Alberto Dainese

Dainese primi assaggi di Soudal ed è già nel pieno del Wolfpack

02.11.2025
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E’ uno dei passaggi più importanti del ciclomercato per noi italiani: quello di Alberto Dainese dalla Tudor Pro Cycling Team alla Soudal–Quick‑Step. Lo sprinter veneto è ormai una certezza e approdare in un team che fa delle classiche e delle tappe il suo obiettivo maggiore non è da poco. Specie se quel team è proprio uno squadrone come la Soudal–Quick-Step.

Qualche giorno fa Dainese è volato in Belgio a Turnhout presso la sede di ricerca e sviluppo di Soudal, per un meeting di tre giorni come si è soliti fare oggigiorno. Qui ha conosciuto i nuovi compagni, ma anche tecnici, staff. Da lui ci siamo fatti raccontare le prime impressioni ed è emersa subito la “parolina” magica: Wolfpack.

Alberto Dainese (classe 1998) saluta la Tudor dopo due stagione
Alberto Dainese (classe 1998) saluta la Tudor dopo due stagione
E quindi, Alberto, è cominciata una nuova avventura: quanto della stagione è già impostato e quanto invece è ancora in divenire?

Sì, esatto, siamo andati in Belgio e ci siamo trovati tutti quanti: atleti, direttori sportivi, parte dello staff. Il primo giorno ho preso le misure per la bici, ho fatto il bike-fitting. Poi ho incontrato preparatori e nutrizionisti. Il giorno successivo ho conosciuto l’altra parte dello staff: mental coach, dottori, massaggiatori…

E cosa ti è parso?

Mi sembra tutto bene, professionali, più pignoli di quello che credevo, quindi è un bene. Abbiamo fatto anche un tour per la sede Soudal. Non eravamo al service course della squadra.

Invece un aspetto più descrittivo di questa giornata: la sede com’è? Come te l’aspettavi?

E’ una struttura moderna. Eravamo nella sede proprio di Soudal, quindi non eravamo al service course dove c’è il magazzino della squadra ma eravamo proprio in sede Soudal, che ha diverse filiali. Abbiamo fatto una visita dell’azienda. Siamo andati in quello che era il primo stabilimento di produzione di siliconi, incollaggi, isolanti. E’ bello che comunque tocchi con mano la realtà dell’azienda. E devo dire che mi è piaciuto molto vedere i lavoratori di Soudal. Eravamo un po’ ospiti loro.

Con gli altri ragazzi non è mancata una visita al centro R&D di Soudal
Con gli altri ragazzi non è mancata una visita al centro R&D di Soudal
Vi riconoscevano? Vi chiedevano selfie?

Sì certo, poi chi più chi meno… Conoscevano soprattutto i corridori belgi. Poi comunque eravamo ben separati. Anche perché eravamo anche nel reparto di ricerca e sviluppo. Loro non venivano a disturbarci e noi non andavano a disturbare loro. Però sì, alcuni ti fermavano ed è stato carino.

In quei giorni siete andati in bici, avete fatto una pedalata?

No, siamo stati due notti e tre giorni alla fine. E tra viaggio e partenza i veri giorni di lavoro sono stati due. Come detto, abbiamo fatto visite, misure, incontri, test fisici… Per esempio ci hanno valutato con lo squat la differenza di forza fra una gamba e l’altra. Mi sono ritagliato giusto un’ora una mattina perché sono andato a correre con Filippo Zana.

Ti è stato già assegnato un preparatore?

Esatto. E’ un belga e preparerà tutti e quattro gli italiani… quindi dovrà iniziare a imparare l’italiano da qui a fine anno! Mi sembra in gamba. Con lui abbiamo visto due o tre cose da implementare e migliorare rispetto a quest’anno. Soprattutto in considerazione del fatto che venivo da una stagione con due infortuni importanti ed è stata un po’ tosta. Ho subìto un po’ sia quel che è stato il mio 2024 e una preparazione che non ha considerato la mancanza delle ore dell’anno precedente.

Da rivali a compagni di squadra: ecco Alberto con Magnier
Da rivali a compagni di squadra: ecco Alberto con Magnier
Quindi?

Quindi probabilmente quest’anno mi allenerò un po’ di più. Però sono motivato, voglio anche riscattarmi da due annate sotto tono perché da quando ho fatto quella caduta terribile (il riferimento è all’incidente avvenuto lo scorso inverno a Calpe, ndr) non sono più tornato ai miei livelli. Non a caso sono già tornato in bici. Ho fatto due settimane di fermo, anche se comunque andavo a correre a piedi, ma come ripeto da sei giorni sono già in bici. E le sensazioni mi sembrano buone.

E’ interessante il discorso dell’incontro col preparatore. Tu già avevi inviato i tuoi file al coach o avete parlato lì sul momento?

Ovviamente lui aveva accesso al mio TrainingPeaks già da prima, perché quando fanno firmare un corridore tutte le squadre te lo richiedono. Vedono tutti i valori, da lì lui si è fatto un’idea e mi ha fatto un programma.

Il corridore in questo caso esprime le sue preferenze, le sue sensazioni?

Sì certo. Io sono stato il primo a dire cosa avrei voluto, cosa mi aspetto dalla preparazione e da un preparatore.

Secondo Dainese vista da fuori la Soudal dava un senso di compattezza più di altre squadre
Secondo Dainese vista da fuori la Soudal dava un senso di compattezza più di altre squadre
Hai visto gli altri due sprinter del team? Chiaramente parliamo di Paul Magnier e Tim Merlier…

Sì, sì, uno: Paul Magnier, era di ritorno dalla Cina: era bello provato! Sicuramente è stimolante stare con gente di questo calibro. Non vedo l’ora di confrontarmi con loro già dal primo ritiro. Loro sono il primo e il secondo sprinter al mondo per numero di vittorie quest’anno, di conseguenza se avrò un calendario in comune sarò pronto anche a dare una mano. Anche questa è una cosa che mi stimola. E poi farò un terzo calendario e cercherò di far bene. Una cosa è certa: qua si corre per vincere ed è una mentalità che mi piace. E’ diversa da altre realtà. Conta solo fare primo.

Quindi hai già parlato con Merlier e Magnier?

Brevemente, c’erano da conoscere così tante persone che con loro ho fatto fatica a parlare anche perché erano abbastanza pressati. Ci conoscevamo per aver scambiato qualche rapida battuta in gruppo, ma nulla di più.

E invece Bramati che dice?

Con lui sono contento. Lo conoscevo poco però è una guida che mi sembra molto valida. Mi dà una carica… Ci segue, ci tiene, ci dà le dritte giuste: Brama è molto presente in squadra. Mi dicevano che è in questo gruppo da 30 anni. Lui sarà il direttore sportivo di riferimento di noi italiani, quindi: Garofoli, Raccagni, Zana e io.

L’ultima vittoria di Dainese è quella alla Région Pays de la Loire del 2024. Poi tanti problemi che non lo hanno fatto rendere al meglio
L’ultima vittoria di Dainese è quella alla Région Pays de la Loire del 2024. Poi tanti problemi che non lo hanno fatto rendere al meglio
Parli con entusiasmo, Alberto, si percepisce proprio, e allora dicci: qual è stata la cosa che ti ha colpito di più?

La mentalità. La mentalità che è quel che fa la differenza. Si respira questa voglia di vincere. Per un cacciatore di classiche o per uno sprinter come me è come andare al Real Madrid… dove ti aspetti di vincere tutte le partite. Si corre per vincere e questo trascina tutta la squadra e tutto lo staff. Questa cosa mi ha sempre colpito, catturato anche prima, quando li vedevo da fuori. Già ti senti parte di qualcosa, del famoso Wolfpack… Puoi dire corro nel Wolfpack. Corrono uniti: tutti per uno, uno per tutti.

Avete già parlato un po’ di calendario o è tutto in divenire?

Per adesso so che parto dall’Australia. Pensate: mi hanno chiesto come l’avrei presa se mi avessero mandato subito al Down Under. E gli ho risposto: «Volevo domandarvelo io!». Quindi sono contento di partire subito.

Vincere e chiudere bene la stagione: Dainese fa i conti del Tour

02.08.2025
5 min
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Le vacanze all’Isola d’Elba prima di ripartire ad allenarsi per Amburgo hanno dato modo ad Alberto Dainese di rileggere il suo Tour de France. Il padovano del Tudor Pro Cycling Team si è ritrovato sullo stesso ring di pesi massimi come Merlier, Milan e (finché c’è stato) anche Philipsen. Ha avuto buone sensazioni in salita, gli è mancato qualcosa nelle volate e ha maturato due certezze. La prima è che c’è da lavorare per raggiungere certi apici. La seconda è che di qui a fine anno vuole fortemente vincere di nuovo.

«Se c’è una cosa che mi dà fastidio – sorride – è sentirmi dire “good job” dopo un sesto posto. Il velocista deve vincere, se fa sesto di cosa può essere fiero? Quando ero alla Zalf, Luciano Rui ci faceva i complimenti se vincevamo, ma se eravamo secondi neanche se ne parlava. Voglio vincere. La squadra si aspettava di più e mi paga per quello, è il mio lavoro. Voglio vincere per capire dove sono e per la sensazione stessa di vincere. Sono un velocista, la mentalità deve essere quella».

A Tolosa, 11ª tappa, arriva la fuga e vince Abrahamsen: Dainese è secondo nella volata del gruppo
A Tolosa, 11ª tappa, arriva la fuga e vince Abrahamsen: Dainese è secondo nella volata del gruppo

Le salite e gli acciacchi

Avendo ricevuto l’invito per il Tour, la Tudor Pro Cycling ha dirottato Trentin, Alaphilippe e Dainese (le sue punte di diamante) sulla corsa francese. La preparazione mirata ha tenuto conto del livello pazzesco della sfida, così Alberto ha lavorato per arrivare in Francia con tutte le armi necessarie. Anche se nello spiegarlo, ricorre alla proverbiale ironia.

«Andavo forte, forse non abbastanza – ammette – quindi sono stato soddisfatto di come andavo in salita. In volata invece, c’è ancora da lavorare, però in generale è stato un Tour in cui ho sofferto poco. A parte quando sono stato un po’ male negli ultimi due giorni e la tappa di Valence, in cui ho fatto sesto, pur avendo dei seri problemi intestinali. In quei giorni ho sofferto, poi c’è da dire che di volate vere e proprie ne abbiamo fatte 4-5. A livello fisico c’ero, resistenza molto buona in salita, forse così forte sono andato poche volte. In volata però mi sarei aspettato di fare un risultato migliore, soprattutto a Valence, dove sono anche rimasto davanti alla caduta. Però quel giorno mi sono svegliato nella classica giornata in cui ho odiato dalla prima all’ultima pedalata…».

Merlier secondo Dainese è al momento il velocista più forte, capace di rimonte impensabili per gli altri
Merlier secondo Dainese è al momento il velocista più forte, capace di rimonte impensabili per gli altri

Fra Milan e Merlier

Il fatto di andare forte in salita serve al velocista per avere più resistenza e non lasciare sugli strappi la potenza di cui avrà bisogno in volata. Soprattutto se il confronto è così elevato che basta perdere mezza pedalata per ritrovarsi nei guai.

«Se devi competere con quelli là – sorride – basta che tocchi i freni una volta e devi fare un rilancio che ti costa. Il treno ce l’aveva solo la Lidl, ma Merlier è stato talmente devastante, che ha vinto da solo. Se Jonathan (Milan, ndr) è in seconda ruota, lui arriva da dietro e lo salta. E’ imbarazzante. Sembra che giochi, per batterlo servirebbe avere in tasca una pistola (ride, ndr). Le due volate che Milan ha fatto contro di lui, le ha perse nonostante Merlier arrivasse da dietro. Prende 500 metri di aria prima di fare la volata, perché non ha nessuno che lo porti al chilometro. Magari lo lasciano in decima posizione e lui comincia a risalire fino alla ruota di Jonathan e poi lo salta. Se lo facessi io, dovrei fare la volata prima della volata. Intendiamoci, Jonathan è fortissimo. Come lo fermi un corridore di 1,94 che si lancia a 70 all’ora? Invece Philipsen ha davanti Van der Poel e Groves che lo lasciano ai 150 metri a 75 all’ora, fa le volate di testa. Non voglio dire che sia facile, però sicuramente a Merlier gliela complicano perché lui non ha un treno».

Onley è stato una delle rivelazioni del Tour. Dainese lo conosce dal 2023 e il suo quarto posto non lo ha stupito (qui è a ruota di Pogacar sul Col de la Loze)
Onley è stato una delle rivelazioni del Tour. Dainese lo conosce dal 2023 e il suo quarto posto non lo ha stupito (qui è a ruota di Pogacar sul Col de la Loze)

Sulle strade con… Onley Fans

Prima di lasciarlo alla spiaggia e di ringraziarlo per aver risposto durante le meritate vacanze, gli chiediamo qualcosa su Oscar Onley, il quarto del Tour a 1’12” dal podio, con cui “Daino” ha diviso ritiri e chilometri nel 2023 quando correva anche lui con la DSM-Firmenich.

«Onley Fans – ride – era bellissimo. C’erano i cartelli degli Onley Fans, che si pronuncia allo stesso modo di OnlyFans. Lui è forte davvero. Abbiamo corso insieme e si parlava di quali numeri devastanti avesse. L’anno prima mi pare che avesse fatto secondo in un una tappa della CRO Race, arrivando a due con Vingegaard che poi vinse la tappa. E già quello aveva colpito. Nella Vuelta che abbiamo fatto insieme, è caduto in uno delle prime tappe, però era uno che già allora menava. Al Tour poteva giocarsi anche lui il podio, mentre i primi due fanno un altro sport. Lui era il migliore degli altri e anche quando acceleravano Pogacar e Vingegaard, in qualche occasione è successo che lui sia rimasto con loro. E’ un ragazzo a modo, sa dove vuole arrivare, però è tranquillo, non è montato. E’ un bravo ragazzo».

Neppure Alberto Dainese è tanto male, non si accontenta e corre perché vuole vincere. Ci sono tanti corridori che in cambio di uno stipendio migliore si adattano a ruoli di rincalzo. Con 27 anni compiuti a marzo, aver corso un Tour senza piazzamenti si sta trasformando giorno dopo giorno in benzina pronta per il fuoco. Che le vacanze portino finalmente la freschezza necessaria.

Dainese è ripartito e per ora pensa al tricolore

24.05.2025
4 min
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Di Alberto Dainese si erano un po’ perse le tracce. Qualche gara guardata in tv, compreso il il Giro d’Italia, in attesa di riprendere la sua corsa. Era fermo dal 30 marzo, giorno della Schelderprijs, ha ricominciato oltre un mese dopo dalla Francia, partecipando alla 4 Giorni di Dunkerque, gara dal passato illustre che oggi è considerata un primo avvicinamento al Tour de France.

Ritorno alle gare dopo un mese e il padovano è subito sul podio, dietro Ackermann e Girmay
Ritorno alle gare dopo un mese e il padovano è subito sul podio, dietro Ackermann e Girmay

Il Tour, che dovrebbe essere la sua destinazione, ma mai come in questo caso il condizionale è d’obbligo: «Io per scaramanzia non voglio pensarci, anche perché dalla squadra non sono ancora arrivate convocazioni ufficiali. Fino alla partenza della Grande Boucle mancano ancora un bel po’ di settimane e io voglio pensare soprattutto alle corse previste nell’imminenza, visto che finora non ho raggiunto neanche i 30 giorni di gara».

Come sei arrivato alla corsa a tappe francese?

In allenamento i valori erano buoni e anche il mio peso è abbastanza vicino a quello ottimale. Ma chiaramente, quando torni a gareggiare dopo 5 settimane, un po’ di ruggine c’è, per questo sono rimasto anche abbastanza sorpreso dal podio nella classica introduttiva, la Classique Dunkerque. Più che i risultati sono stato contento della mia condotta in gara, anche in quella corsa che prevedeva una piccola parte della Parigi-Roubaix pedalando sul pavé. Col passare dei giri – era una sorta di kermesse con 8 tornate finali – il gruppo era stanco ma a me risultava abbastanza facile restare davanti.

Per il ciclista della Tudor una stagione finora con 27 giorni di gara con 8 top 10
Per il ciclista della Tudor una stagione finora con 27 giorni di gara con 8 top 10
Che livello di gara hai trovato?

Molto alto, c’erano più squadre WorldTour e tanta gente che sta già preparando il Tour. Era l’occasione giusta per verificare a che punto sono, per testarmi a un livello adeguato. E soprattutto per continuare a crescere nella mia condizione. Gareggiando ho visto che sono già a buon punto, vicino alla miglior forma, significa che nel mese lontano dalle gare ho lavorato bene.

Nel complesso hai centrato due podi e altre due Top 10. Qual è stata la tappa che ti ha lasciato un po’ di rammarico?

Sicuramente l’ultima perché nella parte finale ho perso troppe posizioni e all’ultima curva mi sono ritrovato a partire da ventesimo, a 500 metri dall’arrivo. Ho lanciato la volata lunga, ne ho ripresi tanti ma Jake Stewart ormai era irraggiungibile. Se ero davanti potevo giocarmela ad armi pari. Nella giornata iniziale era un arrivo più impegnativo, contava soprattutto chi aveva ancora forza.

La volata della giornata conclusiva, con Dainese in rimonta da lontano. Ma Stewart è imprendibile
La volata della giornata conclusiva, con Dainese in rimonta da lontano. Ma Stewart è imprendibile
Che corsa è stata quella francese nel suo complesso? La vittoria di Watson ti ha sorpreso?

Non tanto, perché è un corridore da classiche come d’altronde lo stesso Stewart.  Molti pensano che sia una corsa abbastanza semplice perché non ci sono grandi asperità ma non è così, si viaggia sempre molto forte, c’’è l’incognita vento, alcuni tratti sono impegnativi, soprattutto la quarta tappa dove io ho fatto gruppetto. E’ una corsa adatta ai passisti veloci e che secondo me serve proprio per accrescere la propria condizione.

E ora?

Ora ho in programma una lunga serie di gare in Belgio, che nelle mie aspettative devono darmi quell’ultimo salto di qualità utile per il campionato italiano del 29 giugno che, mi dicono, potrebbe essere adatto alle mie caratteristiche. Ma voglio arrivarci nel pieno della forma.

Dainese ora è atteso da una serie di corse in Belgio, dove si è sempre trovato a suo agio
Dainese ora è atteso da una serie di corse in Belgio, dove si è sempre trovato a suo agio
Gareggiare in Belgio per te ormai è una piacevole abitudine, sembri trovarti bene in quel tipo di corse…

Mi trovo ancora meglio in questo periodo, perché rispetto a quello delle classiche, il meteo fa meno brutti scherzi, c’è anche un po’ di caldo che a me piace sempre. Infatti vado sempre bene nella stagione estiva. Spero molto nelle alte temperature e nel bel tempo perché dalle corse di giugno vorrei anche portare a casa qualche buon risultato, cercare di cogliere la mia prima vittoria stagionale, dopo che gli altri gradini del podio li ho già scalati…

Capolavoro Visma, ma per Dainese il più forte era Van Uden

22.05.2025
5 min
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Oggi finalmente Alberto Dainese è riuscito a vedere la tappa dal divano della sua casa a San Marino. Fino a domenica ha corso a Dunkerque, invece questa volta è riuscito a seguire la volata che ha consegnato a Olav Kooij il traguardo di Viadana. Volata confusa, con il treno della Lidl-Trek in azione da troppo lontano, con Pedersen che alla fine ha dovuto accontentarsi del quarto posto. 

«E’ un sollievo – ha detto il vincitore della Visma-Lease a Bikeho dovuto aspettare un po’, ma oggi tutto è andato a posto. Siamo cresciuti, con la vittoria di tappa di Wout e Simon (Van Aert e Yates, ndr) che sta facendo bene anche in classifica generale. Le due volate precedenti non erano andate alla perfezione, ma ora tutto è andato per il verso giusto».

A tirargli la volata si è ritrovato Affini fino all’ultimo chilometro e Van Aert fino ai 200 metri, con l’ultima curva pennellata alla perfezione. Con due motori così ad aprirti la strada, il lavoro alla fine viene meglio.

Alberto Dainese, classe 1998 del Tudor Pro Cycling Team, è pro’ dal 2020. Ha corso 3 Giri, un Tour e 2 Vuelta
Alberto Dainese, classe 1998 del Tudor Pro Cycling Team, è pro’ dal 2020. Ha corso 3 Giri, un Tour e 2 Vuelta

Dainese, si diceva, ha corso a Dunkerque la scorsa settimana e tornerà in gruppo fra due settimane in Belgio, nella Elfstedenronde che si correrà il 15 giugno a Bruges. Le cose procedono nel modo giusto, anche se adesso un po’ di nostalgia del Giro sta venendo fuori, dato che domani il gruppo passerà da Galzignano e Vicenza.

Che cosa ti è parso della volata?

E’ stata una volata più per prendere quella curva nei primi 5 e poi a mio parere il più forte di gambe oggi era Van Uden. Forse gli è mancata un po’ di malizia quando è partito perché poteva restare più vicino a Van Aert, invece ha lasciato tanto spazio a Kooij di prendergli subito la ruota. Si è mosso un pelo prestino…

Se fosse andato dritto e non si fosse allargato, dove sarebbe passato Kooij?

In realtà difatti è stata anche una questione di scia. Se restava un po’ di più al fianco, aveva più scia e Kooij avrebbe dovuto aspettare che lo passasse, poi si sarebbe dovuto mettere a ruota prima di provare a uscire. Mentre così gli ha proprio lasciato un metro grazie al quale si è messo subito a ruota e di fatto la volata gliel’ha tirata lui. Però (ride, ndr), non trovi che sia facile parlare dal divano?

Quanto è stato importante secondo Alberto Dainese il lavoro di Affini e Van Aert?

In tivù sentivo che gli mancasse un uomo, ma in realtà è stato tutto perfetto. Kooij da quella posizione poteva decidere quando partire e Van Aert l’ha lasciato ai 200 metri. Se avessero avuto un uomo in più, rischiavano che qualcuno entrasse deciso nell’ultima curva e lo buttasse fuori. Mentre così sono arrivati giustissimi.

Forse un uomo in più avrebbe permesso a Van Aert di rialzarsi prima? Di fatto l’ultimo uomo di Kooij è stato Van Uden…

Per quello dicevo che se Van Uden fosse rimasto più a lungo a ruota, forse avrebbe vinto lui. Kooij sarebbe stato costretto a partire 10-20 metri più lungo e l’altro avrebbe potuto rimontarlo. Erano un po’ lunghi, in effetti. Avercelo comunque un Van Aert così, che ti tira la volata. Stiamo parlando degli ultimi 10 metri, ma si vede che tanti hanno fatto fatica anche solo per arrivare lì.

Pedersen è parso meno brillante?

Secondo me era una volata più da velocista puro, quindi da uno capace di uscire forte dalla curva ai 300 metri e poi partire. Pedersen è sì fortissimo, lo vedete quanto va forte in salita, però secondo me se Kooij gli battezza la ruota, lo può saltare.

Quanto era importante uscire davanti in quella curva?

Terzo, dovevi uscire terzo. Secondo o terzo dipende da quante gambe aveva il primo. Van Aert aveva fatto la tirata, quindi magari gli mancavano 10 metri. Però se esci secondo o terzo, almeno hai la chance di fare lo sprint. Invece se ti manca quella posizione, non riesci a fare la volata. Fretin veniva fortissimo, ma in curva era decimo e non ha fatto meglio del sesto posto.

Intanto Del Toro con la maglia rosa è sempre più a suo agio. A Brescello ha sprintato per i 2″ del traguardo Red Bull
Intanto Del Toro con la maglia rosa è sempre più a suo agio. A Brescello ha sprintato per i 2″ del traguardo Red Bull
Che effetto fa vedere le volate in televisione?

Ho scoperto che mi piace. Delle altre tappe faccio anche fatica a dire la mia, perché non saprei da dove cominciare, ma le volate mi piace analizzarle.

Peccato per i velocisti del Tour, con l’ultima tappa che non si conclude più in volata…

Prima ho trovato un francese qui a San Marino, un appassionato di bici. E mi ha detto che hanno messo Montmartre nell’ultima tappa e ci ha tenuto a dirmi che lavorava a Parigi, mi ha descritto la salita e mi ha detto che non si arriverà in volata. Hanno rovinato l’arrivo più iconico. Almeno per i velocisti, hanno tolto la ciliegina dalla torta.

La nuova strada della SEG: meno Racing e più Academy

17.01.2025
5 min
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Un team che non è un team. Tra le novità che questo promettente 2025 propone c’è il ritorno della SEG Racing Academy. Parliamo di un marchio storico che fino a 3 anni fa era una squadra continental molto attiva, che nel corso degli anni ha portato ben 36 corridori a varcare le soglie del WorldTour e non gente qualunque, considerando i nomi di Fabio Jakobsen, Thymen Arensman, Kaden Groves, Edoardo Affini, Alberto Dainese. Oggi l’Academy riparte con nuove strategie: una vera e propria scuola per ciclisti, che troveranno poi posto per fare attività agonistica in altri team, avendo a disposizione un centro di allenamento ad Amsterdam.

La SEG Racing Academy ha svolto attività come team continental fino al 2021
La SEG Racing Academy ha svolto attività come team continental fino al 2021

Gli italiani sbocciati nel team

A raccontare la storia di questo progetto per certi versi innovativo è il direttore, Eelco Berkhout: «Noi abbiamo fondato l’Academy nel 2015. Nel corso degli anni sono passati da noi anche corridori italiani poi affermatisi all’estero, come Edoardo Affini, Marco Frigo, Alberto Dainese. Ma anche molti campioni internazionali. Nel corso degli anni abbiamo visto che anche altri team hanno iniziato con propri team di sviluppo. Così è stato sempre più difficile ingaggiare i buoni corridori per convincere tutti a unirsi al nostro progetto. Allora ci siamo fermati per capire a che cosa puntava la nostra strada, dovevamo differenziarci.

«Abbiamo capito che le squadre non sono nostre rivali, ma possono essere nostre clienti. Dovevamo cambiare il concetto alla base del nostro lavoro. Quindi ci siamo riorientati. Ci siamo presi due anni per pensarci, notando che c’è una mancanza di strutture simili negli juniores. Era lì che dovevamo lavorare e trovare il nostro spazio».

Eelco Berkhout, direttore della SEG Racing Academy. Con grandi ambizioni
Eelco Berkhout, direttore della SEG Racing Academy. Con grandi ambizioni
Voi avete stretto un rapporto con tre team: Acron Tormans in Belgio, Goudenbod-Parkhotel in Olanda e German Junior Racing in Germania. Come funziona la partnership con le tre squadre? Chi allena i ragazzi?

Le squadre hanno tutte il loro staff. Ovviamente hanno degli allenatori, ma noi abbiamo il nostro laboratorio di ciclismo. I nostri preparatori coordinano la formazione e aiutano gli allenatori nella squadra a sviluppare i corridori, è un lavoro in sinergia, personalizzato. I ragazzi apprendono da noi le prime basi, facciamo anche dei corsi. Poi a un certo punto, quando sono abbastanza bravi, iniziamo a dare loro consigli su come fare il passo successivo.

Che tipo di consigli?

Siamo un’agenzia di procuratori, quindi abbiamo la nostra rete di contatti, conosciamo tutti i devo team e aiutiamo i talenti a salire di livello, poi iniziamo a guidarli anche dal punto di vista dei contratti. Alla fine, si tratta di diventare professionisti, e devi farlo pensando come un professionista, allenandoti come un professionista, comportandoti come un professionista. Noi gli diamo gli strumenti per farlo.

Alcuni dei 36 campioni passati per l’accademia e approdati nel WorldTour
Alcuni dei 36 campioni passati per l’accademia e approdati nel WorldTour
Non si rischia di avere un diverso trattamento nei team fra i corridori vostri e gli altri?

Ci sono sempre dei rischi, ma preferiamo aiutare e sviluppare la prossima generazione. Sappiamo dal passato che nel nostro team di sviluppo ai vecchi tempi la rivalità era nelle giuste dosi e si frammischiava con l’amicizia, l’ambizione. Di esempi ne abbiamo avuti tanti, abbiamo visto tanti corridori crescere e affermarsi.

Ad esempio?

Ad esempio Dainese. E’ cresciuto pian piano, ha trovato in casa avversari ma anche stimoli, alla fine è arrivato in cima. I ragazzi hanno anche cercato di aiutarsi a vicenda e si sono migliorati a vicenda. A volte il compagno è un concorrente, ha i tuoi stessi obiettivi ma è anche un compagno di squadra ed è anche qualcuno che può aiutarti a raggiungere il passo successivo.

Edoardo Affini con la maglia della SEG. Il campione europeo è rimasto legato al gruppo di Berkhout
Edoardo Affini con la maglia della SEG. Il campione europeo è rimasto legato al gruppo di Berkhout
Quanti ragazzi avete nella vostra accademia e di quali nazionalità sono?

I team che supportiamo sono tedeschi, olandesi e belgi. Quindi per ora l’attenzione principale è su quei tre Paesi. Oltre a questo, abbiamo borse di studio per corridori provenienti da tutto il mondo. Per ora non ne abbiamo assegnate, stiamo appena iniziando. Ma il nostro obiettivo è aumentare il nostro programma e rivolgerci ad altri mercati: Italia, Francia, Usa, Australia. Penso che possiamo aggiungere qualcosa di veramente prezioso ai team. L’intera struttura delle prestazioni sta aiutando l’allenamento, l’alimentazione e quel genere di cose. Inoltre abbiamo coinvolto anche nostri ex ciclisti, che ora sono professionisti per guidare un po’ nei webinar le nuove leve.

Avete avuto richieste dal nostro Paese?

Arriveranno. Anche in Italia sanno che lavoriamo con Affini e Frigo. Quindi sicuramente anche i corridori italiani ci contatteranno. Noi siamo ancora i loro agenti, come per gli altri passati da noi. Questo è il nostro modello. Noi iniziamo, li sviluppiamo, li aiutiamo, investiamo in loro e poi a un certo punto iniziamo a diventare i loro agenti. Quindi li aiutiamo a raggiungere la vetta. Per noi il titolo europeo di Affini è stata una gioia enorme, perché lo abbiamo seguito dagli inizi. E’ una grande storia.

Uno sguardo rivolto verso il futuro. Per la struttura olandese il mercato si aprirà anche verso l’Italia
Uno sguardo rivolto verso il futuro. Per la struttura olandese il mercato si aprirà anche verso l’Italia
Perché avete scelto questa strada e non quella ad esempio di costruire un devo team?

Se mai dovessi sviluppare un devo team, avrei solo 16 corridori al massimo, ma noi vogliamo aiutare di più, quindi avere la possibilità di agire su più ragazzi, trovare talenti da far crescere piano piano. Alla fine siamo convinti che quelli che troveranno la strada per la gloria saranno molti di più. Siamo un’azienda e vogliamo lavorare con i migliori corridori del futuro.

Dainese lancia volata al 2025 (con il coach di Merlier)

05.12.2024
6 min
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Cinquantadue giorni di corsa (con una vittoria e sei piazzamenti nei cinque), aperti e chiusi da due cadute con conseguenze ugualmente moleste. Il 2024 di Alberto Dainese non è stato quello che si aspettava, ma analizzandolo lui per primo arriva a conclusioni più simili a punti di domanda che a risposte convincenti. Le cadute hanno condizionato la preparazione? Il dolore al ginocchio dipende dai problemi ai denti? La preparazione di prima andava bene o sarà meglio la nuova? In attesa di partire per la Spagna, gli spunti di riflessione non mancano.

«Ho finito la stagione con l’ennesima caduta – sorride con una punta di sarcasmo – la seconda. Entrambe le volte sono stato fermo per un mese, quindi le ho fatte tutte e due bene. Ho finito presto, ad Amburgo. Ho fatto un mese di fisioterapia, poi ho ripreso in modo blando. Ho anche cambiato preparatore, per cui l’approccio è leggermente diverso e vediamo come andrà. Per adesso tutto bene».

Alberto è di buon umore. La preparazione sembra ben incanalata e da lunedì la squadra sarà in ritiro in Spagna. Sarà l’occasiome di rivedere i vecchi compagni e di scoprire i nuovi. L’arrivo di Alaphilippe, Hirschi ha portato una ventata di nuovo entusiasmo nella squadra svizzera.

L’unica vittoria 2024 di Dainese è venuta alla Région Pays de la Loire Tour
L’unica vittoria 2024 di Dainese è venuta alla Région Pays de la Loire Tour
Perché hai cambiato preparatore, visto che Kurt Bergin-Taylor ti aveva già allenato alla DSM?

Lui adesso si occuperà un po’ più di materiali e aspetti ingegneristici, quindi ha abbandonato qualche corridore. Nel frattempo alla Tudor Pro Cycling è arrivato Erwin Borgonjon, l’ex allenatore di Merlier e ho la fortuna di avere in lui un ottimo di riferimento. Allenava il velocista più forte al mondo, al pari di Milan, quindi credo che qualcosa ne sappia… (sorride, ndr).

Con lui hai cambiato qualcosa di particolare?

Faccio meno ore, diciamo, quindi più lavoro specifico e leggermente diverso per quanto riguarda la preparazione della volata. Corro anche parecchio a piedi, per cui durante la settimana le ore in bici sono minori, a favore di un aumento del lavoro in altre discipline fra palestra e corsa a piedi. Mi trovo abbastanza bene. Non fare troppe ore a settimana mi fa sentire più fresco che in passato, quando applicavo la Mamba Mentality. Non so se seguite il basket, ma l’idea di Kobe Bryant è di fare sempre più di quello che è necessario. Forse va bene per il basket, ma non per il ciclismo, perché arrivavo dagli allenamenti sempre piuttosto finito (ride, ndr).

Pensi che la prima caduta ti abbia condizionato?

Allora, a livello estetico abbastanza, perché sono ancora senza denti e mi chiedono sempre se abbia il labbro leporino. A livello fisico, devo dire che l’unica gara che ho vinto (la terza tappa del Region de la Loyre Tour, ndr) è venuta dopo il primo mese che rimasi fermo. A fine marzo ho fatto due settimane di bici, sono andato a correre e ho vinto. Non so quanto abbia condizionato, ma sicuramente più che la bocca a darmi noia è stato il ginocchio. Non ne venivo più fuori, quindi nel mese prima del Giro facevo poche ore, non facevo palestra e mi mancava lo spunto. Eppure è difficile stabilire quanto tutto questo mi abbia condizionato.

Dainese-Trentin, la coppia italiana del Tudor Pro Cycling Team
Dainese-Trentin, la coppia italiana del Tudor Pro Cycling Team
A parte il fatto estetico, dal punto di vista della masticazione e della biomeccanica qualche strascico c’è stato per forza, no?

Allora, adesso in bocca ho le viti. Un ponte provvisorio di quattro molari e degli incisivi. Non è semplicissimo masticare, perché comunque non posso usare tanto quelli davanti. Quanto al ginocchio destro, non so se il problema fosse dovuto all’impatto o semplicemente al fatto che non sono più tanto dritto in bici. Ci sono due scuole di pensiero. Uno che dice che la postura parte dai denti, l’altro dice che i denti non c’entrano niente. Bisogna solo decidere di chi fidarsi…

Però le gare si analizzano e magari hai vinto la prima corsa perché hai trovato la condizione troppo in fretta e poi non è durata?

Sì, ovviamente. E poi c’è da dire che quest’anno il livello del Giro era devastante. Quindi fare un treno con corridori che non avevano mai corso insieme era già stato difficile nelle prime tappe. Poi Krieger e Mayrhofer sono finiti fuori gara dopo una settimana, quindi mi sono ritrovato con Trentin e Froidevaux ad affiancare la Lidl-Trek che ne aveva sei nell’ultimo chilometro. Prendevamo le volate indietro e alla fine abbiamo fatto il possibile.

Tosatto si mangia le mani per il quarto posto di Padova, in realtà avevi fatto lo stesso piazzamento nella tappa di Napoli…

Il giorno di Padova ero particolarmente in palla, perché avevo i brividi subito dopo la partenza. Passavo sulle strade di casa, quindi sarebbe stato speciale anche se si fosse trattato di una tappa di salita. E’ stata forse l’unica volata che mi sono giocato veramente, oltre a Napoli. Non ho fatto molto al Giro, però quelle due volate sono venute meglio delle altre, quindi dispiace per come ho gestito il finale. Ci sono state variabili che non potevo calcolare, ad esempio il fatto che a Padova Milan non fosse a ruota di Consonni, sennò ero perfetto. Poi si è alzato un vento violentissimo e negli ultimi metri sono rimbalzato indietro. Detto questo, per battere Merlier sarebbe servito che tutti i pianeti si allineassero.

Dainese porta ancora sul volto i segni della caduta di inizio stagione
Dainese porta ancora sul volto i segni della caduta di inizio stagione
Serve anche un po’ di fortuna?

Esatto. Alcune volte l’ho avuta io, altre studi la tattica perfetta e magari un imprevisto inceppa il meccanismo. Le volate sono così. A volte riesci a vincere pur non essendo il più forte, altre ti senti invincibile e non porti a casa niente.

Hai parlato di treno da formare: c’è qualcosa di nuovo per il 2025?

Abbiamo nuovi innesti in squadra che portano esperienza e fra loro indico Haller. Ci sono Alaphilippe e ovviamente Hirschi, ma guardando le volate credo che Haller sarà sicuramente una pedina importante. Non nascondo che per me l’anno non è andato come volevo, ero sempre a rincorrere, ma non è dipeso dalla squadra, quanto piuttosto all’aver dovuto ritrovare la condizione e schivare qualche sfortuna di troppo. Credo che avendo in squadra il francese e lo svizzero, il peso dei risultati sarà diviso su più spalle. Avranno un ruolo centrale in squadra e stare in gruppo con due nomi così sarà davvero diverso. Con loro saremo competitivi nelle classiche e poi anche nelle volate.

Se davvero ci saranno Giro e Tour, cosa sceglierebbe Dainese?

Non l’accoppiata, l’ho fatto in DSM nel 2022 ed è stata un’esperienza traumatica. Io dico sempre che il Giro è quello che preferisco, purtroppo però si corre nel periodo sbagliato, perché io col brutto tempo non mi trovo. Se lo facessero a luglio, non avrei bisogno di guardare altre corse. Se ci fosse davvero la possibilità del Tour, non mi dispiacerebbe tornarci, ma siamo due velocisti e dovremo capire chi darà più garanzie. Vincere una tappa in Francia significherebbe aver vinto in tutti e tre i Grandi Giri.

Alberto Dainese, classe 1998, è professionista dal 2020. E’ alto 1,74 e pesa 70 chili
Alberto Dainese, classe 1998, è professionista dal 2020. E’ alto 1,74 e pesa 70 chili
Com’è dunque la tua relazione con De Kleijn, l’altro velocista?

Sono contento di come vanno le cose fra noi. Non dico che siamo amici, perché tra colleghi non è facile, perché siamo sicuramente amichevoli. Ridiamo e scherziamo, non c’è rivalità, anche se non abbiamo mai corso insieme e lottato per lo stesso traguardo. Lui è un bravo ragazzo, l’anno prossimo compirà 31 anni e come Merlier ha cominciato a vincere tardi. Sono contento quando è con noi in ritiro, anche quando è venuto in altura, ci siamo divertiti.

Visto che hai chiuso presto, l’obiettivo è di partire presto?

Il prima possibile! L’anno scorso mi è piaciuto partire a Mallorca, adesso l’unica incognita è sistemare i denti. Dovrei avere l’appuntamento ai primi di gennaio e dopo un mese potrei cominciare a correre. Per cui l’idea di Mallorca è ancora buona, cercando di riallacciare tutti i fili e fare una bella stagione.

L’occasione mancata: i 50 metri di Dainese a Padova, parla Tosatto

19.11.2024
4 min
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Hai presente quel giorno che ti sei mangiato le mani per una situazione che poteva essere gestita meglio? Tutti ne abbiamo uno nella nostra vita, anzi ben più di uno. Matteo Tosatto appena gli facciamo questa domanda ci chiede se deve cercare tra i ricordi di una carriera intera oppure del solo 2024. Siccome i racconti precedenti sono rivolti alla stagione appena conclusa gli chiediamo di concentrarsi solo su questo periodo. 

«La tappa di Padova al Giro d’Italia – dice Tosatto dopo qualche istante di silenzio – quella è stata la grande occasione sfumata. Il lavoro fatto per Dainese e la volata di quest’ultimo ci hanno portato così vicini alla vittoria che se mi guardo indietro capisco quanto ci siamo andati vicini».

L’arrivo a Prato della Valle a Padova per Dainese aveva un sapore speciale
L’arrivo a Prato della Valle a Padova per Dainese aveva un sapore speciale

Due uomini in meno

Padova: 18ª tappa del Giro d’Italia e la Tudor Pro Cycling che prende in mano la situazione negli ultimi chilometri. Siamo in Veneto, più precisamente a casa di Alberto Dainese. La Corsa Rosa porta i velocisti a giocarsi la penultima chance di vittoria a Prato della Valle. Le energie rimaste in corpo sono contate, quel che fa la differenza in questi casi è la testa e un po’ di fortuna. 

«Dopo tante tappe eravamo arrivati a Padova con due uomini in meno nel treno per Dainese – racconta Tosatto – a causa di cadute e malattie varie. Dai quindici chilometri al traguardo abbiamo fatto tutto perfettamente. Sono mancati gli ultimi 50 metri di una volata preparata davvero al meglio. Dainese dall’essere in testa si è ritrovato quarto sul traguardo per una questione di attimi. Peccato perché sarebbe stata la prima vittoria della Tudor in un Grande Giro».

La volata lanciata troppo presto gli è valsa un quarto posto finale, a vincere è stato Merlier
La volata lanciata troppo presto gli è valsa un quarto posto finale
Era il giorno giusto?

Se mi fermo a pensare direi di sì. Dainese nella sua Padova e noi con il lavoro svolto al meglio delle nostre possibilità. Anzi, perfettamente. Trentin ha fatto un grande lavoro così come Froidevaux, era tutto apparecchiato. L’occasione era davvero unica.

In che senso?

In un Grande Giro sei contro i velocisti più forti al mondo, al Giro c’erano Milan e Merlier. Entrambi a Padova erano rimasti un po’ incastrati in fondo al gruppo e non erano nella posizione migliore per sprintare. Noi siamo usciti molto bene dall’ultima curva, con le posizioni giuste. 

Ai 900 metri eravate primi con due uomini a scortare Dainese…

Eravamo perfettamente posizionati per entrare davanti nella parte finale. Con due uomini in più nel treno avremmo potuto tirare dritto e guadagnare quei metri che poi invece ci hanno penalizzato. Dainese è uscito dalle ruote a 250 metri dal traguardo, fosse partito ai 180 metri avremmo avuto sicuramente maggiori possibilità

Avreste potuto tenere la velocità più alta e poi uscire proprio alla fine. 

Dopo tante volate in cui per un motivo o per un altro le cose non erano andate secondo i piani quella di Padova era una bella occasione. Padova era speciale, Alberto (Dainese, ndr) ne parlava già dall’inverno. Ma questo è stato un anno nero per lui, con tanti infortuni e stop durante la stagione. Padova avrebbe rappresentato un grande riscatto. 

A Padova la Tudor guidata in ammiraglia da Tosatto ha sfiorato la prima vittoria in un Grande Giro
A Padova la Tudor guidata in ammiraglia da Tosatto ha sfiorato la prima vittoria in un Grande Giro
Sul bus a fine tappa si respirava l’aria di occasione mancata?

Se fosse andata bene ci saremmo sentiti ripagati delle sfortune dei giorni precedenti. Ci siamo andati solamente vicini, ma i ragazzi hanno fatto vedere che possono essere competitivi e concentrati fino alla fine. Quei 50 metri hanno cambiato un po’ la volata, non dico che se fosse partito dopo avrebbe vinto. Ma magari saremmo arrivati a giocarci una vittoria al fotofinish.

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Il primo grande Giro per la Tudor: Tosatto fa il bilancio

02.06.2024
5 min
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La prima grande corsa a tappe alla quale la Tudor Pro Cycling ha partecipato è stato il Giro d’Italia. Tra le fila dei diesse che hanno guidato la professional svizzera sulle strade della corsa rosa c’era Matteo Tosatto. Lui al Giro d’Italia è di casa, ne ha vinti tre: con Froome, Geoghegan Hart e Bernal, mentre per due volte è salito sul podio con Carapaz nel 2022 e con Thomas lo scorso anno. 

«Sono tornato a casa lunedì – racconta Tosatto – e in questi giorni me ne sto un po’ tranquillo. I prossimi impegni non sono ancora definiti, ma la squadra si dividerà in tante corse, vedremo a quali andrò. Sicuramente mi presenterò ai campionati italiani al seguito di Dainese e Trentin, credo sia fondamentale onorare la gara che assegna la maglia tricolore».

Per Tosatto è stato il primo Giro d’Italia alla guida della Tudor
Per Tosatto è stato il primo Giro d’Italia alla guida della Tudor

Un nuovo esordio

Come detto il Giro d’Italia non è una novità per Matteo Tosatto, la differenza rispetto allo scorso anno è la squadra con la quale lo ha seguito. Non più la Ineos, prima Team Sky, con la quale lavorava dal 2017. Bensì la Tudor Pro Cycling

«E’ stato un bel viaggio – ci racconta – dopo tanti anni con la Ineos è stato diverso, ma sempre entusiasmante. Il Giro è il Giro, lo affronti sempre con la stessa mentalità. La differenza grossa è che con la Ineos partivamo per vincere, mentre con la Tudor l’obiettivo era ben figurare e magari portare a casa una tappa. Non ci siamo riusciti, per poco. Quando si chiede un bilancio molti dicono di vedere il bicchiere mezzo pieno, io lo vedo pieno. Non abbiamo vinto, vero, ma siamo stati protagonisti considerando che con Storer siamo riusciti a centrare una top 10 in classifica generale». 

Storer ha conquistato un importante decimo posto nella generale
Storer ha conquistato un importante decimo posto nella generale
Com’è stato passare da un team che lotta per vincere la classifica finale a uno che vuole emergere?

La mentalità è sempre uguale, le corse io le affronto sempre allo stesso modo, Chiaro che senza l’assillo della classifica affronti le tappe in maniera diversa.

Voi come avevate preparato questo Giro?

Con il treno per Dainese che era ben attrezzato. Nelle tappe miste o con la possibilità di volata andavamo a tutta, nelle altre cercavamo di salvare un po’ la gamba. Poi Storer è stato bravo a rimanere sempre lì e abbiamo cercato di dare il giusto supporto anche a lui. 

La concentrazione è sempre a 100 però, anche se non si punta alla classifica…

Chiaro. Con il fatto di volersi concentrare sulle tappe ti rende più tranquillo anche se poi scopri che tutti i giorni sono importanti. 

Nella tappa di Fano, vinta da Alaphilippe, Trentin è arrivato sesto
Nella tappa di Fano, vinta da Alaphilippe, Trentin è arrivato sesto
Che differenze hai notato nella gestione?

La grande differenza è che in una realtà già affermata come la Ineos molti corridori sono campioni già affermati. Qui è diverso, molti ragazzi erano alla loro prima esperienza in un grande Giro. C’è un lavoro psicologico da fare, di sostegno nei momenti di difficoltà.

Qual è stato il vostro momento più difficile?

L’inizio della seconda settimana. Nella tappa di Napoli, che era estremamente impegnativa per i velocisti, eravamo riusciti a lavorare per Dainese. Alberto ha portato a casa un ottimo quarto posto ed eravamo felici. Solo che nel corso della frazione Krieger e Mayrhofer sono caduti e si sono dovuti ritirare. Ricordo che nel meeting prima della tappa da Pompei a Cusano Mutri ho lavorato tanto sull’aspetto psicologico. Ho detto ai ragazzi che anche se eravamo rimasti in sei potevamo comunque dire la nostra. 

Il momento migliore? 

Tutto il Giro direi, senza presunzione ma rapportando il tutto alle nostre possibilità. Siamo stati protagonisti nelle fughe e abbiamo conquistato ottimi piazzamenti. Storer nella tappa con arrivo a Prati di Tivo è andato in fuga e anche una volta che sono stati ripresi è rimasto con i primi terminando nono la frazione. 

A Padova la più grande occasione per la Tudor, Dainese è quarto con qualche rammarico
A Padova la più grande occasione per la Tudor, Dainese è quarto con qualche rammarico
Cosa hai portato di tuo a questa squadra?

La mentalità. Non siamo andati al Giro solo per apparire o per fare le fughe per gli sponsor. Abbiamo deciso di attaccare quando sapevamo di poterci giocare le nostre occasioni. A Livigno, sempre con Storer siamo andati all’attacco poi a lui sono mancate le gambe negli ultimi otto chilometri. Anche a Fano siamo entrati nella fuga con Trentin che poi è arrivato sesto. 

Poi è arrivata Padova…

Questo è l’esempio di quanto dicevo prima. Con l’abbandono di Mayrhofer e Krieger abbiamo perso due vagoni importanti del treno di Trentin. Eppure, anche senza di loro, a tre chilometri dall’arrivo eravamo davanti noi al gruppo a tirare. Non un team WorldTour, ma la Tudor. Poi Dainese ha fatto quarto in volata. 

Bilancio positivo?

Positivo, assolutamente. Ora ci concentriamo sui prossimi obiettivi. Abbiamo il Giro di Svizzera che è la corsa di casa sulla quale puntiamo molto.

Vince Merlier, ma l’abbraccio di Padova è tutto per Dainese

23.05.2024
5 min
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PADOVA – Alberto Dainese è appoggiato alle transenne. Testa fra le braccia. Silenzio. Forse qualche singhiozzo di un pianto di rabbia strozzato in gola. Questa era la sua tappa. La tappa di casa.
Quando si tira su, uno dei maxi schermi in Prato della Valle, trasmette la volata. Dainese rivede il suo sprint. Si chiude ancora più in sé stesso e torna ai bus, tra la folla che urla il suo nome.

Un quarto posto che dopo l’incidente di questa primavera non è cosa da poco. Dainese è cresciuto sprint dopo sprint in questo Giro e ora sta iniziando a raccogliere i frutti di un buon lavoro e di una buona gamba.

Bis di Merlier

Intanto Tim Merlier dopo Fossano mette a segno un altro sigillo, il terzo per la sua Soudal-Quick Step in questo Giro d’Italia.

«Abbiamo preparato lo sprint da lontano – ha detto Merlier – con Julian Alaphilippe. Era un giorno molto importante e lo abbiamo affrontato nel migliore dei modi, rimanendo sempre ben coperti e nelle prime posizioni. Negli ultimi chilometri la velocità era altissima. Ho azzeccato il momento giusto per lanciare il mio sprint e alla fine è andato tutto bene».

Questa era la “tappa in discesa” del Giro 2024. Lidl-Trek, Soudal-Quick Step e Tudor le squadre che più volevano la volata di gruppo
Questa era la “tappa in discesa” del Giro 2024. Lidl-Trek, Soudal-Quick Step e Tudor le squadre che più volevano la volata di gruppo

Una buona Tudor

«Cosa poteva fare? Cosa poteva fare?», ripete con un po’ di rammarico il direttore sportivo Claudio Cozzi, ai bus. «Porca miseria, questo vento contro non c’era fino a pochi minuti prima. Non doveva esserci. Poi gli si sono spostati… e Alberto me lo ha detto: sono stato costretto a partire».

La Tudor Pro Cycling assieme alla Lidl-Trek era il team che più aveva tirato per non lasciarsi sfuggire lo sprint, memori di Lucca. E forse la fuga l’hanno tenuta sin troppo sotto tiro.

«Deluso? No perché dovrei esserlo? – dice l’altro diesse, Matteo Tosatto – Alberto forse è deluso, ma perché è uno che vuole vincere. Io non lo sono. Io sono contento dello spirito della squadra. Siamo senza due uomini molto importanti per Alberto (Krieger e Mayrhofer, ndr) e penso proprio che oggi Trentin e Froidevaux abbiano fatto un ottimo lavoro».

Prato della Valle è gremita di gente. Che accoglienza per il Giro d’Italia
Prato della Valle è gremita di gente. Che accoglienza per il Giro d’Italia

Sprint caotico

«Okay, quarto posto: le volate sono così – continua Tosatto – però non possiamo recriminarci niente. I miei ragazzi e Alberto hanno fatto una volata perfetta fino ai 300 metri».

Per assurdo a “fregare” Dainese è stato Jonathan Milan, che non era nel treno della sua Lidl-Trek. Quando Consonni e Teuns se ne sono accorti si sono rialzati. Ma ormai la volata era partita. Si era a meno di 300 metri dalla linea d’arrivo. Fermarsi sarebbe stato un suicidio.

«Noi – conclude Tosatto – abbiamo fatto la nostra volata. Milan ovviamente era il faro dello sprint, ma è andata così e dobbiamo accettare anche questo risultato… Che non è un brutto risultato».

Il verdetto finale dice: Merlier, Milan, Grove, Dainese e Aniolkowski
Il verdetto finale dice: Merlier, Milan, Grove, Dainese e Aniolkowski

L’abbraccio di Padova

Padova è la città di Alberto Dainese. E l’abbraccio forse è ancora più forte. Il suo fans club lo acclama sotto al bus della Tudor. Ci sono anche i familiari.

Qualche minuto. Il tempo di una doccia. E Alberto si concede al loro saluto. Sono momenti emozionanti. Che aiutano ad assorbire la botta, ma soprattutto a ricaricarsi in vista di Roma e, perché no, per raccontarci il suo sprint al dettaglio e con passione.

Alberto, che volata è stata?

L’idea era di prendere la prima delle due curve finali, quella  ai 900 metri, quasi in testa e ci siamo riusciti. Trentin ha dato una menata di due chilometri pazzesca, ma eravamo un po’ “lunghetti”…

E qui mancavano i due uomini che diceva Tosatto, scusa l’interruzione, vai avanti…

Però ho fatto le due curve in controllo ed era quello l’importante. Volevo fare la volata e non essere intruppato dopo le curve. Dopo che mi hanno passato Teuns e Consonni mi sono buttato alla loro ruota. Ho anche provato un po’ ad imbrogliarli dicendogli: “Vai vai Simo”…

Ma non ci sono cascati…

Hanno visto che non ero Jhonny quindi si sono spostati e sono arrivati altri da dietro. A quel punto per un istante ho cercato una ruota e mi sono messo dietro ad Hofstetter ma poi sono dovuto partire. Sono partito un po’ lungo. Avevo tanta voglia di sprintare, ma da dietro mi hanno rimontato e negli ultimi 50 metri sono rimbalzato. Mi dispiace.

Sprint lanciato. Dainese (casco rosso) è in testa, ma il traguardo è lontano
Sprint lanciato. Dainese (casco rosso) è in testa, ma il traguardo è lontano
Conoscevi questo finale: quante volte lo hai provato?

Studiavo a 500 metri da qui. Conoscevo ogni singola curva, ogni buca e ogni centimetro di asfalto. Brucia parecchio. Adesso siamo qua al velodromo, dove ho iniziato a correre in pista…. E’ tutta una serie di emozioni. Però ci proviamo anche a Roma.

Questo vento era più forte del previsto effettivamente?

Il vento era un po’ contro e abbastanza più forte di quello che credevo. Infatti quando sono partito mi sono reso conto che sarebbe stata lunga andare fino all’arrivo. Ho anche cercato di mettermi ancora più aerodinamico, più basso… ma non è bastato.

Che rapporto avevi?

Il 54 davanti. Sono partito col 12 poi ho buttato giù l’11. La velocità non era altissima in volata, proprio perché la Lidl-Trek si era fermata. Così ho cercato di partire un pelo più agile. Le prime volate di questo Giro le avevo fatte tutte col 10 e mi dicevano che ero troppo duro. Oggi ho cercato di partire più agile ma ero lungo.