Svizzera blindato: ora Yates e Almeida verso il Tour con Pogacar

16.06.2024
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Primo e secondo per quattro giorni di seguito al Tour de Suisse: il dominio del UAE Team Emirates anche in questo caso è stato schiacciante. Pensare che Adam Yates e Joao Almeida ora andranno al Tour da gregari di Pogacar fa capire con quanta determinazione la squadra emiratina abbia voglia di ribaltare i verdetti degli ultimi due anni. L’incidente di Vingegaard rischia di sballare le previsioni e gli equilibri, in ogni caso la consistenza del team è piuttosto impressionante.

L’ultima sfida ha visto i due compagni di squadra scaldarsi uno accanto all’altro sui rulli nella zona di partenza. Neppure uno sguardo in cagnesco, piuttosto l’intima convinzione di tirare fuori il meglio dalla giornata. E il meglio ha significato per Almeida vincere la crono, con una gestione aggressiva della prova. Per Yates una tattica conservativa, sapendo che a meno di un tracollo il margine sarebbe stato sufficiente per portare a casa la maglia gialla. Quando Almeida è sceso dai rulli per andare alla partenza, i due si sono stretti la mano e poi la sfida è cominciata. Erano le 16,19: dopo 33 minuti 23 secondi e 870 millesimi, il portoghese ha conquistato l’ultima prova. Staccato di 8 secondi, il britannico ha sollevato l’ultimo trofeo.

Ottime, a margine, le prove di Skjelmose, Riccitello, Pidcock e Lenny Martinez, ma contro quei due la partita era ingiocabile.

Almeida ha vinto la crono con un finale pazzesco, fra agilità e grande velocità
Almeida ha vinto la crono con un finale pazzesco, fra agilità e grande velocità

Il finale di Almeida

Come tutti gli altri, anche Almeida è partito con la bici da crono e poi è passato alla Colnago da salita. Un cambio necessario, visto che il finale verso Villard sur Ollons era da tappa di montagna. E mentre tanti si sono intestarditi su un rapporto troppo lungo, gli ultimi due chilometri di Almeida lo hanno visto spingere con la corona più piccola, facendo velocità con la cadenza. Curiosità nel trionfo, pur essendo un grande cronoman e avendo fatto ottime prove in precedenza, Almeida non aveva mai vinto una crono WorldTour.

«Sono davvero contento della vittoria – dice – penso che sia stata la mia prima vittoria a cronometro, escludendo i campionati nazionali, quindi è molto buono. Sapevo sin dalla partenza che sarebbe stato praticamente impossibile vincere la classifica generale contro Adam. E’ abbastanza forte ed è un combattente. Per cui sono super felice anche del secondo posto dietro di lui.

«Non sapremo mai come sarebbe andata se non avessi dovuto lavorare per lui. E’ stata una settimana fantastica, di un perfetto lavoro di squadra. Poteva essere un’occasione anche per me, ma ci siamo detti che saremmo stati corretti e alla fine è bello vincere avendo questa consapevolezza».

Yates ammette di non aver avuto le gambe per accelerare nel finale: il margine era buono
Yates ammette di non aver avuto le gambe per accelerare nel finale: il margine era buono

I fantasmi di Yates

Yates e la sua barba sono crollati sull’asfalto, ansimando forte. E proprio mentre era lì che cercava di riconnettersi con la vita, dalle spalle sua moglie ha portato il peloso cane bianco che si è messo ad annusarlo e fargli festa. A volte gli organizzatori ci lasciano interdetti: sono così severi nel tenere lontani i fotografi e poi fanno arrivare un cane (sia pure il suo) addosso al vincitore della classifica.

«E’ sicuramente una delle vittorie più importanti della mia carriera – dice Adam – non ero sicuro di riuscirci. Ovviamente, avevo i distacchi rispetto a Joao, partito davanti a me e sapevo che alla fine avrebbe accelerato. Io invece non riuscivo proprio a farlo. Ero già al limite, quindi ho provato a tenere il ritmo e per fortuna è bastato. Sono ancora senza fiato perché è stato molto impegnativo. Avevo in mente da molto tempo il 2019, quando persi la Tirreno-Adriatico per un solo secondo nell’ultima crono (vinse Roglic, ndr) dopo essere stato in testa per cinque tappe. E questo fantasma era nella mia testa da anni. Per cui finalmente è bello vincere una corsa con un’ultima crono come questa.

«In più a inizio anno ho avuto un brutto incidente e la cosa peggiore è che non capivo quanto tempo mi sarebbe servito per tornare. Per fortuna le cose sono state abbastanza rapide e ne sono grato. Vincere la corsa è già una grande cosa, dividere il podio con Joao è una sensazione davvero speciale».

Sul podio, oltre ai due del UAE Team Emirates, anche Mattias Skjelmose
Sul podio, oltre ai due del UAE Team Emirates, anche Mattias Skjelmose

Chissà se Pogacar ha seguito quest’ultima crono e si è fregato le mani immaginando quale tranquillità potranno dargli questi due angeli custodi al Tour de France. Ormai tutti i tasselli stanno andando al loro posto. Firenze sta per diventare la capitale mondiale del ciclismo. Prima con il weekend dei campionati italiani e poi con la Grand Depart. Noi siamo pronti, la sensazione è che lo siano anche loro!

A Forlimpopoli arriva la firma del giovane “calabrone” Brennan

16.06.2024
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FORLIMPOPOLI – Da lontano, dopo la linea d’arrivo, non si riescono a leggere facilmente i dettagli e le reazioni dei corridori. La volata è partita quando ancora si faticava a distinguere il gruppetto di testa. Matthew Brennan e Niklas Behrens fanno lo stesso gesto, un pugno nel vuoto. Solo dopo qualche secondo si capisce che il primo è per festeggiare la vittoria, mentre il secondo è di disappunto. L’inglese della Visma Lease a Bike Development, Brennan, ha messo nel sacco l’ultima occasione per portare a casa il bottino minimo per una squadra ambiziosa come quella olandese (foto LaPresse in apertura). 

All’ultimo respiro

Il più felice sembra però Pietro Mattio, compagno di squadra del vincitore, che lo ha portato a giocarsi la vittoria. 

«Dopo tanta sfortuna in questo Giro Next Gen – dice ancora a caldo – finalmente siamo riusciti a vincere. All’ultima tappa, un po’ in extremis ma va bene comunque. Già stamattina avevamo messo questa frazione nel mirino, volevamo provare qualcosa a tutti i costi. Un team come il nostro doveva provare a fare un risultato, anche parziale».

Il clima era rovente oggi in Emilia, Brennan ha pedalato con una borraccia fredda sul petto per rinfrescarsi (foto LaPresse)
Il clima era rovente, Brennan ha pedalato con una borraccia fredda sul petto per rinfrescarsi (foto LaPresse)

Ancora a tutta

L’asfalto scotta e brucia sotto le ruote dei corridori, la temperatura è talmente alta che si ha l’impressione che la gomma dei copertoni sia sciolga mischiandosi all’asfalto. Ultima tappa del Giro Next Gen che si è presentata come le altre, illeggibile e corsa a velocità folli. 

«Siamo partiti fortissimo – continua a raccontare Mattio – come sempre, ma oggi c’erano anche le fatiche dei giorni prima. La nostra tattica era quella di interpretare la corsa come una Classica del Nord, cosa che ci riesce bene. Ci siamo mossi subito e io sono riuscito a entrare nella fuga, per fortuna Brennan è rientrato insieme a un altro compagno di squadra. Alla fine eravamo ancora in due, così all’ultimo chilometro ho provato ad anticipare. Ero sicuro che Brennan sarebbe stato il più forte allo sprint, così una volta capito che non mi avrebbero lasciato spazio ho tirato per lui».

Jarno Widar e la Lotto Dstny Development hanno gestito la tappa e conquistato la maglia rosa (foto LaPresse)
Jarno Widar e la Lotto Dstny Development hanno gestito la tappa e conquistato la maglia rosa (foto LaPresse)

La firma di Brennan

Matthew Brennan ha scritto il suo nome nell’albo d’oro di questa corsa. Tutti i giovani più forti passano da qui, anzi giovanissimi. Lo dimostrano i quattro successi di tappa sugli otto disponibili di corridori classe 2005, ragazzi al primo anno della categoria under 23. 

«Siamo rimasti tranquilli – racconta Brennan – anche quando il gruppo da dietro si è messo a rincorrere. I miei compagni hanno spinto forte e mi hanno guidato benissimo. Ero concentrato per lo sprint e sono felice che sia andato bene. E’ la miglior conclusione del Giro Next Gen che potessimo sperare, soprattutto dopo i tanti problemi avuti. Alla quarta tappa abbiamo perso Nordhagen e Huising, quindi volevamo rifarci, risollevare il morale. Nei primi giorni è stato difficile trovare un nuovo inizio, ma piano piano abbiamo capito come muoverci. Questa vittoria ci dà tanta fiducia per il futuro, la stagione non finisce oggi».

In Catalogna rispunta Arzuffi che ha un piano per il Giro

16.06.2024
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Tra coloro che attraverso un piazzamento hanno riassaporato il gusto della ribalta dopo un periodo di tempo piuttosto lungo c’è anche Alice Maria Arzuffi. E’ vero, qualche top 10 in stagione l’aveva già conquistata, anche a maggio, ma cogliere il 10° posto alla Volta a Catalunya ha un sapore maggiore perché parliamo di una corsa a tappe, che non è proprio il suo forte ma che testimonia più di tanto altro come la gamba stia diventando quella giusta per puntare in alto.

Al suo secondo anno alla Ceratizit-Wnt, l’ex campionessa italiana di ciclocross, ormai concentrata in pieno sulla sua carriera da stradista, ha accolto il piazzamento quasi come una liberazione: «Soprattutto perché il periodo delle classiche belghe non era andato come volevo, soprattutto quelle sul pavé che sono le mie preferite quest’anno sono state caratterizzate da problemi meccanici proprio nel momento clou, estromettendomi da qualsiasi discorso».

Le classiche sono state il suo periodo più nero, con problemi tecnici nelle gare a cui teneva di più
Le classiche sono state il suo periodo più nero, con problemi tecnici nelle gare a cui teneva di più
In Spagna invece le cose sono andate meglio…

Sì, nelle corse iberiche mi trovo sempre bene, sono gare che mi si adattano. Man mano ho sentito la condizione aumentare, ma non ho avuto occasioni per provare a fare qualcosa d’importante al di là di qualche piazzamento. Il 10° posto al Catalunya però ha un valore in più perché conferma che la gamba è quella giusta, anche perché è una corsa a tappe e quindi significa che pur non essendo una scalatrice ho tenuto bene in salita.

Come ti trovi nel team? L’impressione è che spesso tu sia un po’ “imbrigliata” nelle tue aspirazioni…

Effettivamente non ci sono molte occasioni, a volte vorrei poter giocare le mie carte più liberamente. Non dimentico però che questo è un lavoro e ci sono delle gerarchie, quindi svolgo il compito che mi viene dato, quel che devo fare faccio. Io per prima so che non posso essere io la capitana per fare classifica, ho altre caratteristiche. Cerco di coprire le fughe iniziali, di entrarci dentro anche se è difficile che arrivino. Io sono per natura un’attaccante, mi basterebbe avere qualche occasione in più per provarci e magari cogliere quella vittoria che mi è sempre mancata.

Nel team Ceratizit-Wnt la lombarda si è spesso trovata a correre per le compagne
Nel team Ceratizit-Wnt la lombarda si è spesso trovata a correre per le compagne
Ora che gare farai?

Per ora nulla. Sono a Livigno per preparare i campionati italiani, poi tornerò in altura a La Thuile per il Giro d’Italia. Alla corsa rosa tengo tantissimo e voglio presentarmi nelle migliori condizioni.

Parti per il Giro con quali ambizioni?

Io punterò alle tappe, so che la classifica non è per me e per quella credo che sarà la francese Kerbaol la nostra punta di diamante, pronta a scalare le gerarchie. Io vorrei trovare la fuga buona per mettere il mio marchio sulla corsa. Di frazioni adatte, con qualche asperità ma non durissime, adatte a colpi di mano, ci sono.

La Arzuffi insieme a Cédrine Kerbaol, punta della squadra per il prossimo Giro donne
La Arzuffi insieme a Cédrine Kerbaol, punta della squadra per il prossimo Giro donne
Sentendo in giro però, molte ragazze dicono che una corsa così dura come il prossimo Giro Donne non l’hanno mai vista…

Studiando le altimetrie c’è davvero da pensare, ci sono tappe improbe. Io ho parlato anche con alcune ragazze che sono andate a visionare le tappe più dure e mi hanno confermato come alcuni dislivelli siano tutti nella parte finale della tappa. Il tracciato va studiato con attenzione, voglio trovare le frazioni più adatte a me considerando anche una variabile che viene messa poco in evidenza: il caldo di quei giorni in Italia, che sarà sicuramente molto forte.

Dopo il Giro farete un punto della situazione?

So già che andrò di nuovo in altura per preparare il Tour, ma è chiaro che molto dipende da come andrà la corsa rosa. Se andrà tutto bene, faremo anche la corsa francese con le stesse ambizioni e forse, guardando il percorso, anche con qualche chance in più.

Per Arzuffi arrivano in sequenza tricolori, Giro Donne e Tour Femmes
Per Arzuffi arrivano in sequenza tricolori, Giro Donne e Tour Femmes
Questi sono giorni delicati anche per il tuo fidanzato Luca Braidot, che si sta giocando una delle due maglie azzurre per i Giochi di Parigi nella mountain bike. Come vivete l’attesa?

Sa bene che si gioca tutto, soprattutto nella tappa di Coppa del Mondo in Val di Sole che ha preparato minuziosamente. Deve esprimere il suo potenziale che è altissimo, se guardiamo il quadriennio nel suo complesso nessuno ha avuto il suo rendimento. So come lavora, deve solo raccogliere quanto ha seminato. Cerco di tenerlo tranquillo, ma in questi giorni mi sentivo in gara per lui…

Conforti e il confronto con i migliori al Giro Next Gen

16.06.2024
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MONTEGROTTO – Lorenzo Conforti nasconde gli occhi dietro grandi lenti che non fanno trasparire emozioni. Peccato che le espressioni siano talmente forti che a momenti le attraversano. E’ il miglior italiano, in quanto a piazzamenti ottenuti, in questo Giro Next Gen. Il corridore della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè ha sfiorato la vittoria in un paio di occasioni: a Saint-Vincent e Cremona.

«Ieri dovevo solo salvare le gambe – racconta – quindi mi sono messo del mio passo per arrivare al traguardo. E’ stata una tappa davvero dura, corsa in maniera veloce ma ben al sicuro dal pericolo di finire fuori tempo massimo».

Tanti piazzamenti

Conforti ha giocato le proprie carte in tutte le occasioni, poche a dir la verità. Nelle sette tappe corse fino ad ora per i velocisti, lo spazio è stato abbastanza ristretto. Tre volate, tutte diverse tra di loro, ma altrettanto impegnative.

«Sicuramente sono sorpreso di essere così competitivo – ci confessa – anche nelle tappe tutte piatte come quella di Cremona, dove ho fatto terzo. Mi sono sempre reputato un corridore da percorsi ondulati, da strappi o salite brevi. La condizione c’è, ma non sono riuscito a far bene nelle volate di Borgomanero e Cremona. Nella prima delle due sono rimasto attardato a causa delle cadute, sono partito parecchio dietro ma sono comunque arrivato sesto. A Cremona, invece, la fortuna mi ha sorriso di più. Anche in quel caso ero rimasto un po’ nella pancia del gruppo, ma il rettilineo era lungo così sono riuscito a rimontare. Il terzo posto è un buon risultato». 

Quel che Conforti cerca è un pizzico di fortuna in più, la troverà oggi a Forlimpopoli?
Quel che Conforti cerca è un pizzico di fortuna in più, la troverà oggi a Forlimpopoli?

Velocista atipico

A ben guardare Lorenzo Conforti non diresti che è un velocista, fisico asciutto e gambe toniche ma non esageratamente muscolose. Gli altri sprinter hanno sicuramente corporature più strutturate

«Loro hanno tutti fisici diversi – ragiona con noi – io sono un metro e 80 per 65 chilogrammi. Non esattamente i numeri di un velocista, però il picco di potenza ce l’ho. Gli altri hanno più watt di me nel breve ma io ho una volata più lunga, costante. Arrivando da dietro posso giocarmi comunque le mie chance».

Il Giro Next Gen è stato un modo per confrontarsi con i migliori velocisti della categoria, il bilancio è soddisfacente
Il Giro Next Gen è stato un modo per confrontarsi con i migliori velocisti della categoria, il bilancio è soddisfacente

Manca il sigillo 

Il giovane italiano è al suo secondo anno tra le fila del team di Reverberi, la sua crescita è stata lineare, a tratti anche sorprendente. 

«Ad essere onesto – racconta Conforti – non mi aspettavo di essere già a questo livello al secondo anno da under 23. L’obiettivo era quello di fare l’exploit l’anno prossimo. Però la squadra ha creduto in me e fin dalla scorsa stagione mi ha dato tante occasioni, anche di correre tra i professionisti. Impari a muoverti in gruppo e a leggere le situazioni di corsa. Manca la vittoria, unico neo di questi due anni. Nel 2024 ho ottenuto tre secondi posti, di cui uno qui al Giro Next Gen. Per noi velocisti ci sono tanti dettagli da curare, attimi da cogliere, direi che forse sta mancando un po’ di fortuna. Domani è una bella occasione, il percorso è adatto alle mie caratteristiche, il cerchio rosso l’ho messo».

Yates e Almeida, ci si gioca tutto in 16 chilometri

15.06.2024
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A prescindere da come finirà il Giro di Svizzera e la sfida (sperando che ci sia) fra i due compagni di squadra Adam Yates e Joao Almeida nella cronoscalata finale, c’è chi è già più che contento. E’ chiaro che la Uae Team Emirates porta a casa un prestigioso trofeo, ma soprattutto è soddisfatto Joxean Matxin, lo stratega della formazione che pensa già al Tour, dove ci saranno entrambi e dove entrambi saranno al servizio di Pogacar.

Yates e Almeida hanno fatto il vuoto, ancora una volta. Segno di una condizione già ideale per il Tour
Yates e Almeida hanno fatto il vuoto, ancora una volta. Segno di una condizione già ideale per il Tour

Una marcia in più

La loro condizione è evidentemente quasi al top, anche nella tappa con arrivo a Villars sur Ollion non si sono mai minimamente preoccupati né della fuga iniziale, né del lavoro della Ineos con Rivera che macinava chilometri portandosi dietro Bernal e Pidcock. Negli ultimi 3 chilometri hanno cambiato marcia per andarsi a giocare la vittoria di tappa. In tre giorni due successi per il britannico e uno per il lusitano, ma il conteggio è fallace visto che i due sono arrivati insieme e l’ordine di arrivo è dato solo dalla casualità della fotocellula.

Matxin, come detto era stato chiaro: «Tutti coloro che andranno al Tour sanno che dovranno correre per Tadej, ogni altra opzione è secondaria e dipenderà dallo sloveno». Avere luogotenenti simili, capaci di fare la differenza è per il trionfatore del Giro una garanzia ulteriore per andare a caccia della mitica doppietta. C’è però un sottotesto: con corridori in queste condizioni non è comunque da scartare anche la costruzione di un “piano B” nel caso non tutto vada come si deve per il campione vincitutto.

Bernal continua a rimanere coperto, ma è intanto terzo in classifica. Sarà protagonista al Tour?
Bernal continua a rimanere coperto, ma è intanto terzo in classifica. Sarà protagonista al Tour?

Sfida aperta su 16 chilometri

C’è però un Giro di Svizzera da onorare fino alla fine. La partita fra i due è aperta, c’è una cronoscalata ancora da affrontare con 16 chilometri che decideranno il vincitore finale. Yates ha nei confronti di Almeida 31”. Pochi? Tanti? Il portoghese ha di certo una propensione maggiore per le sfide contro il tempo e da quel che si è visto anche una condizione che raramente ha raggiunto, altrimenti non si spiegherebbe come sia stato lui a forzare l’andatura alle spalle dell’austriaco Felix Gall, per andarlo a riprendere, chiamando addirittura il compagno, rimasto con Skjelmose e Kelderman, per andare via insieme.

Fatto il vuoto alle loro spalle c’era da decidere chi doveva vincere, ma i due non si sono posti il problema: «Nessuno ha chiesto all’altro di lasciarlo vincere – ha detto Yates dopo l’arrivo – ci siamo semplicemente detti di arrivare insieme, perché avevamo vinto insieme. Joao è un’ottima persona, un compagno ideale. E’ in ottima forma e potrebbe facilmente vincere. E’ una situazione strana, magari domani questi 4 secondi risulteranno decisivi, ma ripeto, è stato frutto del caso. Io spero di poter vincere ancora, anche lui lo spera, è giusto che ce la giochiamo ad armi pari onorando la nostra maglia».

Staune-Mittet ancora non ha vinto quest’anno, ma sta crescendo a vista d’occhio
Staune-Mittet ancora non ha vinto quest’anno, ma sta crescendo a vista d’occhio

Un confronto nel segno del rispetto

Da parte sua Almeida è sulla stessa lunghezza d’onda, il che lascia aperta la tappa finale a qualsiasi esito: «Finché facciamo primo e secondo siamo entrambi felici, fra noi c’è pieno rispetto reciproco, lavoriamo per un fine comune. Io ovviamente voglio fare di tutto per conquistare la vittoria finale, so di avere un bel distacco ma so anche che la frazione conclusiva può favorirmi. Noi abbiamo costruito la corsa come meglio non si poteva, domani possiamo divertirci e vinca il migliore, sicuramente chi sarà secondo sarà comunque contento».

Non c’è però solo la Uae e questo Giro di Svizzera un po’ schiacciato dalla squadra numero uno al mondo lo scorso anno mette in mostra anche altri corridori, qualcuno di quei giovani che cercano i raggi del sole. Uno di questi è Johannes Staune-Mittet, norvegese che conosciamo bene vista la sua vittoria al Giro Next Gen dello scorso anno. Oggi è entrato nella fuga di giornata ma poi si è sorbito 55 chilometri di fuga solitaria e quando a una quindicina dal traguardo aveva ancora oltre un minuto e mezzo, qualcuno dei mammasantissima ha iniziato anche a preoccuparsi…

Il giovane yankee Riccitello, chiare origini italiane, molto forte in salita
Il giovane yankee Riccitello, chiare origini italiane, molto forte in salita

I giovani emergenti

«E’ stato un bello sforzo e comunque sia andata io sono soddisfatto – ha dichiarato all’arrivo – Erano tanti chilometri, l’arrivo in salita era troppo importante per chi lotta per la vittoria finale, ma intanto credo di aver fatto qualcosa d’importante. E’ il mio primo anno nel WorldTour e c’è tanto da imparare, verranno occasioni anche per me per emergere».

Un altro da tenere d’occhio è Matthew Riccitello. Il cognome non deve trarre in inganno, viene dall’Arizona, anche lui come il norvegese della Visma-Lease a Bike ha 22 anni e fa parte di quella nidiata di talenti pescati dalla Israel nel nuovo ciclismo a stelle e strisce, come quel Sheehan che lo scorso anno sorprese tutti alla Parigi-Tours: «E’ stata dura tutto il giorno – ha detto lo statunitense che ha chiuso 3° a 14” dalla coppia regina – Sull’ultima salita ho provato a tenere Yates ma ero un po’ stanco. Comunque è stata una buona giornata, la condizione è solida e comincio ad abituarmi a stare in mezzo ai grandi. Il podio finale è lontano oltre un minuto, forse un po’ troppo, ma voglio dare qualcosa al team che mi ha supportato molto in questa corsa».

Per Cavendish la notizia arrivata in corsa della nomina a baronetto da parte di Carlo III
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Finita la corsa, si torna nei ranghi…

Quella sua, come per Bernal che è terzo e zitto zitto continua a progredire, o come per Skjelmose, il campione uscente che vuole abdicare con l’onore delle armi, sarà un’altra corsa rispetto a quella della “premiata coppia”. Alla fine si vedrà chi alzerà la coppa, poi però si tornerà nei ranghi: c’è un Tour da vincere e l’uomo per farlo, in casa Uae, non è in Svizzera…

A Zocca vince Artz, ma i riflettori sono tutti per Privitera

15.06.2024
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ZOCCA – Occhi azzurri e guance rosse per lo sforzo, Huub Artz si presenta alla conferenza stampa dopo il podio ancora con i segni della fatica addosso. L’olandese classe 2002 della Wanty-ReUz, che ha già in mano un contratto di due anni con il team WorldTour, centra il suo secondo successo stagionale. Prima di oggi aveva alzato le braccia al cielo nella Gent-Wevelgem under 23. A Zocca ha messo la firma su un’altra vittoria importante (in apertura foto LaPresse). 

«Oggi era la tappa giusta per me – dice Artz – sono veramente felice di com’è andata. Non sono ancora sicuro che tipo di corridore sono, sicuramente dopo la tappa di ieri non mi piacciono le salite lunghe. Penso di essere un corridore da Classiche o tappe come queste, con strappi brevi. L’anno prossimo sarà tutto da scoprire, spero di fare un bell’inverno e di crescere con i giusti passi. Magari sarò pronto per vincere subito oppure mi servirà un periodo di adattamento. Ho già corso con i professionisti, ma l’anno prossimo sarà sicuramente diverso».

Scatto di rabbia

48 secondi dopo Artz taglia il traguardo Samuele Privitera. Il volto tirato in una smorfia di dolore e le gambe che faticano a far girare i pedali. Anche lui è uno dei famelici ragazzi classe 2005 che in questo Giro Next Gen stanno prendendo ruoli da assoluti protagonisti. 

«Questa prima avventura al Giro Next Gen non è partita nel migliore dei modi – racconta – dopo la cronometro iniziale ho avuto febbre e raffreddore. A Pian della Mussa sono arrivato alla fine della tappa per miracolo, non nascondo che ho pensato di andare a casa. Anche ieri a Fosse ero ancora intasato, ma mi ero ripromesso che con la condizione che avevo era doveroso provare qualcosa. Così oggi, nei primi chilometri, ho fatto uno scatto e sono uscito dal gruppo. Mi ha seguito Isidore e siamo stati 20 chilometri al vento, spingendo al massimo. Sono rientrati anche gli altri sei ragazzi e siamo andati al traguardo di comune accordo».

Privitera, in maglia bianca, è stato il primo a rispondere all’attacco di Artz (foto LaPresse)
Privitera, in maglia bianca, è stato il primo a rispondere all’attacco di Artz (foto LaPresse)

Orgoglio e rivalsa

Nel momento più difficile della stagione ha tirato fuori dal cilindro la sua migliore prestazione. Sintomo di quanto bruciasse dentro di lui il fuoco della rivincita. 

«Ho pensato – spiega con energie nuove – che fosse tutto un fattore mentale. Mi sono detto che era giunto il momento di farsi furbo e provare a risparmiare qualcosa in pianura. Non ho dato proprio tutti i cambi e iniziata la salita finale ho spinto al massimo. Peccato perché sono arrivato a pochissimo dalla vittoria, è contata più la testa che le capacità. Oggi è un terzo posto di cuore. Il Giro Next Gen mi ha fatto crescere tantissimo, sia mentalmente che fisicamente. Resistere alla tentazione di abbandonare e fare terzo in una tappa del genere mi ha fatto fare uno step importante».

Sul traguardo è stremato, ma oggi ha dimostrato di avere tanta forza d’animo e di volontà
Sul traguardo è stremato, ma oggi ha dimostrato di avere tanta forza d’animo e di volontà

Dalla bici ai libri

Privitera, al suo primo anno da under 23 alla Hagens Berman Jayco, ha fatto passi in avanti da gigante. 

«Quest’anno – conclude Privitera – sono stato in costante crescita dall’inverno fino ad adesso. Prima di venire qui al Giro ero all’Alpes Isère e ho pedalato benissimo, con numeri molto buoni. Devo solo dire grazie alla squadra perché non ci manca mai nulla: nutrizionista, cuoco, massaggiatori… Axel Merckx in me crede tanto, è stato il primo a dirmi di non mollare, è un diesse con la “D” maiuscola. Domani finisce questa avventura e iniziano gli esami di maturità, quindi la testa andrà lì. Poi mi concentrerò sul ciclismo, che ad ora è diventato il mio lavoro, anche se non escludo di iscrivermi all’Università: Scienze Motorie».

Dopo mille peripezie la forma di Oldani è da Tour, ma ci sarà?

15.06.2024
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Se dovessimo descrivere per filo e per segno quel che Stefano Oldani ha passato al Giro d’Italia non basterebbe un libro. Il lombardo della Cofidis ha lasciato anzitempo la corsa rosa e ora si spera possa essere al via del Tour de France, il suo obiettivo sin da inizio stagione. 

Oldani ha appena lasciato il ritiro a Livigno, dove ha lavorato davvero sodo ai 1.800 metri della località valtellinese. Tra l’altro lui è un habitué del luogo, conosce bene i percorsi e ha i suoi riferimenti. Motivo in più per credergli quando dice che si sente finalmente bene.

Stefano Oldani (classe 1998) in ritiro a Livigno
Stefano Oldani (classe 1998) in ritiro a Livigno
Stefano, partiamo dal Giro, un ritiro per tendinite…

Sono arrivato al Giro che non lo avevo preparato come volevo, come sempre. Non era nei programmi, ma comunque c’ero e bene così. E’ successo che nei primi tre giorni ho avuto problemi intestinali. Ho pensato fosse una questione dei gel, non prendendoli da qualche giorno magari mi avevano fatte male. E invece era un virus. Dopo la tappa degli sterrati ho avuto qualche problema al tendine d’Achille, ma ormai ci sono abituato.

In che senso?

Sì, ci convivo e tutto sommato so come tenerlo a bada. Anche l’anno in cui ho vinto la tappa ci stavo combattendo. Ma andando avanti, dopo qualche giorno si è ammalato un direttore sportivo. Ha viaggiato con noi e mi sono preso un altro virus: tracheite. Al giorno di riposo ho iniziato persino gli antibiotici, tanto ero messo male. Alle fine si è fatto risentire il tendine e a quel punto mi sono ritirato. L’ho fatto con 2-3 tappe di anticipo, visto che comunque mi sarei fermato al termine della seconda settimana.

Chiaro, tenere duro per cosa?

Mi sarei solo finito. Meglio pensare al Tour a quel punto, che era invece nei programmi.

Quindi sei tornato a casa e cosa hai fatto?

Tre giorni di riposo assoluto e poi per una settimana ho fatto 3 ore tranquille per mandare via del tutto la tracheite e mantenere la muscolatura e il resto. A quel punto sono salito a Livigno.

Nonostante la frattura dello scafoide, Oldani ha inanellato 37 giorni di corsa. Eccolo al Romandia
Nonostante la frattura dello scafoide, Oldani ha inanellato 37 giorni di corsa. Eccolo al Romandia
Un bel po’…

Sì sono sceso giusto ieri. Ho fatto tre settimane piene. Già ero migliorato in quella settimana a casa ma dopo che sono salito a Livigno davvero meglio. Ho rifatto la base giusta, quella che mi era mancata dopo la frattura dello scafoide in primavera. Mi sono allenato con i miei metodi, le mie abitudini, vedo che i numeri sono buoni e per questo sono molto fiducioso.

Farai il campionato italiano?

Sì, ora intanto farò il campionato italiano e poi c’è da capire se andrò al Tour de France. Ho fatto il Giro per andare incontro alla squadra, mi spiace che sia messa in dubbio la mia partecipazione fino all’ultimo.

Non è facile affrontare l’italiano venendo direttamente dall’altura…

Diciamo che scendo in tempo per poter fare bene e farmi trovare pronto, ma certo non è facile, perché serve anche un po’ di fortuna in una corsa di un giorno. Mi sono preparato molto bene, dico di stare in forma e al tempo stesso so qual è il livello del Tour. Quindi se lo dico è perché può essere un bene per me e per la squadra. Altrimenti sarei il primo a non andare. Altrimenti sarebbe un boomerang.

Restare ottimisti è un imperativo in questa fase della stagione per Stefano
Restare ottimisti è un imperativo in questa fase della stagione per Stefano
Quando saprai se sarai parte della squadra per la Grande Boucle?

Credo dopo l’italiano.

Avete già un “piano B”?

Non ancora, ma in quel periodo c’è il Giro di Slovacchia. Immagino che l’alternativa potrebbe essere quella, ma lo valuteremo. Io spero di andare al Tour perché so come sto. Poi è anche vero che il Tour è una bella esperienza, ma a quel punto l’importante è correre.

Stefano denoti sicurezza, hai parlato di metodi in quota, di riferimenti…

Ho svolto al meglio i miei lavori e anche di più. Di solito venivo in quota per due settimane, stavolta per tre. Avevo con me un massaggiatore che tutti i santi giorni mi ha trattato. Ho fatto una grande volume di lavoro, mangiato bene… Io più di così proprio non posso fare e per questo sono tranquillo.

Moscon sullo Stelvio prepara il tricolore e la sfida del Tour

15.06.2024
6 min
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L’ultimo bollettino della neve sullo Stelvio parla di 90 di minima e 340 di massima: per essere giugno, davvero tanta roba. Moscon è arrivato lassù mercoledì sera e giovedì si è limitato a una girata sui rulli. Poi il lavoro è entrato nel vivo. Mancano due settimane all’inizio del Tour, una ai campionati italiani. Il trentino ha preferito un richiamo di altura vicino casa, piuttosto che raggiungere i pochi compagni che si sono ritrovati a Isola 2000 con Evenepoel.

E’ notizia di due giorni fa che un’altra importante pedina della Soudal-Quick Step per la sfida francese sia finito fuori gioco. Martedì, Pieter Serry (35 anni) è stato investito da un’auto durante un allenamento a Kruishoutem. Non ha riportato fratture, ma a causa della commozione cerebrale, la sua vista non è ancora al 100% impedendogli di allenarsi. Se Serry non sarà della partita, la responsabilità sulle spalle di Moscon sarà parecchio superiore. Non tanti corridori della squadra belga sanno cosa significhi lavorare per un leader di classifica al Tour, Gianni è l’unico ad averlo fatto negli anni di Sky, correndo nei team che vinsero la maglia gialla con Thomas e con Bernal alla Ineos.

Lo troviamo nel tardo pomeriggio, lupo di montagna sul passo che tre settimane fa respinse il Giro d’Italia. Il tono di voce calmo di chi ha faticato e ora riduce i giri per recuperare. L’accento trentino che chiudi gli occhi e ti sembra di vedere Moser. Gianni Moscon è uno di quelli su cui scommetteresti ancora un mese di stipendio, eppure ogni volta sulla sua strada ha trovato ostacoli troppo alti. Nel suo carattere, nelle opinioni altrui, nella salute. La ripartenza alla Soudal-Quick Step ha toni e ambizioni diverse, ma si capisce che la voglia di spiccare ci sarebbe ancora e viene tenuta giù per realismo e opportunità. Eppure fa di tutto per abbassare i toni, ridurre le aspettative o tenerle lontane.

Moscon ha partecipato al Tour 2019 vinto da Ineos con Bernal: eccolo alla Grand Depart da Bruxelles
Moscon ha partecipato al Tour 2019 vinto da Ineos con Bernal: eccolo alla Grand Depart da Bruxelles
Sei andato su per… sciare?

Quando sono arrivato (sorride, ndr) aveva appena smesso di nevicare e ne aveva fatti altri 15 centimetri. Il primo giorno ho fatto rulli, ma poi si scende e al ritorno farò la salita. Sono quassù da solo, mi viene comodo venirci da casa. Se vai lontano, stai via così tanto tempo che quando inizia il Tour sei già stufo. Una parte della squadra è in Francia, ma non sono tutti. Fra poco ci sono i campionati nazionali, ritiri tutti insieme ne abbiamo già fatti.

Come sta andando la preparazione al Tour? Al Delfinato ti è toccato lavorare parecchio…

Benvenga, insomma, che ci sia da lavorare: vuol dire che si va bene. Speriamo di avere lavoro anche al Tour. Al Delfinato siamo andati bene.  Anche la prestazione di Remco è stata buona, considerando da dove viene, dall’infortunio dei Baschi. Se penso a come l’ho visto a Sierra Nevada nel ritiro di maggio… Era molto indietro e vederlo vincere la cronometro e perdere solo poco in salita, vuol dire che sta recuperando bene. Fare nei dieci al Delfinato vuol dire che vai già forte. E quindi penso che se migliora da qui al Tour, potrebbe fare davvero bene.

Gianni invece come sta?

Sto bene, ho sensazioni positive e numeri anche positivi. Poi si va sempre più forte, quindi ormai dovrei migliorare un 10 per cento per essere competitivo con i primi. Perciò faccio il mio, cerco di rendermi utile alla squadra finché riesco. Le ambizioni personali sono sempre lì, ma ci vogliono le gambe. Quando vai alle corse ti scontri con la realtà e mi sembra oggettivo che adesso si vada più forte di quando vincevo. Devi riuscire a trovare qualcosa in più. Perciò continuo, faccio il mio. E quando vedo che sono competitivo per giocarmi le corse, me le gioco. Altrimenti cerco di capire la mia posizione e rendermi utile.

Alla Soudal-Quick Step, Moscon ha avuto spazio per sé al Nord, poi è passato al servizio dei capitani
Alla Soudal-Quick Step, Moscon ha avuto spazio per sé al Nord, poi è passato al servizio dei capitani
Anche quello è un ruolo importante, del resto…

E’ un lavoro apprezzato, se uno lo fa bene. Certo che è bello essere davanti e giocarsi le corse, si può anche fare, ma non per tutto l’anno. Sono molto contento della squadra. Mi stanno dando gli spazi che cercavo e un ruolo in cui mi sto muovendo bene.

Tu ha vissuto le vigilie del Team Sky che andava per vincere il Tour: ci sono affinità con quella di quest’anno?

Remco va in Francia per la prima volta. Ci sono delle similitudini su come si lavora, alla fine bene o male si fanno tutti le stesse cose. Quelle che cambiano semmai sono le consapevolezze. Il Team Sky con cui si andava al Tour era comunque una squadra già rodata, ognuno aveva il suo ruolo e sapeva alla perfezione come farlo. Si conoscevano le potenzialità di ognuno e per quello si veniva selezionati. Qui invece, tolti Remco e Landa che sono due campioni che tutti conoscono, per il resto bisogna trovare un po’ di equilibri. Non si tratta di una squadra organizzata per lavorare. Anche nell’ottica ipotetica di avere la maglia gialla, non so se sarebbe una squadra in grado di gestirla.

E come si fa?

Penso che ci si improvviserebbe strada facendo. E poi l’esperienza dice che se c’è da lavorare per un obiettivo più grande, tutti riescono a dare il massimo. Viene più naturale.

Quell’esperienza ti è rimasta addosso?

Sì, assolutamente. Per me è naturalissimo correre come serve in un Tour e penso di poterla mettere a disposizione della squadra. Penso che potrei avere un ruolo importante in questo senso. Detto questo, il Tour è una corsa dove se hai le gambe, qualche soddisfazione te la togli. Come dico sempre, l’importante è avere le gambe.

Moscon porterà la sua esperienza di Tour. Landa è un veterano, Evenepoel sarà al debutto
Moscon porterà la sua esperienza di Tour. Landa è un veterano, Evenepoel sarà al debutto
Gli ultimi due anni all’Astana sono stati buttati per entrambi, oppure in termini di esperienza a qualcosa sono serviti?

Diciamo che non sono stati i due anni migliori per me, per vari motivi. Però alla fine penso che ogni cosa faccia parte di un disegno più ampio. Bisogna tirare le somme alla fine. Magari tra cinque anni capirò che quei due anni mi hanno insegnato qualcosa, mi hanno dato una formazione che mi tornerà utile per affrontare altre situazioni. Da questo punto di vista, non sto a guardare gli anni persi, ma guardo avanti.

Il campionato italiano può essere un obiettivo oppure l’ultima distanza prima del Tour?

Sicuramente è un obiettivo. Ultimamente non ci sono più certezze, tu vai forte, gli altri vanno forte. Per cui cosa vi posso dire? La prendo come una corsa qualunque, vado a Firenze e do il massimo. Poi quello che viene, viene. Ormai non mi sento più in grado di dichiarare gli obiettivi, perché il livello è così alto che per dare garanzie ci vuole essere davvero superiori.

Quando scendi da lassù?

Penso mercoledì, in tempo per cambiare la valigia e andare giù a Firenze. I tempi sono molto stretti, sono già fortunato ad aver passato due giorni a casa, lunedì e martedì. Per cui adesso sono qua per allenarmi. Fuori c’è un bel panorama, il cielo è limpido. Speriamo che regga così.

Widar affonda il colpo, vince in rosa e gli avversari crollano

14.06.2024
4 min
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FOSSE – Sembra tutto semplice per Jarno Widar, il giovane belga della Lotto Dstny Development che ha stregato il Giro Next Gen e i suoi avversari. Seconda vittoria, la prima indossando la maglia rosa, per di più nella tappa regina. Widar ha 18 anni, è classe 2005, nato a novembre. Fisico magro e statura da fantino, i dati parlano di 166 centimetri per 52 chilogrammi. 

Lo scorso settembre si era presentato al mondo vincendo le prime due tappe del Giro della Lunigiana. Ora Widar si è presentato al grande pubblico del ciclismo vincendo altrettante tappe al Giro Next Gen. Durante l’inverno non è cambiato affatto: stesso sorriso, volto giovane e una voce talmente flebile che si fa fatica ad udirla. 

Avversari domati

Questa mattina l’intento del gruppo e dei suoi avversari era di scalzare Widar dal primo posto. Fin da subito la corsa si è fatta a ritmi elevati, con una prima ora di corsa fatta a quasi 54 chilometri orari di media. Lui non si è scomposto, ha seguito il ritmo e sull’ultima salita ha lasciato fare. 

«Abbiamo fatto forte ogni salita – racconta Widar dietro al palco delle premiazioni – i miei compagni non sono rimasti con me, si sono staccati sulla prima salita. L’unico a rimanere al mio fianco è stato Milan Donie. Abbiamo parlato, io stavo bene e gli ho chiesto di mantenere un ritmo alto finché avesse potuto, un grazie speciale se lo merita. La Tudor sulla salita finale ha lavorato per Rondel e ha cercato di farmi saltare, senza riuscirci. Non so quale fosse la loro tattica ma non importa molto».

Dopo aver perso tutta la squadra subito è toccato a Donie Milan caricarsi la corsa sulle spalle (foto LaPresse)
Dopo aver perso tutta la squadra subito è toccato a Donie Milan caricarsi la corsa sulle spalle (foto LaPresse)

Mettersi alla prova

A inizio stagione Widar aveva detto di volersi mettere alla prova nelle corse a tappe e così ha fatto. Il risultato però è sorprendente, perché oltre ai due successi al Giro Next Gen il belga aveva fatto sua anche l’Alpes Isère Tour

«Mi sento davvero molto bene – continua – forse come non mi sono mai sentito prima. E’ la prima volta che arrivo al sesto giorno di corsa, le precedenti corse a tappe si erano fermate a cinque. Vincere la tappa di oggi mi dà ottime sensazioni e davvero tanto morale. Questa mattina il sogno era portare a casa la vittoria, così è stato. Mi rendo conto che la condizione è veramente buona, vedermi così forte in una corsa a tappe dura come il Giro Next Gen mi fa pensare di aver trovato la mia strada».

Wouter Toussaint è il grande sconfitto di giornata che scivola fuori dalla top 15, qui consolato da Gualdi
Wouter Toussaint è il grande sconfitto di giornata che scivola fuori dalla top 15, qui consolato da Gualdi

In sicurezza

Poco prima di partire alla conquista del Giro Next Gen Jarno Widar ci aveva detto che l’obiettivo sarebbe stato il podio. Alla luce dei risultati ottenuti è possibile pensare di alzare l’asticella?

«Non saprei – conclude tra uno sbadiglio e un tremolio per il freddo il detentore di tre maglie sulle quattro conquistabili – per prima cosa penso a portare a casa questo successo. Dovrò restare al riparo e lontano dai pericoli. Penso che le minacce, nei prossimi giorni, arriveranno dai puncher e non dagli scalatori. Vincere con questa maglia (la rosa, ndr) è speciale, lo sognavo quando ero piccolo e sono contento di averlo fatto già al primo anno da under 23».