Come si insegna il ciclismo ai ragazzi? L’esempio di Puerini

09.11.2024
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Dietro alla stagione ricca di successi degli allievi del Pedale Chiaravallese c’è un metodo di lavoro ormai assodato, che vi abbiamo raccontato con le parole di Marco Belardinelli. Lo stesso consigliere del team marchigiano ha sottolineato con le sue parole che il grande apporto arriva da chi questi ragazzi li allena giorno dopo giorno. La frase che più ha stuzzicato la nostra curiosità è stata una.

«Siamo consapevoli di avere dei talenti – ci aveva detto – ma è stato bravo l’allenatore a leggere le caratteristiche di ognuno e fare il suo lavoro. All’80 per cento in un successo in questa categoria conta il talento, per il restante 20 per cento conta il metodo. Più si diventa grandi meno il talento pesa a discapito del metodo. Il nostro obiettivo è insegnare loro cosa vuol dire essere dei corridori.

In alto, da destra verso sinistra ci sono Alberto Puerini e i due collaboratori: Tommaso Fiorini e Tommaso Lancioni
In alto, da destra verso sinistra ci sono Alberto Puerini e i due collaboratori: Tommaso Fiorini e Tommaso Lancioni

Parola all’allenatore

Stiamo parlando di Alberto Puerini, allenatore del team allievi, al quale chiediamo subito cosa vuol dire insegnare a questi ragazzi come si diventa ciclisti. Di lui si può dire, in breve, che è stato uno dei dilettanti italiani più forti degli anni 90, pur non essendo mai passato professionista. Si trovò a duellare in salita negli anni di Pantani, Belli e Casagrande, indossando la maglia della Sicc Cucine di Jesi. Ricordi che sembrano lontanissimi, ma che sono indelebili nella memoria di chi ne è stato testimone.

«Abbiamo avuto 20 ragazzi allievi – dice Puerini – e non sono pochi. In più erano suddivisi in tutte le specialità: strada, pista, mountain bike e ciclocross. Non lavoro da solo, ci tengo a sottolineare, ma mi avvalgo dell’aiuto di due ragazzi. Sono ex atleti del team, hanno corso da noi fino alla categoria juniores. Sono Tommaso Fiorini e Tommaso Lancioni, entrambi hanno un fratello che corre con noi: Edoardo e Teo.

«Avere due aiutanti – spiega – è una grande mano e siamo orgogliosi che due ragazzi che hanno smesso di correre abbiano comunque deciso di rimanere nel team, anche con un ruolo diverso. Quello che li spinge è il voler proseguire nel mondo del ciclismo ma con un ruolo diverso e con tanta passione per questo sport. Spesso li tengo con me, anche durante gli allenamenti: loro in bici con i ragazzi e io in ammiraglia. Concordiamo insieme il lavoro da fare e spesso li lascio fare da soli, per imparare».

La gara serve per testarsi e mettersi alla prova, sostenendosi a vicenda
La gara serve per testarsi e mettersi alla prova, sostenendosi a vicenda
Quindi alla base di una squadra vincente c’è un’altra squadra…

I due Tommaso mi aiutano tanto, ho 57 anni e ho vissuto un ciclismo tanto diverso, sia da corridore che come diesse. Avevo smesso, per questioni familiari, poi cinque anni fa sono salito nuovamente in ammiraglia. Avere due ragazzi giovani al mio fianco permette di instaurare un contatto diretto con i corridori. Si trovano a interfacciarsi con persone più vicine alla loro età e fanno meno fatica a capirsi. Il loro è un compito importante perché riescono a trovare una chiave di comunicazione con i ragazzi per entrarci in sintonia. Riuscirci vuol dire anche saper poi tirare fuori il massimo da ognuno di loro.

Da cosa si parte?

Sembra scontato ma dalla passione. Se c’è questo aspetto allora tutto è più facile. Poi bisogna entrare nelle loro grazie per farsi ascoltare, ma il ciclismo ormai è molto pratico. I ragazzi chiedono di fare e provare e poi si corregge il tiro. A volte arrivano a pretendere troppo da loro stessi, devono capire che in questa categoria si deve imparare tanto. 

Qui nel ritiro fatto a luglio, dove hanno lavorato anche con figure esterne, come uno psicologo
Qui nel ritiro fatto a luglio, dove hanno lavorato anche con figure esterne, come uno psicologo
Si deve imparare a essere ciclisti…

E lo si fa mattone dopo mattone. Ci vuole tempo, ma spesso arrivano a voler bruciare le tappe. Questo perché vedono il ciclismo ora, dove tra gli juniores sei già chiamato a vincere. E non tutti possono diventare ciclisti, ma vedi già chi ambisce a diventare diesse. Ci sono ragazzi che magari non hanno le qualità atletiche ma li muove una passione incredibile. Vogliono conoscere, capire e apprendere. Tutte cose che possono portarli a diventare dei diesse. 

In che modo cerchi di insegnare loro il ciclismo?

Si parte dalla pratica. Il discorso pre gara lo facciamo ma non mi interessa molto. Io voglio parlare con loro alla fine, quando hanno compiuto le loro scelte e capire insieme il perché. Parlo al gruppo, loro mi rispondono e si confrontano. Poi tocca a me dire come avrebbero potuto fare in una determinata situazione. Sono delle spugne. Ho in testa un’immagine del campionato italiano cronometro a squadre che fa capire tanto di come lavoriamo. Dopo l’arrivo, nonostante avessimo vinto, ho parlato con i ragazzi e spiegato loro qualche dettaglio su come migliorare ancora. Anche se si vince ci sono sempre delle cose da migliorare. 

I ragazzi del Pedale Chiaravallese passano anche del tempo in palestra, imparando ad allenarsi con gli attrezzi
I ragazzi del Pedale Chiaravallese passano anche del tempo in palestra, imparando ad allenarsi con gli attrezzi
Ci sono altri episodi di cui ha ricordo?

Nell’arco di una stagione ce ne sono tanti. Quello che mi piace è farli lavorare e correre con l’istinto. Dico sempre: «Quando siete in gara parlatevi, agite e se poi non viene bene una cosa capiamo il perché». E’ importante capire il motivo per il quale si fanno determinate scelte. Ora si fa fatica a imparare a correre, i ragazzi hanno tanti strumenti: misuratore di potenza, cardiofrequenzimetro, preparatori, nutrizionisti. Sono molto preparati, ma sopra alla bici comanda sempre l’istinto. 

E questi ragazzi di cosa hanno bisogno per far crescere il loro istinto?

Forse mancano di coraggio e intraprendenza. Questi strumenti nuovi servono per analizzare bene i dati ma bloccano un po’ il corridore. Prima si guardava meno al poter risparmiare energie e si correva ascoltando il proprio fisico. Per un ragazzo giovane è fondamentale questo aspetto. 

Coach Puerini con uno dei genitori, che non fanno mancare il proprio supporto al team e ai ragazzi
Coach Puerini con uno dei genitori, che non fanno mancare il proprio supporto al team e ai ragazzi
Passando all’aspetto tecnico, invece?

Si allenano meno, ma con maggiore intensità. Noi abbiamo una media di 12 ore a settimana. L’allenamento lungo è da 3 ore, massimo 3 ore e 30 minuti. A inizio stagione, gennaio per intenderci, non usciamo nemmeno tutti i giorni, ma un paio a settimana. Poi si aumenta gradualmente fino ad arrivare alle 12 ore che dicevamo prima. Una cosa che abbiamo provato quest’anno e che è andata bene è il correre con programmi delineati. Quindi non si corre tutte le domeniche ma si riposa, per arrivare più freschi alle gare sulle quali si punta. 

Un metodo da “adulti”. 

Più che da adulti quasi conservativo. Comunque sono ragazzi di 15 e 16 anni, hanno tanti altri impegni oltre al ciclismo. C’è la scuola, la famiglia, gli amici. Vero che se si vuole diventare corridori serve correre e migliorare, ma il riposo non è un fattore da sottovalutare. A qualsiasi età.

La nuova Polti-Kometa. Cambiamenti nel segno della continuità

09.11.2024
5 min
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Una delle principali voci dell’ambiente ciclistico in questa fase di passaggio tra la vecchia e la nuova stagione è legata alla Polti-Kometa. Può sembrare strano se consideriamo che ufficialmente ci sono solo 3 nuovi innesti, con il maltese Aidan Buttigieg insieme a due neopro’ (uno dei quali è Raccagni) a fronte di 4 partenze (una pesante, quella di Paul Double), ma il mercato e soprattutto l’evoluzione di una squadra non sono dati solo dai nomi di chi arriva e chi se ne va.

4 vittorie per la Polti-Kometa nel 2024: 2 con Piganzoli, una per Lonardi e Restrepo, tornato in Colombia
4 vittorie per la Polti-Kometa nel 2024: 2 con Piganzoli, una per Lonardi e Restrepo, tornato in Colombia

Ivan Basso non si tira indietro, quando gli viene riferito come i fari dell’attenzione siano più accesi che mai sulla sua creatura e misura bene le parole per tracciare i passi principali di quello che potrebbe essere un punto di svolta: «Io però più che chiamarlo così, vorrei che si parlasse di un processo di continua crescita che anche nel 2025 vedrà il team compiere passi avanti. Noi stiamo mettendo a punto strategie fatte di decisioni importanti, che riguardano non solo i corridori, ma anche lo staff e soprattutto tutta l’intelaiatura che tiene in piedi il nostro progetto. Ogni innesto deve essere attentamente considerato».

Da quel che si vede è in atto però un’opera di ringiovanimento, nel roster e non solo…

E’ il passo che stiamo facendo in questo periodo storico del nostro team. Cerchiamo di muoverci con attenzione guardando al budget ma anche ai nostri obiettivi. Per questo dico che avere trattenuto Piganzoli e Lonardi, ma anche Maestri significa avere mantenuto le colonne portanti del team e questo non può essere dato per scontato nel ciclismo che viviamo, perché è uno sforzo importante, che deve essere riconosciuto. Considerate che sono corridori profondamente rivalutati rispetto a 1-2 anni fa, con un valore molto diverso.

Piganzoli a destra, sul podio dell’Emilia con due mostri sacri come Pidcock e Pogacar
Piganzoli a destra, sul podio dell’Emilia con Pogacar
Sin dall’inizio il tuo progetto è stato molto seguito e attirava intorno a sé grandi speranze legate a tutto il ciclismo italiano. Ritieni di essere arrivato al punto che volevi per questo specifico momento?

Difficile da dire, ma posso ritenermi soddisfatto e orgoglioso, perché non conta solo dove vuoi essere, ma anche come ci arrivi. I processi di crescita non seguono sempre i tempi che uno ha preventivato, possono essere più o meno veloci. Io dico che di strada ne abbiamo fatta tanta, abbiamo una posizione consolidata, ma il processo di crescita è ancora molto lungo.

Una novità profonda nel vostro assetto è il voler dedicare un grande spazio all’attività juniores a discapito di quella under 23. Perché?

Abbiamo studiato la situazione, l’evoluzione del ciclismo e abbiamo capito che ciò che cercavamo è in quella fascia che copre allievi e juniores. Attenzione però, perché sappiamo anche noi che non sono tutti fenomeni a 17 anni, che per uno che emerge subito ce ne saranno altri che avranno bisogno di più tempo. Io penso ad esempio che la fascia under 23 abbia fatto il suo tempo, sia più indicato muoversi attraverso una fascia under 21, nella quale quei due anni post attività juniores permetterebbero ai ragazzi di continuare a crescere senza sentirsi troppo pressati. D’altro canto scendiamo nel dettaglio dell’attività di ragazzi di 17 e 18 anni e vedremo che attualmente ci troveremo di fronte a varie fasce di attività.

Per Lonardi tanta fiducia dal team, che ha deciso di rafforzare il suo treno per le volate
Per Lonardi tanta fiducia dal team, che ha deciso di rafforzare il suo treno per le volate
Quali?

Troverai quelli più bravi che vanno subito nel WorldTour, quelli che approdano nei devo team, quelli che vanno nelle professional e infine quelli che vanno nei team under 23. E’ un sistema che non mi piace, significa che questa categoria prende corridori di quarto livello. Io poi, di un corridore giovane, non voglio guardare solamente i risultati.

Che cosa cerchi allora?

Io devo avere un compendio molto ampio d’informazioni, dove i risultati hanno un peso, ma voglio sapere anche quali gare hanno fatto, quanta altura, quante ore di allenamento, che scuola frequentano, come si relazionano con i compagni. A proposito degli studi, il rendimento scolastico sarà una conditio sine qua non per gareggiare: se anche una sola materia non va bene, niente gare. Io voglio un team di ragazzi ai quali chiedo risposte non immediate, ma fra 3 anni. Solo così possiamo lavorare per costruire insieme il loro futuro.

Maestri, reduce da un’ottima stagione che l’ha portato in nazionale, sarà il regista del team
Maestri, reduce da un’ottima stagione che l’ha portato in nazionale, sarà il regista del team
Come mai finora vi siete mossi così poco?

Stiamo valutando tantissime situazioni, ma devono essere tutte funzionali alle nostre colonne di riferimento. Se vuoi davvero crescere come team, significa che quelli bravi devi tenerli e fare in modo che diventino bravissimi ed è questo il nostro obiettivo. Per farlo, devi avere le spalle coperte. Per me è motivo di grande soddisfazione avere coinvolto ancora la Polti che è un marchio storico nel ciclismo e che si è rilanciato prepotentemente, ma lo è anche sapere che Kometa dopo 7 anni al nostro fianco si è deciso a prolungare per altri 2 anni, o che abbiamo VisitMalta per altri 3, o ancora che abbiamo definito, è notizia di questa settimana, la sponsorizzazione di un marchio prestigioso come Yamamay.

Questo vi dà ulteriore spinta per il mercato?

Sicuramente, infatti oltre ai nomi già sicuri abbiamo definito l’approdo di un giovane di talento come Crescioli e di un corridore già strutturato e funzionale per il nostro team come Zoccarato. Mancano a nostro avviso ancora due innesti, ma stiamo valutando, non inseriremo nomi a caso.

Zoccarato è l’acquisto dell’ultim’ora, ancora non ufficializzato dalla squadra
Zoccarato è l’acquisto dell’ultim’ora, ancora non ufficializzato dalla squadra
Obiettivamente, rispetto a quando avete iniziato la vostra avventura imprenditoriale, le regole dell’UCI in continua evoluzione hanno rappresentato una difficoltà non prevista?

Questo è un tema molto delicato, per il quale ci vorrebbero ore di discussione… Possiamo dire che noi siamo d’accordo che ci sia un ranking che stabilisca le gerarchie, ma che queste hanno valore se c’è equità. Per il resto è un tema che ha mille sottotemi da affrontare. Magari lo faremo più avanti…

ERE Research, marchio giovane a misura di WorldTour

09.11.2024
5 min
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ERE Research è un’azienda che inizia il suo percorso tra il 2017 e 2018, punta sulla componentistica di alto livello con prezzi competitivi. Il catalogo abbraccia diverse categorie di accessori e le ruote occupano un ruolo di primo piano. Con esse nel corso della stagione hanno corso anche gli atleti della Intermarché-Wanty.

ERE Research lancia Omnia II CLR45, ovvero una ruota dai contenuti tecnici elevati, sviluppata per essere performante su strada e nel gravel leggero. Molto interessante il prezzo di listino di 999 euro. Abbiamo chiesto a Piet Van der Velde, ingegnere e fondatore dell’azienda con origini svizzere, ma con sede in Olanda. Entriamo nel dettaglio del prodotto.

Il profilo wide che caratterizza le Omnia 45 (foto ERE)
Il profilo wide che caratterizza le Omnia 45 (foto ERE)

Passione, ricerca e test

«Progettiamo e realizziamo prodotti per aziende leader del settore – ci racconta Van der Velde – ad esempio Trek e Specialized, Colnago e Pinarello, Shimano, Sram, Prologo, Selle Italia, solo per citare alcuni dei nostri clienti. Dopo aver avviato l’azienda il 1° aprile 2017 e iniziato a progettare, attrezzare e sviluppare, il marchio è stato lanciato all’inizio del 2018.

«La nostra azienda si concentra su prodotti di alto valore tecnico con una grande attenzione su design, tecnologia e innovazione, raggiungendo il consumatore con prodotti specialistici realizzati su misura per la giusta esperienza utente. Per me e per il mio staff – prosegue Van der Velde – ERE Research è il culmine di una vita di passione per la bicicletta, con una particolare attenzione a concetti moderni come l’aerodinamica, l’ergonomia funzionale alle prestazioni non solo in ambito ruote, ma anche per i componenti e le selle».

Il cuore è il cerchio

Tutto è partito dal cerchio, con l’obiettivo di creare una ruota versatile e moderna, accattivante e capace di calzare diverse tipologie di pneumatici (con un ampio range di sezioni). Si tratta di un cerchio in carbonio da 45 millimetri di altezza, con un canale interno da 21 (una sorta di standard attuale) e una larghezza totale di 28 (una vera forma wide, piuttosto spanciata). Qui si spiega la polivalenza della ruota che, nonostante un canale interno non eccessivamente largo, si configura al meglio con pneumatici da 26, fino a 36 millimetri (le sezioni raccomandate vanno da 26 a 30). Il cerchio è tubeless ready e nel complesso la ERE Research Omnia 45 è un sistema approvato UCI.

«Per quanto riguarda le ruote Omnia II CLR45 – racconta Van der Velde – volevamo creare un set conveniente, robusto e leggero, prestazionale e con un ottimo valore complessivo. Il cerchio da 45 millimetri che offre buone prestazioni in termini di rigidità, aerodinamica e stabilità orizzontale, in grado di garantire l’assorbimento di impatti, vibrazioni ed imperfezioni. Un pacchetto ruote adatto ad una guida fluida, con performance assolute. Il set di mozzi Iona Star Ratchet è molto affidabile, non perde mai un colpo e funzionerà per sempre. I raggi Sapim sono una garanzia. Quindi, le ruote Omnia II CLR45, in termini di prodotto e valore non sono seconde a nessuno».

Mozzi in alluminio, raggi in acciaio

Nelle ruote ERE Research c’è anche un pizzico di Italia, grazie ai raggi Sapim CX. Sono 20 per la ruota anteriore e 24 per la posteriore con incroci in seconda. Da sottolineare che ogni lato ha una tensione dedicata (il destro è diverso dal sinistro), in modo da creare un bilanciamento ottimale, sicurezza, stabilità e resa tecnica. I nipples sono esterni al cerchio, soluzione voluta per semplificare eventuali interventi.

I mozzi sono in alluminio e fanno parte della famiglia Iona S. Hanno un design elegante con un corpo dalle forme contenute in termini di volumi e flange che si alzano leggermente. Non sono oversize. La struttura dei mozzi collima con la raggiatura dando vita al design Torque2. Quest’ultimo ha il compito di non sbilanciare le ruote in frenata, dissipando le forze negative trasportate dal disco ai profilati in acciaio. Il medesimo concetto è riportato sui pignoni in fase di cambiata repentina. Quello anteriore ha due cuscinetti sigillati customizzati su specifiche ERE Research, mentre il posteriore ne ha quattro, sempre con specifiche ERE. Il meccanismo interno al mozzo posteriore si basa su una ruota dentata con 36 denti. Il corpetto della ruota libera è disponibile per Shimano, Sram e Campagnolo. Le Omnia II adottano le misure standard per quanto concerne i perni passanti e la sede per i dischi è CenterLock.

Garanzia a vita

Un servizio non banale, un valore aggiunto. Tramite la registrazione del prodotto, direttamente sul sito ERE Research è possibile attivare la garanzia a vita ed accedere al programma di crash replacement in caso di rottura. Per quanto concerne i numeri delle Omnia II CLR45, hanno un valore alla bilancia dichiarato di 1582 grammi (705 per l’anteriore e 877 per la posteriore)

ERE Research

Magagnotti, sguardo al 2025 rivivendo una stagione d’oro

08.11.2024
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Novembre è tempo di bilanci e, nel caso di Alessio Magagnotti, anche di bilancia per misurare il peso di vittorie e medaglie conquistate. La sua prima stagione da juniores con le maglie della Autozai-Contri e della nazionale ha avuto un crescendo strepitoso.

Il trentino di Avio – che farà diciotto anni il prossimo 27 gennaio – non sembra patire quasi mai il salto di categoria, mantenendo una media “realizzativa” molto alta. Da esordiente ad oggi, con le otto di quest’anno, sono 51 le vittorie totali ottenute su strada. Numeri importanti da prendere sempre con le pinze quando si parla di giovani, soprattutto per non creare aspettative spropositate, però è conclamato l’interesse già piombato su Magagnotti da parte di formazioni pro’. Con lui ci eravamo lasciati prima che iniziasse ad inanellare ori continentali e mondiali in pista col quartetto con tanto di record del mondo, conditi dal bronzo nell’inseguimento individuale.

Giusto il tempo di riprendere il ritmo di casa dopo le vacanze a Tenerife con la fidanzata Linda Sanarini – altra junior azzurra plurimedagliata – dove hanno incontrato tanti amici-colleghi, che Alessio è pronto a guardare al 2025. Poche parole, pragmatiche e spazio ai fatti.

Magagnotti è rientrato dai mondiali in pista a Luoyang in Cina con un bel bottino e il record del mondo col quartetto (foto Autozai)
Magagnotti è rientrato dai mondiali in pista a Luoyang in Cina con un bel bottino e il record del mondo col quartetto (foto Autozai)
Alessio riavvolgendo il nastro, che annata è stata in generale?

Sono partito in sordina, anzi direi non benissimo. Mi sentivo gli occhi puntati addosso per le stagioni precedenti, però col passare del tempo non ci ho fatto più caso. Sono caduto in qualche gara, poi ad inizio aprile al GP del Perdono mi sono sbloccato cogliendo il secondo posto. Da lì in avanti è andata sempre meglio su strada, lavorando anche per i compagni. Anche in pista è andata bene. All’europeo di Cottbus abbiamo vinto l’oro col quartetto, ci siamo ripetuti ai mondiali in Cina dopo un bel lavoro in altura a Livigno. Alla fine direi che è stata una stagione buona, a parte qualche passaggio a vuoto e che non l’ho finita al meglio.

Per quale motivo?

Sicuramente ho del rammarico per alcune gare. Al campionato italiano a crono speravo di fare meglio dell’ottavo tempo, ma arrivavo da un periodo di stop per recuperare dopo essermi ammalato al Saarland con la nazionale. Anche all’europeo su strada in Limburgo avremmo potuto fare di più. Personalmente la condizione era buona, ma non abbiamo corso al meglio delle nostre possibilità. Infine ho dovuto chiudere la stagione forzatamente a metà settembre dopo una gara nel mantovano in cui si è riacutizzato forte un dolore alla schiena. In pratica ho la zona lombare scalibrata.

A cosa è dovuto?

In una delle prime gare dell’anno nella zona di Vicenza, sono caduto male picchiando la faccia. Da quel giorno in avanti ho sentito subito di non essere più a posto e forse non mi sono mai ripreso del tutto. Forse non ci ho dato troppa importanza perché non tutti i giorni mi faceva male, ho sempre corso sopportando il dolore. Verso la fine della stagione però era troppo forte e non riuscivo più ad esprimermi come volevo. Nei giorni scorsi sono stato in uno studio dentistico per prendere l’impronta per un bite. Portando quello dovrei sistemarmi e ritrovare il giusto bilanciamento.

Come ti sei trovato con gruppo azzurro?

Molto bene. Abbiamo ottenuti grandi risultati, ma altrettanti ci sono sfuggiti. In pista l’anno prossimo praticamente cambierà tutto il gruppo perché ero l’unico del primo anno. Su strada spero che sapremo correre meglio di squadra ed essere quindi più forti. Quando ci ritroveremo vedremo chi ci sarà, ma sono certo che non ci saranno problemi a trovare la giusta amalgama.

L’anno scorso avevi vinto l’argento al Festival Olimpico della Gioventù Europea, ma quest’anno com’è stato l’impatto con una vera esperienza internazionale?

Mi è servita per prendere ancora meglio le misure alla categoria. Tra gli juniores all’estero corrono davvero col coltello fra i denti come dicono tutti. Ho capito subito che gli avversari ti fanno la volata anche per il trentesimo posto.

Da questo primo anno da junior hai tratto altri insegnamenti?

Assolutamente sì. Ho capito che la gara non finisce finché non si taglia il traguardo. Prima davo certe cose per scontate, ma l’ho capito in prima persona. A fine aprile alla gara di San Leolino in Toscana ho ribaltato il risultato. In un tratto di sterrato mi ero staccato, pagando la mia ancora poca destrezza su quel fondo stradale. Ero demoralizzato e forse rassegnato ad un piazzamento, ma grazie agli incitamenti dei miei tecnici e anche un po’ a me stesso, sono riuscito a recuperare le posizioni e vincere la corsa.

Le voci di mercato parlato di te già in orbita WorldTour. Come gestisci questa situazione?

Ho imparato anche a controllare meglio certe pressioni, come ad inizio anno che avevo foga di fare e farmi vedere. E’ vero che ho avuto tante proposte da devo team dei WorldTour, ma non ho ancora firmato nulla e soprattutto devo ancora dimostrare tanto. Quindi sto con i piedi per terra.

Che obiettivi ha Alessio Magagnotti per il 2025?

La speranza è sempre quella di continuare a crescere e vincere. Mi piacerebbe mettere il sigillo alle corse più importanti, ma vorrei anche correre meglio sia individualmente che con la squadra, Autozai e nazionale. Ad oggi sono un passista-veloce che si trova a suo agio su falsopiani o strappi di un chilometro, però vorrei andare più forte su pendenze più dure. La mia volontà è anche quella di andare bene nelle gare del Nord.

Alla corte della Longo arriva Marturano. L’aiuto giusto in salita

08.11.2024
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Passato forse un po’ sotto silenzio, il passaggio di Greta Marturano dalla Fenix Deceuninck al Uae Team Adq è invece uno dei trasferimenti forse più sorprendenti del ciclomercato femminile. Un acquisto fortemente voluto dalla dirigenza del team arabo e legato a doppio filo all’arrivo nelle sue fila di Elisa Longo Borghini, per costruire intorno alla pluridecorata azzurra un gruppo unito e coeso, in grado di supportarla soprattutto nei grandi giri.

Greta Marturano è nata a Cantù il 4 marzo 1998. Alla Fenix ha corso per due anni
Greta Marturano è nata a Cantù il 4 marzo 1998. Alla Fenix ha corso per due anni

Per Greta è stata una scelta che ha accolto con grande entusiasmo, anche se non legata a dissidi con il precedente team: «I contatti con la Uae sono iniziati nella prima metà di agosto, ma io alla Fenix stavo bene. Sono stati due anni nei quali ho imparato molto, sono cresciuta come atleta. Venivo all’esperienza nella Fassa Bortolo, importante, ma è chiaro che il salto nel WorldTour cambia tutto. Poi anche lo stare in Belgio, il vivere un’esperienza nuova all’estero mi ha dato tanto. Nella mia testa però sapevo che ero arrivata al momento di cambiare aria».

Come giudichi la tua stagione?

Non è stata certamente la mia migliore. Ero anche partita bene, anche se avevo iniziato tardi a gareggiare, con la Strade Bianche. Ma ero ben preparata per due eventi di rilievo come il periodo delle Ardenne e la Vuelta. Poi però al Giro ho avuto il Covid, mi sono dovuta ritirare alla penultima tappa perché non aveva più senso soffrire e da lì non sono più riuscita a tornare al mio meglio.

Alla Vuelta la Marturano ha trovato anche modo di distinguersi, chiudendo al 22° posto
Alla Vuelta la Marturano ha trovato anche modo di distinguersi, chiudendo al 22° posto
Alla Uae sono stati molto chiari: dicono che ti hanno preso per lavorare in salita al fianco della Longo Borghini…

Lei è un riferimento assoluto per lo sport italiano e già averla nella stessa squadra è un onore. Con queste premesse lo è ancora di più e posso garantire che darò tutta me stessa per fare in modo che lei vinca. Le sue vittorie saranno anche mie se potrò dare un contributo. Sono pronta a lavorare sodo per raggiungere gli obiettivi suoi che sono anche quelli del team.

Ma andrai solo come gregaria?

I dirigenti hanno detto che si lavorerà per Elisa nelle prove alle quali più tiene, ma nel corso della stagione ci saranno anche gare dove ognuna potrà avere più libertà e quindi anche io avrò i miei spazi.

Una stagione non troppo positiva per la canturina. Miglior risultato il 9° posto ai tricolori
Una stagione non troppo positiva per la canturina. Miglior risultato il 9° posto ai tricolori
Li avevi anche alla Fenix? A parte quel che hai raccontato a proposito dell’ultimo anno, la sensazione è che sia stata relegata sempre a ruoli secondari…

Non mi avevano tarpato le ali, se è questo che si intende. Dispiace quando ti prefiggi dei traguardi e non li ottieni, io sinceramente a fronte dell’impegno che ci ho messo, avrei voluto di più da questo biennio, ma bisogna sempre contare che era il mio primo nel WT. Alla Fassa, squadra continental, era tutto diverso, dal calendario alle responsabilità. Devo però dire che io prendo sempre il buono che c’è in ogni cosa e penso quindi a quanto ho potuto imparare.

Quanto sei cambiata rispetto ad allora?

Tantissimo, sono un’altra ciclista e il cambiamento va ben oltre quelli che possono essere i risultati, i semplici e crudi numeri. In questi anni in Belgio ho potuto capire chi sono, che cosa posso fare. Una ciclista abbastanza forte in salita, ma che può essere di aiuto a chi va più forte di me. Poi intendiamoci: non è che sono da buttar via, ho solo 26 anni e credo di avere ancora grandi margini di miglioramento. Io sono la prima a dire che negli ultimi due anni non sono arrivati grandi risultati, ma sono sempre più convinta di poter fare molto meglio. Per questo cambiare aria può essere uno stimolo in più.

E se fosse Thibau Nys l’erede di Van Aert e Van der Poel?

08.11.2024
4 min
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Thibau Nys è ormai un campione a tutti gli effetti. Non è più solo il “figlio di Sven”. Il corridore della Lidl-Trek su strada e della Baloise-Trek-Lions nel ciclocross, in questo autunno, sembra aver compiuto un ulteriore salto di qualità. La vittoria al campionato europeo di Pontevedra è stata solo l’ennesima prova di questa crescita costante.

Una crescita che fa sorgere una domanda: fino a dove può arrivare Thibau Nys? Non è una domanda banale, perché tra Olanda e Belgio c’è chi inizia a definirlo il “terzo uomo”, l’erede di Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert, pensando anche al suo futuro su strada.

Niels Albert (classe 1986) è un ex crossista, due volte iridato ha smesso anzitempo nel 2014 per problemi al cuore (foto UCI)
Niels Albert (classe 1986) è un ex crossista, due volte iridato ha smesso anzitempo nel 2014 per problemi al cuore (foto UCI)

L’occhio dell’esperto

Questo confronto si è intensificato dopo che l’ex bi-campione mondiale di ciclocross, Niels Albert, ha rilasciato un’intervista a Het Laatste Nieuws. Albert si è detto impressionato dal modo in cui il giovane Nys ha gestito la gara spagnola e da come sia riuscito a fare la differenza. Ha quindi elogiato le sue doti tattiche e atletiche.


«Proprio come a Overijse – ha detto Albert – Thibau è stato economico nella sua gara. Si è gestito e ha sempre avuto tutto sotto controllo… per poi colpire magnificamente e spietatamente al momento giusto».

L’anno scorso, nelle gare di ciclocross in Belgio, abbiamo avuto modo di vedere Nys dal vivo, e senza dubbio ha un grande appeal. Tantissimi erano i tifosi. Lui, rispetto ad altri, ci è sembrato sempre molto tranquillo e disponibile, almeno fino alle fasi del riscaldamento, quando ha chiesto a un meccanico di spostare la sua bici nel retro del camper per trovare la giusta concentrazione. Poi, in pista, lo si è visto esprimere tutta la sua abilità di guida e la sua potenza.

Al Romandia Nys è persino andato in fuga: questo per dire che durante l’anno non ha corso solo di rimessa
Al Romandia Nys è persino andato in fuga: questo per dire che durante l’anno non ha corso solo di rimessa

L’importanza della strada

Ma forse quest’anno è ancora diverso. La ragione è legata all’attività su strada svolta quest’anno, che è andata crescendo rispetto alle stagioni precedenti, soprattutto per i risultati ottenuti.

Nei suoi 34 giorni di gara su strada del 2024, Nys ha vinto ben nove corse, quasi tutte nel WorldTour. L’anno precedente aveva ottenuto solo una vittoria, pur conquistando comunque buoni piazzamenti, ma aveva corso di più. Quest’anno ha gareggiato su strada dal Romandia alla Bretagne Classic, quindi da maggio a fine agosto. Ha osservato un periodo di riposo all’inizio, per staccare dalla stagione del ciclocross, e uno dopo, in vista della nuova stagione. Questa, ovviamente.

Nel 2023, invece, aveva proseguito subito dopo il ciclocross disputando alcune classiche minori nella Campagna del Nord e si era spinto fino a settembre, totalizzando 40 giorni di gara, pur con un’estate meno intensa.

Il momento in cui all’europeo di Pontevedra ha staccato lo spagnolo Orts
Il momento in cui all’europeo di Pontevedra ha staccato lo spagnolo Orts

Ancora Albert

Insomma, più strada anche per il ciclocross, a sostegno della teoria di Diego Bragato. E osservando attentamente i tempi di recupero, i tecnici ci hanno visto lungo.

Anche Albert è d’accordo con Bragato: «Vincere un campionato europeo – riprende Albert – per uno come lui è positivo, ma non è stata una grande sorpresa. A mio avviso, Thibau ha fatto i suoi progressi più grandi la scorsa estate, correndo su strada e con quella serie di nove vittorie. Tuttavia, questo non lo pone ancora al livello di Van der Poel e Van Aert. Se però dovesse migliorare ancora nel ciclocross, per lui significherebbe arrivare al traguardo con Wout e Mathieu e batterli in volata, visto quanto è esplosivo».

Nys ha battutto gente veloce come Ulissi su uno strappo (in foto), ha vinto le classifiche generali e si è ben difeso in molte tappe dure
Nys ha battutto gente veloce come Ulissi su uno strappo (in foto), ha vinto le classifiche generali e si è ben difeso in molte tappe dure

Come Wout e Mathieu

E’ chiaro, però, che la strada intrapresa da Nys è quella dei suoi due illustri colleghi: competere ad altissimi livelli sia nel ciclocross che su strada. Le capacità tecniche, e sempre più anche quelle atletiche, ci sono tutte.

Inoltre, c’è un aspetto a nostro avviso molto importante. Thibau Nys si trova in una squadra, la Lidl-Trek, che crede nella doppia disciplina. Basti vedere lo spazio che hanno concesso a Milan e Consonni, ad esempio, per la pista, o come gestiscono Lucinda Brand nel ciclocross. Questo permette a Nys di pianificare con tranquillità e chiarezza, avendo a disposizione materiali sempre all’avanguardia. Una cosa meno scontata di quanto possa sembrare… almeno a certi livelli “siderali”.

Battistella: l’addio (amaro) all’Astana e il rilancio con la EF

08.11.2024
6 min
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La vita di Samuele Battistella sta per cambiare colore, passando dall’azzurro al rosa. Questo perché dopo quattro stagioni passerà dall’azzurro dell’Astana Qazaqstan Team al rosa della EF Education-EasyPost. E in secondo luogo perché tra poche settimane, un paio per la precisione, appenderà il fiocco rosa in casa. Il corridore veneto e la sua fidanzata Alessia diventeranno genitori, un passo importante che non può che occupare i pensieri di entrambi in questo inverno speciale e ricco di cambiamenti. 

«Proprio in questo momento – racconta Battistella – sono in auto che sto andando a prendere la mia fidanzata, mi fate un po’ di compagnia. Facciamo una piccola gita insieme di qualche giorno, di per sé è stato un inverno tranquillo visto che è al nono mese di gravidanza. Ci stiamo rilassando».

Tra pochi giorni Battistella e la sua fidanzata Alessia diventeranno genitori
Tra pochi giorni Battistella e la sua fidanzata Alessia diventeranno genitori

Fiocco rosa

In casa Battistella allora ci si appresta a festeggiare ed appendere un fiocco rosa. L’emozione aumenta, come la consapevolezza del grande passo che lui e Alessia stanno per fare.

«Pensare di diventare papà – ammette felice – è una sensazione strana, particolare. Me ne sto rendendo conto ora, visto che manca davvero poco. Prima ero immerso nella stagione di gare. E’ una bella emozione, non so bene a cosa andrò incontro, qualcosa di veramente grande probabilmente. Il piccolo problema è che la scadenza è prevista per il 20 novembre e io il 19 dovrei andare al primo ritiro con la EF, per poi ritornare il 25. La squadra mi ha già detto che mi aiuterà in tutto, quindi stiamo pronti a partire dopo o tornare prima. Ma il ritiro non si può saltare, ci sono le visite mediche, vedremo i materiali. In più sono nuovo».

Al Giro dei Paesi Baschi il veneto aveva trovato la condizione giusta, cogliendo buoni piazzamenti
Al Giro dei Paesi Baschi il veneto aveva trovato la condizione giusta, cogliendo buoni piazzamenti
Andiamo al ciclismo, che 2024 è stato?

Ero partito molto bene con due belle prestazioni alla Parigi-Nizza e al Giro dei Paesi Baschi che avevano fatto ben sperare. Poi mi sono fermato per preparare il Tour de France, al quale alla fine non ho partecipato. Inoltre a fine agosto mi sono rotto la clavicola. Non è stata una stagione buona, ma una via di mezzo. 

Mazzoleni a inizio anno ci aveva detto che non avresti dovuto fare un Grande Giro.

I programmi di dicembre non lo prevedevano. Poi dopo i risultati di Nizza e Paesi Baschi sono stato inserito nella squadra che avrebbe poi corso il Tour de France. Una decina di giorni prima, al Giro di Svizzera, mi sono ammalato e la squadra mi ha escluso. Insomma non ho praticamente fatto quanto avevo programmato. 

Tra Parigi-Nizza e Giro dei Paesi Baschi anche un sesto posto al GP Miguel Indurain
Tra Parigi-Nizza e Giro dei Paesi Baschi anche un sesto posto al GP Miguel Indurain
Quando è arrivata la proposta della EF?

Presto, ad aprile avevo già firmato. Ho avuto tutto il tempo di immagazzinarla e da fine stagione ho pensato già al futuro. Sono contento perché il team mi ha cercato per propormi un ruolo importante, vogliono un corridore come me e sono intenzionati a darmi spazio. 

Dopo quattro anni lascerai l’Astana, cosa ti porti dietro?

Mi dispiace andare via perché dopo tanto tempo mi sentivo come a casa. Quello che mi porterò in EF è la consapevolezza che nel WorldTour senza programmare bene l’attività non vai da nessuna parte. Non si possono fare le corse senza lavorarci bene ed è quello che sento di aver fatto nel 2023 e nel 2024. 

I risultati ottenuti gli erano valsi un posto per il Tour, nonostante a inizio anno non fosse nei piani
I risultati ottenuti gli erano valsi un posto per il Tour, nonostante a inizio anno non fosse nei piani
Di te stesso, invece, cosa hai capito?

Che al di fuori di quei quattro o cinque mostri sacri, possono arrivare lì davanti e giocarmela. E con il supporto della squadra penso possa arrivare ancora un passo in più. 

Hai firmato per due stagioni con EF, a 26 anni diventa un passo importante per la tua carriera. 

Con il 2024 ho chiuso il mio quinto anno da professionista, anche se il primo è stato il 2020 e non me la sento di contarlo. Sono più che sicuro del mio sviluppo, non sono giovane ma nemmeno vecchio (ride, ndr) quindi posso dare il massimo. Mi conosco ormai bene e inizio due anni nei quali potrò avere le giuste occasioni per fare ottime cose. 

Un malanno al Tour de Suisse ha poi precluso la sua partecipazione alla Grande Boucle
Un malanno al Tour de Suisse ha poi precluso la sua partecipazione alla Grande Boucle
L’Astana ha provato a trattenerti?

Quando abbiamo parlato, non ho nascosto di aver già firmato con il nuovo team, ho voluto essere onesto con loro. Sono rimasto professionale e un serio professionista fino in fondo. Anche quando mi sono rotto la clavicola a fine stagione non ho tirato i remi in barca. Anzi, mi sono allenato a fondo per recuperare. Dal lato del team invece non sento di aver avuto lo stesso trattamento. 

Perché?

Sentivo che non gli importasse più di avermi come corridore, il rapporto era cambiato. Posso capire, ma l’esclusione a una settimana o poco più dal Tour de France mi ha ferito. Al Giro di Svizzera mi sono ammalato e l’ultima tappa non l’ho corsa, anche con il parere del medico. Ho visto dalla squadra un atteggiamento che non mi è piaciuto, come se fossi inaffidabile dato che mi ammalo spesso, a loro modo di dire. 

Battistella ha cercato nuovamente la miglior condizione nel finale di stagione, ma senza riuscirci
Battistella ha poi cercato nuovamente la miglior condizione ma senza riuscirci
Forse la firma di un nuovo contratto da aprile ha raffreddato effettivamente il rapporto. 

Può essere, sicuramente non mi sono sentito aiutato e coinvolto come prima. A dicembre non dovevo fare il Tour, poi sì viste le prestazioni in primavera, e infine ancora nulla per una febbre al Giro di Svizzera. 

Tu saresti andato alla Grande Boucle?

Sì. Non sapremo mai come sarebbe andata. Magari la prima settimana avrei fatto più fatica, ma poi credo che sarei tornato sui miei livelli. Anche perché avevo lavorato tanto, sono stato con la squadra 23 giorni a Sierra Nevada. Non ero mai stato così tanti giorni in altura. Tutto il lavoro è stato perso, perché poi a luglio non ci sono corse. Quindi mi sono fermato perché non avrei mai tenuto la condizione fino a fine stagione. Nel momento in cui stavo tornando ai miei valori mi sono rotto la clavicola. 

Quindi, meglio rimboccarsi le maniche e ripartire verso il 2025.

Penso che tutte le fatiche fatte in una stagione siano oro colato per quella successiva. Non ho mai mollato e la voglia è di ripartire forte.

Pontoni dopo l’europeo: «Queste medaglie daranno frutti…»

08.11.2024
5 min
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Il ritorno a casa di Daniele Pontoni dagli europei di Pontevedra non è stato semplice, senza un filo di voce. Verrebbe da pensare che l’abbia lasciata in Spagna per gli incitamenti ai ragazzi, ma non è così: «Con gli sbalzi tra caldo e freddo l’ho persa ancor prima delle gare – racconta con un po’ di fatica ma in via di ripresa – tanto è vero che mi sono dovuto portare un collaboratore che diceva ai ragazzi quel che dovevano fare».

La staffetta azzurra oro nel team relay, con i due Agostinacchio, Ceolin, Pellizotti, Baroni e Bramati (foto Fci)
La staffetta azzurra oro nel team relay, con i due Agostinacchio, Ceolin, Pellizotti, Baroni e Bramati (foto Fci)

La trasferta iberica rimarrà nella storia. Mai prima d’ora l’Italia aveva vinto il medagliere continentale e questo dato per Pontoni è quello che più conta, che testimonia la bontà del lavoro fatto e che parte da lontano. Per questo al suo ritorno ha tenuto a sottolineare come l’ideale oro sia da attribuire a tutto lo staff azzurro, soprattutto a coloro che lavorano nell’ombra: «Sono tutte rotelle fondamentali dell’ingranaggio. Marco Decet, ad esempio, mi ha aiutato moltissimo. Tutti contribuiscono a dare tranquillità al gruppo e questo aiuta a ottenere i risultati».

Il gruppo che hai presentato a Pontevedra verrà integrato per i prossimi appuntamenti?

Sicuramente, noi lavoriamo su numeri un po’ più grandi. Io credo che però sia importante continuare sulla strada che abbiamo intrapreso, quella di coinvolgere anche i più giovani, gli allievi 2° anno. La Pellizotti ne è un esempio. In questo modo arrivano pronti alla gara, al gruppo, saltano quel passaggio come quando prendi una bici nuova, quel momento di scoperta che ti lascia un po’ interdetto. Abbiamo così atleti che si formano più lentamente, ma sono già svezzati e sui quali si può lavorare davvero per un biennio.

Il podio della gara U23, con Agostinacchio secondo dietro il riconfermato belga Michels
Il podio della gara U23, con Agostinacchio secondo dietro il riconfermato belga Michels
Come lo allargherai?

Una discriminante saranno i percorsi, io comunque conto di lavorare su 7-8 ragazzi e 4-5 ragazze, anche se fare rotazioni non sarà semplice vista la conformazione della Coppa, per la quale dobbiamo anche scegliere quali appuntamenti seguire visto che la sua concentrazione impone sacrifici economici. La logistica ad esempio ci impone di andare a Dublino con un team ridotto. Intanto però ho detto ai ragazzi che ora si è chiusa la prima fase della stagione, bisogna riposare per poi ricaricare le pile ed essere pronti. Un occhio di riguardo lo avremo sempre per il calendario italiano, che come si è visto ha consentito di prendere punti per il ranking e partire più avanti.

Una scelta sulla quale Mattia Agostinacchio aveva puntato molto, sapendo che era fondamentale essere in prima fila…

Ma anche per la Pellizotti, che ha potuto scattare dalla seconda. Per questo le avevo detto di gareggiare a Salvirola, quei punti sono stati determinanti. Devo dire che in questo sto trovando grande collaborazione da parte delle società, che sostengono il nostro impegno. E’ chiaro che non dobbiamo illuderci che saranno sempre rose e fiori come a Pontevedra.

La gioia di Mattia Agostinacchio sul podio. Decisiva secondo Pontoni la caccia ai punti Uci
La gioia di Mattia Agostinacchio sul podio. Decisiva secondo Pontoni la caccia ai punti Uci
Quanto è importante il lavoro che state svolgendo con il team performance della FCI?

Fondamentale, direi decisivo. I ragazzi si stanno abituando a cose che possono sembrare scontate ma non lo sono: il lavoro sul riscaldamento, l’approccio alla gara nei giorni precedenti, gli aspetti legati al post gara e all’alimentazione e tanto altro. E’ un mix di pratica e scienza che ha fatto fare al gruppo un deciso salto di qualità. D’altronde sappiamo che nel ciclismo moderno temi simili ormai vanno tutti di pari passo.

Qual è stata la medaglia meno preventivata?

Difficile a dirsi: io avevo fatto un pronostico ai ragazzi, alla fine ho sbagliato per difetto di una. Diciamo che all’appello manca solo il podio della Casasola, ma sapevamo che c’erano 4 atlete a concorrere per 3 medaglie e tutto si giocava su particolari. Lei ha avuto una piccola disattenzione all’inizio che le è costata una dispendiosa rincorsa per tre giri, ma ha dimostrato di valere quel podio. Queste corse si giocano sui dettagli e non sempre le cose possono andar bene.

Sara Casasola, quarta ma al livello delle olandesi. Un podio sfuggito per alcuni dettagli
Sara Casasola, quarta ma al livello delle olandesi. Un podio sfuggito per alcuni dettagli
La Pellizotti ha sottolineato di essere stata nel posto giusto al momento giusto…

E’ vero, l’esatto contrario di quanto è avvenuto a Sara. Giorgia ha corso con molta sagacia ha saputo cogliere l’opportunità come d’altronde anche Filippo Agostinacchio e il suo argento mi dà grande soddisfazione perché lo ritengo un leader di questa squadra, un riferimento per la sua sicurezza, la sua professionalità, infatti ho deciso di puntare su di lui come ultimo uomo della staffetta.

Che cosa gli hai gridato all’ultimo giro?

Avevo notato che i francesi prendevano le curve sempre molto larghe come loro abitudine tecnica, gli ho detto d’infilarsi per sorpassare l’avversario e andare a vincere. E così ha fatto.

Filippo Agostinacchio con Luigi Bielli, da anni parte integrante dello staff di Pontoni
Filippo Agostinacchio con Luigi Bielli, da anni parte integrante dello staff di Pontoni
A proposito dell’oro di Mattia?

Il suo grande merito è di essere rimasto lucido dopo essere caduto sugli ostacoli, ha resettato la testa e non ha seguito l’istinto di recuperare subito. Lì si è visto il lavoro nostro, dello staff, la rappresentazione di tutto quanto detto prima. Ora questi risultati li mettiamo insieme e li accantoniamo perché da qui in poi sarà un’altra pagina tutta da scrivere, i mondiali saranno profondamente diversi. C’è però in più una generale consapevolezza di quel che i ragazzi sono capaci di fare e su queste basi dobbiamo costruire il resto della stagione.

Laboral Kutxa, a casa del team basco sempre più tricolore

07.11.2024
5 min
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Gli arrivi di Alice Maria Arzuffi e Arianna Fidanza alla Laboral Kutxa hanno fatto scalpore. Il contingente italiano nel team basco sale a 5 atlete (si aggiungono a Debora Silvestri, Laura Tomasi e Cristina Tonetti riconfermate nel team) e fa della squadra una delle formazioni estere a più alta conformazione tricolore. Anche perché le due atlete in questione aggiungono ambizioni alla formazione iberica, che nel medio-lungo periodo vuole fare il grande salto nel WorldTour.

Ion Lazkano, 35 anni, al timone del team femminile basco dal 2021
Ion Lazkano, 35 anni, al timone del team femminile basco dal 2021

Le due azzurre non sono gli unici acquisti della Laboral Kutxa, che ha pescato con profitto anche nei Paesi dell’Ex Unione Sovietica, ma il gruppo tricolore è il più numeroso, quasi quanto quello delle padrone di casa e questo solleva curiosità. Che il direttore sportivo, il giovane Ion Lazkano, in carica dal 2021, è pronto a soddisfare.

Come giudichi la stagione vissuta dalla squadra?

E’ stata sicuramente una buona annata, con 6 vittorie (tra cui l’ultima della Silvestri alla Pionera Race, ndr) e con due titoli nazionali vinti con la Ostolaza in Spagna e la Yonamine in Giappone. Lottare per le wilcard era uno degli obiettivi della squadra ed è stato positivo alla fine perché abbiamo lottato duramente fino all’ultimo e anche se non ci siamo riusciti, siamo andati vicini ai 3.000 punti e questo è un grande risultato. Io sono molto soddisfatto del lavoro svolto e soprattutto dei passi avanti che la squadra sta facendo.

L’ultima vittoria del team nell’anno, grazie a Debora Silvestri alla Pionera Race davanti alla compagna Soto
L’ultima vittoria del team nell’anno, grazie a Debora Silvestri alla Pionera Race davanti alla compagna Soto
Il prossimo anno ci saranno 8 straniere su 14 atlete: la squadra ha ancora un’anima legata ai Paesi Baschi?

Io direi di sì. Il progetto è che per quanto possibile abbiamo il numero massimo di corridori baschi, il prossimo anno saranno 5 le atlete che vengono dai Paesi Baschi in aggiunta a un’altra spagnola. Per noi è importante avere questo segno distintivo. Noi siamo un po’ il riferimento di tutta la nostra terra, dobbiamo prendercene cura, ovviamente. E lavorare per questo senza alcun dubbio.

Ci sono ben 5 italiane: come mai avete tanta fiducia nelle cicliste del nostro Paese?

Nei nostri anni di esperienza, lavorando con cicliste italiane ci siamo sempre trovati molto bene. Diciamo che la mentalità o la cultura ciclistica che possiamo avere in Spagna come in Italia sono molto simili, d’altronde fa parte un po’ della nostra storia il legame stretto fra i nostri due Paesi. Alla fine è una miscela che abbiamo visto funzionare bene e siamo andati avanti su quella strada con gli ingaggi di Arzuffi e Fidanza perché crediamo che daranno un contributo decisivo alla crescita di tutta la squadra.

Usoa Ostolaza, per lei 3 successi in stagione e buone prove al Giro e al Tour
Usoa Ostolaza, per lei 3 successi in stagione e buone prove al Giro e al Tour
Alla Arzuffi chiederete un ruolo più da leader?

Sì, vediamo che Alice viene da una bella stagione, quest’anno si è visto un suo deciso salto di qualità, sia nelle gare WorldTour che in altri appuntamenti. Credo che anche nel nostro team potrà avere quello spazio per continuare a sviluppare quelle capacità. Cercheremo ovviamente di coprire tutte le esigenze e di darle quella fiducia affinché possa continuare a fare passi avanti nella sua carriera sportiva.

Perché avete scelto Arianna Fidanza?

Noi dobbiamo anche guardare al discorso legato ai punti Uci, al ranking. Arianna è molto quotata ma al tempo stesso può darci un contributo importante per raggiungere bottini significativi di punti. Sarà importante nel suo caso scegliere un buon calendario, che possa garantire un buon carico di punti grazie alle sue doti di velocista, quindi guarderemo al livello delle competizioni ma anche ai percorsi più adatti alle sue caratteristiche. Lei può essere un’arma in più nel cammino verso la licenza World Tour che speriamo di ottenere nel 2026.

Ci sono altre cicliste italiane che seguite, magari anche fra le più giovani?

Sì, noi guardiamo sempre con molto interesse al mercato italiano, visioniamo un sacco di gare. Non abbiamo una squadra di riferimento, né pensiamo di stabilire un legame particolare, andiamo random e se capita una buona occasione, un posto disponibile per un nuovo talento saremo pronti a valutare la cosa.

Tra il vostro e un team WorldTour ci sono tante differenze?

Molte. D’altro canto vediamo che ci sono differenze anche tra le stesse squadre del massimo circuito, legate alla forza economica di ogni team. Se parliamo del paragone fra noi e loro è chiaro che la prima discriminante è il calendario. Noi dobbiamo guadagnarci l’opportunità di essere nelle grandi gare che per loro è garantita. Poi c’è il discorso relativo agli stipendi, nel WT ci sono dei minimi. Oggi non possiamo raggiungere quei livelli di budget e questo influisce molto. Noi dobbiamo ragionare su quel che possiamo fare, sul massimizzare i risultati in relazione ai nostri sforzi e le nostre possibilità.

Laura Tomasi, riconfermata nel team iberico dopo una buona seconda parte di stagione
Laura Tomasi, riconfermata nel team iberico dopo una buona seconda parte di stagione
Che ambizioni avete per la prossima stagione?

Soprattutto fare ancora meglio di quanto ottenuto nel 2024, ma non parlo solo di risultati, quanto anche di dinamiche di gruppo, di crescita nella gestione. La stagione appena chiusa è stata anche difficile perché non avevamo preventivamente le garanzie per andare avanti secondo i nostri progetti. Ora possiamo pianificare meglio in modo che alla fine la prestazione sia ottimale.