Ciclocross e cronometro: così diversi, così simili

21.12.2021
6 min
Salva

Scodate con la bici, fango, spalle che si muovono e spinte violente, da una parte. Gesto fluido, posizione aerodinamica e totale armonia tra uomo e macchina, dall’altra. Ciclocross e cronometro a confronto, può sembrare un paradosso ma a quanto pare non lo è.

Le due discipline hanno molto in comune, a cominciare dalla tipologia di sforzo. E spesso in comune ci sono anche gli atleti. Come sempre, e ancora una volta, l’esempio si chiama Wout Van Aert.

Riscaldamento simile

Un’ora di sforzo o giù di lì, in entrambi i casi molto intenso, cross e crono hanno grosse analogie anche per quel che riguarda la preparazione e l’approccio. 

«Sono due sforzi molto simili – dice coach Pino Toni – un lavoro altamente specifico che soprattutto i crossisti fanno durante la gara. Le analogie partono già dal riscaldamento. Per entrambi normalmente questo dura 20′. La differenza maggiore è che chi fa cross si scalda su rullo libero.

«Così facendo non riesce a raggiungere determinate intensità. E infatti il riscaldamento del crossista è molto improntato sull’agilità. Poi c’è anche chi si scalda in maniera diversa e, oltre al rullo, ricorre ad esercizi di ginnastica tipo core zone, flessioni, balzi e persino corsa a piedi. Solo così questo riscaldamento diventa molto profondo».

«Nella crono invece si utilizza il ciclomulino o il rullo normale dove si possono raggiungere determinate potenze e cadenze. Al posto degli esercizi si fanno delle variazioni 30”-30”, un minuto a soglia… Si resta comunque nell’arco dei 20′, massimo 25′, altrimenti subentra la stanchezza».

Spesso i lavori massimali si fanno con l’aiuto del preparatore (foto Instagram)
Spesso i lavori massimali si fanno con l’aiuto del preparatore (foto Instagram)

Parola d’ordine fuorisoglia

Ma un atleta impegnato in queste due attività cosa deve curare principalmente durante i suoi allenamenti? Di certo non potranno essere gli stessi che esegue un “normale” stradista.

«La prima cosa che si cura – dice Toni – è la resistenza lattacida. Al di là che entrambi lavorano alle massime potenze, devono essere abituati a produrre e consumare l’acido lattico e questa caratteristica la alleni andando a tutta». 

Chi va forte nel cross dunque può andare forte a cronometro e viceversa. Anche se il cronoman potrebbe avere qualche difficoltà in più dettata dalla tecnica di guida richiesta dal cross stesso.

«Se è ben messo in posizione, e appunto possiede queste capacità atletiche, il crossista può andare forte anche a crono. Entrambi come abbiamo visto eseguono dei lavori anaerobici, dei lavori molto importanti da un punto di vista della forza massimale, specie il crossista. Per lui l’impegno muscolare è molto importante. Penso al salire e scendere dalla bici, che è davvero un lavoro esplosivo e dispendioso».

«Nella cronometro invece si è portati ad essere molto più economici nel gesto, subentra l’aerodinamica, si è più regolari. In questo caso in allenamento quando si parla di lavori massimali parliamo di intensità ma un po’ più lunghe, tipo 10′-15′ “a blocco”, magari intervallati».

Wout Van Aert è in grado di saltare dalla bici da cross a quella da crono in un batter d’occhio
Wout Van Aert è in grado di saltare dalla bici da cross a quella da crono in un batter d’occhio

Cross più dispendioso

«Il consumo energetico tra le due discipline si può tranquillamente paragonare – riprende Toni – Durante la gara, lo sforzo è abbastanza simile, forse il cross è anche un po’ più dispendioso, proprio per la questione del salire e scendere dalla bici, del correre a piedi, dei salti.

«Quanto è il consumo calorico? Difficile da dire, dipende molto dal soggetto, piuttosto parlerei della potenza media nel tempo, del lavoro insomma. E allora potrei dire che si potrebbe arrivare anche ai 2.000 chilojoule l’ora.

Ma quindi Van Aert va forte a crono perché è un crossista o va forte nel ciclocross perché è un cronoman?

«Van Aert va forte perché è tutto! Diciamo che lui è nato crossista e le capacità che possiede le ha sviluppate nel cross. Poi con il motore che si ritrova è diventato vincente anche a cronometro… e su strada. Mi verrebbe da dire che ha fatto lo sport giusto (cross, ndr) al momento giusto».

L’avocado contiene una buona dose lipidica e d’inverno va bene per il cross… se assunto a tempo debito
L’avocado contiene una buona dose lipidica e d’inverno va bene per il cross… se assunto a tempo debito

Alimentazione (quasi) identica

E da un punto di vista alimentare, energetico e metabolico che differenze ci sono nell’approcciare un cross e una crono? Di questo ne parliamo con Erica Lombardi, dietista dell’Astana. 

«Sono sforzi metabolici molto simili – spiega la Lombardi – Si va ad interessare il sistema glicolitico, cioè il consumo di zuccheri… Di certo non non è lo sforzo aerobico-lipidico delle 4-6 ore di sella.

«Come per la crono, anche nel ciclocross bisognerebbe ridurre l’apporto di fibre prima del via. Parlo di verdure, alimenti integrali… Che rallentano la digestione e l’assorbimento di zuccheri. Oggi si tende a demonizzare la glicemia alta, ma in certi casi non è un male. Non è un male prima di uno sforzo intenso e relativamente breve come crono e cross».

«Le differenze maggiori semmai sono relative al periodo in cui si disputano queste discipline. Solitamente il cross avviene con temperature più basse, visto che si fa di inverno. Pertanto direi che nel cross potrebbe esserci un leggero apporto lipidico in più.

«I grassi infatti aiutano al mantenimento della temperatura corporea. Per questo si potrebbe ingerire qualcosa di più “grasso”, ma senza appesantirsi, come un avocado o della crema di mandorle».

Anche d’inverno i sali minerali non andrebbero trascurati prima di un ciclocross
Anche d’inverno i sali minerali non andrebbero trascurati prima di un ciclocross

I 50′ prima del via

«Se per esempio si ha un ciclocross o una cronometro alle 13 – conclude la Lombardi – ipotizzo una colazione con del pane tostato, fette biscottate, dei savoiardi o biscotti secchi e della frutta disidratata. Se addirittura si fa colazione abbastanza presto anche un po’ di riso non ci sta male. Mentre eviterei il porridge.

«Ma soprattutto visto che sono due discipline che non prevedono grandi rifornimenti in corsa, sono molto importanti i 50′ prima del via. In quelle fasi va tenuta in particolare considerazione l’idratazione. Bisogna bere acqua a piccoli sorsi, magari anche con delle maltodestrine. Senza poi dimenticare i sali minerali. Noi pensiamo che questi servano solo d’estate e siano legati solo ad una questione d’idratazione. Sono importanti per le funzioni muscolari anche d’inverno.

«Chi non prende i sali potrebbe prendere un multivitaminico a colazione e poi bere solo acqua in questa fase che precede la partenza. Infine un gel 15′-20′ prima di partire non è male». 

Il ritorno di Covi nel cross, fantaciclismo… ma neanche troppo

18.12.2021
4 min
Salva

E se un giorno, neanche troppo lontano, rivedessimo Alessandro Covi nel ciclocross? Voci o realtà, il cittì Pontoni è alla ricerca di atleti di peso, di potenza assoluta. Magari li recluta coltivandoli nel lungo periodo, oppure può cercare di attrarre qualche “motorone” dalla strada.

Nella pletora di possibili nomi – più nostri che del cittì, va detto – si è pensato prima di tutto a Trentin, che crossista lo è anche stato. Ma ci verrebbero in mente anche bestioni del calibro di Guarnieri, Oss, BalleriniGente che ha tanti cavalli ed è in grado di farli esplodere con grande violenza agonistica.

Certo, poi bisogna vedere quale esperienza abbiano questi corridori con il fango e lo sterrato, mentre Alessandro Covi un bel po’ di esperienza ce l’ha. Tra l’altro quella più importante, quella che si forma da ragazzini.

La potenza di Covi, quel che cerca Pontoni…
La potenza di Covi, quel che cerca Pontoni…
Alessandro, ma è vera questa voce che Pontoni ti ha cercato?

No, al momento non mi ha chiamato nessuno. Però posso dire che mi piacerebbe, io sono innamorato del ciclocross. Ci ho passato la mia infanzia e tornare a farlo mi piacerebbe non poco.

Lo segui ancora dunque?

Ho amici che fanno cross, non seguo più molto le categorie giovanili ma seguo soprattutto le gare più importanti in Italia e quelle internazionali. Ho visto che quest’anno stava dominando Iserbyt fino a che non è tornato Van Aert. Mentre in Italia mi gusto l’eterno duello tra Gioele (Bertolini, ndr) e Jakob (Dorigoni, ndr).

Li conosci bene?

Dorigoni è stato anche il mio compagno di squadra alla Cadrezzate e sì, lo conosco bene. A volte ci siamo anche scontrati nelle gare da dilettanti. Bertolini lo conosco meno, ma abbiamo avuto modo d’incontrarci e ogni tanto ci sentiamo.

Che crossisti ti sembrano? Che caratteristiche hanno?

Beh, faccio riferimento a quello che ho visto qualche anno fa, a quello che ricordo. Bertolini guida benissimo, ma forse gli manca qualche watt. Dorigoni i watt ce li ha anche, ma è un po’ spericolato e non sempre gestisce bene con la testa la sua corsa.

E Alessandro Covi che crossista era?

Io lo facevo d’inverno per mantenermi in forma, ma soprattutto per divertirmi. Non ho mai preso il cross con troppa serietà, anche se qualche garetta l’ho vinta. Era un piacere andare in trasferta con la squadra. Che crossista ero: uno di potenza. Non amavo troppo i percorsi a gimkana, ma preferivo quelli più aperti, quelli dove c’era da spingere. E infatti mi trovavo bene con il fango perché lì se non spingi non vai avanti, se non tiri fuori la potenza resti impantanato. Infatti sono quelli che vincevo, ma in Italia ce ne sono pochi.

Beh, si potrebbe dire che l’identikit perfetto che cerca Pontoni! Atleti di una certa stazza e di una certa potenza…

Se si parla di fisico magari potrei anche andare bene. Sono alto, peso 68,5 chili, ma se si parla di guida… magari avrei qualche difficoltà in più.

Quali gare hai fatto di cross più importanti?

Le gare più importanti sono state le tappe del Giro d’Italia di Ciclocross.

Quanto tempo è che non ti cimenti in più in questa disciplina?

Parecchio, dai primi anni juniores.

Però ti sentiamo appassionato a questo discorso. Se arrivasse una chiamata per davvero ci penseresti?

Ci penserei di sicuro, non escluderei nulla a prescindere. Ogni tanto mi manca il cross, mi viene il magone, ma adesso penso molto alla strada. E poi è come una ruota, se smette di girare fai fatica a riprendere voglia e motivazioni. Se non dovessi andare forte preferirei continuare a fare una preparazione adatta alla strada. Che poi non voglio dire che il cross non sia adatto: guardiamo Van der Poel e Van Aert! Però loro hanno sempre fatto così. Per loro la ruota non si è mai fermata. Bisognerebbe ragionarci bene, tutto qui.

Alla UAE sei in squadra con Trentin, avete mai parlato di ciclocross voi due?

Ogni tanto capita di fare qualche battuta, ma non credo che lui sappia che io ho fatto cross.

Da Vermiglio al tricolore, la lunga rincorsa di Rebecca

17.12.2021
5 min
Salva

Non è mai troppo tardi per migliorarsi, specialmente se hai appena compiuto venticinque anni. Rebecca Gariboldi è freschissima di compleanno (festeggiato ieri 16 dicembre) ed ancor prima dalla neve incontrata nella prova di Coppa del mondo di ciclocross a Vermiglio nella quale ha chiuso all’11° posto. 

Per tanti addetti ai lavori, dopo la sua vittoria al campionato italiano juniores a Vittorio Veneto nel 2013, il suo nome è sempre stato uno dei più interessanti del panorama nazionale che forse parevano essersi un po’ smarriti.

Nonostante i risultati non fossero mai mancati, è nelle ultime due stagioni però che la crossista del Team Cingolani è cresciuta ulteriormente, merito di un mix di situazioni e fasi della vita. Abbiamo voluto approfondire meglio con lei cosa può fare e dove può arrivare in futuro.

Sul podio dei tricolori 2013: Rebecca juniores, fra Eva Lechner elite e Arzuffi U23
Sul podio dei tricolori 2013: Rebecca juniores, fra Eva Lechner elite e Arzuffi U23
Rebecca com’è andata in Val di Sole?

Sono molto soddisfatta della mia prestazione, anche se sono molto realista. So che non erano presenti tutte quelle della mia categoria. Naturalmente avrei preferito entrare nella top ten, ma ho commesso un paio di errori a metà gara che mi hanno fatto perdere qualche posizione e qualche secondo di troppo.  C’era freddissimo, ma l’ho patito di meno rispetto ad altre volte, come a Cremona o Faè di Oderzo dove era più umido. Non è stata una gara di sopravvivenza come si pensava al sabato nelle prove. Classifica alla mano, ha rispettato i valori in campo. 

E’ stato il tuo miglior risultato in Coppa del mondo…

Sicuramente quest’anno sono cresciuta molto rispetto al passato. Sono un po’ dispiaciuta perché a novembre ho avuto un paio di influenze nell’arco di venti giorni che mi hanno rallentato. A inizio stagione ero partita bene vincendo le prime due tappe al Giro d’Italia Ciclocross (Osoppo il 10 ottobre e Sant’Elpidio a Mare il 17 ottobre, ndr). Dopo le corse in Belgio (21-24 ottobre, ndr) sono tornata con l’influenza che poi mi ha condizionato la preparazione per il campionato europeo.  Conto però di essermi messa alle spalle quel periodo. Nelle ultime settimane ho ritrovato il colpo di pedale giusto e spero di continuare così.

A Vermiglio ha indossato la maglia azzurra, chiudendo 11ª a 3’43” da Fem Van Empel
A Vermiglio ha indossato la maglia azzurra, chiudendo 11ª a 3’43” da Fem Van Empel
Gli obiettivi sono il campionato italiano e la convocazione per il mondiale?

Solitamente non mi pongo mai tanti risultati da raggiungere, perché poi ci sono mille variabili che possono condizionarti. L’obiettivo principale per me è sempre quello di crescere e migliorare. Poi ovvio che al tricolore punterò a fare il massimo risultato per poi guadagnarmi qualcosa in vista del campionato del mondo.

Come ti vedi in vista del campionato italiano? 

Spero di essere più avanti di condizione rispetto al passato. Nelle altre edizioni non è mai andata benissimo, un po’ per sfortuna, un po’ perché avevo giornate storte. Quindi mi auguro di raccogliere di più delle altre volte. Secondo me al momento Lechner, Persico e Arzuffi sono le più forti, ma io devo guardare a me stessa e a come starò in quel periodo.

Qual è la tua qualità migliore per cui in gara bisogna temerti?

Bella domanda. Forse direi la testardaggine o determinazione, se preferite. Quando ho in mente un obiettivo faccio di tutto per cercare di raggiungerlo. 

Si parla bene di te dal tuo tricolore junior ma forse è sempre mancato qualcosa. Ora come ti vedi?

Se guardo nel lungo termine c’è un abisso da allora. Andavo bene, mi divertivo, i risultati erano buoni ma niente di più. Fino a qualche anno fa non sapevo assolutamente cosa volesse dire fare la vita da atleta. Non davo troppa importanza al recupero o al mangiare bene. Poi… 

Già nel 2017 un’atleta Specialized, come ora al Team Cingolani
Già nel 2017 un’atleta Specialized, come ora al Team Cingolani
Cosa?

Ho conosciuto Davide (Martinelli, pro’ dell’Astana e suo fidanzato con cui sta da sei anni, ndr) che mi ha spiegato ed insegnato cosa significhi fare il corridore. Ho appena compiuto 25 anni e per qualcuno sono vecchia, ma io non mi sento tale. Nell’ultimo anno in particolare ho fatto uno step importante come maturazione fisica

I tuoi programmi da qui in avanti come saranno?

Finirò la stagione a metà febbraio in Belgio. Poi farò un mese di stacco senza toccare la bici prima di riprendere gli allenamenti. Nel frattempo mi dedicherò all’Università (è laureata in Marketing e Comunicazione Aziendale e sta conseguendo la Magistrale nello stesso indirizzo, ndr). Da maggio a luglio alternerò gare in Mtb fra cross country e marathon a quelle su strada.

Appunto, con la strada che rapporto hai? 

Ho iniziato a fare la corse open solo due anni fa, non le avevo mai fatte nemmeno da bimba. In totale ne avrò fatte 6/7, non di più. E’ stato sempre Davide a suggerirmi di farle per trarne beneficio poi nel ciclocross. Il ritmo che ti dà la strada poi lo senti in inverno. Ora nei rettilinei riesco a spingere molto più di potenza che non in agilità come il classico biker. 

Davide Martinelli
Assieme a Davide Martinelli davanti alla casa in costruzione
Davide Martinelli
Assieme a Davide Martinelli davanti alla casa in costruzione
In futuro ti piacerebbe correre maggiormente su strada? Che caratteristiche avresti?

Non è nei miei piani a breve termine, ma non nascondo che gradualmente vorrei farne di più. Mi piacerebbe correre la Strade Bianche e anche lo stesso Giro d’Italia Donne. Ho un buono spunto veloce da gruppo ristretto e in salita vado bene.

Per chiudere Rebecca, quanto è importante una società nel ciclocross?

Per come sono fatta io, tantissimo. Essere in una squadra che crede in te, prima ancora come persona che come atleta, è fondamentale. Corro nel Team Cingolani da settembre 2019 e mi trovo benissimo, sono la mia seconda famiglia. Loro sono una grande realtà, ben organizzati e sono uno dei motivi in cui posso rendere al mio meglio, senza pressioni. 

Dalla neve alla sabbia: a Gallipoli un percorso unico (e tecnico)

16.12.2021
5 min
Salva

Dal freddo e la neve della Val di Sole, al clima più mite e alla sabbia di Gallipoli. Dal nord, Trentino, al sud, Puglia. Ancora una volta il fantastico circus del ciclocross ci porta ad esplorare luoghi impensabili. A mettere le ruote in punti a dir poco insoliti, suggestivi e… tecnici.

Dalla Coppa del mondo torniamo al Giro d’Italia Ciclocross. La challenge della maglia rosa purtroppo ha perso una sua tappa, quella di Roma, ma sin qui è filato tutto secondo programma, ci si appresta quindi ad affrontare, domenica 19 dicembre, la tappa numero sei.

Nel cuore del Salento

E quella di Gallipoli è una tappa alla quale si tiene parecchio. E per molti motivi. Uno, perché è la tappa più a sud del circuito. Due perché si corre in un’area di particolare pregio ambientalistico. E tre perché è una delle frazioni organizzate direttamente dall’Asd Romano Scotti.

«Siamo – dice Roberto Ferrante, responsabile della comunicazione del GIC – nel Parco Regionale Isola di Sant’Andrea e Litorale di Punta Pizzo, 3 chilometri a sud di Gallipoli e appena sopra la splendida Punta della Suina. È una zona estremamente limitata dal punto di vista naturalistico e ambientalistico. E’ un’area protetta. Non potete immaginare che plico di documenti abbiamo dovuto produrre per poter portarci il Giro d’Italia Ciclocross, ma ci tenevamo troppo.

«Uno dei nostri obiettivi infatti è dimostrare l’ecocompatibilità di un evento agonistico con un’area naturalistica. Vogliamo far vedere che si può fare rispettando le regole. Per questo abbiamo anche dovuto rivedere alcuni aspetti del percorso e non saranno utilizzate fettucce di plastica, ma corde di canapa

«Se dovessi paragonarlo a qualche altro percorso del Giro? A nessuno… questo è un tracciato unico per tecnica e bellezza».

Tracciato super tecnico

E allora andiamo a scoprire il percorso di Gallipoli. Si tratta di un anello che dovrebbe sfiorare i 3.000 metri di lunghezza. In realtà il tracciato originale toccava i 3.200 metri, ma proprio in virtù delle modifiche imposte dall’Ente Parco, alcuni passaggi nella pineta sono stati “limati”.

«Esatto – riprende Ferrante – alcuni passaggi nella zona della pineta sono stati resi più veloci e meno incisivi così da lasciare meno tracce possibili del nostro passaggio.

«Il percorso sostanzialmente si divide in tre aree principali. La prima è quella dell’ex campo da golf, un’area il cui fondo è prevalentemente compatto ed erboso. Se dovesse piovere diventerebbe un vero lago, ma senza fango. Qualche anno fa ricordo l’acqua che toccava quasi i mozzi delle ruote! Infatti poco al di sotto della superficie c’è un substrato di argilla che fa sì che l’acqua ristagni in superficie. Ha un drenaggio molto lento. Questa è la zona più filante del percorso ed è quella più in alto (è qui che ci sono la zona di partenza e di arrivo, ndr).

«La seconda porzione è quella della pineta, come detto abbastanza veloce e su fondo misto di terra battuta e sabbia. 

«La terza parte è quella della spiaggia, la più caratteristica. L’accesso al mare è pedalabile per il 30%. direi. Poi c’è la linea di costa, lunga circa 130 metri, che spostandosi verso la battigia è totalmente pedalabile. Infine c’è il rientro, risalendo tra le dune, che per metà e pedalabile e per metà è da fare con bici in spalla».

Caccia al memorial Scotti

Chiaramente una tappa del GIC situata così a sud porta con sé dei problemi logistici, dei quali gli organizzatori sono a conoscenza. Gallipoli è molto distante dal baricentro dei maggiori team del centro-nord. Tuttavia questa è ormai è una classica del calendario nazionale e poi un vero Giro d’Italia deve accontentare tutti, anche i crossisti del sud.

Chi è in lotta per la maglia rosa dovrebbe esserci, almeno stando alle ultime che giungono dall’organizzazione. Nelle categorie maggior di uomini e donne guidano Cristian Cominelli e Sara Casasola. Lo spettacolo ai vertici pertanto non dovrebbe mancare. Così come non mancheranno i giovani,  come abbiamo visto anche nella cornice, sempre pugliese, di Mattinata. 

Peccato solo per qualche concomitanza di troppo, come il campionato regionale calabrese. Con una tappa del Giro d’Italia Ciclocross al sud si sarebbe potuto ipotizzare un calendario un po’ diverso, e “fare sistema” al fine di avere un grande evento collettore, almeno per le regioni del Sud…

«Come detto – conclude Ferrante – ci teniamo molto a questa tappa, tanto che assegnerà il Memorial Romano Scotti. Senza contare che è anche molto comoda in quanto logistica, anche alberghiera, è tutta concentrata sul posto grazie alla disponibilità dell’Ecoresort Le Sirenè, che ha creduto in questo progetto». 

Il motore per il cross non si fa nelle marathon, parola degli esperti

15.12.2021
7 min
Salva

In Val di Sole ancora una volta abbiamo assistito alla netta supremazia dei crossisti del Nord Europa. E non ci riferiamo solo ai noti fenomeni, ma parliamo piuttosto della “massa” che gravita nelle prime posizioni. I nostri migliori interpreti, Gioele Bertolini e Jakob Dorigoni (foto apertura durante una marathon), sono molto bravi, guidano in maniera eccellente però alla fine il gap di “motore”, e di classifica, è sensibile.

Come e dove si può recuperare? Vediamo che Van Aert, Van der Poel, ma anche Quinten Hermans, per citare un buon nome ma non un extraterrestre, fanno della strada una colonna portante. Noi invece abbiamo visto che Dorigoni, a parte qualche parentesi tra i dilettanti, la scorsa estate ha preso parte alle marathon in mountain bike. Di fronte a tutto ciò una riflessione ci sembra lecita.

E come nel nostro stile queste riflessioni le facciamo con gli esperti. Abbiamo chiamato in causa chi ha esperienza sia sulla strada che nella mtb: Paolo Alberati, Massimo Ghirotto e Claudio Cucinotta.

Jakob Dorigoni e Gioele Bertolini, entrambi della Selle Italia Guerciotti, i più forti crossisti italiani
Jakob Dorigoni e Gioele Bertolini, entrambi della Selle Italia Guerciotti, i più forti crossisti italiani

Alberati: forza assoluta

«Il divario che si è visto in Val di Sole è molto ampio – dice Alberatisi parla sempre di rapporto potenza/peso, ma questo nel cross conta zero. Tanto più che in Val di Sole l’unico tratto di salita si faceva a piedi e in quel caso contano le lunghe leve. Nel cross si è quasi sempre in pianura.

«Facciamo due conti. Prendiamo due corridori che hanno la stessa potenza alla soglia, 6 watt per chilo, ma uno pesa 60 chili e uno 75. Quando quello di 60 chili è a soglia, viaggia a 360 watt, quello di 75 chili ne tocca 450, il che significa 90 watt di differenza! I nostri pagano non meno di 50 watt dai crossisti di vertice. Dunque parliamo di potenza pura.

«Pertanto affidarsi alle marathon come sistema di allenamento non ha senso per il cross. Nelle marathon lavori sul glicogeno, in un cross country o in un ciclcross si fa quasi tutto lavoro anaerobico, due sistemi metabolici differenti. In una marathon hai due (forse) picchi di forza esplosiva: uno in partenza e uno all’arrivo nel caso di volata. Sarebbe molto meglio semmai che Dorigoni partecipasse a gare di cross country, sia per tipologia di sforzo che per tipologia di fibre muscolari chiamate in causa.

«Di certo, rispetto alle marathon, meglio la strada, se non altro perché nelle gare a tappe aiuti ad aumentare la cilindrata del tuo motore ripartendo ogni giorno con il fisico che non ha recuperato al meglio. Sei costretto a spingere.

«E infatti – aggiunge Alberati – io non mi stupirei se Pontoni portasse i suoi crossisti a correre una Coppi e Bartali o un “Giro di Sardegna”. Così come non mi sorprende quando sento che vuole puntare sui più giovani».

Spesso i tracciati italiani sono troppo in stile gimkana per Ghirotto. Bisognerebbe formarsi su altri percorsi
Spesso i tracciati italiani sono troppo in stile gimkana per Ghirotto. Bisognerebbe formarsi su altri percorsi

Ghirotto: qualità e percorsi

E poi c’è Massimo Ghirotto. Il Ghiro di strada e di fuoristrada ne sa come pochi altri in Italia, visto il suo passato come corridore e tecnico.

«In effetti – dice Ghirotto – anche io mi sono posto qualche domanda sui nostri e su Dorigoni domenica scorsa. Siamo sempre lì. Ricordo un quinto posto ai mondiali di Bertolini qualche anno fa e in prospettiva mi dicevo: vedrai che può fare bene. Invece un salto di qualità definitivo non è arrivato. E su Dorigoni più o meno è la stessa cosa.

«In generale servirebbe più qualità. Servono più “cavalli”, perché se facciamo un confronto siamo a minuti. Cosa si dovrebbe fare? Non avrei una risposta, se non quella che bisogna lavorare sui giovani, il che richiede tempo. E vedo che Pontoni si sta allargando al settore giovanile».

«Se le Marathon aiutano nel cross? Non sono un preparatore, ma io non ho mai visto un Absalon preparare uno dei suoi cross country, che durano un’ora e mezza, con un allenamento di resistenza pur facendo lui parecchia strada in allenamento. Più di tanto non serve, serve qualità.

«E servono atleti di peso, nel vero senso della parola. Noi il bestione da 75 chili non ce lo abbiamo. In Val di Sole guardavo Fontana, che ha fatto 15º. Lui è forte, guida davvero bene, ma gli mancano i chili, quelli della vera forza. Ma non è facile, perché Van Aert pesa 75 chili ma poi ti regge i top 10-20 in salita. E che gli fai?

«Mi ricordo della Teocchi. Con quei due europei vinti da juniores dava fiducia, poi come si è approcciata ai grandi livelli internazionale si è ritrovata staccata di minuti. E come lo recuperiamo un gap così? Lavoriamo sul peso, okay. Curiamo la forza, okay… ma si tratta di limare qua e là. E alla fine torniamo a discorso della qualità dell’atleta.

«E poi una cosa che per me deve cambiare in Italia sono i percorsi, servono campi gara con altimetrie differenti e non percorsi stile gimkana. Servono spazi più aperti dove spingere. Perché nei cross internazionali del Nord Europa le prendi sui denti».

Dorigoni assieme ad altri biker ha preso parte in azzurro alla Serenissima Gravel
Dorigoni assieme ad altri biker ha preso parte in azzurro alla Serenissima Gravel

Cucinotta: questioni (anche) economiche

Claudio Cucinotta, coach dell’Astana, riprende sia quanto detto da Alberati, soprattutto, che da Ghirotto.

«Se facciamo riferimento ai soliti big – spiega Cucinotta – Van Aert e Van der Poel andrebbero forte anche se facessero bmx! Il problema non è solo la marathon, ma dipende anche dalle qualità degli atleti stessi. Poi chiaramente c’è un discorso tecnico, un disorso di intensità. Un conto è fare forte una salita nelle marathon, e un conto nei cross country o in un Giro delle Fiandre. Nelle marathon imposti un ritmo massimale ma pensando che la salita dura un’ora, in un Fiandre uno strappo dura molto meno. Dico dei numeri: un corridore di 63-64 chili in un’ora di salita si attesta sui 350 watt, su uno strappo delle Fiandre ne esprime 500».

«Il modello prestativo più vicino al ciclocross è quello del cross country. Si sviluppano intensità molto più alte. Si fa più esplosività. Di contro non so neanche se effettivamente il cross country serva ad aumentare il motore. Senza parlare dei soliti noti, penso alla squadra di Sven Nys (Baloise-Trek Lions, ndr): loro fanno delle gare a tappe, magari di livello basso, le 2.2: ne fanno tre o quattro in un anno di 4-5 giorni ciascuna, e alla fine mettono insieme un buon volume di lavoro».

«Il discorso – riprende Cucinotta – è molto ampio. Bertolini e Dorigoni anche recentemente hanno dimostrato che possono arrivare tra i primi dieci in Coppa se tutto fila perfettamente, ma certo se cerchiamo il campione del mondo non lo avremo a breve. E’ un lavoro di lungo termine».

«I nostri atleti migliori non fanno cross. Sembrerà un po’ brutto da dire, ma è anche una questione economica. Quando arrivi a 19-20 anni chiaramente sei portato ad andare dove ci sono maggiori risorse economiche, tanto più pensando che la vita dell’atleta è abbastanza corta. Cerchi di massimizzare. Noi abbiamo atleti che potenzialmente possono essere adatti al cross, penso ad un Colbrelli, ad un Bettiol, ad un Trentin, ma chi glielo fa fare? Quanto guadagnerebbero nel cross? Mentre su strada ottengono contratti importanti. Non puoi chiedere a Colbrelli, a 31 anni, di iniziare a fare ciclocross.

«Quello che mi auguro è che le nuove generazioni possono essere più coinvolte e stimolate a fare questa disciplina. Ecco, se dovesse diventare una specialità olimpica magari le cose potrebbero cambiare. Io seguo i fratelli Braidot e Nadir Colledani (biker che hanno fatto le Olimpiadi, ndr), loro ormai il cross quasi non lo fanno più se non per allenarsi e puntano tutto sul cross country che è disciplina olimpica».

Toon Aerts in azione al Tour de Wallonie con la sua Trek – Baloise Lion (foto Instagram)
Toon Aerts in azione al Tour de Wallonie con la sua Trek – Baloise Lion (foto Instagram)

Gap tecnico-culturale

Infine consentiteci di aggiungere una nostra valutazione. Va detto che c’è anche un gap “culturale”, nell’approccio al ciclocross in Italia, che poi di fatto si lega a quanto ha detto Cucinotta. Da noi il crossista è il “biker prestato” alla disciplina, all’estero è quasi il contrario: è il crossista che è “prestato” alla strada. E se non è così tra pro’, lo è di sicuro nelle categorie giovanili.

E questo presuppone una formazione atletica e tecnica ben diversa, una formazione che va ad incidere anche sul motore stesso del corridore. Bertolini e Dorigoni sono pertanto più che giustificati se oggi si ritrovano in queste acque. E nonostante tutto mostrano un impegno eccezionale. Questo articolo non è un processo su di loro, ma uno spunto di riflessione. Se in Val di Sole gli azzurri arrivano: 15°, 16°, 17° e 18° nell’arco di 62″ una domanda bisogna porsela.

Jakob Dorigoni, San Fior 2020

Jakob Dorigoni: «Alla strada preferisco le marathon»

14.12.2021
4 min
Salva

Jakob Dorigoni è uno degli atleti azzurri che domenica si è cimentato nella prova di coppa del mondo in Val di Sole, appuntamento stravinto da Van Aert. Questo è stato lo spunto per il nostro editoriale del lunedì. I corridori che dominano le corse di ciclocross sono gli stessi che troviamo poi a giocarsi la vittoria tutto l’anno su strada. E’ ormai chiaro come praticare due discipline ad alto livello aumenti lo stress e la fatica, ma una volta che si gestiscono i periodi di corsa, i risultati parlano da soli. L’Italia ha perso ottimi crossisti passati su strada e più tornati, ma è il modo giusto per gestire questi ragazzi? Non sarebbe meglio dare loro la possibilità di correre ad alto livello anche su strada per potersela giocare nel cross? Cambierebbe qualcosa nella carriera di Dorigoni se durante l’estate potesse disputare delle corse a tappe?

Dorigoni Sant'Elpidio 2021
Jakob Dorigoni nel ciclocross corre per il team Selle Italia Guerciotti
Dorigoni Sant'Elpidio 2021
Jakob Dorigoni nel ciclocross corre per il team Selle Italia Guerciotti
Innanzitutto Jakob, com’è andata domenica?

Bene, mi sono divertito molto, è stata una prima volta speciale sulla neve. Il percorso era bello anche se tanto tecnico.

Correre sulla neve è tanto diverso?

No, la formazione del percorso è simile a quando c’è il fango. Si creano le canaline e bisogna stare attenti a quale prendere per non finire al di fuori della traiettoria ideale e perdere così troppo tempo.

L’insidia più grande?

Essendo il percorso per lo più all’ombra, le basse temperature si facevano sentire. Anche durante il riscaldamento avevo freddo nonostante fossi al sole, quindi pensate che temperatura c’era… Una delle maggiori insidie era dovuta proprio all’ombra sul percorso perché la neve andava via via ghiacciandosi e mantenere l’equilibrio era fondamentale.

Ha vinto Van Aert con quasi un minuto sul secondo…

Lui è un fenomeno, domenica è atterrato un alieno in Val di Sole.

Jakob Dorigoni ha corso il Giro d’Italia under 23 nel 2018, 2019 e 2020
Jakob Dorigoni ha corso il Giro d’Italia under 23 nel 2018, 2019 e 2020

Doppia attività sì, ma quale?

I primi 5 della classifica di ieri alternano una buona, se non ottima, attività su strada a quella invernale di ciclocross. Anche Jakob fino al 2020 ha corso su strada in estate, ha partecipato al Giro d’Italia under 23 con la Work Service Dynatec Vega. Nella stagione appena conclusa però non lo ha fatto.

Che disciplina hai praticato quest’estate?

Ho corso in mountain bike, ho deciso di cambiare attività.

Come mai?

Ho sempre praticato questa disciplina e mi piace molto. Mi diverte e mi mantiene attivo nella stagione estiva.

Non pensi che l’attività agonistica su strada porti dei vantaggi maggiori in termini di preparazione?

Anche la mountain bike permette di fare molto fondo, non serve correre per forza su strada. Ho partecipato a gare marathon, che sono più lunghe di quelle classiche, e questo comunque fornisce molti vantaggi e comunque mi alleno spesso con la bici da strada.

Jako Dorigoni ha corso anche la prima edizione della Serenissima Gravel con la maglia della nazionale
Jako Dorigoni ha corso anche la prima edizione della Serenissima Gravel
Come ti alleni quindi in estate?

Per 4-5 i giorni della settimana uso la bici da strada, i restanti allenamenti li faccio con la mountain bike, poi ovviamente c’è il giorno della gara. Uso la bici da corsa perché mi permette di fare meglio determinati lavori come quelli ad alta intensità. Sui sentieri incontri spesso degli ostacoli che ti tolgono ritmo, mentre se vado su una salita posso fare lavori dai 5 ai 20 minuti senza interruzioni.

Per lo stesso motivo allora fare gare su strada ti permetterebbe di fare sforzi più prolungati mentre in mountain bike questo diventa più complicato…

Per questo faccio anche le marathon dove i percorsi presentano lunghi tratti senza curve ed ostacoli. Correre d’estate in mountain bike è tanto diverso rispetto al ciclocross. Intanto il clima rende il terreno più secco, di conseguenza hai una maggiore scorrevolezza del mezzo e ti alleni a condurre la bici anche a velocità più elevate.

Il sorriso della Teocchi. Guai alle spalle e tricolori cx in testa

13.12.2021
4 min
Salva

Il sorriso è tornato quello di un tempo e forse è ancora più pronunciato. Chiara Teocchi infatti si è definitivamente lasciata alle spalle i suoi problemi con il cuore. La lombarda aveva dovuto rinunciare persino alle Olimpiadi a causa di questo problema.

Da quest’anno ha potuto riprendere al meglio la sua attività ed entrare definitivamente negli ingranaggi della sua squadra, la Trinity Racing. Quella che ritroviamo è una “Teocchi 2.0”, la ragazzina in grado di vincere due europei di cross e di salire sul podio iridato nella mtb col team relay.

Chiara Teocchi impegnata in Val di Sole, presto per lei altre gare internazionali nel cross
Chiara Teocchi impegnata in Val di Sole, presto per lei altre gare internazionali nel cross
Chiara, ti abbiamo vista finalmente tornare in piena attività. Vieni da un bel reset generale…

Esatto, qualche mese fa ho fatto degli esami col dottore (Della Bella, ndr) che mi aveva operato a distanza di un anno e questi esami sono andati molto bene, lui era davvero contento. Mi ha rilasciato una lettera con la quale diceva che non avrei avuto neanche bisogno di ulteriori controlli.

Bello! E come mai?

In pratica la mia aritmia si è totalmente cancellata. Il medico stesso mi ha detto che è un qualcosa di estremamente raro, quasi impossibile. Ho tenuto l’holter per 24 ore e nell’arco della giornata ha registrato zero aritmie. Tutto è andato alla perfezione.

Immaginiamo che anche per te, a livello di testa, conti molto…

Vero, adesso non ci penso più e posso concentrarmi solo sulle corse.

In apertura dicevamo del tuo approdo alla Trinity Racing: adesso finalmente sei sempre più dentro in questo team. Com’è andata con loro?

È un bel progetto. Sono arrivata in questa squadra l’anno scorso e quest’anno nel team sono arrivati dei nuovi atleti. È un ambiente molto stimolante. In più dopo sette anni ho cambiato il mio preparatore. Adesso mi segue Florian Vogel (un grande ex della mtb, anche campione europeo, ndr) e per questo, se vogliamo, ho stretto ancora di più il mio rapporto con Specialized.

Cosa intendi?

Florian segue il team Factory di Specialized e questo vuol dire avere un certo legame per quel che riguarda le scelte tecniche, il setup… E poi il fatto che sia stato lui a farsi avanti per me è una grande opportunità. Vogel segue pochissimi atleti.

Adesso come si articolerà la tua stagione? Quali sono i tuoi obiettivi?

Il primo obiettivo sono senza dubbio i campionati italiani di ciclocross. Sinceramente vorrei tornare a vestire una maglia tricolore. A novembre mi sono presa una pausa e sono partita in modo più tranquillo… Sono stata poi dieci giorni a Calpe con il team. Ho vissuto un’esperienza molto bella e mi sono allenata bene. Pensate che nella prima settimana ho accumulato 24 ore di allenamento.

Beh possiamo immaginare. Dai social abbiamo visto anche che vi siete divertiti. Sulla spiaggia di Calpe avete simulato Baywatch!

Ah, ah… Sì, abbiamo prodotto dei contenuti simpatici. Comunque è stato un bel training camp. E per una ragazza allenarsi con i ragazzi è stato davvero importante. Tornando alla stagione invece, dopo questa esperienza in Val di Sole, sotto il periodo di Natale passerò due-tre settimane in Belgio con il team per allenarmi bene, rifinire la preparazione, gareggiare.

E con la strada? In squadra ne avete parlato?

Bella domanda, sicuramente mi piacerebbe fare qualcosa su strada, però si è parlato anche di Cape Epic (importantissima gara a tappe in mtb, ndr). Vedremo quali programmi usciranno fuori dopo la stagione del cross.

Sei in un team inglese, nel quale ha militato anche Pidcock: si sente qualche traccia del suo passaggio?

Il suo manager, Andrew McQuaid, è anche il team manager della nostra squadra, e posso dire che in quel periodo che passerò in Belgio staremo vicini perché dovrebbe esserci anche lui. In più abbiamo lo stesso massaggiatore. Questo team è nato un po’ per lui… cercheremo di raccogliere la sua eredità!

Chiara Teocchi resta una biker però…

Assolutamente! Sono nata biker e tutto quello che faccio è in previsione della mountain bike. Il mio sogno continua ad essere quello di andare alle Olimpiadi.

Hai parlato con Celestino?

Sì. Con lui ho fatto due chiamate. Mi spiace che non potrò essere ad un piccolo ritiro che so che sta organizzando proprio per il periodo in cui sarò in Belgio. Mi piace il suo progetto. Un progetto di lunga durata che si basa su una cerchia allargata di atleti, 5-6 donne in questo caso, da seguire sotto ogni aspetto: multidisciplinarietà, preparazione, alimentazione… Un po’ quello che si è fatto e si è visto con le ragazze della pista.

EDITORIALE / Trentin, Olivo, il ciclocross e le solite rapine

13.12.2021
4 min
Salva

Trentin ci sapeva fare. Glielo leggevi anche nello sguardo. Era un misto di tecnica e cattiveria. Poi, come accadeva in quel tempo e ancora adesso se il corridore non si mostra abbastanza convinto, la strada se lo portò via. Malacarne la stessa storia e, guarda caso, fu ugualmente la Quick Step a distoglierlo dai campi del ciclocross, come già successo con Stybar che, se non altro, a differenza dei due azzurri, aveva vinto cinque mondiali e magari ci stava che volesse provarsi a fondo anche su strada.

Davide Malacarne è stato iridato di cross juniores e ha poi continuato a praticarlo con la Zalf
Davide Malacarne è stato iridato di cross juniores e ha poi continuato a praticarlo con la Zalf

Il caso Bryan Olivo

Come quando si va al Tour contro Pogacar, sarebbe ingiusto pretendere dai nostri azzurri che a Vermiglio e in genere nelle competizioni internazionali possano competere contro Van Aert, Van der Poel, Pidcock, Iserbyt e quelli che con il cross si guadagnano lautamente il pane.

Tuttavia resta il fatto che da noi e in altre parti d’Europa la strada continui a mangiarsi talenti con una voracità spesso fine a se stessa.

Negli ultimi due anni, senza andare troppo lontano, abbiamo visto sparire uno junior come De Pretto, molto atteso, e quest’anno Bryan Olivo, campione italiano juniores nel 2021. Le motivazioni che lo riguardano le abbiamo raccontate con dovizia di particolari senza che siano risultate troppo convincenti. Al primo anno da under 23, dicono, è necessario che si concentri sulla strada e semmai sulla pista. Ma proprio perché al primo anno da under 23 le attese dovrebbero essere calmierate (il Cycling Team Friuli dovrebbe essere maestra nel gestirle) che male gli avrebbe fatto correre la stagione invernale, entrando in gara su strada in un secondo momento? Oppure, anche non volendolo ammettere, siamo già lì a cercare il giovane fenomeno, pensando che dedicare due mesi al cross ci priverà di un potenziale Evenepoel tricolore, senza che ad ora ce ne siano state le avvisaglie?

Lorenzo Masciarelli, Bryan Olivo, Lecce 2021
Lorenzo Masciarelli e Bryan Olivo ai tricolori di Lecce 2021: il primo è ancora nel cross, il secondo (che li vinse) non più
Lorenzo Masciarelli, Bryan Olivo, Lecce 2021
Lorenzo Masciarelli e Bryan Olivo, poi vittorioso ai tricolori di Lecce 2021

Cross e Olimpiadi

E’ difficile capire se il ciclocross diventerà mai una disciplina olimpica (invernale). Van Aert ha ragione: la base dei Paesi in cui si corre è ancora troppo stretta e c’è da lavorare affinché si allarghi. In Italia gli anni scorsi hanno visto il moltiplicarsi delle… vocazioni, ma si tratta di ragazzi molto giovani che hanno bisogno di crescere. Allo stesso modo in cui si convogliano le migliori energie sulla pista, sarebbe perciò intelligente da parte della Federazione sostenere il settore e impedire che gli elementi di maggior qualità spariscano in nome di concetti superati.

Le parole di Van Aert a Vermiglio su ciclocross e Giochi sono state chiarissime
Le parole di Van Aert a Vermiglio su ciclocross e Giochi sono state chiarissime

La scelta di Lorenzo

Masciarelli sta in Belgio, anche lui al primo anno da under 23, con una stagione di anticipo rispetto a Olivo. E lassù, dove sono nati Van Aert e Iserbyt, Van der Poel e Vanthourenhout, gli hanno fatto il discorso opposto e un contratto di due anni.

«Prima ci prendiamo un paio di stagioni – gli ha detto il grande capo Mario De Clercq – per vedere se nel cross potrai arrivare al livello dei migliori. E se così non fosse, potrai cambiare a cuor leggero, sapendo di averci provato».

Nel frattempo però, Lorenzo correrà anche su strada con la continental della Pauwels. Allo stesso modo in cui Olivo, assecondando il suo estro, potrebbe capire il suo livello nel cross, facendo durante l’estate l’attività su strada che lo farà maturare e crescere. Perché in certi casi il volere del ragazzo viene calpestato?

Matteo Trentin, San Fior 2016
Matteo Trentin, qui a San Fior 2016, sparì dal ciclocross per il quale avrebbe avuto abilità e motore
Matteo Trentin, qui a San Fior 2016, sparì dal ciclocross per il quale avrebbe avuto abilità e motore

Gap di potenza

Perché una cosa si nota guardando gli azzurrini che ogni domenica vanno a scontrarsi contro i mostri: gli mancano i cavalli, quelli che vengono quando durante l’estate metti nelle gambe un paio di corse a tappe. Hanno pure le abilità tecniche, ma non riescono a trovare qualcuno che creda in loro in quanto ciclocrossisti e li faccia correre d’estate. Senza i tanto vituperati watt che derivano dall’attività e dalla necessaria maturazione fisica, non si va avanti. Portate Dorigoni (foto di apertura) al Giro d’Italia e al Val d’Aosta e poi ne riparliamo.

Piuttosto, come accade per Olivo, li mandano su pista. E se quest’ultima ha trovato il suo binario, con l’evidente lacuna del settore velocità, il cross merita di avere una chance. Sarebbe bello che se non ci penserà la Federazione (che tuttavia sostiene la Arvedi perché faccia correre i pistard), siano i tecnici dei club ad aprire gli occhi. Siamo tutti lì a cercare i nuovi Pogacar ed Evenepoel, ci farebbe proprio schifo trovare i nuovi Van Aert e Van der Poel?

Van Aert, assolo travolgente e la Val di Sole si inchina

12.12.2021
6 min
Salva

Sfreccia nella neve all’inizio dell’ultimo giro con una velocità pazzesca. Ci passa davanti facendo un piccolo salto e all’atterraggio l’impatto con il percorso ghiacciato ha un suono sordo e compatto. Van Aert ha fatto anche oggi la sua corsa, guidando da grande pilota lungo le canalette e le trappole del percorso di Vermiglio.

Si è concesso il tempo per trovare il giusto assetto e poi ha preso il largo, nonostante il tentativo di Vanthourenhout di non farsi staccare. Mentre il grande belga addenta l’ultima neve di questo suo weekend pazzesco, iniziato ieri con la vittoria di Essen e proseguito in Val di Sole, pensiamo a una frase detta ieri dal cittì Pontoni. «Su questo percorso non servirà tanto la potenza – ha detto ieri il tecnico azzurroquanto la capacità di guidare la bici». Il ragionamento poteva essere anche condivisibile, ma si è infranto contro la capacità del grande belga di guidare benissimo esprimendo tutta la sua potenza.

Van Aert ha tagliato il traguardo con 49 secondi su Vanthourenhout (foto Di Donato)
Van Aert ha tagliato il traguardo con 49 secondi su Vantourenhout (foto Di Donato)

Val di Sole, 10 e lode

C’erano curiosità e qualche dubbio su questa gara nella neve. Il fondo avrebbe retto? Sarebbe stato un evento sostenibile oppure qualcosa di folkloristico? Nessun dubbio sulla capacità della Val di Sole di tenere l’evento, vista la consuetudine con le grandi prove della mountain bike, ma d’inverno?

«Siamo felicissimi – dice ai piedi del podio Fabio Sacco, presidente di Visit Val di Sole – perché questa sperimentazione è riuscita. Abbiamo creato un filo rosso con la Mtb, lasciando intravedere qualche possibilità di aprire al gravel. Abbiamo portato il ciclismo nella stagione invernale. C’erano la curiosità e il giusto rispetto verso qualcosa di nuovo, ma tutto ha funzionato bene. La macchina organizzativa di Val di Sole ha dimostrato di conoscere il mondo degli eventi e abbiamo affrontato tutto al meglio».

Sul podio il belga ha preceduto Vanthourenhout e Pidcock, arrivato a 1’28” (foto Di Donato)
Sul podio il belga ha preceduto Vanthourenhout e Pidcock, arrivato a 1’28” (foto Di Donato)

Più abilità che forza

Se te lo trovi davanti a non più di mezzo metro, capisci che niente è per caso. Wout Van Aert, come altri grandi belgi prima di lui (vengono in mente Tom Boonen e Johan Museeuw) è una statua. E quando un fisico così riesce a trovare il feeling con la bicicletta, puoi mettergli davanti qualsiasi percorso e lui lo piegherà al suo volere. Negli ultimi 12 mesi, il campione della Jumbo Visma ha vinto nel cross, a cronometro, sulle salite e anche in volata.

«Penso che oggi si è fatta un po’ la storia del ciclocross – dice – è stato bello correre in questo scenario ed era mia ambizione essere alla partenza. Penso che tutti sappiano che mi piace correre in Italia, mi piacciono i tifosi e il loro entusiasmo. Per questo è stato bello fare show e festeggiare con loro. Oggi è stato più un fatto di abilità che di forza. Dovevi restare sulla bicicletta il più possibile e non era affatto scontato. C’era l’obiettivo di non fare troppi errori. Il percorso cambiava a ogni giro, alla fine della corsa era più freddo e il fondo ghiacciato».

Pidcock ha sofferto il freddo, ma sta crescendo a vista d’occhio
Pidcock ha sofferto il freddo, ma sta crescendo a vista d’occhio

Difficile andare forte

Di freddo e ghiaccio parla Pidcock, che ieri era parso disinteressato e poco entusiasta, invece oggi ha lottato con denti e unghie.

«Sono morto di freddo – dice il campione olimpico della Mtb – facendo qualcosa di diverso rispetto a quel che si fa abitualmente nel cross. E’ stato un esperimento ben riuscito. E’ stato bello, molto tecnico. Per me è stato difficile andare a tutta, perché c’era da gestire l’equilibrio. Probabilmente con questo clima preferisco sciare, ma è stato bello da vedere e io sicuramente mi sono divertito».

Allargare la base

Si è fatto per tutto il weekend un gran parlare delle Olimpiadi invernali come possibile approdo per il ciclocross. Il discorso regge. Il cross è uno sport invernale e da oggi sappiamo che si può correre anche nella neve. Ma il problema non è tecnico, ricordando quando uno dei capisaldi del ciclismo olimpico come la 100 Chilometri fu cancellata dal programma perché poche Nazioni potevano essere rappresentate.

Con il quarto posto, Iserbyt ha mantenuto la testa della Coppa del mondo
Con il quarto posto, Iserbyt ha mantenuto la testa della Coppa del mondo

«Penso sia possibile arrivare alle Olimpiadi con il ciclocross – dice Van Aert – quando lo sport è ai massimi livelli quello è il suo approdo. Ma per ora la base è stretta, servirebbe una piattaforma più ampia. Quando ero un ragazzino non c’erano prove di Coppa del mondo fuori da Belgio e Olanda, ora siamo in Italia e prima siamo andati in America, stiamo migliorando. Possiamo essere un evento invernale, ma dobbiamo avere numeri migliori. Magari i ragazzi italiani che oggi ci hanno guardato, si sono appassionati e saranno i campioni di domani».

Cross, un fatto di cuore

La lucidità fa il pari con le sue doti atletiche. E allora, per riallacciare il filo con le sue parole dopo la vittoria di Boom, gli chiediamo che rapporto abbia avuto infine con la neve

«Nella seconda parte di gara – dice – è stato davvero insidioso. Bastava cadere o avere un problema con la bici e tutto poteva cambiare. Il mio vantaggio era rassicurante, ma potevo perdere tutto facendo la cosa sbagliata. E’ stato eccitante fare l’ultimo giro da solo, ho avuto anche tempo di pensare che sarebbe facile rilassarsi un po’ d’inverno e allenarsi per la stagione su strada. Ma il cross mi piace. E’ una buona preparazione, ma soprattutto un fatto di cuore».

Sul podio, brindisi belga tra Vantourenhout e Van Aert
Sul podio, brindisi belga tra Vantourenhout e Van Aert

Addio tempo libero

Wout non ci sarà nel prossimo fine settimane nei round di Coppa a Rucphen in Olanda e a Namur, in Belgio La Jumbo Visma lo vuole nel ritiro spagnolo per preparare la stagione su strada e lui non se l’è sentita di contraddirli. Tornerà nel cross a Dendermonde, il 26 dicembre, dove ritroverà anche… l’amico Van der Poel. Per ora se la cava con una battuta.

«Mi piacerebbe avere il tempo di andare sulla neve per sciare – sorride – ma non ne ho praticamente più. L’ultima volta ho sciato due anni fa in marzo, dopo una super stagione di cross. Poi ho avuto la brillante idea di mettermi a correre anche su strada e a questo punto avrei tempo per sciare solo dopo la Roubaix. Ma finisce sempre tardi e la neve a quel punto è tutta sciolta».