Sara Casasola, caduta, Tabor, Coppa del mondo 2020

Da Tabor a Roma in furgone rivedendo la gara

30.11.2020
4 min
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La trasferta è stata lunga, in furgone, da Tabor fino a Roma. Neanche il tempo di rifiatare e subito al tavolo per preparare tutte le richieste di tamponi per i ragazzi, da effettuare domani come prestabilito. Altro che h24, Fausto Scotti non ha davvero riposo. Ma non è difficile se sei pieno di passione e hai ancora negli occhi le emozioni della prima di Coppa del mondo. Soprattutto le soddisfazioni che gli hanno regalato i più giovani.

«Il terzo posto di Lucia Bramati – dice – è stato un grande regalo, ha saputo interpretare in gara quello che le dicevo. Luca ha tutto il mio rispetto, ma quando sei in gara è chiaro che viene fuori il genitore più che il tecnico. Io devo guardarla con occhi più distaccati, per questo ad esempio a un certo punto le ho detto di mollare le prime due. Doveva pensare alla francesina dietro che stava rientrando. Alla fine mi ha ringraziato, d’altronde non sono poche quelle che a metà gara erano ancora in lotta per il podio e sono saltate».

Gaia Realini, Coppa del mondo Tabor, 2020
Realini (nella foto) e Baroni sono state a lungo con le prime. In apertura Casasola a terra
Gaia Realini, Coppa del mondo Tabor, 2020
Realini a lungo in scia alle prime. In apertura Casasola caduta
Il risultato di Masciarelli, secondo fra gli junior, ti ha sorpreso?

Mi ha sorpreso di più Siffredi: se avesse avuto una gara più regolare, una partenza meno complicata, vinceva lui… Basta guardare i tempi al giro, viaggiava più forte del vincitore, pur dovendo effettuare sorpassi. Anche Agostinacchio è andato bene, quella di Tabor è la conferma che abbiamo una generazione junior davvero fortissima, come si era visto al Giro d’Italia e in altri tempi non nascondo che ne avrei portati di più. A Tabor ho visto gare giovanili di altissimo livello a dispetto delle assenze di belgi e olandesi. Sono sicuro che con loro ci sarebbe stata maggior competizione, ma non è per nulla detto che i podi sarebbero cambiati.

Ma l’abruzzese avrebbe potuto vincere? In fin dei conti 7 secondi sono pochi…

Masciarelli all’inizio ha dovuto inseguire e spendere molte energie. Il suo secondo posto nasce da un episodio. Dopo un giro e mezzo, quando è rientrato su Stransky, questo ha accelerato appena chiusa la scalinata e ha guadagnato una decina di metri che il nostro non è più riuscito a colmare. Anche perché nell’ultimo giro eravamo un po’ in riserva. Comunque sono davvero contento di come sono andati.

Wout Van Aert, Coppa del mondo Tabor 2020
Ma Scotti si aspettava che Wout Van Aert fosse subito vincente
Wout Van Aert, Coppa del mondo Tabor 2020
Scotti si aspettava Van Aert subito vincente
Fra gli under 23 le cose non sono andate così bene…

Mi aspettavo di più da Ceolin, una giornata storta ci può stare. Leone ha fatto bene, è un secondo anno, sta crescendo bene grazie al suo team, gente che ci mette l’anima per questi sport. E’ stata una gara complicata, prima si era gareggiato sul ghiaccio, ma quando sono entrati in gara loro, le condizioni erano un po’ cambiate. Iniziava a esserci fango. Tanto è vero che abbiamo cambiato le coperture in corsa. Comunque Mein, il vincitore, ha davvero una marcia in più. E’ sempre stato in totale controllo della situazione. 

Ti hanno soddisfatto le under 23, in gara in mezzo alle più grandi?

Sono andate davvero forte, in una gara che va letta bene. La Vas (Hun), prima under 23, è finita ai piedi del podio. La Pieterse (Ned) è giunta sesta, la Kay (GBR) nona, ma per lungo tempo Baroni e Realini sono state insieme a lei. E dietro di loro sono giunte campionesse assolute. Il livello era spaventoso, ma le ragazze hanno mostrato coraggio e confermato tutto il buono che si dice di loro. Le grandi erano in gara con i loro team. La Arzuffi l’ho vista in crescita, ma sconta sempre i problemi in partenza. E’ un peccato perché i tempi dicono che è all’altezza delle migliori. La Lechner è caduta, con escoriazioni a entrambe le ginocchia, ma ha voluto finire egualmente la gara pur essendo ripartita ultima e staccata.

Alvarado Ceylin del Carmen (Ned), Coppa del mondo Tabor, 2020
Troppo divario fra le azzurre e Alvarado Ceylin del Carmen, iridata in carica
Alvarado Ceylin del Carmen (Ned), Coppa del mondo Tabor, 2020
Le azzurre devono crescere per arrivare a questo livello
Sei rimasto sorpreso dagli esiti della gara Elite?

Sinceramente sì, non pensavo che Van Aert perdesse. Gli è bastato poco per arrivare al livello degli altri, quando tornerà anche Van Der Poel saranno scintille fra quei due e per gli altri resterà poco. Intanto però rispetto agli Europei gli equilibri stanno cambiando. Lo spagnolo che ad esempio aveva sorpreso tutti, a Tabor quasi non si è visto. Dorigoni non è andato male: era partito con gomme non adatte al percorso, le abbiamo cambiate e ha ripreso bene. Gli servono ancora 2-3 gare per raggiungere il top. Bertolini? Fosse stato per me non l’avrei portato, è ancora indietro, ma sono convinto che per la tappa di Namur del 20 dicembre sarà ben altra cosa. Per me vale tranquillamente una top 5, potete scriverlo…

Podio donne junior, coppa del mondo Tabor, 2020, Backstedt, Lucia Bramati

Lucia terza: «Un podio per mio padre»

29.11.2020
3 min
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Quello di Lucia Bramati è in chiave femminile il risultato più fulgido della giornata azzurra Tabor. Il suo podio finale ha un sapore dolcissimo. Non è solo la conferma del suo valore, ma ha anche un sapore di rivalsa verso chi non ha condiviso alcune sue scelte. O per meglio dire le scelte del suo papà Luca, che guida anche la sua squadra e che finora ha preferito farle svolgere maggiore attività all’estero, con una sola apparizione al Giro d’Italia Ciclocross. Nell’occasione di Coppa però il cittì Scotti l’ha chiamata in nazionale e la lombarda ha risposto da par suo, con un terzo posto di grande valore.

Luca Bramati, Tabor 2020, Coppa del mondo
Luca Bramati, terza, subito dopo l’arrivo di Tabor
Luca Bramati, Tabor 2020, Coppa del mondo
Luca Bramati dopo l’arrivo di Tabor

Il tempo per crescere

Un terzo posto mai in discussione, anzi a metà gara la minaccia maggiore veniva da un’altra azzurra, Beatrice Fontana, primo anno di categoria, poi leggermente in calo, ma alla fine comunque settima. Davanti la vittoria era affare privato di un’altra figlia d’arte, Zoe Backstedt, figlia di quel Magnus trionfatore a sorpresa della Parigi-Roubaix 2004. Proprio in quell’anno nasceva Zoe, che ha la nazionalità britannica e non svedese come il padre, che si era spostato per motivi lavorativi nella terra albionica. La Backstedt ha chiuso con 11” sulla lussemburghese Marie Schreiber. La Bramati le ha perse di vista solo nella fase finale finendo a 1’05”, ma tenendo a debita distanza le francesi Olivia Onesti e Line Burquier, considerate alla vigilia più forti della nostra. Mancavano belghe e olandesi, ma questo è un discorso che Luca non vuol sentire.

«Lucia le conosce bene, quelle che l’hanno preceduta, sono due fuoriclasse che ha già incontrato in Belgio e le altre, anche le olandesi, arrivano dietro. A Lucia manca… lo sviluppo legato all’età. Hanno fisici più formati e guadagnano su asfalto e dove conta spingere. Anche oggi è stato così, ma è normale per ora».

Lorenzo Masciarelli (foto Carla Garofalo)
Lorenzo Masciarelli (foto Carla Garofalo)
Lorenzo Masciarelli (foto Carla Garofalo)
Lorenzo Masciarelli (foto Carla Garofalo)

Masciarelli, quasi…

Si ha un bel dire che la prima di Coppa del mondo a Tabor (Cze) aveva nelle categorie giovanili un senso relativo, per l’assenza di Belgio e Olanda. Quando i risultati arrivano, è un’iniezione di fiducia per tutti. D’altronde Lorenzo Masciarelli (in apertura nella foto di Carla Garofalo) belgi e olandesi li conosce bene, ci corre praticamente ogni settimana. Il fatto che a Tabor sia arrivato secondo fra gli junior, a 7” dal padrone di casa Matej Stransky, ha un grande valore.

«Lorenzo poteva anche vincere, è partito indietro – riprende Luca Bramati – inizialmente è rimasto nel gruppo di testa, poi dopo metà gara la spinta del danese Gustav Wang, che faceva un po’ da pilota, si è esaurita e l’azzurro è rimasto sempre a tiro di Stransky, trovatosi da solo in testa. Io dico che lo poteva prendere…».

Profumo d’azzurro

La giornata azzurra fra gli junior poteva essere ancora più… azzurra, ma onestamente a Matteo Siffredi non si può rimproverare nulla, se non la pessima partenza. L’azzurro, che concilia al meglio ciclocross e Mtb, ha raggiunto e superato Wang nel penultimo giro e ha chiuso ai piedi del podio a 27”. Ottima prova anche per Flippo Agostinacchio, ultimo entrato nella squadra azzurra, 8° a 51”. E’ vero, belgi e olandesi non c’erano, ma per il resto erano tutti presenti, britannici e francesi, tutti battuti dagli azzurri, pronti a ripetersi anche nella prossima occasione: sarà il 20 dicembre a Namur (BEL) e allora sì che se ne vedranno delle belle…

Michael Vanthourenhout coppa del mondo Tabor 2020

Bramati: «Nel ciclocross non si inventa niente»

29.11.2020
3 min
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A Tabor tutti gli occhi, anche quelli di Luca Bramati, erano puntati sugli Elite. Soprattutto sul ritorno di Pidcock e Van Aert, due dei tre grandi che dai prati si sono proiettati verso la strada con risultati eccezionali. Il ritorno all’antico amore non è però semplice e anche il vincitore della Milano-Sanremo lo ha capito.

Coppa del mondo Tabor
Otto giri sul circuito di Tabor, freddo cade e tratti molli di fango insidioso
Coppa del mondo Tabor
Otto giri su un circuito duro e a tratti fangoso

L’occhio di Bramati

A bordo pista Luca Bramati, uno che di Coppa del mondo se ne intende (ha vinto l’edizione del 1996), ha tratto molte riflessioni interessanti, iniziando proprio dal campione belga.

«Van Aert – ci ha detto – si è visto subito che non aveva ritmo, ma ha fatto leva sul suo grande talento. Contro la coppia della Pauwels, Vanthourenhout-Iserbyt, non aveva abbastanza energie per controbattere gli attacchi. Iserbyt lo ha lasciato per ricongiungersi a Vanthourenhout e la vittoria se la sono giocata loro (con successo per quest’ultimo, foto in apertura, ndr). Il terzo posto vale, però Van Aert è così, ha bisogno di correre per raggiungere la giusta condizione, Van Der Poel è diverso…».

Eli Iserbyt Coppa del mondo Tabor, 2020
Eli Iserbyt ha onorato la maglia di campione europeo, ma è arrivato secondo
Eli Iserbyt Coppa del mondo Tabor, 2020
Eli Iserbyt un secondo posto che sa di conferma
In che senso?

Van Der Poel quando corre lo fa sempre per vincere. Si prepara a fondo, sono sicuro che lo sta già facendo, ma rientra solo se sente di potercela fare. Anche se magari poi anche lui avrà bisogno di qualche gara per raggiungere la forma migliore. Il ciclocross non s’inventa, neanche da parte di fuoriclasse assoluti.

Pidcock lo ha capito oggi…

E’ un bagno di umiltà che gli farà bene. Ha sofferto tanto, non è mai stato brillante. Ha viaggiato sempre lontano dalla lotta per le posizioni che contano. Si è fermato dopo la stagione su strada, ma non puoi pretendere d’inventarti niente. Non è questo il vero Pidcock, bisognerà attendere un po’…

Wout Van Aert, Coppa del mondo Tabor 2020
Wout Van Aert, bel debutto in Coppa: 3° ma condizione insufficiente per vincere
Wout Van Aert, Coppa del mondo Tabor 2020
Van Aert, buon debutto in Coppa: 3° posto
Dorigoni e gli altri azzurri?

Dorigoni sta crescendo, si vede, ma resta sempre lontano dai belgi. A me è piaciuto. Il 15° posto vale anche perché davanti sono praticamente tutti di quelle due Nazioni. Ma è piaciuto anche Gioele Bertolini, che è partito molto indietro e ha chiuso 23°. E’ ancora agli inizi, deve prendere il ritmo. Io sono convinto che il suo valore sia molto superiore e possa finire anche più avanti rispetto a Jakob, ma anche nel suo caso serve avere pazienza.

Quando potremo vedere azzurri in lotta con i grandi?

E’ un discorso lungo, la diarchia Belgio-Olanda non finirà tanto presto, ci sono almeno 6-7 corridori che fanno gara a sé. Si sta lavorando bene attualmente, ma la differenza fra il nostro mondo e il ciclocross che si fa lì è enorme, per questo voglio che Lucia gareggi soprattutto lì. Quella è l’università del ciclocross.

Bryan Olivo, campionati europei juniores, 2020

Si chiama Olivo, fa rima con Van der Poel

29.11.2020
4 min
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A 17 anni, Bryan Olivo è già un personaggio perché è il prototipo del nuovo ciclista multidisciplinare italiano. Va forte su strada, è nazionale junior su pista e nel ciclocross, ha corso anche in Mtb. Verrebbe da dire che è in fieri il VdP italiano, ma è molto meglio andarci piano con i paragoni. Bryan ha tutto da dimostrare e lo sa bene, ogni giorno in sella è un viaggio per scoprire sempre più se stesso e dove la sua passione lo porterà.

Grazie, fratello…

La sua storia di ciclista inizia molto presto e ha un coprotagonista in suo fratello Adam, che per 13 anni aveva seguito la sua “passionaccia” su strada, arrivando fra gli under 23, senza però poi trovare ulteriori sbocchi.

«Io giocavo a calcio – racconta Bryan – ma non mi piaceva così tanto, invece andando con mio fratello mi divertivo di più e lui mi ha spinto a insistere. Soprattutto mi ha spinto a provare di tutto, perché voleva che facessi il massimo delle esperienze. Poi avrei capito che tipo di ciclista posso essere».

Bryan Olivo, campionato italiano crono juniores, 2020
Sesto nel campionato italiano a crono, al primo anno nella categoria
Bryan Olivo, campionato italiano crono juniores, 2020
Primo anno junior, Olivo 6° al tricolore crono

Buio presto

Ha iniziato a gareggiare fra i più piccoli su strada, nella categoria G1, arrivato alla G5-6 ha provato anche le altre discipline, anche la Mtb ma poi l’ha abbandonata.

«Non perché non mi piacesse – dice – ma richiede un tipo di allenamento specifico che necessita di tempo. D’inverno dalle mie parti (Bryan è di Pordenone, ndr) fa buio presto e andando a scuola, il tempo per allenarsi non è che sia tanto. Vale lo stesso per il ciclocross, ma quello mi piace troppo…».

Strade aperte

Già, il ciclocross è per ora la specialità che lo ha messo più in luce. Per ora… 

«Mi piace molto, questo è sicuro – dice – ma ancora non so dire se sarà lì il mio futuro. Il richiamo della strada è forte, in Italia se vuoi vivere di ciclismo per un po’ di anni non puoi prescindere dalla strada. All’estero è diverso, ci sono Paesi dove fare il ciclocrossista è una professione, con grandi squadre dietro».

In prestito

Bryan è tesserato per l’UC Pordenone, ma corre in prestito per la DP66 Giant SMP di Daniele Pontoni, che lo conosce bene.

«Sin da quand’era esordiente… – dice Daniele – migliora ogni anno, non solo nel ciclocross. E continuando così, potrà sicuramente dire la sua anche a livello internazionale. Certo, c’è ancora da lavorare. Ad esempio nel salto degli ostacoli in bici e anche dal punto di vista tattico. Certe volte pecca di generosità in corsa, ma il tempo è dalla sua».

Bryan Olivo, Daniele Pontoni, 2018
Daniele Pontoni è il suo riferimento. Qui in una foto del 2018
Bryan Olivo, Daniele Pontoni, 2018
Pontoni il suo riferimento, qui nel 2018

Quattro bici

D’altronde ogni disciplina è come una scuola, s’impara sempre qualcosa. «Su strada è molto più difficile di quanto si pensi – dice – imparare a correre in gruppo richiede mille occhi, essere sempre al massimo della concentrazione. Su pista all’inizio avevo paura, lo ammetto. Avere lo scatto fisso non mi piaceva, ma avevo sempre ammirato chi faceva l’inseguimento, dare tutto nella sfida contro il tempo. Ci ho provato e ho visto che veniva bene, anche quello a squadre dove trovare il sincronismo con i compagni, le giuste misure per stare a ruota è sempre una scommessa».

Di bici a casa ne ha 4: due da ciclocross, una mountain bike e una da strada. «Poi ci sono quelle da gara – dice Olivo – ma le forniscono le squadre e le mettono a punto. Io però non posso dimenticare la mia prima bici in assoluto: era una Vicini tutta blu, ce l’ho ancora nel cuore».

Bryan Olivo, campionato italiano ciclocross esordienti, 2017
Campionato italiano ciclocross esordienti, è il 2017: primo!
Bryan Olivo, campionato italiano ciclocross esordienti, 2017
Tricolore fra gli esordienti nel 2017

Sogno iridato

Mathieu Van Der Poel è il suo idolo: «Ogni cosa che fa gli riesce alla grande – dice Olivo – ma non è il solo che gareggia in più discipline, ora sono in tanti a farlo. Chi si divide fra strada e Mtb, chi fra strada e pista. Io non so ancora che corridore sono, dove posso rendere di più. Per ora posso solo affidarmi ai miei sogni. Ho nel cuore il Fiandre e la Roubaix e un giorno mi piacerebbe esserci, ma quel che vorrei di più è una maglia iridata. Non importa dove, quel che conta è essere in cima al mondo».

A 17 anni, bisogna sognare e crederci, perché a volte i sogni si realizzano davvero…

Sven Nys (foto Bruce Buckley)

Nys un gigante e anche due azzurri piccoli e tosti

28.11.2020
3 min
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La Coppa del Mondo di ciclocross, che scatterà domenica a Tabor (CZE), è dall’ormai lontano 1993 quella collana che collega tutta la stagione sui prati. Fino alla scorsa edizione aveva anche un’appendice estiva americana, alla quale si è rinunciato considerando le grandi difficoltà che comportano gli spostamenti nell’era pandemica. Ora invece il circuito è ridotto a 5 tappe, di cui solo quella ceka esce dall’epicentro belga.

Bis azzurro

Nella sua storia la Coppa ha sempre avuto nel Belgio la nazione dominante, sia dal punto di vista organizzativo che agonistico. Non per niente ben 17 delle 26 edizioni disputate sono state vinte da corridori fiamminghi. L’Italia però ha spesso recitato un ruolo importante, con Daniele Pontoni vincitore nel 1995 e Luca Bramati che fu il suo successore. Pontoni fu anche terzo nel 1998 e secondo l’anno successivo, appena davanti a quello Sven Nys destinato a conquistare il trofeo di cristallo per ben 6 volte fra il 2000 e il 2009.

Marianne Vos, Coppa del mondo ciclocross, Namur 2019
Marianne Vos, qui a Namur nel 2019, ha vinto 24 prove di Coppa
Marianne Vos, Coppa del mondo ciclocross, Namur 2019
Marianne Vos ha vinto 24 prove di Coppa

Modello Nys

Proprio Nys (nella foto in apertura di Bruce Buckley) è stato il primo che ha provato a realizzare il Grande Slam. Che cos’è? Semplicemente la conquista di tutti i trofei nel corso dell’anno: Coppa del Mondo, Superprestige, il terzo circuito belga-olandese oggi chiamato X2O Baadkamers Trofee senza naturalmente dimenticare europei e mondiali. La caccia alle varie challenge lo ha spesso portato a correre i mondiali con le pile scariche, con conseguenti sconfitte (ma ne vinse comunque 2 edizioni da U23 e 2 da elite). Wout Van Aert, conscio dell’esperienza dell’illustre connazionale, ha preferito concentrarsi su Coppa e mondiale. Mentre Mathieu Van Der Poel, vicinissimo all’impresa nel 2018, crollò proprio nella prova iridata finendo con un terzo posto amarissimo.

Nys naturalmente è il primatista anche in fatto di successi di tappa: ben 50. VdP è lontanissimo: al secondo posto con 26. Van Aert, che pure vanta due Coppe contro l’unica del rivale olandese, ha vinto solamente 9 gare individuali. Per l’Italia 7 successi per Pontoni e 3 per Bramati.

Vos da record

In campo femminile la Coppa è iniziata più tardi, nella stagione 2002-2003. Il primato di successi assoluti è condiviso fra l’olandese Daphne Van Der Brand e la belga Sanne Cant con 3, ma quest’ultima può allungare. L’azzurra Eva Lechner, sesta ai recenti europei, vanta un secondo posto generale nel 2016 e un terzo nel 2018, conditi da 2 vittorie di tappa, ben lontana da Marianne Vos (Ned) e Katherine Compton (Usa) prime con 24.

DAvide Malacarne, Pinerolo, Giro d'Italia 2016
Davide Malacarne vinse la Coppa juniores del 2005, ma alla fine scelse la strada
DAvide Malacarne, Pinerolo, Giro d'Italia 2016
Malacarne vinse la Coppa juniores 2005

Anche il “Mala”

Organizzativamente, l’Italia compare nella storia della Coppa per 15 volte, attraverso 6 città. Bergamo (presente nell’edizione inaugurale), Fiuggi, Milano, Monopoli, Treviso e Torino. L’ultima volta che una tappa si è svolta in Italia è stata però nell’edizione 2016-17, un tempo ormai lontano. Agonisticamente, c’è poi un italiano che può vantare nella sua mensola un trofeo di cristallo. E’ Davide Malacarne, vincitore della prima edizione assoluta dedicate agli junior, nel 2005. Un successo che lasciava presagire un futuro luminoso sui prati, ma il bellunese scelse di dedicarsi anima e corpo al ciclismo su strada.

Jakob Dorigoni, europei cross 's Hertogenbosch 2020

In Coppa a Tabor e Dorigoni cresce bene

27.11.2020
3 min
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Domenica comincia la Coppa del mondo. Rivoluzionata nel suo programma, scatta da Tabor (Cze) e certamente non sarà come gli organizzatori e l’Uci avrebbero voluto. I problemi legati alla pandemia, che rendono ogni trasferta estremamente laboriosa, hanno fortemente influito sulla tappa di apertura. Il Belgio sarà presente solo con gli elite, lo stesso dicasi per l’Olanda, che ha “derogato” solo per due ragazze under 23 (peraltro, non essendoci la gara di categoria, gareggeranno con le elite). Spazio aperto a ogni pronostico quindi per le prove giovanili, ma il cittì Fausto Scotti sorride solo a metà.

Alice Maria Arzuffi, campionato italiano ciclocross 2020
A Tabor occhi su Alice Maria Arzuffi (qui ai tricolori 2020), che di recente non ha brillato
Alice Maria Arzuffi, campionato italiano ciclocross 2020
Arzuffi sotto osservazione, assieme alla Lechner

«E’ vero – dice – ci sono più possibilità di ottenere un buon risultato, ma in questo momento ai ragazzi servono confronti internazionali al massimo livello per capire a che punto sono. Io avrei preferito un confronto pieno, sul campo, ma dobbiamo prendere la gara per quella che è. D’altronde queste trasferte sono molto difficili anche organizzativamente. Le disposizioni sanitarie ci impongono di arrivare con molto anticipo per sottoporci ai tamponi e i collegamenti non sono semplicissimi».

La squadra di Coppa cambia rispetto agli Europei di due settimane fa?

Parzialmente, soprattutto nelle categorie giovanili. Vogliamo dare a tutti l’occasione di confrontarsi con il meglio del movimento. A Tabor ad esempio non ci saranno né Carrer né Olivo per problemi fisici, ma conto di recuperarli, magari già per Namur. Abbiamo anche aggiunto Filippo Agostinacchio, che pensiamo possa far bene su quel percorso.

Thomas Pidcock, coppa del mondo Koksijde 2019 2020
Oltre a Van Aert,in Coppa rientra Thomas Pidcock, re del Giro d’Italia U23 e star del cross
Thomas Pidcock, coppa del mondo Koksijde 2019 2020
A Tabor anche Pidcock, un vero fenomeno
Ecco, quello di Tabor che percorso è?

Veloce e duro, in queste due parole è riassunto tutto il circuito. Bisogna essere sempre al massimo, non dà tregua. Ci sono drittoni lunghi in salita, una scalinata insidiosa, poi molto influirà il clima. Noi abbiamo disputato a Tabor il mondiale, ma era a fine gennaio, con freddo e neve. Vedremo come sarà domenica, anche se mi aspetto comunque temperature rigide.

Un tracciato che a Dorigoni piace molto…

Jacob lo vedo in grande crescita, nelle sue ultime uscite mi ha impressionato, sicuramente è migliorato rispetto agli Europei, poi conosce bene il tracciato. Mi aspetto molto da lui. Vedremo anche come stanno le ragazze, Arzuffi e Lechner nell’ultima uscita a Merksplas non sono andate molto bene.

Giro d'Italia Ciclocross, Gallipoli 2020, Juniores, Filippo Agostinacchio
Tra gli azzurri anche Filippo Agostinacchio, primo a Gallipoli fra gli junior
Giro d'Italia Ciclocross, Gallipoli 2020, Juniores, Filippo Agostinacchio
A Tabor anche Agostinacchio, 1° junior a Gallipoli
Domenica in gara ci sarà anche Pidcock: potrebbe far finalmente saltare il dualismo Belgio-Olanda?

Assolutamente sì, il britannico è uno che è sempre pronto quando gareggia e ha tutto per fare la differenza. Per me se la gioca per la vittoria, i belgi avranno una bella gatta da pelare…

Il calendario

Ecco a seguire il calendario della Coppa del mondo 2020/2021:

29 novembre: Tabor (Cze)

20 dicembre: Namur (Bel)

27 dicembre: Dendermonde (Bel)

3 gennaio: Hulst (Ned)

24 gennaio: Overijse (Bel)

Wout Van Aert, Imola 2020 podio, secondo posto

Van Aert è pronto a gettarsi nel fango

25.11.2020
4 min
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In una lunga intervista pubblicata sul sito del suo sponsor Red Bull, Wout Van Aert ha gettato il guanto di sfida a Mathieu Van der Poel. Non tanto per la prossima stagione su strada, quanto piuttosto nel fango del ciclocross: il loro storico terreno di sfida.

Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Giro delle Fiandre 2020
L’arrivo del Fiandre non gli è andato davvero giù. Lo ha battuto Van der Poel…
Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Giro delle Fiandre 2020
Che male perdere il Fiandre da Van der Poel…

Grande attesa

«Non vedo l’ora di affrontare Mathieu nel fango – ha detto Van Aert – ma non credo sia più facile per me batterlo. Tutti conoscono le sue capacità di guida. Anche se avessi buone gambe, è difficile avvicinarlo, ma questo non significa che rinuncerò a provarci. Negli ultimi anni non sono riuscito a mettermi molto in mostra nel ciclocross. Ho avuto infortuni e non ho mai trovato la giusta condizione. Voglio rifarmi. Quest’anno arrivo molto bene al debutto e spero di tornare ai miei vecchi livelli e soprattutto di essere al meglio a gennaio per i mondiali. Così potrò gareggiare di nuovo con Mathieu e tutti gli altri corridori».

Tanto lavoro

Il duello infatti non si consumerà tanto presto, dato che il debutto di Van der Poel nel cross non è atteso prima di metà dicembre. Van Aert non se ne cruccia, in apparenza, e lavora.

«L’attenzione per ora – dice – si concentra principalmente sulla mia esplosività perché un po’ la perdi quando punti alle corse su strada. Sto lavorando in questo senso perché ho sentito di aver perso potenza. Nel cross si deve davvero sprintare dopo ogni curva e non è un fatto di resistenza come su strada. Di solito sono lavori che richiedono allenamento specifico sullo sterrato, ma in Spagna dove ho iniziato la preparazione, facevo lavori di intensità su strada di 30 secondi o un minuto».

Wout Van Aert, Coppa del mondo ciclocross, Namur 2018
Namur 2018, è iridato, ma in Coppa del mondo lo batte ancora Van der Poel
Wout Van Aert, Coppa del mondo ciclocross, Namur 2018
Van Aert, Coppa del mondo di Namur 2018

Vigilia e dubbi

Singolare la posizione del belga, che se da un lato ha gettato il guanto di sfida verso il rivale di sempre, dall’altro subito dopo decide di tenere un profilo più basso. Forse presagendo che il primo impatto con la specialità potrebbe essere meno morbido del previsto. Oppure per rendere più clamoroso un eventuale rientro brillante, si vedrà.

«Mi sono preparato in poco tempo – prosegue – avendo scelto di tornare alle gare il prima possibile. E’ determinante ritrovare condizione e feeling per il mondiale che si corre a Oostenda, quindi in Belgio. Di conseguenza a Tabor non sarò al top della forma. Farò ancora una gara a metà dicembre, poi mi allenerò cercando di raggiungere il meglio per Natale. Dovrò migliorare tanto per competere con gli specialisti. Ovviamente Mathieu è sempre uno dei concorrenti più importanti. E’ da anni il punto di riferimento nel fango e questo non cambierà. La differenza con gli altri sarà minore, come è già successo l’anno scorso. Ma Iserbyt e Aerts mi sembrano tosti».

Wout Van Aert, Mathieu Van der Poel, Coppa del mondo ciclocross 2018. Koksjide
Scontro fra titani, sempre nel 2018, ma a Koksjide
Wout Van Aert, Mathieu Van der Poel, Coppa del mondo ciclocross 2018. Koksjide
Koksjide 2018, scontro fra titani

Primi dubbi

Eppure qualche dubbio dell’ambiente sulla possibilità di durare a lungo e restare vincente su strada sottoponendosi a simili ritmi deve essergli arrivato.

«A volte mi chiedono se io non esageri – dice – scegliendo un programma così intenso. Ma ho persone intelligenti dietro di me, con il mio allenatore che valuta e si assicura sempre che il piano sia fisiologicamente fattibile. Ho brevi periodi di riposo in momenti diversi della stagione e secondo noi riusciremo a farci stare tutto. L’importante è credere in se stessi. Se pensi in anticipo che non sia possibile, allora non funzionerà».

Wout Van Aert, conferenza stampa prima della stagione ciclocross 2019, Kortrijk
Kortrijk 2019, una conferenza stampa per raccontare l’imminente stagione del fango
Wout Van Aert, conferenza stampa prima della stagione ciclocross 2019, Kortrijk
Così nel 2019 per annunciare il debutto nel cross

Dolore Fiandre

Le ultime considerazioni sono per la stagione 2020 su strada conclusa da poco per lui con il Giro delle Fiandre chiuso al secondo posto, allo stesso modo del mondiale (in apertura lo smacco sul podio dietro Alaphillippe. Pochi giorni prima invece era stato secondo anche nella crono dietro Ganna). 

«E’ stato difficile per il vincitore che è in me – ammette – veder sfumare la vittoria sia ai campionati del mondo sia al Fiandre. A Imola sono stato battuto da qualcuno che quel giorno era migliore di me, ma al Giro delle Fiandre ero davvero vicino. Per questo non mi piace ricordarlo, perché al Fiandre la vittoria era davvero vicina».

Enrico Franzoi in nazionale 2007

Franzoi spiegaci l’evoluzione delle bici da ciclocross

24.11.2020
5 min
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Per spiegarci come sono cambiate le biciclette da ciclocross abbiamo sentito Enrico Franzoi, uno degli migliori atleti che il nostro Paese abbia mai avuto in questa disciplina. Ricordiamo che è stato campione del mondo under 23 nel 2003 e medaglia di bronzo ai campionati del mondo elite nel 2007, più numerose altre vittorie fra cui quattro titoli di campione italiano.

Si parte dall’acciaio

Franzoi oggi ha 38 anni e lavora per Selle San Marco.
«Negli anni 90 c’erano ancora i telai in acciaio con le tubazioni sottili, i cavi erano tutti esterni – esordisce così Franzoi – le biciclette erano semplici. Qualcuno iniziava ad avere i cavi integrati, ma solo del freno posteriore. Le ruote erano a profilo basso con raggiature importanti. Le biciclette avevano un peso di 8-9 chilogrammi, quelle più leggere».

Enrico Franzoi con bici in alluminio, ruote in carbonio e freni countervail
Enrico Franzoi con bici in alluminio, ruote in carbonio e freni countervail

Tra la fine degli anni 90 e l’inizio dei 2000 arrivano alcune novità importanti «Anche nel ciclocross nei primi anni 2000 sono arrivate le ruote in carbonio con profilo da 40 millimetri e telai in alluminio con alcune parti in carbonio. Un bel passo avanti ci fu nei gruppi perché si passò dal 9 al 10 velocità».

Le gomme sono più strette

Franzoi si sofferma molto su un componente che è fondamentale nel ciclocross, vale a dire i pneumatici.

«Un bel cambiamento fu quello delle misure dei tubolari. Negli anni 90 montavamo gomme con larghezza fino a 38 millimetri, poi intervenne l’Uci che mise il limite massimo a 34 millimetri per arrivare ad oggi con il limite a 33 millimetri».

Certo che in un’epoca in cui si tende ad allargare le misure dei pneumatici il ciclocross è andato stringendoli. «Questa scelta dell’Uci fu fatta per contenere i costi – ci spiega Franzoi – nel senso che non potendo montare gomme troppo larghe non servivano più molti set di ruote diversi con diverse misure di gomme. In questo modo si è cercato di mettere un po’ tutti alla pari. Un altro motivo è che con pneumatici più stretti, è più difficile condurre la bici su certi terreni e quindi esce fuori chi è più bravo a guidare».

Il campione europeo Iserbyt: carbonio, dischi e cavi interni
Il campione europeo Eli Iserbyt con bici in carbonio, freni a disco e cavi interni

A questo punto a Franzoi viene in mente un particolare curioso «Pensa che negli anni 90 non c’era tanta scelta di tubolari, in pratica avevamo un tubolare che aveva un disegno del battistrada con tasselli bassi e un po’ larghi e lo usavamo quando era asciutto». E quando era bagnato? «Con il bagnato o con il fango usavamo un copertoncino che aveva un disegno del battistrada che teneva meglio».

Cerchi più larghi e i pedali…

Per capire come si è evoluta la parte inerente le gomme e i cerchi Franzoi ci ha raccontato che «I cerchi non erano larghi come quelli di oggi, il canale era largo 19 millimetri, con i tubolari da 38 millimetri faceva un effetto galleggiamento che sulla sabbia aiutava molto»

Anche a livello di pedali c’è stata una bella evoluzione «Erano già a sgancio rapido solo che oggi sono più leggeri e soprattutto scaricano bene il fango, mentre ai miei tempi ogni tanto non si riusciva più ad agganciarli»

I percorsi moderni sono più tecnici
A detta di Franzoi i percorsi moderni sono più tecnici

Due grandi innovazioni

Ma per Franzoi le due grosse innovazioni sono arrivate negli ultimi anni «Una grossa innovazione è stato il freno a disco. Tieni presente che il mondo del ciclocross non è stato veloce come la mountain bike ad aggiornarsi in questo senso, infatti fino al 2013 usavo i countervail e solo dal 2014 i dischi, e ti dico non tornerei più indietro. L’altra grossa innovazione per il ciclocross è l’introduzione dei gruppi elettronici, che permette di fare meno manutenzione rispetto a prima quando bisognava pulire tutti i cavi dal fango».

Monocorona non per tutti

Legandosi all’evoluzione dei gruppi Franzoi sottolinea un aspetto interessante «Ai miei tempi c’era chi usava la doppia corona anteriore con il 39-46, poi negli ultimi 10 anni si è passati al monocorona con una corona anteriore che cambia in base al percorso, ma tendenzialmente vedo che usano il 44 e il 46 e poi hanno diverse opzioni con il pacco pignoni. Quando c’era il 10 velocità io usavo un pacco pignoni 11-25, poi con 11 velocità sono passato ad un 11-28, oggi chi ha Sram può usare il pacco pignoni 10-32. Però sai che ci sono alcuni corridori di alto livello che usano ancora la doppia corona davanti? Ti faccio due nomi a caso: Van der Poel e Van Aert»

Van der Poel in azione con la doppia corona anteriore
Van der Poel in azione con la doppia corona anteriore

Percorsi più tecnici

Ma oltre alle biciclette sono cambiati anche i percorsi? Franzoi ci risponde così «A livello internazionale una volta erano più filanti si facevano velocità più alte, adesso sono più tecnici o meglio ci sono più curve e più rilanci. In Italia i percorsi sono sempre stati più tecnici e più tortuosi»

E il gravel?

Infine, un accenno al gravel per capire quali legami ci sono con il ciclocross «Dipende da che tipo di bici parliamo. Se parliamo di una gravel tradizionale allora ti dico che il legame c’è, ovviamente una gravel è più comoda, mentre una bici da ciclocross moderna in carbonio è più orientata alle corse. Mentre se parliamo di gravel dove ci sono anche degli ammortizzatori allora ci avviciniamo di più al mondo della mountain bike»

Chiara Teocchi

Teocchi, il cross e… Specialized

21.11.2020
3 min
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Parliamo con Chiara Teocchi quando sta per partire in direzione di Aprilia, per la 6ª tappa del Lazio Cross. La lombarda, uscita da un “annus horribilis”, finalmente ha un tono squillante. L’ex atleta del Team Santa Cruz, nonché ex campionessa europea di ciclocross ha subito due interventi al cuore. Questo problema cardiaco l’aveva anche allontanata dal sogno olimpico. Poi l’okay dopo la seconda operazione arrivato in piena estate. Qualche settimana di allenamento e il podio ai campionati italiani in Mtb. Ce n’è di che sorridere!

Teocchi Chiara
La 24 enne bergamasca in partenza ieri
Chiara Teocchi
La 24 enne bergamasca in partenza ieri

Ripartire dal cross

Dopo l’uscita dal tunnel è nata la “querelle” con la sua squadra.

«Terminata la stagione di cross country le strade tra me e il Team Santa Cruz si sono separate consensualmente in quanto avevamo progetti differenti. Io ci tenevo molto a fare il cross. Mi serviva anche per riprendere il ritmo e così mi sono rivolta a Specialized che ha sposato questo mio progetto. Il ponte per la casa americana? E’ stata Mara Fumagalli, mia amica (e biker), ma io già conoscevo Ermanno Leonardi (il grande capo di Specialized Italia, ndr). Adesso mi ritrovo un supporto tecnico totale: bici, scarpe, casco, gomme, ruote… davvero tutto. Finalmente potrò correre».

Il top da Specialized 

Per adesso la bici, Teocchi l’ha provata solo in allenamento, ma le sensazioni sono già più che positive.

«In Santa correvo con una Cervelo Aspero, che però non nasce propriamente per il cross, la nuova Specialized Crux Carbon invece sì. L’ho trovata super rigida, scattante e leggerissima. Ma davvero leggera, mi ha fatto impressione! Però attutisce bene le vibrazioni. Un’altra cosa che mi è piaciuta sono state le ruote, le Roval, che hanno un canale piuttosto largo, ideale per il fango. L’unica cosa del pacchetto che ancora non ho provato sono i tubolari. Con la questione del covid ci hanno messo un po’, ma presto arriveranno».

Chiara mostra i muscoli, è tornata a sorridere
Chiara mostra i muscoli, è tornata a sorridere

Fiducia ritrovata

«Siamo molto contenti di aver portato Chiara Teocchi nella sfera degli atleti Specialized – ha dichiarato Leonardi – lei contribuirà ad accrescere la nostra presenza sui campi di gara, ma non escludiamo in futuro eventuali altri possibili scenari».

Eh sì, perché Chiara sarà supportata dal brand californiano, ma correrà con i colori dell’Esercito, mentre è in fase di sviluppo la questione legata alla stagione in Mtb, dove ancora non ha un team. 

«Il mio sogno è quello di partecipare alle Olimpiadi e tutto è ancora aperto. Intanto riparto dal cross e riparto da qui, in Italia. Non sono voluta andare all’estero perché sarebbe stato un impegno troppo grande. Se vai in Belgio o da quelle parti, di questi tempi corri anche tre volte a settimana, ti alleni lì, finisce che sei fuori tre mesi. Io vengo comunque da due operazioni. E davanti c’è appunto la stagione della Mtb, non volevo esagerare. Qui ho sentito la fiducia e questa cosa mi mancava da un po’».