Glutammina? Insieme a EthicSport scopriamo a cosa serve

13.06.2024
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Il giusto recupero dallo sforzo è la miglior base di partenza per ricercare il massimo delle prestazioni in allenamento o in gara. La ricerca, da parte delle aziende che realizzano integratori, parte anche da questo particolare ormai. A tal proposito EthicSport ha portato avanti una comprensione continua e sempre più approfondita su quali siano i nutrienti essenziali per il corpo umano. Uno di questi è la glutammina, essenziale per la riparazione e il recupero muscolare. 

La glutammina va assunta nei primi 30 minuti dopo l’allenamento e riduce i tempi di recupero
La glutammina va assunta nei primi 30 minuti dopo l’allenamento e riduce i tempi di recupero

I benefici

La glutammina è un aminoacido non essenziale, infatti il nostro corpo può sintetizzarlo in perfetta autonomia. Il problema sorge quando si vivono dei momenti intensi di stress fisico, come in gara o periodi di allenamenti. In questo caso la glutammina richiesta dal corpo diventa superiore rispetto a quella prodotta ed è quindi il caso di integrarla. 

Ma a cosa serve la gluttamina? Si tratta di un elemento fondamentale per diversi processi metabolici, se si riduce tutto al contesto sportivo i suoi benefici sono evidenti nel recupero muscolare. Aiuta a ripristinare i livelli di glicogeno post-allenamento, riduce il dolore muscolare indotto dall’esercizio (DOMS) e promuove la sintesi proteica, essenziale per la riparazione dei tessuti danneggiati. Siccome chi pratica un’attività sportiva ha diverse necessità, è giusto sottolineare che la glutammina offre un apporto anche al sistema immunitario e alle funzionalità intestinali. All’interno dell’attività sportiva la glutammina serve a ridurre il processo di catabolismo muscolare. Una situazione in cui il tessuto del muscolo si degrada in maniera continua. Un dettaglio da non trascurare, soprattutto per chi pratica sport di endurance come il ciclismo.

Il metodo di assunzione indicato è sciogliere un misurino in 150 millilitri d’acqua
Il metodo di assunzione indicato è sciogliere un misurino in 150 millilitri d’acqua

L’integrazione di EthicSport

E’ importante quindi aiutare il corpo ad integrare glutammina nei momenti di maggiore stress fisico. Per fare ciò EthicSport ha realizzato un prodotto con una base di glutammina al 100 per cento, è micronizzata ed estremamente solubile. Il corretto metodo di assunzione di questo prodotto è dopo l’allenamento, indicativamente nell’arco di 30 minuti dalla conclusione dell’attività. Si tratta del periodo migliore in quanto il corpo è più ricettivo ai nutrienti e il bisogno di riparazione muscolare è elevato. Un’altra finestra ottimale per assumere la gluttamina può essere prima di andare a letto, momento in cui il corpo entra in uno stato di riparazione e recupero.

Il metodo d’utilizzo migliore è sciogliere un misurino di prodotto, corrispondente a 5 grammi, in 150 millilitri d’acqua. EthicSport consiglia un ciclo massimo di 2 mesi, la confezione è sufficiente per terminare un ciclo completo.  

E’ possibile anche integrare la glutammina con altri prodotti al fine di migliorarne l’efficacia. EthicSport consiglia di utilizzare le proteine del siero del latte, contenute nel prodotto XTR Protein. Queste forniscono una fonte di aminoacidi essenziali che aiutano a ricostruire il muscolo. Un altro prodotto che si consiglia di abbinare è il Ramtech 2:1:1 che ha al suo interno aminoacidi a catena ramificata (BCAA). I benefici sono diversi, il più importante è il supporto fornito alla sintesi proteica che riduce la fatica durante gli esercizi prolungati.

EthicSport

Gli allenamenti degli juniores, Pontoni puntualizza

31.03.2024
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Le dichiarazioni di Daniele Pontoni a proposito delle ore di allenamento degli juniores hanno scatenato un vespaio. Luca Scinto e Massimiliano Gentili avevano voluto puntualizzare a proposito dei ragazzi da loro seguiti, anche Pontoni è però voluto tornare sull’argomento, per chiarire un punto che evidentemente aveva creato fraintendimenti, ma che comunque ha aperto le porte a una discussione importante su come sono seguiti i nostri più giovani talenti.

Il tecnico friulano, che in questi giorni ha smesso le vesti di responsabile del ciclocross per indossare quelle del gravel e preparare la tappa delle World Series del 25 aprile a Orosei, ha voluto specificare quel che intendeva a proposito delle 25 ore settimanali che impegnano gli atleti pur in età così giovane.

I ragazzi dell’Uc Foligno. Le prestazioni di Proietti Gagliardoni e Serangeli nel 2023 hanno destato discussioni
I ragazzi dell’Uc Foligno. Le prestazioni di Proietti Gagliardoni e Serangeli nel 2023 hanno destato discussioni

«In una settimana uniamo le 16-18 ore di allenamento specifico alle 3 ore necessarie per una gara, tra il prima, durante e dopo. Poi altre 3 ore ogni ragazzo le impiega, voglio sperarlo, fra core, palestra, stretching, in più o in meno in base al periodo dell’anno. Infine, e qui mi baso su esperienze all’estero, molti ragazzi fanno anche almeno un’ora di corsa a piedi e mental coaching ed ecco così che raggiungiamo le 25 ore settimanali. Non c’era alcuno spettro, è la realtà dei fatti».

Entriamo nello specifico: la tua esperienza su che cosa è basata?

Io ho l’abitudine di confrontarmi molto con colleghi e tecnici, italiani e stranieri, questa è la media che se ne trae. La corsa a piedi ad esempio è molto praticata fuori dai nostri confini mentre molti tecnici nostrani, legati ancora a schemi del passato, non la vedono di buon’occhio. Quando dico che Francia e Belgio sono all’avanguardia, soprattutto la prima nel lavoro con i più giovani ciclocrossisti ma anche stradisti (il che poi spesso è la stessa cosa, vedi Sparfel) dipende anche da queste cose, da questa cura diversificata verso i propri ragazzi. Non si parla solamente di carichi di lavoro, c’è molto altro da tenere in considerazione.

Nella preparazione dei giovani un importante spazio va dato allo stretching
Nella preparazione dei giovani un importante spazio va dato allo stretching
Ma da parte dei tecnici non c’è un po’ di gelosia nel gestire il proprio metodo di lavoro?

Forse, ma tutti hanno gli occhi e poi è anche nell’animo di ognuno di noi che ama la disciplina che segue condividere le esperienze, perché si cresce tutti insieme. Noi a Benidorm eravamo nello stesso albergo della nazionale francese e tutti noi ci confrontavamo, ci conoscevamo meglio, notavamo le tempistiche e alla fine posso dire che in alcune cose sono sicuramente all’avanguardia, come in altro noi facciamo sicuramente di più. Quel che è importante è sempre imparare dai migliori, allargare gli orizzonti guardando cose diverse. Noi ad esempio abbiamo nel Team Performance un qualcosa che gli altri non hanno e gli effetti si cominciano a vedere.

Sei stato contattato direttamente per le tue affermazioni, qualcuno si è risentito in maniera particolare?

No, perché non c’era alcun elemento per farlo. Ogni tecnico ha le sue idee e certezze, poi sono i risultati dei suoi atleti a parlare. Ribadisco che io parlavo di impegno settimanale e non di allenamento nudo e crudo, se si fanno i conti i tempi, le ore impiegate sono quelle. Poi teniamo conto anche di un altro aspetto: la scuola. Ogni Paese ha il suo sistema scolastico e conciliare l’attività con lo studio varia da sistema a sistema. A me quel che dispiace è che la corsa a piedi è l’unico vero elemento di distinzione, qui ancora non capiamo la sua importanza e non prendo ad esempio gente come Van Aert o Roglic che escono anche il giorno dopo la gara e che fanno addirittura mezze maratone (nel caso del primo, ndr). Spesso qui si rimane ancorati a schemi vecchi di vent’anni, ma il ciclismo va avanti.

La Francia iridata nel team relay giovanile di ciclocross. Per Pontoni i francesi sono esemplari nel lavoro giovanile
La Francia iridata nel team relay giovanile di ciclocross. Per Pontoni i francesi sono esemplari nel lavoro giovanile
E’ quindi un discorso legato ai tecnici ed è indubbio che viene dai loro aggiornamenti, dalla loro voglia di apprendere la crescita del movimento, come in Italia sta avvenendo nell’atletica. I giovani tecnici italiani hanno questa voglia di imparare?

I giovani sì, sono aperti a nuove esperienze. Noi possiamo metterci a disposizione, mettere loro e i ragazzi nelle migliori condizioni, ma poi sta alla voglia di ognuno di mettersi in discussione e questo va fatto sempre. Dobbiamo capire che anche minime cose possono fare una grande differenza e tutto nasce dal continuo confronto, dal guardare con curiosità, chiedere ai colleghi. Anche perché mai come oggi le categorie giovanili sono state così importanti, visto che da lì si approda subito al ciclismo che conta.

Martinez: il WorldTour è un esempio, non un modello

13.03.2024
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Dall’intervista di Marcellusi è emerso un passaggio importante: «I diesse e i preparatori – ci aveva detto – in accordo tra di loro hanno deciso di cambiare il metodo di lavoro… Lo staff ha preso come modello quello dei team WorldTour».

Una frase che ha aperto alcune domande, una delle quali è stata affrontata anche nell’editoriale di questo lunedì: «Marcellusi è in grado di fronteggiare una programmazione così simile a quella di Pogacar e Van der Poel?». 

Marcellusi è tornato in corsa oggi alla Milano-Torino dopo un mese e mezzo (terminata in 8ª posizione)
Marcellusi è tornato in corsa oggi alla Milano-Torino dopo un mese e mezzo (terminata in 8ª posizione)

Approccio scientifico

Lo staff performance della Vf Group-BardianiCSF-Faizanè, guidato da Andrea Giorgi e Borja Martinez. è entrato in punta di piedi nel team di Reverberi, portando però tante novità. Una di queste ha riguardato il metodo di allenamento dei ragazzi, in particolar modo di quelli seguiti direttamente da loro. Conforti, che abbiamo sentito di recente ne è una prova. Allora in quale modo Marcellusi è stato indirizzato nel suo nuovo modo di lavorare?

«Il discorso di Marcellusi – ci spiega Borja Martinez – secondo me è diverso. Lui ha cambiato preparatore da tre settimane, passando da quello che aveva prima a me. E’ da poco che lavoriamo insieme quindi. Il concetto che deve passare è che noi non imitiamo il WorldTour, crediamo in quella mentalità. Si cerca l’ultima evidenza scientifica, questo non vuol dire fare copia e incolla, ma studiare e sviluppare. E’ giusto guardare in quella direzione, perché ci confrontiamo tutti i giorni con corridori e staff che vengono da quel mondo. E’ da tanto tempo che Giorgi e io cerchiamo un modo per alzare il livello».

«La mentalità all’estero è diversa – continua Borja – se andiamo a vedere Ineos o la UAE sono tutti team che hanno come capo dello staff performance un dottore di ricerca. In alcuni casi queste persone sono professori universitari. Nel WorldTour c’è un livello accademico alto e professionale, sono sempre stato interessato a portarlo nel mondo delle professional».

L’atleta romano è passato da tre settimane sotto la preparazione di Martinez
L’atleta romano è passato da tre settimane sotto la preparazione di Martinez
Cosa ha portato Marcellusi a lavorare con te?

Nel 2023 ci siamo resi conto che Martin ha un bel motore, ma secondo il nostro concetto di squadra gli mancava qualcosa. Abbiamo parlato con lui e abbiamo visto come non sfruttasse il suo talento, a me è arrivato un messaggio e da tre settimane lavoro con lui. 

Una mentalità WorldTour, per un ragazzo che ancora sta crescendo potrebbe essere la chiave giusta?

Non deve copiare il metodo di lavoro di Pogacar e di Van Der Poel, non gli si chiede questo. Ma l’evidenza scientifica che emerge è che l’allenamento ad alta intensità che riesce a preparare come una gara. Chiaro che lo stimolo, soprattutto mentale, non è uguale, in corsa è più semplice andare al massimo. 

Allora quale sarebbe questa mentalità?

Nel WorldTour è passato il concetto che allenarsi in fatica, quindi ad alta intensità, funziona. E’ un passaggio utile per arrivare pronti alle gare, perché in allenamento si simula la fatica. Ora non posso dire che per Martin questo funzionerà al 100 per cento. Sapete cosa fa davvero la differenza?

Non si vuole imitare il WorldTour ma avere lo stesso approccio scientifico
Non si vuole imitare il WorldTour ma avere lo stesso approccio scientifico
Cosa?

Che quando ti alleni in fatica una volta in gara sei pronto. Alle corse vince chi dopo aver fatto tanti sforzi è in grado di andare avanti. Questo risulta più semplice quando hai lavorato bene in precedenza. Molte volte bisogna andare oltre certi limiti. Alla fine si deve allenare la durata per l’intensità. 

Come lavorate quindi?

Con i ragazzi della squadra mi sento ogni giorno. Con quelli che seguo direttamente io il passaggio è più semplice perché mi trovo un contatto diretto. Se uno è stanco me lo dice e si cambia allenamento oppure si riduce l’intensità. La cosa difficile è avere a che fare con ragazzi che hanno preparatori diversi, perché poi ognuno ha la sua esperienza e il suo metodo.

Sarebbe meglio avere tutti sotto il vostro controllo?

Per comodità di lavoro sì. Ma in squadra ci siamo solamente Giorgi ed io non potremmo seguire 22 atleti. Con i ragazzi che seguiamo noi possiamo programmare, abbiamo più potere. Il modello ideale sarebbe quello di avere tutti i preparatori della squadra. 

Il nuovo metodo di allenamento ha rivoluzionato anche la preparazione di Conforti (foto Vf Group-Bardiani)
Il nuovo metodo di allenamento ha rivoluzionato anche la preparazione di Conforti (foto Vf Group-Bardiani)
E’ ancora presto per capire se questo metodo per Marcellusi risulta funzionale?

Lo si vedrà dai dati e dalle prestazioni, potrebbe essere che andrà benissimo oppure meno del previsto. Il focus di Martin non sono le gare di inizio stagione, ma da primavera inoltrata in poi (Marcellusi è nella selezione del Giro, ndr). Allora possiamo dire che ci sentiremo a metà stagione o a fine anno, per trarre le conclusioni insieme. 

Prendiamo già appuntamento.

Vi aspetto con piacere!

Palestra e bici: l’obiettivo è costruire l’efficienza

05.12.2023
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Nell’inverno dei ciclisti la palestra assume un ruolo di grande importanza. Tanti esercizi di riattivazione passano attraverso dei macchinari oppure esercizi a corpo libero. L’equilibrio da trovare tra palestra e bici è delicato. Quindi come si uniscono questi due tipi di allenamento? Andrea Giorgi, preparatore della Green Project-Bardiani CSF-Faizanè, ce lo racconta. 

«Partiamo dal presupposto – dice subito – di chiederci a cosa serva la palestra per un ciclista. La performance si divide in tre aree: aerobica, anaerobica ed efficienza. In bici si allenano le prime due, mentre la palestra agisce sull’efficienza. Ci sono degli studi che dicono che se un atleta va in palestra, migliora l’efficienza della pedalata. E chi è efficiente ha una migliore durabilità, ovvero alte prestazioni in fasi di affaticamento. Per capirci dopo le 5 ore in sella».

Il dottor Andrea Giorgi dal 2023 è parte dello staff del team Green Project-Bardiani CSF-Faizanè
Il dottor Andrea Giorgi dal 2023 è parte dello staff del team Green Project-Bardiani CSF-Faizanè
Come si inserisce nell’allenamento?

L’atleta farà palestra con degli obiettivi. Un ciclista ha come esercizio principale quello di endurance. Allenarsi agli attrezzi e poi andare in bici non induce ad un’ipertrofia muscolare. Queste due attività contribuiscono a ridurre la massa grassa, favorendo la muscolatura. 

Si tratta di trovare un giusto equilibrio?

Esatto. La palestra toglie tempo alla specificità, ma allo stesso tempo è utile per migliorare l’efficienza. Bisogna trovare il giusto compromesso tra le ore fatte in sella e quelle passate in sala pesi. Quest’ultima non è l’attività principale del ciclista, quindi è più facile che alla fine di una sessione di allenamento si abbia mal di gambe. Di conseguenza il giorno dopo non si possono fare determinati lavori in bici.

Prima di uscire in bici dopo un allenamento in palestra, Giorgi fa aspettare i suoi corridori fino a sei ore
Prima di uscire in bici dopo un allenamento in palestra, Giorgi fa aspettare i suoi corridori fino a sei ore
Ci spieghi meglio.

Una sessione di allenamento in palestra prevede del recupero, che sono ore in meno passate in bici. Per questo io preferisco metterla a inizio stagione. Degli studi dimostrano che i benefici degli allenamenti in palestra si perdono in 8 settimane. 

Veniamo all’uscita in bici post palestra…

Uno studio del 2021 dice che conviene aspettare tra le due e le tre ore prima di salire in bici. Questo sistema di attesa è necessario solamente per gli elite, non si sa ancora il perché ma ci sono due ipotesi. La prima è che gli atleti professionisti lavorano in maniera pesante in palestra. Il secondo motivo è legato ai volumi, che nei pro’ sono molto maggiori. Io preferisco fa attendere anche sei ore ai miei atleti prima di farli salire in bici. 

I lavori su strada vanno a sollecitare le componenti muscolari allenate in palestra
I lavori su strada vanno a sollecitare le componenti muscolari allenate in palestra
E cosa fanno una volta in sella?

Un’uscita di un’ora o un’ora e mezza, anche sui rulli. Qualche lavoro come possono essere degli sprint da 10” per sei volte. Il totale dei lavori è di 15 minuti, il resto è tutto in Z2. Si fa un minimo richiamo di lavori dove si attivano delle componenti muscolari che hai deciso di allenare precedentemente in palestra. 

Ipotizziamo una settimana tipo? Magari con due sessioni in palestra…

Lunedì palestra con esercizi sulla forza per un totale di una o due ore. Poi un’oretta di rulli la sera. Martedì scarico, quindi un paio d’ore in Z2. Mercoledì bici con lavori in cambio di frequenza, da 50 a 110 pedalate al minuto a ritmo medio-alto. Giovedì e venerdì stessi lavori che si sono fatti lunedì e martedì. Mentre nel weekend aumentano le ore in bici. Il sabato un lungo di 5 ore con lavori anche ad alta intensità. La domenica 4 ore più tranquille. 

Gli allenamenti a gamba singola in palestra servono a riprodurre la dinamica della pedalata
Gli allenamenti a gamba singola in palestra serve a riprodurre la dinamica della pedalata
Questo per quanto?

Per le prime due settimane. Poi tolgo lo scarico e metto qualche ora in più in bici, magari tre o quattro. 

Hai parlato di allenamento ai rulli, come mai?

Per fare degli allenamenti a gamba singola. Il ciclismo è uno sport dove si pedala con due gambe, ma in maniera disgiunta. In palestra si cerca di allenare questa cosa con esercizi alla pressa, utilizzando una sola gamba o facendo degli affondi. Sui rulli questa caratteristica si allena con esercizi ad una gamba che attivano la coordinazione neuromuscolare. Aiutano l’atleta a concentrarsi per trovare la rotondità di pedalata. Serve usare il rapporto giusto e accompagnare bene il pedale. 

E durante la stagione la palestra si mantiene?

Io la accantono. Al massimo inserisco un richiamo ogni dieci giorni, ma lontani dalle corse.

Raccagni Noviero ha un obiettivo: il professionismo nel 2025

26.09.2023
5 min
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Con l’arrivo dell’autunno la stagione volge al termine, si fanno i primi conti e si pensa già all’anno che verrà. Andrea Raccagni Noviero (foto Instagram in apertura) in questi giorni si sta rilassando insieme a qualche amico. Una piccola pausa prima di immergersi nelle ultime gare del calendario. 

«Oggi (ieri, ndr) sono andato con qualche amico a raccogliere funghi – racconta mentre torna a casa in macchina – ma non è andata come aspettato. La stagione dovrebbe essere buona, ma non abbiamo trovato molto. Eravamo in quattro amici, quindi anche tanti, ma la spedizione è stata negativa».

Andrea Raccagni Noviero ha continuato il processo di crescita iniziato nei primi mesi del 2023
Andrea Raccagni Noviero ha continuato il processo di crescita iniziato nei primi mesi del 2023
La stagione con il Devo Team della Soudal-Quick Step, invece?

A inizio anno ero già sorpreso di quanto fatto, ne avevamo parlato. Direi che lo stupore per le mie prestazioni è rimasto, anche se non ho fatto una stagione “lineare”. 

In che senso?

Non ho avuto una grande continuità nelle corse, complice anche un periodo in cui sono stato fermo a causa di un leggero malanno. Ho fatto una settimana intera senza bici proprio a ridosso della Parigi-Roubaix U23. Ho alternato periodi più o meno lunghi di corsa a periodi a casa, dove mi sono allenato seriamente.

Mancavano gare in calendario o è stata una scelta di squadra?

Entrambe le cose. In Belgio è un po’ diverso, non è detto che ogni fine settimana ci sia una gara. Capitano periodi in cui si sta fermi. In altri casi, invece, la squadra non ha corso, nel periodo del Giro Next Gen non c’è stata la doppia attività. 

Per Raccagni Noviero meno lavori di forza e tanto fondo, anche durante la stagione (foto Instagram)
Per Raccagni Noviero meno lavori di forza e tanto fondo, anche durante la stagione (foto Instagram)
Come ti sei trovato con questo metodo?

In realtà bene, perché sono uno che ama allenarsi a casa. Anzi, mettere insieme tante ore di allenamento mi piace. E’ un metodo che funziona, alle gare arrivo pronto e riposato mentalmente, sono più “affamato”. Alla prima uscita magari manca un po’ il ritmo corsa, ma lo riesco ad allenare bene con il dietro moto e con la prima gara che disputo. Ho notato tanti miglioramenti.

Quali?

Il primo è legato ai numeri. Nei periodi prima dei blocchi di gare, che quest’anno sono stati tre, ho battuto per tre volte i miei record di potenza. Non facevo i miei migliori numeri in gara, ma prima. Questo vuol dire che il metodo di lavoro funziona e anche bene.

Non ti è mancata la continuità di corsa?

Direi di no. Correre è uno stress, soprattutto per la mente, una volta finite le gare devi recuperare. Se ti alleni, invece, arrivi fresco e pronto, sia fisicamente che mentalmente, hai proprio voglia di dimostrare. Considerando che in allenamento magari carichi tanto, anche con delle triplette, ma prima di correre recuperi.

Tanti podi, alcuni arrivati per “colpa” di compagni meglio piazzati in fuga, ma la condizione si è fatta vedere (foto Instagram)
Tanti podi, alcuni arrivati per “colpa” di compagni meglio piazzati in fuga, ma la condizione si è fatta vedere (foto Instagram)
Qualcosa ti è mancato però, il guizzo per vincere…

Ho fatto sei podi, questo vuol dire che sono andato bene ma effettivamente non ero mai al meglio per vincere. In alcuni casi avevo un compagno davanti, quindi a causa della dinamica della corsa mi trovavo bloccato. In altre situazioni, invece, perdevo allo sprint. Non è un aspetto che ho curato tanto in questa stagione, non ho avuto un grande focus sulla palestra. L’anno scorso (ultimo anno da junior, ndr) i miei valori in volata erano migliori. Ma è una strategia della squadra.

Spiegaci…

Ne avevo già parlato con il preparatore a inizio anno. L’obiettivo era arrivare a fine gara con un picco di forza ancora elevato. Per fare un esempio: se in allenamento ho come picco 1.400 watt, l’obiettivo a fine gara è farne 1.350. Non ha senso fare picchi di 1.600 watt in allenamento e arrivare allo sprint in gara spento. 

Hai alzato il livello generale quindi?

Sì, ho fatto uno step indietro nello sprint, ma ne ho fatti cinque in avanti in altri campi. 

Su cosa hai lavorato in particolare?

Tantissimo nella resistenza. Gran parte delle mie ore di allenamento sono in Z2 alta in inverno e Z2 media in estate. Questo a causa delle alte temperature. 

Quando dici tante ore cosa intendi?

Che quando sono in periodo di gare faccio: corsa, recupero e corsa, con meno ore di allenamento, tra le 15 e le 18. A casa, in preparazione metto insieme 25-30 ore in bici. Con tanta Z2 e qualche lavoro specifico.

Per il 2024 l’obiettivo quale sarà?

Non ho ancora parlato con la squadra, posso però dirvi i miei. La volontà principale è quella di fare un calendario più importante, non che abbia fatto corse minori ma vorrei fare di più: le Classiche del Nord di categoria e il Giro Next Gen, ad esempio. E poi vorrei che il 2024 sia il mio ultimo anno da U23

La crescita passerà anche dagli impegni con la nazionale, uno degli obiettivi del 2024 (foto Instagram)
La crescita passerà anche dagli impegni con la nazionale, uno degli obiettivi del 2024 (foto Instagram)
Come mai?

Perché con la squadra ho due anni di contratto e mi piacerebbe passare con i professionisti alla fine della prossima stagione. Alla fine del 2022 l’obiettivo era fare tre anni da under 23, ora ho abbassato questa asticella. Mi sono accorto, nelle corse di fine stagione, che vado forte anche tra i pro’. Ho fatto qualche gara in Belgio e mi sono comportato bene. Chiaramente mi piacerebbe passare ma con le dovute precauzioni e nei modi corretti, senza assilli. Pensiamo prima a fare un buon finale di stagione: ho ancora tre gare da disputare. Poi penseremo al 2024.

Barbieri & Moro: storie di corse, allenamenti e vita

Giada Gambino
23.07.2023
5 min
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Reduce dal Giro Donne, Rachele Barbieri continua i suoi allenamenti assieme al compagno Manlio Moro, corridore della Zalf Eurobil Fior, due volte campione europeo nel quartetto e, a quanto si dice, promesso al Movistar Team. Dopo i racconti di Elisa Longo Borghini sulle volate al cartello con Jacopo Mosca, ci è venuta la curiosità di chiedere all’emiliana che cosa le dia allenarsi con il suo ragazzo. E lei ci racconta così il ciclismo “di coppia” e i suoi prossimi, stancanti, appuntamenti. 

Nella valorizzazione di Rachele Barbieri su strada c’è la forte impronta di Giorgia Bronzini
Nella valorizzazione di Rachele Barbieri su strada c’è la forte impronta di Giorgia Bronzini
Condividere il lavoro con la persona che ami…

E’ stato qualcosa un po’ di inaspettato. Mi sono sempre detta «Assolutamente no ciclisti», per la paura di non poter mai staccare la testa quando sono a casa e nei momenti impegnativi. Alla fine le cose capitano e non puoi farci nulla, sono molto contenta. Non è sempre semplice. L’aspetto positivo è sicuramente quello di condividere lo stesso sport, allenarsi insieme e goderci di conseguenza la giornata insieme. Lo stile di vita è lo stesso: dal cibo al riposo. Con un altro tipo di ragazzo, non è sempre semplice farsi capire da questo punto di vista. Tra gli aspetti negativi, invece, c’è il fatto che quando parto io, torna lui, torno io e parte lui: non ci vediamo spesso. Questo, però, ti porta a vivere intensamente il tempo insieme. Sono molto contenta, ci capiamo tanto, capiamo le necessità reciproche e ci aiutiamo.

Durante gli allenamenti insieme… 

E’ molto bravo, solitamente sono io quella un po’ peggio, ho meno pazienza (ride, ndr). Quando dobbiamo fare distanza, che non richiede esercizi specifici, usciamo insieme e a volte lui mi deve aspettare e fare un po’ di avanti e indietro. Alla fine quando torniamo a casa lui ha sempre qualche chilometro in piu’ rispetto me, anche se il giro è lo stesso (sorride, ndr). Cerchiamo sempre nei momenti di difficoltà di spronarci a vicenda.

Barbieri e Moro si allenano insieme, anche se lavori e distanze sono spesso incompatibili
Barbieri e Moro si allenano insieme, anche se lavori e distanze sono spesso incompatibili
Fate anche parte della nazionale della pista.

Anche lì è bello supportarci, ma vedere anche momenti di rabbia e tristezza in allenamento dell’uno e dell’altro inevitabilmente fa stare un po’ male. Ci  sono dei pro’ e dei contro. 

Cosa hai  imparato, ciclisticamente parlando, grazie a Manlio ? 

Sicuramente la resilienza. Lui è un ragazzo molto professionale, si impegna tantissimo, soprattutto negli allenamenti più duri dove io, di testa, tendo a cedere. Lui mi motiva e mi aiuta, mi insegna a crederci anche quando ci sono momenti no. Mi ha insegnato a portare sempre a termine l’allenamento anche se si è nella giornata o periodo no. Avere un esempio davanti, nonostante sia più giovane di me e dovrebbe essere il contrario, è un valore aggiunto. 

L’abbraccio fra Moro a Rachele all’arrivo di Modena. Momento ritratto anche nella foto di apertura
L’abbraccio fra Moro a Rachele all’arrivo di Modena. Momento ritratto anche nella foto di apertura
L’abbraccio al Giro d’Italia… 

Mi ha fatto una sorpresa. Aveva fatto una settimana un po’ di recupero perché non stava bene e non mi aspettavo che venisse a vedermi al Giro d’Italia Donne, glielo avevo chiesto ma mi aveva detto che non poteva. Mi era un po’ dispiaciuto sinceramente. Prima di partire tra tifosi e parenti dicevo proprio di essere triste perché Manlio non sarebbe venuto. In salita, invece, ad un certo punto l’ho visto, ci speravo tantissimo, mi sono messa a ridere nonostante la fatica. Vederlo, poi, all’arrivo e abbracciarlo è stata come un po’ di carica e grinta in piu’. 

Cosa ti è rimasto di più del Giro d’Italia ? 

La fatica (ride, ndr)! Dopo l’anno scorso, sapevo che sarebbe stato un Giro più impegnativo, c’era più salita e meno pianura, però non mi aspettavo così tanta fatica e sofferenza. Sicuramente si è alzato un po’ il livello perché siamo sempre andate ad andature elevatissime nonostante il dislivello. In molte tappe già si sapeva in partenza che sarebbe arrivato il gruppetto all’arrivo, senza imprevisti e senza quelle situazioni che non si possono calcolare, che a me piacciono tanto…

Assieme a Consonni nella madison agli ultimi mondiali: le prove iridate su pista sono u obiettivo anche nel 2023
Assieme a Consonni nella madison agli ultimi mondiali: le prove iridate su pista sono u obiettivo anche nel 2023
I prossimi obiettivi…

A breve partirò per il Tour Femmes e ci sono ben poche tappe piatte, forse la prima. Sarà dura e il livello sarà ancora più alto del Giro. Se tutto va bene dovrei partire poi per il mondiale su pista, ma è tutto un po’ accavallato e non è sempre semplice riuscire a far coincidere tutto. Sono stata in ritiro a Livigno prima del Giro e ho fatto avanti e indietro da Montichiari per allenarmi in pista. Il Giro è stato duro e fare tanti spostamenti e allenamenti diversi sarebbe stancante. Prima di partire per il Tour sicuramente farò qualche allenamento in pista. L’anno scorso fare europei, Giro e Tour mi ha portato bene e la condizione era sempre in crescita, ma c’era un po’ più di spazio tra i vari appuntamenti. Quest’anno se farò il mondiale, non parteciperò alle ultime due tappe del Tour per rientrare prima. Valuteremo giorno per giorno. 

Shokz OpenRun PRO: gli auricolari a conduzione ossea

24.06.2023
3 min
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Shokz, azienda di riferimento per auricolari e cuffie ad uso sportivo, presenta le sue cuffie a conduzione ossea. Una tecnologia che permette di sentire attraverso il design “open ear”, che lascia libero il condotto uditivo. In questo modo si può ascoltare musica ed allo stesso tempo percepire l’ambiente circostante, cosa fondamentale nel ciclismo. 

Le cuffie a conduzione ossea permettono di allenarsi in piena sicurezza
Le cuffie a conduzione ossea permettono di allenarsi in piena sicurezza

Innovativi

La tecnologia ed i brevetti di Shokz sono estremamente innovativi, i loro prodotti sono caratterizzati da un’ottima impermeabilità. Fattore determinante quando si tratta di essere utilizzati in eventi all’aria aperta. Uno su tutti è l’IronMan, della quale Shokz è stata sponsor. Gli auricolari a conduzione ossea sono lo strumento perfetto per chi vuole allenarsi in sicurezza. Ma lo diventano anche in altri ambiti della vita di tutti i giorni, come a casa o in ufficio. Permettono di sentire i rumori circostanti e al tempo stesso di concentrarsi a ritmo di musica grazie al design “open-ear”. 

Questo prodotto di Shokz sfrutta la conduzione ossea, un processo uditivo naturale del nostro corpo
Questo prodotto di Shokz sfrutta la conduzione ossea, un processo uditivo naturale del nostro corpo

Conduzione ossea

Questo sistema utilizzato da Shokz per creare le sue cuffie è lo stesso che utilizziamo naturalmente quando beviamo o mangiamo e anche mentre parliamo. La conduzione ossea è il motivo per il quale percepiamo in maniera differente la nostra voce rispetto alla realtà. Tendiamo a percepire la nostra voce più bassa e intensa perché il cranio trasmette basse frequenze meglio dell’aria. 

Shokz sfrutta la conduzione ossea naturale integrando nei propri auricolari wireless dei trasduttori elettromeccanici, che convertono i suoni in vibrazioni da trasmettere direttamente all’interno dell’orecchio, attraverso le ossa del cranio, bypassando quindi il timpano.

La batteria arriva fino a dieci ore di autonomia
La batteria arriva fino a dieci ore di autonomia

OpenRun PRO

Sono proprio queste le cuffie bluetooth che utilizzano la tecnologia brevettata di Shokz. Un sistema di conduzione ossea di nona generazione e del design “open ear” che non blocca i canali uditivi. L’autonomia arriva fino a dieci ore, in modo da poter essere sfruttati durante tutti gli allenamenti.

Shokz

MagneticDays Tower: e l’azienda si visita (tutta) online

22.03.2023
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Effettuare un tour virtuale in azienda? Con MagneticDays oggi questo è facilmente possibile… Sì, proprio così! Sul canale ufficiale MD Video del brand toscano specializzato nel settore del training, è stata difatti introdotta un’innovativa sequenza di video che reparto per reparto illustra e presenta ciascun dipartimento operativo della realtà coordinata da Marco Sbragi. Ed è proprio lo stesso CEO di MagneticDays a condurre l’utente in questo tour virtuale

Si passa dalle meeting room alla amministrazione, dall’ufficio comunicazione al media lab, per poi arrivare al cuore pulsante della realtà aretina rappresentato dagli uffici dei coach, dalla ricerca e sviluppo e dalla produzione: un modo facile ed al tempo stesso molto innovativo per scoprire cosa c’è veramente dietro MagneticDays

«I valori alla base della nostra filosofia aziendale – ha dichiarato Marco Sbragi – incarnano i concetti di innovazione, di cura dei dettagli, di design, di precisione, di accuratezza e di affidabilità: tutti plus che contraddistinguono l’interno processo di lavorazione dei prodotti MagneticDays, dalla nascita nelle nostre officine fino alla casa del cliente… E proprio per questo abbiamo deciso di metterci a nudo e di consentire ai nostri clienti, e ai futuri tali, di scoprire quanto teniamo alla qualità dei nostri prodotti».

Un’esperienza virtuale sul sito di MagneticDays permette di osservare l’azienda dal suo interno
Un’esperienza virtuale sul sito di MagneticDays permette di osservare l’azienda dal suo interno

La potenza del Jarvis

I materiali, di prima qualità, sono gli ingredienti principali per realizzare un prodotto unico nel suo genere come nel caso del trainer Jarvis, sinonimo di un modo innovativo di concepire l’allenamento indoor basato su un approccio scientifico dove teoria e pratica si fondono insieme per regalare all’utente un’esperienza unica.

Jarvis è molto più di un semplice rullo da allenamento indoor. E’ un vero e proprio sistema di allenamento interattivo dall’approccio scientifico che rivoluziona il concetto di indoor training. Dotato di WiFi integrata, consente di collegare lo strumento a dispositivi fissi (tramite software scaricabile dal sito internet) e mobile (smartphone e tablet con App dedicata presente su iOS e Android) attraverso cui monitorare costantemente ed in tempo reale lo stato di avanzamento della sessione di allenamento, fornendo indicazioni dettagliate sui parametri essenziali di ogni workout (forza, potenza, frequenza naturale della pedalata frequenza cardiaca), facilmente consultabili e valutabili dall’utente.

E’ prevista anche la possibilità di collegare lo strumento tramite USB o Bluetooth. L’utente/atleta può comunicare con il proprio coach sfruttando il servizio “cloud” interattivo attraverso il quale è possibile ricevere gli allenamenti da eseguire ed inviare gli allenamenti eseguiti (tramite App mobile/software PC). Ciascun allenamento è pensato e scritto per ogni singolo utente dai coach MagneticDays, che sviluppano una metodologia personalizzata per quel singolo utente nelle condizioni fisiche in cui si trova in quel preciso momento, sulla base del continuo binomio valutazione/erogazione dei carichi allenanti.

MagneticDays

MD Video

Caro Michelusi, cos’è la firma del preparatore?

02.03.2023
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Cos’è la “firma” del preparatore? Nel calcio si riconosce il gioco di questo o quell’allenatore. E la sua firma è più identificabile. Nel tennista c’è quel colpo giocato con quello specifico modo. Anche il ciclista in molti casi ha la sua firma: Pantani che scattava con le mani basse. Cavendish che fa le volate col “mento sulla ruota anteriore”. Ma riconoscere la firma di un preparatore è cosa ben più complessa (in apertura foto @tizian.jasker).

Eppure qualche giorno fa, Matteo Moschetti ci disse queste parole parlando del suo arrivo nella nuova squadra, il Team Q36.5 e del suo nuovo preparatore, Mattia Michelusi: «Alla fine i lavori sono quelli, cambia però il modo di fare le cose, perché ogni preparatore mette la sua impronta e il suo modo di ragionare. Nei dettagli riconosci la firma. Il passaggio non è troppo faticoso da assorbire e anzi… alla fine diventa uno stimolo in più». 

Mattia Michelusi è da diversi anni nel gruppo che fa capo a Douglas Ryder (foto @1_in_the_gutter)
Mattia Michelusi è da diversi anni nel gruppo che fa capo a Douglas Ryder (foto @1_in_the_gutter)

Parola a Michelusi

E indovinate a chi siamo andati a chiedere lumi?! A Mattia Michelusi chiaramente, coach appunto della giovane squadra svizzera.

Partendo dagli stimoli, Michelusi afferma subito che già il solo fatto di cambiare allenatore è uno stimolo. E non solo mentale, ma proprio fisico. Basta fare un lavoro in certo modo, o un diverso numero di ore che l’organismo risponde in maniera diversa.

«Penso che la frase di Moschetti – dice Michelusi – possa avere più interpretazioni. Alla fine allenarsi è fare un totale di ore di attività e questo vale per tutti, ma poi la differenza la fanno i dettagli ed è lì che c’è la firma, come dice Matteo. Un preparatore preferisce un determinato metodo di lavoro, ed un altro ne predilige un altro ancora, ma soprattutto come questo interpreta i lavori specifici. La base è quella».

Matteo Moschetti, qui re della Clasica de Almeria, è allenato da Michelusi. E’ stato lui a parlare di “firma del preparatore”
Matteo Moschetti, qui re della Clasica de Almeria, è allenato da Michelusi. E’ stato lui a parlare di “firma del preparatore”

La firma negli specifici

E qui Michelusi entra nel dettaglio della firma. Quando si lavora sulla base, per esempio la Z2, c’è poco da intervenire. Sì, potranno esserci piccole differenze d’intensità ma di fatto si tratta di pedalare per un “X” ore ad un ritmo regolare non troppo impegnato. Il coach ha ben poco da modificare. Non è come quando si fa del fuorisoglia, delle SFR…

«In riferimento ad un velocista come Moschetti – dice Michelusi – la mia firma può essere su come s’interpretano i lavori specifici per gli sprint. Magari altri dicono di fare 10 volate ad una determinata intensità, io invece imposto ogni volata con una velocità e un rapporto di partenza. Ma alla fine entrambi i coach ed entrambi gli atleti hanno assegnato e svolto dieci sprint.

«Un altro aspetto molto importante su cui può essere posta la firma del coach è la forza, visto che prima avete parlato di SFR… Io credo che lì si concentri la maggior parte della differenza fra i preparatori. Come si allena questa componente? Sempre nel caso di Moschetti per lui che è un velocista magari le SFR non sono lo specifico più indicato e quindi gli faccio fare altro. Mentre le SFR vanno bene per uno scalatore. Insomma vario in base all’atleta, in base al modello di prestazione che ho di fronte».

 

Michelusi (al centro) fa parte del gruppo performance della FCI
Michelusi (al centro) fa parte del gruppo performance della FCI

Come un sarto

Modello prestativo: un concetto ben intuibile: ci si concentra sull’atleta e soprattutto su ciò che questo è chiamato a fare… E di conseguenza si regola il preparatore. 

«Certamente – va avanti Michelusi – non sarò l’unico a seguire questo approccio, ma io gli do molta importanza. E’ un po’ come un cliente che va da un sarto. Prima prende bene le misure del cliente e poi vi confeziona intorno l’abito su misura».

Per Michelusi è importante spiegare all’atleta il programma, esattamente ciò che sta facendo Maurizio Mazzoleni (Astana) nella foto
Per Michelusi è importante spiegare all’atleta il programma, esattamente ciò che sta facendo Maurizio Mazzoleni (Astana) nella foto

Questione di feeling

Ma se nella sua squadra di club Michelusi è più “libero” e può essere un sarto, quando è impegnato nel gruppo della nazionale e della pista, in cui ci si muove soprattutto secondo le direttive di Marco Villa, come fa a mettere la sua firma? E’  più complicato?

«Con la FCI siamo un gruppo e il bello è che ognuno porta la sua conoscenza, tanto più che si arriva da esperienze diverse. Non si tratta di avere “le mani legate”, quanto piuttosto di condividere le idee. C’è Bragato che gestisce il gruppo e non solo quello relativo alla pista ma anche di altri settori, come mtb o bmx per esempio.

«Molto poi dipende dal feeling con l’atleta. Io sono uno che parla molto con i ragazzi che seguo. Voglio che sappiano ciò che fanno e perché. Devono sapere perché fanno una SFR a 50 rpm anziché a 70, per dire… Devono apprendere certi concetti».

E questo è verissimo. Quando si ha cognizione di causa il lavoro è assimilato meglio, anche dalla mente. E se oltre a capirlo lo si condivide appieno è ancora meglio.

«Per questo motivo – conclude Michelusi – è importante dare non solo il programma settimanale, ma sapere e fare sapere all’atleta cosa si andrà a fare settimana per settimana da lì all’obiettivo. Quale sarà il cammino, poi chiaramente i piccoli aggiustamenti specifici (se fare per esempio 5 ripetute a 300 watt o 6 a 330 watt, ndr) si fanno col procedere della preparazione».