Quintana alla Movistar? Il segreto di Pulcinella…

29.10.2023
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Avevamo ascoltato per l’ultima volta le parole di Nairo Quintana durante la conferenza stampa in cui ribadì la sua voglia di tornare ad essere un corridore. La squalifica dal Tour de France del 2022 per l’uso del Tramadol aveva portato alla rottura del contratto (appena rinnovato) da parte dell’Arkea-Samsic alla vigilia della Vuelta e sul colombiano si era abbattuta la maledizione dell’UCI: nessun team lo avrebbe più preso.

Il Tramadol è un analgesico oppioide piuttosto diffuso, vietato nelle competizioni dal 2019. Nairo ha sempre detto di averlo assunto per combattere i postumi della caduta in avvio di Tour. La sanzione, in caso di positività, è la squalifica dalla corsa, ma nulla di più. Il colombiano avrebbe potuto correre la Vuelta e andare avanti, ma la squadra lo fermò e il Tas non se la sentì di sconfessare l’UCI.

«Voglio tornare a gareggiare – aveva ugualmente detto Nairo – mettere il numero, sentire l’esigenza di rispondere a una squadra, il dolore alle gambe per la fatica, ma anche la soddisfazione della vittoria o di aver dato il massimo fino al traguardo, voglio questo. Ne ho bisogno perché la competizione è in me, ma ho anche bisogno di un ambiente migliore per poter essere calmo e concentrato su di essa».

Nel 2022, Quintana ha chiuso il Tour al sesto posto, ma il risultato è stato cancellato a causa del Tramadol
Nel 2022, Quintana ha chiuso il Tour al sesto posto, ma il risultato è stato cancellato a causa del Tramadol

Atleta e imprenditore

E’ passata una stagione e si è verificato quello che è sembrato a lungo una sorta di segreto di Pulcinella. Dopo varie ipotesi fra cui l’Astana, Quintana torna al Movistar Team, la squadra in cui divenne professionista e in cui ha scritto le più belle pagine della sua storia sportiva: contratto di un anno. Nel frattempo però, Nairo non è stato con le mani in mano. E se la quotidianità degli allenamenti in solitudine è stata particolarmente pesante, altrettanto fervida è stata la sua attività imprenditoriale.

Sul sito nairo.com.co si possono acquistare capi di abbigliamento specializzati per il ciclismo e per il tempo libero. C’è poi la Granfondo Nairo Quintana, che si svolgerà dal 24 al 26 novembre a Santander (Colombia) mentre proprio in questi giorni si sta correndo l’edizione messicana. E poi ci si sposta sul fronte della ristorazione, con il Cafè 9.3 Concept Store, situato in una delle zone più esclusive di Bogotà, in cui si mostra la magia della Colombia attraverso gusto, moda e immagini. 

Infine El Parche de Nairo, una delle iniziative più recenti: un ristorante a tema che si trova a Bogota, a Muebles Guaymaral. Al suo interno, i ciclisti e gli altri avventori potranno trovare cibo tipico colombiano, un’officina per biciclette, parcheggio per auto e biciclette, ma anche abbigliamento sportivo e accessori per biciclette.

Ritorno a casa

Quintana ha 33 anni e ha vestito la maglia della Movistar dal 2012 al 2019. Impossibile dimenticare i suoi scatti davanti a sua maestà Chris Froome nel Tour del debutto (2013), come pure la vittoria al Giro d’Italia 2014 (foto di apertura), la Vuelta 2016 e i tre podi del Tour (2013, 2015, 2016).

«Sono entusiasta di tornare a casa – ha dichiarato quando ha potuto finalmente raccontare tutto – è stato un anno difficile. Notti senza dormire, tanti giorni di enormi sacrifici, salendo sulla bici e provando ad andare avanti, con la pioggia o con il sole. Però ne è valsa la pena. Non perderò l’occasione. Conosco i valori della squadra, i valori di questo sport. Darò il massimo per fare bene e voglio contribuire perché la Movistar ottenga i risultati migliori».

Durante il 2023, Quintana ha continuato ad allenarsi da solo o nelle gran fondo, ma anche ad Andorra (foto Instagram)
Durante il 2023, Quintana ha continuato ad allenarsi da solo o nelle gran fondo, ma anche ad Andorra (foto Instagram)

La sfinge Unzue

Eusebio Unzue è un dirigente vecchio stampo e se finora aveva tenuto la bocca chiusa deve aver avuto le sue valide ragioni. Non ultima, viene da pensare, l’aver fatto le verifiche necessarie con i piani alti dell’UCI che contro il ritorno di Nairo si erano implicitamente espressi. Forse un anno di purgatorio, come un anno di squalifica, è stato ritenuto sufficiente.

«Devo dire che Nairo – ha spiegato Unzue – è un grande rinforzo. Ha solo 33 anni ed è in forma. Lo so bene, perché non ha mai smesso di allenarsi ad Andorra, dove vive con tutta la sua famiglia e mantiene un ottimo rapporto con Enric Mas, il leader della squadra. Ovviamente lavorerà proprio per lui nei grandi Giri, ma avrà l’opportunità di dimostrare che è ancora un vincente in altre gare».

Per la Movistar, che non è riuscita a prendere Carlos Rodriguez e lavora perché Enric Mas possa arrivare al livello di Vingegaard e Pogacar, l’arrivo di Quintana non è soltanto un’operazione di immagine

La sfida del Ventoux con Froome lanciò Quintana al grande pubblico nel Tour del 2013
La sfida del Ventoux con Froome lanciò Quintana al grande pubblico nel Tour del 2013

L’intesa con Mas

Nairo è un uomo mite, dal fisico esile e il carattere d’acciaio. Negli anni passati non fu facile per gli altri leader convivere con lui, tanto che alla fine la convivenza con Landa non portò i buoni frutti sperati (singolare che entrambi siano passati a fare i gregari!). Ora che avrà per forza più miti pretese e visto che lo stesso Mas non sembra un tipo particolarmente focoso, forse l’unione farà davvero la forza.

«Ringrazio Movistar, Telefónica e il team – ha salutato Quintana – per questa grande opportunità, che aspettavo da tanto tempo. Con il cuore e con le gambe darò tutto, per loro e per i tifosi. Spero che questo ciclo porterà molti successi».

Tosatto alla Tudor Pro Cycling, grosso colpo di mercato

29.10.2023
7 min
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Matteo Tosatto lascia la Ineos Grenadiers e va al Tudor Pro Cycling Team. Sapevamo della proposta già da marzo, ma i tempi erano prematuri e non era detto che il trevigiano avrebbe accettato. Lui per primo, rispondendo a qualche messaggio a fine Tour, aveva ammesso che altre tre squadre lo avevano cercato, ma che la decisione non l’avesse ancora presa.

Tosatto è salito sull’ammiraglia della squadra britannica nel 2017 e l’ha condotta alla maglia rosa con Froome nel 2018, Tao Geoghegan Hart nel 2020 e Bernal nel 2021. Nei due anni successivi, il 2022 e 2023, sono venuti invece i secondi posti di Carapaz e Thomas. Lavorando con Dario Cioni, il trevigiano è diventato uno dei riferimenti del gruppo italiano. Un tecnico di valore internazionale, che ha messo bene a frutto i 20 anni da professionista con tecnici e manager come Giancarlo Ferretti, Patrick Lefevere, Luca Guercilena e Bjarne Riis. Gli stessi che, fatto salvo Lefevere, ha incontrato sulla sua strada Fabian Cancellara, che lo ha voluto fortemente nel suo nuovo progetto.

Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto: gestione esemplare e maglia rosa 2020 alla Ineos
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto: gestione esemplare e maglia rosa 2020 alla Ineos

L’autunno ha il sapore di quando si cambiava squadra e bisognava liberare i cassetti e la mente per le nuove dotazioni. Matteo è appena tornato da una settimana in Svizzera, vissuta con gli atleti e con il management della squadra. Un’immersione che gli ha confermato la bontà della scelta e l’impegno della sfida raccolta.

Come mai il direttore sportivo di una squadra come la Ineos a un certo punto decide di cambiare?

Era arrivato il momento giusto, secondo me. Si potrebbero dire tante cose, ma forse è meglio non farlo. Diciamo che era il momento giusto di cambiare. Devo solo dire grazie al Team Sky e Ineos perché mi hanno offerto un posto di lavoro nella squadra numero uno al mondo. Più di così non potevo desiderare. La Tudor non era l’unica opzione, si sono fatte avanti altre squadre, ma loro hanno portato proposte molto interessanti. Li guardavo già da un po’, non solo perché ho mantenuto degli ottimi rapporti con “Cance” e con Ricardo (Scheidecker, head of sport del team svizzero, ndr). Di solito si parlava di ciclismo in generale, ma quando abbiamo affrontato più decisamente il loro progetto, mi hanno coinvolto e mi hanno fatto la loro proposta. Non ho dovuto pensarci troppo, in realtà…

Come ti hanno convinto?

Mi hanno presentato il progetto, che è un gran progetto. Ho notato subito che non ragionavano sul futuro prossimo, ma a lunga scadenza. Mi hanno illustrato quello che pensano, come vogliono affrontare il ciclismo. E la cosa più importante, a parte gli sponsor solidi e la prospettiva lunga, è la loro filosofia. Vogliono fare ciclismo dando una precisa impronta di squadra. Senza guardare cosa fanno le altre. La Tudor ha la propria idea di ciclismo e la porta avanti, dal marketing alla scelta dei corridori, passando per la tattica.

Tosatto e Cancellara hanno corso insieme alla Fassa Bortolo, poi si sono incrociati con altre maglie
Tosatto e Cancellara hanno corso insieme alla Fassa Bortolo, poi si sono incrociati con altre maglie
Perché prendere Tosatto?

Potrei dire per il rapporto umano che so creare tra direttore e coach, fra direttore e corridore. Penso che abbiano visto questo. Non abbiamo parlato di tattiche, ma del valore umano, di competenza e consapevolezza. Di ciclismo ne ho visto tanto. Gli ultimi sei anni e mezzo in una grande squadra, lavorando sempre con campioni, mi hanno aiutato tanto. Poi diciamo che con Ricardo ho lavorato quando era in Saxo Bank e poi Tinkoff e mi conosce bene. Con Cancellara abbiamo corso insieme. Secondo me loro hanno messo come primo punto la persona. Non le qualità, ma la persona.

E’ stimolante il fatto di entrare in un progetto ancora in fase di lancio?

La squadra è nata nel 2023, il prossimo anno farà uno step in più. Mi hanno chiamato per fare parte del progetto, dandomi tanta fiducia. Vado come direttore sportivo, però sono dentro a tante altre cose, come ad esempio la scelta dei corridori. E proprio questo coinvolgimento mi ha spinto a dire sì, il fatto di sentirmi al centro del progetto. Questa per me è la cosa fondamentale. Alla Ineos stavo bene, ma ero un direttore come tutti gli altri. Ottimo gruppo, però dal mio punto di vista tante volte noi direttori non eravamo coinvolti al 100 per cento dalla squadra, che magari è strutturata in modo diverso. La Tudor mi ha fatto davvero una grande proposta.

Quando sono cominciati i contatti?

Il primo incontro c’è stato a febbraio, ancora prima del loro debutto. Ci trovammo per caso con Ricardo a una corsa e venne fuori una chiacchierata. E lui mi propose subito di rimanere in contatto, perché voleva che andassi con loro. Poi abbiamo continuato a sentirci, ma per rispetto della Ineos, la decisione l’ho presa dopo il Tour de France. 

Tosatto ha vinto 4 Giri d’Italia da tecnico e quello del 2015 scortando Contador
Tosatto ha vinto 4 Giri d’Italia da tecnico e quello del 2015 scortando Contador
E la Ineos ha provato a trattenerti oppure hanno preso atto e ti hanno stretto la mano?

Sono inglesi, un po’ freddi. Ho lavorato per un po’ di anni con Rod Ellingworth, gli ho manifestato le mie intenzioni, ma non ha provato a convincermi. Qualcuno di quelli più vicini ha provato a chiedermi se fossi sicuro e mi ha invitato a pensarci bene, però è come quando da corridore senti il bisogno di cambiare squadra per trovare nuovi stimoli. E questo è un nuovo stimolo.

Ti dispiace lasciare il gruppo italiano?

Noi italiani puntiamo sempre sul gruppo, ma non sono riuscito a portare del tutto questa mentalità. Mi dispiace lasciare gli italiani. Penso allo staff, come a Puccio e Viviani, ma anche a Ganna. Se penso che quando Pippo era arrabbiato alle corse in cui io magari non c’ero, mi chiamava a casa per fare due parole… Sai, è bello che un campione come Ganna voglia confrontarsi su come è andata una corsa o come affrontare quella del giorno dopo, per cui dispiace perdere quel tipo di rapporto. Lui sa benissimo tante cose. E mi ha detto: «Toso, la carriera è tua. Mi dispiace perché ci troviamo bene insieme, però se questa è la tua scelta, è giusto che la porti avanti».

Come hai visto Cancellara padrone del team rispetto a com’era da corridore?

Prima cosa, lo vedo super preparato e questo mi ha stupito. “Cance” da corridore era garibaldino, spavaldo. Adesso è sempre così, sta allo scherzo ed è sempre combattivo. Però nel lavoro, ho trovato una persona molto matura per la sua età. Con le idee non chiare, ma chiarissime sul da farsi. Una cosa che mi ha stupito è che non pensa a come sarà l’anno prossimo, ma è già con la testa al 2025, pensando a cosa fare meglio. E’ molto preparato. In questo primo ritiro, abbiamo fatto come sempre il fitting per abbigliamento e bici, le prime visite mediche e tutti i programmi. E poi, in stile Bjarne Riis, ha previsto due giorni e mezzo di “survival camp”. Quando gliel’ho chiesto, mi ha risposto: «Io ho fatto la scuola di Ferron (Giancarlo Ferretti, ndr), la scuola di Bjarne e la scuola di Guercilena. Non è che copio, semplicemente ho avuto la fortuna di aver avuto questi tre maestri e prendo il meglio di quello che mi hanno dato e che possa funzionare».

Alla Ineos, Tosatto lascia il buon rapporto con il gruppo italiani: fra questi Ganna, che ha capito la sua scelta
Alla Ineos, Tosatto lascia il buon rapporto con il gruppo italiani: fra questi Ganna, che ha capito la sua scelta
Prossimi passi? Ritiro a dicembre?

Andiamo in Spagna, dalla fine della prima settimana fino circa al 20. Due settimane e poi ancora un ritiro a gennaio nello stesso posto e poi si inizia a correre. Aspettiamo gli inviti perché essendo una squadra Pro Continental dobbiamo essere invitati. Il programma è buono, sappiamo già più o meno dove andremo, ma finché non abbiamo le conferme non possiamo dire niente. Abbiamo anche dei buoni atleti e questa è la cosa fondamentale.

Ne sono arrivati di buoni, vero…

E’ arrivato Matteo Trentin e anche Alberto Dainese. Mayrhofer dalla Dsm e anche Storer dalla Groupama. Hanno voglia di fare e abbiamo qualche giovane svizzero buono. Serve avere pazienza, credere nel progetto e non avere fretta. Se a febbraio o marzo non si vedono ancora risultati, dobbiamo essere consapevoli che si tratta di un progetto a lungo termine.

Come ti hanno accolto i colleghi dell’ammiraglia?

E’ la prima volta che cambio squadra da direttore, però anche parlando con Ricardo ho percepito che il fatto che arrivi dalla Ineos mi vale il loro rispetto. Mi guardano con un occhio di riguardo. Mi piace poter diventare un riferimento. Questo porterà a grandi responsabilità, ma ho scelto Tudor perché sono pronto per prenderle. Credo nel progetto e, come abbiamo ripetuto nei giorni scorsi, le cose andranno fatte per gradi.

Boaro: il tempo di dire addio, poi quella telefonata…

29.10.2023
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Neanche il tempo di appendere la bici al chiodo, di assimilare un totale cambio di vita che Manuele Boaro si è subito rituffato nel mondo del ciclismo. «Il giorno dopo la mia ultima corsa, la Veneto Classic, è squillato il telefono. Dall’altra parte c’era Alberto Volpi che mi ha chiesto se me la sentissi di affiancarlo nella guida del JCL Team Ukyo, il team giapponese del quale è diventato manager. Non ci ho pensato un attimo, gli ho detto subito sì. Mi sono tuffato in una nuova avventura con lo stesso entusiasmo di quando 13 anni fa ho iniziato il mio cammino fra i pro’».

Boaro ha chiuso a 36 anni con convinzione. Non perché il fisico gli dicesse di smettere, anche se le varie stagioni passate in giro per il mondo si facevano sentire. Questo ciclismo però non riusciva più a gestirlo dal di dentro.

«Sapendo che avevo il contratto in scadenza – spiega – ho provato a muovermi. Dopo anni i manager li conosco tutti, li ho contattati personalmente. Ma al di là di un po’ di “vediamo, ti faccio sapere” non avevo avuto nulla. Qualcosa magari sarebbe anche saltato fuori, ma mi sono chiesto se avrebbe avuto un senso. Poi ho saputo che la Veneto Classic passava proprio per il mio paese, davanti casa mia. Allora ho pensato che sarebbe stata la maniera migliore per chiudere».

La grande festa per il suo ritiro all’ultima Veneto Classic, con il fans club schierato al completo
La grande festa per il suo ritiro all’ultima Veneto Classic, con il fans club schierato al completo

L’ultimo dei veri gregari?

Una decisione presa proprio qualche giorno prima, ma il poco tempo è bastato per allestire una grande festa per salutarlo come si conveniva: «Sono venuti in tanti, il fans club si è mobilitato alla grande e quel giorno è stato un turbinio di emozioni. Posso dire di aver chiuso in bellezza, credevo che la mia storia ciclistica si sarebbe chiusa lì. Invece neanche poche ore dopo rieccomi coinvolto, ma in maniera completamente diversa».

L’addio di Boaro è anche l’addio di uno degli ultimi veri gregari. Il suo racconto della ricerca vana di un contratto non fa che confermare la sensazione che questa figura stia ormai sparendo: «In questo ciclismo, fatto di numeri, siamo noi quelli che vengono penalizzati. Le squadre chiedono corridori che portino punti, il principio del “siamo tutti capitani” è ormai imperante. Ma attenzione: chi lavora per la squadra nella prima parte di gara, quando non ci sono le telecamere, quando si gettano le basi della corsa e bisogna proteggere e stare vicino al capitano di turno?

«Il risultato è che le corse professionistiche stanno diventando come quelle dei dilettanti – prosegue Boaro – pronti via ed è subito bagarre. Ma a lungo andare questo modo di correre logora, bisognerà vedere come l’intero ambiente reagirà quando corridori come me o come Puccio non ci saranno più».

L’esempio di Rijs

Boaro è sempre stato molto convinto della sua scelta: «Non ero un campione quando sono passato professionista e ho capito presto che dovevo trovare una mia dimensione. Ho avuto la fortuna di correre insieme a grandi campioni come Contador, Nibali, Sagan e posso dire di aver contribuito ai loro successi. Il che mi ha permesso di vivere una carriera densa di bei momenti e di soddisfazioni, ma anche di contatti umani, il che è fondamentale».

Ripercorriamo allora la sua carriera, fatta di poche squadre perché quando Manuele era nel team, ne diventava una colonna: «Ho iniziato con la Saxo Bank diventata poi Tinkoff, ben 6 anni in quel gruppo. Avevo Bjarne Riis come manager ed è stato preziosissimo, mi ha insegnato tanto su come vivere questo ambiente, tutte nozioni che mi saranno ancora utili ora che passo dall’altra parte… Era davvero un numero 1 nel ciclismo, ma anche fuori sapeva far gruppo. Alla sera ad esempio, se si poteva ci faceva anche andare in discoteca, oggi quando mai? Mi dispiace che non sia più nell’ambiente. Poi le cose con la Tinkoff non sono cambiate: era un gruppo bellissimo, andare in ritiro era un piacere».

Nel 2017 Boaro approda alla Bahrain-Merida, per due anni, ma quella era una squadra ben diversa da quella di oggi: «Stava nascendo allora, dal niente. Mi ritrovai in una squadra tutta da impostare, non fu facile. Di quegli anni ricordo il primo Giro al fianco di Nibali: mamma mia quanta gente, quanto entusiasmo. Peccato che finimmo terzi e uso il plurale volutamente perché con Vincenzo era davvero un lavoro di gruppo e mi dispiacque tanto che non riuscì a cogliere il risultato pieno, la gente l’avrebbe meritato. Con lo Squalo siamo rimasti sempre in contatto, ritrovandoci all’Astana e ancora adesso ci sentiamo spesso».

Sul palco con le piccole Matilde e Sofia. Ora inizia la sua nuova carriera da diesse
Sul palco con le piccole Matilde e Sofia. Ora inizia la sua nuova carriera da diesse

Lopez, talento cristallino

Astana, un’avventura iniziata nel 2019 e portata avanti fino a qualche giorno fa: «E’ una squadra in forte cambiamento. Io arrivai che avevano Fuglsang che era uno dei grandi per le classiche e Lopez per le corse a tappe e a proposito del colombiano devo dire che è un corridore fortissimo. Abbiamo condiviso anche la camera insieme, io ho provato a consigliarlo, a stargli vicino, può ancora fare tanto. Purtroppo ha cambiato numero e ci siamo persi di vista, ma io non posso dirne che bene».

Torniamo però al cambiamento: «L’Astana è un team in cerca d’identità, era nato per i grandi Giri ma ora sta progressivamente diventando una squadra per le corse d’un giorno. Anche per questo non avevo più molto spazio. Io però le sono ancora molto legato».

Boaro ha sempre avuto grande predisposizione per le cronometro, finendo 2° ai tricolori 2012
Boaro ha sempre avuto grande predisposizione per le cronometro, finendo 2° ai tricolori 2012

In Giappone per imparare

Ora comincia una nuova avventura: «E’ la dimensione giusta, una squadra piccola, ma che ha una lunga storia alle spalle. Io devo imparare tutto, farlo in un team continental che ha però prestigio e ambizioni è la cosa giusta. Starò al fianco di Alberto per imparare ma lo farò in prima linea. Avrei potuto farlo anche all’Astana, ma sarei stato il nono diesse, in fondo alla gerarchia, non era giusto per loro e per me».

Chiudendo c’è qualche rammarico? «Se mi guardo indietro no, sono contento di come sono andate le cose. Forse l’unica che mi manca è una maglia tricolore nella cronometro, perché quando ho iniziato da pro’ andavo piuttosto bene, ma nel 2012 persi con Malori per soli 7”. Vestire il tricolore sarebbe stato bellissimo. Ma va bene così: molti mi dicono che nessuno farà più quello che ho fatto e forse, visto il ciclismo di oggi, sarà proprio così».

Ginocchio a rischio per cadute e posizioni errate

28.10.2023
5 min
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Il ginocchio rappresenta una delle parti del corpo più delicate per lo sportivo. Per quanto riguarda il ciclista si apre un vero e proprio capitolo che comprende un’ampia serie di insidie e casistiche che poi possono sfociare in infortuni più o meno gravi. Due di queste sono sicuramente le cadute e le scorrette posizioni in sella. La sottovalutazione o la fretta di risalire in bici a seguito di infortuni al ginocchio sono due dinamiche che possono causare problemi seri per il futuro. 

In una nostra intervista, Davide Ballerini ha detto: «Dopo la caduta, ho fatto prima 20 giorni senza bici. Pensavo fosse poca roba, invece non è risultato così. Dopo lo stop ho ricominciato e ho sempre avuto un fastidio al ginocchio». 

Per approfondire le casistiche e le insidie a cui il ciclista può andare incontro ci siamo affidati al parere esperto del Medico Chirurgo Marco Corzani, specialista in chirurgia del ginocchio, caviglia e piede presso il Fisioradi Medical Center.

Marco Corzani, Medico Chirurgo Specialista in ortopedia e traumatologia
Marco Corzani, Medico Chirurgo Specialista in ortopedia e traumatologia
Gli infortuni al ginocchio nel ciclista sono per la maggior parte sono causati da cadute?

Nella traumatologia sportiva in realtà sono più che altro causati da distorsione, perché per esempio nel calcio, nella pallavolo, nel basket sono dovuti a cambi di direzione, quando il ginocchio si trova in torsione e in flessione. I casi peggiori per l’articolazione cioè i traumi dell’impatto diretto sono meno frequenti, sono in genere correlati più a incidenti stradali, traumi da caduta per esempio, in bicicletta, motocicletta e situazioni di questo tipo.

Prendendo come esempio il caso di Ballerini. A che tipo di infortunio si va incontro?

Il caso di caduta con impatto sul ginocchio, quindi sulla rotula, è un po’ diverso dai traumi distorsivi, Bisogna andare a cercare più che altro dei danni sulla cartilagine, che vengono scovati bene con la risonanza. I traumi da impatto sono dovuti a un contatto con un’alta energia tra la rotula e il femore. Questi traumi sono come delle micro fratture a livello della cartilagine e dell’osso che si trova al di sotto di essa. Causano gonfiore, dolore e impotenza funzionale. Quindi il ginocchio non è più quello di prima. 

L’anatomia complessa del ginocchio in ogni sua parte (foto Mypersonaltrainer.it)
L’anatomia complessa del ginocchio in ogni sua parte (foto Mypersonaltrainer.it)
Come si trattano?

Con il riposo. In 20 giorni si può riportare l’articolazione ad uno stato più o meno sano a seconda dei casi. Le tempistiche di guarigione purtroppo vanno rispettate. Bisogna dare tempo all’osso di guarire. Quello che si può fare per aiutare lo sportivo di alto livello è modulare un po’ quello che può o non può fare. Bisogna cercare di ridurre le flesso estensioni del ginocchio, perché sono quelle che vanno a stuzzicare l’area interessata dal trauma. Si deve lavorare più sul quadricipite, per esempio, con la leg extension per agevolare la ripresa della bici.

Il riposo è importante, ripartire prima anche se con buone sensazioni è pericoloso?

Tendenzialmente sì, nel senso che se noi anticipiamo i tempi è un azzardo, perché c’è il rischio che se poi non guarisce bene quella lesione, ci si portano avanti gli strascichi per diverso tempo.

Si può ripresentare un dolore al ginocchio dopo un infortunio di questo tipo?

No, non si ripresenta perché è correlato a un trauma acuto. Quello che si può ripresentare è la sintomatologia. Perché in quell’evento può aver causato delle alterazioni della cartilagine tali successivamente da creare un problema di “usura”. Se si è creata una lesione importante alla cartilagine, che non è stata trattata con la dovuta attenzione, e si sono voluti anticipare i tempi, questa lesione alla lunga causa un’artrosi precoce della femoro-rotulea. 

La riabilitazione in palestra è un momento fondamentale per la ripresa
La riabilitazione in palestra è un momento fondamentale per la ripresa
Si procede mai con operazioni chirurgiche in questi casi?

Sì, ci sono trattamenti di vari livelli. Il primo, è l’acido ialuronico, un blando antinfiammatorio, ma soprattutto è un gel che nutre le cartilagini e le rende più trofiche, cioè più voluminose e le prepara meglio al lavoro. Agisce come un olio lubrificante fondamentalmente. Successivamente, se vediamo che alla risonanza il trauma è vistoso con dei distacchi di cartilagine, in quei casi allora il trattamento diventa chirurgico.

Con l’intervento si allungano i tempi di ripresa?

Sì. Quello che si può fare anche da un punto di vista fisioterapico, diciamo del contenimento del tono muscolare, è molto più limitato e va anche rimodulato, cercando ovviamente di non fermare l’atleta per un lungo periodo.

Nella sua esperienza ha avuto a che fare con ciclisti che hanno accusato problemi al ginocchio, anche non di questo tipo?

Sì, è interessante perché la patologia che riguarda il ciclista è un po’ un capitolo a parte del ginocchio. L’apparato estensore è composto da quadricipite, tendine del quadricipite, rotula e legamento rotuleo. Questi sono il motore del ciclista e il ginocchio è quello che lavora di più agendo nella pedalata. Le patologie che più causano dolore nella zona anteriore del ginocchio sono tante, essendo tante le strutture coinvolte. Nella pedalata la rotula è un osso che scorre sopra un binario in modo ripetitivo e crea un’usura ripetuta nel tempo, che si può evolvere in un’artrosi in futuro. E’ infatti importante per il ciclista calibrare bene l’altezza del sellino e studiare un corretto arco della pedalata. Queste sono variabili che sicuramente vanno a influire sulla salute del ginocchio per il futuro. 

La rotula è la parte più esposta e stressata del ginocchio (foto scienzemotorie.com)
La rotula è la parte più esposta e stressata del ginocchio (foto scienzemotorie.com)
Un esempio di possibili casistiche dovute a questa usura?

Il gesto tecnico ha un’importanza in quella che poi può diventare una problematica in futuro. Per esempio, chi ha una pedalata con le ginocchia molto addotte, quindi molto vicine l’una all’altra, è un po’ più soggetto a dolori anteriori come tendiniti del rotuleo, tendiniti del quadricipite o situazioni simili. Chi invece pedala con i talloni flessi, quindi con la caviglia troppo in dorsiflessione, ha più probabilità di sviluppare problematiche in futuro. Quindi è importante anche avere un biomeccanico e un allenatore che riescano a correggere il gesto tecnico perché più il gesto è pulito, meno sono le probabilità di andare incontro a infortuni o a dolore da iperallenamento. 

Quindi non è la bici che porta a queste casistiche ma una posizione o un gesto tecnico sbagliato?

Esatto, non è la bici che fa male in sé, ma è una scorretta posizione che può portare a questo. Ovviamente tutto va correlato all’entità del proprio impegno in bici. Chiaramente un ciclista che fa 100 chilometri a settimana è meno esposto rispetto a uno che ne fa 200. Però se il ciclista che ne fa 100, ha una pedalata con gesto tecnico errato, sarà sicuramente più incline in futuro a sviluppare delle problematiche.

Salvato risponde, su Argentin e qualche critica

28.10.2023
7 min
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La cancellazione della Adriatica Ionica Race il giorno prima della partenza continua a macchiare il finale della stagione. A poco sono serviti i tentativi di spiegare, perché sostanzialmente alle veementi rimostranze di Argentin non sono pervenute risposte da parte della Lega Ciclismo. L’ex campione del mondo ha prima riunito la conferenza stampa del 5 ottobre a Roma e poi si è messo a cantarle a tutti dal suo profilo Facebook, che tuttavia è stato hackerato e non ve ne è più traccia.

Argentin ha commesso i suoi errori, ha gestito i pagamenti con eccesso di disinvoltura, tuttavia a nostro avviso meritava un diverso trattamento e lo meritavano anche la sua corsa e il ciclismo, che invece è stato messo alla berlina da chi dovrebbe tutelarlo. Il tirarsi indietro iniziato il giorno prima con perfetto sincronismo da parte di tutte le componenti coinvolte continua a non sembrare casuale.

Nella conferenza stampa di Roma, Argentin ha prodotto le copie dei pagamenti eseguiti a poche ore dal via
Nella conferenza stampa di Roma, Argentin ha prodotto le copie dei pagamenti eseguiti a poche ore dal via

Il punto sull’Accpi

Tirato in ballo da Argentin con vari argomenti, compreso il presunto stipendio da parte dell’Accpi che dirige, Cristian Salvato ha avuto un ruolo nella vicenda, partecipando alla decisione di fermare una corsa che si poteva svolgere, consentendo a corridori in cerca di contratto di farsi valere e guadagnare i premi che avrebbero incassato. E questo resta un danno al ciclismo e alla sua immagine. Abbiamo contattato il presidente dell’Accpi per fare luce su quelle ore convulse e il suo coinvolgimento.

«La prima cosa che vorrei dire – comincia Salvato – è che io non ce l’ho con Argentin, di cui ero anche tifoso. Ma siccome mi ha chiamato dicendosi deluso perché pensava che io avessi le palle, qualcosina da dire ci sarebbe. Intanto che non è affatto vero che prendo quei soldi dall’Accpi, come dimostrano i bilanci firmati ogni anno dai corridori. E poi che probabilmente il problema della Adriatica Ionica Race non è iniziato il giorno prima della corsa, come invece si è voluto raccontare. Senza andare troppo indietro, basterebbe dire che un giorno mi ha chiamato il direttore di corsa della prova, scusandosi perché si era dimesso dall’incarico».

Nel 2022, la AIRace partì dal Friuli e si chiuse nelle Marche. Quest’anno, dall’Abruzzo sarebbe finita in Calabria
Nel 2022, la AIRace partì dal Friuli e si chiuse nelle Marche. Quest’anno, dall’Abruzzo sarebbe finita in Calabria
Perché?

Mi disse che non c’erano le necessarie condizioni di sicurezza. E io gli risposi di pensare alle sue responsabilità, perché sarebbe stato chiamato lui a rispondere di eventuali problemi, se si fossero create situazioni pericolose.

A quale punto della storia sei stato coinvolto come presidente dell’Associazione corridori?

In Italia, il regolamento per il pagamento dei premi è molto semplice. Si deve pagare un mese prima. Altrimenti produci una fideiussione, una garanzia bancaria oppure una garanzia assicurativa. L’unico che fa eccezione è Amici, la cui banca gli permette di fare un bonifico irrevocabile. Non si è mai arrivati all’estremo come in questo caso. Io sono stato chiamato quando la Lega mi ha detto che erano passati i 30 giorni entro cui versare i premi e Moreno non lo aveva fatto. Non siamo giudici, siamo solo responsabili dei premi in Italia. Una volta li teneva l’Associazione e poi pagava le squadre e i corridori. Dal 2019 invece, anche grazie all’Accpi, si è fatto in modo che per avere ancora più sicurezza la gestione dei premi sia stata affidata al CPA, l’Associazione mondiale dei corridori, sotto la tutela e la garanzia dell’UCI.

Perché è stato necessario?

Perché c’erano vari gruppi privati che cominciavano a mettersi in mezzo. La somma dei premi mondiali è di circa 13 milioni di euro e si può capire che gestirli faccia gola. Per cui oggi noi siamo i garanti per l’Italia e quando mi hanno chiamato per dire che la AIRace non aveva pagato, ho detto: «Vabbè, vediamo come fare per dargli una mano».

Tu non hai mai avuto contatti con Argentin prima della corsa?

Mi aveva cercato e mi aveva detto di voler pagare a 60-90 giorni. Il punto non era convincere me, ma bisognava parlare con la Lega, perché è la Lega che ha l’ultima parola. Poi, mano a mano che il tempo passava, è stato tutto un susseguirsi di messaggi e chiamate. Fino a che si è svolta a Roma la riunione fra il commissario Di Cintio e l’avvocato Vulpis, in seguito al quale sono stato chiamato e mi è stato detto che la situazione non fosse proprio proprio a posto. Mi aveva richiamato anche Moreno e gli avevo risposto che non c’era problema a concedere il pagamento dei premi a 60-90 giorni, purché ci fosse una garanzia bancaria. Lui voleva che si procedesse sulla parola e quello non si può fare.

Argentin ha provato in tutti i modi a far partire la sua corsa, ma si è trovato davanti un muro di problemi
Argentin ha provato in tutti i modi a far partire la sua corsa, ma si è trovato davanti un muro di problemi
Perché Argentin ha detto che il Giro d’Italia paga i premi in ritardo e nessuno fa nulla?

E’ vero che il Giro paga i premi dopo la corsa, ma dà una garanzia bancaria come quella che era stata richiesta a lui. A quanto so, l’ultima volta che in Italia non è stata pagata parte del montepremi fu con il Giro di Padania.

Intanto il tempo passava ed eravamo a pochi giorni dalla partenza…

Mi hanno richiamato quelli della Lega. Hanno confermato che la situazione non fosse ancora a posto e hanno elencato il discorso della Polizia e di altri che chiedevano di essere pagati per lavorare nuovamente. C’erano delle insolvenze e mi hanno detto che bisognava stringere le maglie per evitare che la situazione scappasse di mano. Finché mi hanno chiamato per l’ultima volta, affinché dessi la mia opinione sulla questione dei premi, prima che la Lega desse l’ultima parola.

E cosa hai detto?

Ho fatto una riunione in cui c’era anche Marcello Tolu, segretario generale della Federazione, e Di Cintio, il commissario della Lega. Mi hanno ribadito la situazione generale e quando ho provato a dare una mano ad Argentin, spingendo perché potesse pagare dopo con una garanzia bancaria, mi hanno risposto che il discorso dei premi era solo una parte. C’era anche il problema del Direttore di corsa che si era dimesso, delle motostaffette che non volevano andare giù, di alcuni fornitori e della Polizia. C’erano un problema di sicurezza e pagamenti sospesi da 15 mesi, dato che nel 2022 la corsa si era svolta a giugno.

Anche Pozzato ha faticato per pagare i premi, ma lo ha fatto 15 giorni prima del via delle sue corse
Anche Pozzato ha faticato per pagare i premi, ma lo ha fatto 15 giorni prima del via delle sue corse
Hai partecipato anche tu alla riunione con il Prefetto dell’Aquila che avrebbe bloccato definitivamente la corsa?

Macché, figuratevi se da Bassano vado all’Aquila per fare una cosa che neppure mi compete. Ho letto vari commenti, perché è facile sparare contro di noi. Io non ho nulla contro gli organizzatori italiani, anzi li ringrazio, ma non sento di essermi allineato ad alcun palazzo. 

Secondo te è credibile che Argentin si sia ridotto all’ultimo coi pagamenti perché prende soldi dagli Enti Pubblici che pagano con i loro tempi?

E’ possibile. Lo stesso problema l’ha avuto Pozzato con le sue corse: se lo chiamate, non lo nasconde. E se Pippo mi dice che paga, dato che è un mio amico e lo conosco bene, io sono tranquillo. Infatti non ha pagato con un mese di anticipo, ma c’è riuscito 15 giorni prima.

Se la situazione era così compromessa, perché la Lega ha concesso ad Argentin una proroga fino alle 16 del giorno prima?

Ne ho parlato anche con Di Cintio e Dagnoni, secondo me hanno sbagliato. Nel frattempo Argentin si era messo a fare pagamenti a raffica, è arrivato il suo avvocato a rassicurare che la corsa si sarebbe potuta fare. Quando però c’è stata la conferma che non c’erano direttori di corsa e che tanti non sarebbero andati, hanno deciso di fermare tutto.

Trentin è vicepresidente dell’Accpi e ha appoggiato la direzione scelta da Salvato
Trentin è vicepresidente dell’Accpi e ha appoggiato la direzione scelta da Salvato
Argentin non è stato tenero con te…

I rapporti sicuramente si sono deteriorati, da parte sua almeno. Ha speso parole poco piacevoli, ma io non sono andato a raccontare bugie. Mi dispiace perché chi organizza una gara lo fa per avere un guadagno e non è bello per tutto il movimento andare così avanti senza avere le carte in regola. 

Come funziona l’Accpi, quando si creano queste situazioni? Sei tu che decidi o parli con i tuoi associati?

Abbiamo una chat Whatsapp in cui riportavo la situazione. Dentro c’è anche Matteo Trentin, che è il vicepresidente, e tutti quanti hanno appoggiato la mia proposta, che poi è diventata la scelta dell’Associazione. Ho parlato anche con Reverberi, chiedendogli cosa ne pensasse e anche lui ha detto che non c’erano le condizioni per andare. Io spero che Moreno ritrovi le risorse e quello che serve per ripartire l’anno prossimo. Penso però che quest’anno non ci fossero le condizioni per correre.

La sensazione che resta invece è che con la giusta volontà, la corsa si sarebbe potuta salvare. Resta così una domanda: se Argentin avesse ceduto i suoi diritti televisivi e questi fossero diventati patrimonio della Lega, si sarebbe fatto qualcosa di più per far partire la corsa e salvare l’investimento?

GW Shimano un anno dopo. Savio è soddisfatto e rilancia

28.10.2023
5 min
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«Alla fine sono soddisfatto della nostra stagione. Soprattutto se penso da dove eravamo partiti. Anche per questo voglio fare i complimenti a tutta la squadra: staff, corridori, meccanici…». Gianni Savio introduce così la prima annata della GW Shimano-Sidermec.

La squadra era nata in fretta e furia dopo il “crollo” di Drone Hopper. E non è neanche preciso dire che sia nata da quelle ceneri. Il discorso è diverso, più complesso e, se vogliamo, anche più romantico.

Gianni Savio, team manager della GW Shimano-Sidermec
Gianni Savio, team manager della GW Shimano-Sidermec

Dal fattaccio…

«Credo – racconta Savio – che per comprendere questa stagione della GW Shimano sia necessario ripartire da quanto accaduto un anno fa, quando siamo stati spiazzati da Drone Hopper, il nostro main sponsor.

«Da giugno in poi hanno smesso di pagare. Io e Marco Bellini abbiamo fatto dei miracoli per arrivare al termine del 2022. Devo ringraziare alleati storici, come Pino Buda di Sidermec per esempio, e il premio di valorizzazione di Piccolo e Cepeda ceduti alla EF Education EasyPost. Ricordo che il bonifico legato alla loro cessione arrivò il martedì e il mercoledì era già verso altri lidi».

Drone Hopper aveva un contratto quadriennale con il team e paradossalmente Savio e i suoi poche volte erano stati tranquilli come allora. Questo significava poter pianificare. Invece le coperture non c’erano. C’era però un parco mezzi, tra cui un camper e il motorhome, uomini, atleti e conoscenze da non perdere.

«Per fortuna – prosegue il piemontese – ho ancora dei buoni rapporti con la Colombia e mi è arrivata questa offerta per fare una continental più strutturata». Di fatto per il gruppo colombiano GW Shimano c’era la possibilità di fare attività in Europa.

Tanti i giovani primettenti. Qui Acuna (21 anni) alla Bernocchi. Anche per il prossimo anno la squadra correrà con bici GW
Tanti i giovani primettenti. Qui Acuna (21 anni) alla Bernocchi. Anche per il prossimo anno la squadra correrà con bici GW

Alla rinascita

Poi sappiamo come è andata. E’ nata appunto questa squadra che ha consentito a Savio e Bellini di portare a casa rispettivamente il 40° e il 20° anno di attività. Traguardi non da poco. L’attività prende corpo. La GW Shimano-Sidermec, stravince in Sud America, anche se spesso si è trattato di corse più piccole e open, e se la cava benissimo anche nel Vecchio Continente.

«Abbiamo corso molto anche da noi – prosegue Savio – in tutto abbiamo messo nel sacco 30 giorni di corse 2.1 e 1.1 (il massimo livello consentito ad una continental, ndr), ottenendo buoni piazzamenti e persino una vittoria: Restrepo al Giro di Reggio Calabria (nella foto di apertura, ndr). E poi c’è stata l’esperienza, per me nuova e fantastica, del Giro d’Italia under 23».

Affiatamento e buon clima hanno portato a risultati di tutto rispetto (foto Instagram)
Affiatamento e buon clima hanno portato a risultati di tutto rispetto (foto Instagram)

Sorpresa Giro U23

E qui il tono di Savio si accende. Il manager è rimasto colpito in positivo dal “baby Giro”. Un’aria diversa che ben collimava con la rosa giovane dei corridori, a parte qualche eccezione.

«Abbiamo piazzato due atleti nei primi dieci – dice Savio – German Gomez quarto e Santiago Umba nono. Siamo saliti sul podio della classifica a squadre lottando con corazzate come la Jumbo-Visma Development. Tutto ciò, accompagnato dalle tante vittorie in Sud America, mi ha lasciato soddisfatto». 

L’idea di provare a fare un salto di categoria e tornare professional c’è anche stata, le risorse no. Inoltre Savio e Bellini dopo quanto accaduto un anno fa hanno adottato la politica del “rischio zero”.

«Non ci prenderemo più neanche i rischi calcolati», vale a dire fare dei progetti, prendere dei corridori senza ancora la copertura in mano, ma sapendo, come di fatto poi avveniva, di avere le risposte dagli sponsor storici. Insomma fare impresa.

Quattro dei cinque atleti della Colombia U23 ai mondiali erano della GW Shimano-Sidermec. Qui: Pescador, Guatibonza e Gomez (più Umba)
Quattro dei cinque atleti della Colombia U23 ai mondiali erano della GW Shimano-Sidermec. Qui: Pescador, Guatibonza e Gomez (più Umba)

Avanti coi giovani

«Il progetto sui giovani – dice Savio – qui c’è stato per davvero. Alcuni, come Umba e Guatibonza, sono in procinto di passare in due WorldTour e presto annunceremo il tutto. Per l’anno prossimo sarebbe bello rifare il Giro U23. Abbiamo raccolto degli ottimi risultati alla Vuelta Colombia U23 e al Tachira, in Venezuela, abbiamo vinto appunto con Jonathan Guatibonza, un colombiano atipico visto che è un velocista!

«Il nostro progetto va avanti. Siamo in trattativa con alcuni ragazzi e per questo non faccio nomi. La linea resta la stessa comunque: più atleti del Sud America – avendo GW Shimano come main sponsor è normale – e qualche ragazzo italiano. Intendiamo poi incrementare la partecipazione in qualche corsa di alto livello per noi, penso ad un Sibiu Tour per esempio. Già prendere parte a gare così ti consente di acquisire maggiori punteggi e magari passare dall’86ª posizione nel ranking UCI alla 35ª».

Savio si conferma un inguaribile ottimista e speriamo possa continuare a lungo. Certo però che una storia simile, ci riporta a quanto scritto nel nostro ultimo editoriale: la mancanza di un “sistema corale del fare ciclismo” in Italia. Quando si sente che il Tour de France dirotta alcuni suoi sponsor a favore delle squadre e delle corse nazionali, viene da pensare che magari anche questa situazione sarebbe potuta andare diversamente.

La rincorsa di Innocenti per recuperare 4 anni in uno solo

28.10.2023
6 min
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Andrea Innocenti, classe 1999, è tornato a correre con la Technipes-#InEmiliaRomagna dopo quattro anni di stop per un controllo positivo alla prima stagione da under 23, per il quale successivamente fu anche assolto (foto di apertura Ballandi/Trentini). La storia ve l’abbiamo raccontata a fine 2022, quando lo incontrammo nel suo paese in Toscana. Il punto già allora fu capire in che modo quello stop tanto lungo avrebbe condizionato il suo rientro. Ne parlammo anche con Pino Toni, che lo aveva seguito nelle categorie giovanili e su di lui si era sbilanciato parecchio.

«Andrea è stato fermo quattro anni – disse il preparatore toscano – sono tanti. Sinceramente è il primo corridore, di cui sono a conoscenza, che torna alle corse dopo un periodo così lungo. E’ difficile tornare, sono 4 anni di fatiche e delusioni mancate, è un buco nella sua carriera. Innocenti è un vero atleta, lo è sempre stato. Su questo non c’è nulla da dire. Non rientra nel professionismo, ma anche nelle continental si va forte. Non deve farsi prendere dalla fretta: se i risultati arriveranno, bene. Ma al momento deve andare alla ricerca del colpo di pedale».

Innocenti alla firma di partenza di Peccioli, fra Monaco e Petrelli (foto Stefano Ballandi/Lucia Trentini)
Innocenti alla firma di partenza di Peccioli, fra Monaco e Petrelli (foto Stefano Ballandi/Lucia Trentini)

La sua prima stagione non è andata come sperava. Intorno al 26 dicembre infatti ha scoperto di avere il Covid, ma essendo asintomatico si è allenato ugualmente. Dal Covid però è partito il citomegalovirus, diagnosticato a gennaio, dato che inizialmente si pensava che la debolezza fosse dovuta ai postumi dell’infezione precedente. Le cure necessarie sono iniziate subito, ma gli strascichi del virus sono andati avanti fino ad agosto, quando le cose hanno ripreso a girare bene.

Un anno dopo, come ti sembra che sia andata?

Fino alla prima parte, un bilancio non lo posso fare, sono sincero. Fra i vari problemi di salute, non sono mai riuscito a esprimermi al meglio, anche a capire anche i ritmi, le andature. Vedevo che si andava a molto molto forte, però per me era una sofferenza continua, dato che fisicamente non stavo bene. Dalla seconda parte invece mi sono ripreso, anche se secondo me non sono mai stato al 100 per cento. Per quello che ho visto, si va tanto forte. Quello che ho provato a fare è stato resistere il più possibile, una cosa che però a inizio stagione sarebbe stata impensabile.

Come è andata con le dinamiche dello stare in gruppo?

Magari un po’ di timore l’ho avuto, soprattutto a stare nella pancia quando siamo in tanti. Soffrivo per la paura di cadere, quindi magari a volte tendevo a stare sulle ali del gruppo, spendendo più energie. Insomma, sto cercando di sforzarmi il più possibile per migliorare questi aspetti e riprendere l’occhio.

Ha chiuso il Giro dell’Emilia con Lucca, ultimo dei classificati (foto Stefano Ballandi/Lucia Trentini)
Ha chiuso il Giro dell’Emilia con Lucca, ultimo dei classificati (foto Stefano Ballandi/Lucia Trentini)
C’è stato un giorno in cui ti sei sentito bene davvero e hai avuto la conferma di aver fatto bene a ripartire?

A fine stagione ci sono state alcune gare, forse anche di più, in cui mi sono sentito bene. Diciamo nelle due settimane tra il Giro di Toscana professionisti e il finale di stagione. A Peccioli e nel Memorial Pantani sono stato sfortunato, perché ho avuto bucato in due momenti brutti e non le ho finite, perché non sono riuscito a rientrare. Al Giro di Toscana, secondo me, sono andato veramente forte, vista la mia ripresa di quest’anno. Alla fine ho chiuso 28°, però ero nel gruppo con Albanese, Brambilla e Valgren. Sono stato contento di quella prestazione.

Chiudere bene è la benzina giusta per cominciare bene il prossimo inverno?

Sì, pensavo proprio a questo. Nelle ultime corse che ho fatto coi dilettanti, sono sempre arrivato nei primi dieci. Ero davanti a cercare di vincere e questo ti dà una motivazione diversa. L’anno scorso avevo finito in calo, avendo ripreso a metà stagione con una preparazione frettolosa, quest’anno ero in crescendo. Sono motivato. Di solito i corridori tenderebbero a ritardare la ripresa, io non vedo l’ora di ripartire a metà novembre.

La squadra si ringiovanisce, tu sei uno dei tre elite che resta. Com’è il rapporto con il team?

Direi più che ottimo. Mi sono venuti incontro, nonostante abbia avuto tanti problemi fisici. Mi hanno dato tanto tempo, non mi hanno messo pressione. Anzi, quando c’è stato bisogno e ho chiesto di non andare a correre perché non mi sentivo bene, facendo le necessarie valutazioni, me lo hanno permesso. L’ultimo caso è stato il Tour of Sibiu. A fine giugno abbiamo fatto il Giro del Veneto e il martedì dovevamo partire per Sibiu. Io ero distrutto, non stavo in piedi e mi hanno dato l’opportunità di non andare e trovare la soluzione, riposando e riprendendo poi. Infatti, nonostante non fosse in programma che corressi a fine luglio, perché avrei avuto un periodo di stacco, visto che lo avevo già fatto, mi hanno dato l’opportunità di ricominciare prima con gli U23. Insomma, mi hanno più che tutelato.

Innocenti, 1,78 per 63 chili, è rientrato al Giro del Friuli 2022. A dicembre è ripartito dal ritiro del team romagnolo (foto Fulgenzi)
Innocenti, 1,78 per 63 chili, è rientrato al Giro del Friuli 2022. A dicembre è ripartito dal ritiro del team romagnolo (foto Fulgenzi)
Hai due ottimi direttori sportivi, del resto…

Infatti sono molto contento di rimanere un altro anno con loro, perché secondo me è un ambiente giusto per me. Con Coppolillo e Chicchi sono entrato molto in sintonia, mi trovo bene, non ho niente da dire.

Senti di aver un po’ recuperato questo buco di quattro anni oppure c’è una strada lunga ancora da fare?

Non del tutto. Sui cambi di ritmo violenti e nel tenere l’andatura sempre alta, soffro ancora molto. Mi sono allenato tanto in quei quattro anni, però il ritmo gara non riesci a simularlo bene. Fai dietro scooter, tutto quello che vuoi, però non è la stessa cosa. Ho tanto ancora da recuperare e credo che gli step decisivi saranno quelli che farò in corsa.

In che modo ti aiutano i direttori?

Quando andiamo alle gare e facciamo delle trasferte più lunghe, parliamo tanto. Poi ci sentiamo anche durante la settimana per telefono. Mi danno tanti consigli sul ragionare di più in corsa e quando muovermi per non sprecare troppe energie. A volte scatto nel momento sbagliato e quando parte l’azione giusta, magari mi faccio sorprendere indietro. Mi conforta pensare che non sono ostacoli insormontabili e magari il prossimo anno tornerò a guardare le gare come una volta, quando andavo sempre per vincere.

Innocenti ha tre cani. Durante la sospensione ha studiato Veterinaria (foto Instagram)
Innocenti ha tre cani. Durante la sospensione ha studiato Veterinaria (foto Instagram)
Continui ad allenarti con Alberati oppure hai un preparatore della squadra?

Da quest’anno sono nelle mani di un preparatore della squadra. Però il supporto di Maurizio Fondriest e Paolo Alberati ce l’ho sempre, ovviamente come miei agenti. Paolo qualche consiglio continua a darmelo, ma indipendentemente dal rapporto lavorativo, sul lato del rapporto umano mi trovo molto bene. Abbiamo sempre modo di parlare e confrontarci e non posso dimenticare tutto quello che hanno fatto per me quando fuori era buio davvero.

Pasqualon e Caruso, riferimento per i giovani della Bahrain

28.10.2023
6 min
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Ce lo aveva raccontato lo stesso Pellizotti nell’ultima intervista su Antonio Tiberi: Caruso e Pasqualon sono degli ottimi riferimenti per i giovani italiani della Bahrain Victorious. Nel 2023 i giovani erano 4: Milan, Tiberi, Zambanini e Buratti. La prossima stagione andrà via Milan e arriverà Bruttomesso. Tanti ragazzi all’inizio della propria carriera che si possono rapportare con chi ha una grande esperienza in gruppo. 

Pasqualon in questi giorni si trova in vacanza, il 35enne veneto è abituato da anni ad essere una figura di riferimento, ed esserlo anche per i giovani della sua squadra è stato quasi naturale.

«Caruso ed io – ci dice Pasqualon – diamo consigli perché i corridori giovani si fidano di noi. Spesso la sera li prendiamo e facciamo una passeggiata con loro, è capitato durante il ritiro al Foscagno. Li portiamo a fare il giro del lago, è un modo per farli evadere e far sì che entrino in contatto con noi».

Durante i ritiri Pasqualon e Caruso passano tanto tempo con i più giovani (foto Instagram)
Durante i ritiri Pasqualon e Caruso passano tanto tempo con i più giovani (foto Instagram)

Alimentazione e testa

Ma su cosa sono più curiosi questi giovani? Dove hanno maggiore bisogno di sostegno? E al contrario, in quali campi si sentono già pronti? Il mondo del ciclismo è cresciuto tanto e i corridori sono sempre più monitorati, ma non tutto passa da test e controlli.

«Si interessano molto sull’alimentazione – spiega Pasqualon – su come gestirla, se fare un recupero più lungo o qualche ora in più di allenamento. Rispetto a quando abbiamo iniziato noi, ora i ciclisti sono molto più seguiti. Abbiamo nutrizionista, preparatore, dietologo, meccanici… Una volta i corridori giovani ti chiedevano più cose, ora si rivolgono a chi di dovere. Però è aumentata la parte psicologica, ovvero come si vive la corsa. Ad esempio in Belgio nella nostra villa di squadra Mohoric ed io prendiamo i giovani e guardiamo le corse insieme: facciamo vedere loro dove sono i punti salienti, dove si può riposare e tutto il resto».

Tiberi nonostante la giovane età non vive le corse con ansia, ma con la giusta pressione
Tiberi nonostante la giovane età non vive le corse con ansia, ma con la giusta pressione
Tu hai corso con Tiberi, Buratti e Zambanini l’ultima Classica Monumento della stagione, com’è andata?

La sera prima del Lombardia ero in stanza con Tiberi, con lui ho condiviso anche la camera al Tour de Pologne. E’ uno molto sveglio, che chiede e ha la capacità di ascoltare. Ha un grande motore, secondo me per il futuro è uno dei prospetti più interessanti per le corse a tappe. Un aspetto che mi ha colpito in positivo è che prima del Lombardia era sereno, non ha dato troppo peso alla corsa, nonostante fosse uno dei corridori di punta. Tiberi io lo chiamo “cavallo pazzo”, è uno a cui piace divertirsi. A Livigno era il primo che sarebbe voluto uscire una sera in più. Ha tanta energia e lo capisco, ma da corridore bisogna imparare anche a dire dei no. 

La vita in ritiro per un corridore giovane può essere difficile…

Per questo ci siamo noi più esperti, per aiutarli a restare concentrati. A Tiberi ho fatto capire che una volta raggiunto un obiettivo, che nel caso del ritiro di Livigno sarebbe stata la Vuelta, poi può rilassarsi un attimo. Ora nel ciclismo tutto fa la differenza e fare la vita del corridore conta davvero molto ai fini del risultato finale. Però Tiberi ha l’atteggiamento giusto, quello del vero campione.

Nella villa della Bahrain in Belgio Pasqualon aiuta i giovani ad orientarsi nelle corse del Nord (foto Charly Lopez)
Nella villa della Bahrain in Belgio Pasqualon aiuta i giovani ad orientarsi nelle corse del Nord (foto Charly Lopez)
Cioè?

Il campione, uno come Pogacar per intenderci, lascia andare tutto: fa la vita da corridore, ma non si fa travolgere dalla cosa. Lo vedi sempre con il sorriso, anche dopo il secondo posto al Tour era sereno. E’ andato da Vingegaard e gli ha dato la mano, non si è mai arrabbiato. Però da queste sconfitte ne è sempre uscito con più grinta, tanto da aver vinto il terzo Lombardia consecutivo. 

Un atteggiamento, quello di essere più sereni, che Buratti e Zambanini non hanno? 

Zambanini è più quadrato di Tiberi e pensa tanto alla bici, forse troppo: si dedica davvero molto al ciclismo. Prima di una classica è molto più teso, ci pensa molto, è un ragazzo tanto emotivo rispetto agli altri due. Se una corsa non va come vorrebbe ci rimane male, anche oltre misura. Il compromesso giusto sarebbe una via di mezzo tra Zambanini e Tiberi. 

Buratti, che è arrivato a metà anno, come si è inserito?

Bene, molto bene. E’ un ragazzo sveglio che ascolta i consigli, quando gli dici qualcosa capisce subito. Anche lui è sereno e tranquillo, al Lombardia l’ho visto andare molto bene, ed anche in Belgio a inizio stagione si è fatto trovare pronto. La grande forza della Bahrain è il gruppo, siamo molto uniti e questo lo si è notato anche al Giro d’Italia.

In che senso?

Non c’erano Buratti e Tiberi, però avevamo altri giovani con noi: Zambanini, Milan e Buitrago. Parlando con Damiano ci siamo detti che è stato uno dei Giri d’Italia migliori, dove abbiamo creato un gruppo super unito. Infatti non è stato un caso che abbiamo vinto la classifica a squadre. 

Per la Bahrain la squadra conta tanto, infatti al Giro hanno vinto la classifica dedicata ai team
Per la Bahrain la squadra conta tanto, infatti al Giro hanno vinto la classifica dedicata ai team
Insomma, il neo arrivato Bruttomesso può stare sereno, la Bahrain è l’ambiente giusto?

Assolutamente. Lui l’ho visto qualche volta con la nazionale, l’ultima volta all’europeo. Avremo modo di conoscerci e di parlare, ma sono sicuro che si troverà benissimo. In squadra abbiamo l’ambiente giusto, con il mix tra giovani ed esperti difficilmente sbagli e questo si vede. 

Merito anche tuo e di Caruso.

Bisogna anche essere in grado di mettere davanti l’interesse della squadra e Damiano ed io siamo stati capaci di farlo. Lui durante la Vuelta è stato un punto di appoggio importante per tutti, come io lo sono stato al Giro. E’ giusto che corridori come noi insegnino ai giovani, ma non tutti hanno il carattere per farlo.

Fuglsang: «Anno sfortunato, ma ho ancora fame»

27.10.2023
5 min
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Tosto, sfortunato, esperto: Jakob Fuglsang non si smentisce. Il danese della Israel–Premier Tech ci racconta della sua stagione e soprattutto di quella che verrà. Di questo ciclismo che cambia alla velocità della luce. Sembra passato un secolo da quando vinse la Liegi, invece è storia del 2019. E lo stesso vale per il Lombardia dell’anno successivo.

Quest’anno Jakob era partito benino. Discrete sensazioni e programmi importanti. Ma già la sua prima gara, il UAE Tour, era terminata con un ritiro. Fuglsang aveva avvertito dei dolori al soprassella. Fu costretto a fermarsi anticipatamente. Da lì il dolore è dilagato. Problemi ai testicoli. Mesi di stop. Alle fine il bilancio del suo 2023 agonistico ha detto: 33 giorni di gara e due sole top ten.

Jakob Fuglsang (classe 1985) in carriera vanta successi di prestigio e anche la medaglia d’argento olimpica a Rio 2016
Jakob Fuglsang (classe 1985) in carriera vanta successi di prestigio e anche la medaglia d’argento olimpica a Rio 2016
Jakob, una stagione difficile…

Sì, decisamente. Non è stato di certo il miglior anno. Ma non c’è niente da fare. Lo butto via e penso a quello prossimo. 

Dopo i tuoi problemi iniziali, alla ripresa questa estate hai avuto altri intoppi in Lussemburgo…

Ho avuto un virus intestinale. Lo aveva preso tutta la famiglia. All’inizio pensavo di averlo evitato, ma la mattina della prima tappa ho vomitato anche io. Davvero una stagione da buttare. Era difficile già ritrovare un buon livello dopo lo stop d’inizio anno, figuriamoci dopo. In più anche il calendario non mi favoriva (la Israel non ha fatto la Vuelta, ndr). Non avevamo moltissime gare da fare. Se ti alleni sempre devi ogni volta fare almeno la prima gara solo per ritrovare il ritmo. Anche questa poca continuità non mi ha aiutato. Il team ha corso molto nella prima parte della stagione. Ma dal Tour de Suisse in poi non c’era tanto da fare… se non facevi il Tour de France.

Come si fa a mantenere la concentrazione e i nervi saldi dopo un’annata del genere?

Posso dire che almeno in queste ultime settimane dell’anno ho corso un bel po’ e non mi sono dovuto allenare troppo. Per il resto, cosa si pensa? Che è il mio lavoro. E in qualche modo si cerca sempre di farlo al meglio in ogni condizione. 

La mente è già all’anno prossimo?

Sì, sì… Già sto pensando che voglio partire bene. E mostrare che quel che mi è successo quest’anno non è perché sono vecchio o non abbia voglia, ma solo perché sono stato davvero sfortunato.

Il danese ama la Strade Bianche anche in virtù delle sue doti di ex biker (iridato U23 nel 2007). Qui con Alaphilippe nel 2019
Il danese ama la Strade Bianche anche in virtù delle sue doti di ex biker (iridato U23 nel 2007). Qui con Alaphilippe nel 2019
Jakob, hai detto che comunque ti sei allenato molto, ma hai corso poco. Come ci si regola in queste situazioni? Continuerai a spingere ancora un po’, oppure osserverai il classico periodo di riposo?

No, riposo. Dopo l’ultima gara (la Veneto Classic, ndr) faccio almeno un paio di settimane di riposo assoluto. Poi riprendo a metà novembre. Magari nel mezzo farò qualcosa altro, non so, correre un po’ a piedi, andare in palestra. Provo sempre a lasciare la bici per un po’. Mi serve anche per la testa e per avere poi la fame di bici quando devo tornare ad allenarmi.

A proposito di palestra, dopo lo stop d’inizio anno quando hai ripreso l’hai fatta?

Assolutamente sì. Sono proprio dovuto ripartire da zero. Dovete pensare che per un mese intero non potevo, e non dovevo, toccare la bici, né fare alcuna attività fisica. Addirittura non potevo stare troppo in piedi. In più dovevo prendere gli antibiotici: cicli intensissimi. Quindi per forza sono dovuto ripartire dalla base.

Sagan ha detto di voler finire come ha iniziato, con la Mtb. Anche tu sei stato un grande biker. Farai la stessa cosa? Ci pensi a questa soluzione?

No, no – ride – io ho ancora un contratto per un anno e non è detto che il prossimo sia l’ultimo. Sto pensando di fare ancora una stagione, specie se andrà bene il 2024. Chiaro che se andrà come quest’anno non ha senso.

E questo ipotetico anno in più è legato alla sfortuna di questa stagione?

No, questa è andata. L’anno in più dipenderà da come andrà la prossima stagione. Ho voglia, voglia di finire ad un buon livello e con le gambe per essere competitivo.

Fuglsang è un ottimo discesista…
Fuglsang è un ottimo discesista…
Hai già in mente qualche obiettivo per il 2024?

Mi piacerebbe fare il Tour de France, anche perché parte dall’Italia, che mi piace tanto, ed è un po’ particolare. In più arriva vicino casa, a Nizza. E poi potrebbe essere il mio ultimo Tour. Per il resto l’obiettivo è quello di partire bene, come ho detto, trovare subito una buona condizione. Anche perché ad inizio anno ci sono classiche, una su tutte la Strade Bianche, in cui vorrei fare bene.

Sei ormai un veterano, i giovani ascoltano oggi? O sanno già tutto, come ci dicono molti?

Pensano di sapere tutto, ma alla fine non è così! Alla fine per me i corridori con esperienza servono ancora. Lo so che tante squadre guardano molto ai giovani e sono tutte alla ricerca del nuovo Remco o del nuovo Pogacar, ma anche ad atleti così servono vicino corridori di esperienza. Anche sotto questo punto di vista per esempio sento di avere ancora molto da dare. Ho anche corso come gregario in passato e so cosa vuol dire. Quindi spazio a noi vecchi!

Ultima domanda, abbiamo toccato il capitolo dei giovani. Nella tua squadra ce n’è uno, italiano, che promette molto bene: Marco Frigo. Cosa ci dici lui?

Marco è fortissimo. Sereno, sostanzioso. Per me può diventare un gran bel corridore e conquistare vittorie di peso. Come si sa, ha qualche problema in discesa, ma ci sta lavorando. Ed è già migliorato molto da quando è venuto da noi. 

Beh, tu ne sai qualcosa delle discese! Avete mai lavorato insieme in tal senso?

Un po’ sì, nei ritiri…