Consiglio a sorpresa. Ma adesso, come ho appena detto a tutti loro, siamo nelle condizioni perfette per dimostrare l’impegno per un’Italia ciclistica unita. Far crescere le regioni meno strutturate della Lombardia è un progetto che merita la massima attenzione.

Il momento in cui Cordiano Dagnoni riceve la chiamata di Ernesto Colnago
Il momento in cui Cordiano Dagnoni riceve la chiamata di Ernesto Colnago

Il telefono squilla, a questa deve rispondere. E’ Colnago. Fra i due c’è una lunga amicizia. Il presidente chiede scusa e si sposta. Dopo tanti anni nel segno di Di Rocco, la Federazione torna ad essere un affare lombardo, ma la sensazione che la mano lunga di Renato non sia del tutto estranea a questa elezione rimane. Andremo avanti tenendoci il buono e lasciando giù ciò che non funziona? La sfida per Dagnoni è appena cominciata.

Borgna: l’Acsi potrebbe collaborare, ma Fci vuole?

26.01.2021
4 min
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C’è da capire, usando il linguaggio crudo della strada, se la grande attenzione dei 4 candidati alla Presidenza Fci verso cicloturisti e amatori nasca da un nobile fine o non sia piuttosto il modo di arrivare alle loro quote associative. In ciascuna delle interviste pubblicate nei giorni scorsi a Dagnoni, Isetti, Martinello e Perego (in ordine alfabetico) la battuta comune di ognuno era: «Vanno proposte attività vere e non considerarli dei bancomat».

Dato che continua a sembrarci insolito, se non per ambiti ristretti, che una Federazione affiliata al Comitato Olimpico debba destinare risorse agli amatori, ci siamo rivolti a chi con loro lavora da anni e lo fa anche bene, per capire se ci siano margini di manovra. E così abbiamo suonato nuovamente alla porta di Emiliano Borgna, responsabile nazionale di Acsi Ciclismo (in apertura sulla sinistra, alla presentazione della Marcialonga). Nel 2019, l’Acsi aveva 53.000 tesserati, 1.900 società affiliate, 1.200 eventi organizzati, 80 Gran Fondo. Abbiamo parlato con lui per capire se ci siano margini di collaborazione con la Fci, lasciando a ciascuno il proprio ruolo e ottimizzando le risorse.

Ecco il logo dell’iniziativa 2021 dell’Acsi
Ecco il logo dell’iniziativa 2021 dell’Acsi
Buongiorno Emiliano, ci dicesti di aver parlato con Martinello durante l’estate, ci sono stati altri contatti?

Con nessuno, nulla. Probabilmente si sentono di un’altra dimensione, che poi da un punto di vista normativo è vero. Vediamo quando entrerà in vigore la riforma dell’ordinamento sportivo, se ci saranno compiti più definiti. Sul fronte degli amatori, la situazione degli ultimi anni è a favore nostro e di altri Enti, perché loro hanno poca attività.

Perché siete così forti e perché per la Fci sembra tutto così difficile?

Abbiamo snellito molto la macchina organizzativa, cerchiamo di aiutare le società ad organizzare i loro eventi. Di là questo non c’è e per contro hai delle tasse gara parecchio elevate, anche perché per tanti anni non c’è stata attenzione verso il mondo amatoriale e sono rimasti indietro, avendo però probabilmente degli altri obiettivi. Ci sono stati anni ibridi, in cui si poteva credere all’agonismo amatoriale, quando si erano raggiunti degli estremi di esasperazione. Ma ora, anche grazie al Covid, le cose si sono normalizzate. Gli eventi sono fermi oppure parteciparvi è difficilissimo. La gente però ha continuato a fare sport, lo dicono anche i dati sui sinistri. E qui è nata la nostra idea di Kom You.

Che cos’è?

Lo spunto per dare un obiettivo alle persone, perché la situazione sarà ancora questa per alcuni mesi, speriamo pochi, e poi la ripresa avrà comunque incertezze e criticità. Così abbiamo ideato una challenge che dia ai praticanti lo stimolo per allenarsi, anche perché gli ultimi eventi virtuali, potendo comunque uscire in strada, hanno avuto un bel calo di partecipanti. Si affrontano le più belle salite italiane, seguendo due filoni. Puoi farne il maggior numero oppure ricercare la prestazione, con la classifica che viene stilata tramite condivisione della propria attività su Strava. Possono partecipare tutti, non solo i nostri tesserati. C’è tanta gente che ha cominciato, vestiti come capita, con bici inizialmente improvvisate. Sono nuovi tesserati per allargare il bacino e non restringerlo ai Veterani over 40, che hanno la stabilità economica per comprare le bici e pagare le iscrizioni.

Partenza Nove Colli 2018
Migliaia alla partenza della Nove Colli, perché non abbinare gare di giovanissimi ed esordienti?
Partenza Nove Colli 2018
Perché non abbinare gare giovanili alla GF?
La caccia ai neofiti è anche nei programmi dei quattro candidati…

Quando nacque il discorso delle convenzioni, per cui lo sport si faceva tramite gli Enti di promozione in collaborazione con le Federazioni, noi fummo i primi a firmare, non per soggezione, ma perché credevamo in una possibile collaborazione e ci crediamo ancora. Poi hanno raffrontato i numeri dei tesserati e i discorsi sono finiti. Non vedo nella Fci un competitor, lo sono semmai gli Enti che non organizzano eventi e non hanno costi che fanno campagna di tesseramento fra le mie società a prezzi stracciati. Con Fci siamo mondi diversi, si potrebbe trovare benissimo un punto di incontro.

Si parla di gare di giovanissimi legate alle Gran Fondo.

Si potrebbe sfruttare la logistica dell’evento amatoriale e abbattere i costi per gli organizzatori che da quando le gare regionali sono diventate nazionali, sono aumentati. Ma potremmo collaborare anche al di fuori delle gare.

In cosa?

La realizzazione di ciclodromi in cui fare tutti attività. Gestire l’attività di base, ad esempio nelle scuole o con i disabili. Queste cose le fanno gli Enti, non le Federazioni. Loro hanno tutto codificato con i riferimenti normativi del Coni, specialità per specialità, ma un modo per portare le persone in bici si trova. Se fai attività di giovanissimi ed esordienti alle Gran Fondo, eviti anche di far andare i ragazzini sui furgoni malmessi di certe società. Vanno alle gare con la famiglia, il papà fa la sua Gran Fondo e i bambini la loro corsa. E’ anche il modo di condividere lo sport in famiglia.

Lo fate già?

In alcuni eventi come la Marcialonga, il sabato si fa l’evento dei bambini ed ha una partecipazione eccezionale. La Gran Fondo dovrebbe essere l’atto finale di una festa di famiglia. 

E se la Fci viene a prendersi i bambini, proponendo loro la tessera?

Benvenga. Noi non possiamo fare agonismo con i bambini fino ai 13 anni, prima si fanno attività ludico-promozionali. E’ giusto che i piccoli facciano attività federali. Se diventano Nibali, siamo tutti contenti. Se non lo diventano, magari vengono da noi come amatori.