Van der Poel fa sette, Agostinacchio ci regala un’impresa

02.02.2025
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Finisce che nel giorno in cui tutti attendevano Van der Poel e Van Aert, il ricordo più bello dei mondiali di Leivin ha lo sguardo allegro, commosso e anche divertito di Mattia Agostinacchio, campione del mondo juniores di ciclocross, già campione d’Europa. E se la gara dei grandi ha confermato un copione così prevedibile da non essere particolarmente emozionante (per i non olandesi e i non tifosi di Van der Poel), la rincorsa dell’azzurro al titolo mondiale è stata rocambolesca come si addice a un’impresa.

«Sono partito anche bene – dice Agostinacchio sorridendo – direi in seconda posizione. Poi però me ne sono successe di tutti i colori, pur consapevole, avendo visto il percorso, che non si dovesse commettere il minimo errore. Ho rotto una scarpa. Mi si è abbassata la punta della sella. Ho bucato due volte. Però non ho mai mollato. E quando ho visto che all’inizio dell’ultimo giro avevo 10-15 secondi dal francese, mi sono detto: adesso o mai più».

Le ultime gare di Coppa non erano state il massimo per Agostinacchio: l’emozione ora è fortissima
Le ultime gare di Coppa non erano state il massimo per Agostinacchio: l’emozione ora è fortissima

Le parole di Pontoni

Questa è la storia di un giorno che Agostinacchio farà fatica a dimenticare, venuto dopo la delusione per la Coppa del mondo sfumata in extremis. Ma Pontoni ci aveva visto lungo, prevedendo che quella rabbia sarebbe stata benzina sul fuoco per il giorno di Lievin.

«Con Daniele ho un buonissimo rapporto – va avanti Agostinacchio – ed è capitato più di una volta che mi abbia ricordato i miei valori, anche quando ero io il primo a dimenticarli. Ero molto dispiaciuto per la Coppa, ma dentro di me sapevo che la forma continuasse a essere buona. C’è voluto un giorno per mandare via la delusione, poi ho spazzato via tutto e ho messo la testa sul mondiale».

Il fango ha reso le rampe più ripide scivolose e poco pedalabili: Agostinacchio non ama queste condizioni
Il fango ha reso le rampe più ripide scivolose e poco pedalabili: Agostinacchio non ama queste condizioni

L’ultimo giro a tutta

Peccato per la brutta sorpresa quando, arrivato in questo spicchio di Francia al confine con il Belgio, si è reso conto che il percorso disegnato dai francesi non gli piacesse neanche un po’ e ancor meno gli andava a genio il fango.

«I primi giri che vi abbiamo fatto sopra – sorride Agostinacchio – non mi hanno dato sensazioni buonissime, perché il fango non mi piace proprio. Però era quello e lo abbiamo affrontato, con le scelte tecniche che avevamo deciso alla vigilia e senza cambiare nulla per il giorno di gara. Se cambi proprio il giorno del mondiale, rischi di combinare dei disastri. Quando siamo arrivati all’ultimo giro e ho deciso di attaccare il francese, non mi sono messo a pensare a un punto in particolare. Si doveva fare la differenza su ogni metro. Per cui, quando l’ho preso e poi l’ho staccato, non mi sono più voltato sino alla fine. I francesi mi sono simpatici, anche quelli con cui mi trovo a lottare. In realtà credo di avere buoni rapporti con tutti…».

Oltre la sofferenza

E’ stata la gara più combattuta, ben più di quella degli elite. Il cittì Pontoni è d’accordo e tira le somme, dicendosi soddisfatto e fregandosi le mani per il domani che ci attende e anche per il dopodomani. Gli accenniamo le parole di Mattia sul suo ruolo di fine psicologo.

«A volte Mattia – dice Pontoni – ha bisogno di supporto psicologico più che del resto. Ha gambe e tecnica da vendere. Solo che come i grandi campioni, si spaventa e ha paura di essere giudicato dall’esterno. Va stimolato, anche se oggi c’erano poche cose che potevi dirgli. Sapevo che dovevamo crederci fino in fondo, perché aveva fatto la stessa rimonta a Zonhoven. Non ha ancora 18 anni, ma ha una qualità rara. Quando arriva al limite, riesce a varcarlo per i secondi necessari a fare la differenza. Oggi all’inizio dell’ultimo giro ha visto il fondo del barile, era ormai al buio, ma è riuscito ad andare oltre, aprendosi un portone. Oltre a lui, sono andati bene tutti gli altri. Grigolini, ma anche Pezzo Rosola che senza la caduta sarebbe finito nei cinque, al pari di Giorgia Pellizotti che era da medaglia. Grande gara anche di Viezzi, che al primo anno mi ha davvero colpito e bellissimo il Team Relay, specialità che mi piace tantissimo. Riparto soddisfatto, grato al mio staff, al team performance e alla presenza del presidente Dagnoni e di Roberto Amadio. Ci ha fatto piacere averli con noi e sono stati uno stimolo ulteriore».

Le chiavi del successo

Quando ha tagliato la linea di arrivo e anche ora che ci stiamo parlando, la sensazione è che Mattia Agostinacchio, 17 enne di Aosta, non si sia reso conto di cosa abbia combinato. Pur avendo vinto già il campionato europeo e avendo quasi portato a casa la Coppa del mondo, il mondiale è un obiettivo così alto da far tremare le gambe.

«Se tre mesi fa mi avessero detto dove sarei arrivato – ammette con un sorriso – non ci avrei creduto. Penso che la chiave di volta siano stati la maturazione atletica e gli allenamenti, ma da qui a pensare che avrei vinto il mondiale, il passo è lungo. Per questo faccio fatica a dire a cosa pensassi tagliando il traguardo e nemmeno mi ricordo chi sia stata la prima persona che ho visto. C’era tutto lo staff. Poi ricordo di aver salutato mio padre, che era qui a Lievin, ho chiamato mia madre e mio fratello che non sono potuti venire. Ho chiamato il mio procuratore. Sul podio ero emozionato, ma c’è una foto con la mano sugli occhi in cui stavo ridendo, non piangevo. Adesso però si torna a casa. Domani lo passo tutto nel letto a dormire. Poi mi riposo e solo poi penserò alla stagione su strada con la Trevigliese. Una cosa per volta, però. Oggi ho vinto il mondiale di ciclocross».

EDITORIALE / Cara UCI, le regole non sono a senso unico

23.09.2024
5 min
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ZURIGO (Svizzera) – Funziona tutto così bene, che ti stupisci davanti alle imperfezioni immotivate. Abbiamo vinto lo scetticismo tutto italiano circa l’impiego dei mezzi pubblici per spostarci dall’hotel alle sedi di gara. In realtà non ci sono grandi alternative. L’UCI ha stabilito che alla stampa non spettino contrassegni per le auto e che le navette in partenza dalla sala stampa siano riservate soltanto ai fotografi. Perciò è bastato fare di conto e realizzare che avere i trasporti gratuiti (grazie a un bollino sull’accredito) è un bel passo avanti rispetto ai parcheggi del centro che costano 8-9 euro l’ora. Gli autobus e i treni d’altra parte arrivano e partono con precisione… svizzera. La bicicletta è usata spesso in ogni sua formulazione, incluse le cargo bike per il trasporto dei bambini. Per andare a scuola o al parco. Funziona tutto. Per questo stupiscono alcuni dettagli dell’organizzazione iridata su cui l’UCI ha chiuso apparentemente gli occhi.

Zurigo ha accolto i mondiali con temperature ancora miti e una buona partecipazione
Zurigo ha accolto i mondiali con temperature ancora miti e una buona partecipazione

La verifica delle bici

Ieri alla partenza della crono donne elite da Gossau e anche in queste ore per gli under 23 e per il paraciclismo, il parcheggio dei team si trovava a un chilometro e mezzo dal punto di verifica delle biciclette. Il parcheggio si trova in alto, la verifica in basso vicino alla rampa di partenza. In mezzo una bella salita, che i meccanici hanno percorso spingendo le bici e i tandem. Se una cosa del genere fosse stata semplicemente proposta al Giro d’Italia o qualsiasi altra gara in Italia, è certo che gli organizzatori avrebbero ricevuto il warning degli ispettori dell’UCI.

E a proposito di misure, tra le novità tecniche dell’anno, che ha costretto i meccanici azzurri a metter mano alla bici di Vittoria Guazzini, c’è che i computerini rientrano nella misura dell’inclinazione delle appendici. Se le appendici sono a posto, ma il computerino – su cui è impossibile appoggiarsi – sporge di mezzo centimetro, la bici non è a posto.

La discesa sul lago

Si va avanti con le cronometro e ieri abbiamo visto e sentito dei rischi che si sono corsi lungo l’ultima discesa. In quel tratto in cui si sfiorano i 100 all’ora, la strada si stringe all’improvviso, il fondo stradale è parecchio irregolare, la pendenza è a doppia cifra e in fondo ci si infila sotto un arco di pietra.

Marco Velo si era accorto che il tratto fosse pericoloso sin da quando venne con gli altri tecnici azzurri a visionare il percorso della crono, ma nulla nel frattempo è cambiato. E quando i tecnici azzurri nella riunione tecnica hanno fatto presenti le loro perplessità, si sono sentiti rispondere da Laurent Bezault, ex corridore e ora UCI Road Master, che nessuno prima di loro avesse sollevato la questione. Ha però aggiunto che avrebbe posizionato sul percorso degli addetti alla sicurezza, incaricati di raccomandare ai corridori di rallentare. Suggerire di rallentare in una gara che si gioca sui secondi, in cui si parte forte e si arriva a tutta?

E’ insolito. Come è insolito che debbano essere le squadre a segnalare la pericolosità di un passaggio e non sia la commissione tecnica che approva i percorsi a valutare l’anomalia. In ogni caso, i corridori in coro hanno ribadito lo stesso punto di vista, senza che questo abbia lasciato apparentemente traccia nelle valutazioni ufficiali.

Andreoli e Totò al traguardo. Il cittì Addesi si è raccomandato di affrontare quel tratto con prudenza (foto FCI)
Andreoli e Totò al traguardo. Il cittì Addesi si è raccomandato di affrontare quel tratto con prudenza (foto FCI)

I mondiali per tutti

Nell’intervista pubblicata ieri a Vittorio Podestà, il campione di paraciclismo ritirato nel 2021 ha rilevato un dettaglio niente affatto trascurabile. «L’organizzazione di un così grande evento aperto ad atleti con prestazioni così diverse – ha detto ad Alberto Dolfin – è portata a scegliere percorsi non completamente a fuoco per alcune categorie. Nei campionati del mondo esclusivamente per il paraciclismo non accade».

Su quella stessa discesa a ben vedere stanno correndo anche i tandem, che hanno davanti un atleta normodotato e dietro un non vedente, che subisce le asperità della strada. Nel tandem frena uno solo, ma il peso è doppio. Anche loro hanno la posteriore lenticolare e l’anteriore ad alto profilo. Visto il percorso, il cittì azzurro Addesi si è raccomandato di correre in sicurezza, pensando soprattutto alla prova su strada. Va bene essere costretti a disegnare percorsi non completamente a fuoco, ma siamo certi che far passare i tandem su quel tratto di strada (su cui oggi pende anche l’incognita della pioggia) fosse inevitabile?

Il mondiale di Zurigo va avanti con le prove contro il tempo. Finora lo spettacolo è stato di altissimo livello. Gli organizzatori hanno fatto un lavoro impeccabile e magari quelli appena spiegati saranno i soli due scivoloni di dieci giorni al top.

Ci può stare, nessuno è perfetto: per questo ci sono quelli deputati a controllare, ma questa volta gli uomini dell’UCI sono restati immobili. Quella discesa andava tolta, allo stesso modo in cui dai percorsi di tante gare in passato sono stati eliminati passaggi pericolosi. Il perché non sia accaduto cercheremo di capirlo stasera, tornando in treno verso il nostro albergo.

Moser: «Lotta iridata a due, ma occhio a VdP e Alaphilippe»

21.09.2024
5 min
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Inizia domani, con le prove a cronometro, la rassegna iridata del 2024. Pensando al grande giorno della gara elite maschile è davvero difficile immaginarsi uno scontro che non veda come protagonisti Tadej Pogacar e Remco Evenepoel. Davvero troppa la differenza fra i due dimostrata al Tour e alle Olimpiadi. E anche per questo il mondiale di Zurigo sarà un po’ la resa dei conti tra questi due fenomeni.

Tuttavia un terzo incomodo potrebbe esserci. E se sì, chi sarà? Non sarebbe la prima volta che tra i due litiganti, il terzo goda… o ci metta lo zampino. Di questo “terzo incomodo” abbiamo parlato con Moreno Moser, ex corridore e oggi uno dei commentatori di Eurosport.

Oltre a commentare per Eurosport, Moser (classe 1990) ha svolto delle mansioni per Rcs Sport
Oltre a commentare per Eurosport, Moser (classe 1990) ha svolto delle mansioni per Rcs Sport
Moreno, chi può essere dunque un terzo uomo che a Zurigo su strada se la può giocare con Pogacar e Remco?

Al pari con loro nessuno: sarò categorico, ma davvero non c’è nessuno a quel livello. Semmai appena sotto questi due atleti ci metto Primoz Roglic, lui potrebbe giocare d’astuzia. Se devo allargare il discorso, essendo un mondiale duro direi che sono in ballo un po’ tutti quelli che hanno fatto la Vuelta. Quindi potrebbe fare bene anche gente come O’Connor, Mas…. ma quando dico loro intendo che possono dare fastidio.

Un nome sul banco te lo gettiamo noi: Marc Hirschi….

In effetti è un bel po’ che non perde una corsa e certamente va annoverato, anche se non ha fatto la Vuelta. Però a questo punto se c’è Hirschi allora dico che oltre a quei due, c’è un’incognita: Mathieu Van der Poel.

Dici? Non è un po’ duro per lui?

E’ vero: è duro. Ma le salite non sono super lunghe e non scordiamoci che lui si sa nascondere e preparare alla grande. Guardate che europeo che ha corso, quanto andava forte. Forse ha esagerato perché non aveva nulla da perdere.

Van der Poel, campione in carica, potrà essere la vera incognita a Zurigo
Van der Poel, campione in carica, potrà essere la vera incognita a Zurigo
Pensi che abbia esagerato anche per fare la gamba in una corsa comunque molto lunga in vista del mondiale?

I suoi attacchi non erano quelli di uno che è lì per allenarsi. Certo, ha provato a correre da protagonista, davanti per poi vedere quel che succedeva. Una cosa è certa: contro gente come Pogacar o Remco servono i super motori.

Insomma discorso a due?

In questo momento è davvero difficile battere uno come Tadej e trovare dei nomi che possano davvero fargli spavento. Se non succede qualcosa di particolare è difficile che qualcuno possa batterlo. E anche nello scontro con Evenepoel lo vedo favorito. Anche perché per la prima volta Remco non avrà neanche Van Aert al suo fianco: la pressione e i giochi di squadra del Belgio saranno tutti su di lui e per lui. Remco spesso vince attaccando da lontano, lontano… ma non credo che possa farlo al mondiale. Se si trova con Tadej, via da solo non ci va. Sì, può provarci, ma la vedo difficile.

Insomma la tua idea è chiara: Pogacar favorito, Remco primo e forse unico contendente, e poi c’è l’incognita Van der Poel.

Esatto. VdP non lo metto né tra gli outsider, né tra i favoriti. Lui è una mina vagante, anche perché bisognerà vedere come correranno. Fatti questi tre nomi: nell’ordine ci sono: Alaphilippe, Roglic, Pello Bilbao, Hirschi, Jorgenson (nella foto di apertura vicino ad Alaphilippe), Skjelmose. Anche le gare canadesi hanno detto molto sugli stati di forma.

Hirschi corre in casa: è motivato e in grande forma. In un mondiale altrettando duro, quello di Imola 2020, è arrivato terzo
Hirschi corre in casa: è motivato e in grande forma. In un mondiale altrettando duro, quello di Imola 2020, è arrivato terzo
Alaphilippe lo metti molto in alto: perché?

Perché in Canada, come detto, Alaphilippe si è mosso bene, un po’ forse anche per dargli un po’ di fiducia e poi perché è un corridore esperto che certe gare le sa affrontare. Mi dà più garanzie di altri avendo già vinto due mondiali.

Hirschi: correre in casa sarà più una spinta o una pressione per lui?

Credo che questo ragazzo saprà gestire bene la pressione…

Prima hai accennato al modo di correre: come si dovrebbe gareggiare per battere Pogacar e Remco?

Sicuramente provando a sfruttare la squadra e provare da lontano… Ma lontano, lontano: tipo a 100 e passa dall’arrivo. Deve essere proprio qualcosa di diverso, d’inaspettato. Magari va via un gruppetto di dieci buoni atleti e uno dei nomi fatti riesce ad inserirsi. Poi magari chiudere diventa complicato, tanto più che Mohoric, l’unico vero uomo che nel finale poteva tirare per Pogacar, non ci sarà…

Dici che Tratnik, uomo di Roglic, non lo farà? 

No, no anche lui… è serio. Ma io intendevo più nelle fasi calde.

Potrebbe essere il compagno Roglic il vero nemico di Pogacar? Eccoli con la maglia della Slovenia al mondiale di Imola 2020
Potrebbe essere il compagno Roglic il vero nemico di Pogacar? Eccoli con la maglia della Slovenia al mondiale di Imola 2020
Ecco, a proposito di Slovenia. Come la vedi con due capitani super: Roglic e Pogacar?

Eh – sospira Moser – Roglic potrebbe essere il grande problema di Pogacar. Se in quell’azione di quel drappello che dicevamo c’è dentro Primoz, dietro Tadej non tira. La fuga va via e poi magari Roglic neanche vince. Se fossi in Pogacar, Roglic me lo terrei vicino e lo farei tiare per me.

Ma questo non spetta al tecnico sloveno?

Io penso che se vuole si fa quel che dice Pogacar. Se fossi il tecnico sloveno darei totale appoggio a Pogacar. Anche perché Roglic è forte, magari è in giornata e stacca tutti, ma gli capita spesso anche di non esserlo, di scivolare… non dà poi tutte queste garanzie. Non è come Remco con Van Aert, che comunque le corse le sa vincere.

Bennati, terzo mondiale: l’Italia di Ciccone, Tiberi e Ulissi

20.09.2024
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Bennati racconta che la lista degli uomini per Zurigo era piuttosto lunga. Ha aspettato la Vuelta e le prove canadesi. E a quel punto, chiusa la parentesi degli europei, ha affinato la ricerca e tirato fuori i nove nomi per i mondiali del 29 settembre. Bagioli. Cattaneo. Ciccone. Frigo. Rota. Tiberi. Ulissi. Zambanini. Zana. Uno di loro sarà riserva.

In questi giorni un post di Alberto Bettiol conferma che il toscano si sia tirato fuori dalla mischia. Nonostante fosse anche andato a vedere il percorso, Alberto ha sentito di non avere le gambe giuste, ne ha parlato con il cittì e alla fine ha rinunciato. Un esempio per tutti i corridori, fa capire Bennati, che forse discende dalle sue stesse parole quando affrontammo insieme la disamina della corsa di Parigi.

«Un Bettiol al 100 per cento – ragiona Bennati – fa sempre comodo in una nazionale. Ho apprezzato il suo ragionamento, che può essere di esempio per chiunque si trovi in una situazione simile. Dopo questo passaggio, è nata la squadra. Non c’è un capitano designato. Ci sono corridori importanti, è una squadra omogenea e ambiziosa. Più o meno tutti possono aspirare a fare qualcosa di buono, a patto di essere uniti e avere un obiettivo chiaro. Dovremo correre da squadra e spero che saremo capaci di far divertire la gente. Non possiamo permetterci di aspettare il finale quando si muovono i grossi calibri…».

Per Bennati, il mondiale di Tiberi sarà un obiettivo, ma anche un investimento
Per Bennati, il mondiale di Tiberi sarà un obiettivo, ma anche un investimento
In effetti pensare di sfidare Pogacar, Evenepoel, forse Van der Poel e magari Roglic potrebbe sembrare un’impresona…

Credo che sarà difficile utilizzare tutti in fase di attacco. Vedremo come si metteranno le cose, però magari qualcuno dovrà sacrificarsi prima e altri si ritroveranno ad aspettare il finale. Penso che Tiberi e Ciccone potrebbero provare a tenere l’ultimo o il penultimo giro, quando si muoveranno quelli forti. In una situazione secca come la gara di un giorno, in salita non vanno tanto più piano.

Allora ti chiediamo di spiegarci le tue scelte: Bagioli, ad esempio. Forse è l’uomo da classiche più di tutti gli altri, ma quest’anno non ha brillato…

E’ vero, i risultati non sono stati dalla sua parte. Poi, come era già successo al mio primo mondiale, gli ho dato il Canada come ultimo test. Nel 2022 fece terzo a Montreal, quest’anno è andato ugualmente molto forte. Non si è piazzato, però mi hanno detto tutti che andava forte e soprattutto facile. E’ arrivato davanti. Ci ho parlato un mese fa. Gli ho chiesto se avesse mollato o pensasse di esserci per il finale di stagione e lui mi ha detto di essere motivato. Per questo mi sono sentito di dargli fiducia, perché ritengo che sia un corridore importante per questo tipo di corse. Va forte in salita e tra tutti quelli che ho convocato, sicuramente insieme a Diego Ulissi, è il più veloce.

Bagioli si è guadagnato la convocazione dopo le prove nelle gare canadesi
Bagioli si è guadagnato la convocazione dopo le prove nelle gare canadesi
Parliamo di Diego, allora, e della solita storia che nelle corse lunghe si spegne.

Secondo me non dobbiamo più pensarci. Diego ha 35 anni, è più maturo e penso che ci sia sempre una prima volta in cui dimostrare di essere all’altezza. E poi diciamo una cosa sui mondiali che abbiamo fatto insieme: lui era fra quelli chiamati prima di tutti ad aprire la corsa, chiunque alla fine sarebbe stato stanco. Stamattina ho letto che Ulissi sarà capitano, ma facciamo chiarezza sul termine. Il capitano non è per forza quello che fa risultato. Diego in questo mondiale sarà il capitano, il regista in corsa insieme a Cattaneo. Però secondo me possiamo utilizzarlo in vari modi. Come regista, appunto, e come attaccante da metà gara in poi. Ulissi nella fuga giusta può preoccupare ben più di un avversario. E poi qualche anno fa anche lui vinse in Canada.

Al Giro del Lussemburgo stiamo vedendo un Tiberi in palla. Oggi c’è una tappa dura che potrebbe essere un bel test per Zurigo?

Anzitutto credo sia giusto che Tiberi ci sia a questo mondiale. Soprattutto in prospettiva, è giusto che faccia esperienza e inizi ad assaporare questo tipo di emozioni. Anche perché, pensando al mondiale del prossimo anno, in Rwanda si correrà in quota e potrebbe essere una sfida tra quelli che si giocano i Grandi Giri. Attenzione però, quest’anno non verrà per fare la comparsa, io conto che possa essere tra i protagonisti.

Ulissi ha già corso sette mondiali da pro’, dopo averne vinti due da junior
Ulissi ha già corso sette mondiali da pro’, dopo averne vinti due da junior
Zambanini è stato il miglior italiano in entrambe le prove del Canada, in che ruolo lo immagini?

Per lui vale lo stesso discorso di Tiberi. E’ un corridore giovane e quest’anno ha avuto una stagione continua, è andato forte dall’inizio e va ancora molto bene. Credo che stia raggiungendo il suo picco di forma e mi sembrava giusto portarlo. Non sappiamo fin dove può arrivare. Da giovane aveva fatto qualche risultato, ma non era sicuramente tra i più forti. Sta vivendo una crescita graduale che mi piace e come ragazzo credo che sia molto valido.

Allora adesso parliamo di Ciccone, che si è ritirato dalla Vuelta e poi non lo abbiamo più visto…

Si è ritirato perché aveva un dolore al ginocchio, però dopo aver fatto qualche giorno di stacco è ripartito. Siamo rimasti sempre in contatto. Giulio è sempre stato super motivato per questo mondiale. Ovviamente non abbiamo il riscontro delle competizioni, però mi ha detto che preferisce preparare un appuntamento così importante allenandosi, piuttosto che andando a correre. E infatti sta facendo un grande lavoro con Bartoli. Non è andato in altura, perché non c’erano i tempi tecnici, per cui si è allenato a casa.

Zambanini continua a crescere: nelle prove canadesi è stato il primo italiano
Zambanini continua a crescere: nelle prove canadesi è stato il primo italiano
Un altro nella stessa situazione è Rota: anche lui ritirato alla Vuelta, poi volato in Canada. Ricordiamo il bel mondiale di Wollongong…

Rota sarà a Zurigo perché ho la certezza che sia motivato e mi fido di quello che mi dice. Me l’ha dimostrato negli anni scorsi. Alla Vuelta stava andando bene poi purtroppo è caduto e anche lui ha avuto male al ginocchio. Ha fatto una settimana di recupero, si è ripreparato ed è andato in Canada. Non è stato brillantissimo, non è arrivato davanti come Bagioli, però ha una condizione in crescita e ritengo che sia un corridore solido per questo tipo di competizione. Io credo che possa svolgere il ruolo che gli darò, come ha sempre fatto. E’ uno dei miei uomini di fiducia e ho voluto dargli fiducia anche quest’anno.

Rispetto alle convocazioni di una volta, in cui c’erano le indicative, sembra che ora molto si basi sul dialogo e sulla condivisione delle preparazioni.

Sì, deve esserci molto dialogo perché il ciclismo da questo punto di vista è cambiato, grazie ai nuovi metodi di allenamento. Anche a me viene difficile perché vengo da un altro periodo in cui i corridori avevano bisogno di fare più gare di avvicinamento per preparare l’appuntamento. Ho fatto fatica a entrare in questa ottica, però adesso obiettivamente le cose funzionano così. E’ anche soggettivo. Bettiol appartiene a una generazione un po’ più vicina alla mia e ha bisogno di correre prima di arrivare all’appuntamento. Invece la maggior parte di quelli che ci sono adesso e sono più giovani, preferiscono correre meno e prepararsi meglio.

Per Rota il terzo mondiale sui tre nella gestione Bennati: la fiducia è al massimo
Per Rota il terzo mondiale sui tre nella gestione Bennati: la fiducia è al massimo
Quale ruolo immagini per Cattaneo?

Me lo posso giocare in vari modi. Magari non mi può dare garanzia di risultato, però per tirare o entrare in fuga e aiutare un compagno, può fare il lavoro di due. Mattia sta andando particolarmente forte, anche perché quest’anno è stato fermo a lungo e adesso è carico di energie. Alla Vuelta è andato benissimo e sono convinto che al mondiale sarà una pedina davvero fondamentale per tutto il gruppo. E’ un corridore esperto, vede la corsa e sa gestire tante situazioni che fanno parte del suo repertorio perché è abituato a lavorare per i grandi campioni. Accanto a lui potrebbe muoversi Marco Frigo, anche lui reduce dalla Vuelta. E’ uno che non ha paura di far fatica e abbiamo visto che sa anche inserirsi nelle fughe.

E poi c’è Zana, che portasti al tuo primo mondiale per rispetto verso la maglia tricolore, attirandoti anche qualche critica.

Se trova la giornata giusta, Pippo può arrivare davanti. Alla Vuelta ha fatto un bel secondo di tappa, però mi aspettavo che ci riprovasse. A fine Vuelta non ero tanto sicuro di convocarlo, finché ho parlato con Pinotti che è il suo preparatore. Gli ho detto che mi sarebbe piaciuto vederlo in una gara dopo la Vuelta, per capire se ne fosse uscito davvero bene. E così all’ultimo lo hanno inserito al Matteotti e mi hanno confermato tutti che ha fatto due belle sparate. E’ rientrato su un’azione davanti e poi ha tirato la volata a De Pretto, però non cercavo il risultato quanto la conferma che la condizione ci fosse.

Zurigo sarà il terzo mondiale di cittì Bennati, dopo Wollongong e Glasgow
Zurigo sarà il terzo mondiale di cittì Bennati, dopo Wollongong e Glasgow
Ultima cosa, non marginale, ancora una volta correranno senza avere le radio. Il tuo ruolo di fatto si ferma alla riunione del mattino e alle poche info che eventualmente puoi fargli arrivare…

Non avere la radio agli europei, vedergli fare quello che avevamo deciso di non fare e non poter intervenite è stato frustrante. Non poter dare indicazioni in tempo reale per me è deprimente. Sono convinto che avere la radio e guidare la squadra in tempo reale contro un corridore come Pogacar sarebbe già difficile, ma almeno ti darebbe la tranquillità di essere presente. Perché in certe situazioni non è solo una questione di gambe, ma anche di convinzione. Puoi cogliere l’attimo oppure gestire delle situazioni che da terra non puoi gestire e non puoi nemmeno cambiare. Puoi mettere chi vuoi lungo il percorso, ma cosa gli comunichi? Il tempo, il distacco, oppure quando hai un minuto di ritardo gli dici di andare a tutta per rientrare? Sono messaggi che più o meno lasciano il tempo che trovano. Qualcosa puoi fare, però è sempre molto complicato.

Quando partite?

Giovedì ci troviamo a Lomazzo, in provincia di Como. Facciamo un giretto al pomeriggio e il giorno dopo andiamo su in autostrada.

Nazionale per Zurigo: gruppo in condizione al servizio della Longo

19.09.2024
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C’è stato un verbo nel racconto della squadra di Parigi che a Paolo Sangalli non è andato giù. Lo dice subito, ridendo a denti stretti. E’ il verbo scricchiolare, che avevamo usato per descrivere il suo ragionamento sulla presenza di alcune atlete piuttosto di altre nella nazionale delle Olimpiadi. E ora che si va verso il mondiale e che le scelte sono state fatte in modo più netto, la differenza salta subito agli occhi. Alle atlete non si può dire nulla, il loro impegno è stato per tutto l’anno sotto gli occhi di tutti. Sul modo in cui vengono gestite invece si potrebbe aprire lo stesso file da anni sul tavolo parlando degli uomini. Nelle squadre straniere non sempre le italiane vengono tenute nella considerazione che ci aspetteremmo. E quest’anno in qualche caso tutto ciò è parso ancora più evidente.

«E’ il motivo per cui non ci sono under 23 nel gruppo – spiega il cittì delle donne – perché non hanno dimostrato di essere all’altezza. Al Tour de l’Avenir avrebbero potuto dimostrarlo, parlo di Francesca Barale ad esempio. Però ci sono state scelte diverse, che ho rispettato come adesso lei rispetta la mia scelta e me lo ha anche detto. Andare a tirare al Tour de France è sempre un lavoro pesante e lo capisco. Però a quell’età, quando hai un’opportunità di confrontarti con le pari età, dovresti coglierla. Anche perché chi ha vinto il Tour de l’Avenir (Marion Bunel, ndr) aveva fatto anche il Tour de France, arrivando molto avanti e dimostrando di aver trovato una grande condizione».

Nazionale per la Longo

Andremo in Svizzera con una nazionale per certi versi inedita e votata alla causa di Elisa Longo Borghini, che dopo il lungo periodo di riposo post olimpico è tornata in gruppo giusto ieri con il secondo posto al Grand Prix de Wallonie.

Il cittì ammette che gli sarebbe piaciuto avere anche altri nomi. Marta Cavalli, ad esempio. Oppure Bertizzolo o Persico al top. Ma visto che la prima non corre da tempo e le altre due non hanno la condizione sperata, si è scelto di lasciare spazio alle altre. Quindi, in rigoroso ordine alfabetico: Arzuffi, Balsamo, Longo Borghini, Malcotti, Magnaldi, Paladin e Realini.

Percorso e squadra per Longo Borghini, ti aspetti che si possa arrivare da soli oppure siamo aperti a tutto?

C’è uno zampellotto nel finale che può anche fare la differenza, dipende anche dalla situazione di gara. Logico che con una squadra così, andremo a fare una gara dura. Per le caratteristiche delle ragazze, non abbiamo alternative: tenteremo di arrivare alla fine con il minor numero di corridori. Mi preoccupano Kopecky e Vollering, oltre a Niewiadoma e magari anche Ludwig, anche se ultimamente non ha brillato. Però nella gara di un giorno può essere pericolosa…

Giusto per non usare più la parola scricchiolare, ti ha colpito che alcuni nomi molto attesi alla fine non siano venuti fuori?

Alcune ragazze hanno avuto stagioni storte. Prendiamo Silvia Persico. Lei resta disponibilissima, si era anche pensato che potesse fare il team relay, però dopo il Tour non è più stata al livello che speravamo. Tour che dal mio punto di vista poteva benissimo non fare, arrivando meglio magari al Romandia e ritrovandosi oggi nelle sette della nazionale per Zurigo. Ha avuto un anno no, dovrà resettarsi e ripartire. Stessa storia per Bertizzolo, che avrei voluto sia alle Olimpiade che qua, ma si è infortunata. Lei è uno di quei corridori che ti dice: «Guarda, non sono in condizione. Non vengo in nazionale solo per mettere la maglia e partire». Quindi è un’atleta onesta, come poi lo sono tutte.

Che mondiale ti aspetti?

Lo vedo più come una Liegi che come una tappa alpina. Andiamo con le armi che abbiamo ed è giusto che sia stato selezionato chi ha dimostrato di essere in condizione. Alice Arzuffi, ad esempio, mancava da tanto dal giro azzurro, però è stata determinante al Tour. Ha lavorato tantissimo anche al Giro, quindi va assolutamente premiata. Ha fatto un un percorso per arrivare bene sino a qui, quindi sono davvero contento per lei e sono sicuro che darà il suo contributo. Stesso discorso che vale per Barbara Malcotti e anche per Elisa Balsamo, che per una volta correrà solo in appoggio dell’altra Elisa.

Il 2024 di Persico è nato sotto una cattiva stella. Non fare il cross è stato un guaio
Il 2024 di Persico è nato sotto una cattiva stella. Non fare il cross è stato un guaio
Forse dalla lista manca Eleonora Gasparrini, terza agli europei e prima a Stoccarda…

Dal mio punto di vista il percorso è duro per lei. Ha trovato la condizione, preparando l’europeo. E’ stata brava, a Zurigo avrebbe potuto fare il lavoro che secondo me farà Elisa Balsamo. Però visto il livello delle under 23, il percorso per la “Gaspa” sarebbe troppo duro.

Longo Borghini era uscita a pezzi da Parigi, come la senti?

Tanto motivata, ha voglia di riscatto. Prima di Parigi arrivava da un Giro logorante. Ieri ha fatto seconda al Wallonie, quindi ha già dato un segnale. Da qui in avanti recupererà e il 25 settembre farà il team relay, che tra l’altro si corre sul circuito finale, quindi è adattissima a lei. Farà una prova generale. Arriverà su il 23, io parto stasera con le ragazze della nazionale crono. Ormai ci siamo, fra poco si comincia.

Mondiale 2029 a Bergamo per Gimondi: più di un’ipotesi

19.06.2024
4 min
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Mondiali 2029 a Bergamo, la missione continua. Marco Reguzzoni, già a capo dell’organizzazione dell’edizione 2008 che si disputò a Varese conferma la volontà di provarci e, anzi, rilancia. «I tempi stringono – ha detto a bici.PRO – e vorrei incontrare al più presto il nuovo sindaco di Bergamo, Elena Carnevali. Non la conosco, ma avrò bisogno del suo benestare per proseguire, altrimenti non se ne farà nulla». 

Interpellata, la neo prima cittadina del capoluogo orobico ha risposto: «L’idea di portare a Bergamo i mondiali di ciclismo nel 2029 è certamente una proposta interessante e meritevole di valutazione, vista l’importanza della manifestazione e il grande interesse dei bergamaschi appassionati da sempre a questa disciplina. Conclusa la fase di insediamento e avviato il lavoro con la nuova Giunta, avrò modo di entrare nel merito di questa opportunità e di approfondire con attenzione i diversi aspetti che riguardano un evento di questa rilevanza». 

Bergamo ha grande tradizione ciclistica, ma non ha mai ospitato un mondiale (depositphotos.com)
Bergamo ha grande tradizione ciclistica, ma non ha mai ospitato un mondiale (depositphotos.com)

Un occhio di riguardo

Insomma, in giorni di grande lavoro, un occhio di riguardo al tema è già qualcosa di molto significativo. Carnevali non ha mai nascosto l’attenzione alla bicicletta tant’è che in campagna elettorale ha organizzato una partecipatissima biciclettata in città per convincere i bergamaschi a votarla.

Anche il suo predecessore, Giorgio Gori, ha sempre strizzato l’occhio al ciclismo aprendo le porte della città a Giro di Lombardia e Giro d’Italia nei suoi 10 anni di amministrazione. Gori che nel frattempo è stato eletto in Parlamento Europeo: una pedina che potrebbe rivelarsi cruciale in una fase in cui l’appoggio politico su più fronti è necessario. 

10-15 milioni di euro

Intanto a Bergamo l’idea di un arcobaleno che colori la città stuzzica, ma con moderazione. Giovanni Bettineschi di PromoEventi (la mente di ogni grande evento ciclistico bergamasco dell’epoca moderna, nella foto di apertura fra Gimondi e Adorni) commenta cercando di contenere l’eccitazione e metterci davanti la realtà.

«Sarebbe bello – ammette – e in passato me l’hanno chiesto se non ci si potesse provare. L’impegno economico è gravoso, si parla di 10-15 milioni di euro. Se ci si impegna a costruire una squadra seria e coesa, io ci sono. Mi rimbocco le maniche e mi metto a lavorare domani». 

Felice Gimondi divenne campione del mondo nel 1973 davanti a Ocaña e Maertens
Felice Gimondi divenne campione del mondo nel 1973 davanti a Ocaña e Maertens

Fra Santini e Gimondi

Bergamo avrebbe dalla sua la famiglia Santini, che al di là della storicità del marchio ha un filo diretto con l’Uci. Santini, ma non solo perché anche Norma Gimondi, figlia dell’indimenticato campione Felice, ha accolto l’idea con entusiasmo

«Sarebbe un meraviglioso omaggio a mio papà e alla mia famiglia – spiega – ma anche a Paladina e Sedrina, località da sempre legate a mio papà. Bergamo è terra di ciclismo, per i bergamaschi Atalanta e Gimondi sono intoccabili. Sono l’esaltazione della fatica, del sacrificio e della vittoria ottenuta con sforzi costruiti in casa propria. Ho ancora negli occhi gli ultimi passaggi sulla Boccola: entusiasmanti. Ecco penso che la città abbia una conformazione che si presta al classico circuito mondiale: un anello naturale sui colli, senza un metro di pianura, in scenari suggestivi». 

Il Lombardia del 2019 celebrò Gimondi, scomparso nell’agosto dello stesso anno. Al centro la figlia Norma
Il Lombardia del 2019 celebrò Gimondi, scomparso nell’agosto dello stesso anno. Al centro la figlia Norma

Stuzzica anche il Tour

Norma Gimondi apre poi gli orizzonti e guarda la rassegna da un punto di vista più ampio: «Per Bergamo sarebbe un’occasione ghiotta – osserva – perché i mondiali si svolgono in un periodo in cui visitare la città e la provincia è perfetto». 

Infine, la figlia del campione bergamasco (iridato a Barcellona nel 1973) guarda oltre: «Al di là del mondiale – rivela – io vorrei comunque continuare a lavorare per portare il Tour de France a Bergamo. Era un sogno di papà, ha un richiamo enorme, tutto il mondo è lì per tre settimane e vorrei riuscire a parlare con il patron Prudhomme alla Grande Partenza di Firenze per riproporglielo. Non baratterei niente però, non vorrei che il mondiale sostituisse il Tour de France, non sarebbe rispettoso nei confronti di papà».

Un’idea dal nulla: a Bergamo i mondiali del 2029

07.06.2024
4 min
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«Il mondiale di ciclismo a Bergamo nel 2029». Questa è la promessa di Marco Reguzzoni, presidente della Provincia di Varese dal 2002 al 2008 e a capo dell’organizzazione dei mondiali 2008. E il ciclismo italiano, al di là dei colori politici, non può che quantomeno iniziare a sognare. Un’idea in fase embrionale che in ambiente locale ha stuzzicato, anche se l’acquolina è subito stata placata dalla portata dell’evento che richiederebbe circa 15 milioni di euro per realizzarlo. Quando nel 2008 si corse a Varese per l’Italia del c.t. Ballerini su un’edizione trionafle, perché a trionfare con una fucilata nel finale fu Alessandro Ballan (con Damiano Cunego medaglia d’argento). E allora sognare appunto diventa un po’ più bello.

Ultimi iridati azzurri

Dal 2008 l’Italia del ciclismo in campo maschile (sponda professionisti) non ha più vinto nelle prove in linea, ma lo ha fatto con Elisa Balsamo (ormai bergamasca acquisita) tra le professioniste nell’edizione 2021 disputata nelle Fiandre. E l’anno scorso un bergamasco doc come Lorenzo Milesi ha vinto la maglia iridata a cronometro tra gli under 23. Insomma, Bergamo non ha bisogno di conferme in quanto a talenti nati in provincia e a passione per la bicicletta. Basterebbe il nome di Felice Gimondi che il mondiale lo ha vinto nel 1973 a Barcellona. Ha bisogno invece di una spinta il movimento maschile e chissà che un’edizione italiana non possa incoronare qualche atleta di casa nostra.

Ballan Varese 2008
L’ultimo mondiale di un professionista italiano resta quello di Ballan a Varese 2008
Ballan Varese 2008
L’ultimo mondiale di un professionista italiano resta quello di Ballan a Varese 2008

Percorso da definire

Dopo Varese sono state due le occasioni per vincere in casa: a Firenze nel 2013 e ad Imola nel 2020, occasione in cui Filippo Ganna infilò la prima maglia arcobaleno a cronometro poi bissata nelle Fiandre dodici mesi più tardi.

Quanto al percorso ipotetico ancora non c’è nulla di scritto né “spifferato”, ma c’è l’imbarazzo della scelta. Chi conosce le strade cittadine sa che un circuito finale da ripetere diverse volte è già naturalmente disegnato. Si pedalerebbe sui colli bergamaschi facendo un continuo su e giù tra Bergamo Alta e Bergamo Bassa. Non ci sarebbe un metro di pianura, ma continui strappi e discese molto tecniche.

Imola 2020, gara su strada per Alaphilippe, ma nella crono vince Ganna
Imola 2020, gara su strada per Alaphilippe, ma nella crono vince Ganna

Bergamo, non solo Colle Aperto

Il grande pubblico conosce solo lo spettacolare passaggio dalla “Boccola” che porta in Colle Aperto e quella sarebbe senza dubbio la vetrina. Ma c’è molto di più. Ad esempio il passaggio in San Vigilio che era già stato proposto da Promoeventi per l’arrivo di un recente Lombardia. Una salita veloce, ma non semplice caratterizzata da un falsopiano – prima di un’altra impennata – che spesso diventa decisivo soprattutto nelle corse di un giorno.

E per quanto riguarda l’avvicinamento al circuito? Le salite in provincia ci sono e hanno le giuste caratteristiche per una grande classica. Basti pensare al Lombardia con Selvino, Colle Gallo, Roncola protagoniste. Ma è solo per citarne alcune. Uscirebbe un percorso per corridori veri. Scalatori, ma veloci, esplosivi e in grado di saper stare in gruppo e guidare la bicicletta perché sui colli le strade sono strette e piene di insidie.

La salita fino a Colle Aperto è ormai l’emblema del Lombardia. Qui Pogacar nel 2023
La salita fino a Colle Aperto è ormai l’emblema del Lombardia. Qui Pogacar nel 2023

La città del ciclismo

Peraltro nel 2029 Bergamo sta anche pensando di organizzare la 100esima adunata degli Alpini. Che c’entra? Significherebbe fare le prove anche per l’accoglienza del grande numero di persone che arriverebbe per i mondiali. Anche se la struttura è già stata testata l’anno scorso quando Bergamo con Brescia è stata Capitale della Cultura. Il tutto facilitato dall’aeroporto di Orio al Serio (terzo scalo italiano per numero di passeggeri) che dista una ventina di minuti di macchina dal centro città. E che per il 2029 sarà anche servito da un treno che collegherà lo scalo con il cuore di Bergamo.

Il sindaco uscente di Bergamo, Giorgio Gori ha sempre lavorato perché Bergamo ospitasse il grande ciclismo. In dieci anni di amministrazione la città ha sempre ospitato o l’arrivo o la partenza del Lombardia e negli occhi dei tifosi c’è ancora il doppio passaggio sulla Boccola al Giro d’Italia 2023.

Le carte in regola ci sono anche per quanto riguarda le altre discipline. Bmx (nel quartiere cittadino di Loreto è in fase di ristrutturazione una delle piste più apprezzate), mountain bike (boschi e sentieri caratterizzano buona parte del territorio bergamasco) e pure il ciclismo su pista. Chissà che lo storico Velodromo di Dalmine non possa tornare a vestire il suo abito migliore per un evento così…

Zurigo, le crono con Velo: il via dalla pista e poca sicurezza

05.04.2024
6 min
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ZURIGO (Svizzera) – La discesa che da Bermeilen riporterà i cronomen sulla riva del lago in località Meilen è una bestemmia tecnica. Immaginare atleti di 80-85 chili, sia pure dotati di super bici e freni a disco, infilarsi in quella picchiata ripidissima e poi sotto il piccolo ponte in pietra, per poi svoltare a sinistra e riprendere la pianura, dà i brividi anche ora che la percorriamo in auto. Nel furgone davanti, i tecnici della nazionale osservano la stessa cosa. In quel punto la sicurezza della crono è stata ritenuta un optional.

Il limite della prudenza

Ieri vi abbiamo raccontato del sopralluogo dei commissari tecnici sui percorsi iridati della strada, oggi con Marco Velo si parla della crono. Il bresciano alla fine della ricognizione si dice soddisfatto di quello che ha visto, ma quella discesa dà i brividi e chissà se ci sarà margine per qualche cambiamento.

«Sì, diciamo che quello non è proprio un passaggio da cronometro – ammette Velo – perché sarebbe una discesa impegnativa anche facendola con la bicicletta da strada, figurati con quella da crono. Sapendo che ci si gioca tutto per pochi secondi, sicuramente ci sarà chi azzarderà di più. Però bisogna sempre avere quel limite di prudenza che non ti fa uscire di strada, perché alla fine vai a compromettere il risultato finale».

Un luogo storico

Si parte dallo storico velodromo di Oerlikon che per anni fu la sede di arrivo della Zuri Metzegete (in apertura foto zuerich.com), il Campionato di Zurigo: pietra miliare della Coppa del mondo. Una di quelle corse di cui purtroppo si è persa anche la memoria, battezzata nel 1914 e che attraverso vincitori dai nomi pazzeschi, si è interrotta nel 2006 con la vittoria di Samuel Sanchez e dopo sette edizioni per under 23 è definitivamente sparita.

Si parte dal velodromo e sostanzialmente la crono sarà divisa in tre parti. Una velocissima lungo il lago. Una più impegnativa nella zona del Pfannenstiel: zona montuosa a contatto con la città, la cui vetta arriva a 853 metri. Sulla cima, l’omonima torre di avvistamento in acciaio è da anni il simbolo della zona. Poi la discesa sul lago (quella con il passaggio pericoloso). Infine la strada verso l’arrivo, nuovamente veloce, lungo il lago che ha la forma di una banana, lungo 42 chilometri e largo neppure 4. I numeri nel complesso parlano di 46,1 chilometri, e dislivello di 413 metri.

«La prima parte è molto molto veloce – dice Velo che mentre parla visualizza i ricordi – bisogna davvero frenare pochissimo. La strada tende a scendere fino al lago, poi lo costeggia tutto. La parte centrale è parecchio impegnativa, però non impossibile, con degli strappi duri. Quindi bisognerà stare molto attenti nelle due discese. La prima ha la strada molto ampia e veloce, porta fuori e ti spinge a prendere tanta velocità. La seconda è stretta e molto molto ripida e scende verso il lago, per affrontare gli ultimi chilometri completamente piatti che portano fino all’arrivo. Bisogna essere bravi a interpretarla, perché sicuramente questa crono si può perdere o vincere in qualsiasi momento. Soprattutto nella parte centrale, non bisogna distrarsi assolutamente, sia in salita ma soprattutto in discesa».

L’altimetria della crono degli uomini elite da cui si nota la suddivisione nei tre blocchi

Salita non banale

Il tratto in salita misura quasi 6 chilometri e non è affatto leggero. Certo parliamo di atleti con cilindrate molto importanti, ma il conto da fare sarà nel confronto fra la massa di un corridore come Ganna e i 21 chili in meno di Evenepoel. Molto meglio da questo punto di vista la crono di Parigi. Una salita del genere sarà infatti un pesante fardello per gli specialisti più potenti e diventerà vantaggio per quelli più leggeri e veloci, come il belga, ma anche Pogacar e Roglic, se saranno della partita.

«Sicuramente si userà la bici da crono – prosegue Velo – però con la massima attenzione. Con i miei ragazzi pretenderò che guardino il percorso più di una volta per avere le idee chiare. Poi ovviamente ci sarò io in macchina che gli darò tutte le indicazioni, anche se comunque nella discesa finale bisognerà essere dei bravi piloti per stargli dietro. Ci sono tre blocchi distinti e sicuramente li studieremo bene nei giorni prima con gli stessi atleti e con i loro preparatori, quindi decideremo la tattica da utilizzare. Questo è quello che facciamo solitamente, in avvicinamento ai grandi eventi. Rispetto a Parigi è una prova meno da specialisti, per tutte le categorie. Under 23 e donne elite fanno qualche chilometro meno rispetto ai professionisti, però più o meno il percorso ricalca la stessa strada».

Velo e Bennati si sono alternati alla guida con Amadori nel sopralluogo sui vari percorsi
Velo e Bennati si sono alternati alla guida con Amadori nel sopralluogo sui vari percorsi

Milesi bis?

Proprio dagli under 23, lo scorso anno a Stirling arrivò la vittoria di Milesi, che fa ancora parte della categoria e che Velo non vuole lasciarsi assolutamente scappare. In un conteggio a spanne fatto con Marino Amadori giusto la sera prima, nel gruppo WorldTour ci sono più di 60 corridori U23 e fra questi il 10 per cento è composto da italiani: Milesi è uno di loro.

«Lorenzo potrebbe far parte nuovamente della partita – conferma Velo – per come è andato l’anno scorso e per quello che ha dimostrato. Quindi valuteremo con il ragazzo, con la sua squadra e con la stessa Federazione se impegnarlo anche quest’anno nella prova under 23. A me piacerebbe. Quando si vede un percorso per la prima volta, si comincia anche ad immaginare i nomi. E così sta accadendo a me in queste prime ore. Come ho detto prima, per me resta un percorso da specialisti, quindi non mi discosto tanto dall’idea che avevo prima di venire. Quindi sicuramente correrà gente che sa andare a cronometro e che sa anche guidare la bici. Se invece posso dire ancora una cosa, non mi piace che il Mixed Team Relay si corra nel circuito delle prove su strada, che è troppo duro. Lì gli specialisti saranno penalizzati».

ESCLUSIVO / Zurigo, mondiale duro, non per scalatori

04.04.2024
8 min
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ZURIGO (Svizzera) – «Aveva ragione Alfredo Martini – dice Bennati con un sorriso ironico – i percorsi andrebbero visti di notte, in modo che i fari illuminano le salite e ti rendi conto delle pendenze. Comunque rispetto a ieri quando l’abbiamo fatto in macchina, oggi l’ho valutato diversamente. Finché il fisico un po’ mi sorregge, mi piace sempre provare i percorsi in bici, perché ti dà sempre tante indicazioni in più. E questo dei prossimi mondiali, rispetto ai due che ho già affrontato come cittì, è il tracciato che mi piace più di tutti. Anche quello in Australia era bello, però questo è disegnato molto bene. C’è un po’ di tutto. C’è salita impegnativa, una salita un po’ più lunga, ci sono le discese. E’ un percorso esigente…».

Le dieci del mattino di una giornata grigia sulle colline intorno alla città. Il lago è in basso, siamo quasi sul punto più alto del circuito di Zurigo su cui si assegneranno i prossimi titoli mondiali. Quando passa Demi Vollering e saluta, si capisce che le grandi manovre sono iniziate un po’ per tutti. I tecnici italiani della strada e della crono sono arrivati ieri, 3 aprile, per una due giorni di presa di contatto. Hanno alloggiato nello stesso hotel che ospiterà le squadre azzurre e il sopralluogo in bici di Bennati è l’atto conclusivo del viaggio. A breve riprenderanno l’autostrada verso Milano.

Mercoledì sul furgone

Il primo giorno è stato dedicato alla ricognizione dei tratti in linea e delle crono. I professionisti partiranno da Winthertur e proprio verso la cittadina a est di Zurigo si sono diretti i commissari tecnici sul furgone bianco della FCI. Il cielo era grigio anche ieri, il traffico ordinatissimo. Con Marco Velo al volante, Bennati sul sedile anteriore teneva in mano le stampate del percorso. Seduti dietro, Sangalli, Amadori e Salvoldi seguivano con lo sguardo.

Da Winterthur la strada esce in campagna. L’ordine non è un’imposizione, ma un’esigenza e un privilegio. All’uscita di scuola, i bambini intorno si muovevano in bicicletta e tutti rigorosamente col casco. Nessuno di loro metteva mai le ruote sulla strada perché i marciapiedi sono larghi e le corsie ciclabili non mancano. C’era una bambina così piccola che la testa le spariva nel casco e pedalava controvento sulla sua biciclettina, col cestino e lo zainetto.

Una pausa caffè dopo aver visto il tratto in linea dei pro’: ora sotto con gli U23
Una pausa caffè dopo aver visto il tratto in linea dei pro’: ora sotto con gli U23

Le prime salite

La prima salita l’hanno incontrata in prossimità di una casa con le persiane decorate. Una svolta a sinistra e la strada lascia abbastanza rapidamente la valle. Un campanile a Buch am Irkel, poi la salita va avanti a gradoni. Si è fatto una sorta di giro, infatti la discesa riporta su Winthertur e da lì la strada si stringe. Diventa un viottolo e alla fine spunta un antico ponticello di legno, con la copertura di assi. Sarà largo tre metri e, subito dopo, una curva a destra introduce a una salita ripidissima. Una sorta di Redoute, con il vuoto sulla destra e il bosco a sinistra, su fino a Kyburg.

«Non credo che il tratto in linea serva a qualcosa – commenta ora Bennati – c’è questa salita di un chilometro, un chilometro e mezzo, che però serve come warm-up e per fare le foto (sorride, ndr). Non influisce sicuramente sull’andamento della corsa e sul risultato. A differenza di altri mondiali, questa volta si girerà sul circuito per più di 200 chilometri».

Sangalli e Amadori si prendono cura della bici di Bennati: «I settori collaborano», hanno scherzato
Sangalli e Amadori si prendono cura della bici di Bennati: «I settori collaborano», hanno scherzato

Il circuito di Zurigo

Nel tratto basso del circuito, si corre lungo il fiume con le rotaie del tram parallele al senso di marcia. Gli sguardi e i commenti fra i tecnici non hanno bisogno di didascalie: troveranno certo il modo di tapparle. Una frase che è un po’ certezza e un po’ anche auspicio.

Bennati è salito in bici davanti all’Università di Zurigo. La sua Pinarello per l’occasione è una macchina da presa. Oltre al Garmin in cui ha caricato la traccia del percorso, sul manubrio ci sono due GoPro con le quali il toscano ha ripreso i giri e le salite. Ieri in macchina non si è potuto fare del tutto lo strappo più duro, con la bici Daniele è riuscito a farlo pedalando sul marciapiede, dato che normalmente il senso di marcia è opposto.

La seconda salita

Dopo quel primo strappo, con pendenza del 14 per cento, il percorso piega a destra, scende per un tratto, rientra fra le case e poi ne esce per attaccare la seconda salita. Quella meno ripida, ma più lunga.

«Qui dove siamo adesso – dice Bennati – dopo 260 chilometri è il tratto in cui si può fare la differenza. Qui si spingerà il rapporto e farà male. Il primo strappo alla fine è quasi di un chilometro e si raggiungono pendenze in doppia cifra: se uno attacca lì, vuol dire che ha tante gambe. Questa seconda salita premierà i corridori che sapranno fare velocità. Siamo ancora lontani dall’arrivo, però in questi ultimi anni si è visto che aprono la corsa anche a 100 chilometri dall’arrivo, quindi non credo che a quei 3-4 faccia paura provare nel penultimo o terzultimo giro. Secondo me non è un percorso da scalatori puri, come ho letto in questi mesi, ma sicuramente servono doti da scalatore. Bisogna andare forte in salita, però anche avere doti di velocità, perché è un percorso in cui si fa a tanta velocità. Verrà fuori anche una bella media, secondo me».

Gli juniores torneranno

Quando Bennati si è fermato accanto agli altri tecnici, si è messo a spiegare con il gesticolare delle mani che descriveva i cambi di pendenza e l’uso dei rapporti. Mentre Daniele pedalava, gli altri con il furgone hanno girato sul percorso, facendo la rampa più dura nel verso della discesa.

«Un percorso che va rivisto – dice Salvoldi, tecnico degli juniores – mi piacerebbe tornarci a giugno con una rosa ampia di ragazzi. Credo che nella nostra categoria il primo giro nel circuito farà molta selezione. La prima parte della discesa è difficile, poi quando si arriva sul lungolago il percorso è veloce, fino a che si riprende nuovamente a salire. C’è quel primo strappo impegnativo e poi la salita più lunga tutta dritta, che non dà recupero né riferimenti. E’ sicuramente un percorso per atleti con caratteristiche di esplosività in salita e abilità di guida, non esclusivamente per corridori superleggeri».

La parte superiore della seconda salita richiede il rapportone: qui si può fare la differenza
La parte superiore della seconda salita richiede il rapportone: qui si può fare la differenza

A favore di chi attacca

Bennati ha finito di cambiarsi. Amadori ride e gli dice che sui questo percorso non lo avrebbe convocato. I cittì sono molto affiatati, scherzano, ma si capisce che avendo visto il percorso, hanno già iniziato a ragionare sui nomi. Sangalli li ha scritti nel telefono e ce li mostra con la promessa che li teniamo per noi. Amadori è più cogitabondo.

«La squadra sarà importante – dice Bennati – ma non ci sono grossi tratti in pianura, quindi a ruota si sta bene, a parte quando la corsa scoppierà. Da qui in cima e verso l’arrivo, ci sono tratti favorevoli e altri di strada tecnica e più stretta, per cui chi è davanti fa la stessa velocità di quelli dietro. Per questo, dando per scontato che in un mondiale non è mai facile organizzarsi, credo che chi sarà davanti avrà vantaggio. Quando poi si arriverà in basso, ci sono due o tre dentelli che potrebbero essere dei trampolini e poi la strada continua sempre a tirare un pochettino. C’è anche un tratto al 4-5 per cento, prima di girare a sinistra sul lago e da lì gli ultimi 3 chilometri saranno pianeggianti».

Ugualmente oggi, sul percorso abbiamo incontrato Demi Vollering, regina del Tour 2023
Ugualmente oggi, sul percorso abbiamo incontrato Demi Vollering, regina del Tour 2023

Demi Vollering nel frattempo è passata un’altra volta. La campionessa olandese, vincitrice del Tour 2023, abita a Basilea, quindi non perderà occasione per prendere confidenza con il percorso iridato. Nel frattempo il furgone con i tecnici azzurri ha imboccato la discesa. Le corse chiamano e la testa gradualmente sta tornando sulle Olimpiadi e le altre scelte da fare. Per chi ha il compito di schierare le migliori nazionali, il 2024 non sarà affatto un anno semplice.