Le strade della maglia rosa 2025: si decide in Val d’Aosta

13.01.2025
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ROMA – L’Auditorium Parco della Musica ha accolto la presentazione del Giro d’Italia 2025. Lo scenario è da grande evento e se non fosse per la data decisamente avanzata, da italiani potremmo dire che per questa volta non abbiamo nulla da invidiare ai cugini francesi. Proprio sul ritardo nella presentazione e nella firma del contratto, un sorriso viene strappato dal premier albanese Edi Rama, che ha ironizzato sulla trattativa con Urbano Cairo.

«Consiglio alla Groenlandia – ha sorriso – di ingaggiarlo per la trattativa con Trump».

«Sono 15 anni che partiamo dall’estero – ha replicato Cairo – e indovinate un po’ chi è quello che ha pagato meno!».

«Questo è vero – ha chiuso Rama – ma alla fine chi ci ha guadagnato?».

La serata è ricca di storie e personaggi. Elisa Longo Borghini, la vincitrice uscente, ha tenuto a battesimo il Giro d’Italia Women, accanto alla direttrice Giusy Virelli e a Marta Bastianelli, che si muove col piglio dell’ex campionessa e del tecnico federale in pectore. Poi quando si comincia a parlare del Giro d’Italia degli uomini, salgono sul palco Mauro Vegni assieme a Vincenzo Nibali e Alberto Contador. E’ il giorno del 55° compleanno di Marco Pantani: su quel palco ci sarebbe stato benissimo anche lui. Nell’annunciarlo, Barbara Pedrotti strappa l’applauso più bello: «Speriamo che questi auguri e questo applauso giungano dove devono arrivare».

La planimetria generale del Giro d’Italia 2025. Dall’Albania in Puglia e poi si inizia la risalita
La planimetria generale del Giro d’Italia 2025. Dall’Albania in Puglia e poi si inizia la risalita

Dopo l’Albania, in Puglia

Il Giro d’Italia 2025 parte dall’Albania, con tre tappe impegnative, compresa una cronometro lungo le strade di Tirana. La prima è impegnativa con arrivo nella Capitale e finale con due salite ravvicinate anche con pendenze in doppia cifra. La prova contro il tempo sarà seguita dalla frazione di Valona con le salite di Qafa e Llogarase, primo punto sopra quota 1.000 metri.

Dopo il primo giorno di riposo, si riparte con tre tappe veloci, ma non necessariamente destinate all’arrivo di gruppo compatto. Dopo la Puglia e la Campania, con l’arrivo di Napoli che sta diventando uno stupendo appuntamento fisso, si risale la penisola l’Italia con il primo arrivo in salita a Tagliacozzo. In realtà il traguardo è posto 3,5 chilometri più in alto, a Marsia: località turistica dismessa, ma salita di tutto rispetto. Poi l’arrivo a Castelraimondo, quindi la Gubbio-Siena, tappa Bartali del Giro 2025, con cinque settori di strade bianche (per circa 30 chilometri) prima dell’arrivo in Piazza del Campo.

Foto di partenza con le autorità: spicca per statura e spirito il premier albanese Edi Rama
Foto di partenza con le autorità: spicca per statura e spirito il premier albanese Edi Rama

Le 21 tappe del Giro 2025

Il Giro d’Italia 2025 parte dall’Albania e si conclude a Roma. Come sempre quando si parte dall’estero, i giorni di riposo sono tre. Due prove a cronometro individuale per un totale di 42,3 km. Sei tappe per velocisti, otto di media montagna e cinque di alta montagna. Saranno circa 38 i km di sterrato: 30 di strade bianche nel finale della tappa di Siena e 8 sul Colle delle Finestre (Cima Coppi del Giro con i suoi 2.178 metri). La Montagna Pantani sarà il Passo del Mortirolo, mentre la Tappa Bartali sarà la Gubbio-Siena, con arrivo in Piazza del Campo.

datatappapartenza-arrivokmdislivello
9/51ª tappaDurazzo-Tirana1641.800
10/52ª tappaTirana-Tirana (crono individuale Tudor)13,7150
11/53ª tappaValona-Valona1602.800
12/51° riposo
13/54ª tappaAlberobello (Pietramadre)-Lecce187800
14/55ª tappaCeglie Messapica-Matera1441.550
15/56ª tappaPotenza-Napoli2262.600
16/57ª tappaCastel di Sangro-Tagliacozzo1683.500
17/58ª tappaGiulianova-Castelraimondo1973.800
18/59ª tappaGubbio-Siena1812.500
19/52° riposo
20/510ª tappaLucca-Pisa (crono individuale Tudor)28,6150
21/511ª tappaViareggio-Castelnovo ne’ Monti1853.850
22/512ª tappaModena-Viadana (Oglio-Po)1721.850
23/513ª tappaRovigo-Vicenza1801.600
24/514ª tappaTreviso-Nova Gorica/Gorizia1861.100
25/515ª tappaFiume Veneto-Asiago2143.900
26/53ª riposo
27/516ª tappaPiazzola sul Brenta-San Valentino (Brentonico)1994.900
28/517ª tappaSan Michele all’Adige-Bormio1543.800
29/518ª tappaMorbegno-Cesano Maderno1441.800
30/519ª tappaBiella-Champoluc1664.950
31/520ª tappaVerres-Sestriere (Vialattea)2034.400
1/621ª tappaRoma-Roma141600
tot. 3.413,3tot. 52.500

Finale da brividi

Dopo il secondo riposo, il Giro 2025 riparte dalla Toscana con la cronometro da Lucca a Pisa. Il giorno successivo è estremamente interessante, con il ritorno al Giro dopo 25 anni di San Pellegrino in Alpe: salita che ha scritto pagine importanti nelle edizioni degli anni 90. Seguono Viadana con arrivo in volata, Vicenza sullo strappo di Monte Berico e Nova Gorica/Gorizia con il circuito transfrontaliero. La settimana si conclude ad Asiago con una tappa molto impegnativa da 3.900 metri di dislivello.

Il tappone trentino, l’indomani del terzo riposo, ha cinque salite dure una dietro l’altra con arrivo a San Valentino sul Monte Baldo che domina il Lago di Garda. Gli arrivi di Bormio – con il Passo del Mortirolo (Montagna Pantani) – e Cesano Maderno precedono le due tappe più terrificanti del Giro. La prima da Biella a Champoluc: breve ma dislivello di 4.950 metri. La seconda da Verrès a Sestrière, è lunga e ripropone l’accoppiata finale Colle delle Finestre e Sestriere, che nel 2005 lanciò la stella effimera ma splendente di Rujano.

Totale di 3.413 i km per 52.500 metri di dislivello: tutte le salite del Giro 2025
Totale di 3.413 i km per 52.500 metri di dislivello: tutte le salite del Giro 2025

L’occhio di Contador

Alberto Contador segue tutto con grande attenzione e parla in quel misto di italiano e spagnolo che ha messo a punto in tanti anni di sfide sulle nostre strade. «Il Giro d’Italia per me è un ricordo speciale – dice – a partire da quando nel 2008 arrivai per la prima volta e all’ultimo momento. Mi sentii benvoluto come se fossi a casa mia. Per questo fra i Grandi Giri, mi sento di dire che il vostro è quello più speciale».

Poi Alberto sofferma la sua attenzione sulla cronometro di Pisa, che individua come la svolta da cui capire come impostare la corsa che resta. «E’ il momento in cui i corridori di classifica – dice – capiscono quello che hanno da recuperare o il vantaggio che hanno. E poi restano le montagne, in cui si può riprendere tanto terreno. Guardo le altimetrie e ricordo il Colle delle Finestre, quando Aru e Landa mi attaccarono nel 2015 e io mi staccai. Ma avevo ancora 4 minuti di vantaggio e gestii lo sforzo. Quella è una salita da stare attenti. Ricordo bene quando Froome riaprì il Giro e lo tolse dalle mani di Dumoulin».

Lo spirito di Bettini

La presentazione va avanti fino alle 20,30. Sfilano personaggi. Paolo Pacchioni, giornalista di Rtl 102,5 radio ufficiale del Giro, fa le sue interviste dalla platea e coinvolge prima il presidente federale Dagnoni e poi Antonio Tiberi, quindi Paolo Bettini. E il “Betto” mette subito l’etichetta giusta a questo Giro così spettacolare e spigoloso, dall’inizio alla fine, quando le ultime due tappe di montagna saranno il terreno per la resa dei conti.

«Visto che in montagna non ero bravo come Vincenzo e Alberto – dice sorridendo – io avrei cominciato a fare un gran casino sin dalle prime tappe. La gente vuole lo spettacolo, ma anche i corridori quando attaccano il numero, vogliono divertirsi. Qui per fortuna non ci sono i velocisti, loro magari non sarebbero d’accordo».

Nibali gli fa notare che in sala c’è Bennati, commissario tecnico per ora non confermato e domani chissà. Ma Bettini è arguto: «Il Benna non era soltanto un velocista – dice – secondo me anche a lui sarebbe piaciuto combinare qualcosa».

Sono le ultime parole, poco prima di quelle in cui Paolo Bellino svela il sogno di Urbano Cairo di fare del Giro un prodotto superiore al Tour de France. Si respira l’entusiasmo che a volte fa perdere di vista le reali proporzioni, ma non è sera per fare confronti. Abbiamo assistito alla presentazione di un sontuoso Giro d’Italia. Domani ve ne offriremo qualche approfondimento. Ora non resta che scoprire quali campioni, a parte quelli già annunciati, verranno in Italia a prendersi lo scettro di Pogacar.

Telecamere sul Giro Women: Nerone e Imola, gran finale

13.01.2025
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ROMA – Quando scorrono le immagini dell’arrivo dell’Aquila dell’anno scorso, Elisa Longo Borghini ammette di emozionarsi ancora. E noi con lei. Abbiamo vissuto quei momenti dal vivo e, ora, avere tra le mani un nuovo Giro d’Italia Women sembra già una grande opportunità per rivivere quel successo.

All’Auditorium Parco della Musica di Roma, in un contesto finalmente all’altezza di eventi di questa portata, si è svolta la presentazione del Giro d’Italia Women e del Giro d’Italia. La prima parola che viene in mente è: equilibrio. Il percorso del 2025 appare più aperto e meno “bloccato” da una tappa monolitica come quel del Blockhaus della passata edizione.

Elisa Longo Borghini sul palco dell’Auditorium: bella e preziosa la presenza della vincitrice in carica
Elisa Longo Borghini sul palco dell’Auditorium: bella e preziosa la presenza della vincitrice in carica

Dislivello in crescita

Scopriamo quindi il percorso del prossimo Giro d’Italia Women. Abbiamo parlato di equilibrio, anche se poi a conti fatti il dislivello aumenta. Su un totale di 939,6 chilometri i metri verticali saranno 14.000, un migliaio in più rispetto all’anno scorso. In tutto otto tappe: una crono individuale in apertura, due tappe pianeggianti, tre di media montagna e due di alta montagna

La prima tappa sarà una sfida contro il tempo: 13,6 chilometri sulle strade di Bergamo che daranno subito uno scossone importante alla classifica generale. Ma tutte, non solo le donne di classifica, dovranno spingere forte. Viste le frazioni successive la maglia rosa potrebbe fare gola a molte. E questo è il bello di questo Giro Women.

La seconda frazione infatti è sì, uno arrivo in quota, ma è anche molto pedalabile. Si va infatti da Clusone all’Aprica: sul traguardo del valico lombardo potrebbe presentarsi un gruppo di atlete relativamente nutrito. Non è così scontato che le scalatrici possano fare il vuoto, anzi… Specie in questo ciclismo femminile che sta crescendo e che pone livelli simili, una passista ci può arrivare lassù e nel finale può sfogare la sua potenza.

DataTappaPartenza-ArrivoKmDislivello
6/71ª tappaBergamo-Bergamo (crono individuale Tudor)13,6100
7/72ª tappaClusone-Aprica991.400
8/73ª tappaVezza d’Oglio-Trento1241.350
9/74ª tappaCastello Tesino-Pianezze (Valdobbiadene)1562.700
10/75ª tappaMirano-Monselice108100
11/76ª tappaBellaria Igea Marina-Terre Roveresche1442.300
12/77ª tappaFermignano-Monte Nerone1573.850
13/78ª tappaForlì-Imola (Autodromo Enzo e Dino Ferrari)1382.200
totale 939,614.000

La terza tappa è la Vezza d’Oglio-Trento e quasi sicuramente sarà la prima delle due occasioni per le ruote veloci. Diciamo quasi perché in partenza c’è il Passo del Tonale, salita vera, salita dura e non a caso Cima Alfonsina Strada con i suoi 1.883 metri. Questa potrebbe far nascere una fuga importante che per le squadre potrebbe non essere così facile da controllare. Però è anche vero che dalla cima del Tonale a Trento è tutta discesa o strada velocissima. 

Chiude il primo troncone del Giro Women la Castello Tesino-Pianezze, secondo arrivo in salita di questa edizione. Ed è un’ascesa vera: 11,5 chilometri ad una pendenza media del 7,5 per cento. Non a caso qui vinse una certa Fabiana Luperini. Era il Giro Donne del 1995: 30 anni dopo chi sarà la sua erede? Sarà interessante anche confrontare i tempi d’ascesa in questo ciclismo dei numeri. Occhio però, perché non c’è solo Pianezze quel giorno, prima il menù propone i continui saliscendi delle colline del prosecco.

Nerone decisivo?

La seconda metà del Giro d’Italia Women inizia con una tappa che sulla carta è per le ruote veloci. Si ripartirà dal Veneto e la quinta tappa è totalmente pianeggiante: si va da Mirano a Monselice, lambendo i Colli Euganei. Chiara Consonni, Elisa Balsamo e le altre… sono avvertite!

Le ultime tre tappe sono dure (o durissime) e sono anche lunghe. Da Bellaria quindi si deciderà tutto. E’ dalla cittadina adriatica che scatta infatti la sesta frazione e che si concluderà a Terre Roveresche (Orciano di Pesaro). Non c’è una salita predominante, ma tanti strappi. Insomma, come una classica inserita in “grande Giro”.

E si arriva al 12 luglio con la tappa regina: Fermignano-Monte Nerone di 157 chilometri e quasi 3.900 metri di dislivello. Il Nerone è lungo, duro (spesso va oltre il 10 per cento) ed è assolato. Visto il caldo delle ultime estati potrebbe essere il colpo che segnerà le differenze. E anche prima non si scherza: una vera e pura tappa appenninica. La classifica del mattino potrebbe essere un lontano ricordo alla sera.

Il giorno dopo gran finale ad Imola. Si parte da Forlì e si arriva nell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari, ma guai a pensare ad una passerella. Il dislivello di questo atto finale supera di molto i 2.200 metri e dopo la frazione del giorno prima i conti potrebbero essere molto salati. Si pedala sulle strade dei Mondiali del 2020 con le ascese di Mazzolano e Cima Gallisterna da ripetere quattro volte.

Chi vincerà? Di certo un’atleta di fondo, che certamente saprà andare forte in salita, ma che sa guidare bene la bici (anche le insidie tecniche non mancano) e che saprà magari segnare differenze con lo sprint o comunque difendercisi bene. Il dislivello infatti, ad esclusione del tappone del Nerone e del piattone di Monselice, è una costante di questo Giro Women e in qualche modo bisogna farci i conti sempre.

Un percorso quindi equilibrato e, aggiungiamo, moderno.

Soudal-Quick Step: un’evoluzione costante. Parla Bramati

13.01.2025
5 min
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CALPE (Spagna) – Davide Bramati non è solo uno degli uomini chiave della squadra belga, ma anche uno dei testimoni più diretti della sua evoluzione. Con 23 anni di esperienza nel gruppo, prima come corridore e poi come direttore sportivo, il “Brama” ha vissuto ogni fase della trasformazione della Soudal-Quick Step, oggi una formazione costruita attorno a quel prezioso gioiello che è Remco Evenepoel, capace col suo nome, il suo appeal e le sue vittorie di rilanciare una squadra che addirittura si pensava potesse sparire solo un anno fa quando si parlava di fusioni o di una sua stessa cessione da parte dello storico manager Patrick Lefevere (in apertura foto Instagram-Soudal Quick Step).

Niente di tutto ciò. La Soudal è forte e viva, anche se diversa. E Bramati ci racconta i cambiamenti avvenuti nel team, le sfide affrontate e le prospettive future, sottolineando come la squadra cerchi di adattarsi alle esigenze di un ciclismo sempre più competitivo e specializzato.

Il mercato è stato importante quest’anno, anche quello ai vertici. Via Lefevere dentro Jurgen Foré alla guida come team manager. E poi l’arrivo di Ethan Hayter su cui investire per le classiche, tanti giovani dal devo team, ma anche scalatori di esperienza come Maximilian Schachmann, profilo impensabile per il Dna di questa squadra fino a solo due o tre anni fa.

La Soudal-Quick Step si presenta alla stampa: obiettivo Tour con Evenepoel, ma sempre con le classiche in testa
La Soudal-Quick Step si presenta alla stampa: obiettivo Tour con Evenepoel, ma sempre con le classiche in testa
Brama, ormai sono un bel po’ di anni che sei in questa squadra?

Ne sono passati ben 23 da quando ho iniziato il mio cammino in questo gruppo: dal 2003 al 2006 come corridore e dal 2006 ad oggi come direttore.

E quanto è cambiata la Soudal? Una volta eravate “la squadra delle classiche”, adesso è evidente questa evoluzione, l’ha detto anche Lampaert durante la presentazione.

Abbiamo perso corridori importanti negli anni. Adesso ci sono altri nomi e uno di questi fa parte di quei cinque o sei atleti che, quando sono alla partenza di una gara, al 90 per cento sono i favoriti. Questo è il ciclismo e la sua evoluzione e noi ci siamo adattati. Anche se è cambiato tanto, però ricordo che la bici è sempre fatta da un telaio, due ruote, un corridore e la sua testa: certi dogmi perciò non cambiano mai.

Anche nel modo di lavorare è cambiato tanto rispetto alla Quick Step di Boonen, tanto per citare un totem del vostro gruppo?

Chiaro, come dicevo l’evoluzione è evidente: materiali più veloci, abbigliamento, nutrizionisti, cuochi, preparatori. Non che prima non fosse così, in qualche modo un certo tipo di ricerca a fare meglio c’era, ma oggi c’è più lavoro specifico su ogni persona e da parte di ogni persona. Ognuno ha il suo ruolo e deve cercare di ottenere e far ottenere il massimo.

Quest’anno avete dato un colpo definitivo: non siete più solo una squadra da classiche. Le partenze di Asgreen e Alaphilippe lo confermano.

Sì, sono partiti due corridori che hanno fatto tanto per questa squadra, ma anche altri in questi anni. Julien ha vinto tanto e anche Asgreen, il nostro ultimo vincitore del Giro delle Fiandre. Sono arrivati Paret-Peintre, Schachmann, Hayter, ottimi corridori. Ma come ho detto, avere uno di quei cinque o sei talenti che dominano oggi è fondamentale. Penso a Van der Poel, Van Aert, Pidcock, Vingegaard: corridori che le squadre vogliono tenersi stretti. Ed è giusto, è normale insistere su questi.

Bramati (classe 1968) con Alaphilippe: i due hanno condiviso moltissime battaglie insieme
Bramati (classe 1968) con Alaphilippe: i due hanno condiviso moltissime battaglie insieme
Con Alaphilippe ci scherzavi tanto, era un po’ un “tuo” corridore. Ci ricordiamo quando proprio qui a Calpe ti rubava le chiavi dallo scooter (mentre si era in marcia) con il quale li seguivi in allenamento…

Eh sì mi ricordo! “Giuliano” l’ho sentito di recente. Mi ha detto che sta bene. Per lui inizia una nuova avventura dopo tanti anni. È andato in una squadra con potenzialità per crescere. Gli auguro di tornare a vincere qualcosa di importante.

Capitolo Evenepoel: come procede il suo recupero? Te lo immagini competitivo per le Ardenne?

Ha avuto un incidente a dicembre, sta facendo gli ultimi controlli. Aspettiamo che i medici ci informino e vediamo. Se sarà pronto per le Ardenne? Io credo di sì, poi non è facile vincere quelle corse. Ma penso una cosa riguardo a Remco, e gliel’ho anche detta: le forze che non sta spendendo adesso se le ritroverà durante l’anno. Sono sicuro che tornerà a un altissimo livello.

Da ex corridore, come vedi Evenepoel dopo la stagione passata? Nel senso: come si trovano gli stimoli per cercare di chiudere il gap in salita con Pogacar e Vingegaard?

L’anno scorso, alla partenza del Tour, non in tanti credevano che potesse arrivare sul podio. Mentre noi abbiamo sempre corso con quell’obiettivo e lo abbiamo raggiunto. Remco ha dimostrato una crescita importante anche sulle grandi salite. Tuttavia sa che deve migliorare ancora per competere con i due che gli sono arrivati davanti, ma è giovane e rispetto a quei due ha il tempo dalla sua parte per crescere.

Remco sarà chiamato ad un grande impegno per ridurre il gap in salita nei confronti di Vingegaard e Pogacar, ma Bramati è fiducioso
Remco sarà chiamato ad un grande impegno per ridurre il gap in salita nei confronti di Vingegaard e Pogacar, ma Bramati è fiducioso
A proposito di giovani, i due ragazzi italiani, Garofoli e Raccagni, che impressioni ti hanno dato?

Andrea Raccagni era nel nostro devo team, Garofoli era già in Astana e ha fatto qualche esperienza in più, è anche un pelo più grande. Arrivano in un gruppo dove avranno gli occhi addosso in ogni gara, ma non devono avere fretta. Gliel’ho detto: «La stagione è lunga, arriverà anche il vostro momento», anche se spesso saranno chiamati ad aiutare. Ma prima o poi tra situazioni di gara, calendari, assenze di qualcuno… avranno spazi personali.

Li vedremo al Giro d’Italia?

Sicuramente Raccagni no. E’ al primo anno, deve migliorare e deve mettere chilometri di gara con i pro’ nelle gambe. Garofoli invece è nella nostra lista lunga. Decideremo dopo i primi due mesi chi saranno gli otto effettivi e le quattro riserve per il Giro d’Italia.

Raccagni lo vedi adatto per le classiche?

Fisicamente mi ricorda un po’ il “Ballero”. Ha 20 anni, è giovane e deve fare le cose con calma, ma ha potenzialità. Una stazza giusta e parecchia potenza. Lo vedremo già quest’anno.

I giovani di oggi guardano alla storia del ciclismo o no? Ti hanno mai fatto domande magari su Boonen, sui corridori dei tuoi tempi…

Troppe domande no, ma sono sicuro che guardano la storia di questo sport. Per esempio, Raccagni è in camera con Pascal Eenkhoorn, che ha esperienza. Ma bisogna lasciar loro il tempo per maturare. Il livello si è alzato tantissimo e il ciclismo di oggi non è facile.

EDITORIALE / Tutto a Roma: prima il Giro, poi le elezioni FCI

13.01.2025
5 min
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Fra una settimana saremo nuovamente qui a commentare l’esito delle elezioni federali. Avremo il nome del presidente che guiderà la FCI fino a Los Angeles e le reazioni dei due sconfitti. Quello che potrebbe succedere nell’assemblea non ha limiti. L’ultima volta, con quattro candidati in lizza, il testa a testa fra Dagnoni e Martinello fu deciso da uno spostamento di voti dell’ultima ora. In teoria c’è solo da aspettare, mentre nel frattempo le corse australiane hanno iniziato a produrre titoli e immagini e le interviste portate a casa dal secondo giro di ritiri in Spagna racconteranno la preparazione e i buoni propositi degli atleti che di qui a poco debutteranno in Europa.

La politica federale non ha molta presa sul pubblico, forse per questo finora delle elezioni si è parlato poco. E forse per questo la settimana che ci attende vivrà di colpi di coda o colpi bassi e pochi approfondimenti, nel nome di convenienze più o meno manifeste.

A metà del guado

Il ciclismo è un mondo speciale a metà del guado. E’ passione, sogno, esaltazione, sfida. Ha bisogno a tutti i livelli di gente che ci creda: gli atleti per sostenere fatiche al limite dell’umano, i volontari per riconoscere un senso ai loro sacrifici. Il ciclismo parla al cuore e lo fa senza mezze misure e forse per questo non si riconosce nelle verità non dette e nelle spiegazioni balbettanti della politica. Guccini cantava che il profumo del ricordo cambia in meglio, in questo caso la sensazione è che in assenza del minimo contraddittorio, il tempo ammanta gli eventi e lascia che siano dimenticati.

Stasera nell’Auditorium Parco della Musica di Roma (immagine depositphotos.com in apertura) saranno presentati i due Giri d’Italia WorldTour: quello degli uomini e quello delle donne. Ricordiamo bene la grande pressione esercitata sulla FCI nei giorni successivi alla vicenda delle provvigioni irlandesi e di come questa cessò, come per incanto, quando le organizzazioni del Giro Donne e quello U23 passarono al RCS Sport. Se avete dedicato qualche minuto alla lettura delle missive tra il presidente Dagnoni e l’ex presidente Di Rocco, pubblicate su Tuttobiciweb, avrete avuto probabilmente la sensazione di un cesto di panni sporchi che si è cercato per anni di tenere nascosto. Se ne sentiva persino l’odore. Certe cose devi leggerle, se vuoi farti un’opinione. E se vuoi toccare con mano lo scollamento fra il vertice e la base che cerca di districarsi fra mille problemi – economici, amministrativi e legali – senza il senso di avere nell’istituzione una madre capace di sciogliere i nodi prima che arrivino al pettine.

Presentazione Giro d'Italia U23, 2017, Renato Di Rocco, Marco Selleri
Renato Di Rocco e Marco Selleri fanno entrambi parte della squadra di Martinello: l’ex presidente resta figura centrale
Presentazione Giro d'Italia U23, 2017, Renato Di Rocco, Marco Selleri
Di Rocco e Selleri fanno entrambi parte della squadra di Martinello: l’ex presidente resta figura centrale

Ottavi in classifica

Siamo cresciuti sentendoci dire che il ciclismo fosse il secondo sport d’Italia, preceduto soltanto dal calcio. In realtà non è più così da un pezzo. Al punto che un sondaggio Demos realizzato lo scorso anno per Repubblica mostra il nostro sport all’ottavo posto, dopo calcio, tennis, formula 1, volley, atletica, nuoto e motociclismo. Può bastare l’assenza di grandi campioni e di una squadra WorldTour, per giustificare un simile calo? Oppure la si prende come alibi per giustificare l’incapacità di guidare questo sport meraviglioso attraverso il guado?

Lino Secchi, il quarto candidato che però ha fatto un passo indietro, lo ha spiegato chiaramente. Il ciclismo non entra nelle scuole, così come non era presente ai tavoli della politica in cui si lavorava sul tema della sicurezza. Il ciclismo è sparito dalle feste di paese e non svolge azione di promozione sociale. Per contro, il ciclismo continua a campare sul volontariato, sperando che duri. Non mostra vigorosi tentativi nell’arginare il calo dei tesserati e la chiusura di squadre che riducono la possibilità di accesso allo sport. Non c’è una strategia o almeno non si vede. La partita non si gioca sul numero degli amatori, a nostro avviso, ma sul fatto che i ragazzini non sognano più di scoprire il mondo su una bicicletta. E quelli che ancora lo fanno, trovano la strada sbarrata da problematiche insormontabili, soprattutto perché non gestite. 

Fra i progetti di Sport e Salute, Bici in Comune riguarda la promozione del ciclismo, fra società e sport
Fra i progetti di Sport e Salute, Bici in Comune riguarda la promozione del ciclismo, fra società e sport

I soldi scarseggiano

La FCI nuota in acque basse e questo non è un buon segno. I soldi scarseggiano, attendiamo di capire se l’accordo con Infront darà una svolta. Il tesoretto ricevuto in eredità grazie ai risparmi del 2020 è stato speso in tre anni. E anche se nel primo anno post olimpico ci saranno certamente meno spese, è chiaro che il disavanzo sia importante e il risparmio non sia una scelta ma una necessità. Nella conferenza stampa di Milano, che ha preceduto il Giro d’Onore in cui ha recitato per tutto il pomeriggio da conduttore, il presidente uscente Dagnoni ha vantato i risultati, sfoggiato le medaglie e spiegato i suoi risultati. Si è però detto stupito, a fronte dei risultati conseguiti, del taglio dei contributi da parte di Sport e Salute. E questo forse dà la misura del cambiamento non percepito: le sole medaglie non bastano più.

I progetti pubblicati sul sito della società che distribuisce i fondi per lo sport sono tutti nel segno della diffusione della pratica sportiva e della promozione sociale. Lo sport è veicolo di benessere e salute, limitarsi a sbandierare le vittorie espone il ciclismo ufficiale alla rimonta da parte degli Enti che fanno attività sui territori e possono vantare un numero di tesserati di tutto rispetto. Se vuole garantire un futuro allo sport – chiunque sarà il presidente chiamato a guidarla – la FCI deve cambiare pelle. Per non ritrovarsi ancora una volta a chiudere la stalla quando i buoi sono già tutti fuori. Prendere esempio dall’operato del Presidente di Lega Roberto Pella, firmatario con il ministro Abodi e Mezzaroma di Sport e Salute del progetto Bici in Comune, potrebbe essere un bel modo per fissare degli utili punti di riferimento.

I numeri della triplice corona. Non c’è solo Pogacar in caccia

13.01.2025
6 min
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Non c’è intervista alla quale Tadej Pogacar si sottoponga che non ritorna fuori il discorso legato alla “triple crown”, la tripletta di grandi giri da conquistare. Per settimane lo scorso anno, vista la sua supremazia al Giro come al Tour, si è vagheggiata la sua partecipazione anche alla Vuelta, lo sloveno probabilmente non l’ha mai presa realmente in considerazione, anche se il fascino di centrare il tris nello stesso anno, per sua stessa ammissione lo stuzzica.

Merckx resta il primatista di successi in grandi giri, ben 11, uno più di Hinault
Merckx resta il primatista di successi in grandi giri, ben 11, uno più di Hinault

Il ritornello dei sette vincitori

Ad aver conquistato la vittoria al Giro come al Tour e alla Vuelta sono stati 7 corridori e questo è notorio. Anquetil, Gimondi, Merckx, Hinault, Contador, Nibali e Froome: sembra quasi una litania che moltissimi appassionati conoscono e recitano a memoria. Ma andando oltre questi campionissimi, il confronto fra le tre massime corse a tappe dice molto di più.

Partiamo intanto da una domanda: chi può aggiungersi a questa collezione? Pogacar prima di tutti, visto che Giro e Tour li ha già messi in carniere. Il campione del mondo non ha ancora sciolto la riserva su quale corsa affiancherà alla Grande Boucle, attende di conoscere il percorso del Giro ma tutto fa presagire che proverà a chiudere il cerchio già in questo 2025. In futuro potrebbe aggiungersi Jonas Vingegaard, se alla corsa rosa salirà di uno scalino, ossia conquisterà il trofeo da aggiungere alle due maglie gialle già nell’armadio. Primoz Roglic è anche più vicino, considerando che Giro e Vuelta li ha già vinti, ma con il Tour non ha un buon rapporto, anche se ha già detto che quest’anno ci riproverà, dopo essere tornato al Giro.

Roglic con il piatto della sua quarta Vuelta. Ma la beffa di Pogacar al Tour del 2020 resta una ferita aperta
Roglic con il piatto della sua quarta Vuelta. Ma la beffa di Pogacar al Tour del 2020 resta una ferita aperta

Chi può entrare nel cerchio magico

Dei ciclisti in attività ci sono altri che possono ambire al trittico, ma che gran parte della strada devono ancora compierla: Remco Evenepoel ha dalla sua la Vuelta, ma prima vuole sfatare il tabù Tour. Hindley ha vinto il Giro, potrà fare di più? Lo stesso dicasi per Kuss, che tra l’altro ha corso tutti e tre i giri nel 2023 vincendo la Vuelta e finendo non lontano dalla Top 10 nelle altre due (e anche questo per certi versi è un record).

Attenzione a Bernal, che ha dalla sua Giro e Tour già nel carniere e potrebbe anche sorprendere tutti. Due successi li ha anche Nairo Quintana, fra Giro e Vuelta, ma una sua vittoria al Tour verrebbe strapagata agli scommettitori… Con una vittoria, fra i corridori in attività ci sono Geraint Thomas, Simon Yates (che nel 2018 completò il trittico di successi tutto britannico dopo Froome al Giro e Thomas al Tour), Tao Geoghegan Hart e Richard Carapaz.

Joaquim Rodriguez, sul podio alla Vuelta 2010-12, Giro 2012, Tour 2013
Joaquim Rodriguez, sul podio alla Vuelta 2010-12, Giro 2012, Tour 2013

Sorpresa podi: Anquetil meglio di Merckx

Se guardiamo ai vincitori, abbiamo detto che abbiamo un Settebello, ma quanti sono coloro che vantano un podio in tutti e tre i grandi giri? Questo è un dato per certi versi sorprendente. Sono infatti ben 21 i corridori che ci sono riusciti, nessuno però nello stesso anno. Ci si attenderebbe che il record di presenze spetti a Merckx e invece non è così perché il Cannibale ne ha ottenuti 12 (5 al Giro, 6 Tour e 1 Vuelta) ma Anquetil fece ancora meglio, 13 con 6 presenze fra Giro e Tour più quella spagnola. A quota 12 ci sono anche Gimondi con 9 podi al Giro primato assoluto e Hinault, 11 invece per Nibali: lo Squalo ha ottenuto in carriera 6 podi al Giro, 2 al Tour e 3 alla Vuelta.

Spulciando l’elenco ci sono anche presenze curiose come quelle di Herman Van Springel, grande passista a cavallo degli anni Settanta più conosciuto come luogotenente di Merckx, oppure Joaquim Rodriguez, che a 3 podi alla Vuelta aggiunse anche due presenze fra Giro e Tour. Cinque i corridori ancora in attività che hanno fatto questa tripletta e sono nomi che abbiamo già citato: Quintana, Froome (11 come Nibali), Roglic, Carapaz e Pogacar, che ne ha 7, uno meno del connazionale.

Il successo di Petacchi a Marostica, Giro 2003, un anno magico con 15 tappe fra i tre grandi giri
Il successo di Petacchi a Marostica, Giro 2003, un anno magico con 15 tappe fra i tre grandi giri

Bahamontes ed Herrera, re degli scalatori

E nelle altre classifiche? Se prendiamo in esame gli scalatori, solamente due sono riusciti nell’impresa di conquistare il primo posto in tutte e tre le prove: lo spagnolo Federico Bahamontes, per 9 volte di cui 6 al Tour e il colombiano Luis Herrera, 5 volte con doppiette al Tour e alla Vuelta. Cinque invece i corridori con la triplice corona nella classifica a punti: naturalmente Merckx, ma anche Abdujaparov (che fece doppietta Giro-Tour nel 1994), Jalabert, il nostro Petacchi e Mark Cavendish che ha appena appeso la bici al classico chiodo. Il record di vittorie nella classifica a punti è però del tedesco Erik Zabel, ben 9, ma mai nella corsa rosa.

Veniamo alle tappe e anche qui i numeri stupiscono. Intanto qui si può parlare non solo di tripletta, ma anche contemporaneità e per ben tre corridori: lo spagnolo Miguel Poblet vinse nel 1956 3 tappe alla Vuelta (che si correva poco prima del Giro), 4 nella corsa rosa e una al Tour. Due anni dopo lo imitò Pierino Baffi che fece doppietta alla Vuelta, una vittoria al Giro e ben 3 al Tour. Spettacolare però il 2003 di Alessandro Petacchi, che mise in fila 6 tappe al Giro, 4 al Tour e 5 alla Vuelta.

Alaphilippe a Fano ha completato la sua collezione di tappe. Entrando in un “club” di 111 corridori
Alaphilippe a Fano ha completato la sua collezione di tappe. Entrando in un “club” di 111 corridori

La carica dei 111 vincitori di tappe

Se andiamo a considerare tutti i ciclisti che hanno vinto almeno una tappa in ognuno dei grandi giri, ne troviamo ben 111. Il primo su Fiorenzo Magni nel 1955. La cosa sorprendente è che nel 2024 sono stati ben 5 i corridori che si sono aggiunti alla lista: Pogacar e Alaphilippe hanno completato la collezione al Giro, Evenepoel e Carapaz al Tour, O’Connor alla Vuelta. Ma attenzione, perché in gruppo ci sono ben 39 corridori che possono aggiungersi a questa lista, ampia oltre ogni previsione.

Al Giro ci proveranno con tutta probabilità Vingegaard, Van Aert, Adam Yates, Majka e Bardet. Al Tour potrebbero provarci in 11 e fra questi ci sono anche i nostri Dainese, Ganna, Caruso e Brambilla (poi chiaramente dipenderà se la corsa potranno innanzitutto disputarla…). Con loro anche gente accreditata come Landa e Groves. Una dozzina coloro che possono completare la collezione alla Vuelta dove spiccano Démare, Merlier, Girmay e Van der Poel, che d’altronde la prova spagnola non l’ha mai corsa.

Verre: il rinnovo, l’inverno e l’attenzione ai dettagli

12.01.2025
5 min
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Un anno dopo, anzi qualcosa meno. Perché la stagione 2024 di Alessandro Verre era iniziata a febbraio in Oman. Quest’anno, invece, il via del quarto anno da professionista del corridore di Marsicovetere sarà dall’Australia. Il Santos Tour Down Under si appresta a tagliare il nastro rosso del 2025, l’atmosfera si scalda e la tensione sale. Per arrivare fino a Prospect, dove partirà questa prima corsa a tappe, il viaggio è stato lungo. Le ore di differenza ci mettono davanti al fatto che, al momento della chiamata, mentre da noi è mattina per Verre e compagni è ora di cena. 

«Fino a ora tutto bene – racconta il corridore dell’Arkea B&B Hotels – oggi (ieri per chi legge, ndr) abbiamo fatto la prima uscita. L’Australia è calda, sicuramente più dell’Italia. Anche se a casa, in Basilicata, negli ultimi giorni siamo arrivati ad avere 10/15 gradi. Addirittura, negli ultimi giorni del 2024 mi sono allenato in pantaloncini. Vero che qui ora ce ne sono comunque 35 di gradi

Per Verre il 2025 sarà il quarto anno con l’Arkea, il primo come professional e gli altri come team WT (foto Instagram)
Per Verre il 2025 sarà il quarto anno con l’Arkea, il primo come professional e gli altri come team WT (foto Instagram)

Qualcosa di nuovo

La quarta stagione da professionista sarà importante per Alessandro Verre, che dovrà trovare la via giusta per crescere. Rispetto al suo primo anno nel team francese sono cambiate tante cose, nel 2022 tutto aveva il sapore della novità. Ora non si smette di imparare ma serve anche raccogliere quanto seminato. 

«Come sto – riprende – lo scopriremo tra una settimana. Tutto sommato mi sento bene, ma il primo ritiro di solito non dà grandi conferme o smentite. Si ha il paragone con i compagni di squadra ma ognuno arriva in condizioni diverse. In generale si fa tanto fondo rispetto a lavori specifici. Anche se, in questo 2025 noi del gruppo Australia ci allenavamo tutti insieme con un programma rivolto all’intensità. Un’altra cosa che è cambiata riguarda gli esercizi a bassa cadenza, abbiamo ridotto le rpm per aumentare la coppia e quindi la forza pura».

I corridori impegnati al Tour Down Under hanno svolto un lavoro specifico per arrivare pronti all’appuntamento
I corridori impegnati al Tour Down Under hanno svolto un lavoro specifico per arrivare pronti all’appuntamento
Che pausa di fine stagione è stata?

Un po’ particolare, non ho mai fatto una vera e propria pausa, mi sono sempre tenuto in movimento andando anche in mountain bike. Poi, quando era il momento di riprendere, ho avuto il Covid. Era metà novembre. Mi sono dovuto fermare per cinque giorni, fino a quando mi sono negativizzato. Ho fatto il tampone per scrupolo personale, non stavo bene e parlando con mio padre, che stava male anche lui, abbiamo deciso di controllare. 

Eri in scadenza a fine 2024, c’è stato un momento in cui questa cosa ti ha impensierito?

No, sono sempre stato tranquillo. Con la squadra stavamo parlando del rinnovo da maggio. La cosa ha un po’ rallentato a causa dei problemi economici del team, ma la firma è arrivata al Lombardia. Poi un mese dopo è stata comunicata l’ufficialità. 

Verre in questi anni da professionista ha corso due volte al Giro, ora vorrebbe fare nuove esperienze
Verre in questi anni da professionista ha corso due volte al Giro, ora vorrebbe fare nuove esperienze
Sei sempre stato sereno?

Ho capito che non posso perdere la testa, la pausa è passata bene, tanto che mi sembra ieri di aver ripreso a pedalare. 

Che 2025 ti aspetti?

Sarò ripetitivo, ma voglio stare tranquillo. Non c’è bisogno di creare stress. Ogni anno si migliora, ma lo fanno anche gli altri. Vedremo quando saremo in corsa a che punto mi trovo. Da quel momento in avanti avrò chiaro cosa potrò fare per tutta la stagione. In linea di massima ho già un programma, ma aspetto la conferma del team. Posso dire che correrò in gare di altissimo livello.

Una parte fondamentale per il 2025 di Verre sarà l’attenzione ai dettagli, che potrà fare grande differenza
Una parte fondamentale per il 2025 di Verre sarà l’attenzione ai dettagli, che potrà fare grande differenza
Desideri nel cassetto?

Ho chiesto alla squadra di fare due grandi corse a tappe: Giro e Vuelta. Per il momento siamo arrivati a programmare fino a giugno. Mi piacerebbe andare in Spagna perché è una corsa che arriva a fine anno e vorrei scoprirla. Poi ho visto negli anni passati che c’è più spazio per gli attaccanti. 

Che consapevolezza hai dopo tre anni da professionista?

La cosa principale dire che il livello è alto, ma sono sereno. Il 2025 sarà un anno difficile, quello che potrò fare è metterci quel pizzico di esperienza che ho maturato. Ho capito che bisogna fare attenzione alle piccole cose, come un semplice raffreddore. Per questo ho preferito fare il tampone a metà novembre e fermarmi per cinque giorni. 

Lo scorso anno, Verre ha corso anche la crono tricolore: una specialità cui si dedica pensando alle corse a tappe
Lo scorso anno, Verre ha corso anche la crono tricolore: una specialità cui si dedica pensando alle corse a tappe
Altre cose?

Imparare a ottimizzare i viaggi, l’alimentazione quando si è lontani da casa, tante piccole accortezze che possono sempre fare la differenza. 

Qual è il programma in questi giorni prima dell’inizio del Tour Down Under?

La prima uscita è stata molto tranquilla, con ritmi blandi. Anche se ho inserito delle volate per riattivare il fisico dopo il viaggio. Poi da qui a lunedì abbiamo in programma due distanze da quattro ore. Martedì riposo. Da mercoledì oltre alle ore inseriremo qualche lavoro di alta intensità, inoltre faremo delle ricognizioni delle tappe. Sabato prossimo, il 18 gennaio, ci sarà il Criterium. Un assaggio di gara prima del via che sarà il 21 gennaio.

Campionati Italiani Giovanili di cross, ecco perché piacciono

12.01.2025
4 min
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I campionati italiani di Follonica, un bell’esempio di promozione per il ciclocross e per il ciclismo giovanile in genere. Un plauso alla ASD Romano Scotti che arriva da più direzioni, non in ultimo da Fabrizio Tacchino (preparatore e anche tecnico federale) che abbiamo intervistato nel post evento. Fausto Scotti ed il suo staff hanno organizzato a Follonica la rassegna nazionale di ciclocross dedicata alle categorie giovanili.

Il ciclismo ha bisogno di tornare a crescere anche sotto il profilo della durezza, della tecnicità dei percorsi, ma sempre con le giuste proporzioni di sforzo legate alle categorie dei partecipanti, fattori che potrebbero riportarci al pari di nazioni che in questo periodo storico la fanno da padrone.

Fabrizio Tacchino con Nicolò Maglietti e Giovanni Bosio, campioni del team releay (foto Tacchino)
Fabrizio Tacchino con Nicolò Maglietti e Giovanni Bosio, campioni del team releay (foto Tacchino)
Ti sentiamo entusiasta dell’evento appena concluso!

Per me è stata una bellissima manifestazione, ben congegnata e ben fatta sotto tutti i punti di vista. Lo ritengo il sigillo di una stagione giovanile del ciclocross che è anche una sorta di rilancio vero e proprio. Un elogio a chi ha avuto il coraggio di organizzare un evento del genere, una manifestazione che diventa un’ottima base per una ricostruzione tecnica del ciclismo, a partire dai giovani.

Ti riferisci al percorso?

Anche. Di sicuro il tracciato è stato degno di una rassegna nazionale del ciclocross, impegnativo e tecnico per gli atleti, a tratti anche molto impegnativo, ma è giusto così. Comunque ben strutturato anche in base al modello di sforzo proporzionato all’età. Non bisogna dimenticare che hanno gareggiato le categorie esordienti e allievi. Un campionato nazionale non deve essere una gara fatta a caso. Bello per gli spettatori che hanno beneficiato di una panoramica di un tracciato come andrebbe fatto.

Tracciato completo, tecnico ed impegnativo, ma ben studiato per i ragazzi (foto ASD Scotti)
Tracciato completo, tecnico ed impegnativo, ma ben studiato per i ragazzi (foto ASD Scotti)
Per fare un paragone, un percorso degno delle gare del Belgio?

Con le dovute proporzioni e considerando che si tratta di categorie giovanili, direi di si. Anche se è necessario sempre fare delle considerazioni ben precise.

A cosa ti riferisci?

Spesso si celebrano, da una parte giustamente, i circuiti di Belgio e Olanda, ma è necessario considerare che in quelle Nazioni buona parte dei tracciati sono permanenti. Sono dei veri stadi e arene. In Italia questo non esiste, perché i percorsi da ciclocross vengono tracciati nei giorni antecedenti alla gara o comunque non sono permanenti. Non è una banalità, una variabile che influisce anche sulla tecnicità dei percorsi.

Ambire alla qualità dei tracciati?

Esattamente. In Italia dobbiamo tornare a disegnare, tracciare e far correre gli atleti all’interno di tracciati con una elevata tecnicità, partendo dalle rassegne nazionali ed eventi più importanti e poi a cascata un po’ ovunque. La semplicità non porta a nulla.

Una fase di partenza lungo il rettilineo che anticipava il tracciato vero e proprio (foto ASD Scotti)
Una fase di partenza lungo il rettilineo che anticipava il tracciato vero e proprio (foto ASD Scotti)
Un fattore che potrebbe aiutare a sfornare talenti?

Le gare facili abbassano il livello dei corridori o comunque non ci mettono al pari delle Nazioni che dominano. I percorsi tecnici divertono il pubblico ed i ragazzi, diventano al tempo stesso un’eccellente base di lavoro e per la guida. Fanno crescere il livello complessivo, danno motivazione. Un livello elevato permette di gratificare anche con la sola partecipazione. E’ un incentivo.

Pensi che abbiamo perso molte gare con un elevato tasso tecnico?

Sì e non solo in ambito ciclocross. Paradossalmente sono rimaste tante gare facili. I motivi sono diversi, sicuramente i costi recitano la parte del leone. Soprattutto a livello giovanile abbiamo perso, purtroppo, la maggior parte degli eventi che si svolgevano sui tre giorni. Manifestazioni che permettevano di fare una grande esperienza ai più piccoli, gare che invece sono un modello tanto utilizzato all’estero. Sono idee che andrebbero riprese, sicuramente ripensate in ottica più moderna, ma comunque utilizzate.

La rassegna di Follonica, un bell’esempio di organizzazione e promozione del ciclismo giovanile
La rassegna di Follonica, un bell’esempio di organizzazione e promozione del ciclismo giovanile
Si parla tanto di far pagare un biglietto, la ritieni una soluzione?

In Italia è difficile pensare di far pagare il biglietto ad una gara di bici, ma non è impossibile. Come accennato in precedenza, a mio parere, è giusto prendere spunto da quello che vediamo arrivare dalle nazioni trainanti, ma altrettanto giusto calibrare al contesto italiano. Gli eventi collaterali sarebbero una buona soluzione, solo per fare un esempio.

Cattaneo, non solo crono e Remco: «Debutto alla Roubaix»

12.01.2025
5 min
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CALPE (Spagna) – Sulla panoramica terrazza del maggiore hotel di Calpe, baciati da un sole che non sembrerebbe proprio essere di gennaio, il veterano della Soudal-Quick Step ci ha rivelato i suoi piani per questo 2025. Ovviamente parliamo di Mattia Cattaneo. Piani che sono a dir poco curiosi. Dopo anni trascorsi a supportare i leader nelle grandi corse a tappe e a distinguersi nelle cronometro, Cattaneo ha finalmente ottenuto una chance speciale: il debutto alla Parigi-Roubaix. Per lui, un sogno che si avvera e un tassello che completa il mosaico della sua carriera.

Cattaneo ha raccontato come il team belga stia cambiando volto, con una crescente attenzione ai grandi Giri e una graduale ristrutturazione che ha aperto nuove opportunità anche a lui. Ma non solo pietre e cronometro nel suo prossimo futuro: il supporto a Remco Evenepoel per il Tour de France e il mondiale a cronometro sono gli altri obiettivi chiave di una stagione che si preannuncia densa e forse inaspettatamente stimolante. E non è poco dopo i grossi guai del 2024.

Cattaneo (classe 1990) si appresta ad affrontare la sua 14ª stagione da pro’, la prima con la Roubaix (foto Soudal-Quick Step)
Cattaneo (classe 1990) si appresta ad affrontare la sua 14ª stagione da pro’, la prima con la Roubaix (foto Soudal-Quick Step)
Mattia, partiamo da quest’aria di rinnovamento che è palpabile: è cambiata molto la Soudal-Quick Step rispetto agli anni passati?

Sì, è cambiata tantissimo. Quando sono arrivato, la squadra era fortemente orientata verso le classiche, mentre oggi l’attenzione è sempre più rivolta ai grandi Giri, grazie soprattutto alla presenza di un leader come Remco. Questo cambiamento si nota anche nell’approccio alla preparazione: la programmazione di un Grande Giro richiede una cura e una strategia completamente diverse rispetto a una campagna di classiche.

Cosa significa un nuovo approccio e una diversa programmazione?

Che per un Grande Giro c’è tanto più volume di cose da mettere a punto, da tenere sotto controllo. E’ un processo più lungo, basta pensare solo alle alture, per fare un esempio. E’ un grande lavoro.

In questi anni avete perso ottimi corridori per le classiche del Nord, c’è qualcuno che si farà sentire in particolare?

Julian Alaphilippe era un corridore unico per certe tappe e situazioni di gara, non solo per il Nord. La sua mancanza si farà sentire. Lui era ancora nel pieno, un atleta di carisma. Tuttavia, la squadra resta molto competitiva, sia per i grandi Giri che per le classiche. Certo, con meno corridori di riferimento per il Nord, ma sempre di altissimo livello.

Veniamo a te, cosa bolle in pentola? Abbiamo sentito questa voce della Parigi-Roubaix…

Eh già! Era da anni che chiedevo di poterla fare, perché sentivo che, per caratteristiche, potevo adattarmici bene. Ho sempre partecipato a tutte le corse del WorldTour tranne che alla Roubaix: per me è un modo per chiudere il cerchio. La squadra ha capito che posso essere utile sia per aiutare il team che per cercare qualche soddisfazione personale, pur consapevole che vincere è fuori portata. Essere competitivo e utile al gruppo e sarebbe già un grande obiettivo per me.

Ormai il lombardo è una garanzia per la squadra. Il debutto il 5 febbraio a Bessèges
Ormai il lombardo è una garanzia per la squadra. Il debutto il 5 febbraio a Bessèges
Come preparerai questo appuntamento?

Abbiamo già programmato dei sopralluoghi tra l’Algarve e l’opening weekend delle classiche in Belgio. Parteciperò a qualche corsa a fine febbraio per testare i materiali e prendere confidenza con il pavé. Dopo la Tirreno-Adriatico tornerò per le classiche vere e proprie.

Hai cambiato anche la preparazione in ottica classiche delle pietre, visto che farai anche il Fiandre? Per esempio ci dicevi dei tanti chilometri con lo sci di fondo, un ottimo lavoro per la parte alta del corpo…

In realtà non ho stravolto la mia preparazione, anche perché a 34 anni suonati non mi sembrava il caso di mettermi a fare degli esperimenti. Ho mantenuto un mix di lavoro in bici e palestra. Lo sci di fondo, per come l’ho fatto io, era prettamente per fare endurance, poi ovviamente è anche un ottimo lavoro muscolare, ma non è qualcosa che ho implementato ai fini di una preparazione diversa e per gare diverse dal mio solito.

Quanto conta l’esperienza in corse che non hai mai disputato?

Credo molto. Anche se non ho mai corso la Roubaix, conosco bene molte altre classiche del Nord. So bene cos’è un Kwaremont o un Koppenberg: li ho affrontati in passato e so cosa aspettarmi. So della bagarre che c’è. La scelta dei materiali e la conoscenza del percorso sono fondamentali: ma su questo aspetto siamo una squadra forte. Credo di poter portare un contributo tecnico e tattico al team, anche grazie alla mia esperienza generale.

Dopo le classiche sai già cosa farai?

Finite le classiche staccherò un po’. Calcolate che io farò anche le Ardenne poiché ci sarà Evenepoel. Credo che non farò solo la Freccia Vallone, ma vedremo per questo. Quindi dopo la Liegi mi aspettano in pratica due mesi di altura: tutto maggio, poi il Delfinato e quindi di nuovo in altura in vista del Tour, chiaramente in appoggio a Remco.

Cattaneo punta deciso anche al mondiale: la crono sembra essere impegnativa e questo va bene per un cronoman con le sue caratteristiche
Cattaneo punta deciso anche al mondiale: la crono sembra essere impegnativa e questo va bene per un cronoman con le sue caratteristiche
E dopo il Tour de France, cosa c’è nei tuoi piani?

Il mondiale a cronometro è un grande obiettivo. Il percorso sembra adatto alle mie caratteristiche e spero di conquistare una convocazione. Negli ultimi anni ho dimostrato continuità nelle crono e vorrei continuare su questa strada. In Italia siamo diventati una nazione di riferimento nella specialità, ma bisognerà lottare per un posto, dato l’alto livello dei nostri atleti.

Però Mattia, un calendario bello intenso! E che entusiasmo che hai…

Quello non manca. Vado per i 35 anni, so bene cosa posso fare e cosa no. Ormai quello di gregario (importante aggiungiamo noi, ndr) è il mio ruolo. Sono consapevole che non posso vincere o che comunque per uno come me è molto difficile, ma sono felice di poter essere importante per la squadra e avere un leader come Evenepoel è tanto, tanto stimolante. Lui è uno di quei 5-6 corridori che può vincere in questo ciclismo. E questo fa la differenza anche per chi c’è intorno a lui.

Ultima domanda: cosa ti sembra dei due “bimbi” italiani arrivati in squadra? Parliamo ovviamente di Gianmarco Garofoli e Andrea Raccagni Noviero.

Garofoli e Raccagni sono due ragazzi con prospettive molto promettenti. Credo siano nella squadra giusta e al momento giusto, per poter crescere bene. Avere compagni italiani aiuta, per cultura e mentalità. Il ciclismo di oggi non concede tempo, quindi non possono aspettare così tanto tempo per emergere, ma penso che abbiano le qualità per fare bene e trovare il loro spazio.

Cavalli rinata e i compiti arretrati da recuperare

12.01.2025
7 min
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La senti subito dalla voce che Marta Cavalli è rinata, ripartita. Come un computer che va in tilt per il quale serve il più classico e non meno scontato “spegni e riavvia” staccando brutalmente la spina. Non è un’altra persona perché i modi sono quelli garbati di sempre. Anche di quando stava attraversando il suo periodo più incerto e ai soliti messaggi poteva avere tutto il diritto di rispondere in maniera più spazientita o distaccata.

Le descrizioni di questa nuova fase della sua vita sono precise e particolareggiate come quando ti raccontava una gara. A Marta piace coinvolgerti con un sorriso e con metafore chiare per farti capire come sta la situazione. Prima e anche ora. Tutte qualità umane che non puoi perdere e che, proprio come ci diceva Marta Bastianelli sulle sue vittorie, non possono essere frutto del caso.

La ripartenza agonistica di Cavalli sta avvenendo con i colori della Picnic-PostNL che non ha esitato a farle un contratto triennale. Quella personale invece si è compiuta in autunno per merito del nuovo fidanzato ex ciclista che ha saputo farle riaccendere la scintilla dell’interruttore generale, anche attraverso sfide in cucina. E adesso il passato è passato. Moralmente resta una cicatrice che si sta riassorbendo bene e non c’è più paura di parlarne, nemmeno se la rincroci con un’occhiata. Ora però bisogna pedalare, come ci spiega lei.

Marta ha ritrovato il sorriso. Merito del fidanzato e della nuova squadra che ha creduto in lei con un approccio discreto (foto Picnic)
Marta siete a Calpe per il ritiro. Come sta andando questo e com’è stato quello di dicembre?

Tutto procede al meglio con un clima rilassato in squadra e quello meteorologico ottimale per andare in bici. Il primo ritiro è stato fatto per conoscersi, c’era anche il team maschile. Quella settimana è volata via in fretta. Non conoscevo nessuno e, tempo che avevo iniziato a mettere a fuoco tutti tra compagne e staff, era già ora di rientrare. E’ stata una full immersion tra posizionamenti in bici, materiali e abbigliamento. Mi è servito per ripartire. Questo ritiro invece è focalizzato sui test e sulla preparazione per le prime gare. Prendo i dati come vengono per il momento.

L’ambientamento come va?

Molto bene anche quello. Nel ritiro di dicembre ero in camera con Barale che mi ha aiutato molto ad inserirmi e spiegarmi tutto quello che avviene e perché avviene. In questo sono in camera con Pfeiffer Georgi e mi trovo benissimo anche con lei. Mi sto trovando bene con tutti per la verità. E’ un ambiente ordinato. Mi piace che vengano fatte le cose per un motivo preciso anziché per un altro. Abbiamo tante figure professionali a nostra disposizione, ognuna di esse specializzata nel suo settore. Può sembrare un organico troppo articolato, ma in realtà è un sistema che ci garantisce di essere o arrivare preparati ad un appuntamento, anche solo il semplice allenamento. E’ un sistema che ottimizza tutto per il corridore.

Il ritiro di dicembre è servito a Cavalli per conoscere le nuove compagne, lo staff e i nuovi materiali (foto instagram)
Il ritiro di dicembre è servito a Cavalli per conoscere le nuove compagne, lo staff e i nuovi materiali (foto instagram)
Ti sei già confrontata con i tuoi diesse?

Sì e apprezzo il loro modo di fare. Con loro avevo iniziato già da qualche mese. Stavo quasi per abbandonare la scialuppa, ma i tecnici della Picnic mi hanno ripreso a bordo. Si sono approcciati in maniera giusta, molto discreta, senza essere invadenti o insistenti. Mi hanno detto: «Se te la senti e quando te la senti, noi ti aspettiamo e ti riportiamo dentro al tuo ambiente». Questo ha inciso molto sulla mia decisione.

Quanto sei stata vicina a chiudere col ciclismo?

Moltissimo. Però poi la Picnic mi ha offerto una possibilità e ho pensato che mi sarebbe dispiaciuto molto abbandonare l’attività con un brutto ricordo. Avevo il rigetto del ciclismo per come lo interpretavo, non come sport perché mi piace andare in bici. Parlando con Mirko (Remondini, il suo fidanzato che ha corso fino agli juniores, ndr) ci siamo detti che non avevo nulla da perdere. Tanto il punto più basso l’avevo già toccato e non potevo che risalire.

Cosa è cambiato in Marta Cavalli grazie a lui?

Mirko mi ha aiutato a capire i problemi rispettando i miei tempi e le mie paure. E pensate al paradosso di un piacentino che ha aiutato una cremonese (ride Marta riferendosi alla storica rivalità campanilistica tra le due province confinanti, ndr). Sotto sotto però in modo delicato mi ha sempre spronato a riprendere in mano la bici per correre. Ho sempre pedalato in modo continuativo, ma senza più seguire tabelle. Spesso uscivamo in bici senza avere un’idea di cosa volessimo fare. Durante le sue ferie partivamo per fare giri corti e sciogligambe, invece ci ritrovavamo ad aver fatto quattro ore con del dislivello stando fuori più di mezza giornata. A quel punto abbiamo pensato di ripartire con l’idea di vedere come sarebbe andata.

L’hobby preferito di Marta è cucinare. E’ stato un ottimo diversivo per non pensare al passato e ripartire in bici (foto instagram)
L’hobby preferito di Marta è cucinare. E’ stato un ottimo diversivo per non pensare al passato e ripartire in bici (foto instagram)
E adesso come ti senti a livello atletico?

Diciamo che un anno senza gare si sente (solo cinque giorni di corse nel 2024 tra metà marzo e inizio maggio, ndr). So che sono indietro, ma so anche che posso solo migliorare. Sono consapevole che i primi sei mesi del 2025 saranno difficili per tanti motivi. Sono in una squadra nuova e devo capire come si corre qua o cosa devo fare. Mi mancano il ritmo gara e l’atmosfera che la circonda. I miei diesse mi hanno detto che sono disposti a sacrificare almeno metà stagione per farmi ritornare come prima. Di sicuro sento di avere un approccio diverso e questo mi dà serenità e motivazione.

Avverti la sensazione di ricominciare daccapo?

Mi sembra di essere tornata elite al primo anno quando fino a giugno/luglio hai la maturità (sorride, ndr). Mi sembra in effetti di avvicinarmi ad un nuovo sport, come se scoprissi qualcosa di diverso. Il 2024 è stato un anno difficile, però ho avuto la possibilità di guardare oltre, di togliermi il paraocchi. Prima sentivo che dovevo fare le cose per forza per poter correre. Quasi più per altri che per me. Ora mi gusto di più le situazioni e sono meno rigida con me stessa.

Brava Marta, non è da tutti saper fronteggiare una esperienza simile. Te ne rendi conto di questo?

Certo e sono tranquilla. Non mi imputo più la colpa di non essere forte come prima. Anzi sono contenta per quello che ho fatto per uscire da questa situazione. Ho dovuto resettare tutto, ma ne è valsa la pena. Ad esempio, mi piace quell’ordine di certi aspetti che mi ha dato la mia nuova squadra di cui vi parlavo prima. Sono sempre stata una molto metodica, ma adesso non lo vivo più come prima.

A Calpe si sfrutta il bel tempo per preparare le prime gare. Cavalli debutterà alla Setmana Valenciana (foto Picnic-PostNL)
A Calpe si sfrutta il bel tempo per preparare le prime gare. Cavalli debutterà alla Setmana Valenciana (foto Picnic-PostNL)
Nella Picnic-PostNL hai trovato Barale, Barbieri e Ciabocco. Le avevi sentite prima di firmare?

Ricordo che era fine estate quando ero entrata in contatto con i dirigenti ed in procinto di chiudere il contratto. Però non ho voluto chiamare nessuna di loro tre perché non volevo essere condizionata nella mia decisione. Sono sicura che mi avrebbero parlato bene della squadra, come è in realtà, e che mi avrebbero aiutata a dire di sì, come poi è successo. Volevo convincermi da sola di quello che stavo facendo, con piena responsabilità. Alla fine sono molto contenta di come sono andate le cose. Credo che sia stata una sorpresa per le mie compagne quando il diesse sulla chat della squadra mi ha inserito dandomi il benvenuto.

Visto quello che ci hai detto, ti sei prefissata ugualmente dei piccoli obiettivi?

Andrò per gradi, vivendo alla giornata. Ho dei compiti arretrati da recuperare (dice sorridendo, ndr). Dovrei esordire alla Setmana Valenciana (dal 13 al 16 febbraio, ndr) poi vedremo gara dopo gara. Ogni occasione sarà buona per vedere a che punto sono e cosa potrò fare. Marta Bastianelli l’ho sentita parecchio in questi mesi e mi ha fatto piacere. Vi ha detto che il mondiale è adatto a me. So che è duro, ma è molto in là col tempo ed io non ci penso adesso anche se è uno stimolo. Prima vediamo come vado che è quello più importante.