Aerodinamica, il punto tecnico di Wilier, Pinarello e Cervélo

30.05.2022
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Tre aziende che sono un riferimento nel mondo della ricerca e sviluppo, dei materiali e delle soluzioni in fatto di aerodinamica. Cervélo da sempre investe risorse ingenti in questa categoria di prodotti, così come Pinarello. Wilier ha implementato la ricerca e in occasione della corsa rosa ha lanciato la nuova bicicletta. Vogliamo capire come le aziende affrontano l’argomento dell’aerodinamica che si sposa con il ciclismo.

La ricerca Wilier al Politecnico di Milano (foto Wilier)
La ricerca Wilier al Politecnico di Milano (foto Wilier)

L’aerodinamica è uno strumento

Abbiamo fatto quattro domande comuni alle tre aziende. Quanto costa sviluppare e produrre una bici specifica per le prove contro il tempo? E’ una fascia di mercato legata al mondo dei pro’, oppure esiste una nicchia di acquirenti? In sostanza, l’azienda ha un ritorno? Vale la pena investire in questa categoria? Lo sviluppo delle bici da crono condiziona la produzione delle bici “normali”?

Ecco i manubrio in titanio per il Team Ineos (foto Pinarello)
Ecco i manubrio in titanio per il Team Ineos (foto Pinarello)

Risponde Wilier

«Crediamo molto nella ricerca e nello sviluppo di questa categoria – ha risposto il responsabile dell’Innovation Lab Wilier Claudio Salomoni – ed è qualcosa che continueremo a spingere anche in futuro. I costi sono difficili da quantificare, perché dietro di ci sono tantissimi fattori da considerare. Test nella galleria del vento, telai prodotti in singole parti e prototipi. Se prendiamo ad esempio la nuova Turbine SLR, sfioriamo i 100.000 euro solo per la ricerca. La categoria delle bici da crono non è una parte dominante nel fatturato dell’azienda e del catalogo di Wilier.

«Lo sviluppo ha l’obiettivo primario di accontentare gli atleti professionisti, ma inevitabilmente le ricerche in merito tornano estremamente utili anche per le bici che troviamo nel mercato e pensate per l’utenza. Inoltre l’aerodinamica ad oggi è fondamentale anche per la ricerca e sviluppo dei materiali, non solo delle forme. Le innovazioni dell’aerodinamica ricadono a cascata su prodotti che hanno un bacino di utenza maggiore; i modelli Filante SLR e 0 SLR ne sono un esempio».

Un dettaglio della Pinarello Bolide di Ganna (foto Pinarello)
Un dettaglio della Pinarello Bolide di Ganna (foto Pinarello)

Il punto di vista di Pinarello

«E’ difficile – risponde Federico Sbrissa – quantificare il costo di produzione di una bicicletta da cronometro, perché i fattori in gioco sono molteplici. Si tratta di un investimento davvero importante. L’azienda non ha un ritorno economico sulle vendite di questi prodotti. Dal punto di vista commerciale, le vendite sono molto limitate e il ritorno è una questione di immagine del brand. Per Pinarello vale comunque la pena investire in questa categoria. Sviluppare dei prodotti specifici per gli atleti più forti al mondo è una sorta di obbligo.

«La storia di Pinarello è segnata dalle bici più veloci di sempre, dalla mitica Espada di Indurain alla Parigina di Collinelli/Ullrich fino alla Bolide per Wiggins e Ganna. E poi c’è quel filo diretto che lega le soluzioni moderne alle bici di altissima gamma. Alcune soluzioni di sviluppo si intersecano in maniera importante».

Cervélo, parola al product manager

«Le bici da cronometro hanno una complessità elevata – dice Maria Benson – maggiore rispetto a qualsiasi altra bicicletta. Si parte dall’attrezzatura e si parla di diverse migliaia di dollari, potenzialmente a sei cifre. Poi ci sono da aggiungere la progettazione e il costo degli ingegneri, ma anche i tempi di commercializzazione. Ad esempio per la Cervèlo P5 sono trascorsi 3 anni, per la P2 due anni. Una bici da cronometro è il risultato di più pezzi e componenti che devono collimare alla perfezione e per ognuno di questi ci sono degli investimenti elevati. Nell’ottica del mercato invece, le biciclette da cronometro sono da considerare una nicchia. Ma pur rispettando le norme che richiede l’UCI, si può sviluppare un prodotto per le gare TT e che sia in grado di accontentare i triatleti: la P5 ne è un esempio, un punto fermo per gli atleti del Team Jumbo-Visma, ambita dai triatleti.

«Per noi di Cervélo il triathlon gioca un ruolo di primaria importanza. Progettare e sviluppare una bicicletta TT è un insegnamento e un banco di prova. Un progetto del genere obbliga a trovare soluzioni intelligenti, non solo specifiche per l’aerodinamica pura, ma ad esempio anche in fatto di integrazione. Molte di queste soluzioni le ritroviamo anche sulle bici standard, la Cervélo S5 ad esempio. Noi come azienda, ad oggi, assegnamo le medesime risorse in fatto di investimenti, alle bici TT e a quelle tradizionali».

Leve girate, Remco a crono, Ganna in salita: ci chiama Malori

04.03.2022
5 min
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Se si parla di aerodinamica, tranquilli che arriva Malori. Adriano ci mette così tanta passione, che le sue osservazioni diventano ogni volta motivi di approfondimento. In particolare, l’emiliano ha annotato nel suo taccuino tre passaggi delle ultime settimane.

1) La posizione da crono di Evenepoel.

2) Le leve sul manubrio girate verso l’interno, che Campenaerts (in apertura a Le Samyn) e Remco potrebbero aver ispirato e si sono ormai diffuse a macchia d’olio.

3) La tattica e la posizione in sella di Filippo Ganna a Jebel Jais, arrivo in salita della quarta tappa del UAE Tour dopo una scalata di quasi 30 chilometri, che ha permesso al piemontese di arrivare a soli tre secondi da Pogacar.

L’occasione è da cogliere al volo, per cui iniziamo anche noi a prendere nota, mentre Malori dall’altra parte inizia a spiegare.

All’Algarve, Evenepoel ha vinto a crono con la nuova posizione e pedivelle da 165
All’Algarve, Evenepoel ha vinto a crono con la nuova posizione e pedivelle da 165

Remco e la crono

Quello che lo stupisce non sono le pedivelle da 165 in sé, usate a crono da Evenepoel, quanto piuttosto la tendenza ad accorciarle rispetto alla bici da strada.

«Allungare le pedivelle sulla bici da crono ha un senso per atleti dalle leve lunghe – spiega Malori – nei brevilinei non ha grande utilità. Probabilmente il fatto che le riduca rispetto a quelle da strada dipende dalla sua agilità. Sono valutazioni che cambiano da corridore a corridore, a me viene da pensare che le abbia provate, si sia trovato bene e non abbia più voluto cambiarle. Non credo però che questo possa modificare le abitudini di altri, dubito che Ganna provi a cambiare certe abitudini.

«La cadenza di pedalata è personale e l’agilità la insegni da ragazzino, magari facendo pista. Diciamo che da un lato è decaduto il tabù del cronoman molto alto, dall’altro sappiamo che più sei basso e più sei aerodinamico. Basti pensare alle differenze contro vento fra uno come Evenepoel e Ganna con le sue spalle larghe. Lo stesso Bissegger che lo ha battuto al UAE Tour è 1,78. Ma tornando a Remco, non lo vedo all’altezza di Pippo in una crono veloce, mentre in una dura come quella di Tokyo, ad esempio, può fargli male».

Le leve girate

Le leve all’interno, un po’ figlie di Victor Campenaerts e in parte anche del giovane belga, fanno decisamente tendenza. La soluzione infatti è stata recepita e copiata da altri professionisti ed è ben diffusa fra gli amatori.

«Manubrio stretto – dice Malori – e leve girate verso l’interno. Sicuramente la spinta è la ricerca di aerodinamicità, ma non si può vedere, oltre a essere pericoloso. Le braccia strette sicuramente migliorano la penetrazione, ma perdi guidabilità e reattività. Considerate che un corridore sta all’80 per cento del tempo in bici con le mani sulle leve. Questo vuol dire che avrà i polsi caricati in dentro e di conseguenza i gomiti e le spalle che devono assecondare quella posizione.

«Oltre che brutto da vedere, il vantaggio aerodinamico è minimo perché per compensare le mani strette, devi tenere i gomiti larghi e in aggiunta perdi guidabilità. Se hai la mano caricata verso l’interno, per frenare devi fare una rotazione del polso che allunga il tempo di reazione. Perdi rapidità nel gesto della frenata e magari in discesa al Lombardia quel mezzo secondo ti sarebbe più utile per frenare. Sono cose che non concepisco, vanno bene i marginal gain, ma un corridore dovrebbe opporsi a certe trovate. Penso che se proponi qualcosa del genere a Valverde o Nibali, i freni girati te li tirano in faccia…».

Ganna e la salita

E poi c’è Ganna, che si salva su una salita di 30 chilometri, gestendosi anche grazie alla sua posizione perfetta sulla bici da strada, che guardando la gallery qui sopra, ricalca davvero quella sulla bici da crono.

«Una posizione da paura – sorride Malori – che gli ha permesso di compensare il gap dagli scalatori. Chiaro che è riuscito a farlo perché la salita era pedalabile, lunga e c’era vento. Quel giorno Pippo ha portato in salita le qualità del cronoman, soprattutto perché una posizione da strada come la sua in salita non ce l’ha nessuno. C’è una foto che ha pubblicato quella sera su Instagram (la stessa che vedete qui sopra, ndr) che merita di essere mostrata nelle scuole di ciclismo. Quando acceleravano, si sfilava e amministrava lo sforzo.

«Quando calavano, lui si faceva sotto. E’ andato sempre agile, tranne l’ultimo tratto in cui ha messo il rapporto. Si saliva a 30 all’ora e credo di poter dire che abbia speso 50 watt in meno solo grazie alla posizione. Lui non ha il cambio di ritmo e si è gestito alla grande. Andavano su a frustate, mentre Ganna è rimasto costante per tutto il tempo. Chiaramente puoi farlo su salite così e non sull’Alpe d’Huez, ma a vederlo tutto basso com’era, si capisce come l’aerodinamica sia importante anche in salita».

Pacchetto aerodinamico: vitale per i velocisti e non solo

04.03.2022
7 min
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Posizioni schiacciate, spinte potenti e ricerca della massima velocità… Ma per raggiungerla non bastano le gambe. Serve altro in questo ciclismo. Serve il “pacchetto aero”. Si tratta di tutti quei dettagli e di quei materiali che sono pensati per andare più forte, che sono pensati per essere più efficienti dal punto di vista aerodinamico.

Nelle scorse settimane abbiamo parlato dei manubri. Uno degli elementi fondamentali in quanto ad aerodinamica, visto che si tratta di un componente frontale a diretto impatto con l’aria. Stavolta, dato per assodato il “tema manubri” parliamo anche di body, caschi, bici, ruote e persino calzini. Davvero tutto ciò incide? E quanto?

Pasqualon: ruote ad hoc

«Per me il pacchetto aero conta tantissimo – dice Andrea Pasqualon della Intermarché Wanty Gobert – in questo ciclismo estremizzato. Servono velocità altissime per fare risultato e quindi un certo tipo di casco, di body, di bici…  ti aiutano.

«La bici è la prima cosa in questa ricerca della performance. Deve essere il più fluida possibile, con meno parti possibili esposte all’aria. Non a caso diversi velocisti usano telai più piccoli. Da noi per esempio Kristoff (in apertura battuto da Jakobsen, ndr) che dovrebbe avere una taglia 56 usa una 54».

«Il carbonio poi è più rigido. Tutti pensano che la bici del velocista sia più scattante, ma in realtà sul momento dello scatto è più reattiva quella dello scalatore che essendo più elastica risponde prima. Quella del velocista deve essere rigida, non deve disperdere energia. Deve dare supporto.

«E questa credo sia la differenza più importante rispetto ad una bici di 10 anni fa. Credo che a parità di forza oggi con una bici di quei tempi perderei sempre la volata. Le cosiddette bici aero oggi per certi aspetti derivano da quelle da crono. Quando ti alzi e inizi a spingere forte non “tirano indietro” come una volta, ma appunto vanno avanti, sono fluide come dicevo».

«Altri watt si racimolano poi anche con le gomme. Noi con i tubeless risparmiamo circa 7-8 watt a 50 all’ora. E questo conta non tanto in volata quanto nel corso della gara. Pensiamo ad una tappa di 200 chilometri o a una Sanremo che ne misura 300, il dispendio energetico è molto elevato. Sono energie che ti restano nella gambe.

«Altra cosa molto importante che ho notato sono le ruote. Okay, si sa che quelle più alte sono più veloci, ma non è detto che vadano bene per ogni bici. Per esempio, le Fulcrum sono ottime ruote, ma sulla Cube quelle che rendono meglio sono le Newmen, che sono state disegnate appunto per la nostra bici. E non è detto che su un’altra bici siano altrettanto performanti. Anche questi sono dettagli che fanno la differenza. 

«E poi anche il body non va sottovalutato. E’ sempre più diffuso: anche gli scalatori spesso lo usano».

Ruote alte e boby per Kuba

E a proposito di body, questo è l’elemento che forse più di tutti desta l’attenzione di Jakub Mareczko. “Kuba” milita nell’Alpecin-Fenix e in questa squadra si dà grande importanza agli sprinter o comunque ai corridori veloci. Oltre a lui ci sono Van der Poel, Jasper Philipsen, Tim Merlier… tutti motori grossi, grossi in grado di sprigionare potenze incredibili. Fornirgli un pacchetto aero per metterli nelle condizioni migliori al fine di raggiungere velocità più elevate è una priorità più che in altri team.

«Per me – dice Marezcko – in primis c’è la bici (in Alpecin hanno a disposizione la più veloce Canyon Aeroad e la più leggera Ultimate, ndr) e poi c’è il vestiario.

«Possiamo scegliere tra due caschi: uno meno forato e più aero, e uno più leggero ed aerato. Prima del via, a seconda della tappa e del meteo, decidiamo quale indossare. Non credo invece che il guantino faccia grosse differenze. Van der Poel per esempio neanche li usa. Io li metto perché semmai dovessi cadere almeno poi potrei tenere in mano un bicchiere per bere! Tutta esperienza, all’inizio non li mettevo.

«E lo stesso discorso vale per i calzini. Quelli aero che abbiamo sono un po’ più alti e con un materiale sintetico più “liscio” e aderente rispetto a quelli classici, diciamo».

«Poi c’è il body: importantissimo. Quasi tutti ormai lo usano, non solo noi velocisti. E’ decisamente più aderente del set maglia e pantaloncino. Nella zona dell’ombelico quando sei piegato resta più aderente, comprime di più e l’aria scivola via meglio. In più la maglia non sale mai».

Come abbiamo accennato, in Alpecin hanno a disposizione due bici, ma come sempre la parte forse più importante sono le ruote. In tal caso la scelta si allarga a tre modelli, tutti e tre Shimano Dura Ace.

«Abbiamo quelle con profilo da 60 millimetri, quelle da 50 e quelle da 36. Io uso sempre quelle da 60, ogni tanto quelle da 50, anche su percorsi più impegnativi, perché la differenza di peso è poca, mentre si sente la differenza di scorrevolezza».

Parola al tecnico

E dopo aver sentito due velocisti, sentiamo anche l’opinione del tecnico, Giampaolo Mondini, referente tra Specialized, il marchio che rappresenta, e i team che lo stesso brand americano supporta: Quick Step-Alphavinyl, Bora-Hansgrohe e Total Energies.

«In Specialized non forniamo vestiario ai pro’ – spiega Mondini – Però posso dire che tra i team che seguiamo di certo il body con le tasche va per la maggiore. Total Energies e Quick Step utilizzano quello di Castelli. E visto che le gare sono sempre più veloci anche in salita si tende a preferire il body in generale. Un po’ tutti preferiscono il pacchetto aero. Quante volte si viaggia al di sopra dei 50 chilometri orari ormai? Tante direi».

«Qualche anno fa avevamo fatto uno studio sui vantaggi in termini di watt. In galleria del vento avevamo notato che i calzini non hanno nessuna influenza ai fini aerodinamici in quanto con il movimento della pedalata creano una sorta di spostamento d’aria all’interno del “cono aero” e creano delle interferenze, ma è davvero difficile da valutare.

«Discorso diverso se invece parliamo del copriscarpe. Il fatto che sullo scarpino ci siano delle prese d’aria, il copriscarpe chiudendole li rende più veloci. Però bisogna anche valutare l’aerazione del piede, perché se metto il copriscarpe e la temperatura del piede sale troppo o mi disidrato… non è più un vantaggio.

«Quello che invece conta abbastanza è il casco. Noi ne mettiamo a disposizione due modelli: il Prevail, casco “classico”, e l’Evade, casco aero. Possono esserci anche 10 watt di differenza a 50 chilometri orari e per questo motivo è sempre più usato».

Stare nella pancia del gruppo aiuta moltissimo come è noto: in quei frangenti i vantaggi del pacchetto aero sono meno tangibili
Stare nella pancia del gruppo aiuta moltissimo come è noto: in quei frangenti i vantaggi del pacchetto aero sono meno tangibili

Non solo i velocisti…

Nel nostro caso, visto che la bici è unica (la Specialized S-Works Tarmac SL7) si va alla ricerca delle ruote alte, le Rapid con profilo differenziato: 50 millimetri all’anteriore e 55 al posteriore e manubrio sempre della linea Rapid, quindi schiacciato e con piega alare. Chi non usa il Rapid usa il manubrio aero di Pro (brand di Shimano, ndr) con il set integrato. Sono davvero pochi ormai ad optare per quello tradizionale».

Per Mondini il discorso del pacchetto aero non riguarda, e non dovrebbe riguardare, solo i capitani o i velocisti, ma anche e forse quasi di più gli altri corridori, quelli che per la maggior parte del tempo sono in testa al gruppo a tirare e a prendere aria in faccia.

«C’è una grande differenza tra stare davanti e a ruota – conclude Mondini – Per chi sta in mezzo al gruppo il discorso dell’effetto dei watt decade tantissimo. Si risparmia molto, cambiano i vortici di aria. Per assurdo sarebbe più importante che il pacchetto aero ce lo avesse un Tim Declercq, che tira tutto il giorno, che un Alaphilippe che fa la corsa negli ultimi 15 chilometri. Per dire…».

L’oscar di Malori: la posizione migliore ce l’ha Kung

25.11.2021
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Alla fine, dopo tanto osservare, raccontare e scrivere di altri, il “Malo” ha calato la maschera e si è lasciato scappare chi sia il corridore in circolazione che secondo lui è meglio messo sulla bici da crono. Rullo di tamburi: lo svizzero Stephen Kung, campione d’Europa a Trento, maglia Groupama-Fdj, bici Lapierre Aerostorm DRS.

«Adesso però – gli abbiamo intimato con tono fintamente minaccioso – ci dici il perché!». E siccome Adriano non aspettava altro, ecco un altro viaggio interessante in questo mondo di uomini spesso grandi, con grandi motori e la necessità di infilarsi nell’aria, malgrado appunto la loro stazza.

«Kung è alto 1,93 – osserva Malori – e pesa 83 chili, praticamente un altro Ganna. Però rispetto a Pippo è messo meglio, anche se poi il nostro fa la differenza per motore e sicurezza. Ma andiamo per gradi, così provo a spiegarvi la mia idea. La premessa però è sempre la stessa: in aerodinamica conta più essere stretti che bassi».

Giro di Romandia, prologo. Si notano i rialzi sotto le scodelle del manubrio e la posizione delle mani
Giro di Romandia, prologo. Si notano i rialzi sotto le scodelle del manubrio e la posizione delle mani

Le foto scorrono nello schermo e il ragionamento prende il largo, proprio partendo dalla doverosa premessa, in base alla quale Malori aveva stigmatizzato il tentativo della Deceuninck-Quick Step di abbassare troppo Mattia Cattaneo.

Da dove partiamo?

Dallo spessore sotto le protesi del manubrio. Si vede che fra il manubrio e le scodelle c’è parecchio spazio, ma le spalle sono strette e… guardano verso il basso. Sono ben incurvate. Inoltre tiene giù la testa, cercando di avvicinarla alle mani, facendo cuneo. Anche la posizione delle mani è ottima, con i polsi ruotati in avanti. Si vede che il manubrio gliel’hanno fatto su misura. E’ messo anche meglio di Ganna…

Non avevi sempre detto che Pippo è il top?

Non so se dipenda dalla ginnastica che fa, ma Kung è messo meglio con le spalle. Pippo ha spalle larghe e dritte, Kung ha una flessione molto migliore. Potrebbe anche dipendere semplicemente da madre natura, che ti fa più o meno flessibile. E ora guardiamo la foto laterale.

Eccola qua, cosa vedi?

La testa è incassata bene verso le scodelle ed è messo così in tutte le foto che ho trovato in rete, quindi vuol dire che è una posizione comoda e naturale. Le braccia hanno angolo di 90 gradi ed è retto anche quello fra braccio e tronco. Se guardate, forma un ovetto: la linea ideale fra testa, coda del casco e curva della schiena. Non è tanto sacrificato ed è tanto alto davanti, con il collo libero e la possibilità di muovere le spalle.

Non ti sembra un po’ basso di sella?

Quello è molto personale. A me ad esempio piaceva andare alto. Ci sono tante correnti di pensiero sulla migliore altezza di sella, ma nella crono c’è da valutare anche l’allungamento delle pedivelle che potrebbe variare e di conseguenza portare qualche variazione. Comunque per la posizione della schiena e delle braccia e per il modo in cui è compatto, mi sembra meglio anche di Van Aert.

E allora perché Ganna lo batte sempre?

Pippo magari non sarà la perfezione aerodinamica, ma a fronte di questo, ha tanti watt da spendere. D’altra parte non esiste la biomeccanica perfetta: va applicata e personalizzata. Ganna è comodo e va forte. E poi ha tanta testa…

E quella con l’aerodinamica c’entra meno, giusto?

Kung spesso stecca i grandi appuntamenti e può dipendere da questo. Se batti Ganna all’europeo, dieci giorni dopo non fai quarto al mondiale. Magari fai secondo, ma quarto… Forse ha sentito troppo l’appuntamento. Pippo ha una freddezza maturata ormai in anni di sfide ad alto livello, da quando a vent’anni ha vinto il primo mondiale di inseguimento. Kung è a questi livelli da 2-3 anni. Sappiamo quanto conta la testa nelle crono. E Ganna è uno che aggredisce le crono, le corre all’attacco. Come Pantani aggrediva le salite.

Ogni body ha un’anima diversa: comanda la velocità

29.10.2021
6 min
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Con Simone Omarini di HardSkin abbiamo più volte preso di petto il tema dell’abbigliamento correlato all’aerodinamica, ma il filone non si è esaurito. I mondiali in pista e prima quelli della crono hanno davvero messo in evidenza come si vinca spesso per frazioni di secondo e si debba ricercare il vantaggio in ogni possibile situazione. Così se nel precedente confronto avevamo parlato di quali siano le linee guida generali per realizzare un body davvero aerodinamico, ora la curiosità si è spostata sulla possibilità di personalizzarlo perché nello stesso quartetto, ad esempio, convivono giganti come Ganna e Milan e atleti più compatti come Consonni. Non pretenderete mica che si vestano tutti allo stesso modo?!

«L’obiettivo – inizia Omarini – è sempre limare per ottenere un piccolo contributo dovunque si possa. Ci sono body da crono, da pista e da strada. E se la gara in pista dura quattro minuti, quanto vale quel vantaggio/minuto in una corsa come la Sanremo che è lunga 300 chilometri? E’ un po’ come il limare del corridore, che sta a ruota il più possibile per risparmiare energie da usare quando serve nel finale di gara».

Body e velocità media

Il body nasce in base alla velocità media della prova in cui sarà usato. Così, come detto poco fa, il body del quartetto sarà diverso da quello da crono per due motivi. Il primo è il tempo di utilizzo, che in pista è di pochi minuti e in strada può arrivare fino a un’ora.  Così come cambia la posizione in bici, che per 4 minuti può essere ben più estrema e scomoda, anche il body può essere meno comodo di uno da crono.

E poi c’è da considerare la velocità media, che su strada si attesta intorno ai 50 all’ora, mentre su pista può arrivare ai 65. Quei 15 km/h fanno una bella differenza e permettono di progettare e poi testare body diversi.

«Poi ci sono i body da triathlon – rilancia Omarini, dato che HardSkin è molto concentrata sulla disciplina – che sono tarati sui 40 all’ora. Quando si testa un atleta in galleria del vento, è importante capire cosa succede con l’aria alla velocità di gara, ma anche sopra e sotto quella soglia. In base a quello che emerge si valutano i tessuti e le loro tridimensionalità. Si studia atleta per atleta, anche per capire se le forme diverse incidono sul rendimento del body. Non succede spesso, ma è facile intuire che la risposta fra Ganna e Yates potrebbe essere diversa».

Tessuti diversi

Personalizzare significa progettare, ma partendo da basi di conoscenza già note. Nessuno inventa niente, semmai la frontiera degli studi si concentra parecchio sui tessuti, che vengono testati per capire in quali parti del corpo performino meglio con le loro rugosità.

«Si gioca col liscio e con le tridimensionalità – spiega Simone – si crea il prototipo e si testa in galleria del vento. Alla lunga, si migliora sempre e più si sta in galleria e più segreti si scoprono. Ci si rivolge a chi produce tessuti per impiego sportivo, difficilmente trovi l’azienda che produce un tessuto studiato per una determinata configurazione aerodinamica. Al massimo, se hai collaborazione con qualcuno che li produce, puoi offrire qualche feedback sulla resa di certe rugosità. La scelta degli ingegneri avviene fra vari tessuti, cercando di individuare quelli che si pensa possano essere i più veloci. A quel punto si fa il body di prova, giocando con le varie rugosità per ottenere il miglior risultato possibile».

Simone Omarini a Montichiari in una sessione di lavoro sulla posizione con gli azzurri
Simone Omarini a Montichiari in una sessione di lavoro sulla posizione con gli azzurri

I dettagli in gioco

E poi entrano in gioco i dettagli. La posizione della cerniera davanti o dietro, l’alloggiamento della radiolina. Non esiste una soluzione migliore di altre, semplicemente ciascun atleta avrà vantaggio da una soluzione o dall’altra.

«I test si fanno sui corridori – spiega – un manichino sarebbe comodo, ma costa tanto ed è statico. La variabile nell’uso degli atleti è che durante i test si stancano e quindi si muovono, anche se di solito i cronoman sono bravissimi nel mantenere a lungo la stessa posizione. Ogni variazione deve essere testata e ritestata, proprio perché magari l’atleta ha sovrapposto i pollici e le condizioni sono cambiate. Può andare subito bene, come anche il contrario. Magari si scopre che il tessuto non è così veloce o si prova una nuova cucitura perché quella pensata inizialmente non chiude bene e fa qualche piega.

«Si lavora finché non si ottiene la soluzione che funziona e di solito si crea una matrice di prova per essere certi della ripetibilità del test. Parliamo di 3 prototipi di body e 5 di calze. Si provano insieme, anche in combinazione. Poi si usano differenti tipi di casco per valutare se la sua azione danneggi o modifichi il comportamento del body. Visti i costi, in galleria si entra con i tempi già suddivisi e sapendo quali prove si faranno. Ogni tempo morto costa, quindi la giornata è già tutta programma al minuto».

Confini da varcare

Perché si cambia quando si raggiunge il body perfetto? Perché magari arriva il rappresentante di tessuti e ne propone alcuni più veloci, oppure perché il precedente aveva qualche criticità.

«Nelle grandi aziende magari si cambia anche per ragioni di marketing – dice Omarini – da noi invece la ragione è piuttosto tecnica».

E poi però ci sono le considerazioni finali sul fatto che in galleria del vento si riesca anche a studiare la scia. E si scopre allora che avere una moto alle spalle ti agevola e così pure portarsi qualcuno a ruota. Lo sgradito… ospite infatti in realtà allunga la forma e a parità di superficie frontale si ha un vantaggio aerodinamico. Mai come quello di chi sta dietro, questo è chiaro, ma avendo le gambe per farlo, conviene staccarlo il più vicino possibile all’arrivo.

E poi si potrebbe studiare e misurare gli effetti della ventilazione in un velodromo si potrebbe ragionare sulla ventilazione del velodromo. Capire se i record del mondo di Tokyo siano stati frutto di un ambiente favorevole. Ragionare sulla spinta che gli atleti in gruppo girando imprimono all’aria mettendola in moto, oppure se la ventilazione forzata di un velodromo possa influenzare la prestazione stessa degli atleti. Ci sono confini ancora inesplorati e menti vivide che stanno già pensando al modo per varcarli.

Con Hardskin vediamo come nasce un body aerodinamico

20.08.2021
6 min
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Torniamo sulla tecnica. Ormai sappiamo che nulla è lasciato al caso, che tutto è più curato in ogni dettaglio. Soprattutto quando si parla di aerodinamica ogni millesimo conta e quello che abbiamo scoperto parlando con Simone Omarini, ingegnere meccanico e super esperto in materia, è che il vestiario incide moltissimo. Omarini ci mostra come si lavora in Hardskin, azienda specializzata proprio nell’abbigliamento supertecnico ed aerodinamico (ma non solo).

Quando si va in galleria del vento il prodotto deve essere in uno stato molto avanzato. E se qualcosa non va… si ricomincia
Quando si va in galleria del vento il prodotto deve essere in uno stato molto avanzato. E se qualcosa non va… si ricomincia

Aerodinamica fondamentale

«L’idea di un abbigliamento tecnico – spiega Omarini- nasce dal fatto che l’aerodinamica conta per il 90% della potenza erogata dal ciclista. Poter controllare l’abbigliamento che lo stesso ciclista indossa è un vantaggio sensibile. Se pensiamo che a 40 all’ora l’aerodinamica incide per il 90% dello sforzo e a 50 all’ora passa a 95- 96%, va da sé che ridurre l’impatto aerodinamico è fondamentale. Ma come?

«L’altra volta quando parlavamo dei manubri abbiamo detto che il ciclista è l’insieme dell’atleta più la bici. Ebbene, la prima cosa su cui lavorare è la posizione del corridore, la seconda è come viene vestito il corpo umano».

Le rugosità della pallina golf le consentono di arrivare più lontano perché più aerodinamica
Le rugosità della pallina golf le consentono di arrivare più lontano perché più aerodinamica

Obiettivo, ridurre la scia

A questo punto Omarini fa un discorso più in generale sull’aerodinamica. E più precisamente sugli studi delle forme che portano poi alla nascita del body.

«Il corpo umano può essere paragonato ad una forma tozza, parlando in termini di aerodinamica. Non è una forma allungata o alare. E il modo migliore per rendere aerodinamici questi corpi tozzi è migliorarne la superficie. Come? Con delle rugosità. Che poi è lo stesso concetto della pallina da golf, che ha dei tondini più profondi, delle fossette che “energizzano il flusso”. Noi dobbiamo pensare che mentre pedaliamo siamo in un oceano di aria e più la scia che lasciamo è piccola e più l’impatto aerodinamico sarà minore. Pertanto, l’obiettivo è la riduzione della scia, questo significa che c’è meno differenza di pressione tra monte (alta pressione, aria frontale all’atleta) e valle (bassa pressione, area in uscita ed alle spalle dell’atleta). Se riduco la scia a valle, cioè la zona in bassa pressione alle spalle dell’atleta, la resistenza aerodinamica sarà minore».

In tutto non va dimenticato l’impatto frontale che più è piccolo e meglio è. E torniamo al discorso di prima: la cosa più importante è avere una buona posizione del ciclista. Una volta raggiunta questa posizione si va a lavorare sul vestiario e le scie. E ancora: una volta ridotto l’impatto frontale, si cerca di creare un tutt’uno con il resto del corpo, per quanto possibile. L’esempio più classico è creare un continuum tra casco schiena.

Hardskin all’avanguardia

Fatto questa doverosa introduzione per far comprendere meglio l’argomento di base, andiamo a vedere come nasce un body aerodinamico e nello specifico un body aerodinamico di Hardskin. Ore ed ore di lavoro. Si parte da un foglio bianco (visto che l’azienda è giovane ed ogni progetto è nuovo), si stabiliscono le caratteristiche che si vogliono creare e sulla base delle conoscenze e delle esperienze si lavora con tessuti, macchinari e galleria del vento.

«I punti più importanti sui quali siamo concentrati sono le zone tonde (spalla, manica e coscia) e le cuciture – riprende Omarini – In particolare sulle forme tonde è stato importante introdurre quelle rugosità che energizzano il flusso. Anche le cuciture sono importanti, soprattutto per i body più specifici come quelli per la pista o per la crono. E sono ridotte al minimo. Proprio questi body non hanno tasche, comprimono molto e tendono a chiudere le spalle. Non sono confortevoli quando si sta in piedi, ma debbono esserlo quando si sta in bici. Se ci facciamo caso, prima di una crono si vedono i corridori con le cerniere aperte sul petto. Sono body che comprimono molto, sono pensati per una determinata posizione, inoltre essendoci pochissimo materiale sulla pancia è anche difficile distendersi correttamente.

«Un body con queste caratteristiche ha un coefficiente aerodinamico migliore del 3-4% rispetto alla media. Ma questa percentuale può arrivare anche al 7% rispetto ad un body o ad un abbigliamento di bassa qualità, che in uno sforzo di un’ora si traduce in minuti. Spesso si pensa che sia esagerato intervenire sul vestiario, ma il vantaggio è tangibile. Per fare un paragone, quando si sostituiscono le pulegge del cambio con quelle oversize il guadagno è davvero minimo».

Due modelli per il ciclista…

In Hardskin ogni colore corrisponde ad una disciplina. L’arancione per le specialità più veloci (pista e crono), il verde per il triathlon, l’azzurro per il ciclismo classico, ma tutti i capi hanno un taglio aero.

Lo Strouhal Aerosuit TT LS è il body top di gamma. E’ da prestazione pura, anche grazie alle maniche lunghe, una delle parti che incide di più. Questo body riassume tutte le caratteristiche che abbiamo elencato prima: compressione, poco materiale sul ventre, assenza di tasche, cuciture al minimo, materiale non troppo elastico per chiudere in modo corretto le spalle ed agevolare l’atleta a stare nella posizione da crono.

Il Reynolds è più o meno il corrispettivo dello Strouhal ma a manica corta. Resta un body molto aerodinamico. La cerniera arriva fin sopra l’ombelico e anche questo aspetto lo rende più versatile, tanto che può essere utilizzato sia per le gare più lunghe che per un allenamento, in quanto la la parte superiore si apre esattamente come una maglia. In più ha le tasche. Senza contare che con questo body posso stare eretto normalmente. Rispetto allo Strouhal il materiale è più traspirante.

Hardskin al vertice anche nel triathlon: ecco il Von Karman Arosuit Tri a manica corta
Hardskin al vertice anche nel triathlon: ecco il Von Kármán Arosuit Tri a manica corta

E uno per il triathleta

E poi c’è un terzo modello proposto da Hardskin: il Von Karman, specifico per il triathlon. La prima cosa che lo differenzia sono le cuciture, specie sulla spalla che deve essere più libera pensando alla frazione di nuoto. Il tessuto sulla spalla è lo stesso dei due precedenti in quanto la frazione in bici è piuttosto lunga e l’aerodinamica conta molto. Mentre la parte del dorso e della schiena sono più elastici e il materiale si “muove” in quattro direzioni. Non sono stati fatti troppi studi idrodinamici in quanto i triathleti utilizzano la muta che dice Omarini: «E’ esageratamente più performante del body in acqua (il body viene indossato sotto la muta)».

Il Von Karman è volutamente ottimizzato per la frazione in bici (la più lunga), dove è possibile guadagnare parecchi secondi o minuti, ma consente anche di risparmiare energie nella frazione di corsa. Ad esempio, pensando ad una frazione di bici di 70 chilometri percorsa ad una media di 38 all’ora, il miglioramento in termini di tempo indossando un body aero è calcolato intorno ai 2′, con un risparmio di circa 12-15 watt.

Anche a 40 di media, ci sarà da battere il vento. Ecco perché

27.07.2021
6 min
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E’ da un po’ che si ragiona sulla cronometro di Tokyo e adesso che manca davvero poco per dare un peso ai pronostici, il discorso si sposta anche sul piano tecnico. Malori l’ha detto chiaro: la crono dovrebbe essere un esercizio di velocità, premiando gli specialisti e le migliori dotazioni tecniche. Se invece, come a Tokyo per la gara maschile, la crono diventa una prova di resistenza con più salite e discese che pianure, qual è l’impatto del pacchetto aerodinamico? Conta ugualmente tanto infilarsi bene nel vento?

Vento, il primo nemico

Ci siamo voluti togliere la curiosità bussando nuovamente alla porta di Simone Omarini, responsabile prodotto di Hardskin, che fino a qualche anno fa lavorava come ingegnere meccanico presso la galleria del vento del Politecnico di Milano.

«Ovviamente – dice entrando subito nel tema – conta tanto la velocità media di cui si parla, ma anche a 40 km/h la principale resistenza all’avanzamento è aerodinamica. Se la pendenza è contenuta, facendo un bilancio energetico, ci si rende conto che la resistenza aerodinamica è il fattore più importante da vincere. Il ciclista deve fare i conti con il vento. Circa il 90 per cento dell’energia spesa dall’atleta serve a vincere la resistenza aerodinamica. E se il vento è laterale, bisogna capire in che modo si opponga all’avanzamento. Lo scopo di ogni studio e lavoro in questo campo è ridurre la resistenza aerodinamica».

Neppure Van Aert è uno specialista, ma in bici è perfetto. In apertura Remco Evenepoel
Neppure Van Aert è uno specialista, ma in bici è perfetto. In apertura Remco Evenepoel
Si passa sempre dalla galleria del vento?

In realtà, ci sono tre possibilità. Si può procedere con l’analisi numerica. Si può andare in galleria del vento. Oppure ricorrere a test su campo, ad esempio in velodromo.

Differenze?

Per la prima non usi l’atleta, se non per una scansione 3d iniziale in assetto da gara, ma servono computer o server di calcolo molto potenti. Inserisci l’atleta, gli “spari contro” un vento computerizzato e vedi cosa succede. Non sono simulazioni veritiere finché non sono validate in galleria del vento o in velodromo. Una volta che però hai un modello validato, puoi usarlo per valutare componenti e situazioni. o per progettare nuovi materiali

Il percorso di Tokyo è troppo duro per Ganna? Se è in condizione, se la gioca. Guardate quelle righe sulle maniche…
Il percorso di Tokyo è troppo duro per Ganna? Se è in condizione, se la gioca. Guardate quelle righe sulle maniche…
La galleria del vento?

E’ la più veritiera. Controlli il flusso, la temperatura, l’angolo di incidenza del vento. Hai tutto sotto controllo e puoi simulare le situazioni di gara. Se la galleria è anche grande abbastanza da contenere la scia a valle dell’ultimo atleta, puoi testarci un quartetto intero. Sotto all’atleta si mette una bilancia dinamometrica che permette di valutare tutte le forze e le coppie che agiscono. Tenendo conto della direzione e della velocità del vento e della densità dell’aria, si calcola la resistenza aerodinamica, moltiplicando il coefficiente di drag per l’area frontale. In velodromo queste cose puoi farle, ma spesso non hai la ripetibilità del test. Basta che cambino la temperatura, l’umidità, la resistenza e la densità dell’aria e non hai più le variabili costanti fra i vari test fatti.

Pogacar non è uno specialista, ma se il percorso è duro se la cava con la forza
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Una volta che si è fatto il test base, come si procede?

Fai le varie comparazioni, misurando lo scostamento che si determina usando body, caschi, ruote e componenti diversi. Ogni atleta fa storia a sé. In questo modo ci si rende conto che lo stesso body, ad esempio, può essere più veloce su uno piuttosto che su un altro. Per questo a volte ti accorgi che lo specialista usa un materiale e lo scalatore ne usa un altro. Si parla di differenze minime, i famosi marginal gains, che richiedono di ripetere più volte il test.

Stessa cosa per il casco?

Il casco deve coniugarsi bene con la postura dell’atleta. Un corridore molto fermo e grande può usare un casco largo e con la coda lunga. Un atleta magro, che magari si muove tanto perché guarda spesso il computerino, andrà meglio con un casco senza una grande coda.

Dennis ha vinto il mondiale 2019 su un percorso molto duro
Dennis ha vinto il mondiale 2019 su un percorso molto duro
Stessa cosa per il manubrio?

Certamente, ascoltando l’atleta. Determini l’altezza delle protesi e la loro larghezza. Fai serie di spostamenti, anche significativi, ma devi sempre passare per il feedback dell’atleta. E’ lui che deve esprimere la potenza necessaria per vincere la resistenza aerodinamica e sempre lui deve guidare la bici. Per cui si studia la posizione, poi gli si dà il tempo di allenarsi e alla fine si ripete il test.

Questo significa che a volerla fare bene, si potrebbe creare un body in base alla velocità stimata?

Esattamente. Lavorando sui tessuti si può fare proprio questo. Ci sono team WorldTour che cambiano materiale in base al percorso che dovranno affrontare. E vi do per certo che è proprio l’abbigliamento che risente maggiormente delle variazioni della velocità media.

Nella crono di Tokyo vedremo in mischia anche Dumoulin, 44° nella prova su strada
Nella crono di Tokyo vedremo in mischia anche Dumoulin, 44° nella prova su strada
Su cosa si interviene per variare l’abbigliamento in base alla velocità?

Dato che il corpo umano è di base un corpo tozzo, coprendolo di tessuto puoi controllarne la penetrazione. Si fa variando la rugosità del tessuto. I buchetti sulla pallina da golf nascono da studi simili, perché si è capito che la pallina in quel modo è più veloce nel vento. Con i body è lo stesso. Si sceglie una velocità media e si valuta il tessuto. Se poi ci sono altri fattori, come ad esempio il grande caldo, si inseriscono fibre come il grafene che dissipano meglio il calore, soprattutto nelle crono. Per cui anche se andranno più piano, l’aerodinamica avrà certamente il suo peso. Sicuro!

Titici Vento: aerodinamica, fatta a mano, anche su misura

16.05.2021
3 min
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La nuova Titici Vento si presenta in modo elegante. Montata con freni a disco, è frutto di una lavorazione manuale attenta a ogni dettaglio, che vuole soddisfare le esigenze dei corridori garantendo comfort e performance e permettendo anche la realizzazione su misura.

Rigidità e comfort

Il telaio è da osservare con particolare attenzione. La geometria è immancabilmente sloping. Il tubo orizzontale parte schiacciato all’innesto col reggisella (appena 8 mm) e arriva al tubo di sterzo con la sezione che aumenta progressivamente. E’ un tratto distintivo di Titici, realizzato secondo il brevetto PAT (Plat Absorber Technology). Grazie a questo disegno è possibile ridurre del 18 per cento le vibrazioni.

Dalla vista frontale della Vento si apprezza la pulizia delle linee
Dalla vista frontale della Vento si apprezza la pulizia delle linee

Sterzo da 1-1/2″

Proprio nella parte anteriore del telaio si apprezza il completo passaggio interno di cavi e guaine, che comporta linee precise, superfici pulite e un’eccellente penetrazione aerodinamica. Il tubo sterzo con sezione maggiorata di un pollice e mezzo conferisce precisione e sicurezza nella guida, soprattutto in discesa e nelle curve veloci. Anche il carro sembra distinguersi dagli standard tradizionali, dal momento che i foderi orizzontali in realtà sono leggermente obliqui e i pendenti sono stati ridisegnati con un leveraggio ribassato sul tubo di sella, per aumentare la reattività in salita e la rigidità laterale, senza compromettere il comfort.

Fatta a mano

La bici è realizzata in fibra di carbonio, prodotta artigianalmente con il sistema PBW (Progressive Bandage Workmanship). Equipaggiata con Campagnolo Super Record elettronico e ruote Campagnolo Bora WTO 45 Disc.

L’intero telaio è realizzato artigianalmente in fibra di carbonio, utilizzando il sistema PBW (Progressive Bandage Workmanship) che prevede l’avvolgimento dei tubi con resine. Il tubo obliquo tondo contribuisce a un look elegante ed essenziale.

Manubrio integrato

Il manubrio è il Titici monoscocca, integrato con l’attacco al fine di migliorarne la rigidità e progettato dall’analisi della postura del ciclista, con una conformazione che asseconda la posizione naturale delle braccia e ne aumenta il comfort.

Il look è molto appariscente, colorata di verde con inserti grigi per le punte della forcella, il raccordo tra foderi e pendenti e lungo il piantone. Il prezzo consigliato al pubblico è a partire da 4.790 euro.

titici.com

Contador Magma

Magma, gioiellino per la Eolo-Kometa

19.04.2021
4 min
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Alberto Contador e Ivan Basso hanno creato il loro marchio di biciclette: Aurum. L’obiettivo dei due campioni è quello di realizzare le migliori biciclette da corsa combinando: aerodinamica, rigidità, comfort, peso e maneggevolezza. Il primo modello è la Magma, che è in dotazione al team professional Eolo-Kometa.

Geometria equilibrata

Contador e Basso hanno voluto che la Magma fosse una bicicletta completa, dalle ottime prestazioni su tutti i terreni. Per fare questo i due campioni si sono confrontati da subito con gli ingegneri e i progettisti descrivendogli la loro idea di bicicletta perfetta, quella sulla quale avrebbero da sempre voluto gareggiare. Il primo elemento per ottenere una bicicletta equilibrata è la geometria. L’esperienza di Contador e Basso nei migliori WorldTour del mondo, li ha portati a conoscere l’importanza di un corretto adattamento sulla bici e la necessità di dover cambiare la posizione anche più volte durante l’anno. Proprio per questo Magma è stata realizzata usando componenti standard. Il reggisella e il manubrio di matrice tradizionale permettono una maggiore semplicità delle regolazioni e di cambi di alcuni componenti, tipo l’attacco manubrio.

Il telaio Magma nel colore Glacial Blue
Il telaio Magma nel colore Glacial Blue

Guidabilità perfetta

Un punto chiave della Magma è l’avantreno, infatti questa parte è fondamentale per la qualità di guida del mezzo. La forcella ha due offset differenti in base alla misura del telaio. In questo modo sia le misure più piccole che le più grandi beneficeranno della migliore guidabilità possibile. Anche i valori di Stack e Reach dimostrano che la Magma è stata pensata sia per la ricerca delle performance, ma con un occhio particolare al comfort. Infatti, Contador e Basso affermano che sulle lunghe distanze non basta solo la rigidità, ma un buon comfort in sella porta a migliori prestazioni. A conferma di questo concetto basta pensare che la Magma è stata ottimizzata per montare coperture da 25 o da 28 millimetri, anche se è possibile arrivare fino a 30 millimetri.

Per quanto riguarda il carro posteriore i foderi orizzontali oversize corti contribuiscono ad avere una maggiore reattività, soprattutto in salita, mentre il movimento centrale con un baricentro più basso e un passo della bici abbastanza generoso, portano a un assetto migliore e a una stabilità maggiore nei tratti veloci, soprattutto in discesa.

Erik Fetter impegnato sulla sua Magma
Erik Fetter impegnato sulla sua Magma
Erik Fetter impegnato sulla sua Magma
Erik Fetter impegnato sulla sua Aurum Magma alla Coppi e Bartali 2021

Aerodinamica

Anche l’aerodinamica ha avuto il suo peso nella progettazione della Magma, infatti è stata progettata usando un software CFD avanzato e testato in galleria del vento. In questo modo gli ingegneri hanno adattato le forme dei tubi generate dal computer alle condizioni reali. Una caratteristica aerodinamica è l’Head Tunnel, che canalizza i cavi dei freni attraverso il telaio, direttamente dal manubrio. Questa soluzione è stata scelta per favorire l’aerodinamica frontale e anche per facilitare il montaggio e le regolazioni della posizione.

Ben visibile l’Head Tunnel che canalizza i cavi nel telaio
Ben visibile l’Head Tunnel che canalizza i cavi direttamente nel telaio

Carbonio giusto nei punti giusti

La rigidità torsionale è un altro punto chiave sul quale Contador e Basso hanno puntato molto. Per arrivare ad un ottimo risultato sono stati selezionati una serie di fibre di carbonio diverse e tecniche di stampaggio avanzate.  Gli stampi in acciaio di alta precisione hanno consentito pressioni di stampaggio più elevate del normale, spremendo più resina dalla fibra. Le anime in schiuma rivestite in lattice hanno creato un interno pulito e senza imperfezioni. Aurum ha così sviluppato la tecnologia ECT: Experience Carbon Technology. Questa tecnologia utilizza sei diversi tipi di fibra di carbonio che vengono applicate in maniera diversa nelle zone varie parti del telaio. In pratica si è cercato di mettere le fibre giuste nei posti giusti per un equilibrio tra peso, rigidità e comfort. Grazie all’ECT ogni dimensione del Magma è stata progettata e sviluppata individualmente, con un programma di laminazione e gradi di fibra di carbonio specifici. Il risultato è un telaio che in taglia 54 pesa 805 grammi.

In fase di sviluppo

Per le prove contro il tempo Aurum sta ancora sviluppando il suo telaio, che proprio Alberto Contador sta provando per mettere a punto gli ultimi dettagli.

Vincenzo Albanese nella cronometro di San Benedetto del Tronto
Vincenzo Albanese nella cronometro di San Benedetto del Tronto
Vincenzo Albanese nella cronometro di San Benedetto del Tronto
Vincenzo Albanese nella cronometro di San Benedetto del Tronto della Tirreno Adriatico

La scheda tecnica

GruppoShimano Dura Ace Di2
RuoteEnve
PneumaticiVittoria
ManubrioEnve
SellaPrologo
ReggisellaEnve
PedaliLook

Componentistica

La Magma della Eolo-Kometa è montata con il gruppo Shimano Dura Ace Di2, ma con la guarnitura fornita da Rotor. Per quanto riguarda le ruote, i manubri e i reggisella troviamo i prodotti marchiati Enve. Per le selle sono state scelte le Prologo che offre un’ampia scelta di modelli. Come pneumatici Frapporti e compagni possono sfruttare la tecnologia di Vittoria, mentre per i pedali ci sono i sempre affidabili Look.