Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025

L’anno della Vangi e il futuro del ciclismo giovanile

06.12.2025
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Il team Vangi Sama Ricambi ha conquistato la classifica a squadre riservata alla categoria juniores, un risultato che arriva al termine di una stagione fatta di crescita e di conferme. Matteo Berti, alla guida della formazione toscana da due stagioni, si sta godendo un momento di pausa dall’attività. Anche se la preparazione in vista del 2026 è già iniziata, non in maniera così assidua ma il lavoro non manca (in apertura foto Facebook).  

«Diciamo che siamo in piena preparazione per il prossimo anno – racconta Berti – e inizieremo a fare sul serio tra non molto. Tutto sta andando bene e penso riusciremo a mettere insieme un bel team anche nella stagione che verrà. Mi auguro riusciremo a toglierci delle belle soddisfazioni. 

«Rispetto alla stagione appena conclusa – spiega il diesse – avremo due atleti in meno, passiamo da diciotto a sedici. Ci saranno otto ragazzi al primo anno nella categoria juniores e altri nuovi di secondo anno. Qualitativamente mi sembra una squadra ben assortita».

Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025
Il Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata nella stagione 2025 aveva in rosa diciotto ragazzi, la prossima stagione saranno sedici (foto Facebook)
Arrivate da un risultato importante, con la vittoria della classifica a squadre…

Sì, assolutamente. Ci è mancato un po’ qualche risultato importante nelle corse nazionali e internazionali. Però tutti i ragazzi, in generale, si sono comportati bene e questo ci dà sicuramente tanta soddisfazione. A un certo punto della stagione la classifica a squadre è diventata un obiettivo, sia per la società che per i ragazzi. 

Un termometro di una stagione positiva?

Il livello degli altri team che ci siamo messi alle spalle era sicuramente elevato, basti pensare al fatto di aver battuto una realtà come il Team Fratelli Giorgi. Ci siamo portati a casa una bella soddisfazione, ma se dovessi pensare a qualcosa da migliorare direi che sarebbe bello alzare l’asticella negli appuntamenti più importanti. 

Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025
L’obiettivo del Team Vangi per il 2026 è migliorare nelle competizioni internazionali (foto Facebook)
Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025
L’obiettivo del Team Vangi per il 2026 è migliorare nelle competizioni internazionali (foto Facebook)
Restate una squadra che esce tanto dall’Italia per correre…

Per noi fare un certo tipo di attività anche all’estero è un obiettivo. Una cosa che abbiamo sicuramente notato è che il livello medio si sta alzando parecchio. Gli appuntamenti internazionali diventano importanti per la categoria juniores, perché rappresentano sicuramente una vetrina in prospettiva futura. Purtroppo il ciclismo sta abbassando tanto l’età in cui andare alla ricerca di talenti

In questi anni hai visto corridori diversi, è cambiato tanto il movimento giovanile?

I ragazzi iniziano ad essere consapevoli che si deve andare forte da juniores, chi più e chi meno. Ma ormai questa è la categoria che fa da spartiacque. Rimango convinto che ogni corridore debba fare il proprio percorso. Tutti vogliono andare nei devo team ma si può diventare professionisti facendo anche un cammino parallelo. Gli esempi non mancano, uno su tutti a mio avviso è quello di Fiorelli che nel 2026 correrà con la Visma. Il suo percorso fa capire che il lavoro paga. 

Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025
Le squadre juniores chiudono e per i ragazzi è sempre più difficile continuare a correre (foto Facebook)
Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025
Le squadre juniores chiudono e per i ragazzi è sempre più difficile continuare a correre (foto Facebook)
Hai avuto in squadra un ragazzo come Sambinello, il pensiero ai devo team era così radicato anche in lui?

Era un ragazzo con una fame agonistica importante, ma non aveva il pensiero di arrivare in un devo team. E’ stata la conseguenza dei risultati fatti nei due anni da juniores. Anche altri miei atleti avevano “fame” agonistica ma senza l’assillo di arrivare. Ora c’è una maggiore ambizione di arrivare in quelle squadre. Continuo a pensare che anche i miei ragazzi passati in team continental (ad esempio Meccia e Toselli, ndr) possano arrivare al professionismo. 

L’anno prossimo mancheranno squadre come il Team Fratelli Giorgi o l’Aspiratori Otelli, che cambiamento sarà?

Strano e non facile da digerire. Il confronto con certe realtà fa crescere i corridori e noi come squadra. Non sarebbe corretto pensare che senza di loro il cammino possa essere più agevole, anche perché molti ragazzi rischiano di rimanere senza squadra. E’ un aspetto che ho notato già quest’anno.

Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025
L’attenzione verso la categoria cresce continuamente, gli atleti lo sanno e già sono alla ricerca di risultati e prestazioni
Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025
L’attenzione verso la categoria cresce continuamente, gli atleti lo sanno e già sono alla ricerca di risultati e prestazioni
E’ già così evidente?

Molti dei miei corridori hanno fatto fatica a trovare una sistemazione da under 23, sono arrivati a firmare contratti in inverno. Cosa che sinceramente non ci era capitata in precedenza. Il rischio è che con la chiusura di qualche team e la rincorsa ai talenti l’imbuto si restringa già agli allievi, escludendo tanti ragazzi da questo sport.

Nibali sul Giro

Nibali sul Giro: Vingegaard per la tripletta. Remco e quella crono…

06.12.2025
5 min
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ROMA – Il Giro d’Italia è la grande news di questa settimana. La corsa rosa tiene banco e, in attesa dei programmi dei grandi corridori, non si può far altro che approfondire l’argomento. Magari proprio con un grandissimo ex corridore: Vincenzo Nibali.

Il percorso, i protagonisti, quella crono così lunga, l’assenza di salite “monster”. Come inciderà tutto ciò sulla corsa rosa? In particolare ci è piaciuto ascoltare lo Squalo su quella questione tattica che potrebbe svilupparsi proprio attorno alla crono qualora ci fosse al via Remco Evenepoel.

Nibali sul Giro
Vincenzo Nibali a Roma durante la presentazione del Giro d’Italia
Nibali sul Giro
Vincenzo Nibali a Roma durante la presentazione del Giro d’Italia

Le salite

Con Nibali si parte parlando proprio delle salite. Alla fine si rischia che la più dura sia il Blockhaus, tappa appenninica alla settima frazione. Per il resto le scalate non mancano, ma sembrano regolari. Salite che si affrontano sul filo o sopra i 20 all’ora.

«Per me – dice Nibali – la tappa di Alleghe, quindi l’arrivo a Piani di Pezzé, è la tappa più iconica, la tappa 5 stelle di questo Giro. Arriva nell’ultima settimana quando la stanchezza è palpabile. Quindi è durissima e l’arrivo è preceduto da tante scalate in successione tra cui la Cima Coppi, il Passo Giau.
E poi c’è la tappa di Piancavallo che sarà dura. Abbiamo visto due anni fa cosa fece la doppia scalata del Grappa. Ma credo che la tappa di Alleghe sia un pochino più dura e definitiva. Poi magari in gara abbiamo visto che tante volte le cose sono cambiate, come l’anno scorso nella situazione di Simon Yates che ribaltò tutto sul Colle delle Finestre.

«L’ultima settimana invece è quella più dura, più complicata: è un crescere di tensione. Mi incuriosisce molto questa ripartenza dopo il secondo giorno di riposo con la tappa svizzera e il finale a Carì».

Nibali sul Giro
Remco ha già saggiato le strade della prossima crono rosa: è stato nella Tirreno 2022. Un punto a suo vantaggio?
Nibali sul Giro
Remco ha già saggiato le strade della prossima crono rosa: è stato nella Tirreno 2022. Un punto a suo vantaggio?

La cronometro

Una sola tappa contro il tempo, ma lunga (40,2 chilometri) e piatta come un biliardo. Qui gli specialisti possono aprire davvero un bel varco e chiamare poi gli scalatori alla ribalta nelle frazioni successive. Una crono così lunga non si vedeva da un po’: quanto inciderà sulla corsa? E quanto sulla partecipazione dei big?

«Una cronometro così – va avanti Nibali – è sicuramente molto veloce perché è completamente pianeggiante. Per la mia esperienza la zona a volte è anche un po’ ventosa. Sarà interessante vedere come sarà la partenza degli uomini di classifica. Ma dopo il Blockhaus credo che partiranno comunque tutti molto vicini.
«Pensando a questa crono vorrei vedere un Remco Evenepoel, sicuramente, e anche un Jonas Vingegaard. Sono i due nomi più importanti che reputo possano essere interessanti per il Giro d’Italia, specialmente Remco per fare un ritorno dopo aver abbandonato il Giro d’Italia qualche anno fa in modo non bellissimo la prima volta e dopo una caduta la seconda. Una crono tanto lunga non si vedeva da tempo ed è molto interessante. E’ la massima espressione della velocità: sono 40 chilometri completamente piatti e potrebbero essere un grande richiamo proprio per Remco».

«Io sono cresciuto in terra toscana, è un po’ casa mia. Quelle zone le conosco bene. Tante volte abbiamo affrontato lì la crono della Tirreno-Adriatico: non hanno insidie, però il vento quando soffia può incidere. A volte ha fatto bei disastri e tra un cronoman puro e uno che va bene ma non è specialista potrebbe ballare qualche minuto».

E questo davvero cambierebbe tutto. Davvero poi potremmo vedere un Giro frizzante che, con tappe non impossibili, si presterebbe bene allo spettacolo. Lo stesso Nibali ricorda come le tappe di Pila e Carì, ricche di dislivello ma corte, richiedano esplosività. E se non si è recuperato bene potrebbero essere più dure di un tappone “monster”.

Vingegaard ha avuto poco a che fare con l’Italia, ma con ottimi risultati. Esplose alla Coppi e Bartali del 2021 e vinse la Tirreno 2024. Eccolo sul Petrano
Vingegaard ha avuto poco a che fare con l’Italia, ma con ottimi risultati. Esplose alla Coppi e Bartali del 2021 e vinse la Tirreno 2024. Eccolo sul Petrano

Quali protagonisti?

Uno dei temi emersi dopo la presentazione di questo Giro d’Italia è quello secondo cui, non essendo così duro, consentirebbe poi di andare al Tour de France. In tanti dicono che sia stato disegnato pensando a Vingegaard. Ma vedendo il percorso, salgono, e non poco, le quotazioni di vedere Evenepoel al via in Bulgaria

Però un “vantaggio”, circa la presenza del danese, c’è: la possibilità di battere in qualche modo l’eterno rivale Tadej Pogacar. Potrebbe essere infatti Jonas il primo tra i due a mettere a segno la “sacra corona”: Giro, Tour, Vuelta.

«E’ un Giro d’Italia equilibrato – riprende Nibali – come ho detto, ma anche se non è durissimo è accattivante. E’ un Giro che lascia spazio anche a chi vuole proseguire la stagione andando al Tour. Secondo me è un Giro intelligente sotto questo punto di vista.

Vingegaard bisogna vedere se ci sarà. La sua conferma immagino sia legata anche a quella eventuale di Simon Yates, che è il vincitore uscente. Potrebbe stuzzicarlo l’idea di essere il primo a vincere tutti e tre i Grandi Giri. Questo gli darebbe grande risalto. Ha vinto la Vuelta qualche mese fa e potrebbe ripetersi. E poi non me ne vogliano, ma scontrarsi con Pogacar di questi tempi è… come dire, un po’ complicato! Mai partire battuti, però se dovessi pensare a una tattica relativa al calendario penserei seriamente al Giro. Ma poi domando io: chi ci sarà? E se venisse Del Toro? Lui avrebbe il dente avvelenato. Carapaz cosa farà: ritornerà? Perché ci sarebbero anche i protagonisti dell’anno scorso.

Forti e Veloci Trento, 100 anni, presidente onorario Fulvio Valle, presidente Alessandro Groff

Cent’anni di Forti e Veloci Trento: un viaggio nel tempo

05.12.2025
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I cent’anni della Forti e Veloci di Trento non potevano passare con le parole del comunicato e le foto della festa. Era il 1925 quando la squadra venne fondata, come fa a essere ancora qua a sfornare corridori come i fratelli Bais, Samuele Rivi, Magagnotti e Fedrizzi? Di mezzo c’è la storia del ciclismo, che poi è quella d’Italia. E così, quando ci siamo resi conto che c’è ancora in azione qualcuno che conobbe i primi fondatori, non abbiamo resistito alla tentazione di calarci in un racconto che per molte pagine sarà in bianco e nero. Lui si chiama Fulvio Valle, attualmente presidente onorario della squadra, ha 81 anni (nella foto di apertura è con l’attuale presidente Alessandro Groff).

«Sono stato in questa società per 57 anni – dice – e quando nel 1965 venne fatto il quarantennale, in quella foto fatta in Piazza Duomo c’erano forse tutti i fondatori del 1925. Io sono entrato tre anni dopo, ma li ho conosciuti. Uno che ha fatto il Giro d’Italia, Guido Janeselli che era del 1902. Lo stesso Dario Widmann, che era del 1905. Eppure sono fiero di dire che lo spirito di oggi, anche se completamente diverso nei concetti, ricalca lo spirito della fondazione».

La svolta epocale del 2019

Racconta di essere entrato nella Forti e Veloci a 24 anni nel 1968, anno di nascita di chi scrive questo articolo, e questo dà ancora di più il senso della profondità della storia. Dice di aver visto passare tre presidenti prima che venisse il suo turno e poi di averlo dovuto fare ancora quando morì Silvano Dusevich. E poi ridendo aggiunge che non si possono raccontare cent’anni di storia in pochi minuti: anni di risultati eclatanti e anche di difficoltà e scarsi riscontri.

«La società è molto attiva – dice – in fondo è sempre uguale. Nell’aprile del 2019 è scomparso il mio presidente, Silvano Dusevich, che era un vero filantropo. Era una persona che godeva nel dare alla società, nel senso schietto. Erano un tutt’uno. In quel momento ci siamo ritrovati e ci siamo guardati intorno. Nel direttivo c’erano dei personaggi storici, però si capiva che fosse arrivato il tempo di dare una sterzata. Diciamo che quei saggi di allora ci sono ancora oggi, quando c’è da dare una mano per organizzare una gara. Ma quel giorno c’è stata una svolta epocale, perché sono entrate delle persone giovani, persone super preparate, anche professionisti che hanno dato un’impronta completamente moderna».

Gli ostacoli del presente

Il nuovo direttivo è composto da una varietà di persone che hanno consentito la svolta. Sono venute due vittorie consecutive alla Coppa d’Oro con Magagnotti e Brandon Fedrizzi. Edoardo Caresia ha vinto il campionato italiano a Boario.

«Eppure tutti loro – precisa Valle – credono nei colori della squadra. Non tanto al rosso e al blu che ci distingue da sempre, parlo dei valori che dal 1925 a oggi ci hanno consentito di tenere in piedi la società, nonostante oggi fare ciclismo anche a livello giovanile sia tutto fuorché facile. La burocrazia e gli impegni finanziari stanno facendo chiudere tantissime società. Possiamo girarci attorno finché vogliamo, ma ci sono esempi eclatanti dalla Zalf Fior alla Giorgi: ci rendiamo conto che qualcosa non funziona più? Noi proviamo a tenere duro e magari i ragazzini questo non lo capiscono. Non riescono a cogliere appieno i valori, loro vedono che ci sono i direttori sportivi preparati. Abbiamo Claudio Caldonazzi, direttore sportivo degli allievi negli ultimi 30 anni, che è conosciuto e stimato in tutta Italia.

«I ragazzi vedono che c’è questa attività e magari non si chiedono perché mai devono andare a correre sempre più spesso fuori regione. Il fatto è che in Trentino non c’è più calendario, mentre fino a dieci anni fa, si litigava per inserire la propria gara di allievi. Noi grazie all’organizzazione che ci siamo dati, riusciamo a fronteggiare bene la situazione, pur avendo mantenuto lo spirito iniziale».

La vittoria non è tutto

C’è un passaggio nel racconto di Fulvio Valle che lascia il segno più di altri. Il Forti e Veloci Trento vince, ma la vittoria non è tutto e sarebbe profondamente sbagliato sostenerlo occupandosi di ragazzi fino agli allievi.

«Vincere la Coppa d’Oro – dice – è il massimo. Partono da Borgo in 400, poi la prima salita dopo Levico li dimezza e il finale è meraviglioso. L’abbiamo vinta, abbiamo fatto dei piazzamenti, ma non vorrei che queste mie parole facessero pensare che per stare in piedi bisogna vincere. Assolutamente no! Abbiamo passato periodi dove la china era davvero bassa e in quel momento probabilmente è stata la forza della società a farci continuare. E questa forza c’è anche adesso con Alessandro Groff presidente, che ha dato slancio ulteriore. Tutto con lo stesso spirito costruttivo nel senso dell’appartenenza ai colori sociali. Forse per questo ci siamo da cent’anni…».

Pino Toni, Bruno Reverberi, Roberto Reverberi partenza per Uzbekistan, 23 novembre 2025

Il viaggio di Reverberi in Uzbekistan: uno sponsor, due corridori

05.12.2025
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Da una parte c’era Reverberi, che cercava uno sponsor. Dall’altra Pino Toni, preparatore toscano, e il suo contratto quadriennale con la federazione dell’Uzbekistan. Come è stato che le due realtà si siano incontrate e abbiano portato a una sponsorizzazione e all’arrivo di due corridori lo abbiamo ricostruito dai loro racconti, partendo da una foto in aeroporto. Quella in apertura: era il 13 novembre.

La chiamata di Pino Toni

Toni è stato l’allenatore della squadra emiliana e qualche tempo fa ci aveva raccontato della sua collaborazione con la federazione ciclistica uzbeka. Roberto Reverberi lo ha letto e si era ripromesso di chiamarlo, poi però la cosa gli è passata di mente, fino a che a chiamarlo è stato proprio il toscano.

«Il gancio è stato lui – ammette Roberto Reverberi – perché a me ormai era passato di mente. Avevo anche visto che a capo della struttura delle nazionali c’è Volodymyr Starchyk, che ha un passato da corridore dell’Amore e Vita (e da U23 – aggiungiamo noi – corse nel Team Parolin di Mirko Rossato, oggi direttore sportivo alla Bardiani, ndr). E comunque, un mesetto dopo mi chiama Pino e mi dice che in Uzbekistan sarebbero interessati a fare qualcosa con una squadra professional, per far correre dei loro atleti. Mi chiede se siamo disposti ad andare su per parlarne. Io gli rispondo di sì e gli chiedo quando. E lui mi risponde, secco: “Dopodomani!”. Così siamo partiti.

«Abbiamo portato un progetto fatto da mio figlio Gabriele (responsabile dei rapporti con i media, ndr) in cui gli proponevamo le condizioni per essere primo nome, oppure secondo o terzo. E loro hanno accettato, a patto che prendessimo un paio di corridori, valutandone magari altri in stage la prossima estate».

Bruno Reverberi riceve il simbolo del Comitato olimpico uzbeko da Otabek Umarov
Bruno Reverberi riceve il simbolo del Comitato olimpico uzbeko da Otabek Umarov
Bruno Reverberi riceve il simbolo del Comitato olimpico uzbeko da Otabek Umarov
Bruno Reverberi riceve il simbolo del Comitato olimpico uzbeko da Otabek Umarov

Due corridori per l’Europa

L’accordo è di sponsorizzazione, ma visto che in Uzbekistan lo sponsor è vicino ai vertici del comitato olimpico, è scontato che si aspettassero una contropartita tecnica. Alle ultime Olimpiadi, il Paese è finito tredicesimo nel medagliere: l’obiettivo per Los Angeles è entrare fra i primi dieci, potenziando dei settori ancora piuttosto inesplorati. Il ciclismo è fra questi.

«Io ho firmato il contratto fino alle Olimpiadi – spiega Pino Toni – fino al 2028. Il mio ruolo va un po’ al di là del semplice allenare i corridori. Cerco di portargli più tecnologia possibile. In questo momento sto lavorando per avere la sponsorizzazione di una piattaforma di allenamento e poi ho creato questo contatto con Reverberi per permettere ad almeno a due ragazzi di fare una bella stagione, confrontandosi nelle corse vere. In Asia, hanno dimostrato entrambi di saper fare punti. Nikita Tsvetkov ha vent’anni, ha fatto qualche corsa come stagista alla Solution Tech ed è arrivato quarto nell’Asian Tour con 293 punti, pur correndo solo con la nazionale. E il punto è questo: gli manca il confronto.

«Si corre poco, per cui serve tanta grinta ad allenarsi e confrontarsi con avversari che vanno di meno. Per cui venire di qua è fondamentale per la sua crescita. Mentre l’altro è un russo arrivato da poco in Uzbekistan e va forte su pista. Si chiama Sergey Rostovtsev, ha 28 anni e nel 2021 arrivò terzo dietro Viviani e Leitao ai mondiali dell’eliminazione. Ci serve che vada bene nelle volate per raggiungere un buon livello su pista».

Umarov, il manager ciclista

L’incontro con Otabek Umarov è stato decisivo e fortunato. Il titolare di 7 Saber, che è anche vicepresidente del Consiglio Olimpico dell’Asia ed è sposato con la figlia del primo ministro uzbeko, ha accettato l’accordo. Inizialmente il marchio entrerà come terzo nome e potrebbe aggiungere la fornitura dell’abbigliamento da riposo.

«Nella foto del comunicato – racconta Roberto Reverberi – lui è quello con mio padre. E’ altissimo e da qualche anno è anche super praticante di ciclismo. Prima andava in moto, ma è caduto e si è fatto piuttosto male a un ginocchio. E così ha cominciato ad andare in bici, ha preso passione e adesso tutte le mattine parte di buon’ora e fa il suo giro. Per cui abbiamo fatto un accordo di sponsorizzazione che si sposa con i loro obiettivi federali.

«In realtà neanche si può dire che facciano solo abbigliamento, perché hanno una catena di centri commerciali in tutta la nazione e dentro ci sono diversi negozi con lo stesso nome. Uno che vende elettrodomestici, uno che vede i profumi, diciamo che hanno diversi rami di azienda e uno di questi produce abbigliamento da riposo. Mentre per quello tecnico, restiamo legati ad Alé, con cui abbiamo già tutto in ordine».

Il modello uzbeko

La presenza di Pino Toni in Uzbekistan (tre o quattro volte per stagione) punta alla creazione delle strutture necessarie affinché i corridori migliorino, avendo a disposizione tutto il necessario. Gli hanno dato le chiavi di un appartamento vicino alla pista, mentre tutto intorno sono sorti gli impianti necessari per la preparazione olimpica.

«Hanno costruito un nuovo campo da ghiaccio – spiega – da calcio e atletica e anche il nuovo velodromo, tutto nuovo fatto dai cinesi. Anche le auto elettriche nella Capitale vengono dalla Cina, anche perché non hanno i dazi, per cui i modelli che da noi costano 60 mila euro, in Uzbekistan li paghi 23 mila. Invece fuori città o nei centri più piccoli vedi girare le vecchie Chrysler. Il sistema della nazionale non è come da noi, diciamo che li hanno sempre in ritiro. Fra donne, U23 ed elite sono fra 40 e 45 atleti, che poi portano a correre.

«Qualcuno è tesserato per delle continental, Rostovtsev ad esempio nel 2025 era con lo Shenzen Kung Cycling Team in Cina. E l’attività la fanno quasi tutta in Asia. Però d’ora in avanti, Nikita verrà in Toscana, dalle mie parti: dobbiamo ancora vedere dove. Invece Sergey si stabilirà sul Lago d’Iseo. Lui parla bene italiano, perché mi ha spiegato che suo padre ha lavorato nella Katusha negli stessi anni in cui c’ero anche io».

Quello che verrà è tutto da vedere. Otabek Umarov ci mette i soldi con la sua azienda e intanto si assicura che i due corridori di punta del movimento facciano l’esperienza di cui hanno bisogno in corse più qualificate. La Bardiani per la sua parte ha trovato un nome per sostituire Faizanè che nel 2026 non sarà più a bordo. Il resto lo dirà la strada.

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5

05.12.2025
6 min
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BOLZANO – Q36.5 ed SRM danno forma ad un innovativo sistema pedale che si basa su tre elementi: pedale, tacchetta e calzatura.

Rivoluzionario perché riduce in modo esponenziale la distanza tra suola e asse del pedale, come mai prima d’ora. Innovativo ed efficiente, perché nasce dalla collaborazione di due brand trainanti per il settore, entrambi focalizzati a spingersi oltre, proprio in termini di resa tecnica. Entriamo nel dettaglio di SRM X-Power Direct, che avevamo già visto ai piedi di Oskar Winkler.

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Si accorcia in modo esponenziale la distanza tra battuta del pedale e suola (foto Alex Faedda)
SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Si accorcia in modo esponenziale la distanza tra battuta del pedale e suola (foto Alex Faedda)

L’idea di Q36.5

Per contestualizzare ancora meglio il progetto, abbiamo fatto un po’ di domande a Luigi Bergamo, CEO e Fondatore di Q36.5.

«L’obiettivo principale – spiega – era quello di ridurre la distanza tra il pedale e la scarpa e al tempo stesso rendere proficua questa riduzione. Il progetto parte dalla Unique Pro, scarpa molto tecnica con lo stack più basso del mercato, arrivando al completo sviluppo del sistema grazie alla collaborazione con SRM. Sulla Unique Pro abbiamo aggiunto il quarto foro nella sezione posteriore, ma la suola resta perfettamente compatibile e la geometria esistente non ha subito variazioni.

«L’impiego del sistema completo Q36.5 Unique Pro e SRM X-Power Direct – conclude Bergamo – comporta una rivalutazione della biomeccanica del ciclista, che dovrebbe rivedere la posizione in bici, ma anche una maggiore efficienza aerodinamica, più stabilità e precisione nella guida».

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Luigi Bergamo, a destra, con Ulrich Schoberer: il fondatore di SRM
SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Luigi Bergamo, a destra, con Ulrich Schoberer: il fondatore di SRM

Di cosa si tratta

Un nuovo pedale con un design altrettanto nuovo che porta in dote un’ampia superficie di appoggio. Una tacchetta specifica con forma dedicata e una calzatura con una suola con quattro fori per l’aggancio della tacchetta. Tutto molto semplice, ma in realtà c’è molto da spiegare.

Il pedale ha un corpo in alluminio 7075 e mostra una superficie di contatto con la suola di ben 1.653 millimetri quadrati (un’enormità). Rispetto ad un pedale Shimano riduce la distanza tra suola e battuta del pedale di 6 millimetri e mostra un fattore Q di 54. Per l’aggancio/sgancio utilizza delle molle posteriori con una linguetta (in stile Look). SRM X-Power Direct necessita di una tacchetta con disegno specifico che si abbina alla suola grazie a due viti, una anteriore e una posteriore, dando così una motivazione alla suola con quattro asole filettate. Le tacchette disponibili sono tre: quella fissa a 0 gradi di libertà angolare, poi a crescere – un grado per volta – fino a 3. Il valore dichiarato alla bilancia di SRM X-Power Direct è di 254 grammi.

Serve una scarpa con la suola dedicata. La collaborazione tra Q36.5 ed SRM ha portato l’azienda di Bolzano a sviluppare una suola con 4 fori, senza stravolgere la suola standard con i tre fori. E’ stata aggiunta una quarta asola filettata, posizionata alle spalle delle tre esistenti. Significa una scarpa sfruttabile su diversi fronti e direzioni. Il modello è la Q36.5 Unique Pro, dove può essere montata una tacchetta classica a tre fori (Shimano e Look ad esempio) e anche la nuova SRM.

Gli aspetti tecnici da considerare

A parità di lunghezza della pedivella, l’impiego del sistema SRM X-Power Direct comporta un abbassamento del seat-post, compreso tra i 4 e 7 millimetri (se messo a confronto con un sistema Shimano Dura Ace). C’è un delta da considerare ed è legato a fattori soggettivi, ma anche all’arretramento/avanzamento della tacchetta Shimano. Con l’adozione del binomio Q36.5/SRM X-Power Direct è da prevedere anche leggero aggiustamento dello scarrellamento (in avanti) della sella.

Quali benefici? Grazie alla combinazione tra la Unique Pro ed al nuovo pedale SRM, il piede si avvicina in modo esponenziale al punto di cui viene applicata la forza della pedalata. Si può sfruttare un sostegno maggiore al pari di un abbassamento del centro di gravità, fattore che si traduce anche in una maggiore stabilità in diverse fasi della guida. Inoltre, se consideriamo le tendenze attuali legate ad una riduzione della lunghezza delle pedivelle, il binomio scarpa/pedale permette di contenere, se non addirittura azzerare, le variabili legate all’aggiustamento dell’altezza della sella. Aumentano il comfort generale del piede e la forza espressa durante la pedalata.

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Fondamentale adeguare la posizione in sella che, prima di tutto, si abbassa (foto Alex Faedda)
SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Fondamentale adeguare la posizione in sella che, prima di tutto, si abbassa (foto Alex Faedda)

Le primissime sensazioni

Per sfruttare a pieno il sistema Q36.5/SRM è fondamentale prendersi tempo, capire cosa cambia nella dinamica della pedalata e quanto è necessario abbassare la sella. Nel nostro caso è stato necessario un abbassamento di 7 millimetri, considerando una tacchetta spostata completamente in avanti ed un avanzamento della sella di 5 millimetri circa.

Gesto pieno, tanta forza da sfruttare sul comparto anteriore del piede e anche nella sezione mediana. Quest’ultima ci colpisce in modo particolare, in quanto con un sistema classico resta più scarica. Una pedalata rotonda che resta, con un movimento della caviglia ampio (che ci appartiene e fa parte del nostro modo di pedalare) che non viene strozzato. In senso generale la dinamica complessiva non cambia in modo importante, per lo meno questa è la sensazione, aumenta invece la forza in fase di spinta.

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Fattore Q a 54 millimetri in linea con la categoria (foto Alex Faedda)
SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Fattore Q a 54 millimetri in linea con la categoria (foto Alex Faedda)

I prezzi di listino

Le calzature Q36.5 Unique Pro hanno un prezzo di listino di 550 euro, mentre il pacchetto SRM X-Power Direct ha un listino di 500 euro (sono incluse le tacchette con libertà laterale di 1,2°). Significa andare oltre i 1000 euro per un sistema completo, una cifra importante, ma che deve tenere conto di un sistema innovativo, destinato a porre nuovi limiti in questa categoria di strumenti dedicati alla ricerca della performance massima.

Q36.5

SRM

Roberto Amadio, nazionale

Zanatta ci racconta l’Amadio cittì: dai corridori all’ammiraglia

05.12.2025
6 min
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Un anno dopo in Federazione sono tornati a mescolare nuovamente le carte, Marco Villa riprende la pista femminile e seguirà il settore delle cronometro. Mentre Elia Viviani è stato nominato team manager per strada e pista, prendendo il posto di Roberto Amadio. Quest’ultimo è diventato il cittì della nazionale maschile. A più di dieci anni di distanza Roberto Amadio tornerà quindi a guidare l’ammiraglia e a gestire le dinamiche di corsa. La novità è interessante, anche se sono da capire i motivi che hanno portato al cambio di guida tecnica. 

Roberto Amadio ritrova un ruolo in ammiraglia dopo gli anni in Liquigas, con un’avventura partita nel 2005 e terminata nel 2014 quando la squadra prese il nome di Cannondale. Una figura che ha lavorato per diverso tempo accanto a lui è quella di Stefano Zanatta, così siamo andati direttamente dal diesse della Polti VisitMalta per farci raccontare i segreti e i particolari dell’Amadio tecnico. 

Roberto Amadio, nazionale, pista, campionato del mondo 1985
Roberto Amadio è stata una figura importante anche su pista, qui ai campionati del mondo del 1985
Roberto Amadio, nazionale, pista, campionato del mondo 1985
Roberto Amadio è stata una figura importante anche su pista, qui ai campionati del mondo del 1985

Di nuovo sulla macchina

Zanatta in questi giorni è alle prese con il percorso del Giro d’Italia, ne sta studiando il percorso e la logistica. La sua squadra non è ancora certa di ottenere la wildcard, anche se sembra esserci qualche certezza in più rispetto allo scorso anno. Basso e i suoi uomini sperano di ottenere una risposta nei primi mesi del 2026, nel frattempo ci si porta un po’ avanti con il lavoro

«Con Amadio ho lavorato tanto negli anni buoni – dice scherzando Stefano Zanatta – penso sia la persona più adatta e ricoprire il ruolo da cittì in questo momento. E’ stato tanti anni nell’ambiente e le dinamiche dell’ammiraglia le conosce bene. Il sistema è cambiato, non c’è dubbio, ma forse per chi ricopre il ruolo di cittì meno. Pensate solamente alle radioline, vero che c’erano anche ai tempi della Liquigas, ma erano strumenti meno potenti e precisi di quelli che ci sono ora».

Liquigas, Daniele Bennati, Roberto Amadio
Una volta terminata l’avventura in bici per Amadio è iniziata quella in ammiraglia con la Liquigas
Liquigas, Daniele Bennati, Roberto Amadio
Una volta terminata l’avventura in bici per Amadio è iniziata quella in ammiraglia con la Liquigas
Avete lavorato gomito a gomito già da quando eravate corridori…

Ci siamo trovati in squadra insieme per la prima volta nel 1987 alla Supermercati Brianzoli-Chateau d’Ax, che poi divenne Chateau d’Ax e abbiamo corso insieme fino al 1990. Poi quando ha iniziato il progetto Liquigas, nel 2005, mi ha chiamato subito con lui in ammiraglia. In dieci anni abbiamo condiviso tantissime esperienze, insomma erano gli anni buoni (ride ancora, ndr). 

Ora gli tocca il ruolo da cittì della nazionale, che ne pensi?

Amadio ha le competenze e le conoscenze dalle quali può attingere per ricoprire al meglio questo nuovo incarico. Gli anni passati in ammiraglia gli torneranno sicuramente utili, senza dimenticare che come team manager della nazionale ha sempre mantenuto vivi i rapporti, anche se con sfumature professionali diverse. 

Liquigas, Giro 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso e Stefano Zanatta
Giro d’Italia 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso, Stefano Zanatta e Dario Mariuzzo
Liquigas, Giro 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso e Stefano Zanatta
Giro d’Italia 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso, Stefano Zanatta e Dario Mariuzzo
Quali sono le qualità che ti ricordi di lui in Liquigas?

E’ sempre stato una figura capace di vedere le problematiche e di trovare delle soluzioni adeguate. Inoltre ha una spiccata capacità di vedere le qualità e le caratteristiche di un atleta, sia fisiche che umane. 

In che senso?

Roberto (Amadio, ndr) ha sempre saputo capire se un atleta ha delle doti tecniche e se è in grado di andare di pari passo con le aspettative riposte in lui. Negli anni in Liquigas i corridori hanno sempre dato ciò che ci si sarebbe aspettato, e questo grazie alle scelte dello stesso Amadio. Ora con solamente due appuntamenti di un giorno in calendario sarà più complicato, ma rimango convinto che sia la persona giusta.

Liquigas, Vincenzo Nibali, Roberto Amadio
Amadio negli anni alla Liquigas ha lavorato con grandi atleti, mettendo il dialogo e il confronto al centro
Liquigas, Vincenzo Nibali, Roberto Amadio
Amadio negli anni alla Liquigas ha lavorato con grandi atleti, mettendo il dialogo e il confronto al centro
Lo hai detto anche tu, il ciclismo è cambiato tanto…

Vero, ma lui non è rimasto fuori dal tutto. Adesso le squadre hanno molte più figure al loro interno e si deve interagire con tutte loro, ma in questi anni Amadio lo ha sempre fatto. Inoltre lui ha una dote importante: sa parlare all’atleta e capire se questo vuole seguirlo davvero oppure no

Questo aspetto può tornare utile?

Sicuramente, pensate al prossimo mondiale in Canada. Non sempre i corridori amano fare lunghe trasferte e se non rifiutano lo fanno malvolentieri (lo stesso è accaduto in diverse Federazioni per il mondiale in Rwanda, ndr). Per lui sarà importante partire ora, fare il giro dei vari ritiri e capire con quali atleti iniziare un percorso di avvicinamento. Anche perché a volte gli obiettivi del team e della nazionale non combaciano perfettamente, di conseguenza Amadio dovrà essere bravo a dialogare con tutti.

Amadio negli anni come team manager della nazionale non ha perso la capacità di dialogo e confronto con i vari tecnici
Amadio negli anni come team manager della nazionale non ha perso la capacità di dialogo e confronto con i vari tecnici
E’ stato corridore, diesse, team manager, ha una visione d’insieme sui vari ruoli…

Conosce le dinamiche di ognuno e sa prendersi le responsabilità delle proprie scelte. Non dimentichiamoci che al suo fianco avrà anche gente come Elia Viviani, i due si conoscono dai tempi della Liquigas e hanno lavorato molto insieme. Viviani ha appena concluso la carriera, conosce le dinamiche del gruppo è può dare una mano ad Amadio nel rapportarsi con i giovani. Non è sempre facile rapportarsi con ragazzi di vent’anni. 

Quale lato di Amadio può tornargli utile?

Sa capire cosa ha tra le mani e riesce a dirigerlo al meglio. Ha uno spiccato lato umano, Roberto è grande e grosso ma è buono. Sa essere autoritario ma non evita mail il confronto, ascolta quello che il corridore ha da dire ma sa farsi rispettare e dare le giuste motivazioni per spiegare determinate scelte. Il cammino che inizia ora sembra lungo, ma il tempo passa in fretta e le Olimpiadi del 2028 sono dietro l’angolo. Amadio dovrà essere bravo a creare un gruppo con il quale lavorare anche in ottica impegni futuri. 

Campionati dle mondo pista 2025, Santiago del Cile, Roberto Amadio, Elia Viviani
Il ruolo di team manager verrà ricoperto da Elia Viviani, una figura che può fare da collante tra atleti e cittì
Campionati dle mondo pista 2025, Santiago del Cile, Roberto Amadio, Elia Viviani
Il ruolo di team manager verrà ricoperto da Elia Viviani, una figura che può fare da collante tra atleti e cittì
Portaci in ammiraglia con lui, che tecnico è?

Ha sempre lavorato di istinto in corsa. E’ uno con tempi di reazione davvero brevi, sa stravolgere le tattiche di gara in pochi secondi. Inoltre sa impostare bene la corsa e le dinamiche fin dalla riunione del mattino, aspetto fondamentale se poi una volta abbassata la bandierina non hai più modo di comunicare con gli atleti. 

NSN Cycling

Frassi: dai giorni bui con Israel alla rinascita con NSN Cycling

05.12.2025
5 min
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ROMA – Sulla sua maglia c’è già la scritta NSN. Vederlo entrare all’Auditorium fa piacere. Parliamo di Francesco Frassi, direttore sportivo in forza alla Israel – Premier Tech fino a pochi giorni fa e ora alla NSN Cycling, la nuova squadra che si è distaccata dai vessilli dello Stato mediorientale. Lo incontriamo a pochi minuti dalla presentazione del Giro d’Italia. Sta degustando un prosecco assieme a suo padre, Roberto, colui che gli ha trasmesso la passione per il ciclismo: quella da corridore prima, e quella direttore sportivo poi.

La mente vola subito alle proteste di qualche mese fa, specie quelle avvenute in Spagna durante la Vuelta. Ma non solo: anche in Italia e in Francia i gruppi “ProPal” si sono fatti sentire. Da Frassi ci facciamo raccontare quei giorni, il crescendo di ostilità nei loro confronti e come li hanno vissuti dall’interno (in apertura foto CAuldPhoto).

NSN Cycling
Francesco Frassi insieme a suo papà Roberto alla presentazione del Giro d’Italia 2026
NSN Cycling
Francesco Frassi insieme a suo papà Roberto alla presentazione del Giro d’Italia 2026
Finalmente Francesco, il periodaccio è alle spalle. La fine dell’estate è stata più che tosta per voi…

Sì, molto. Io non ero alla Vuelta: i miei colleghi mi hanno raccontato la parte più intensa della protesta e gran parte l’ho vissuta da remoto. Però tra di noi ci si sentiva di continuo.

E cosa ti dicevano?

Che c’era parecchio stress. Non essendo lì, non capivo fino in fondo com’era la situazione, anche se in televisione si vedeva chiaramente cosa succedeva. Io ero in Italia e per me il “bello” è iniziato dopo, con le classiche italiane.

Raccontaci, cosa è successo?

Ho avuto il mio bel da fare. Essendo un direttore sportivo italiano all’interno del team, ovviamente gli organizzatori telefonavano a me. Il primo è stato Adriano Amici, perché il problema vero è nato con le gare del GS Emilia. E poi, a catena, tutte le altre corse. Di nuovo altro stress, anche se meno rispetto alla Vuelta: alla fine io l’ho vissuta per telefono. Percepivo soprattutto la paura degli organizzatori di non poter far disputare la gara, perché quelle proteste avrebbero potuto fermare tutto.

Alla Vuelta le proteste maggiori: avevano capito che il ciclismo era un’ottima vetrina mediatica (foto EFE)
Alla Vuelta le proteste maggiori: avevano capito che il ciclismo era un’ottima vetrina mediatica (foto EFE)
E tu?

Facevo da tramite tra l’organizzazione e il management della squadra. Alla fine anche il team ha deciso che non era il caso di presentarci alla partenza. Fortunatamente eravamo tranquilli a livello di punteggio per tornare nel WorldTour.

Giusto, c’era anche questa sfida in atto…

Esatto. Perdere 6, 7, 8 gare di un giorno in Italia, gare ProSeries, poteva essere davvero rischioso. In quel caso non so cosa avremmo fatto.

Come l’hanno presa i ragazzi quando avete dovuto fare questo passo indietro?

Quelli con cui ho parlato l’hanno presa bene. Hanno iniziato il riposo un po’ prima! Anche se per qualcuno c’è stato un piccolo cambio di calendario: chi è andato alla Parigi-Tours, chi ha corso in Belgio, chi è andato al Guangxi. Hanno chiuso prima quelli che avevano il programma italiano. Ma l’hanno presa con professionalità, senza lamentele particolari.

NSN Cycling
Giusto ieri è stata resa nota la partnership fra Scott e NSN Cycling. La nuova squadra è affiliata in Svizzera (foto CAuldPhoto)
NSN Cycling
Giusto ieri è stata resa nota la partnership fra Scott e NSN Cycling. La nuova squadra è affiliata in Svizzera (foto CAuldPhoto)
E invece Francesco, raccontaci com’è stato essere nell’occhio del ciclone dal lato negativo? Essere additati?

Non è stato bello. Alcune volte mi sono trovato, e ci siamo trovati, di fronte a brutti gesti nelle varie gare in cui andavamo. Anche in una corsa in Francia, il Grand Prix d’Isbergues, a settembre, e non solo alla Vuelta. Si passava sotto l’arrivo e ci facevano il dito medio, ci urlavano contro. Non era una bella situazione: ti dipingevano come una persona indecente quando non lo sei.

E aggiungeva stress, immaginiamo…

Più che stress dava fastidio. Anche perché noi cosa c’entravamo? Eravamo una squadra ciclistica. Sì, portavamo il nome Israel, ma dal punto di vista sportivo il proprietario ha una grande passione per il ciclismo. E’ grazie a lui se in questi anni si sono raggiunti ottimi risultati, se siamo diventati WorldTour, se c’è stata la Grande Partenza del Giro d’Italia. Alla fine, per una questione politica, ci rimettevamo noi. Si è capito che il ciclismo è più facile da colpire: mentre magari in una partita di qualificazione ai mondiali di calcio, come Italia-Israele, nessuno ha fatto nulla.

Il ciclismo non si fa a porte chiuse… Torniamo invece a voi. C’è stata paura per il futuro? Voglia di lasciare, come ha fatto Gee?

Quello no. Siamo sempre stati tranquilli riguardo al futuro. Devo essere sincero: il nostro manager Kjell Carlstrom ci ha parlato con chiarezza e ci ha sempre dato sicurezza. Ci ha sempre informato su tutto. Qualsiasi cosa ci fosse, poteva essere un problema o semplicemente un cambiamento, lui a tutti, dal primo corridore all’ultimo dello staff, ci teneva sempre aggiornati. Ed è sempre stato chiaro. Questo suo modo di comunicare ha contribuito a renderci tranquilli molto. Anche in chiave futura ci dava sicurezza e tranquillità.

Il momento forse più teso in assoluto per la Israel-Premier Tech: i manifestanti si gettano in mezzo alla strada durante la cronosquadre (screenshot a video)
NSN Cycling
Il momento forse più teso in assoluto per la Israel-Premier Tech: i manifestanti si gettano in mezzo alla strada durante la cronosquadre (screenshot a video)
E com’è stato questo passaggio verso NSN?

Ci ha spiegato l’idea della nuova squadra, ci ha mostrato il progetto della NSN Cycling e abbiamo capito che c’era una strada chiara, solida e pronta per il 2026. E’ stato dunque un passaggio naturale. Finalmente si usciva dall’occhio del ciclone politico e si tornava a parlare solo di ciclismo, che è quello che volevamo.

E si vede, indossi già i nuovi vestiti griffati NSN. Si sente già questa atmosfera di cambiamento?

Devo essere sincero, c’è tanto entusiasmo. Sono arrivato ora a Roma direttamente dal ritiro a Denia in Spagna. In squadra si lavora bene. Eravamo oltre 150 persone in ritiro, questo per far capire a quale livello di performance, management, staff, direttori sportivi e corridori possiamo essere. Siamo veramente attrezzatissimi e motivatisismi. E decisamente più rilassati di prima. Siamo approntati già sulla stagione, vogliamo fare i programmi e fissare gli obiettivi. In una parola: siamo felici.

Jayco AlUla, Filippo Conca, campione italiano 2025

Un viaggio nel motore di Conca: parola al preparatore

04.12.2025
5 min
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Il team Jayco-AlUla è già immerso nel primo ritiro di stagione, una settimana in Spagna, più precisamente a Denia. Un ritrovo per gettare le basi in vista del prossimo anno, nel quale si aprirà un triennio importante ed è fondamentale iniziare con il piede giusto. Tra coloro dai quali ci si attende una risposta c’è sicuramente Filippo Conca, il campione italiano che a Trieste ha messo nel sacco i professionisti. Dopo il titolo tricolore conquistato insieme allo Swatt Club per Conca è arrivata la chiamata della Jayco-AlUla. Un ritorno nel WorldTour per il corridore lecchese, che dopo quattro stagioni tutt’altro che facili era uscito dal professionismo. 

Fabio Baronti, preparatore Jayco AlUla
Fabio Baronti è entrato nello staff performance della Jayco AlUla come preparatore a inizio 2025
Fabio Baronti, preparatore Jayco AlUla
Fabio Baronti è entrato nello staff performance della Jayco AlUla come preparatore a inizio 2025

Cambiamenti e ritorni

Ora Filippo Conca sta vivendo la sua seconda chance e nel preparare la sua prima stagione con la Jayco AlUla sta lavorando con Fabio Baronti, preparatore che lo scorso anno è entrato nel team australiano dopo gli anni di formazione al Cycling Team Friuli

«Per me il 2025 – ci dice Baronti – è stato un anno importantissimo nel quale sono cresciuto tanto. Arrivavo con molta voglia di dimostrare che la fiducia riposta nelle mie capacità fosse giustificata. Personalmente ho fatto un grande passo in avanti e penso di poterne fare altri nella stagione che è alle porte. La squadra guarda avanti e ha già fatto dei cambiamenti. A capo del gruppo performance è arrivato, dal team femminile, Gene Bates. Ho avuto modo di lavorare con lui e sono felice di ritrovarlo anche nella formazione maschile. E’ tornato a far parte dell’organico anche Neil Stephens, diesse che era con il team agli inizi (poi passato in UAE Emirates e Bahrain Victorious, ndr) siamo consapevoli di doverci evolvere e guardare al futuro, per farlo però non vogliamo perdere un certo legame con il passato».

Conca ha conquistato il titolo italiano a fine giugno, durante l’inverno era rimasto senza squadra
Conca ha conquistato il titolo italiano a fine giugno, durante l’inverno era rimasto senza squadra
Nel tuo primo anno sei entrato in contatto con il campione italiano, Filippo Conca, com’è andata?

E’ entrato in squadra ad agosto, quindi il primo approccio è stato “soft”. Conca lavorava già con il suo preparatore, abbiamo deciso di non intervenire direttamente ma di seguirlo e dargli supporto. Alla base c’era un contatto giornaliero che serviva per coordinare allenamenti e gare. 

E’ stato semplice?

Abbiamo la fortuna di lavorare in uno sport che si basa molto sui numeri e dal quale riusciamo a raccogliere molti dati riguardo all’atleta. Riusciamo a monitorare i ragazzi a 360 gradi, tuttavia rimane fondamentale l’aspetto umano, anche nel lavoro del preparatore. 

Tre Valli Varesine 2025, Filippo Conca
La Jayco-AlUla lo ha riportato nel WordTour e metà 2025, i primi mesi sono serviti per riprendere le misure
Tre Valli Varesine 2025, Filippo Conca
La Jayco-AlUla lo ha riportato nel WordTour e metà 2025, i primi mesi sono serviti per riprendere le misure
Cosa si è guardato nei primi mesi?

A tutti e due gli aspetti. Dal punto di vista tecnico ci siamo coordinati per capire quali fossero la struttura di lavoro di Conca e gli elementi funzionali al suo interno. D’altro canto ci siamo interrogati su cosa potesse essere cambiato, al fine di lavorare al meglio insieme. Un aspetto molto importante è la conoscenza personale, capire quali fossero le convinzioni e le idee radicate nella testa del corridore. Per fare il salto fisico a volte non basta il solo allenamento, serve anche uno step mentale.

Conca arrivava da una situazione particolare, come hai approcciato questa situazione?

Solitamente un corridore professionista vive una certa routine di progressione costante negli anni, fino ad arrivare a un livello nel quale rimane per diverso tempo. La situazione di Conca, uscito dal professionismo e ripartito con lo Swatt Club l’ho giudicata al pari di un infortunio. Lui è uscito dalla zona di comfort ed è ripartito da solo. Si è trovato a rimettersi in discussione, senza punti di riferimento. Però se sei capace di rialzarti sono quelli i momenti in cui cresci e crei resilienza, alzando il tuo livello.

Jayco AlUla, Filippo Conca, campione italiano 2025
Il long Covid ha condizionato il finale di stagione di Conca, che ora è ripartito per costruire il 2026
Jayco AlUla, Filippo Conca, campione italiano 2025
Il long Covid ha condizionato il finale di stagione di Conca, che ora è ripartito per costruire il 2026
Così è stato?

Il dubbio c’era ed era legittimo, anche perché Conca nella prima parte del 2025 ha corso pochissimo. I dati raccolti ci hanno confermato che pur senza correre i suoi valori sono aumentati. 

Te lo saresti aspettato?

Da un certo punto di vista, sì. Filippo senza un calendario certo ha avuto modo di fare tantissima base durante l’inverno, cosa che da professionista è impossibile perché a gennaio già si corre. Lui, invece, si è allenato molto e questo gli ha dato dei benefici evidenti. E’ come se avesse resettato tutto. Certo, gli manca l’aspetto competitivo, ma quello si crea.

Jayco AlUla, Filippo Conca, campione italiano 2025, Tour de Slovaquie
Conca è un corridore dal fisico imponente, ma delle ottime qualità atletiche che gli permettono di essere competitivo sui percorsi duri
Jayco AlUla, Filippo Conca, campione italiano 2025, Tour de Slovaquie
Conca è un corridore dal fisico imponente, ma delle ottime qualità atletiche che gli permettono di essere competitivo sui percorsi duri
Come avete impostato il lavoro?

Serviva programmare il tutto, senza estremizzare. Si deve trovare l’equilibrio tra blocchi di allenamento e di gare. Nei primi costruisci, con i secondi finalizzi. Solo in questo modo si migliora la forma fisica. Ricordiamo che Conca ha subito anche gli effetti di un long Covid a fine 2025, la cosa importante era farlo recuperare. Gli abbiamo concesso tre settimane di riposo completo ed è ripartito due settimane dopo gli altri, a metà novembre. Meglio così per me, non ci sono differenze. 

Ultima domanda, che motore è quello di Conca?

E’ un corridore atipico, con una stazza importante. Parliamo di un ragazzo alto 192 centimetri e con un peso che oscilla tra i 75 e i 77 chilogrammi. Non ha le caratteristiche di uno scalatore, ma ha un motore ottimo, mettendo insieme le sue caratteristiche fisiche viene fuori un corridore capace di essere competitivo nelle corse impegnative. Per questo non mi ha sorpreso che abbia vinto l’italiano a Trieste.

Lo sviluppo del Team Amani, una rivoluzione per l’Africa ciclistica

Lo sviluppo del Team Amani, una rivoluzione per l’Africa ciclistica

04.12.2025
6 min
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Il progetto legato al ciclismo africano non si è fermato allo scorso settembre e agli storici mondiali in Rwanda. Le iniziative si moltiplicano e quella legata al Team Amani potrebbe avere una portata storica. Parliamo infatti della prima squadra continental femminile completamente africana, che nei propositi dei suoi responsabili vuole ripercorrere i passi del Team Qhubeka, ma mantenendo una forte identità legata al Continente. E’ stata fondata nel 2020 da Sule Kangangi, ciclista tragicamente scomparso in un incidente in una gara di gravel due anni dopo e dall’avvocato penalista Mikel Delagrange.

La guida tecnica del team femminile è stata affidata Tsagbu Grmay, che proprio per guidare le ragazze verso il grande obiettivo della partecipazione al Tour Femmes entro tre anni, ha lasciato una lunga carriera trascorsa nei team WorldTour: «L’idea – dice – è cercare di costruire una squadra che ruoti attorno solo a cicliste dell’Africa orientale. Seguivo la squadra maschile sui social ed ero un loro grande fan, perché cercano di mettere insieme atleti provenienti da diversi Paesi dell’Africa orientale e portarli a gare in America, in Europa e nel gravel. Non appena mi sono ritirato dalle corse su strada, ho contattato il proprietario della squadra e gli ho detto che volevo collaborare, perché è qualcosa a cui ho sempre pensato».

Tsgabu Gebremaryam Grmay, 34 anni, pro' nel WorldTour dal 2015 al 2023 e ancora protagonista nel gravel
Tsgabu Grmay, 34 anni, pro’ nel WorldTour dal 2015 al 2023 e ancora protagonista nel gravel (foto De Waele)
Tsgabu Gebremaryam Grmay, 34 anni, pro' nel WorldTour dal 2015 al 2023 e ancora protagonista nel gravel
Tsgabu Grmay, 34 anni, pro’ nel WorldTour dal 2015 al 2023 e ancora protagonista nel gravel (foto De Waele)
La squadra femminile può avere più spazio di quella maschile?

Dipende, bisogna considerarlo in due modi. Bisogna vedere a che punto è il ciclismo mondiale nella categoria maschile e femminile e anche che tipo di talento e tipo di strutture abbiamo in Africa. Credo che per quanto riguarda le donne, non siamo molto lontani dalla posizione del ciclismo femminile nel mondo in questo momento, perché abbiamo già delle ragazze molto talentuose. Dobbiamo solo avere opportunità, come stiamo facendo come Team Amani. Quindi raggiungeremo più velocemente il livello più alto con le donne che con gli uomini. Ma credo che in entrambi abbiamo talento: lo vediamo già con Biniam Girmay e dietro di lui vediamo già il potenziale negli atleti africani.

Perché pensi che fra le donne ci siano maggiori possibilità?

Perché abbiamo ragazze di grande talento e vedo anche il loro background, da dove provengono, quanto vogliono avere la loro libertà. Vogliono lottare per la vittoria, vogliono lottare per inseguire il loro sogno perché non è mai successo prima. Aggiungiamo a questo il fatto che il movimento mondiale femminile è ancora in forte crescita. E’ un grande salto, ma è tutta una questione di tempismo. Con gli uomini, ci arriveremo, ma con le donne lo sentiamo e stiamo davvero inseguendo il sogno realistico che è possibile realizzare in breve tempo.

I mondiali in Rwanda sono stati una forte spinta, ma ora bisogna continuare su quell'onda
Il Team Amani si dedica alla strada, ma anche al gravel con atlete dell’Africa orientale (foto team)
I mondiali in Rwanda sono stati una forte spinta, ma ora bisogna continuare su quell'onda
Il Team Amani si dedica alla strada, ma anche al gravel con atlete dell’Africa orientale (foto team)
La rassegna iridata in Rwanda secondo te avrà effetti a lunga durata sullo sviluppo del ciclismo in Africa?

Dipende da che tipo di progetti si vogliono portare avanti. Il Team Amani esisteva da anni e stiamo ancora crescendo lentamente, con grandi progetti e grandi obiettivi per i prossimi 10 anni. Abbiamo la tabella di marcia e sappiamo tutto ciò che serve per raggiungere il nostro obiettivo. E’ incredibile ciò che l’UCI ha fatto per l’Africa ed è stato uno dei punti di svolta per me e uno dei punti chiave che potrebbe avere un impatto significativo sul ciclismo africano.

Perché usi il condizionale?

Perché è un evento che si è svolto a settembre e dobbiamo vedere che tipo di progetto continuerà. L’Africa ha bisogno di più gare UCI, di più opportunità da offrire agli atleti. L’UCI si è presa un grosso rischio nel fare questo, ma la scommessa è stata vincente. Ora su quella bisogna costruire qualcosa di duraturo. E’ un processo a lungo termine.

Nei territori africani il ciclismo sta prendendo sempre più piede, anche se non in tutti i Paesi
Nei territori africani il ciclismo sta prendendo sempre più piede, anche se non in tutti i Paesi (foto team)
Nei territori africani il ciclismo sta prendendo sempre più piede, anche se non in tutti i Paesi
Nei territori africani il ciclismo sta prendendo sempre più piede, anche se non in tutti i Paesi (foto team)
In Paesi come il tuo dove calcio e atletica sono gli sport più amati dai ragazzi, il ciclismo comincia ad affermarsi?

Sì, in una parte dell’Africa orientale è importante. Ad esempio in Etiopia il ciclismo è davvero molto, molto importante, nascono squadre, come anche in Eritrea. Ma il mondo non sa che tipo di gare facciamo e come la gente le ama. Abbiamo una struttura di gare incredibile, almeno 40 all’anno e la gente le adora, ci sostiene. Ma è un mondo piccolo che ha bisogno di risalto per espandersi. Ad esempio, il Kenya è indietro, come se il ciclismo non fosse la priorità assoluta.

E’ importante avere una visione d’insieme?

Io seguo il ciclismo africano dal 2010, da quando ho iniziato a viaggiare per l’Africa, correndo gare UCI in Rwanda prima di diventare professionista. E ho potuto vedere i cambiamenti, come l’Uganda che sta già arrivando. La corsa a piedi è nelle nostre corde, hai solo bisogno di talento che qui non manca di certo. Il ciclismo invece è uno sport costoso, serve la bici, serve tutto. Se fornisci questo, penso che il talento ci sia e possa emergere.

Xaverine Nirere, che vincendo la terza tappa ha conquistato il Windhoek Women Tour
Xaverine Nirere, che vincendo la terza tappa ha conquistato il Windhoek Women Tour (foto team)
Xaverine Nirere, che vincendo la terza tappa ha conquistato il Windhoek Women Tour
Xaverine Nirere, che vincendo la terza tappa ha conquistato il Windhoek Women Tour (foto team)
Qual è il coinvolgimento di Ashleigh Moolman-Pasio nel team?

Voglio continuare a coinvolgere persone come Ashleigh, perché lei ne sa più di chiunque altro nel ciclismo femminile e sa cosa serve. C’è bisogno di persone come lei o anche come Biniam (Girmay, ndr), tutte queste persone che attraversano il ciclismo africano. Voglio che siano a bordo di questo progetto per sostenerlo, perché è qualcosa che ci accomuna tutti, in modo diverso, al livello più alto. Per me, l’idea è anche quella di dare potere alle persone per investire e lavorare come un unico progetto, su come possiamo rendere grande l’Africa nel ciclismo. Ashleigh ha cercato di aiutare le donne del Sudafrica e di altri Paesi, anche in Etiopia. E’ qualcosa in cui è coinvolta e lo sarà ancora di più quando si ritirerà, semplicemente gestendo la squadra, quindi siamo entusiasti di averla con noi.

Come sarà composto il roster, quante ragazze avrà e saranno solo cicliste africane?

Saremo aperti a tutti i Paesi africani e avremo solo atlete africane nere su cui vogliamo concentrarci. Tra le donne, abbiamo un minimo di 8 atlete, come richiesto dall’UCI perché stiamo anche lottando con il budget per riuscire ad allargarla e avere più opportunità. Ma vogliamo arrivare a circa 12 atlete. Tra Rwanda, Etiopia, Uganda, Kenya, abbiamo già circa 50 atleti tra i 14 e i 18 anni che seguiamo. Abbiamo molti progetti in corso dietro le quinte, ragazzi giovani da allenare, da far pedalare, da insegnare loro le tecniche, l’alimentazione e tutte queste cose. E’ un progetto a lungo termine.

La squadra femminile sarà composta nel 2026 da 12 ragazze, tutte provenienti dall'East Africa
La squadra femminile sarà composta nel 2026 da 12 ragazze, tutte provenienti dall’Africa orientale
La squadra femminile sarà composta nel 2026 da 12 ragazze, tutte provenienti dall'East Africa
La squadra femminile sarà composta nel 2026 da 12 ragazze, tutte provenienti dall’Africa orientale
L’obiettivo è arrivare al Tour nel 2028. Intanto dalla prossima stagione che cosa vi attendete?

La prossima stagione consiste semplicemente nel venire in Europa e mostrare il potenziale, che tipo di atleti abbiamo e qual è il talento di cui disponiamo. Se vuoi partecipare al Tour, nel 2028, devi mostrare il potenziale, perché il ciclismo non è solo questione di watt per chilo, non è solo questione di velocità in salita. Ci sono molte cose su cui stiamo cercando di lavorare. Per il prossimo anno, non ci sono aspettative legate al risultato. Se centreremo una Top 10 in quelle gare importanti a cui parteciperemo, è fantastico. E’ un bonus, ma la cosa più importante è dare esperienza alle ragazze, in modo che possano essere in grado di gareggiare davanti. Quindi questo è il nostro obiettivo per il prossimo anno: dimostrare al mondo che è possibile arrivare fino al 2028, perché è un obiettivo realistico.