Le polemiche non scalfiscono la Campana Imballaggi di Coden

05.06.2024
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La Campana Imballaggi-Geo & Tex-Trentino è una delle tre squadre under 23 italiane al via del Giro Next Gen. Tra l’altro la sua presenza non è stata scevra di polemiche, visto che sin qui la squadra di Alessandro Coden non ha raccolto grossi risultati, va detto però, come vedremo, che è anche stata colpita da una buona dose di sfortuna.

Ma proprio per capire come i trentini approcceranno al Giro Next e cosa ci si potrà attendere da loro, ne abbiamo parlato con Coden. Le sue squadre negli anni magari non hanno fatto man bassa di vittorie, ma hanno sempre mostrato solidità e una certa costanza di rendimento.

Il direttore sportivo e manager, Alessandro Coden tra i suoi ragazzi
Il direttore sportivo e manager, Alessandro Coden tra i suoi ragazzi
Alessandro, come sta andando la vostra stagione?

Quest’anno a dire il vero un po’ così e così. Mi spiego. In inverno siamo andati in Sardegna, alla Maddalena, presso un residence che è nostro sponsor. Abbiamo trovato un clima buono, ma anche sin troppo caldo, così quando i ragazzi sono rientrati si sono presi bronchiti, infezioni polmonari, malanni vari. Non solo…

C’è altro?

Quando abbiamo iniziato a correre ecco cadute e infortuni, clavicole rotte e mononucleosi, quindi davvero una grande sfortuna. L’infermeria era piena. Adesso però da 2-3 settimane le cose iniziano ad andare meglio. Siamo stati invitati a tutte le corse nazionali ed internazionali e i ragazzi che erano caduti sono riusciti a portare a termine le gare.

E poi c’è il capitolo Giro Netx Gen…

Abbiamo fatto regolare domanda quest’inverno quando si poteva fare e ci hanno accettato. Per questo abbiamo ricevuto un sacco di critiche, ma di queste non me ne importa nulla. Noi quando siamo rimasti fuori, non abbiamo criticato nessuno. Io non ho chiamato nessuno per interviste sfogo. Ripeto, abbiamo fatto regolare domanda e siamo stati accettati. So bene delle polemiche… Ad una gara, quando eravamo parcheggiati con i mezzi sentivo delle critiche nei miei confronti a voce alta, sul fatto che avessimo pagato, sugli sponsor, che non era giusto andassimo noi… Ho risposto che non pagavamo nessuno, che siamo stati accettati e che l’organizzatore ricorda quel che alcune squadre avevano fatto lo scorso anno (il riferimento è allo scandalo dello Stelvio, ndr).

Il team di Coden sin qui ha avuto molta sfortuna, ma il peggio sembra essere alle spalle
Il team di Coden sin qui ha avuto molta sfortuna, ma il peggio sembra essere alle spalle
E’ chiaro che con tante esclusioni importanti qualche voce si sarebbe sollevata. Alla fine sono rimasti a casa team importanti come Groupama-Fdj o Q36.5…

Okay, ma siamo al Giro Next Gen… d’Italia. Trovatemi una squadra italiana under 23 che abbia davvero fatto tanto meglio di noi con under 23 italiani? Forse la Biesse, ma gli altri no. O almeno non di molto. 

Con che obiettivi partite per il Giro Next?

Noi andiamo con l’obiettivo di finirlo con tutta la squadra, che poi è qualcosa nel nostro Dna. Già nel 2022 portammo alla traguardo finale 4 atleti su 5 e uno lo perdemmo per caduta e non perché non ce la faceva. Tra l’altro, la mia “piccola squadra” fu la terza tra tutte le italiane. Dicono che non lo meritiamo ma abbiamo sempre onorato al meglio il Giro Under 23.

Filippo Gallio è uno dei ragazzi pronti per il Giro Next Gen
Filippo Gallio è uno dei ragazzi pronti per il Giro Next Gen
Alessandro sei stato molto chiaro. Andiamo avanti e veniamo ad argomenti più tecnici. Visti i tanti infortuni, come state lavorando adesso?

Come accennato, stiamo ingranando. Abbiamo fatto 18 giorni di altura sul Pordoi. Siamo scesi il venerdì e il sabato eravamo al via della Due Giorni Marchigiana e Ferroni, uno dei miei ragazzi, si è fatto 140 chilometri di fuga. E anche in quell’occasione tutti i ragazzi hanno completato la corsa. A Fiorano, qualche giorno fa, ne abbiamo piazzati quattro nel primo gruppo.

Chi fa parte del gruppo Giro Next?

Lorenzo Ferroni,  i due gemelli Gallio, Alessandro e Filippo, Leonardo Vardanega, Damiano Obetti e Tommaso Mantovan. Quest’ultimo è un primo anno. Davvero bravo. Viene dalla mtb, mi sembra uno scalatore di buona speranze. Certo, deve imparare tanto, ma in chiave futura, specie in salita potrà fare bene.

Invece una curiosità, con tutte queste critiche come ti comporti con i ragazzi? Fai da “scudo” in qualche modo?

I miei ragazzi ci ridono sopra. Loro restano tranquilli e li vedo molto motivati. Gli ho detto più volte che faremo bene. Prenderanno ore probabilmente, ma avremo la solidità per arrivare fino in fondo.

Slongo, i giovani e i Grandi Giri: non è solo un fatto di gambe

05.06.2024
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Ieri Tiberi ha lasciato il Criterium del Delfinato, confermando che nella scelta di mandarcelo ci fosse qualcosa di stonato. Ne avevamo parlato lunedì con Fabio Aru, affrontando il tema della partecipazione del laziale alla Vuelta dopo il quinto posto del Giro. E mentre Aru si era detto tutto sommato favorevole al Delfinato e meno alla corsa spagnola di agosto, qualche preparatore aveva visto proprio nell’impegno francese uno sforzo immotivato subito dopo il Giro: se non fisicamente, di certo psicologicamente. Pertanto, prima di sapere che Tiberi sarebbe tornato a casa, avevamo chiamato Paolo Slongo.

L’attuale allenatore di Elisa Longo Borghini alla Lidl-Trek era all’Astana negli stessi anni di Aru, ma dalla parte di Nibali che ha ottenuto i migliori risultati sotto la sua guida. La curiosità era andare a fondo nelle parole di Fabio, secondo cui aver partecipato a due grandi Giri per anno sin dalla seconda stagione da pro’ potrebbe averlo danneggiato (in apertura il sardo batte Froome alla Vuelta 2014, dopo il podio del Giro, ndr). Il confronto con Pogacar che invece farà l’accoppiata quest’anno, al sesto da professionista, fa in qualche modo riflettere.

«Magari sul fatto che Tiberi possa fare due Giri – spiega però Slongo – sono un po’ contro corrente. Tra Giro e Vuelta c’è tutto il tempo per recuperare e non essere troppo tirati, cosa che magari non c’è se fai Giro e Tour oppure Tour e Vuelta. Anche se Antonio è un atleta giovane, nei due anni scorsi ha già fatto una corsa a tappe per stagione, quindi il terzo anno può fare due Grandi Giri, avendo il tempo di recupero. Secondo me non è male. Piuttosto nel caso di Tiberi non approvo il fatto che stia correndo il Delfinato, proprio perché in prospettiva deve fare anche la Vuelta».

Nel 2020, a 22 anni, Pogacar debuttò al Tour vincendolo
Nel 2020, a 22 anni, Pogacar debuttò al Tour vincendolo
Perché?

Dopo il Giro l’avrei lasciato tranquillo e non gli avrei chiesto, anche se era in condizione, di affrontare un’ulteriore gara. Perché tante volte, anche se fisicamente stai bene, per la testa certe scelte possono fare la differenza. Ci vai contro voglia dopo un ottimo Giro, in cui per la prima volta hai fatto classifica e sei arrivato quinto. Vorresti rilassarti qualche giorno, invece sei costretto ad andare a correre. Quello secondo me è controproducente, però i due Giri nello stesso anno non li vedo male.

Secondo Slongo, perché per Pogacar si è aspettato il sesto anno da pro’?

Secondo me perché puntavano al Tour e nei primi due o tre anni che sei professionista basta farne uno solo: vale sempre la gradualità del carico di quello che fai. Essendo il Tour in mezzo alle altre due corse e quindi troppo vicino a Giro e Vuelta, hanno dato la precedenza agli interessi della squadra, che come tutte, mira alla vetrina del Tour. Quindi secondo me la scelta non è stata dovuta solo alla crescita, ma anche a questo aspetto del calendario e all’opportunità di andare al 100 per cento solo in un Grande Giro.

Però gli ultimi due Tour non li ha vinti e ugualmente non lo hanno mandato alla Vuelta. Avrebbe potuto…

Probabilmente ci può essere anche una questione di gestione. Pogacar già è un talento precoce e magari, facendo così, gli allunghi un po’ la vita sul piano psicologico. Nel senso che non lo stressi troppo facendo subito due Grandi Giri, con tutto quello che gli va dietro. Quindi i ritiri, le cose fatte in una certa maniera e poi fare classifica, che è usurante anche se l’atleta è predisposto. La scelta è quella di dire: «Non gli diamo troppo subito, in modo che gli allunghiamo la vita negli anni». Questo sì ha senso.

Slongo ricorda che al Giro del 2007, Nibali corse in appoggio a Di Luca, che vinse la maglia rosa.
Slongo ricorda che al Giro del 2007, Nibali corse in appoggio a Di Luca, che vinse la maglia rosa.
Perché secondo te Aru dice che aver fatto due Grandi Giri da subito non è stato un bene?

Forse per questo aspetto. Secondo me c’è da mettere sul piatto anche in che modo li fai. Magari ad Aru veniva chiesto di essere competitivo, come poi è stato, e questo era usurante. Probabilmente lui non era ancora pronto, forse perché gli pesava psicologicamente oltre che fisicamente, quindi avrebbe preferito una crescita più graduale e meno stressante. Ognuno è diverso e forse col senno di poi Fabio avrebbe preferito fare qualcosa di più graduale, come Pogacar nei primi sei anni di carriera.

Nibali l’avete gestito diversamente. Lui ha fatto il primo Giro nel 2007, al terzo anno da professionista.

Vincenzo ha avuto una buona gradualità. E soprattutto quello che cambiava rispetto ad oggi è che, se anche lo portavamo ai Grandi Giri, andava a imparare dai capitani. Ha avuto davanti Di Luca, Basso e Pellizotti. Lui scalpitava, però non andava in corsa con la pressione psicologica di dover fare classifica in prima persona. Questo cambia anche l’approccio rispetto al ciclismo che c’è adesso. Oggi i giovani – il Tiberi di turno, come prima Pogacar ed Evenepoel – non hanno in squadra qualcuno che faccia classifica al posto loro. Qualcuno dietro cui nascondersi, avendo una gradualità di 2-3 anni in cui possano imparare il mestiere e semmai provare a vincere una tappa o mettersi alla prova. Una volta era un ciclismo diverso, invece adesso questi giovani si trovano subito in prima linea. E anche se sono forti fisicamente, l’aspetto mentale secondo me ha un peso importante. E poi c’è un altro aspetto…

Quale?

Quello dei punteggi dell’UCI. Il 2025 è l’anno delle promozioni e retrocessioni e per le squadre i punti diventeranno nuovamente un’ossessione. Quando hai un buon budget che però non ti colloca fra le prime 4-5 squadre al mondo, hai meno corridori da far girare. Un po’ come la panchina delle squadre di calcio o di basket. Segafredo Bologna e Milano sono quelle che hanno più soldi e se mandano in campo un sostituto, sei certo che sia competitivo. Se invece quelli forti sono solo nel quintetto base e gli altri non sono all’altezza, contro gli squadroni hai un problema. Una volta per essere nel WorldTour bastavano il budget, l’etica e la professionalità: non c’era il sistema di promozioni e retrocessioni. Ora è tutto diverso. E i corridori vengono mandati in gara per fare i punti. E fra i vari punti, quelli delle classifiche generali valgono tanto.

Una bella differenza…

Una volta andavi a correre, imparavi dal capitano e intanto crescevi senza pressioni psicologiche, perché lavorare è diverso dal fare la corsa. Adesso, anche se non puoi vincere, devi andare a fare punti: anche un ottavo posto diventa importante. E a quel punto certe scelte vengono dettate dalla ragione di Stato. Per carità, la squadra paga ed è giusto che pretenda se la cosa è importante. Però queste dinamiche ti impediscono di guardare solo all’aspetto tecnico e anche come preparatore devi fare lo slalom fra le esigenze del team e quelle del corridore.

Da Roma a Parigi saltando il Tour: un po’ scelta e un po’ vendetta

04.06.2024
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Nel 2021 la sua scelta fece discutere. Alaphilippe allora indossava la maglia iridata conquistata a Imola e alla fine del Tour preferì non andare a Tokyo. Non tanto perché fosse impossibile abbinare le due corse (tanto che tutto il podio olimpico veniva diretto dalla Francia), quanto per trascorrere del tempo a casa con la compagna Marion e il figlio Nino nato il 14 giugno. Il gruppo si chiese se fosse una scelta indovinata, ma il francese tirò dritto rinunciando a un percorso su misura in una stagione che gli aveva dato la Freccia Vallone e la prima maglia gialla del Tour.

Quest’anno che è tornato abbastanza vicino ai suoi livelli migliori, con il Giro d’Italia che ha fatto impennare le sue azioni, Alaphilippe ha fatto l’esatto contrario. Niente Tour, dove avrebbe dovuto tirare la carretta per Evenepoel, e la scelta di puntare tutto sulle Olimpiadi. Che questa volta si corrono per giunta in Francia. E se Remco a inizio stagione aveva detto che della presenza di Julian non si faceva una malattia, adesso che l’ha visto nuovamente splendente, ha fatto sapere che lo riterrebbe un ottimo aiuto. Già, resta da vedere se lo stesso pensa Alaphilippe.

La firma sul Giro: ripartire dall’Italia ha cambiato forse la carriera di Alaphilippe
La firma sul Giro: ripartire dall’Italia ha cambiato forse la carriera di Alaphilippe

Nella lunga lista del Tour

Dopo il debutto italiano, è un fatto che il focus della sua stagione sia ormai spostato su ciò che accadrà da metà stagione in avanti, con le Olimpiadi, il mondiale di Zurigo e il Lombardia. Tuttavia durante il Giro e vista la vittoria di Fano, è parso che il suo programma stesse per cambiare, dato che la Soudal-Quick Step aveva inizialmente inserito il suo nome nella lunga lista del Tour. Andando ben oltre una semplice citazioni, scrive L’Equipe che in un paio di riunioni si era iniziato a dirgli che cosa ci si aspettasse da lui. Come se le critiche feroci indirizzate verso di lui da Lefevere fossero di colpo dimenticate, come se le prestazioni del Giro avessero lavato via ogni forma di acredine. E d’altra parte per uno dei francesi più rappresentativi degli ultimi anni andare al Tour avrebbe rappresentato certamente una riconciliazione con il suo pubblico.

La vittoria di Fano ha restituito ai tifosi un Alaphilippe finalmente cattivo
La vittoria di Fano ha restituito ai tifosi un Alaphilippe finalmente cattivo

La posizione di Voeckler

A quel punto tuttavia nella testa di Julian si è formata una nuova opinione: avrà modo di correre davanti ai francesi, ma indossando la maglia che Voeckler potrebbe assegnargli. Il tecnico della nazionale finora non si è sbilanciato, ma in un’intervista ha lasciato capire che il Tour dopo il Giro non sarebbe il percorso di avvicinamento più congeniale.

«Non si possono considerare le Olimpiadi come un obiettivo – ha detto a L’Equipe – dopo un Giro così massacrante corso quasi ogni giorno all’attacco e aggiungendo poi il Tour de France al servizio di un leader che correrà per la classifica la generale, con il dispendio fisico e l’usura mentale che ne deriva. Possiamo ragionare di andare ai Giochi solo se li consideriamo un obiettivo a sé stante. Oppure facendo il Tour gestendo i suoi sforzi, cosa che non sarebbe possibile se lavorasse per Evenepoel».

La fuga con Maestri e le gag dei giorni successivi sono state fra i momenti più godibili del Giro
La fuga con Maestri e le gag dei giorni successivi sono state fra i momenti più godibili del Giro

Mercato ancora aperto

Pertanto, quando lo ha chiamato per conoscerne le intenzioni, Lefevere si è reso conto che la decisione fosse già stata presa. E anche se Julian gli ha fatto presente che, essendo i suoi datori di lavoro, avrebbe rispettato qualsiasi scelta, neppure Patrick se l’è sentita di forzargli la mano. Se esiste una possibilità residua che Julian resti nella squadra belga, costringerlo a rivedere i suoi piani sarebbe stato probabilmente la spinta definitiva.

«Il dossier di Julian è ancora sul tavolo – ha detto il manager belga – il suo procuratore Dries Smets ha chiesto ancora una volta di parlarmi. Non ho idea se lo faccia per cortesia o per un vero interesse a restare. Il Giro ovviamente ha cambiato la situazione del mercato. Spero soprattutto di poter sedermi di nuovo con lui, faccia a faccia, senza intermediari e senza un accordo già scritto da proporgli. Solo una buona conversazione per chiarire le cose a livello personale e professionale.

«Julian è nella nostra squadra da quando aveva diciassette anni. Non dirò che è come un figlio, ma non fa molta differenza. Quello che è successo è successo. Ho detto quello che ho detto. Ma voglio assicurarmi che niente di tutto ciò rimanga. Se ci separeremo dopo questa stagione, mi piacerebbe che possiamo continuare a incontrarci e preferibilmente a guardarci negli occhi».

Nel 2021, saltate le Olimpiadi, Alaphilippe vinse il secondo mondiale. Anche Zurigo 2024 è nelle sue corde
Nel 2021, saltate le Olimpiadi, Alaphilippe vinse il secondo mondiale. Anche Zurigo 2024 è nelle sue corde

La scelta di Alaphilippe non è ancora ufficiale, dato che la formazione della Soudal-Quick Step per il Tour sarà annunciata dopo il Tour de Suisse. Ma se le cose rimarranno come sembrano, Voeckler potrà riavere a disposizione il campione che avrebbe tanto desiderato a Tokyo, che adesso ha tre anni di più. Se gliene avessero parlato due mesi fa, magari avrebbe fatto anche spallucce, ma davanti a questo Alaphilippe, ora pochi hanno il coraggio di non guardare.

Widar si fa strada, ora vince anche le corse a tappe

04.06.2024
4 min
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Al suo primo anno da U23, Jarno Widar è considerato fra i maggiori prospetti belgi. Di lui si era parlato molto lo scorso anno, in particolare per le sue ripetute vittorie sulle nostre strade, ma da allora molto è cambiato anche perché Widar, che corre nel Lotto Dsnty Development Team si sta dimostrando sempre più affidabile anche come uomo da corse a tappe.

La vittoria all’Alpes Isere Tour ha un po’ ridisegnato il suo inizio stagione che non l’aveva lasciato troppo soddisfatto: «Non è stato eccezionale, ma è normale, credo, essendo all’esordio nella categoria. Inoltre ci sono stati un po’ di problemi fisici. Prima di maggio, salvo la vittoria in una corsa olandese, non avevo ottenuto molto».

Widar premiato all’Alpes Isere Tour, vinto con 41″ sullo spagnolo Parra (foto DirectVelo)
Widar premiato all’Alpes Isere Tour, vinto con 41″ sullo spagnolo Parra (foto DirectVelo)
L’ultima stagione avevi detto di non sapere ancora in quale devo team saresti andato. Perché hai scelto la Lotto, dato che non è nel WorldTour?

Penso che sia la squadra più adatta alle mie caratteristiche, la scelta giusta per emergere con i tempi necessari, in un team prestigioso e che fa attività al massimo livello. Il fatto che non sia nel WorldTour è molto marginale, le gare sono le stesse e la considerazione che il team ha è quella di un team della massima serie.

Quanto ha pesato nella tua scelta il fatto che la Lotto sia belga?

Ha avuto la sua importanza, perché mi consente di continuare ad allenarmi a casa, di avere il quartier generale del team vicino. E’ un valore importante, diciamo una sorta di continuità con quello che ho fatto fino ad ora.

Il fiammingo si è fatto vedere anche alla Settimana Coppi & Bartali, chiusa al 22° posto
Il fiammingo si è fatto vedere anche alla Settimana Coppi & Bartali, chiusa al 22° posto
Hai già fatto esperienze con la prima squadra, c’è tanta differenza con il tuo team?

Non direi. Ho gareggiato con il team principale sin dalla prima occasione al Laigueglia. E’ chiaro che la prima squadra eleva tutto al massimo grado, ma come professionalità siamo anche noi molto in alto. Cambiano il valore delle corse e la concorrenza, è tutto molto più grande.

Ora cominci a emergere anche nelle corse a tappe, 2° all’Isard, primo all’Alpes Isere. Che cosa è cambiato, dopo le tante vittorie nelle corse d’un giorno dello scorso anno?

Io credo di essere sempre stato portato per le corse a tappe. Per ora mi sono concentrato su quelle, poi a fine stagione farò un po’ il punto della situazione per capire le mie caratteristiche, se sono da classifica o più per traguardi parziali. Ora vado avanti un po’ alla giornata.

Il belga aveva iniziato la stagione con la vittoria alla Ronde Van Limburg (foto Corvos)
Il belga aveva iniziato la stagione con la vittoria alla Ronde Van Limburg (foto Corvos)
Raccontaci la tua vittoria all’Alpes Isere…

Ero abbastanza convinto delle mie possibilità, sapevo che la tappa decisiva era quella finale dove si giocava tutto e io avevo solo un secondo di ritardo dal francese Verschuren. Era una tappa con alcune brevi salite piuttosto ripide. Ho controllato la corsa e quando lo spagnolo Parra ha allungato gli sono andato dietro. Lui puntava alla vittoria parziale, io guardavo alla classifica così i nostri obiettivi collimavano. A quel punto era fatta.

Ora verrai al Giro Next Gen, quale sarà il tuo obiettivo, vincere le tappe e correre per la classifica?

Io andrò per la classifica generale con obiettivo il podio finale. Ho studiato con attenzione il tracciato, credo che la terza e la sesta tappa saranno decisive per costruire la classifica e voglio farmi trovare pronto, prendere l’iniziativa. In Italia d’altronde mi sono sempre trovato bene e mi porta anche abbastanza fortuna…

Protagonista da junior nel 2023 in Italia, ora Widar cerca gloria al Giro Next Gen
Protagonista da junior nel 2023 in Italia, ora Widar cerca gloria al Giro Next Gen
In Belgio ci sono ora tanti giovani molto forti nel ciclismo: la tua generazione è più attirata dal ciclismo o dal calcio?

Buona domanda. Abbiamo una generazione decisamente qualificata, lo dicono i risultati, ma bisognerà vedere nel futuro se siamo davvero forti. Sicuramente verso il ciclismo c’è molta attenzione, abbiamo ottimi esempi al più alto livello, ma non saprei dire se questo basta a soppiantare il calcio.

Avrai altre occasioni per correre in prima squadra?

Delle opportunità ci sono, ma il calendario per la mia categoria è molto ricco, gli impegni non mancano di certo, anche perché sono soprattutto corse a tappe. Considerando queste e i necessari tempi di recupero, non so se ci sarà occasione per correre ancora con i più grandi, ma non è certo una preoccupazione, io vado avanti per la mia strada.

Gli elite della Technipes, per Coppolillo una scelta che paga

04.06.2024
4 min
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Squadra per certi versi particolare, la Technipes #inemiliaromagna. Un misto fra under 23 e corridori elite, in misura non riscontrabile in altre squadre che siano continental o altro. La vittoria ottenuta da Nicolò Garibbo al Trofeo Matteotti, prova nazionale, ha riportato in auge non solo il corridore 24enne, risultato lo scorso anno il migliore nella sua categoria, ma fatto parlare anche della scelta del team ispirato da Davide Cassani e che ha in Michele Coppolillo uno dei suoi diesse.

Coppolillo, a sinistra, con Giuseppe Martinelli, suo ds alla Mercatone Uno. Michele guida la Technipes dalla sua fondazione
Coppolillo, a sinistra, con Giuseppe Martinelli, suo ds alla Mercatone Uno. Michele guida la Technipes dalla sua fondazione

Proprio con il tecnico cosentino parte la disamina di una squadra sicuramente un po’ diversa dalle altre: «Il team quest’anno ha fatto un altro step di crescita e la sua composizione è un aspetto fondamentale del processo. Ma lo è anche il fatto che stiamo intensificando la nostra attività internazionale, proprio per far fare esperienze maggiori ai ragazzi, sia ai più giovani che a quelli più navigati. La prima parte dell’anno ha portato qualcosa meno di quanto ci aspettassimo, complice qualche problema fisico di alcuni nostri corridori, tra cui lo stesso Garibbo e Cavallo, ma ad esempio Crescioli ha ottenuto risultati importanti alla Ronde de l’Isard. Il bilancio per me è positivo a prescindere dai successi».

Che cosa valuti nel tuo giudizio?

Per me quel che conta innanzitutto è il comportamento in corsa. A me interessa che i ragazzi prendano consapevolezza e gareggiare all’estero significa toccare con mano un ciclismo più strutturato. Un risultato ottenuto all’estero fa morale, fa capire come funziona il nostro mondo, come si cresce, sia mentalmente che fisicamente.

Ludovico Crescioli è uno dei giovani che si sta giovando dell’esperienza dei compagni
Ludovico Crescioli è uno dei giovani che si sta giovando dell’esperienza dei compagni
D’inverno si era molto parlato dell’approdo di Garibbo nel vostro team, dopo una stagione molto importante e considerando il già avvenuto passaggio di categoria…

Nicolò è il tipico esempio di quella figura di corridore che non viene considerato quanto si dovrebbe, perché si guarda solamente alla carta d’identità. D’altronde quando vedi corridori di 21 anni che vanno al Giro d’Italia dei pro’ per vincere tappe, quando vedi squadre del WorldTour che cercano direttamente fra gli juniores, un caso come il suo è indicativo della situazione che il ciclismo vive in mezzo alle sue contraddizioni. Io credo che corridori come Garibbo possano dare ancora tanto, devono solo avere la possibilità di giocarsi le proprie carte.

Il colpo di Garibbo al Trofeo Matteotti di Marcialla (FI), beffando Carrò (foto Fruzzetti)
Il colpo di Garibbo al Trofeo Matteotti di Marcialla (FI), beffando Carrò (foto Fruzzetti)
Lo scorso anno era stato quasi un dominatore nelle classiche italiane…

Vero, ma è proprio il fatto che sia stato un calendario completamente italiano a penalizzarlo, se non hai confronti con le altre realtà. Quest’anno magari arrivano meno vittorie, ma la sua attività ha una qualità migliore, un maggior valore. Garibbo nella prima parte non era pienamente a posto, poi si è ritrovato. Ha partecipato al Tour de la Mirabelle e i suoi risultati per me hanno grande importanza, le sue due Top 10 valgono anche più di vittorie italiane, perché dicono molto del suo potenziale.

Oltretutto Garibbo non è il solo elite nel team…

Anzi, diciamo che cerchiamo di avere una squadra equamente divisa fra under 23 ed elite. Abbiamo un bel mix di giovinezza ed esperienza considerando che comunque parliamo sempre di corridori che toccano i 25 anni, quindi possono ancora dare tanto. Io non guardo all’oggi, a questa o a quella vittoria che arriva o meno, mi interessa la programmazione, mi interessa il lavoro di crescita, le prospettive. Un team come il nostro deve lavorare in questa maniera. La vittoria di Garibbo al Trofeo Matteotti ha insegnato tanto.

Michele Ansaloni, uno degli Elite del team. Coppolillo confida molto nel mix di categorie
Michele Ansaloni, uno degli Elite del team. Coppolillo confida molto nel mix di categorie
Spiegati meglio…

Ha corso alla garibaldina, ha anticipato i giochi e per me questo conta moltissimo perché significa che ha colpi in canna che possono fare la differenza. Noi dobbiamo valutare i percorsi, strutturarci e strutturare la tattica in funzione di essi. Garibbo ha corso come deve correre un elite. Se uniamo questo alle gare estere, all’esperienza che si accumula io sono convinto che da una parte un corridore come lui troverà sempre più spazio e magari attirerà attenzioni su di sé, noi dal canto nostro continuiamo a crescere, ma dobbiamo seguire questa strada.

Il Delfinato per crescere, prosegue la rincorsa di Evenepoel

04.06.2024
5 min
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Evenepoel al Delfinato si muove accorto e cauto, come uno che effettivamente ha solo bisogno di ascoltare le risposte del corpo. La tappa di ieri con oltre 2.500 metri di dislivello lo ha visto sfilarsi dalle primissime posizioni quando si è trattato di impostare la volata, ma non certo perdere terreno. Dopo l’arrivo nella nebbia, il campione belga ha confidato di non essersela sentita di rischiare, per le tante cose ancora da fare in questa unica settimana di corsa prima del Tour. E a ben vedere la tappa di ieri si è conclusa con una volata di gruppo in salita, con la guerra per prendere posizioni a rendere tutto poco rassicurante. In più il gruppo belga che accompagna Remco in questa rincorsa è fresco reduce da un periodo in altura, con la prevedibile fatica nei primi giorni di gara.

«E’  stata una giornata piuttosto dura – ha commentato Evenepoel – molto veloce per il vento sempre a favore. Però non mi hanno staccato e questo è importante, sono arrivato con il gruppo senza problemi. In realtà non è stata una vera tappa di montagna, non ho ancora avuto grandi risposte. Per quelle bisognerà aspettare il fine settimana».

La rieducazione di Evenepoel si è svolta al LAB Antwerp. Sulla maglia il tempo con cui ha vinto il mondiale crono 2023 (immagine Instagram)
La rieducazione di Evenepoel si è svolta al LAB Antwerp. Sulla maglia il tempo con cui ha vinto il mondiale crono 2023 (immagine Instagram)

Parlano le cicatrici

A 24 anni sembra di avere davanti un veterano. E se è vero che in guerra è il numero delle cicatrici a fare la differenza, probabilmente i pochi anni di Remco hanno avuto un’intensità media superiore alla norma. Per cui questa volta è stata l’esperienza a scandire i tempi del suo ritorno: non come quando cadde al Lombardia e si intestardirono a ributtarlo in mischia al Giro d’Italia.

«Quella volta – ha raccontato al belga Het Nieuwsblad – forse ho avuto troppa fretta di ritornare. Ora invece non ho saltato alcun passaggio e penso sia stata la decisione giusta. Ho ricominciato a pedalare il 25 aprile ed è stato davvero il primo giorno in cui mi sono sentito pronto. Ho imparato la lezione. In definitiva, l’obiettivo principale della stagione è il Tour: mancano sette settimane e c’è ancora molta strada da fare. Per questo non abbiamo forzato i tempi e siamo sempre stati attenti a non spingere troppo. Forse non è stato l’approccio migliore per il Delfinato, ma spero che lo sia per il Tour.

«Una clavicola rotta e una frattura alla scapola non saranno le fratture più grandi – ha aggiunto – ma devo dire che l’incidente ha avuto un grande impatto sul mio corpo. La spalla, ma anche i muscoli intorno erano piuttosto danneggiati. Avevo bisogno di tempo per riprendermi dall’operazione e dall’anestesia. E nonostante ciò, a volte le ferite danno ancora fastidio. Sulla bici da cronometro continuo ad avere strane sensazioni dalla scapola, una pressione diversa sulla spalla. Non sto correndo rischi, altrimenti non sarei qui. Ma la condizione è una storia diversa».

Nel 2024 due sole crono: una vinta in Algarve e una ai Baschi (foto) chiusa al 4° posto
Nel 2024 due sole crono: una vinta in Algarve e una ai Baschi (foto) chiusa al 4° posto

I rulli e la crono

Proprio la crono di domani sarà un primo test in questa corsa che proporrà le montagne nel weekend conclusivo. Da Saint Germain Laval a Neulise ci sono 34,4 chilometri vallonati, con la tendenza a salire. Comunque una crono veloce in cui il miglior Remco scaverebbe il solco fra sé e gli avversari. Di fatto però, al lungo periodo senza corse si aggiunge che quest’anno il belga ha corso due sole crono: l’ultima ai Paesi Baschi, quattro giorni prima della caduta.

«Domani sarà una prova importante – spiega – per vedere se riesco a sopportare a lungo quella pressione sulla spalla. Sono curioso di sapere come reagirà quando tenderò i muscoli per guidare nel modo più aerodinamico possibile. E’ il passo successivo nella crescita verso il Tour. La sensibilità delle gambe e della spalla è più importante del risultato. Nell’ultimo mese non ho potuto allenarmi spesso su quella bici».

Anche per questo, dopo l’arrivo di ieri, Remco ha pedalata sui rulli usando la bicicletta bianca da cronometro con le strisce iridate. Se è vero che questo esercizio al Giro è servito a Pogacar e Tiberi per sentirsi a proprio agio sulla bici speciale, a maggior ragione il campione del mondo deve ritrovare il giusto feeling dopo il lungo periodo di stop.

Assieme a Landa, Van Wilder e Moscon, Evenepoel rientra alle corse dopo uno stage in altura
Assieme a Landa, Van Wilder e Moscon, Evenepoel rientra alle corse dopo uno stage in altura

Pogacar fa paura

E così la rincorsa continua, seguendo un filo di razionalità e senza forse scoprire le carte più di quanto sia davvero necessario. Non deve essere facile stare buono al proprio posto, ma come si diceva il nuovo Remco è uscito dalla fase “bulletto” ed è entrato nella più interessante dimensione del campione. La consapevolezza di avere davanti il Pogacar stellare del Giro suggerisce cautela.

«Sarà soddisfatto di questa corsa – dice – se esco meglio di come sono entrato. Ho sofferto molto durante il ritiro in altura, non ho trovato un buon livello, ma devo essere paziente. Spero di migliorare, ma non inseguirò la vittoria come ho fatto alla Parigi-Nizza. Se fosse stato necessario allungare il blocco degli allenamenti sarei andato al Giro di Svizzera. Il fatto che sia qui vuol dire che la preparazione sta andando bene. D’altra parte quelli che vanno troppo forte a giugno, al Tour fanno fatica. Anche perché le ultime cinque tappe saranno durissime e decisive. Pogacar potrebbe dominare dal primo all’ultimo giorno come al Giro, ma non serve guardare gli altri. Adesso è importante lavorare e crescere. Se dovessimo uscire dal Delfinato con la scoperta di dover ancora lavorare molto, sarebbe troppo tardi. Ma se riesco a capire che siamo sulla strada giusta, allora questo sarà un buon segnale».

Tour, peso e glicogeno: a parità di salute, il podio è già scritto?

04.06.2024
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Un concetto appena accennato alla partenza dell’ultima tappa del Giro. Si parlava con Paolo Artuso, uno dei preparatori della Bora-Hansgrohe, quando il discorso ha preso una piega curiosa. A parità di salute e non considerando altri fattori esterni, sarebbe possibile sin d’ora dichiarare il podio del Tour. Infatti nelle tappe più dure, quelle con un dislivello davvero importante, il risultato è già scritto: l’atleta più leggero arriva in finale con una maggiore scorta di glicogeno, mentre chi è più pesante finirà prima la benzina. Si può mangiare di più, studiare le necessarie strategie, ma se nessuno commette errori non c’è modo di uscirne.

«Premetto che non sono un nutrizionista – spiega il veneto – ma il concetto è abbastanza semplice. Teoricamente, l’atleta con il peso corporeo più basso è avvantaggiato rispetto a ciclisti più pesanti. Volendo fare un confronto legato al Giro, fra Martinez e Thomas (secondo e terzo in classifica finale, ndr), gli 8 chili di differenza a favore di Martinez sono stati un muro insormontabile per l’inglese. Se sei più leggero, giorno dopo giorno spendi un po’ meno energia e quindi arrivi in finale con più glicogeno muscolare, più benzina per l’ultima ora di gara».

La differenza di peso ha fatto sì che nelle tappe dure del Giro fra Martinez e Thomas si sia scavato un solco
La differenza di peso ha fatto sì che nelle tappe dure del Giro fra Martinez e Thomas si sia scavato un solco
Così scontato?

Dipende sempre da come vengono fatte le salite precedenti, perché se vengono fatte piano, anche chi pesa di più arriva in finale con maggiore energia.

Questo discorso va bene per le corse molto dure? Abbiamo visto che Van der Poel avrebbe potuto continuare la Roubaix per altri 60 chilometri, semplicemente evitando fuori giri e curandosi di mangiare il giusto…

In salita i wattaggi sono più elevati rispetto alla pianura. Ma in pianura si va più veloci, in termini di velocità pura. Per cui per durare di più, bisogna che anche in pianura non si vada a tutta, come si disse a proposito di Van der Poel. Altrimenti rischi di esprimere un wattaggio esagerato, cui però corrisponde una minima differenza di velocità.

Si può ridurre questa differenza nel consumo di glicogeno intervenendo sull’alimentazione?

E’ ovvio che questo ragionamento inizia dal presupposto che tutti quanti partano a posto, cioè con i serbatoi pieni. Quindi che tutti abbiano fatto il corretto carico di carboidrato e di conseguenza siano al massimo delle scorte di glicogeno. E poi parto dall’altro presupposto che tutti quanti in corsa si alimentino in maniera corretta e senza errori. Fatte queste premesse, chi pesa meno consuma meno. La potenza è espressa in due modi, a livello assoluto e relativo al peso. Per cui l’individuo che pesa di più è avvantaggiato a livello assoluto, quello che pesa di meno è avvantaggiato a livello relativo.

Pogacar ha perso peso e aumentato la potenza, mentre Evenepoel sarà l’oggetto misterioso del Tour
Pogacar ha perso peso e aumentato la potenza, mentre Evenepoel sarà l’oggetto misterioso del Tour
Vuoi dire che a parità di condizioni di salute e alimentazione, avendo nel prossimo Tour in gara Pogacar, Vingegaard, Evenepoel e Roglic, potresti già scrivere la classifica finale?

Se non ci sono intoppi, sì! L’unica cosa che sfugge è il confronto fra Evenepoel e gli altri. Remco ha vinto la Vuelta battendo Mas e Ayuso, ma non si è mai misurato coi primi della classe. Lui lo vedo fortissimo nelle corse di un giorno: se a Liegi lo trovi in giornata, è imbattibile. Per cui secondo me, a parità di condizioni (quindi col presupposto niente affatto scontato che il danese arrivi al via nella condizione ideale), la classifica del Tour vede Vingegaard primo, secondo Pogacar e terzo Roglic. Tadej quest’anno sembra dimagrito rispetto all’anno scorso, lo capisci a vista d’occhio.

Ugualmente non potrebbe vincere?

Occhio, ci sono le variabili. Per cui alla fine se quello un po’ più pesante vuole vincere, si deve inventare qualcosa. Ad esempio se c’è tanta crono o se la tappa sullo sterrato diventa più incisiva: ci sono fattori legati all’abilità che non sono misurabili.

Sei spesso con gli atleti, che cosa dicono di queste statistiche così esatte?

Sanno che sono esatte, ma non infallibili. I 20 minuti di crisi possono averli chiunque, anche Vingegaard e Pogacar. L’anno scorso Tadej è saltato a metà della salita finale di Courchevel, perché magari pesando di più, aveva vuotato prima il serbatoio. Oppure c’entrava il fatto che avesse preparato il Tour in un mese, a causa della frattura della Liegi, per cui era rimasto fermo a lungo e probabilmente gli mancava la parte finale della preparazione. Quello che stavolta potrebbe toccare a Vingegaard.

Il Tour 2023 deciso dalle superiori leggerezza ed efficienza di Vingegaard e dalla preparazione frettolosa di Pogacar
Il Tour 2023 deciso dalle superiori leggerezza ed efficienza di Vingegaard e dalla preparazione frettolosa di Pogacar
Sembrano chiacchiere da bar, su cosa ci basiamo per andare avanti?

C’è tutta la parte legata al dispendio energetico: concetti abbastanza ampi, che sembrano teorici, ma sono molto importanti. Quanti grammi di glicogeno ha in corpo uno che pesa 68 chili rispetto a uno che ne pesa 60? Sicuramente ha il serbatoio più grande, però non sappiamo quanti grammi di glicogeno può contenere. Di solito quando abbiamo per avversario un corridore top cerchiamo di studiarlo e poi ci regoliamo su come lavorare con i nostri. Certo, in nome del peso, non si può cominciare una dieta troppo frettolosa. Bene o male sono tutti magri, difficile intervenire da fuori. Per cui nel prossimo Tour ci si dovrà attrezzare, sfruttando la tappa sugli sterrati e ogni altra situazione che possa rendere un vantaggio.

L’Arvedi al Giro Next Gen punta forte sul traguardo di Cremona

03.06.2024
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Delle squadre per il Giro Next Gen abbiamo già detto. E come sempre accade quando non ci sono criteri nero su bianco, alla soddisfazione degli invitati corrisponde – uguale e contraria – la frustrazione degli esclusi. Fra chi resta a casa spiccano i nomi di Q36,5, Beltrami, Work Service e Hopplà, mentre all’estero spicca l’assenza della Groupama. Fra coloro che invece sono stati invitati si segnalano il Team Arvedi e anche la Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino. Due team con una precisa ragione sociale, vicini alla pista, ma che sul piano del ranking non hanno dato segnali particolari.

Lamon, tesserato con le Fiamme Azzurre, svolge in maglia Arvedi l’attività su strada
Lamon, tesserato con le Fiamme Azzurre, svolge in maglia Arvedi l’attività su strada

Arvedi e la pista

Il Team Arvedi è una squadra elite/U23 che dal 2019 lavora a stretto contatto con il settore pista della Federazione. Grazie a ciò hanno a disposizione bici Pinarello e l’abbigliamento Castelli. Nel team corrono facce note come il campione olimpico Francesco Lamon (tesserato con le Fiamme Azzurre), ma anche Michele Scartezzini, più Stefano Moro e Matteo Tugnolo del settore velocità. essendo tutti elite, la loro presenza al Giro Next Gen non è da considerarsi. Ci sono poi alcuni atleti giovani che se la cavano su strada. Nicolò Galli, a sua volta pistard, vanta un secondo posto a crono a Porto Sant’Elpidio e il quinto due giorni fa a Romanengo. Michael Cattani ha ottenuto un bel secondo posto a Curtatone, mentre Lino Colosio è un uomo squadra con il quinto posto nel Criterium Ciclismoweb.

«Non siamo una squadra che possa dire la sua in classifica – spiega il team manager Massimo Rabbaglio – abbiamo un ragazzino giovane che può fare una bella esperienza e va discretamente in salita. Gli potrà servire per conoscersi meglio. Il nostro Giro si giocherà nel cercare di sfruttare le tappe veloci, come quella di Borgomanero e di Cremona. Per le nostre caratteristiche, cercheremo di far bene in quei due giorni e poi valuteremo di dire la nostra per qualche classifica parziale.

«Quando abbiamo visto la tappa che arriva a Cremona, la sede del nostro sponsor, è ovvio che ci è cresciuta nella testa la possibilità di essere invitati. Quindi ho fatto la mia richiesta come hanno fatto tutti, non ho chiamato nessuno, ho fatto richiesta e basta. Sapendo che c’era una tappa che arrivava a Cremona ci può stare essere invitati, come è successo l’anno scorso per altri».

La squadra è un mix fra veterani della pista e giovani. Rabbaglio è il quinto in piedi da sinistra (foto Facebook)
La squadra è un mix fra veterani della pista e giovani. Rabbaglio è il quinto in piedi da sinistra (foto Facebook)
La vostra filosofia prevede che anche in futuro rimaniate legati alla pista?

Sì, l’anno prossimo dovrebbero arrivare degli juniores che non avranno la pista come priorità, ma la frequenteranno. Punteremo a ringiovanire un po’ l’organico, anche perché è prevedibile che dopo le Olimpiadi ci sarà un ricambio. A Parigi avremo Lamon e ne siamo contenti, anche se in doppia veste: come Fiamme Azzurre e come Arvedi. Un contributo a farlo diventare il Lamon oro olimpico l’abbiamo dato anche noi, mettendolo in condizione di allenarsi e correre anche su strada. L’idea è quella di portare dentro qualcuno che possa essere un probabile olimpico per Los Angeles. Non è facile, la strada è lunga, però ci si può provare.

Lamon rimarrà con voi anche dopo Parigi?

Credo di sì, ne abbiamo già parlato. Dopo le Olimpiadi continuerà a correre e secondo me può insegnare tanto anche ai giovani che potrebbero arrivare. Non so se potrà essere un probabile olimpico per Los Angeles, mi sembra un po’ lontano, anche perché ha trent’anni. Però credo che rimarrà nel giro della nazionale per le Coppe del mondo, piuttosto che europei e mondiali. Immagino che Milan, Consonni e Ganna dopo Parigi saranno richiamati dalle loro squadre, quindi l’impegno che potranno dedicare alla pista sarà minore. E Lamon può diventare un bel punto di riferimento.

Niccolò Galli è il nome più noto del gruppo strada della Arvedi (foto Facebook)
Niccolò Galli è il nome più noto del gruppo strada della Arvedi (foto Facebook)
Esiste già la formazione per il Giro Next Gen?

Sì, certo. C’è Galli, che potrebbe puntare alla prima crono. A Romanengo ha fatto quinto, dove aveva vinto lo scorso anno, facendo anche valori migliori. Quindi l’idea è che faccia un buon Giro, per puntare al tricolore della crono. Poi ci sono Galante e Colosio, che sono due lavoratori e quindi possono provare ad andare in fuga. Quindi Dante e Colombo che sono due ragazzini del primo anno che sono andati bene fino ad ora e faranno esperienza. L’ultimo è Varroni, un passista che provare a tenere davanti il Galli della situazione.

La gente mormora: qualcuno dice che siete stati invitati al Giro Next Gen perché Arvedi potrebbe aver dato un contributo proprio per la tappa di Cremona…

No, noi come società no. Che poi la tappa sia sponsorizzata da Arvedi come azienda, io quello non lo so. Nel senso che non ho visto contratti. Noi come società non abbiamo fatto nulla di questo. Non ho parlato con nessuno, ho solo mandato una richiesta.

La nuova avventura di Simion, in barca su Luna Rossa

03.06.2024
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E’ vero, siamo in pieno clima preolimpico, ma nel mondo della vela si guarda già oltre, alla Coppa America che riempirà l’immediato periodo dopo Parigi. Una Coppa America che per la prima volta sarà “vicina” anche al ciclismo, vista la presenza dei cyclor, responsabili con la forza delle proprie gambe e con le proprie pedalate di dare energia sostenibile alla barca per effettuare importanti manovre come issare elettronicamente le vele o anche spostarle di direzione in base al vento. Molte delle sfide in gara hanno previsto la presenza di ciclisti, come l’olimpionico francese Pervis sulla barca nazionale. Anche Luna Rossa avrà un ciclista, un ex professionista come Paolo Simion.

Com’è nata la sua presenza sulla barca più amata da tutti gli italiani? «Nel 2021 avevo deciso di smettere con le corse e mi stavo guardando intorno. Lessi sulla Gazzetta di questa nuova figura del cyclor per la Coppa America, i responsabili erano alla ricerca di figure da coinvolgere e così provai a mandare una mail. Venni chiamato a fare una serie di test, sia a casa che in presenza, poi feci uno stage a Cagliari e da lì l’avventura è iniziata».

L’ex corridore della Bardiani con il resto dei cyclor durante la preparazione sui rulli
L’ex corridore della Bardiani con il resto dei cyclor durante la preparazione sui rulli
Che differenza stai trovando rispetto alla tua precedente attività e quindi che modalità di adattamento hai dovuto mettere in pratica?

Per certi versi si parla sempre di ciclismo, ma con una declinazione completamente diversa, che non è sostanzialmente paragonabile a nulla di ciò che riguarda quel che facevo prima. L’adattamento principale è stato anche un adattamento biologico agli orari imposti da questo tipo di attività. Non siamo solo atleti, siamo molto coinvolti in tutta una serie di iniziative a latere, di lavoro per la barca ma anche di impegni burocratici, tecnici, insomma un lavoro molto complesso del quale la preparazione atletica e la prestazione in regata sono solo una parte.

Tu che conoscenze avevi dal punto di vista velico?

Nulla se non la semplice visione delle edizioni precedenti in televisione. Non ero mai salito su una barca a vela. E’ stata una prima volta assoluta, qualcosa di completamente nuovo.

Paolo Simion ha 31 anni e viene da Castelfranco Veneto. Ha chiuso la sua carriera nel 2021
Paolo Simion ha 31 anni e viene da Castelfranco Veneto. Ha chiuso la sua carriera nel 2021
Parlando con Pervis, il campione francese sottolineava come l’impegno fisico duri dai 20 ai 30 minuti a regata, quindi è molto diverso per un pistard com’era lui.  Rispetto a lui il tuo passato ti avvantaggia, anche dal punto di vista organico e della preparazione?

Come picchi di potenza, lui li ha molto più alti dei miei. Io però penso di essere avvantaggiato dal punto di vista della resistenza. Poi molto dipende dal vento che si trova, dalle situazioni giornaliere e anche da quante manovre vengono fatte durante la regata: se vengono fatte tre manovre, può farlo chiunque. Se cominciano a esserne fatte 10-15-20 comincia a essere molto pesante. Ci sono occasioni nelle quali arrivi al traguardo completamente finito, peggio che per un tappone dolomitico.

Il fatto di aver affrontato gare anche di tre settimane quanto può essere utile?

Molto, soprattutto nella gestione dello sforzo, nel riuscire a capire i tuoi limiti, perché quando di manovre ce ne sono parecchie da fare, bisogna gestire le energie. Poi conta anche l’adattamento e la capacità di adattarsi a nuove tipologie di allenamento. Riuscire a capire il modello di prestazione più efficace per poi mettere in atto la tabella allenamento adatta, penso sia fondamentale. Le competizioni sono articolate su più giorni, con la componente climatica decisiva, che può richiedere giorni di sosta forzata e poi magari anche due regate nello stesso giorno.

Le regate inizieranno il 22 agosto. Detentore è Emirates Team New Zealand che nel 2021 sconfisse Luna Rossa
Le regate inizieranno il 22 agosto. Detentore è Emirates Team New Zealand che nel 2021 sconfisse Luna Rossa
Ma quanto è cambiata la preparazione rispetto a quando correvi?

Tanto, anche perché è cambiato il volume di ore. Se è uno sforzo breve non richiede di fare ogni giorno quattro ore di allenamento continuo. Ma logicamente non si può prescindere dal farle almeno una volta a settimana, perché la resistenza è una delle capacità condizionali di base, quindi di conseguenza bisogna affinarla. Prevalentemente sono allenamenti brevi con continui cambi di ritmo e allenamenti svolti a secco. Palestra con squat, pressa o crossfit per portare il fisico ad avere una maggiore forza fisica proprio perché andiamo a pedalare contro la residenza idraulica e non contro una ruota che poi deve creare velocità, quindi uno sforzo molto più muscolare rispetto a quello che si faceva normalmente.

Quanti cyclor ci sono in barca?

4 in una rosa di più del doppio.

Con te c’è anche Mattia Camboni che tre anni fa sfiorò la medaglia olimpica nel windsurf. Chi dei due può insegnare di più all’altro, venendo da due esperienze sportive così diverse?

Diciamo che io tutto il mio bagaglio sportivo riguardo al ciclismo lo sto dando a tutti quanti. Mattia però ha un’eccezionale capacità nel leggere il vento, capire dove ce n’è di più, solo guardando le onde sul mare. Noi, mi ci metto io ma anche chi viene dal canottaggio, veniamo da un mondo completamente diverso e queste nozioni ci portano a capire meglio cosa sta succedendo quando stiamo andando in barca, magari anche a prevedere certe azioni.

L’unica vittoria di Simion da pro’, nel 2018 al Giro di Croazia
L’unica vittoria di Simion da pro’, nel 2018 al Giro di Croazia
Mancano ancora settimane, com’è l’atmosfera, comincia a crescere la tensione in vista dell’appuntamento principale?

Le prime regate saranno il 22 d’agosto. Mancano ancora tre mesi, siamo ancora in una fase di allenamento, di modifiche della barca, capire cosa si può migliorare e cosa no, quindi sostanzialmente siamo già mentalmente coinvolti tantissimo, anche perché è una squadra che comprende 130 persone e tutti spendono tantissimo tempo per la costruzione del sogno. E’ adesso che si capirà se potremo fare una Coppa America da protagonisti.

Da neofita, che sensazioni ti dà questa esperienza?

E’ qualcosa di fantastico, anche perché sono entrato proprio dal nulla in uno sport che non conoscevo, sto imparando tantissime cose e poi anche dal punto di vista lavorativo sto facendo tante esperienze che non avrei mai sognato, imparando a fare anche dei lavori che un anno fa non avrei mai pensato, ad esempio saper leggere i disegni degli ingegneri per l’idraulica. Davvero un’esperienza che ogni giorno mi dà qualcosa di nuovo.