Tiberi a tutta Spagna. Crescono le ambizioni per la Vuelta

16.08.2023
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Dopo un ottimo Tour de Pologne, Antonio Tiberi fa rotta sulla Vuelta. E viaggia verso la Spagna non solo con l’obiettivo di fare esperienza. L’atleta della Bahrain-Victorious può iniziare a testarsi. Magari a fare classifica, come si dice in gergo. Probabilmente non a certi livelli, ma il laziale non è il tipo che segue la filosofia del “sono giovane, c’è tempo”. Anche perché quel tempo ormai è quasi passato: Antonio ha solo 22 anni, ma è professionista già da tre.

Tiberi doveva fare anche la Vuelta Burgos, iniziata ieri, ma un piccolo risentimento (tendinite) post Polonia ha indotto il ciociaro e il suo staff a saltare questo “antipasto” del grande Giro spagnolo. Nulla di preoccupante. Uno stop precauzionale, dicono dalla Bahrain. Antonio ha fatto delle terapie e si sta allenando regolarmente.

Tiberi si è integrato benissimo con la nuova squadra. Eccolo pancia a terra in Polonia per Mohoric
Tiberi si è integrato benissimo con la nuova squadra. Eccolo pancia a terra in Polonia per Mohoric
Antonio, si va in Spagna dunque…

E’ il mio secondo grande Giro. Feci la Vuelta giusto l’anno scorso. Credo di aver vissuto un buon avvicinamento: prima l’altura a Livigno, poi il Tour de Pologne, quindi la Vuelta. In Polonia ho faticato un po’. Alla fine non correvo dai campionati italiani e mi serviva mettere un po’ di fatica nelle gambe.

Un buon lavoro…

Eh sì. Dopo il Polonia sono stato a casa una decina di giorni e poi sarei partito subito per la Spagna. Però devo ammettere che a me piace. Mi trovo bene, anche nei ritiri mi sento a mio agio, quindi no problem!

Sei arrivato in questo team a stagione inoltrata, ma da quel che ci hanno detto e da come ti abbiamo visto nei contorni del Tour de Pologne sembra che tu ti sia integrato alla grande. E anche sul fronte delle prestazioni ti sei subito mostrato all’altezza tanto che ti volevano portare al Tour. E’ così?

E’ vero, l’inserimento è stato subito ottimo sia con lo staff che con i ragazzi. Del Tour de France si era parlato. C’è stata questa possibilità per qualche giorno, però è anche vero che ero appena arrivato, che ero fermo da tre mesi e mi serviva un po’ di ritmo. Ne abbiamo parlato anche con il preparatore, Bartoli, e alla fine siamo rimasti sul programma originario.

In ritiro il laziale ha avuto modo di conoscere meglio i suoi compagni: uno su tutti, Caruso (foto Instagram)
In ritiro il laziale ha avuto modo di conoscere meglio i suoi compagni: uno su tutti, Caruso (foto Instagram)
Sei stato in altura con il team, lassù vi siete concentrati anche sulla crono, tanto più che la Vuelta partirà con una cronosquadre, o avete fatto l’altura classica con tanta base?

Non solo base. Abbiamo fatto anche qualche allenamento tirato. A volte partivano quei 5′-10′ di “ignoranza”! Con Damiano e Zambanini ci si stuzzicava… Più che altro guardavamo i Kom su Strava e cercavamo di batterli.

A proposito di Damiano Caruso. E’ stato lui a dirci che era il momento di lasciare spazio ai più giovani come te e Buitrago per la classifica della Vuelta.

Con Damiano mi sto trovando bene. Non lo conoscevo molto, ma a Livigno ho avuto modo di stargli più vicino. Ha tanta esperienza e la cosa che mi ha colpito è che la differenza di età non si sente: è estroverso, sul pezzo…

Ma sei pronto a fare il leader?

Alla fine non ho un obiettivo preciso. So cosa vuol dire affrontare un grande Giro e dopo un anno comunque non disputato al 100 per cento, in cui sono stato parecchio fermo, non posso partire e dire di puntare alla classifica. Però mai dire mai. Vediamo come si mette, vediamo come risponde il fisico e cerchiamo di fare il meglio possibile.

Nonostante sia un cronoman, nella crono del Polonia Tiberi non ha spinto troppo. Aveva già fastidio al tendine d’Achille e ha preferito non rischiare
Nonostante sia un cronoman, nella crono del Polonia Tiberi non ha spinto troppo. Aveva già fastidio al tendine d’Achille e ha preferito non rischiare
Okay, ma proverai a tenere?

Sì, sì… A tenere ci si prova. 

Hai detto di sapere cosa significhi fare un grande Giro: ebbene, cosa vuol dire?

Che devi arrivarci parecchio in condizione. Il dispendio energetico e mentale è tanto, tantissimo. Ho notato che la squadra può fare tanto la differenza e su questo punto sono tranquillo. So che saremo competitivi. Il lavoro in Polonia è stato importante. Per me era fondamentale correre. Damiano ed io eravamo i due uomini per i finali in appoggio a Mohoric che, uscendo dal Tour, aveva la miglior condizione.

Dai Antonio, facciamo un po’ di fantaciclismo. Ti ritrovi in classifica alla Vuelta con Roglic, Evenepoel, Vingegaard… chi temi di più?

Dico Roglic. Vingegaard viene dal Tour, Remco l’ha vinta l’hanno scorso, mentre Primoz vorrà la rivincita su Remco, senza contare che la Vuelta è “casa sua”. Per me se la giocheranno loro.

E il tuo quasi coetaneo Ayuso?

Lo vedo più sul podio, poi… mai dire mai. Ma se mi chiedete una scala di valori dico: Roglic, Remco, Ayuso.

Sanarini e Magagnotti, due ragazzini in cima all’Europa

15.08.2023
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La nuova straordinaria dimensione dello sport italiano passa anche per gli Eyof, i Giochi della Gioventù Europea, riservati ai ragazzi fino a 16 anni, nei quali l’Italia ha dominato il medagliere, cogliendo qualcosa come 16 medaglie d’oro, il doppio delle altre nazioni. Non è cosa insolita (certamente non come quanto avvenuto a Cracovia per i Giochi Europei dei grandi) ma la novità è che questa volta, oltre a atletica, ginnastica e nuoto che portano sempre la principale quantità di medaglie si è distinto anche il ciclismo con Sanarini e Magagnotti.

La spedizione azzurra contava 8 elementi: 6 per la strada, equamente divisi fra maschi e femmine e impegnati nella prova in linea e in quella a cronometro e 2 nel cross country mtb. Il bilancio porta un oro con Linda Sanarini prima nella gara su strada e un argento con Alessio Magagnotti nell’identica prova maschile.

La delegazione azzurra, tornata a casa con un oro dei 16 conquistati dall’intera spedizione sportiva tricolore
La delegazione azzurra, tornata a casa con un oro dei 16 conquistati dall’intera spedizione sportiva tricolore

Si parte dall’attività di base

Perché questi risultati sono importanti? Perché sono la punta dell’iceberg del lavoro profondo che viene fatto a livello giovanile, un lavoro che prima di passare per la ricerca di talenti si muove attraverso l’allargamento della base, la promozione dell’attività ciclistica muovendosi anche contro le difficoltà innescate dai legittimi timori delle famiglie verso le uscite in bici per la strada. Si dice sempre che l’uscita dalla crisi nella quale versa il ciclismo italiano di vertice passa necessariamente per il lavoro alla base. Questo lavoro ferve e porta frutti.

Silvia Epis era a capo della spedizione azzurra a Maribor (SLO), per lei era la terza presenza agli Eyof e il suo bilancio è lusinghiero: «Il primo anno, nel 2019, ottenemmo quattro argenti, lo scorso anno un bronzo, ora finalmente è arrivata la medaglia più pregiata».

L’abbraccio della vincitrice con Silvia Epis, il capodelegazione che segue il ciclismo giovanile della Fci
L’abbraccio della vincitrice con Silvia Epis, il capodelegazione che segue il ciclismo giovanile della Fci
Raccontaci un po’ chi è Linda…

E’ una ragazza padovana che già prima di gareggiare aveva ottenuto un record, come la prima ciclista italiana capace di gareggiare in due edizioni della rassegna. Lo scorso anno venne infatti recuperata l’edizione del 2021 posticipata per Covid, così Linda ha potuto gareggiare due volte. E’ una passista veloce che tiene bene anche sulle salite di media lunghezza, ha davvero tutte le qualità per emergere.

E’ il suo primo risultato importante?

Assolutamente no, è stata seconda ai campionati italiani su strada e quarta a cronometro e anche a Maribor, nella prova contro il tempo avrebbe potuto ottenere un buon risultato, ma è stata una gara dove il maltempo ha influito moltissimo, tanto che a un certo punto è stata anche sospesa. Linda è stata bravissima a interpretare la gara, seguendo la spagnola Ostiz Taco quando ha attaccato (era la vicecampionessa in carica) e regolando in volata le quattro compagne di fuga. Molto però è servito anche il lavoro delle sue compagne, Chantal Pegolo sesta alla fine e Linda Rapporti diciassettesima, atlete che sono rispettivamente le campionesse italiane allieve in linea e a cronometro.

La volata di Magagnotti che gli vale l’argento, dietro Proietti Gagliardoni (6°)
La volata di Magagnotti che gli vale l’argento, dietro Proietti Gagliardoni (6°)
Veniamo a Magagnotti…

E’ stato bravissimo a rimanere concentrato quando l’inglese Max Hinds è andato via a 55 chilometri dal traguardo. Non gli hanno prestato attenzione, è arrivato ad avere 2’40”, poi la reazione del gruppo c’è stata ma era tardi, infatti gli sono arrivati a 20”. Alessio però ha fatto tutto per salire sul podio e ha vinto la volata del gruppo. Sesto è arrivato Mattia Proietti Gagliardoni, che è campione italiano di ciclocross mentre Tommaso Marchi ha chiuso 67° perché è caduto.

Alessio è un velocista?

Direi che è un vincente. E’ di Avio (Tn) e in Italia è quello che ha vinto più corse di tutti, oltre 10 quest’anno, è campione italiano a cronometro ma anche lui ha pagato dazio nella giornata che doveva essergli più congeniale.

Per il giovane trentino un podio che conferma le sue qualità. Un prospetto da seguire
Per il giovane trentino un podio che conferma le sue qualità. Un prospetto da seguire
Proviamo a inquadrare i risultati dei ragazzi in un contesto che considerando l’età è molto delicato.

Il livello delle gare slovene era molto buono, ma nel complesso ha confermato quanto sapevamo già. I nostri ragazzi sono già molto capaci nelle gare classiche, in linea, ma pagano dazio in quelle discipline più specifiche e questo lo vediamo da tempo nell’arco della stagione. La cosa che mi è piaciuta di più è che ho trovato ragazzi capaci di far gruppo, pur provenendo da realtà societarie quando non addirittura geografiche molto diverse e questo indubbiamente ha un valore. Sono già abbastanza maturi dal punto di vista umano, ciclisticamente si stanno costruendo.

Secondo te hanno un futuro, considerando non tanto le capacità quanto la passione che investono su quest’attività?

Non ho alcun dubbio al riguardo, si vede che hanno voglia, che ci credono e che soprattutto sono spinti dal sogno che è una cosa fondamentale per la loro età. Sicuramente questa esperienza li ha accresciuti come sempre succede quando si partecipa a una manifestazione multisportiva.

Oltretutto, mentre si gareggiava in Slovenia il Ministro dello Sport Abodi ha annunciato l’intenzione di reintrodurre i Giochi della Gioventù…

Sarebbe un passo fondamentale, anche per riportare lo sport all’interno della scuola. So quanto sono stati importanti per la crescita dello sport italiano, tutti i campioni del secolo scorso sono usciti da lì. Per molti versi sarebbe una rivoluzione e anche noi della Federazione dovremo farci trovare pronti perché servirà sicuramente un aiuto ai vari istituti scolastici per dare un indirizzo e un sostegno ai ragazzi. Sarebbe però un volano di visibilità enorme e darebbe nuovo impulso alla crescita sportiva e umana dei ragazzi. Speriamo che si passi ai fatti quanto prima.

Nitrati e vasodilatazione: davvero fanno andare più forte?

15.08.2023
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Una parola tira l’altra. Così quando qualche giorno fa abbiamo parlato con Laura Martinelli del bicarbonato, l’attenzione è caduta su un altro termine di cui negli ultimi tempi si parla parecchio in gruppo: i nitrati. Le squadre più grandi, che hanno alle spalle delle equipe di ricerca, aprono spesso la strada per le altre, creando delle mode e dei miti che gli anni poi collocano nella giusta dimensione.

Così, allo stesso modo in cui qualche tempo fa si parlava diffusamente dei chetoni, oggi l’attenzione si è spostata sui nitrati. Pare siano un modo naturale per andare più forte e di conseguenza se ne fa un gran parlare. Di cosa si tratta? Lo abbiamo chiesto nuovamente alla nutrizionista del Team Jayco-AlUla, riprendendo il discorso interrotto l’ultima volta.

Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, da quest’anno è alla Bike Exchange
Laura Martinelli, veneta, è da due stagioni nutrizionista al Team Jayco-AlUla
Nel 2021 Laura Martinelli ha lavorato per il Team Novo Nordisk, da quest’anno è alla Bike Exchange
Laura Martinelli, veneta, è da due stagioni nutrizionista al Team Jayco-AlUla
Che cosa sono i nitrati?

I nitrati sono dei precursori dell’ossido nitrico, che il nostro corpo produce in maniera autonoma. L’ossido nitrico è fondamentalmente un vasodilatatore di base, che quindi favorisce il flusso di ossigeno. Così da un lato migliora l’ossigenazione a livello muscolare, dall’altro riduce la pressione sanguigna, perché appunto vasodilata. I capillari si ampliano e indirettamente si riduce il consumo di ossigeno durante l’esercizio.

Che cosa vuol dire?

Vuol dire che praticamente per fare la stessa strada o produrre lo stesso lavoro, consumo di meno. Il corpo diventa più efficiente e quindi i vantaggi in uno sport di endurance come il ciclismo sono notevoli. Non sono pratiche antiche come il bicarbonato, però mi sono laureata ormai 15 anni fa e si studiava già il nitrato, ritenuto in classe di evidenza B. Tutti gli integratori sono classificati per classe di evidenza. La A è quella con più evidenza e attualmente sia il bicarbonato sia il nitrato sono in classe di evidenza A: ce ne sono solo sei in quella categoria. Quando studiavo io, il nitrato era in classe evidenza B, per dire che negli ultimi 15 anni si è guadagnato la pole position fra le evidenze. Quindi non è più un… giovanotto neanche il nitrato, tutto sommato.

I nitrati sono presenti anche nel rabarbaro, il cui succo viene usato al pari di quello di barbabietola
I nitrati sono presenti anche nel rabarbaro, il cui succo viene usato al pari di quello di barbabietola
La ricerca ha avuto degli avanzamenti di recente oppure siamo fermi alle conoscenze di 15 anni fa?

Siamo fermi a 15 anni fa, perché si somministra sotto forma di estratto o succo concentrato di barbabietola (foto Salus, in apertura). Perché costa meno rispetto ad altre verdure che contengono nitrato e quindi l’industria ha scelto fondamentalmente la barbabietola o il rabarbaro, perché sono due verdure particolarmente economiche. Però non ci sono stati, come nel caso del bicarbonato, tentativi o reali miglioramenti a livello tecnologico. Cioè gli “shottini” di barbabietola c’erano 15 anni fa e sono gli stessi che ci sono adesso.

Quando nel 2010 arrivò il Team Sky e fece ridere tutti con i suoi succhi, fra cui la barbabietola, in realtà puntavano già a questi vantaggi?

Sì, perché appunto 13 anni fa il Team Sky fu il primo ad avere accesso diretto alla letteratura scientifica, avendo capito i vantaggi dell’innovazione in questo ambito. I primi studi risalgono a una ventina d’anni fa e loro ci sono arrivati subito.

Il Team Sky fu il primo ad aprire la porta sull’uso dei nitrati nei suoi succhi (foto Team Sky)
Il Team Sky fu il primo ad aprire la porta sull’uso dei nitrati nei suoi succhi (foto Team Sky)
I nitrati danno vantaggi durante la quotidianità o vi si fa ricorso anche in gara?

Anche in gara, infatti come dicevo ci sono gli “shottini”, per quanto magari per alcuni siano un po’ scomodi perché sono rigidi. Comunque vengono utilizzati anche in gara, perché anche in questo caso l’effetto dura 2-3 ore, quindi anche se li prendo prima, soprattutto nelle gare maschili, devo prenderli anche a metà.

Funzionano allo stesso modo per tutti?

Dipende, perché bisogna valutare la risposta individuale. Si prendono prima e durante per le gare più importanti. Si fanno anche cicli di 2-3 giorni di carico nel periodo precedente la gara.

Nell’ambito delle tre settimane di un grande Giro, il vantaggio è sensibile? In cosa consiste?

Secondo me, niente fa la differenza da solo. Invece queste piccole cose, se messe assieme, possono dare un reale vantaggio. Quindi mentre il bicarbonato va sicuramente preso nelle tappe chiave, perché ha un effetto in acuto sulla performance, nel caso del nitrato va preso per dare un sostegno quando si è particolarmente stanchi. Quindi magari non nelle tappe cui si punta, ma al contrario nei giorni di maggiore affaticamento, in modo da aumentare il supporto. Premettendo che secondo me tutto va periodizzato, perché se lo prendo tutti i giorni, il corpo si impigrisce e si perde efficacia.

Uno degli esempi di shot di barbabietola presenti sul mercato in boccettine
Uno degli esempi di shot di barbabietola presenti sul mercato in boccettine
Queste sono prassi adottate ormai in tutte le squadre?

Secondo me, chi prima chi dopo, ci si arriva tutti. Anche se la squadra ha medici e nutrizionisti preparati, ogni volta che un corridore cambia squadra, diffonde le competenze del team da cui proviene. Lui racconta, il nuovo team si informa e alla fine tutti fanno le stesse cose.

Nella tua dimensione di ricercatrice c’è questa voglia di andare a scovare questo tipo di supplementi?

Sicuramente sì, tuttavia serve un contatto col mondo scientifico, nel senso che l’intuizione può arrivare dal campo, perché spesso la pratica arriva prima della teoria, però per comprovare l’intuizione serve il mondo accademico. Un aspetto che secondo me manca tanto nel ciclismo attuale, che invece alcune squadre hanno. L’appoggio del mondo accademico potrebbe essere lo step che ti fa fare il salto di qualità e di farlo prima degli altri.

In un grande Giro i succhi contenenti nitrati si usano prima delle tappe, ma anche durante
In un grande Giro i succhi contenenti nitrati si usano prima delle tappe, ma anche durante
La differenza fra chi innova e chi si allinea, insomma…

Quando 13 anni fa Sky ha iniziato a usare i nitrati, aveva un vantaggio che gli altri ancora non avevano. Poi ci sono arrivati anche gli altri. Noi abbiamo alle spalle l’Università australiana e stiamo lavorando a una collaborazione che ci permetta di avere vantaggi nei prossimi anni. Stiamo cercando di creare una sinergia che al momento è ancora parziale, perché gli australiani sono più concentrati sul ciclismo su pista che sulla strada. Ma questo è un fronte cui Brent Copeland (team manager della Jayco-AlUla, ndr) tiene moltissimo, perché ne ha capito proprio l’importanza.

Il monte ore annuo del cronoman: numeri da capogiro

15.08.2023
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All’inizio dell’anno viene decisa gran parte della stagione, sia quella agonistica (il calendario) sia quella relativa alla preparazione. Sempre più spesso si sentono parlare coach ed atleti di ore di allenamento, non solo nel ciclismo, e non di chilometri. Questo approccio dà un quadro d’insieme di quanto siano grandi i volumi di attività nel corso dell’anno.

In questa suddivisione colpisce moltissimo la differenza di ore di sella fra chi è anche un cronoman e chi no. Possono esserci differenze pari a dieci volte, tra chi vi pedala per 10-12 ore e chi per 100-120 ore. Quando si entra in tema di cronometro e di preparazione va quasi da sé che l’interlocutore sia Marco Pinotti, coach della Jayco-AlUla.

Una bici da crono (da allenamento) per Foss. L’ex iridato ci fa anche le distanze in quota
Una bici da crono (da allenamento) per Foss. L’ex iridato ci fa anche le distanze in quota
Marco, davvero si parla di quelle quantità di ore e di quelle differenze?

Magari 120 ore sono effettivamente molte, anche se non è un numero impossibile, tuttavia può starci specie se ci si include le gare.

Il monte ore si stabilisce ad inizio stagione?

Non del tutto. Non si pongono delle percentuali di ore a crono e di ore su strada. Diciamo che ad un cronoman si cerca di fornire prima di altri la bici “da tempo” e la prende almeno per un’uscita a settimana. Sempre. Che diventano due prima di un grande Giro o di una gara in cui c’è una crono e tre prima di un evento come un mondiale, un’Olimpiade, un campionato nazionale… Tutte cose che lo stradista in linea non fa e che chiaramente contribuisce a spostare il monte ore di allenamento verso la crono.

E a fine stagione, in percentuale, quanto tempo del suo monte ore uno specialista passa sulla bici da crono?

Si va dal 10 al 50 per cento, per i super specialisti. Io credo che una quantità di ore più concreta sia tra le 80 e le 100 ore l’anno per un cronoman sulla bici da crono. Mentre gli altri si attestano al di sopra delle 20 ore.

Quanto può dare in più lo stare in sella alla bici da crono? Ammesso che si possa stabilire…

E’ difficile, dipende molto da come si passano quelle ore sulla bici da crono e anche dalla posizione che ha quello specialista, cioè se è più o meno estrema. Diciamo che può esserci una differenza di miglioramento del 5 per cento. Ma è un dato molto grossolano.

Chi era un atleta che passava davvero tante ore sulla bici da crono?

Mi viene in mente Kung, ma forse più di tutti Rohan Dennis. Lui ci fa anche i lavori specifici e forse anche per questo è uno dei pochissimi atleti in grado di esprimere gli stessi watt, se non di più, sulla bici da crono che non su quella da strada. Perché va ricordato che la vera differenza il cronoman la fa con l’efficienza biomeccanica. E’ una questione muscolare.

Sin qui abbiamo parlato dei cronoman. Ma quanto è importante che su quella bici ci passi del tempo anche lo scalatore?

E’ importante, ma questo non deve togliere nulla alla sua attività principale che è andare forte in salita. Poi è chiaro che è importante, specie nel ciclismo super livellato (in alto) di oggi, ma gli obiettivi per cronoman e scalatore sono diversi.

Grazie all’aumento del monte ore sulla bici da crono, Kristen Faulkner è migliorata molto anche nella guida di questo mezzo
Grazie all’aumento del monte ore sulla bici da crono, Kristen Faulkner è migliorata molto anche nella guida di questo mezzo
Cioè?

Il cronoman si allena a crono per andare forte in quella disciplina. Lo scalatore soprattutto perché il giorno dopo la tappa contro il tempo non deve accusare troppo a livello muscolare il cambio di bici. Si chiama transizione. Simon Yates (nella foto di apertura, ndr) per esempio, ci ha lavorato parecchio e non a caso al Tour il giorno dopo la crono ha fatto secondo. Ovviamente quando dico che è importante per lo scalatore, mi riferisco a quello che deve fare classifica.

Marco, prima hai detto che a grandi linee usare molto la bici da crono può dare un 5 per cento in più rispetto a chi la usa di meno in termini di prestazione, di efficienza biomeccanica, e in termini di guida?

Chiaramente serve, ma con i fenomeni e i materiali che ci sono adesso conta un po’ meno che in passato. Oggi ci sono dei super specialisti e qualche fenomeno tra gli uomini di classifica: basta. Tanti corridori per svariati motivi (traffico, tempistiche, certezza di rispettare determinati wattaggi…) utilizzano la bici da crono sui rulli. In questo modo magari migliorano sul piano muscolare e della posizione, ma non su quello della guida. Tuttavia questo tipo di miglioramento è strettamente legato alle capacità di guida del singolo atleta. Matteo Sobrero per esempio è molto bravo e, parlando di guida, non avrebbe così necessità di passarci tante ore. Kristen Faulkner, al contrario, ne aveva tanto bisogno. Da quest’anno ha aumentato il suo monte ore con la bici da crono ed è migliorata parecchio.

Il collezionista di maglie, Felix Grossschartner

15.08.2023
5 min
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Chiamatelo collezionista di maglie. Dopo aver vestito fino a fine giugno quella di campione austriaco, Felix Grossschartner se n’è regalata un’altra, quella di miglior scalatore europeo al San Gottardo, che probabilmente non indosserà mai in corsa, ma che ha testimoniato la sua buona condizione dopo il Tour de France.

Abituato a fare il capitano alla Bora-Hansgrohe, alla Grande Boucle di quest’anno il ventinovenne di Wels si è ritagliato il nuovo ruolo di gregario con la casacca della UAE Emirates, preziosa pedina per aiutare Tadej Pogacar e Adam Yates a salire sul podio di Parigi. Durante un giorno di meritato riposo, Felix ci ha raccontato la sua campagna francese e poi ci ha parlato dei piani futuri.

Grossschartner con Adam Yates, fresco di maglia gialla. Un selfie sul bus…
Grossschartner con Adam Yates, fresco di maglia gialla. Un selfie sul bus…
Che cosa ha voluto dire la vittoria sul San Gottardo per te?

E’ stato bello conquistare il titolo di miglior scalatore europeo, ma so bene che il livello non era esattamente quello delle gare WorldTour. Arrivare primo fa sempre piacere e mi auguro che in futuro questa corsa cresca e diventi sempre più famosa e frequentata. Comunque un po’ di pressione c’era perché io arrivavo dal Tour e c’erano tanti giovani che volevano battermi, per cui è stata una bella soddisfazione riuscire ad arrivare a braccia alzate. 

Hai ricevuto anche una maglia di miglior scalatore?

Mi hanno dato una maglia, ma non so se potrò vestirla nelle gare professionistiche. Non so se la squadra ne farà una apposta, ma al massimo mi iscriverò a qualche gara amatoriale in Austria, così potrò indossarla: da noi, infatti, ci sono i campionati nazionali per scalatori. Scherzi a parte, forse è un po’ presto ed è meglio che mi dedichi al professionismo ancora per qualche stagione.

Tornando al Tour de France, com’è stata la tua esperienza da gregario?

Era la prima volta, soprattutto al servizio di un campione come Tadej, uno dei favoriti per la vittoria finale. Il lavoro duro toccava sempre a noi o alla Jumbo-Visma, per cui bisognava sempre farsi trovare pronti. Quando corri per una squadra che non ha questi obiettivi, a volte puoi concederti un po’ di riposo, ma per i gregari di Pogacar o Vingegaard è tutta un’altra storia e devi essere sempre sul pezzo, tirare sulle salite finali e cercare di rimanere sempre tra i migliori quindici di giornata.

Soddisfatto?

È stata una bella esperienza e sono contento di aver dato il mio contributo. Alla fine non abbiamo vinto, ma ottenere un doppio podio è comunque un grande risultato. Senza dubbio, combatteremo per riprenderci la maglia gialla.

Come ci aveva anticipato a Sestriere il team manager Matxin, Yates è stato il secondo capitano, non un corridore qualunque: ci racconti la corsa da dietro le quinte?

E’ stato bello perché sia Tadej sia Adam sono due persone molto disponibili. Inoltre, entrambi sanno guidare molto bene la bicicletta e questo è fondamentale nel posizionamento all’interno del gruppo, perché significa molto meno lavoro e meno stress per noi gregari.

Ci avevi raccontato quando Tadej fosse “alla mano” negli allenamenti, ti ha stupito anche corrergli al fianco da compagno al Tour?

E’ incredibile, perché sei nella corsa ciclistica più importante al mondo, eppure con lui tutto sembra così normale. Ci sono delle tattiche, le segui e molto spesso vinci grazie a lui. 

Ci racconti il buffo team radio che ha fatto il giro del web tra tigri e coccodrilli?

Ci siamo divertiti un sacco anche noi. Se l’è inventato di sana pianta il nostro compagno danese, Mikkel Bjerg e noi abbiamo improvvisato, perché in realtà non voleva dire niente ma era solo per puro divertimento. La cosa ancor più buffa è che lui non le pianifica queste cose, ma le tira fuori all’improvviso, per cui è riuscita ancora meglio. 

L’atmosfera in squadra era altissima e si è visto come avete festeggiato il doppio podio di Parigi, sapendo tutto il lavoro che c’era dietro, corretto?

Esatto. Il morale era sempre alto, persino quando Tadej ha perso terreno sul Col de La Loze, nonostante in quel momento abbiamo realizzato che non avremmo più avuto possibilità di vincere il Tour. Tadej era dispiaciuto, ma noi siamo una squadra e l’abbiamo supportato anche in quel frangente difficile. È stata dura, ma siamo ripartiti e abbiamo imparato anche da quella situazione.

Arrivato dalla Bora, Grossschartner si è messo subito a disposizione della “causa Pogacar”
Arrivato dalla Bora, Grossschartner si è messo subito a disposizione della “causa Pogacar”
Quali sono i tuoi piani adesso?

Avrei dovuto fare la cronometro mondiale, ma non mi sentivo benissimo lunedì e martedì, così ho dato forfait. Credo che le fatiche del Delfinato e del Tour si siano fatte sentire, poi con l’ulteriore sforzo al San Gottardo. Ora farò un po’ di riposo, poi mi rimetto sotto la settimana prossima, niente Vuelta. Farò la classica del Gp di Plouay a inizio settembre, poi il Giro di Lussemburgo e qualche piccola corsa, poi chiuderò la stagione in Cina, col Tour di Guangxi, che ho già fatto due volte.

Ti vedremo al Giro d’Italia l’anno prossimo, magari con Tadej?

Chissà, non ve lo so ancora dire. Vedremo, non abbiamo ancora parlato dei programmi di squadra, tra qualche mese lo saprete. 

Quali sono i tuoi hobby quando non pedali?

Passare del tempo con la mia fidanzata, oppure giocare a golf. D’inverno, invece, mi do allo sci alpinismo: a un’oretta da casa mia ci sono tutte le montagne che voglio.  

Il metodo Perusini, tecnico azzurro della pista paralimpica

14.08.2023
5 min
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GLASGOW – Alla guida del settore pista del paraciclismo c’è Silvano Perusini, friulano, una lunga esperienza tecnica nelle categorie giovanili e ora indicato dai suoi atleti come fautore del salto di qualità. Lo abbiamo incontrato per la seconda volta nella Sir Chris Hoy Arena, dopo l’argento della velocità a squadre.

La prima volta, celebrata con un abbraccio, risale al giugno del 2021, quando assieme ad altri amici Silvano accompagnò Riccardo Piccini nel suo lungo viaggio in bicicletta dal Friuli a Roma, per portare in Vaticano la figlia Silvia, uccisa da un’automobilista. E forse anche questo apre uno spaccato sulla sua personalità e conferma in modo indiretto la disponibilità di cui parlano i suoi atleti.

Le tre medaglie di Claudia Cretti e quella del tandem compongono una bella base su cui lavorare in vista dei prossimi mondiali di Rio e le Paralimpiadi di Parigi.

Andrea Tarlao ha sfiorato il bronzo nell’omnium, preceduto dal brasiliano Lauro Chaman
Andrea Tarlao ha sfiorato il bronzo nell’omnium, preceduto dal brasiliano Lauro Chaman
Allora Silvano, sei soddisfatto di come è andata?

Non mi ero fissato dei particolari obiettivi di prestazione, per quanto riguarda l’aspetto atletico. Ma ci interessava fare esperienza, anche perché ho un gruppo prevalentemente nuovo. Su 11 atleti che partecipano al mondiale, 8 sono alla prima esperienza. Abbiamo dei ragazzini veramente giovani e dei talenti, che però non hanno mai corso. E non parlo del mondiale, ma proprio di prime gare in assoluto. Quindi siamo veramente alle prime esperienze. Per quanto riguarda le prestazioni, sono molto contento perché siamo andati al di là anche di quello che potevo preventivare. Ho visto un’altissima motivazione, nonostante ovviamente le tensioni qui siano state alte.

C’era da valutare anche l’aspetto psicologico?

L’ansia da prestazione può essere molto elevata, soprattutto in un mondiale per ragazzi abbastanza giovani. Ma io sono soddisfatto perché il gruppo si è reso protagonista in tutte le gare alle quali ha partecipato. Li ho visti veramente determinati e convinti e questo mi fa ben sperare. Il gap con le altre nazionali è ancora elevato, ma nonostante questo siamo riusciti a prendere delle medaglie e anche altri due quarti posti e altri piazzamenti nelle prime dieci posizioni.

Quindi bilancio positivo?

Sono molto soddisfatto, perché ci sono veramente delle superpotenze alle quali è difficile avvicinarsi in un periodo breve. Dobbiamo lavorare sulla programmazione, sui materiali, ma anche sulla base per la promozione di un movimento che su pista fatica a crescere. Il problema principale secondo me attualmente è proprio che in Italia non c’è attività paralimpica su pista. Abbiamo gare su strada, c’è qualche gara di bike, però niente per la pista.

Questi risultati quindi sono un piccolo miracolo?

Siamo venuti con una buona preparazione, però ci siamo arrivati senza correre, facendo solo allenamenti. Nell’affrontare determinate specialità, in cui si deve correre in gruppo affiancati agli avversari, abbiamo avuto qualche problema tecnico nell’interpretazione della gara. In termini della tattica da assumere in determinati frangenti…

Come si risolve, chiedendo a qualcuno di organizzare gare in Italia o girando l’Europa?

Abbiamo due obiettivi. Uno è curare il gruppo che ho a disposizione e farlo crescere, quindi fare esperienza a livello internazionale. L’altro è fare promozione sul territorio, responsabilizzando un po’ tutti quelli che ci circondano come nazionale, a partire dalla Commissione paralimpica nei Comitati Regionali, passando per la promozione di base fatta dal CIP. Abbiamo bisogno di un’opera collegiale, grazie alla quale come nazionale possiamo individuare anche dei talenti nuovi o comunque delle persone interessate a fare attività ad alto livello.

Come nasce il tuo coinvolgimento?

In realtà è nato parecchi anni fa. Io sono un laureato in Scienze Motorie e lavoro da diversi anni in un centro di riabilitazione per tetra e paraplegici. Faccio l’avviamento allo sport per i disabili, quindi sono quotidianamente a contatto con dei fisiatri e con medici. Avevo già iniziato a collaborare con delle società che si occupavano di paralimpico, per cui è una cosa che seguo professionalmente da anni. E poi l’anno scorso c’è stato il coinvolgimento da parte della Federazione che mi ha dato l’incarico della pista.

Ecco il doppio equilaggio dei tandem che hanno preso l’argento: Colombo-Bissolati, Meroni-Ceci
Te ne eri già occupato, giusto? Eri fra l’altro il direttore della pista di Pordenone.

Venivo dalla pista e avevo già avuto esperienze in nazionale. Parecchi anni fa ho guidato quella degli juniores, quindi per me questo incarico è veramente una soddisfazione. Riesco a lavorare a questi livelli in un ambito nel quale credo molto, perché per me la miglior cura per la disabilità è proprio l’attività motoria. Attraverso lo sport possono raggiungere l’autonomia.

I corridori con cui lavori parlano molto bene di te.

Mi fa piacere, abbiamo un buon rapporto. Gli dico sempre: «Io non pretendo che facciate le cose che non potete fare, però vi voglio sempre protagonisti, non solo durante la gara, ma anche nei momenti collegiali e nei momenti a casa». Devono veramente essere protagonisti della loro vita. E il risultato si è visto in gara, dove mi sono piaciuti tantissimo per la determinazione che hanno mostrato. 

Van Eetvelt senza paura: alla Vuelta per attaccare

14.08.2023
4 min
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Lo avevamo lasciato aggredire con ferocia e determinazione le rampe del Colle della Fauniera al Giro d’Italia U23 dello scorso anno. Questo giovane belga aveva staccato tutti, persino il grande favorito Lenny Martinez. Chi era? Lennert Van Eetvelt, ora pro’ con la squadra che lo aveva lanciato, la Lotto-Dstny.

Marino Amadori ci aveva detto che sarebbe stato uno scalatore tosto per quel Giro e così fu. Quell’impresa valse al classe 2001 il podio finale della corsa rosa alle spalle di Leo Hayter. Oggi Lennert è un pro’ che si sta facendo largo. E anche bene. Ha già messo nel sacco tre corse e ha vinto la classifica dei giovani in gare come il Sibiu Tour che non sono più “corsette”.

Lennert conquista il Fauniera e va a prendersi la piazza d’onore al Giro U23 del 2022 (foto Isola Press)
Lennert conquista il Fauniera e va a prendersi la piazza d’onore al Giro U23 del 2022 (foto Isola Press)

Tra i grandi

Ma la sua stagione non è finita. Anzi, il pezzo forte deve arrivare e come accade per molti giovani, tra cui proprio il suo rivale Martinez, per lui si profila la Vuelta: il primo grande Giro in carriera.

«E’ la mia prima stagione da pro’ – ha detto Lennert – sto andando bene, sono molto felice di questa situazione. Tutto sommato mi sento pronto. Mi sono adattato abbastanza bene, anche se tra le due categorie – gli under 23 e i pro’ – c’è molta differenza. Qui sono tutti molto forti e non solo di gambe, anche in gruppo. La mia difficoltà maggiore è stata quella delle posizioni in gruppo. Tutti scartano, limano… Tra gli under ti basta pedalare forte e via. Qui non è così facile».

E anche sulla gestione dello sforzo le cose sono diverse a quanto pare. In Polonia, per esempio nel finale della seconda frazione, in salita aveva seguito Majka. Lo aveva fatto con una certa spavalderia forte delle buone sensazioni del Sibiu Tour e dei blocchi di lavoro prima di questa corsa.

Lui stesso aveva parlato di sessioni di 5′ ad alta intensità, di un monte ore annuale che va a crescere da qualche anno a questa parte, ma per sua stessa ammissione, in relazione a quella tappa, aveva poi detto di essersi sopravvalutato e che quel chilometro finale era diventato una sorta di calvario. Errori di gioventù.

Seconda tappa del Tour de Pologne Majka e Van Eetvelt sono stati ripresi ai 400 metri
Seconda tappa del Tour de Pologne Majka e Van Eetvelt sono stati ripresi ai 400 metri

In Spagna

Al Tour de Pologne è arrivato 15°. Tra i suoi ex colleghi di categoria è stato battuto da Oscar Onley e proprio Lenny Martinez, ma i tre erano raccolti in appena 22”.

«Ora – prosegue Van Eetvelt – andrò alla Vuelta. E’ il grande obiettivo. Vedremo come andrà. Io sono curioso delle tre settimane. So che sarà molto, molto difficile, non solo fisicamente ma anche mentalmente.

«Sarà un test, un test importante che mi dirà molte cose. Io voglio farlo al meglio delle mie possibilità. Ma non vado lì solo per il futuro. Io voglio fare subito qualcosa di buono». E qui emerge il carattere del campione, che se ne infischia di età ed esperienza.

Questa stagione si era aperta alla grande per Van Eetvelt, con due podi nelle primissime gare, poi però erano arrivate le streghe. Uno spray nasale lo aveva fatto cadere nell’ombra di un presunto caso di doping tra Freccia e Liegi. Era stato persino sospeso dalla sua squadra, salvo poi essere reintegrato un paio di settimane dopo perché il tutto si è risolto con un nulla di fatto.

In questo modo il belga aveva potuto proseguire la sua stagione, ma si può tranquillamente dire la sua carriera. 

Van Eetvelt ha vinto il tappone del Sibiu Tour questa estate (foto Focus Photos Agency)
Van Eetvelt ha vinto il tappone del Sibiu Tour questa estate (foto Focus Photos Agency)

Linea giovane

In questi giorni Van Eetvelt è salito ad Andorra con la squadra e questo cosa lo gasa non poco, visto che non ha fatto spesso l’altura sin qui.

«Sarà fantastico – dice il belga – ricordo l’anno scorso che ci andai prima de l’Avenir. Spero di fare ancora un ottimo lavoro. Poi in generale vedo che ogni anno vado meglio, mi sento più forte». Tra l’altro Lennert seppur venga dal Belgio dove non ci sono né lunghe salite, né tantomeno montagne, ha un ottimo feeling sia con la quota che appunto con le scalate grandi.

Sopra i 2.000 metri rende benone. Ha vinto sul Fauniera, ad oltre 2.500 metri di quota, e si è ripetuto al Sibiu, di nuovo su un arrivo over 2.000. E saliva alzandosi e rilanciando sui pedali in continuazione come fanno (o facevano) i veri scalatori.

Ma un giovane che arriva nel WorldTour, per forte che sia, cerca sempre un appoggio. E più o meno indirettamente anche Van Eetvelt non è sfuggito a questa dinamica. Solo che la sua chioccia è un po’ insolita. Non è un atleta super esperto.

«Vero – sorride Lennert – Andreas Kron è colui che più mi dà consigli. E’ come un mentore per me. Ha solo 24 anni ed è già un corridore forte, bravo in tutto (forse essendo giovane parlano la “stessa lingua”, ndr). E’ fantastico averlo in squadra. Ma devo dire che in tanti mi danno dei consigli».

EDITORIALE / Il bello e il brutto di essere italiani

14.08.2023
5 min
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GLASGOW – La carovana del mondiale si sta disperdendo. Anche chi scrive prenderà il volo nel pomeriggio e a quel punto di questi giorni si parlerà al passato. In realtà sembra passato un secolo. La vittoria di Mathieu Van der Poel è già lontana, nonostante sia avvenuta appena otto giorni fa. Forse perché nel frattempo di mondiali se ne sono svolti altri cinque: ciascuno con i suoi ragionamenti e le sue storie. Al pari degli atleti, almeno gli italiani con cui abbiamo avuto i maggiori contatti, ammettiamo di sentirci prosciugati anche noi.

Sfinito dopo l’arrivo del mondiale, Bettiol ha poi raccontato la sua emozione nel vestire la maglia azzurra
Sfinito dopo l’arrivo del mondiale, Bettiol ha poi raccontato la sua emozione nel vestire la maglia azzurra

La casa degli italiani

Piuttosto che affrontare il tema di questa nuova formula, su cui certamente torneremo, oggi al centro c’è l’Italia, intesa come casa degli azzurri.

«Sono emozionato dal lavoro dei miei compagni – ha detto Bettiol dopo l’arrivo del mondiale – della squadra, dei tecnici, dei massaggiatori, i meccanici. Sono fortunati a essere italiano, ci hanno messo nelle condizioni migliori. Ho veramente dato tutto. Oggi per me era il culmine di un anno. Io credevo in questo mondiale, non mi interessava se non era adatto a me. Non mi interessava. Io volevo far bene, volevo ripagare il lavoro non solo dei miei compagni, ma di tutti, di tutte le persone che sono dietro, che sono fantastiche e ci rendono orgogliosi. Perché secondo me abbiamo il miglior staff di tutte le nazionali e sono contento che vi siate divertiti».

Matteo Cornacchione, qui con Cioni, era meccanico della Liquigas e ora è in Ineos, prestato alla nazionale
Matteo Cornacchione, qui con Cioni, era meccanico della Liquigas e ora è in Ineos, prestato alla nazionale

Bettiol e le differenze

Si trattava sicuramente di un momento ad elevata emotività di un atleta che vive di slanci, ma anche un atleta che dopo il primo anno da professionista nell’ultima parte della Liquigas (anche se la squadra si chiamava già Cannondale) si è ritrovato in un team americano. Vista la lunga permanenza, evidentemente si troverà bene, ma vivere per pochi giorni in una squadra di italiani lo ha riportato a quel 2014. Tanto più che in nazionale, Amadio ha ricreato il clima di quella stessa squadra. E in questi pochi giorni, Bettiol deve aver colto la differenza. Quante volte nella sua squadra ha avuto tanta considerazione?

Ecco il punto. Si continua a parlare della necessità di una squadra italiana non per dare fiato ai polmoni, ma perché è il solo modo per tutelare il capitale di atleti italiani che ogni anno viene speso e a volte sperperato sul mercato internazionale.

Milesi è passato nel Devo Team della DSM e ora è nella WorldTour: si è adattato molto bene
Milesi è passato nel Devo Team della DSM e ora è nella WorldTour: si è adattato molto bene

La domanda di Amadori

Il giorno dopo la vittoria di Milesi nella cronometro under 23, Marino Amadori ci ha affidato un’interessante riflessione, chiusa con una domanda.

«Si dice tanto che in Italia non ci siano corridori – ha detto il tecnico romagnolo degli U23 – quando in realtà in questa categoria ne abbiamo molti e anche forti. Quello che mi chiedo però è dove finiscano una volta che passano professionisti. Sono loro che non hanno il carisma di emergere oppure nelle squadre dove passano, vengono messi in fondo alla coda, senza la possibilità di venire avanti?».

Sierra ha centrato il quarto posto nel mondiale juniores e passerà in un Devo Team all’estero
Sierra ha centrato il quarto posto nel mondiale juniores e passerà in un Devo Team all’estero

Lo Stato italiano

In attesa di scoprire quali esiti avrà il nuovo flusso migratorio verso i Devo Team stranieri, ci allacciamo ad altre due corde per fare il passo successivo.

Le parole ascoltate proprio ieri da Francesca Polti fanno capire come il ciclismo, se affrontato con le giuste competenze manageriali, sia ancora un fortissimo veicolo promozionale. E viene quindi da chiedersi se la fuga degli sponsor italiani di anni fa sia stata dovuta davvero ai casi di doping o piuttosto all’impossibilità di giocare con le fatturazioni che rendeva l’investimento vantaggioso anche su altri piani. Se così fosse, si confermerebbe una volta di più che il sistema fiscale italiano sia il freno per certi investimenti. E che certi industriali non la raccontano giusta.

In secondo luogo, cadono le braccia nel vedere come nel Paese di Coppi e Bartali e altri giganti che riempiono da soli libri di storia dello sport, il Governo non muova un dito per offrire un sostegno. La Francia ha coinvolto la Francaise des Jeux e invogliato giganti come banche e compagnie petrolifere, al pari di quanto fatto dal Belgio con il Lotto. Ci sono regioni di Spagna e Belgio che sostengono da sole l’attività di squadre professionistiche, non volendo tirare in ballo gli Stati che hanno posto il loro nome sulla maglia di squadre.

Venturelli si è detta serena perché il programma della nazionale la seguirà anche fra le elite
Venturelli si è detta serena perché il programma della nazionale la seguirà anche fra le elite

Il dio pallone

Nella nostra Italia così provinciale e bigotta, siamo arrivati al punto di mettere il dio pallone al centro di ogni cosa, lasciando al resto solo le briciole. E se poi viene fuori che Mancini lascia la nazionale e potrebbe averlo fatto per soldi (siamo sempre in attesa che il cittì dimissionario fornisca le sue ragioni) allora quelle parole di Bettiol e le lacrime di Elena Cecchini per la brutta figura fatta ieri dalle ragazze in corsa (dal 2004 non eravamo mai usciti dai primi 10: anche questo è un tema che riprenderemo) assumono una profondità e una ricchezza che forse lo sport italiano non merita. Che i suoi politici non sarebbero neanche in grado di cogliere.

I “mezzi alternativi” nel giorno di scarico

14.08.2023
5 min
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Utilizzare un “mezzo alternativo” nel giorno di scarico: il variegato mondo della preparazione propone anche questo. In frontiere sempre più evolute, che cercano il capello, non sono pochi gli atleti che nel giorno del riposo attivo scelgono di salire su una Mtb, sulla bici da crono o in qualche rarissimo caso anche di nuotare (vedi Wurf che spesso è impegnato nei suoi triathlon) o chi inforca la gravel bike.

Notari 2022
Giacomo Notari, preparatore dell’Astana-Qazaqstan
Notari 2022
Giacomo Notari, preparatore dell’Astana-Qazaqstan

Andare piano

Giacomo Notari, preparatore dell’Astana-Qazaqstan ci spiega i perché di tali scelte. «Partiamo dal presupposto che il giorno di scarico e quello di riposo totale sono importanti, se non di più, dei giorni di allenamento o di carico, perché se non recuperi bene poi anche i successivi lavori non verranno bene, né si assimileranno quelli precedenti, quindi qualsiasi attività si faccia questa va intrapresa bene.

«Se mezzi alternativi alla bici da corsa – spiega Notari – come la Mtb o la bici da crono piacciono è giusto usarli. Oggi rispetto a qualche anno fa è diverso. Si è più aperti a certe variazioni. Una volta non si doveva camminare, stare in piedi… Oggi una camminata di 30′ si può anche fare. Ma certo se nel bel mezzo della stagione si fa una scarpinata in montagna o si va a correre non è il massimo. Parliamo sempre di uno sport di elite, estremamente specifico».

«Mtb, gravel e bici da crono vanno benissimo, a patto che, soprattutto in mtb, non si faccia troppo dislivello. Perché per quanto si vada piano, alla fine le salite specie quelle offroad, fanno faticare. E lo stesso vale per la bici da crono, ma in relazione alla velocità. Ci si può stare anche un’ora e mezza, ma a ritmi blandi».

Riguardo al nuoto Notari non si dice contrario, ma anche in questo caso vige la regola delle basse intensità. «E conta molto l’attitudine che ha il corridore con il nuoto, perché se è bravo e lo fa abitualmente può anche starci una nuotata, altrimenti meglio evitare. Specie se si è nel pieno della stagione. Sarebbe un gesto troppo diverso».

Gli “altri” muscoli

E quest’ultimo concetto relativo al nuoto ci proietta verso il tema dell’utilizzare muscoli differenti. Quali vantaggi ci sono nel salire in sella ad una bici da crono, ad una Mtb o, come accade sempre più spesso, in sella ad una gravel?

Anche se la gravel in virtù di una posizione pressoché identica a quella da strada è la migliore per certi aspetti, come quello mentale e la tecnica di guida, è meno efficiente per altri, come quello muscolare… se si ha l’obiettivo di variare chiaramente.

«Il vantaggio – prosegue Notari – è quello di variare la propria attività abituale. Si dice che vengono chiamati in causa altri muscoli, ma questa definizione non è precisa. Se utilizzo la bici da crono o la mtb i muscoli sono quelli, ma in virtù di angoli diversi possiamo dire che gli stessi muscoli vengono utilizzati in maniera differente. In Mtb, ma tutto sommato anche con la bici da crono, stando più avanzati si utilizzano di più i quadricipiti».

Notari insiste soprattutto sulla bici da crono. Secondo lui utilizzarla nel giorno di scarico è importante in quanto l’atleta si abitua a cambiare bici: un passaggio utile nelle corse a tappe. Il giorno dopo la crono infatti non è raro che i corridori ne risentano, che abbiano dolori ai muscoli e se si tratta di uomini da corse a tappe, non va chiaramente bene. Ma non va bene neanche se si è dei cacciatori di tappe e il giorno dopo la crono c’è una frazione adatta a quel corridore che sia un attaccante o un velocista.

Felline durante una tranquilla uscita in Mtb: gambe e testa si rigenerano anche così (foto Instagram)
Felline durante una tranquilla uscita in Mtb: gambe e testa si rigenerano anche così (foto Instagram)

Dai muscoli alla mente

Ma come ci spiegava recentemente Germani (e non solo lui), o ascoltando in passato i racconti di Ballerini, utilizzare un altro mezzo, in questo caso la Mtb, è anche uno scarico mentale. Non a caso per la foto di apertura abbiamo scelto Germani durante un’escursione zaino in spalla con la ruote grasse. Si percorrono nuove strade, non è quello il “proprio sport” e tutto si vive in modo diverso. In molti casi non si utilizzano né cardio, né potenziometri.

«Utilizzare un altro mezzo – dice Notari – è anche uno scarico mentale e va bene. Spesso si pensa che noi preparatori lobotomizziamo i ragazzi con i numeri e tabelle… ma perché tutto funzioni ci vuole la testa, la motivazione e questa si trova anche così. Altrimenti se contassero solo i numeri, basterebbe capire chi ha la soglia più alta e si potrebbe stilare l’ordine d’arrivo già prima del via.

«Va bene quindi utilizzare un mezzo alternativo, in questo caso mi riferisco più alla mtb che varia di più rispetto al quotidiano. Ma vado oltre, se un atleta conosce bene questo mezzo, può anche farci dei lavori specifici o uscite di endurance (vedi Ballerini, ndr). Ben venga dunque il mezzo alternativo a livello di testa».