Copeland, i devo team e le strategie della Jayco-AlUla

11.01.2025
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«Secondo me il problema non è per le squadre under 23 – dice Brent Copeland quando a fine intervista lo portiamo sul fronte italiano – quanto piuttosto per le professional. Le continental restano preziose per far crescere gli under 23, invece le professional devono reggere il confronto con le WorldTour e con i devo team e non hanno la certezza del calendario. Come Aigcp stiamo lavorando anche per questo, perché squadre come quella di Reverberi abbiano qualche certezza in più, anche se con questo calendario non è facile…».

Abbiamo chiamato il team manager del Team Jayco-AlUla per fare il punto sul doppio devo team della squadra australiana: quello degli uomini (in apertura foto Coltyn Present) e quello delle donne. Avendo intuito il grande lavoro che c’è dietro, ci incuriosisce capire se per una squadra WorldTour avere un team di sviluppo sia effettivamente una necessità. Fra gli uomini l’operazione è stata completata con l’assorbimento della Hagens Berman, la squadra di Axel Merckx, che in passato è stata anche professional e ha lanciato al professionismo, fra gli altri, Dunbar, Geoghegan Hart, Almeida, Philipsen, i gemelli Oliveira, Morgado, Herzog, Riccitello e Christen. Fra gli altri colpi del mercato, oltre ai corridori, c’è stato l’ingaggio di Christian Schrot, il tecnico/allenatore che ha portato Finn al mondiale juniores e ha costruito i successi del Team Auto Eder, vivaio U19 della ex Bora-Hansgrohe.

Matthew White, a sinistra, direttore di performance e racing, con Axel Merckx (foto Team Jayco-AlUla)
Matthew White, a sinistra, direttore di performance e racing, con Axel Merckx (foto Team Jayco-AlUla)
Come mai questo forte investimento sul devo team?

Già da un paio di anni stavamo lavorando con la squadra di Axel. Non dico che sia un’esigenza o un obbligo, ma l’unico modo di capire bene la crescita dei corridori prima che passino a livello professionistico. E questo non riguarda solo il livello performance o agonistico, ma anche il carattere, la cultura, conoscere bene da dove vengono. Tutti punti che per noi sono fondamentali. La collaborazione con Merckx stava funzionando molto bene, il problema era che non potevamo far correre i nostri corridori con loro o i giovani con noi perché non era una nostra squadra. Ecco perché quest’anno abbiamo fatto un passaggio in più, mettendoli sotto il nostro ombrello, diciamo così.

In modo da poter avere uno scambio continuo di corridori?

Esatto. I giovani più pronti potranno venire con noi per mettersi alla prova e allo stesso modo potremo mandare da loro uno dei nostri, ad esempio De Marchi, per portargli un po’ di esperienza dal mondo dei professionisti. E’ un impegno in più, è una squadra in più, però secondo me vale la pena, perché ormai è importante conoscere bene i ragazzi prima che passino al WorldTour.

Come mai secondo te Axel Merckx ha questa grande capacità di lanciare corridori?

Lui lavora molto sull’individuo prima che sul corridore, è la filosofia che già dal primo incontro ha spiegato a me e a Gerry Adams (il proprietario della squadra, ndr). Lui sa che al massimo il 50 per cento dei suoi corridori passerà professionista, la realtà è questa. E non vuole che l’altra metà che smette non abbia imparato niente, anche sul piano personale. Allora lavora molto sulla persona, la cultura, il carattere. Non insegue solo risultati e performance e questo ci ha fatto molto piacere, perché è una filosofia molto importante anche per noi.

Christian Schrot è stato il tecnico di Lorenzo Finn nel 2024 e del Team Auto Eder (foto Team Jayco-AlUla)
Christian Schrot è stato il tecnico di Lorenzo Finn nel 2024 e del Team Auto Eder (foto Team Jayco-AlUla)
Però in parallelo avete preso un tecnico come Schrot, molto bravo a gestire la performance dei giovani.

Persone come lui servono per trasmettere nel modo giusto le esperienze ai ragazzi, per seguirli bene. Se non hai le risorse giuste, il lavoro non viene fatto bene e allora è inutile creare un devo team.

Il devo team sfrutterà anche l’esperienza del gruppo Performance della WorldTour?

Certamente, avrà accesso a tutta l’esperienza della prima squadra. Abbiamo iniziato a farlo già dall’anno scorso. Tecnologia e innovazione, la parte ingegneristica che segue Pinotti, la parte della nutrizione che viene seguita da Laura Martinelli, la parte medica di Carlo Guardascione. Tutto questo viene messo a disposizione anche della squadra development. E’ importante che i giovani imparino nel modo giusto, senza esagerare perché non vogliamo viziarli troppo. Devono imparare già da giovani come sarà quando passano professionisti, per questo gli diamo una mano con tutte le risorse della squadra WorldTour.

Stessa cosa con il devo team femminile?

Esattamente. Abbiamo la stessa struttura in Olanda per le ragazze, dove abbiamo anche una ragazza italiana: Matilde Vitillo. Utilizziamo lo stesso schema e cioè che le squadre WorldTour sono di appoggio per le squadre di sviluppo.

Matilde Vitillo è l’unica italiana che già dal 2024 corre nel devo team femminile (foto Team Jayco-AlUla)
Matilde Vitillo è l’unica italiana che già dal 2024 corre nel devo team femminile (foto Team Jayco-AlUla)
Visto che i costi saranno aumentati, avete nuovi sponsor per le due squadre di sviluppo?

No, per gli uomini abbiamo incorporato la sponsorizzazione di Axel. Già lo scorso anno si chiamava Hagens Berman-Jayco e continuiamo con questo appoggio. Ovvio che ci costa qualcosina in più, ma il budget resta lo stesso. Ne abbiamo spostato una parte in modo diverso per dare più appoggio a loro, però le cifre sono quelle. Purtroppo non abbiamo un super budget che ci permetta di fare diversamente, ma riusciamo ugualmente a lavorare molto bene.

Chi si occupa del lavoro di scouting per il devo team?

Fino all’anno scorso, ci pensava da Axel che era anche in contatto con i vari agenti. Però era una struttura fatta non tanto bene e devo fare autocritica, perché non l’abbiamo seguita come dovevamo. Quest’anno invece cambia tutto, un’altra struttura. Abbiamo messo insieme un gruppo di lavoro di cui fanno parte Axel, il nostro data analyst, i due allenatori della nostra squadra, gli allenatori della squadra di Merckx. Un gruppo di lavoro di sei persone, che andranno a fare scouting, restando in contatto con i direttori sportivi della varie squadre e con gli agenti. Abbiamo creato un protocollo per cercare il corridore che ci interessa.

Si parte dai numeri dei test, ma si cerca anche altro?

Esatto. Magari ci viene indicato un under 23 o uno junior, dal suo procuratore o dal direttore sportivo della squadra in cui corre. Guardiamo i numeri, perché i numeri sono importanti. Però poi il secondo passaggio è conoscere la persona, da dove viene, il suo background, la sua vita privata. Ci chiediamo se sarà globalmente adatto alla nostra squadra.

Per il secondo anno, alla Hagens Berman-Jayco correrà Mattia Sambinello, assieme a Samuele Privitera (foto Coltyn Present)
Per il secondo anno, alla Hagens Berman-Jayco correrà Mattia Sambinello, assieme a Samuele Privitera (foto Coltyn Present)
Una valutazione a 360 gradi?

Ci sono tanti altri fattori che bisogna guardare bene prima che un giovane passi nella squadra di Axel e poi eventualmente nel WorldTour. Il gruppo di lavoro è stato creato anche per questo, per avere le persone che vanno fisicamente alle corse a conoscere i corridori. Io credo che questo sia il modo giusto per lavorare. L’anno scorso abbiamo preso De Pretto dalla Zalf, ad esempio, dopo che aveva fatto lo stage con noi nel 2023…

Ora lo portereste nel devo team?

Esatto. Lo avevamo valutato, ci serviva una squadra perché facesse esperienza e lo abbiamo affidato alla Zalf. Dal prossimo anno, passerebbe nella squadra di Axel, prima di salire nel worldTour. Sarebbe azzardato farlo passare direttamente in prima squadra, il lavoro di Axel ci serve per capire il corridore e investire su di lui con qualche certezza in più.

Su Finn lo sguardo di Schrot: in un anno passi da gigante

10.10.2024
6 min
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L’anno scorso di questi tempi, a bassa voce come un segreto, iniziò a circolare la notizia che uno junior italiano sarebbe andato all’estero. Fulmini e saette, sembrava di essere in pieno attacco. Un anno dopo quel ragazzo, Lorenzo Mark Finn, è diventato campione del mondo degli juniores. Ha lavorato in modo diverso. Si è interfacciato spesso con il cittì della nazionale. E in Germania ha trovato un ambiente che lo ha fatto crescere.

Il regista di questi suoi progressi si chiama Christian Schrot. Lo conoscemmo qualche tempo fa, quando decidemmo di guardare un po’ meglio dentro alla Auto Eder che arrivava dalla Germania e si portava via le migliori internazionali. E se nel ritiro sul Garda di inizio marzo gli chiedemmo di spiegarci come avrebbe lavorato con Lorenzo, questa volta dopo il mondiale gli abbiamo chiesto se se lo aspettasse (nella foto di apertura, il tecnico tedesco accoglie Finn sull’arrivo di Zurigo).

Contento di questa vittoria?

Sono molto contento soprattutto per lui. E’ stato l’ottimo finale di una stagione fantastica. Un bel risultato anche per la squadra e tutti coloro che vi hanno partecipato.

Pensavi che Finn potesse vincere i mondiali oppure è stata una sorpresa?

Non per me. Vincere è sempre la cosa più difficile, ma sicuramente era il favorito guardando i nostri corridori in gara. Lui e Paul Fietzke. Dipendeva da come si sarebbe svolta la gara, perché tutti sapevano che sarebbe stata dura. Ma era abbastanza difficile perché vincesse uno scalatore in solitaria? Questo non lo sapeva nessuno. Ma con le condizioni difficili che abbiamo avuto, come la pioggia e il freddo, sapevamo dal giorno prima che c’era un’altissima probabilità che Lorenzo potesse salire sul podio o vincere la gara.

Siamo rimasti tutti molto sorpresi dal suo atteggiamento nel finale, l’apparente distacco. Forse non ci credeva ancora?

Il grande favorito era Albert Withen Phillipsen e tutti lo sapevano. Sarebbe stato difficile batterlo, in più c’era anche Paul Seixas che aveva dimostrato di essere in grandissima forma. Quindi sognavamo sicuramente di vincere e abbiamo dato tutto nella preparazione, ma credo che esserci riuscito sia stato travolgente e per un po’ non ci abbia creduto.

I blocchi di lavoro del 2024 hanno dato a Finn maggiore tenuta atletica e visione di corsa (foto Grenke-Auto Eder)
I blocchi di lavoro del 2024 hanno dato a Finn maggiore tenuta atletica e visione di corsa (foto Grenke-Auto Eder)
In cosa lo hai visto crescere durante la stagione?

Credo che con l’allenamento fatto insieme, Lorenzo sia migliorato in diversi aspetti. Prima di tutto, dal punto di vista fisico. Abbiamo potuto fare dei grossi passi avanti nei suoi livelli di resistenza, ma anche nella capacità di essere più potente e anche più esplosivo. Era quello che gli mancava per vincere le grandi gare. Però abbiamo lavorato molto anche sulla tattica e sulla comprensione delle situazioni di gara. Credo che anche questo sia stato una conquista importante di questa stagione.

E’ ben inserito all’interno della squadra?

Ha certamente una dimensione internazionale, perché suo padre viene dal Regno Unito e sua madre dall’Italia. Ha una mentalità aperta e fin dall’inizio si è integrato bene. In squadra si parla inglese e il suo è eccellente, quindi la comunicazione non è mai stata un problema. E’ un corridore aperto e facile da gestire. Una persona intelligente, capace di ragionare, quindi è bello parlare con lui e approfondire i discorsi. E questo è stato molto apprezzato anche dai compagni.

In Italia si è parlato molto del lavoro fatto dal cittì Salvodi: che tipo di rapporto avete avuto con lui?

In generale, abbiamo avuto un ottimo scambio. Lorenzo era nella nostra squadra, tutto il coaching veniva da me, quindi lavoro quotidiano e programmi. Ma è molto importante anche che i corridori siano integrati nelle nazionali, perché alla fine le grandi corse come gli europei e i mondiali sono gestite dalle federazioni. Per questo sono stato a stretto contatto con Salvoldi e ho apprezzato molto il suo lavoro con Lorenzo. Io l’ho tenuto informato sugli allenamenti e sugli step fatti, in modo che lui sapesse cosa aspettarsi nelle gare. E poi per la preparazione finale, la Federazione ha fatto un ritiro e abbiamo parlato anche di cosa aspettarsi e quale fosse il suo livello. Infine abbiamo concordato l’avvicinamento per il campionato del mondo e tutto è andato bene.

Vincendo l’ultima tappa a Stavelot, ad agosto Finn ha conquistato la Aubel-Thimister-Stavelot (foto Fleche Ardennaise)
Vincendo l’ultima tappa a Stavelot, ad agosto Finn ha conquistato la Aubel-Thimister-Stavelot (foto Fleche Ardennaise)
Sei rimasto un po’ sorpreso quando hai visto Lorenzo, uno scalatore, nella squadra degli europei su quel percorso da velocisti?

Non tanto, perché proprio il tecnico della nazionale mi aveva informato in anticipo che lo avrebbe portato. E penso che proprio guardando i grandi corridori come Pogacar, sia molto importante per un corridore giovane non concentrarsi solo sulle salite, se è uno scalatore. E’ utile anche imparare a gestire la bicicletta e a provarla in diverse situazioni. Sapevamo che avrebbe corso in supporto dei compagni, ma anche alla Grenke-Auto Eder a volte non è capitano, ma aiuta gli altri. Credo che anche questo faccia parte dell’apprendimento nelle categorie giovanili, quindi mi è piaciuta molto l’idea di portarlo. E anche Lorenzo voleva andarci, è stato subito un suo desiderio.

Hai capito qualcosa di più su di lui, sul corridore che potrebbe diventare?

Credo che il prossimo passo sia quello di passare al livello under 23 e dimostrare allo stesso modo ciò che è in grado di fare. Nel calendario del prossimo anno si punterà a gare di un giorno più dure, come certe classiche più famose. E poi sicuramente anche le corse a tappe, che gli si addicono molto se ci sono salite. Ai campionati del mondo ha dimostrato anche di essere tra i migliori nella cronometro e questo è molto importante se si vogliono vincere le gare a tappe. Quindi penso che questo sia il prossimo passo. Andare magari al Giro Next Gen oppure al Tour de l’Avenir, il piccolo Tour de France. Queste gare saranno i prossimi passi della sua carriera.

E’ presto per fare previsioni, insomma?

Vedremo dove porterà tutto questo. Credo che abbia le carte in regola per raggiungere un livello top anche nel professionismo, ma senza mettergli pressione. Penso che sia troppo presto per dire dove arriverà, ma ha tutte le capacità per raggiungere grandi obiettivi anche da grande.

I mondiale di Finn è il secondo in tre anni per Schrot: dopo 14 anni alla Bora, il tedesco cambierà squadra
I mondiale di Finn è il secondo in tre anni per Schrot: dopo 14 anni alla Bora, il tedesco cambierà squadra
I tecnici della WorldTour si sono mostrati interessati?

Voglio dire, la Grenke Auto Eder è lo junior team della Red Bull-Bora-Hansgrohe, quindi Lorenzo è molto conosciuto nel team maggiore e rimarrà nella struttura per continuare il suo sviluppo. Credo che questo sia il prossimo passo e non passare troppo presto fra i professionisti. Credo che la categoria under 23 sia molto importante per avere un livello stabile di prestazioni prima di fare il salto nella grande avventura del WorldTour.

Però adesso, Christian, parliamo un po’ di te. E’ vero che lascerai la squadra?

Sì, è così. Per me questo campionato del mondo è stato la fine di una lunga avventura. Sono stato per 14 anni con la stessa squadra, con la Bora-Hansgrohe. Ho creato con il Team Auto Eder, da quest’anno Grenke-Auto Eder, la migliore squadra juniores del mondo. Zurigo è stato il terzo mondiale di fila in cui abbiamo avuto da festeggiare. Abbiamo vinto con Herzog nel 2022, preso l’argento lo scorso anno con Fietzke e l’oro con Finn pochi giorni fa. Ora ho deciso di iniziare un nuovo capitolo, il campionato del mondo a Zurigo è stato la mia ultima gara con il gruppo Bora. Dove andrò adesso non posso dirlo, probabilmente verrà fuori entro un paio di settimane, ma resterò nel ciclismo professionistico. Vi tengo aggiornati. Spero presto di potervi raccontare qualcosa di interessante.

Due tricolori già in bacheca. La scelta di Finn era stata giusta…

09.07.2024
5 min
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I campionati italiani juniores di Casella non potevano avere conclusione migliore per la gente locale, visto che a conquistare la maglia tricolore è stato il classico “enfant du pays”, quel Lorenzo Finn che sta riscrivendo con le sue azioni tutta la geografia del ciclismo giovanile italico. Primo italiano ad aver scelto un team straniero già da junior, entrando nella multinazionale del Grenke Auto Eder, con i suoi risultati – in particolare la doppietta tricolore crono-gara in linea – ha dimostrato che l’occhio di Christian Schrot, il suo diesse, era stato lungo…

Il podio di Casella, con Finn fra Proietti Gagliardoni, a 2’38” e Zanutta, a 3’01” (foto organizzatori)
Il podio di Casella, con Finn fra Proietti Gagliardoni, a 2’38” e Zanutta, a 3’01” (foto organizzatori)

E’ pur vero che Finn correva in casa e questo ha rappresentato un bel vantaggio: «Quel percorso lo conosco bene, si passa davvero vicino casa mia. Sapevo che la prima parte era pianeggiante e ci si giocava tutto nella seconda. Serviva grande attenzione e pianificare dove attaccare e così ho fatto. In discesa c’era un punto dove si tornava a salire e lì ho attaccato».

La particolarità è che a quel punto è diventata un’altra corsa, con te contro il gruppo e tu che continuavi a guadagnare, come solo i grandi campioni sanno fare…

Sapevo che le grandi difficoltà della corsa erano finite, bisognava solamente spingere forte, soprattutto in pianura e io contro il tempo me la cavo bene anche se non è la mia specialità. Poi avevo anche le informazioni dalla moto, sapevo che il vantaggio andava crescendo e questo mi ha dato ulteriore forza. Io per natura sono e resto uno scalatore, ma mi difendo bene in ogni situazione. Preferivo però arrivare da solo, non rischiare una volata, questo lo ammetto…

Finn ha corso poco quest’anno, anche a causa della caduta all’Eroica, ora vuole rifarsi d’estate
Finn ha corso poco quest’anno, anche a causa della caduta all’Eroica, ora vuole rifarsi d’estate
E’ chiaro che queste tue vittorie fanno spiccare la tua appartenenza, l’essere l’unico italiano in un team estero. Ci sono davvero tante differenze?

Cambia molto l’impostazione, è come essere già inquadrato in un team professionistico pur essendo ancora uno junior. Ma senza vivere le pressioni che ha un professionista. Abbiamo il supporto di uno staff estremamente qualificato e sempre in contatto con la casa madre (la Bora Hansgrohe, ndr) e soprattutto la disponibilità di materiale appartenente alla prima squadra. Diciamo che è un’impostazione un po’ più vicina a quella di un lavoro di quanto si potrebbe avere in qualsiasi altro team, tenendo però sempre presente che siamo ancora ragazzi che studiano.

Com’è stata questa prima parte della tua esperienza?

Positiva anche se sfortunata, l’infortunio all’Eroica è pesato. Ho però recuperato la condizione in fretta e questo è importante soprattutto considerando tutto quel che ci attende, a cominciare dall’Ain Bugey Valromey Tour dove ci saranno tutti i migliori della categoria a cominciare dall’iridato Withen Philipsen.

Lorenzo Finn è approdato al Grenke Team Auto Eder quest’anno, primo italiano in un team junior estero
Lorenzo Finn è approdato al Grenke Team Auto Eder quest’anno, primo italiano in un team junior estero
L’impressione è che il team tedesco, anche sull’onda dei tuoi risultati (considerando che il campionato italiano si correva per rappresentative regionali) creda molto nelle tue capacità, ossia ti consideri un potenziale leader.

E’ politica del team cercare di far brillare tutti. E’ una vera multinazionale, prendono gli elementi di spicco in varie nazioni per farli maturare, ognuno poi ha le sue possibilità. Si è visto ad esempio quando abbiamo corso in Italia, con più corridori che centravano la Top 10. Siamo tutti elementi leader, ma corriamo per la squadra, è la corsa stessa che dice volta per volta su chi si dovrà puntare.

E questo è un vantaggio rispetto ad avere il team che corre con una gerarchia definita?

Sì, perché la concorrenza interna aiuta a motivarti. Se ti ritrovi davanti con compagni di squadra è sempre meglio che dover correre da solo. La competizione interna è un indubbio aiuto, l’importante però è che tutti alla fine lavoriamo per un obiettivo comune che è vedere la nostra maglia sfrecciare per prima, chiunque la indossi.

Vincitore del titolo italiano a cronometro, il ligure è un corridore ideale per le corse a tappe
Vincitore del titolo italiano a cronometro, il ligure è un corridore ideale per le corse a tappe
E’ cambiata la tua preparazione rispetto allo scorso anno?

Molto, ma non solo perché è cambiata la mano. Sono cresciuto, anzi fisicamente sto ancora crescendo, le gambe sono maggiormente sviluppate. Christian ci segue con molta attenzione, raffronta ogni singolo allenamento. I lavori sono commisurati alla nostra età, perché i risultati sono sì importanti, ma dobbiamo seguire un giusto trend di crescita. Per questo so che queste sono semplici tappe verso obiettivi più importanti per gli anni futuri.

Considerando le tue caratteristiche, il percorso del mondiale di Zurigo diventa a questo punto un obiettivo?

Sicuramente. Sono andato a vederlo due settimane fa, è molto bello, con salite non lunghe ma che non danno respiro, si correrà sempre a tutta e ci sarà grande selezione. Io spero davvero di far bene su quel tracciato mentre credo che quello della cronometro non sia invece molto adatto, è quasi tutto pianeggiante, su quel percorso Philipsen penso che avrà vita facile.

Lorenzo ha già puntato i mondiali di Zurigo, su un percorso adatto alle sue caratteristiche
Lorenzo ha già puntato i mondiali di Zurigo, su un percorso adatto alle sue caratteristiche
Tu hai vinto il titolo italiano in linea, ma pensi di essere più tagliato per le corse a tappe, visto che vai forte sia in salita che a cronometro?

Io penso di sì, che quello sia il mio approdo ideale considerando anche che finora ho mostrato buone doti di recupero. Anche al Lunigiana lo scorso anno sono andato sempre più forte col passare dei giorni. Teniamo conto che le corse a tappe juniores non sono paragonabili a quelle delle categorie superiori, ma il mio destino dovrebbe essere quello.

La giornata della Auto Eder: iniziata sul podio e finita all’ospedale

18.04.2024
5 min
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CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – La giornata della Grenke Auto Eder si divide in due momenti. Il primo è al mattino, quando fin da subito si era capito che la cronometro a squadre sarebbe stata affare loro. I ragazzi di Christian Schrot hanno imposto la loro legge sulla strada che ha portato i corridori da Punta Ala a Castiglione della Pescaia. 

Uniti, veloci e sicuri, appena tagliato il traguardo avevano già la testa alla semitappa del pomeriggio. Avevamo parlato con Lorenzo Mark Finn nel parcheggio delle ammiraglie. Il focus della squadra era recuperare le energie e presentarsi pronti al pomeriggio, per continuare il lavoro iniziato in mattinata. Ma tutto ha preso un verso inaspettato.

La volata ristretta a Castiglione della Pescaia la vince l’olandese Remijn
La volata ristretta a Castiglione della Pescaia la vince l’olandese Remijn

Tutto sotto sopra

Meno di tre ore dopo tutto si è ribaltato, segnando indelebilmente l’avventura della Grenke Auto Eder. Il coraggio non è mancato e la voglia era quella di tenere in mano la corsa. Una volta però imboccato il primo tratto di strada bianca sono iniziati i problemi. Lorenzo Finn, che si trovava in seconda posizione alle spalle del compagno Patrick Casey, scivola e si ritrova ad inseguire. 

La presenza delle radioline permette a Christian Schrot di comandare i suoi ragazzi dall’ammiraglia. I corridori della Grenke rallentano, aspettano Finn e il male sembra alle spalle, ma è solo l’inizio del declino. Pochi chilometri dopo, prima dell’imbocco del secondo tratto di strada bianca, una maxi caduta mette gran parte del gruppo a terra. I danni sembrano subito gravi, la strada in quel tratto invitava ad accelerare e la foga di stare davanti ha chiuso gli occhi ai corridori. 

Attesa e confusione

Dopo la linea del traguardo la vittoria dell’olandese Remijn Senna passa quasi in secondo piano. Il sentimento generale è quello dello sconforto, soprattutto in casa Grenke Auto Eder. Ma non solo, sono molti i corridori che riportano danni fisici dopo questa seconda semitappa. Chi passa con la divisa sporca di sangue, altri hanno segni su gambe e braccia

Quello messo peggio, degli atleti arrivati al traguardo, è Lorenzo Finn. Il genovese raggiunge la zona della ammiraglie in netto ritardo e mentre tutti si assicurano sulle sue condizioni lo sconforto ha preso il sopravvento. Le lacrime gli rigano il volto e dal ginocchio destro il sangue continua a scendere. Il peggio, però, sembra averlo subito la spalla destra, e mentre lo aiutiamo a vestirsi ci racconta…

«Sono caduto due volte – racconta Finn con il dolore attaccato alle ossa e i segni di una caduta che probabilmente lo metterà fuori corsa – la prima è stata una scivolata banale. La seconda caduta, invece, è arrivata mentre stavo rimontando il gruppo e sono finito in un fosso. Andremo a fare i raggi X in ospedale e vediamo cosa è successo».

Racconta Casey

Sotto al palco delle premiazioni per la Grenke Auto Eder c’è Patrick Casey. Massaggiatori e staff del team tedesco gli lasciano una barretta e una banana e si dirigono ad assicurarsi delle condizioni degli altri ragazzi. 

«Della seconda caduta non ho visto nulla – dice – ho seguito due ragazzi e ci siamo avvantaggiati. Non so se fosse un tratto pericoloso o meno. Ogni anno succedono cadute del genere, si va sempre più forte. Non è una questione di percorso, sarebbe potuto accadere anche domani o venerdì. Il problema non sono nemmeno i settori di strada bianca, ma i tratti che li precedono, dove si va forte e tutti vogliono stare davanti». 

«Stamattina tutto andava per il verso giusto – conclude – pomeriggio l’atmosfera nel team è completamente diversa. Eravamo partiti con Finn, Friedl e Fietzke come leader e ora tutti e tre sono caduti e due sono all’ospedale. La corsa è ancora lunga, abbiamo la maglia di leader, vedremo domani cosa accadrà».

Intanto la maglia di leader della classifica dei GPM, conquistata da Finn, viene ritirata dal diesse Schrot. Domani se il giovane italiano sarà al via potrà indossarla, altrimenti passerà di mano, senza possibilità alcuna di difenderla. 

I progetti della Grenke Auto Eder su Finn? Ce li racconta Schrot

01.03.2024
5 min
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MANERBA DEL GARDA – Al tavolo con noi, dopo Lorenzo Finn, si è seduto Christian Schrot, diesse del team juniores tedesco Grenke Auto Eder. Intorno all’arrivo di Finn (foto GRENKE – Auto Eder/Matthis Waetzel in apertura) si è accesa tanta curiosità, allora approfittiamo della disponibilità di Schrot per scoprire i progetti dietro l’arrivo del primo corridore italiano del team. Entrare in un mondo del genere non è facile, ma se riesci a ritagliarti lo spazio per entrare in uno degli otto posti disponibili qualcosa vorrà pur dire

«Lorenzo Finn ha corso molto bene l’anno scorso – attacca subito Schrot – e lo abbiamo visto in diverse gare. Solitamente ci piace prendere parte al calendario italiano, dipende però da anno in anno. Nel vedere Finn in azione abbiamo capito che avrebbe potuto completare il nostro team, portando le sue qualità di scalatore. Infatti quest’anno avremo una squadra molto ben bilanciata, abbiamo cercato e portato da noi i migliori talenti internazionali. Vogliamo far crescere corridori per ogni terreno, cosa che viene utile anche per il team WorldTour (Bora-Hansgrohe, ndr). La nostra squadra, proprio come un team professionistico, è composta da corridori forti nelle corse di un giorno, in salita, sul pavé e in volata».

Christian Schrot (in piedi con gli occhiali) è il diesse del team juniores Grenke Auto Eder
Christian Schrot (in piedi con gli occhiali) è il diesse del team juniores Grenke Auto Eder
Cosa avete visto in Lorenzo Finn?

Abbiamo visto molto di quello che può essere il suo processo di crescita. Siamo solamente all’inizio, lavora con noi da poco. Tuttavia siamo abbastanza sicuri che possa diventare un grande scalatore e un uomo da corse a tappe. Di questo abbiamo avuto conferma al Giro della Lunigiana nel 2023, ma avevamo già visto le sue qualità in altre corse in precedenza.

Dopo qualche mese con voi che ci dici di lui?

Stiamo lavorando insieme a lui da ottobre, ha passato un buon inverno, in salute. Durante il training camp è andato molto forte ed è cresciuto giorno dopo giorno. A Mallorca ha fatto un bel lavoro, poi i ragazzi si sono allenati anche in altre discipline, come lo sci di fondo. E’ stata una cosa nuova per lui, ma si è comportato molto bene.

Schrot ha costruito una squadra equilibrata, forte su ogni terreno (foto GRENKE – Auto Eder/Matthis Waetzel)
Schrot ha costruito una squadra equilibrata, forte su ogni terreno (foto GRENKE – Auto Eder/Matthis Waetzel)
Credete molto nella multidisciplinarietà?

Sì, crediamo molto in un approccio tra diversi sport. Non soltanto in campi legati al ciclismo, ma anche in altre discipline, che possono dare valore aggiunto. La cosa bella è che le qualità si mischiano tra ciclismo e sci di fondo, e questo fa bene ai ragazzi. Lorenzo non abita lontano dalle Alpi, quindi in futuro, se vorrà fare un diverso tipo di ritiro invernale potrà andare a sciare

Dai numeri dei vari test cosa avete visto?

Abbiamo fatto i test in estate, nell’area che ci ha dedicato Redbull, che come saprete entrerà nel team in futuro, diventando un grande partner. Ci ha già dato una mano nello scouting l’anno scorso, abbiamo messo in piedi il Redbull junior brothers program. Finn ha valori molto buoni soprattutto di resistenza. 

Quali saranno i suoi obiettivi durante la stagione?

Sicuramente le corse dedicate agli scalatori, come la Classic des Alpes e Valromey Tour. 

Si metterà alla prova anche in gare in altre Nazioni, come il Belgio, pensi che si possa adattare?

Al momento possiamo dire che potrebbe fare molto bene, vedremo nelle classiche di categoria come si comporterà. Lui stesso, però, è molto concentrato sulle corse di più giorni, dove può fare davvero bene. Non abbiamo l’assillo di correre tanto, la nostra squadra è strutturata per far crescere i ragazzi, soprattutto in ottica futura. 

Finn (a sinistra) ha dimostrato grandi qualità in salita e nelle corse a tappe (foto GRENKE – Auto Eder/Matthis Waetzel)
Finn (a sinistra) ha dimostrato grandi qualità in salita e nelle corse a tappe (foto GRENKE – Auto Eder/Matthis Waetzel)
Avete pochi corridori, solamente otto, una scelta dovuta a cosa?

Non ci piace prendere tanti ragazzi e poi scartarli, non ci sembra giusto. Ogni giovane ciclista ha un sogno, quindi non avrebbe senso prenderne tanti ogni anno e poi mandarli via. Ci sembra giusto, invece, prendere solamente coloro sui quali sappiamo di poter lavorare bene.

Hai già detto, in una nostra precedente intervista, che guardi molto alla personalità e al carattere dei ragazzi, cosa hai visto in Finn?

Lui è una persona tranquilla e con una mentalità molto adulta. Molto educato e con una mentalità aperta, che gli deriva dal fatto di avere una famiglia con un background inglese (il padre di Finn è inglese, ndr). Parla un inglese molto fluente, penso che sia una persona familiare, ma molto aperta, mi piace questo mix. E’ un ragazzo che ha una sua opinione e sa esprimerla nel modo giusto, con educazione. 

I ragazzi del team Grenke Auto Eder termineranno il loro ritiro italiano domenica 3 marzo
I ragazzi del team Grenke Auto Eder termineranno il loro ritiro italiano domenica 3 marzo
Come vedi il suo processo di crescita, difficile possa passare direttamente nel WorldTour?

Negli ultimi anni abbiamo lavorato con diversi team under 23, ai quali mandavamo i corridori per crescere e per poi passare nel WorldTour. Siamo convinti che i ragazzi abbiano bisogno di un passaggio tra gli under 23, per maturare ed essere pronti. E’ importante per noi che abbiano una carriera lunga, non veloce. 

Con l’ingresso di Redbull è possibile pensare ad un investimento e avere un team under 23 tutto vostro?

Per il momento non abbiamo ancora preso decisioni interne, nelle prossime settimane ci incontreremo e ne parleremo. Sicuramente la nostra ambizione è diventare i migliori, penso che il team juniores sia cresciuto tanto in questi ultimi anni. Le ambizioni in futuro è di avere una struttura di sviluppo anche negli under 23, ma per il momento dobbiamo aspettare per capire i programmi dei prossimi anni. Guardiamo sempre al futuro, ma dobbiamo allineare le nostre ambizioni con l’investimento di Redbull. 

I primi mesi di Finn alla Grenke Auto Eder: un mondo nuovo

28.02.2024
4 min
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MANERBA DEL GARDA – Lorenzo Mark Finn ci accoglie con una felpa grigia e un sorriso timido all’interno dell’Enjoy Garda Hotel. Il giovanissimo ligure si trova qui con la sua squadra: la Grenke Auto Eder, team juniores satellite della Bora-Hansgrohe. Finn è stato il primo ragazzo italiano della sua categoria a lasciare l’Italia per andare a correre all’estero. Una scelta nuova, diversa, e che ha sollevato diverse domande e qualche dubbio. Abbiamo già sentito la sua voce quando è stato il momento di spiegare il motivo di questa scelta, ora vogliamo sapere come sta andando

Finn si siede e racconta i primi mesi alla Grenke Auto Eder
Finn si siede e racconta i primi mesi alla Grenke Auto Eder

Una squadra internazionale

La Grenke Auto Eder, nonostante sia un team juniores, ha una grande impronta internazionale. Il team è tedesco, ma i suoi ragazzi arrivano da tutta Europa.

«Sta andando molto bene – ci racconta mentre siamo seduti sui divanetti della hall – la squadra è composta da tante nazionalità. Su 8 corridori ci sono rappresentate 7 Nazioni differenti. Parliamo tutti inglese molto bene e quindi non ci sono problemi a livello comunicativo, nemmeno con lo staff».

Questi primi mesi come sono andati?

Stiamo lavorando da tutto l’inverno, questo ritiro finale è per preparare le gare e l’inizio della stagione. Sarà abbastanza duro, finiremo il 3 marzo e da lì a due settimane inizieremo a correre.

Rispetto all’anno scorso c’è stato qualche cambiamento?

Sto lavorando tanto sugli sprint e la forza in palestra, cosa che mi mancava. Abbiamo messo nelle gambe anche tanto fondo, soprattutto in vista degli anni futuri, per sviluppare al meglio il motore. Le ore di allenamento sono aumentate, ma il corpo risponde bene, quindi non lo trovo pesante. 

Finn e i suoi compagni pedalano su bici Specialized, le stesse del team Bora
Finn e i suoi compagni pedalano su bici Specialized, le stesse del team Bora
Hai già un programma?

I ritiri invernali erano già tutti decisi fin dall’anno scorso. Oltre a quelli appena conclusi e questo in Italia, ne faremo uno a maggio e un altro in estate, poi vedremo di mese in mese come andrà la stagione.

Immaginiamo sia una squadra completamente diversa rispetto a quello che sei abituato a vedere.

E’ un bel passo in alto rispetto a quello cui ero abituato, ma è un ambiente tranquillo, non ci mettono pressioni. Dobbiamo essere seri, ma credo sia normale. Sono molto sereno e tranquillo. Abbiamo un preparatore che segue solamente noi ragazzi del team, quindi il rapporto è molto diretto e giornaliero. Si può lavorare in maniera più specifica e lo vedo dalle sensazioni di questi primi mesi. 

I ragazzi e lo staff comunicano tra di loro usando l’inglese, lingua fondamentale in un team internazionale
I ragazzi e lo staff comunicano tra di loro usando l’inglese
Come ti trovi a vivere lontano dalla squadra?

Sto sempre a casa, poi quando ci sono ritiri o gare ci vediamo direttamente sul posto. Comunque facciamo un calendario internazionale, quindi meno gare rispetto all’anno scorso. In questo modo riesco a gestire bene l’impegno, anche con la scuola. Mi alleno da solo, ma ero già abituato a farlo, quindi non è stato un gran cambiamento. Usiamo Training Peaks e mi viene dato un programma settimanale. Mi tengo in contatto con Christian Schrot tutti i giorni via WhatsApp. 

Il calendario lo conosci già?

La prima corsa con la squadra sarà in Belgio: la Guido Reybrouck Classic, il 16 e il 17. Prima però correrò la cronometro di Camaiore, ma andrò da solo visto che è vicina a casa. Penso sia un buon test per vedere a che punto sono dopo il carico di lavoro dell’inverno. 

Un ultimo saluto prima di partire per l’allenamento
Un ultimo saluto prima di partire per l’allenamento
Come ti senti dopo un inverno fatto con la Grenke Auto Eder?

La grande differenza che ho trovato è che dopo cinque o sei ore di allenamento mi sento bene. A livello di prestazione secca non abbiamo fatto molti lavori massimali. Li faremo con le gare e con il passare dei mesi, ne abbiamo fatto qualcuno ma con sforzi controllati.

Ci avevi detto anche di essere andato a fare un ritiro con la Bora, com’è stato?

Siamo andati cinque giorni a dicembre a Mallorca. E’ stata una bella esperienza, stare nell’ambiente dei prof e vedere i meeting che fanno è stimolante. Abbiamo parlato con i ragazzi più giovani come Herzog, che sono passati dall’Auto Eder. Ci hanno detto che è il team giusto, nonostante siano comunque passati da team U23. Herzog, per esempio, ha fatto un anno alla Hagens Berman. Passare appena finita l’esperienza da juniores non è semplice, correre negli under 23 è un processo giusto di crescita. 

Auto Eder rimodellata, Schrot cerca nuovi Herzog

18.06.2023
5 min
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Ricordate l’Auto Eder? La formazione satellite della Bora-Hansgrohe aveva caratterizzato tutta la scorsa stagione degli juniores, soprattutto grazie al campione del mondo Emil Herzog ma anche ai suoi compagni di squadra, l’estone Pajur in primis, protagonisti anche nelle classiche italiane. Andato via il tedesco all’Hagens Berman Axeon (sempre nell’orbita della formazione WorldTour tedesca), la formazione è stata profondamente rinnovata, con 6 elementi nuovi su 8.

Finora, con la prima metà della stagione andata ormai in archivio, le cose sono andate un po’ diversamente, con 7 vittorie in tutto, 5 delle quali conquistate però nella gara di casa a Cottbus e una sola nel quadro della Nations Cup, con il polacco Krystof Kral primo nella semitappa in linea dell’Eroica. Christian Schrot, il direttore sportivo che si divide fra i ragazzi e la squadra maggiore (sarà infatti in ammiraglia al Tour de France) si aspettava comunque queste difficoltà.

La volata imperiale del polacco Krystof Kral all’Eroica juniores (foto Fruzzetti)
La volata imperiale del polacco Krystof Kral all’Eroica juniores (foto Fruzzetti)

«L’anno scorso abbiamo avuto molti ragazzi forti che sono andati via, quindi abbiamo dovuto rivedere l’assetto della squadra. Abbiamo visto che la generazione del 2006 è molto promettente, ma è chiaro che, confrontati con i secondo anno necessitano di esperienza e pazienza. Quest’anno siamo, penso, una delle squadre più giovani e dobbiamo lavorare soprattutto in prospettiva».

Avete ben 7 nazionalità diverse in un gruppo così ristretto: come riuscite ad unire un gruppo così diversificato?

Prima di tutto, facciamo scouting intensivo, quindi investiamo davvero molto tempo nel trovare i talenti, parlare con loro, le famiglie, studiare la loro attività perché per noi la personalità e il carattere sono elementi importanti. Quindi cerchiamo davvero di trovare persone che possano lavorare insieme come una squadra ma che siano anche talenti eccezionali per il futuro. Non è così facile, ma penso che abbiamo dimostrato negli ultimi anni che è un sistema che funziona. Quando lavoriamo insieme, la lingua principale è l’inglese, quindi tutti i corridori parlano inglese, non è un problema.

Karl Kurits, estone, due volte vincitore all’Internationale Cottbuser Junioren
Karl Kurits, estone, due volte vincitore all’Internationale Cottbuser Junioren
Come mai nel team non c’è e non c’è mai stato un italiano, quando invece sono normalmente presenti nella Bora?

Noi cerchiamo anche talenti italiani, speriamo di averne in futuro, ma finora non è capitato. Molti pensano sia un problema di regole con la Federazione italiana, ma non è così. Non ci sono ostacoli burocratici. E’ più un problema legato alla logistica, so che per i ragazzi italiani potrebbe essere difficile seguire la scuola avendo frequenti trasferte estere anche per lunghi periodi. Ma è un problema risolvibile, se troviamo l’elemento giusto. Siamo aperti ai talenti italiani, saremmo felici di averne anche nel nostro team.

Finora sei soddisfatto della stagione o si poteva ottenere di più, soprattutto nelle prove di Nations Cup?

Penso che siamo andati abbastanza bene, proprio considerando il fatto che siamo una squadra giovane. Siamo molto ben sistemati per lo sprint, con due buoni velocisti con Karl Kuritz e Krystof Kral. Poi abbiamo alcuni bravi specialisti contro il tempo, come Duarte Marivoet che ha vinto il titolo belga. Quindi penso che al momento siamo abbastanza versatili e anche verso i mondiali e gli europei potremo avere nostri atleti in evidenza. Quello che non abbiamo al momento è davvero uno scalatore puro: non c’era nessuno in quella fascia d’età che pensavamo potesse essere interessante.

Duarte Marivoet, campione belga a cronometro, sta crescendo come ottimo passista
Duarte Marivoet, campione belga a cronometro, sta crescendo come ottimo passista
Continui a seguire i ragazzi dello scorso anno che sono usciti dal team e come si stanno adattando alla nuova categoria, Herzog in particolare?

Sono ancora nella nostra struttura virtuale Bora-Hansgrohe, quindi sono ancora connessi a noi. Non abbiamo una struttura propria sotto i 23 anni, ma abbiamo strutture partner con cui stiamo lavorando e tutti stanno andando bene finora. Noi ci concentriamo sullo sviluppo, non siamo stressati dal risultato. Quindi Mathieu Kockelmann, Emil Herzog, Romet Pajur stanno tutti bene e stanno preparando una buona estate.

Herzog, Pajur, Vlot, fra loro chi ha i mezzi maggiori per emergere?

Quando parliamo di gare classiche e anche di corse a tappe, Herzog è probabilmente un talento molto grande, ma anche Pajur, penso che sia un ottimo velocista e corridore da classiche, soprattutto quelle più piatte. Quindi questi direi sono i due che si distinguono davvero dai risultati degli ultimi anni.

Paul Fietzke in trionfo a Cottbus, scortato dai compagni di squadra
Paul Fietzke in trionfo a Cottbus, scortato dai compagni di squadra
Dei ragazzi di quest’anno chi vedi già maturo per grandi risultati, magari per lottare per l’oro ai mondiali?

Paul Fietzke, vincitore della corsa a tappe di Cottbus, è quello che si è messo in maggiore evidenza, ma anche Kral che è in crescita di forma esponenziale e Marivoet, che l’anno scorso fu quarto agli europei e ottavo nel mondiale nella cronometro. La scorsa settimana, alla Classique des Alpes è stato tutto il giorno in fuga. Ho molta fiducia in loro.

Per te che hai esperienza anche nel WorldTour, quanto è bello e quanto è difficile lavorare con ragazzi così giovani?

E’ sempre stato il mio sogno e anche la mia passione lavorare con i giovani. Quindi lo faccio da molto tempo e per me è interessante vedere come crescono e come si sviluppano, lavorare anche per aggiustare il cammino a loro vantaggio. Questo è per me, penso, il più grande piacere di essere un allenatore a questo livello, perché poi vedi i risultati negli anni.

Red Bull lancia il suo “X Factor” a due ruote

10.02.2023
5 min
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Zwift fa scuola. Pian piano Jay Vine sta diventando un esempio da seguire e la favola del corridore australiano che, cimentandosi sui rulli di casa collegato alla piattaforma Zwift, alla fine è diventato un’acclamata stella del ciclismo professionistico affascina tanti ragazzi. C’è chi questi sogni li vuole cavalcare. Così Red Bull, azienda da sempre attenta a tutto ciò che dallo sport può tradursi in spettacolo e immagine, ha deciso di investire anche sul ciclismo, prendendo spunto proprio da questa favola.

Nei giorni scorsi è stato siglato un accordo tra la multinazionale e il team WorldTour Bora Hansgrohe per lanciare un nuovo concorso, il “Red Bull Junior Brothers”, un programma di talent scouting che intende trovare i campioni del domani relativamente al ciclismo su strada. Al termine di una lunga selezione, due ragazzi verranno scelti per entrare a far parte dell’Auto Eder, la formazione U19 filiera del team tedesco, quella per intenderci dalla quale sono emersi il campione del mondo di categoria Emil Herzog e il talentuoso estone Romet Pajur.

Pajur Eder 2022
L’estone Pajur, uno dei tanti prodotti dell’Auto Eder, ora alla ricerca di nuovi talenti con Red Bull
Pajur Eder 2022
L’estone Pajur, uno dei tanti prodotti dell’Auto Eder, ora alla ricerca di nuovi talenti con Red Bull

Le tappe del concorso

Il sistema è molto simile a quello messo direttamente in atto da Zwift a favore di Alpecin Deceuninck e Canyon Sram al femminile, ossia la selezione che nel 2022 ha premiato il nostro Luca Vergallito.

Attraverso la pagina del concorso ci si iscrive e si iniziano a registrare le corse sulle piattaforme virtuali Zwift o Strava entro il 31 maggio. I corridori più performanti verranno a quel punto presi in esame per un posto nel Performance Camp, dove in agosto si procederà a uno stage riservato a 15 prescelti. Fra questi verranno selezionati i due ragazzi che a settembre entreranno a far parte del team.

Un’idea che inizia davvero a prendere piede e rivoluzionare le vecchie modalità di fare carriera nel ciclismo: non più solo gavetta nelle categorie giovanili, ma una sorta di “scorciatoia”, come almeno la giudicano molti appassionati legati alla tradizione e poco inclini alle novità, almeno stando ai giudizi sui social. Christian Schrot, responsabile del team giovanile tedesco, spiega come si è arrivati a questa scelta.

«Noi facciamo già scouting in vari luoghi e periodi dell’anno – spiega – ma cercavamo idee per ottenere più attrazione internazionale, portare nel nostro team nuovi talenti sparsi per il mondo. Così, grazie a Red Bull che è già da tempo partner della Bora-Hansgrohe ed è ideale per dare luce a questa iniziativa, ci è venuta l’idea di pianificare una campagna internazionale».

L’obiettivo del concorso è portare due ragazzi a fare apprendistato nel team juniores della Bora (foto Auto Eder)
L’obiettivo del concorso è portare due ragazzi a fare apprendistato nel team juniores della Bora (foto Auto Eder)
L’esperienza di Jay Vine approdato all’Alpecin tramite Zwift ha influito sulla nascita di questa iniziativa?

No, non proprio. Noi abbiamo una società di scouting indipendente che curo personalmente e siamo sempre alla ricerca di nuove opportunità per trovare talenti. Tradizionalmente andiamo alle gare, osserviamo, prendiamo nota, intessiamo relazioni. Con la Red Bull abbiamo l’opportunità di allargare gli orizzonti e utilizzare anche la loro rete perché Red Bull è già coinvolta nel ciclismo. L’idea di ottenere input attraverso Strava e Zwift è fantastica, sono piattaforme ideali per trovare talenti in giro per il mondo. L’idea è nata da qui.

Non temi che arrivino alle fasi finali del concorso ragazzi con grande potenza, ma privi di esperienza ciclistica?

Ce lo siamo chiesto. Alla fine, stiamo cercando ciclisti che possano vincere le gare, è per questo che facciamo anche uno scouting tradizionale e lavoriamo sulla nostra squadra juniores e under 23. Ma è un’opportunità che devi sempre considerare per trovare talenti eccezionali, ma che non hanno grandi possibilità di correre, di mettersi in mostra. La domanda è pertinente. Noi dobbiamo sì guardare alla forza fisica, alla potenza, ma anche considerare le possibilità di sviluppo nel ciclismo e nella guida, nella tattica e in tutti gli altri aspetti.

Uno dei percorsi virtuali sui quali gli iscritti al concorso potranno cimentarsi
Uno dei percorsi virtuali sui quali gli iscritti al concorso potranno cimentarsi
Quindi l’esperienza ciclistica maturata nelle categorie giovanili potrà essere un fattore determinante per la scelta?

Nella scelta sarà un elemento importante. Guarderemo al carattere, a come l’atleta sta in bici, allo spirito di adattamento, a come può adattarsi in seguito per andare alle corse e anche alle gare juniores. Sono elementi piuttosto importanti. Ecco perché non esaminiamo solo le tradizionali liste di Zwift e Strava. Lo combiniamo anche con un campo di scouting e passiamo tutto al vaglio.

Che cosa cercate nei ragazzi coinvolti nel concorso, quali caratteristiche?

L’obiettivo è dare una borsa di studio per un corridore. Quindi cerchiamo atleti che siano, da un lato ottimi scalatori e dall’altro che possano adattarsi anche alle corse a tappe. Ciò significa che dovrebbero avere una certa resistenza che gli permetta di essere performanti per diversi giorni. E forse anche in seguito essere bravi nelle prove a cronometro, che è anche un fattore importante per vincere un grande Giro.

Herzog, iridato junior, la stella del team Auto Eder oggi approdato alla Hagens Berman Axeons
Herzog, iridato junior, la stella del team Auto Eder oggi approdato alla Hagens Berman Axeons
Secondo te questa diventerà una via più popolare per entrare nel mondo del ciclismo?

Penso che sia un’alternativa. Il modo tradizionale dovrebbe essere ancora andare in un team, imparare il ciclismo dall’inizio. Ma ci sono molti ragazzi di talento che non vanno in bicicletta. Forse fanno, non so, sport invernali o altri sport di resistenza. Attraverso questa campagna abbiamo anche l’opportunità di trovare persone che non sono ancora coinvolte nelle corse.

Alle radici di Herzog: Schrot presenta l’iridato juniores

30.09.2022
5 min
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Probabilmente in Germania un campione come Emil Herzog lo aspettavano da anni. Al di là della medaglia d’oro conquistata a Wollongong nella prova in linea (con robusto contorno del bronzo a cronometro), il quasi 18enne di Simmerberg ha caratterizzato tutta la stagione, conquistando la bellezza di 12 successi solo nelle prove internazionali Uci.

E’ chiaro che le aspettative su di lui sono tante, ora che passa di categoria approdando fra gli under 23 nelle file della Hagens Berman Axeon, guidato da quell’Axel Merckx che ha già dimostrato di saperci fare con i giovani nel prepararli a una grande carriera fra i pro’. Parlando con il suo diesse all’Auto Eder, Christian Schrot, è netta la sensazione che, messa da parte la gioia per il successo australiano, già si pensi al futuro considerandolo un “work in progress”.

Schrot ed Herzog, con cui quest’anno ha vinto ben 4 corse a tappe internazionali (foto team)
Schrot ed Herzog, con cui quest’anno ha vinto ben 4 corse a tappe internazionali (foto team)

Tante chance per vincere

«Il suo successo non mi ha sorpreso, il percorso era ideale per uno come lui, forte in salita ma soprattutto esplosivo. A dir la verità puntavo molto su di lui e sull’estone Pajur (finito 15° proprio dietro al nostro Scalco, ndr), entrambi miei atleti all’Auto Eder. Emil aveva svariate opzioni al suo attivo: un arrivo ristretto, la possibilità di fare selezione, alla fine lo sprint a due è stata la soluzione ideale. Sapevo che a quel punto non avrebbe fallito».

Che tipo di persona è Herzog, come lo definiresti?

E’ soprattutto uno scalatore, ma è anche molto rapido e può dire la sua in certi tipi di volate, senza considerare poi le sue capacità a cronometro. Per questo attualmente non si può dire con precisione che corridore è, se sarà più adatto ai grandi giri o alle classiche. Fondamentale in questo senso sarà l’esperienza che accumulerà fra gli under 23, allora capiremo che tipo di corridore può essere, d’altronde i risultati che si ottengono fra gli junior sono sì importanti, ma bisogna anche saperli soppesare.

Il Team Auto Eder al GP Ruebliland in Svizzera, con Herzog in maglia di campione tedesco e Schrot all’estrema destra (foto team)
Il Team Auto Eder al GP Ruebliland in Svizzera, con Herzog in maglia di campione tedesco e Schrot all’estrema destra (foto team)
E dal punto di vista umano, ci si lavora bene insieme?

Sì e credo che questa sia la sua grande forza. E’ un ragazzo che sa far gruppo, non ha grilli per la testa, è molto semplice. Il suo carattere è un’arma a suo favore, questo è sicuro.

E’ pur vero però che quest’anno Herzog ha vinto ben 4 corse a tappe internazionali, tra cui la Corsa della Pace. Questo significa che ha una particolare predisposizione?

Le sue caratteristiche ben si sposano con le corse a tappe, proprio perché va forte sia in salita che a cronometro, non ha punti deboli e finora ha assimilato bene anche gli sforzi ravvicinati. A lui le gare in più giorni piacciono molto, ma come detto bisogna andarci piano e dargli il tempo di maturare.

Per Herzog anche il titolo nazionale junior di mtb, a dimostrazione della sua poliedricità (foto Ehrard Goller)
Per Herzog anche il titolo nazionale junior di mtb, a dimostrazione della sua poliedricità (foto Ehrard Goller)
Da qualche parte già c’è chi lo paragona ai campioni tedeschi del passato, come Thurau o Ullrich. C’è un modello al quale può essere assimilato?

Domanda difficile. Ognuno è differente a suo modo e avendo lavorato con Emil e guardando al passato non saprei proprio a chi paragonarlo, per me è un corridore speciale che si sta disegnando una strada tutta sua.

Ma nel suo Paese come è considerato?

E’ molto conosciuto nell’ambiente ciclistico, questo è certo, ma anche a livello assoluto è considerato uno dei migliori giovani sportivi tedeschi, anche perché è davvero un polivalente. Non va forte solo su strada, ma ha vinto titoli nazionali anche nella Mtb e addirittura nello sci di fondo a passo pattinato. Tutte esperienze che sicuramente lo hanno aiutato nella sua affermazione e in questo un po’ si distacca dagli esempi del passato.

Il 17enne di Simmerberg ha vinto titoli nazionali giovanili anche nello sci di fondo (foto Facebook)
Il 17enne di Simmerberg ha vinto titoli nazionali giovanili anche nello sci di fondo (foto Facebook)
Pensi che avrà difficoltà nel salto di categoria?

Dovrà abituarsi, mettere da parte tutto quel che ha fatto e aprire una pagina nuova, affrontando le nuove esperienze con umiltà e con la voglia di imparare che certamente non gli manca. Io penso che già in breve tempo metterà il suo marchio anche nella categoria superiore.

Herzog passa di categoria, ma che cosa lascia fra i più giovani? Ci sono altri Herzog all’orizzonte?

Non alla sua altezza, stiamo parlando di un campione del mondo che ha vinto tanto quest’anno. Il movimento tedesco è molto brillante, questo è sicuro, ma non ci sono prospetti che lasciano intendere di poter raggiungere le stesse vette. Non dimentichiamo però che parliamo di atleti molto giovani e non tutti maturano allo stesso tempo. E poi magari l’esempio di Emil farà nuovi proseliti…