Oldani cambia “armatura” ed è pronto per entrare nell’arena

02.10.2023
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LISSONE – Stefano Oldani è l’ultimo corridore a scendere dal pullman della Alpecin-Deceuninck. Il 25enne nato a pochi passi da queste strade si nasconde dietro il nuovo modello di occhiali da sole e sotto al casco bianco di Canyon. Prende la bici con il numero 24 agganciato al tubo sella, e si dirige verso il foglio firma della Coppa Agostoni. Deve attraversare tutto il piazzale, lui in bici e noi accanto, trotterellando a piedi. 

Il passaggio alla Cofidis che avverrà il primo gennaio del 2024 è una notizia della quale abbiamo parlato con il suo nuovo diesse Damiani, ma mai con il diretto interessato. Le corse di fine stagione ci offrono questo spunto e noi lo cogliamo. 

Stefano Oldani si dirige verso il foglio firma della Coppa Agostoni, una delle ultime gare in maglia Alpecin
Stefano Oldani si dirige verso il foglio firma della Coppa Agostoni, una delle ultime gare in maglia Alpecin

Vincente

Nell’intervista di Damiani il tecnico aveva detto che Oldani deve correre per vincere, una bella iniezione di fiducia. Quel che serve per affrontare con la giusta motivazione il cambio di maglia, dimostrare di essere un vincente. 

«E lo sono – afferma Oldani sicuro di sé – la mia ambizione è quella di essere un vincente. Ho fatto qualche anno a mettermi a disposizione di capitani dal nome e dal palmares importante: come Van Der Poel e Philipsen. Ora andando in Cofidis e avendo la fiducia di Roberto (Damiani, ndr) potrò avere le mie occasioni».

A pochi passi da casa tanta gente che lo cerca e lo acclama
A pochi passi da casa tanta gente che lo cerca e lo acclama

Nuovo capitolo

Oldani parla con un tono di voce che non lascia dubbi riguardo le sue intenzioni. E’ nell’età giusta per provare a dare il massimo ed ottenere tanto dalla sua carriera, il momento di provare a scommettere su se stesso è ora. 

«Possiamo dire che tocca a me – conferma mentre continua a pedalare – assolutamente. Mi lancio verso questa nuova avventura ambizioso e da vincente, non vedo altri modi. Ho tanta voglia di iniziare, ma prima di tutto bisogna finire la stagione nel miglior modo possibile con le corse qui in Italia. Non vedo l’ora di cominciare questo nuovo capitolo, per avere ancor più possibilità di correre da vincente come ha detto Damiani e soprattutto con la fiducia della squadra. Avere l’aiuto e l’appoggio di una persona come lui, uno che nel ciclismo ha mostrato tanto, è sicuramente una spinta in più per me. Le nostre mentalità sono molto simili da questo punto di vista e sarà la combinazione perfetta».

Genova, 19 maggio: Oldani vince la 12ª tappa del Giro d’Italia, battendo Rota
Genova, 19 maggio: Oldani vince la 12ª tappa del Giro d’Italia, battendo Rota

Fiducia

Questa è la parola che emerge dalla chiacchierata con Oldani. La fiducia è quella cosa che serve ad un corridore per tirare fuori qualcosa in più, per emergere. 

«La fiducia della squadra è molto importante, se non fondamentale – spiega Oldani – è normale che a volte si debba lavorare per capitani che a livello pratico vanno più forte di te, ci sta. Ora penso che in Cofidis avrò le mie occasioni, probabilmente qualcuna in più».

Oldani nel 2022 ha ottenuto la sua prima vittoria da professionista e lo ha fatto nella tappa di Genova al Giro d’Italia. Una cassa di risonanza importante, che ha fatto riecheggiare il suo nome per tanto tempo. Nel 2023 alla corsa rosa non si è ripetuto, ma ha avuto maggior costanza, con cinque piazzamenti nei primi 10. 

«L’ambizione principale – dice ancora Oldani – è quella di togliermi l’etichetta di quello che ha vinto la tappa al Giro. Fin dalla tappa successiva a quella di Genova avevo l’obiettivo di non rimanere quello che ha vinto solo la tappa al Giro».

Al Giro del 2023 nessun acuto ma maggiore costanza: 5 piazzamenti in top 10
Al Giro del 2023 nessun acuto ma maggiore costanza: 5 piazzamenti in top 10

Giuste corse

Un’altra parola chiave è calendario, Stefano Oldani vuole alzare l’asticella e potrà farlo mettendosi alla prova in ogni gara. Sarà importante però seguire il corretto cammino di avvicinamento.

«Come dicevo prima – conclude – si tratta di avere fiducia e anche fare il calendario giusto per le mie caratteristiche. Sono un corridore che ha bisogno di fare tante gare al fine di trovare la condizione migliore. Quindi aver qualcuno che crede in me al 110 per cento e che mi metta a disposizione o lasciarmi un po’ decidere il calendario. Il ritmo corsa lo fai solo quando metti il numero sulla schiena, aggiungi quel pezzettino che ti manca per essere competitivo. Forse è proprio questo che mi è mancato quest’anno».

Alla Vuelta sboccia Groves che un po’ ricorda Greipel

26.09.2023
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Con tre tappe vinte alla Vuelta e in precedenza quella di Salerno al Giro d’Italia, Kaden Groves è stato la rivelazione dei velocisti del 2023 o quantomeno una delle voci emergenti cui prestare più attenzione. Quello che sembra interessante (e che la corsa spagnola ha amplificato) è stata la sua tenuta sui percorsi più duri. Siamo certi, si sono chiesti alla Alpecin-Deceuninck, che questo australiano sia soltanto uno sprinter?

«Non ho ancora capito del tutto che tipo di corridore sono. I miei migliori risultati arrivano dagli sprint di gruppo dopo tappe difficili e collinari, quindi mi considero un velocista che può sopravvivere a un certo tipo di salite».

A Burriana, Groves vince la sua seconda tappe della Vuelta: batte Ganna
A Burriana, Groves vince la sua seconda tappe della Vuelta: batte Ganna

Velocista atipico

Queste parole profetiche, Groves le pronunciò nel 2019 alla fine del suo percorso fra gli under 23, dopo aver fatto tappa nella Seg Academy Racing e da lì aver spiccato il volo verso il WorldTour con la maglia della Mitchelton-Scott. «Non c’è dubbio – ricorda oggi – che il 2019 sia stato un punto di svolta, con due tappe al Triptyque des Ardennes e altre due al Circuit des Ardennes».

Vinse anche una tappa alla Ronde de l’Isard e si piazzò nei dieci alla Liegi U23. In Australia, dove è nato il 23 dicembre del 1998, era un corridore già molto apprezzato, ma dopo la prima stagione completa in Europa, è stato chiaro che la sua caratura fosse da scoprire.

«La sua seconda vittoria al Catalogna – ha raccontato di recente il suo diesse Gianni Meersman – comprendeva una salita di quasi otto chilometri, al sette per cento. Dei 150 corridori al via, ne erano rimasti in testa circa cinquanta. Non c’erano più velocisti in giro. Kaden era lì in mezzo a corridori che pesavano meno di 65 chili. E bastava guardare le sue gambe per capire che lui fosse ben più pesante (Groves è alto 1,76 e pesa 70 chili, ndr)».

La popolarità di Groves è uscita dai confini australiani: è il primo “canguro” a vincere la verde
La popolarità di Groves è uscita dai confini australiani: è il primo “canguro” a vincere la verde

Australiano con la valigia

Il ragazzo che iniziò ad andare in bici per guarire dai danni di un infortunio nel motocross, fece il salto di qualità decisivo quando prese coraggio e decise di spostarsi in Europa. 

«Venire a vivere in Spagna – ha raccontato dopo l’ultima tappa della Vuelta – è stato un grande passo, reso più semplice grazie al supporto e agli amici che mi sono fatto nel gruppo. A Girona ho trovato strade strette e un clima più rigido. Correre in Australia è meno aggressivo, ma quando sono in Spagna e non corro, riesco a divertirmi. Ed essendoci intorno anche altri corridori australiani, mi sembra di essere quasi a casa.

«Mi hanno detto che sono il primo australiano a vincere la maglia verde alla Vuelta e questo significa molto per me. Dimostra la coerenza che abbiamo dimostrato in questa corsa, impegnandoci in tanti sprint intermedi e anche sulle montagne. Anche io sono dovuto andare in fuga nella tappa di Bejes con l’arrivo in salita. Senza quei punti, la maglia sarebbe stata impossibile».

In fuga per 75 chilometri nella 16ª tappa verso Bejes per fare punti nei traguardi volanti e sulle salite
In fuga per 75 chilometri nella 16ª tappa verso Bejes per fare punti nei traguardi volanti e sulle salite

L’amico Dainese

Nell’intreccio delle sfide dell’ultima Vuelta, non è passata inosservata quella con Alberto Dainese: un altro che quando è in condizione e la fatica si accumula, riesce a fare la differenza nel gruppo dei velocisti. Così, dopo essergli finito alle spalle nelle prime due settimane, il veneto è riuscito a vincere dopo le montagne asturiane, mentre Groves proprio in quel giorni di Sicar è caduto dovendo rinunciare alla volata.

«Alberto è sempre stato incredibilmente veloce – ha raccontato Groves – e ci siamo allenati spesso insieme quando eravamo alla Seg, soprattutto nel ritiro che facemmo in Grecia nel 2017. Allenarmi con lui ha migliorato molto il mio sprint, siamo entrambi molto competitivi e ogni volta ci spingevamo al limite. Abbiamo una grande amicizia, in corsa sapevamo muoverci insieme».

Come Greipel

Quando la Vuelta è finita e, vinta la tappa di Madrid su Ganna, Groves ha raccontato che i suoi sogni da professionista sono la Sanremo e i Campi Elisi, i tecnici che erano già usciti dal Tour con le quattro vittorie e la maglia verde di Philipsen, si sono davvero fregati le mani. Al punto che Bart Leysen, che in carriera si è diviso fra le maglie della Lotto e quella della Mapei, si è lanciato in un interessante parallelo.

«Kaden mi ricorda André Greipel – ha detto – sia in termini di statura che di personalità. Si inserisce molto bene nel gruppo e ha la fiducia di tutti. Ha fatto davvero molta strada per la sua giovane età».

Madrid: Kuss per la favola, Groves e la Jumbo per il tris

17.09.2023
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Spettacolo, emozioni, favola. C’è tutto questo nel gran finale di Madrid della 78ª Vuelta a Espana. L’americano Sepp Kuss, vince il terzo grande Giro della stagione. E lo fa un po’ – parecchio a dire il vero – a sorpresa.

E mentre la Jumbo-Visma si unisce di nuovo in parata attorno al suo gregario/capitano, ammesso sia ancora giusto chiamarlo così, in testa al gruppo vince Kaden Groves. Sul podio è andata poi in scena la seconda tripletta del team olandese, con Roglic e Vingegaard ai lati di Kuss.

Spettacolo

Ma andiamo con ordine. Lo spettacolo è quello della tappa di oggi. Altro che passerella! Se le sono date eccome.

Ad un certo punto attacca Remco Evenepoel. Quasi si pensa ad uno scherzo, tipo Pogacar al Tour verso Parigi… invece il suo affondo è vero. E forse qualcuno lo sa. Poco dopo gli piombano addosso anche Filippo Ganna e lo stesso Groves.

Ecco dunque prendere corpo una delle tappe più emozionanti dell’anno. E’ come se l’inseguimento su pista, tanto caro a Ganna, sia stato traslato su strada, con un sestetto a scappare e il gruppo ad inseguire. E sì che si era anche in circuito. Poi valli a riprendere Pippo e Remco: il primo e secondo della crono iridata.

Dietro tira chiunque. Eppure non li prendono. O meglio li prendono sull’arrivo, ma restano comunque davanti. L’epilogo lo conosciamo: primo Groves, secondo Ganna. 

Dainese ce lo aveva detto prima del via da Barcellona: «Groves sarà il velocista faro della Vuelta». E così è stato. E’ stato un gatto a seguire Evenepoel, anche perché c’era il rischio che il campione della Soudal-Quick Step gli portasse via la maglia a punti. Remco poteva prendersi sia il traguardo volante che l’arrivo. Era difficile, ma la matematica non lo condannava.

E poi c’è il corridore della Ineos-Grenadier. Ganna ha portato a casa tre secondi posti e una vittoria (a crono). Questo suo attaccare e gettarsi nelle volate è un bel segnale in vista del campionato europeo di domenica prossima.

Mentre Evenepoel quasi, quasi si è dimostrato più simpatico e amabile dopo la debacle del Tourmalet che nel resto della sua giovane carriera. Potente, divertente, coraggioso, imprevedibile. Tutti contenti.

Jumbo-Visma piglia tutto: tre grandi Giri nella stessa stagione, impresa mai riuscita a nessun team
Jumbo-Visma piglia tutto: tre grandi Giri nella stessa stagione, impresa mai riuscita a nessun team

Emozioni

Infine ci sono loro: i Jumbo-Visma. Discussi, sospettati, ammirati… forse anche invidiati. Con loro torniamo alle emozioni di 24 ore prima. All’abbraccio sull’arrivo di Gaudarrama. Vingegaard e Roglic, maglia gialla e maglia rosa, che onorano la maglia rossa, appunto Kuss. Quella maglia che spettava ad uno di loro due ma che simboleggia la vittoria di squadra. Perché Sepp Kuss rappresenta la squadra.

Per tutta la Vuelta hanno controllato. Padroni della situazione. Quasi dittatori, in senso sportivo s’intende, dopo il crollo di Evenepoel. Magari con l’ex iridato ancora in corsa per la generale avremmo scritto di un’altra storia. 

Kuss ha vinto la sesta tappa sull’Observatorio Astrofísico de Javalambre e ha preso la maglia roja due giorni dopo. Non l’ha più mollata. «La perderà a crono», si diceva. «Sul Tourmalet mollerà», si diceva. «Dopo Giro e Tour è troppo stanco per tenere anche nella terza settimana della Vuelta», si diceva.

A quel punto rideva il gran capo dei Jumbo, Richard Plugge, ridevano i diesse e ridevano i tifosi, che invocavano la vittoria del gregario a furor di popolo. Tutti contenti.

Il podio finale: primo Kuss, secondo Vigegaard a 17″, terzo Roglic a 1’08”. Chiaramente hanno vinto anche la classifica a squadre
Il podio finale: primo Kuss, secondo Vigegaard a 17″, terzo Roglic a 1’08”. Chiaramente hanno vinto anche la classifica a squadre

Favola

E per finire c’è la favola. Il gregario che diventa campione. Il gregario che ha contribuito alla vittoria di tutti i grandi Giri nella storia della Jumbo-Visma, che viene contraccambiato dalla squadra.

Durante questo viaggio da Barcellona a Madrid, Kuss si ritrova leader quasi per caso e con un bel vantaggio. Lascia fare i suoi due capitani, tra compleanni della figlia, vittorie per il compagno (Van Hooydonck) che ha subito l’incidente, gli arrivi prestigiosi… Sepp li lascia andare, ma nel finale accelera sempre, per ridurre il gap e salvare quella maglia rossa, ormai diventatagli cara.

Pensate che la moglie, che mai lo aveva visto con una maglia diversa da quella giallonera, non lo aveva riconosciuto a prima vista quando era andata a trovarlo!

«E’ stato incredibile in queste tre settimane – ha detto Kuss – è stato speciale ieri poter festeggiare insieme e di farlo con i miei due compagni, leader, di squadra. Ieri ho sofferto più che sull’Angliru (la tensione di chi non è abituato a lottare in prima persona per certi obiettivi, ndr) ma è stato bello».

«Io non cambio, resto me stesso. Per ora non riesco a realizzare ciò che ho fatto. Credo ci vorrà un po’ di tempo. Intanto stasera faremo una grande festa con i compagni e lo staff. Anche la mia famiglia e i miei amici sono qui».

Tutti contenti.

Oldani alla Cofidis. Damiani: «Deve correre per vincere»

16.09.2023
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Nel 2024 Stefano Oldani vestirà la maglia della Cofidis. Per il lombardo classe ’95 dopo Lotto-Soudal e Alpecin-Deceuninck sarà la sua quinta stagione in una World Tour. Per lui c’è una vittoria in bacheca conquistata al Giro d’Italia 2022 sull’arrivo di Genova. Dopo una crescita costante però Stefano ha deciso che forse è tempo di mettersi al tavolo e giocare le sue carte.

La Cofidis per Oldani può essere un banco di prova per misurarsi da protagonista laddove ce ne sarà la possibilità. Il palcoscenico sarà sempre quello dei top team, con però uno spiraglio di ambizioni più ampio. Roberto Damiani lo ha voluto e lo osserva da qualche anno in più di quello che si potrebbe pensare. Scopriamolo…

Stefano Oldani esulta sul traguardo di Genova al Giro d’Italia 2022
Stefano Oldani esulta sul traguardo di Genova al Giro d’Italia 2022
Lo conoscevi già, al di là dei risultati, dal punto di vista personale?

Sì, perché è nato molto vicino a casa mia, siamo quasi conterranei. Lo conosco da quando era junior quando vinse anche il campionato italiano a cronometro. Ha sempre girato nella pista di Busto Garolfo che conosco bene. E’ cresciuto in maniera estremamente costante.

Invece dal punto di vista ciclistico, professionale?

E’ facile tenere sott’occhio chi si comporta bene, chi porta a casa i risultati. A parte la simpatia, la stima che ho per questo corridore, l’ho visto sempre battersi anche quando era in Lotto, squadra in cui sono stato, che adoro ancora. Mi è piaciuta la sua scelta di andare all’estero in squadre World Tour fin da subito, non ha fatto i calcoli col bilancino, ma è andato a mettersi in gioco immediatamente in squadre titolate e storiche. Anche la sua scelta di andare in Alpecin, a mio parere è stata una decisione qualitativa. Penso che Stefano stia proprio cercando il momento, l’opportunità per avere le sue responsabilità e giocarsi le sue carte.

Per Oldani prima della Alpecin ci sono state due stagioni alla Lotto-Soudal
Per Oldani prima della Alpecin ci sono state due stagioni alla Lotto-Soudal
Oldani viene da quattro anni in World Tour. Arriva in Cofidis con un’esperienza consolidata nonostante la sua età in questa tipologia di squadre…

Stefano, pur essendo ancora relativamente giovane, ha già qualche anno di esperienza ad altissimi livelli. Non ultimo da protagonista come la tappa di Genova che ha vinto nel Giro d’Italia 2022 che è stata veramente splendida. Ma anche in altre situazioni si è mosso bene nel World Tour, non è poi facile come sembra. Avrà la possibilità di andare a ricercare dei risultati personali. Oltre alla qualità dell’atleta il fatto di poter avere Stefano con noi ci ha interessato veramente anche per questa sua voglia di andare a cercare risultato. Arriva in un’età in cui raggiungerà l’apice della condizione psicofisica per i prossimi due anni.

Come siete arrivati a sceglierlo?

E’ stata una cosa molto reciproca, data anche dalla dalla conoscenza che c’era già in particolare fra me e lui. L’ho proposto a Cédric Vasseur che ha subito dato l’okay. Poi si sa, ci sono i vari processi con i procuratori e manager. Ho parlato anche con Stefano più di una volta, prima che lui scegliesse di venire con noi. Quando ha deciso veramente a me ha fatto molto piacere e devo dire che questa cosa mi ha anche molto responsabilizzato. Quando l’atleta pensa che tu possa dargli qualcosa di importante, è una responsabilità che ancora adesso per me rappresenta uno dei punti principali del rapporto dell’attività di un direttore sportivo. 

Stefano Oldani chiude questi due anni in Alpecin-Deceuninck positivi e ricchi di esperienza
Stefano Oldani chiude questi due anni in Alpecin-Deceuninck positivi e ricchi di esperienza
Ci spieghi cosa rappresenta un innesto come lui, da un lato le ambizioni di squadra e dall’altro di ambizioni personali. Credi possa essere prezioso in entrambe le situazioni?

Direi che Stefano è un atleta poliedrico. Non è certo lo scalatore puro, ma ha una buonissima tenuta in salita e un ottimo spunto veloce. Quindi il fatto di andare a cercare di metterlo in condizione di fare il massimo dei risultati sarà uno degli obiettivi principali. Poi lo ritengo un ottimo professionista, quindi sono certo che quando ci saranno le condizioni per cui dovrà essere lui ad aiutare un altro leader, un altro capitano di giornata, lo farà sicuramente. Non ho nessun dubbio in questo senso.

Abbiamo visto che Oldani è competitivo nei grandi giri, l’ha fatto vedere l’anno scorso, ma anche quest’anno. E’ un corridore su cui si può fare affidamento anche per questo tipo appuntamenti?

Assolutamente sì. Penso che quando ci troveremo nei primi ritiri dell’anno in cui faremo i programmi dei corridori ci sarà veramente un’attenzione per lui sotto questo punto di vista. Sicuramente può far bene per le vittorie di tappa nei grandi giri e non mi dimenticherei che il Tour partirà dall’Italia…

Ti sei fatto un’idea su quali possano essere degli obiettivi papabili per lui. Nelle corse autunnali è sempre competitivo ed è un profilo che può essere pronto anche nelle corse di un giorno a inizio anno?

Sì, è sicuramente un corridore che da un punto della classifica generale non potrà mai farne un obiettivo. E’ un atleta, diciamo da tappe, ha le caratteristiche per puntare alle corse di un giorno. Deve e dovrà andare a correre per vincere.

Van der Poel, programma per tutelare gambe e testa

02.09.2023
4 min
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L’idea che quella di Glasgow potesse essere l’ultima corsa della stagione è stata presto abbandonata, per cui Mathieu Van der Poel tornerà in gara su strada domani a Plouay. Il suo calendario è stato ridisegnato per gratificare la maglia di campione del mondo e permettere all’olandese di avvicinarsi meglio ai prossimi obiettivi.

«Il divario tra Glasgow e l’inizio della stagione del cross sarebbe troppo grande – ha spiegato Christoph Roodhooft, l’artefice dei successi sportivi del campione del mondo a Het Nieuwsblad – quindi al suo calendario sono state aggiunte alcune prove. Con quale scopo? Fa poca differenza per il suo palmares se vince a Plouay o Fourmies, anche se sono grandi gare. Essere presenti da campione del mondo è il motivo principale. Mathieu vuole assolutamente partecipare anche al test event di mountain bike prima dei Giochi Olimpici (23 settembre, ndr), quindi ha dovuto tenersi in allenamento. Non ci sono obiettivi specifici, ma si spera che da qualche parte si riesca anche a fare risultato».

La prima uscita in maglia iridata, al criterium Profronde Van Etter-Leur
La prima uscita in maglia iridata, al criterium Profronde Van Etter-Leur

Vacanze finite

Il programma prevede dunque Plouay, il GP Fourmies (10 settembre), GP Wallonie (12 settembre), Super8 Classic (16 settembre) e Circuit Franco-Belge (28 settembre): ad eccezione del Super8 sono tutte classiche a cui Van der Poel non ha ancora mai partecipato.

«Era tutto un fatto di pianificazione – ha approfondito Roodhooft – per cui capitava che non si adattassero alla sua preparazione per il campionato del mondo, oppure alla preparazione per la stagione di ciclocross. Non era certo un fatto di volerle o non volerle fare. Il percorso di Plouay gli si addice, ma naturalmente c’è stata una certa… decompressione dopo i mondiali. Dopo la delusione nella mountain bike (Van der Poel è caduto in partenza e ha dovuto ritirarsi, ndr) Mathieu è andato in vacanza per qualche giorno. Poi però ha iniziato ad allenarsi bene e ho l’impressione che stia andando abbastanza bene. E non dimentichiamo che è settembre per tutti. La maglia iridata gli rende impossibile pedalare in modo anonimo. Ma anche senza averla indosso, per Mathieu era quasi impossibile».

Mathieu insieme al campione europeo Jakobsen. VDP non sarà in gara a Drenthe il 24 settembre
Mathieu insieme al campione europeo Jakobsen. VDP non sarà in gara a Drenthe il 24 settembre

Continuare al top

Van der Poel ha vinto solo cinque corse in questa stagione, ma fra queste ci sono la Milano-Sanremo, la Parigi-Roubaix e il campionato del mondo.

«E quelle sono le corse in base alle quali viene giudicato – ha proseguito il suo tecnico – per me può vincere 25 gare, ma ci aspettiamo tutti che vinca gare come Sanremo, Fiandre o Roubaix. La quantità non è importante, conta la qualità. Nel team ci occupiamo anche del suo benessere mentale. Oggi ha 28 anni: questa è una fase cruciale della sua carriera. Se la supera bene, può continuare a correre ad alto livello per qualche altro anno. Spesso si vedono i migliori talenti svanire dopo questa fase della loro carriera, intorno ai trent’anni. Facciamo tutto il possibile per impedirlo, perché semplicemente andare avanti in modo anonimo non è nel suo carattere. O continua nel modo giusto, oppure non continua».

Per il campione olandese sempre tanta passione da parte dei fans, ancor più dopo il titolo mondiale
Per il campione olandese sempre tanta passione da parte dei fans, ancor più dopo il titolo mondiale

Pressione e salute

E qui Roodhoft ha spalancato la porta su uno dei problemi che sta determinando da qualche anno il nuovo corso del ciclismo e aumentando la pressione sugli atleti, soprattutto sui più forti, arrivando a ritiri clamorosi come quello di Tom Dumoulin.

«Corrono molto meno, ma sono sempre in bicicletta. All’interno di questo approccio completamente nuovo, fatto di allenamento in quota e controllo rigoroso del cibo, spetta a noi garantire il benessere mentale. Ormai correre significa lavorare per obiettivi, cercare di essere forti al momento giusto e in modo sano».

Conci non molla. Ora Danimarca e Germania (soprattutto)

17.08.2023
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Nicola Conci è impegnato al Giro di Danimarca. Il corridore della Alpecin-Deceuninck sembra finalmente stare bene e aver trovato la continuità di cui tanto aveva bisogno.

Lo avevamo lasciato ad inizio anno con una valigia piena di sogni e buoni propositi, ma ancora una volta la sfortuna, che non è affatto cieca, lo ha colpito. E gli aveva compromesso di fatto il maggiore obiettivo dell’anno: il Giro d’Italia.

Nicola Conci (classe 1997) è alla sesta stagione da professionista
Nicola, come stai?

Ora meglio. Ho ripreso al Giro di Polonia ed è stata una prima corsa dopo un lungo periodo tranquillo, senza aver fatto gare a luglio. Mi è mancato qualcosina nel finale delle prime tappe, quelle più importanti o comunque più adatte a me, però è stata un’ottima prova in vista del prosieguo della stagione.

E cosa prevede il tuo calendario?

Giro di Danimarca, poi il Giro di Germania, poi ancora le due corse di un giorno in Canada – Quebec e Montreal – e a seguire tutto il blocco delle corse italiane. Le possibilità per far bene non mancano.

Nicola, ci eravamo lasciati a febbraio con una lunga intervista piena di buoni propositi. Tutto sommato, la preparazione per il Giro era iniziata in maniera lineare. Poi che cosa è successo?

In questa prima parte di stagione non sono stato fortunatissimo. Ero partito abbastanza bene in Algarve. Mi sentivo bene ed ero fiducioso, ho anche ottenuto un paio di top 10. Poi abbiamo fatto un lungo ritiro e per un mese non ho corso e sono arrivato un po’ sottotono al Catalunya e forse l’ho pagato. Lì mi sono  anche ammalato. Ai baschi sono durato qualche giorno, poi mi sono dovuto ritirare. Dopo i Baschi sono andato di nuovo in altura, ma mi sono ammalato nuovamente.

Al Giro d’Italia appena sei tappe per Conci, una fuga nel giorno di Lago Laceno e poi il Covid. Un peccato. Ci aveva lavorato moltissimo
Al Giro d’Italia appena sei tappe, una fuga nel giorno di Lago Laceno e poi il Covid
Forse eri già un po’ debilitato…

Ero sul Teide, ma non ero al top. Poi al Giro mi sono ammalato una seconda volta consecutiva, questa volta con il Covid. Ci ero andato tranquillo, pensando di aver superato ormai l’influenza, ma non era così. A dimostrazione che Covid ed influenza sono due cose diverse. Sensazioni fisiche diverse. Con il test positivo mi sono dovuto ritirare e ho dovuto osservare un periodo di riposo.

Al Giro hai fatto una settimana, poi però eri al Delfinato. Si pensava al Tour?

No, ho fatto il Delfinato giusto per fare qualche giorno di corsa in vista dell’italiano. A quel punto ho fatto un reset pieno, pensando appunto a questa seconda parte di stagione.

Non è facile, ce ne rendiamo conto. Venivi dal caso Gazprom e ancora una stagione travagliata: come si fa a tenere duro?

Eh già, ripensandoci non è facile perché appunto l’anno scorso c’è stata la cosa della Gazprom. L’anno prima l’operazione all’arteria iliaca, problema che a sua volta persisteva da anni. Da quando sono professionista non sono riuscito a fare una stagione senza problemi. Come si fa mi chiedete? Si pensa sempre un po’ al giorno stesso, alla prossima corsa… ma il tempo passa. Io non posso far altro che lavorare e concentrarmi sull’immediato futuro.

Conci (in primo piano) alla Volta ao Algarve: aveva ottenuto un incoraggiante 7° posto in una delle tappe più dure
Conci (in primo piano) alla Volta ao Algarve: aveva ottenuto un incoraggiante 7° posto in una delle tappe più dure
Il problema oggi non è tanto stare male una volta o due. Questo gruppo sembra un treno in corsa. Ogni volta che ci si rientra dopo uno stop si finisce in un vagone dietro. Ma alla fine i vagoni finiscono…

Vero, come dicono un po’ tutti, sembra che dal 2020 sia cambiato qualcosa nella mentalità dei corridori. Ormai o si arriva iper preparati a tutte le corse o non si può più neanche partire. La corsa per allenarsi non esiste più. Adesso i valori che fai a febbraio all’Algarve sono gli stessi che fai al Giro d’Italia e al Tour de France. Poi, ovvio, in Algarve fai una salita forte e ci sono 20 corridori davanti, al Tour de France ce ne sono 80. Però quei numeri stellari devi sempre farli se vuoi stare lì… almeno nella media.

Sei in scadenza di contratto: si muove qualcosa? C’è idea di restare alla Alpecin?

Qualcosa si muove, l’idea è di restare. Stiamo parlando da un po’, ma ancora non c’è niente di definitivo. Intanto cerco di far bene e poi vedremo.

Hai nominato una bella lista di corse all’orizzonte e, ci sentiamo di aggiungere, per fortuna. Tra queste ce n’è qualcuna che ti piace di più? Qualcuna che può essere adatta a te?

Sicuramente il Giro di Germania. Penso sia più adatto rispetto al Danimarca, dove magari aiuterò di più la squadra. Magari in Germania avrò un po’ più di spazio, ma anche Quebec e Montreal sono due corse di un giorno abbastanza impegnative. Magari riuscirò a mettermi in luce lì, anche in vista di tutte le corse italiane che seguiranno. Bene o male le nostre corse sono tutte abbastanza buone per me.

E anche la tua motivazione sembra buona, dai…

Sì, si… quella c’è!

Sbaragli sicuro: i giganti si battono correndo uniti

05.08.2023
3 min
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Sbaragli è la gentilezza fatta persona, eppure alla fine di giugno dal podio dei campionati italiani, tirò fuori un ruggito. Una rivendicazione, un gesto d’orgoglio e insieme di rabbia.

«Durante l’anno – disse piuttosto innervosito – nessuno si accorge mai che corro anche io. Faccio sempre il mio lavoro, però quando posso fare la mia gara penso di saper ancora andare forte, quindi sono contento della prestazione del campionato italiano. Oggi si poteva fare la volata, ma io non ho potuto farla perché, al pari di Trentin che come me partiva da dietro, mi sono trovato con la strada chiusa. E se non avessi frenato, sarei caduto».

Ce l’aveva con Rota, poi si sono chiariti e adesso sono compagni di nazionale, con il completo azzurro che per la prima volta non prevede le scritte degli sponsor sul pantaloncino (in apertura, da Instagram, una foto di Sbaragli in allenamento al Mugello nei giorni scorsi).

La Sanremo vinta dal compagno VDP festeggiata col figlio Lorenzo: per Sbaragli un giorno indimenticabile (foto Instagram)
La Sanremo vinta dal compagno VDP festeggiata col figlio Lorenzo: per Sbaragli un giorno indimenticabile (foto Instagram)
Pensi che questa convocazione sia il riconoscimento di quella prova e un premio per il tuo rendimento?

Penso che sia stato un segnale importante, in una corsa dove potevo lottare per fare un ottimo risultato. Anche il percorso del mondiale mi si addice, penso di avere le caratteristiche per essere di massimo supporto alla squadra. Naturalmente so quale sarà il mio ruolo e penso che in funzione di questo correremo e faremo il massimo. La squadra è molto unita, sono contento di far parte di questo gruppo.

Il tuo compagno di squadra Philipsen ha fatto scoppiare un bel putiferio dicendo che a Glasgow non si metterebbe di traverso a Van der Poel, che è vostro capitano, ma corre con l’Olanda…

In Belgio hanno abbondanza e i loro bei problemi. Vedo più pressante il problema interno che le parole di Philipsen. In quella nazionale ci sono tre leader assoluti e penso che questo, al contrario, dovrà essere la nostra forza per lottare uniti.

Al campionato italiano, Sbaragli ha corso libero da impegni di squadra ed è salito sul podio (terzo)
Al campionato italiano ha corso libero da impegni di squadra ed è salito sul podio (terzo)
Il fatto di correre in squadra con Van der Poel può essere un vantaggio?

Per contrastarlo bisognerà correre ognuno al 110 per cento senza alcun individualismo, lotteremo per fare arrivare una maglia azzurra il più in alto possibile. Magari in Belgio o in Olanda hanno individualità più forti delle nostre, ma forse non sono tanto uniti.

Tu come stai?

Sto bene, sto molto bene. Ho fatto un avvicinamento ideale per arrivare al massimo e quindi spero di poter dimostrare la condizione che ho.

A Philipsen il primo sprint e ora mirino sulla “verde”

03.07.2023
5 min
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Prima volata, vince Philipsen e Van der Poel lo pilota da vero mago. Giusto pochi giorni fa Petacchi lo aveva inserito fra i velocisti più completi e per questo vicini alla maglia verde. A ben guardare lo scorso anno Jasper fu secondo, sia pure distaccato di un monte di punti da Van Aert. Sarà nuovamente il Wout nazionale l’uomo da battere o davvero se ne andrà quando sua moglie darà al mondo il secondo figlio? E se rimarrà, potrà correre libero come nel 2022?

«Sono molto contento della prestazione della squadra – ha detto Philipsen dopo l’arrivo – Jonas Rickaert e Mathieu Van der Poel hanno fatto un lavoro fantastico. E’ fantastico avere qualcuno come Mathieu come ultimo uomo. Se ha spazio per andare, nessuno può passarlo. Vincere la prima volata è sempre più difficile, sono molto contento di esserci riuscito. Ma spero che ne seguiranno altre e ovviamente anche la maglia verde resta un obiettivo».

Ancora una volta, super lavoro di Van der Poel, come ultimo uomo e pilota nella mischia
Ancora una volta, super lavoro di Van der Poel, come ultimo uomo e pilota nella mischia

Processo di crescita

E’ felice come una Pasqua per la vittoria appena ottenuta e ancor più felice di aver scongiurato il rischio che la Giuria gliela togliesse per il cambio di direzione: era lui davanti, nessuna infrazione. Al confronto, infatti, Van Aert ha fatto meno storie oggi che dopo la tappa di ieri. Si è limitato a spiegare di essersi trovato chiuso e di confidare nella valutazione della Giuria. Della maglia verde non ha parlato.

«Mi sono allenato tanto in salita – dice Philipsen – di conseguenza le mie condizioni generali sono migliorate. Me ne ero già accorto alla Sanremo. Di solito sul Poggio mi si spegneva la luce, questa volta l’ho passato bene. I dati parlano di quasi 30 watt in più: la differenza tra vincere o perdere. Non diventerò mai un Van Aert o un Van der Poel, ma forse loro non hanno il mio sprint. Divento più forte ogni anno. Non enormi passi in avanti, ma piccoli e costanti. Ho 25 anni, credo che il meglio debba ancora venire».

Carcassonne, 15ª tappa dell’ultimo Tour, Philipsen infilza Van Aert allo sprint
Carcassonne, 15ª tappa dell’ultimo Tour, Philipsen infilza Van Aert allo sprint
Strano che anche Van der Poel non voglia lottare per la maglia verde…

Non credo abbia voglia di dedicarsi ogni giorno a quel tipo di obiettivo. La squadra ci ha fatto correre molto insieme, per farci diventare compatibili e credo che questo Tour lo dimostrerà.

Come si fa a diventare compatibili se entrambi volete sempre vincere?

Abbiamo viaggiato spesso insieme e ci siamo conosciuti meglio. E’ un tipo divertente, siamo diventati amici. Prendiamo entrambi sul serio il lavoro che facciamo, ma quando si va d’accordo, tutto fila via più liscio.

Alla Tirreno, Mathieu ha lavorato per te in entrambi gli sprint che hai vinto e oggi è successo anche al Tour.

L’ho già detto: è stato un grande valore aggiunto. Mathieu può tirare molto più a lungo di altri, ma dobbiamo ancora capire come fare e valutare il rischio delle varie situazioni. So che posso vincere anche da solo.

Prima tappa al Giro del Belgio: Philipsen batte Jakobsen e dietro Van der Poel esulta
Prima tappa al Giro del Belgio: Philipsen batte Jakobsen e dietro Van der Poel esulta
Secondo Petacchi, fra te e la maglia verde c’è comunque Van Aert.

Tutto dipende da lui. Può conquistare tanti punti lungo la strada scattando e infilandosi nelle fughe. Se invece dovrà correre più coperto, allora le mie possibilità aumenteranno. Però entreranno in ballo anche gli altri velocisti, per cui sarà decisivo vincere tappe. Gli sprint intermedi peseranno meno e se perdi punti in una volata per la vittoria, le differenze saranno più marcate.

Un velocista è in grado di dire quale posizione occupa nella scala gerarchica dello sprint? 

Se non sbaglio quest’anno sono stato battuto in volata solo due volte, da Jakobsen (alla Tirreno-Adriatico e al Giro del Belgio, ndr). In entrambe le occasioni però sono arrivato secondo. Sei volate le ho vinte, ho iniziato a concentrarmi molto sui dettagli. Penso di essere più maturo e anche un po’ più forte. Nel Tour del 2021 ho conquistato sei podi e nemmeno una vittoria. Lo scorso anno, tre podi e due vittorie fra cui Parigi. Voglio di più.

Pochi scontri diretti con Cavendish. Sul podio della Scheldeprijs, con loro due c’è anche Welsford
Pochi scontri diretti con Cavendish. Sul podio della Scheldeprijs, con loro due c’è anche Welsford
Avrai fra i piedi Cavendish che insegue il record di Merckx, cosa ne pensi?

Di certo non gli farò regali. Mi ha colpito molto che dopo un Giro d’Italia così duro, soprattutto mentalmente, sia riuscito a vincere l’ultima tappa. Se batte il record, sarà tutto merito suo, ma non sarà facile.

A volte ti hanno accostato a lui per manovre un po’ rischiose in volata.

Non è più così e soprattutto non ho mai oltrepassato un limite. Andavo meno forte e dovevo approfittare degli altri per salvarmi dal vento e scalare posizioni. Da ragazzo capita di sbagliare, la regola è imparare dagli errori. Adesso arrivo più fresco ai finali, quindi mi riesce più facile prendere correttamente posizione e quindi rischio meno.

E’ vero che non ti piace studiare i tuoi dati e li lasci agli altri?

Molto vero. Preferisco restare concentrato e se poi qualcosa va male, meglio guardare il filmato, capire perché e andare avanti. Mi fido del programma e dei piani della squadra. Lascio i dati agli allenatori e faccio affidamento sul mio istinto.

E’ vero che hai in testa anche il mondiale di Glasgow?

Per me è presto parlare di classiche come il Fiandre, perché è troppo duro. Però sono arrivato secondo alla Roubaix, quindi questo mondiale diventa interessante. Ne ho già parlato con Sven Vanthourenhout, il tecnico della nostra nazionale. Potrei nascondermi un po’ in gruppo lasciando che Van Aert ed Evenepoel corrano in modo più offensivo. Io potrei fare il parafulmine, casomai si arrivasse allo sprint. Dipende dai programmi della nazionale e anche da come supererò il Tour. Fra sei o sette tappe magari ne sapremo qualcosa di più.

VdP piomba sul Tour: valori super e un pensiero iridato

29.06.2023
5 min
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Mathieu Van der Poel si appresta a correre il suo terzo Tour de France, ma il primo a mente libera come ha detto lui stesso. Una volta aveva le Olimpiadi in mtb per la testa, una volta ci era arrivato dal Giro d’Italia e quindi era già stanco. Adesso la Grande Boucle aspetta un VdP al 100 per cento e lui, chiaramente, vuol farsi trovare al meglio.

VdP ha vinto il Baloise Belgium Tour, conquistando anche una tappa
VdP ha vinto il Baloise Belgium Tour, conquistando anche una tappa

Dente “avvelenato”

L’olandese è rimasto deluso dal campionato nazionale. Aveva provato con quel mix tra follia e forza che lo contraddistingue, ma la Jumbo-Visma lo ha marcato bene e alla fine Mathieu si è dovuto arrendere: “solo” terzo. 

«Altre squadre – ha detto dopo la gara, l’atleta dell’Alpecin-Deceuninck – si sono presentate al via con molti più corridori, il che ha reso la gara difficile per me. Mi sono sentito abbastanza bene durante tutta la giornata. Sto anche affrontando meglio il caldo, ma perdere così è frustrante».

«Da parte mia però, penso di aver fatto tutto bene. A un certo punto devi iniziare a giocare d’azzardo e pensare a vincere. Dylan (Van Baarle, ndr) è un campione vero, hanno fatto bene la Jumbo-Visma a ingaggiarlo. Ora qualche giorno di recupero per me e poi andrò al Tour».

Van der Poel lo scorso anno alla Coppi e Bartali, al centro Christoph Roodhooft 
Van der Poel lo scorso anno alla Coppi e Bartali, con lui Christoph Roodhooft 

E con il suo manager e direttore sportivo, Christoph Roodhooft abbiamo parlato proprio in ottica Tour de France. Cosa aspettarci da VdP?

Christoph, come giudichi la performance di Mathieu VdP al Belgium Tour? In un’intervista dopo il Giro belga si era parlato addirittura di wattaggi tra i migliori di sempre per Mathieu?

Mathieu ha effettivamente raggiunto un livello elevato nel Baloise Belgium Tour. Dopo una breve pausa a seguito della Parigi-Roubaix, ha lavorato per essere in forma proprio per questo periodo grazie ad uno stage in Spagna, prima, e ad un ritiro in quota con la squadra a La Plagne, poi.

Con l’obiettivo del Tour…

Concentrandosi sul Tour ma anche sui Mondiali su strada. Intanto possiamo dire che è pronto per il Tour.

La Grande Boucle che sta per iniziare prevede molte tappe miste, collinari…. ne avete già individuate alcune?

Ci sono un certo numero di tappe in cui Mathieu può fare bene con le sue capacità. Penso sia alle tappe intermedie ma anche a quelle con un finale… incisivo, diciamo così. Ma prima di dire questa o quella frazione vediamo come si svilupperà la sua forma nell’arco delle tre settimane. Mathieu, inoltre, cercherà anche di aiutare Jasper Philipsen negli sprint.

Se dovesse vincere a Bilbao, per Mathieu non sarebbe la prima maglia gialla della carriera. L’aveva già conquistata nella 1ª tappa del Tour 2021
Se dovesse vincere a Bilbao, per Mathieu non sarebbe la prima maglia gialla della carriera. L’aveva conquistata nella 1ª tappa del Tour 2021
Lo scorso anno la maglia rosa al Giro, che partiva dall’estero, quest’anno anche il Tour parte oltreconfine: la maglia gialla nella prima frazione è un obiettivo concreto?

Vedremo come si evolverà la corsa a Bilbao. È una tappa adatta sia ai combattenti che ai corridori di classifica. Difficile fare una dichiarazione in merito in anticipo. Ma se si presenterà l’occasione, Mathieu di certo non se la farà scappare.

Mathieu ha detto che sarà al Tour per la prima volta “a mente libera”. Quanto è importante questo fattore per te? 

In effetti, ha una mente libera. Ma non credo che questo sia il fattore più importante. Mathieu ha detto che vuole finire il Tour per la prima volta nella sua carriera. Ma allo stesso tempo, sta correndo “con il mondiale nella parte posteriore della sua mente”».

Quindi al mondiale ci pensa. Tutto questo, può aumentare la pressione?

Riguardo alla pressione: Mathieu inizia ogni gara con la pressione di chi deve provare a vincere. Può farcela sempre, ma questo non ha nulla a che fare fare con una mente libera.

Il Tour, il mondiale, la maglia gialla… e quella verde può essere un obiettivo?

No, in più occasioni ha già detto che la maglia verde non è un obiettivo per lui. Semmai questo è un obiettivo a cui può aspirare Jasper Philipsen… se tutto va bene.

Sempre al Giro del Belgio, Mathieu si è messo anche a disposizione di Philipsen, cosa che secondo Roodhooft vedremo anche in Francia

Da Parigi a Glasgow

E’ centrale il passaggio in cui Roodhooft parla anche del mondiale, che tutto sommato sì il Tour è l’obiettivo, ma VdP ci va anche pensando alla corsa iridata in Scozia. Magari l’obiettivo arcobaleno lo porterà a correre un po’ meno alla garibaldina di quanto ha fatto al Giro d’Italia lo scorso anno.

Ci saranno da dosare benissimo le energie. Il percorso della Grande Boucle è particolarmente duro quest’anno. E tra il gran finale di Parigi (23 luglio) e la corsa iridata (6 agosto) ballano giuste, giuste due settimane.

Lo stesso Roodhooft, in un’intervista rilasciata al giornalista olandese Raymond Kerckhoffs, aveva detto: «Non c’è alcuna possibilità di migliorare durante quel periodo. Dopo il Tour probabilmente Mathieu penserà solo a recuperare».

Vedremo, come andranno le cose. Ma sapere di un VdP che al Giro del Belgio era sui valori migliori di sempre fa già drizzare i peli.