Tour of the Alps 2025

Via i veli al Tour of the Alps: cinque tappe per scalatori e attaccanti

13.11.2025
8 min
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Da pochissimi minuti si sono alzati i veli su quella che è la terza corsa a tappe italiana per importanza, ma forse anche qualcosa in più per fascino: parliamo del Tour of the Alps. E sarà un’edizione speciale, la 49ª se si considera il vecchio Giro del Trentino, la decima da quando c’è stata la firma del protocollo d’intesa che ha sancito la nascita dell’evento simbolo dell’Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino. La prova si disputerà dal 20 al 24 aprile, con partenza da Innsbruck e arrivo a Bolzano.

La presentazione ufficiale si è svolta oggi a Milano, presso la prestigiosa Areapergolesi Events, davanti alle autorità. Noi ve la raccontiamo con l’aiuto di un trentino DOC, Maurizio Fondriest, che su alcune di queste strade non solo ci è nato e vive, ma ha anche vinto quando era corridore.

Prima di entrare nel merito con Fondriest, diamo uno sguardo rapido al tracciato del Tour of the Alps 2026. Cinque tappe, da Innsbruck a Bolzano. La prima, da Innsbruck a Innsbruck, sarà per “velocisti”, con due virgolette grosse così. Poi si va da Telfs in Val Martello, unico arrivo in salita. La terza frazione porterà gli atleti da Laces ad Arco, la quarta da Arco a Trento e la quinta, infine, unirà i due capoluoghi di provincia, Trento e Bolzano. In tutto sono previsti 760,2 chilometri e 14.620 metri di dislivello, pari a una media di 152 chilometri e 2.924 metri di dislivello al giorno.

La planimetria generale del Tour of the Alps 2026
La planimetria generale del Tour of the Alps 2026
Maurizio, cosa te ne pare del Tour of the Alps 2026? Ne ha fatta di strada da quando era il Giro del Trentino…

Mi sembra molto diverso rispetto a quando era il Giro del Trentino. E’ stata la scelta giusta quella di unire queste tre grandi regioni: è la strada obbligata per riuscire a far diventare la corsa più importante. Prima avevamo il Giro del Trentino e il Trofeo Melinda, ma con il ciclismo attuale e il suo calendario, soprattutto il Melinda, non aveva più grande senso. Tolti i grandissimi obiettivi, o hai un gruppo di corse, come magari a settembre propongono Toscana ed Emilia-Romagna, o il Trittico di Lombardia, oppure è dura avere un parterre di livello. In questo modo invece l’appeal cambia, tanto più che c’è in vista il Giro d’Italia.

E del percorso cosa ti sembra?

Mi piace. E’ duro ma aperto a più opzioni. Il primo giorno, anche se non conosco bene quei due strappi finali, mi sembra adatto alle ruote veloci.

Ruote veloci, relativamente a una corsa alpina…

Ovviamente. Non troviamo gli sprinter puri qui. Pertanto mi aspetto un arrivo in volata di un gruppo numeroso. Tra l’altro avevo sempre consigliato una tappa simile: era quella che mancava, altrimenti erano tutti arrivi in salita, tutte tappe dure con gli stessi corridori a giocarsi le vittorie. Questo primo giorno a Innsbruck per me è un bell’inizio, impegnativo ma non troppo, dove magari si può arrivare anche in volata.

Maurizio Fondriest (classe 1965) è originario della Val di Non. Oggi pedala ancora forte (foto Chris Auld)
Maurizio Fondriest (classe 1965) è originario della Val di Non. Oggi pedala ancora forte (foto Chris Auld)
La seconda tappa invece?

E’ molto importante: si arriva in Val Martello. Però non arrivano proprio su in cima, perché ho visto che si fermano prima.

Sì, in località Trottla, dove c’è un centro sportivo sulla destra. Si scollina circa 500 metri prima, a quota 1.160…

Esatto, ma è una salita vera, perché parliamo di una scalata di 8 chilometri con tratti anche al 10 per cento (pendenza media 7,5 per cento, ndr). Però se guardo il complesso della frazione, non è impossibile. Il Passo Resia dal versante austriaco non è affatto duro e poi è subito in partenza. Però l’arrivo della Val Martello resta un bell’arrivo in salita.

Terza tappa da Laces ad Arco: ti passano sull’uscio di casa, giusto?

Sono le mie strade, vero. Il Passo Castrin è molto duro, ma arriva dopo 40 chilometri o poco più. Poi si imbocca la selvaggia Val d’Ultimo ma è un continuo scendere fino a Cles e ancora più giù, fino all’imbocco di Andalo, che è una salita di 10 chilometri, assolutamente impegnativa. E lo stesso vale per il Passo Ballino prima della planata su Arco. Anche questa tappa diventa interessante.

Perché?

Perché è dura, il dislivello è tanto, ma con salite pedalabili ci sono più corridori che possono lottare per la vittoria e non solo i pochi che vanno superforte in salita. Qui ci possono essere altri corridori forti in salita ma non top, che però possono rientrare in classifica attaccando. Mentre in Val Martello arriveranno quelli che faranno la generale, questa può mischiare le carte in tavola.

Da un punto di vista tecnico, pensando alla preparazione, una tappa del genere cosa dà al corridore?

E’ dura e “veloce”. Hai sempre tanto dislivello. Però dalle prime tappe non abbiamo ancora visto una salita da 40-50 minuti, Castrin a parte, che arriva a inizio tappa. Può dare molto di più a chi prepara il Giro la prima delle due scalate di San Genesio. Anche il Bordala nella quarta tappa è in partenza e non ha pendenze proibitive.

In qualche modo hai già lanciato le ultime due frazioni. Partiamo dalla quarta…

Vale un po’ il discorso di prima verso Arco, però c’è il Redebus, che invece è lungo e impegnativo e nel finale diventa duro, con un chilometro al 10-12 per cento. Anche questa non è una tappa dove solo i più forti possono fare la corsa. Il finale è ondulato e veloce, tende a scendere. Per questo dico che la seconda tappa è quella che potrebbe davvero decidere la classifica. Anche se quella di Bolzano…

Appunto, cosa ci dici dell’ultima frazione Trento-Bolzano?

Il finale è difficile e si possono fare differenze. Due volte San Genesio, due salite ravvicinate. La prima scalata parte da molto in basso e potrebbe essere una classica salita da 40 minuti almeno. Poi planata finale su Bolzano, in centro. Sarà uno spettacolo.

Ai fini della preparazione per il Giro d’Italia, come giudichi il percorso?

E’ una buona rifinitura perché le tappe non sono esageratamente lunghe, ma sono impegnative. Mi piace anche l’idea di non aver inserito mega salitoni, sia per lo spettacolo che per la preparazione. Ad aprile, se metti un arrivo a 2.000 metri e poi per maltempo viene annullato, ci perdono tutti. Così invece al massimo si arriva a 1.500 metri, poco oltre i 1.000 nel finale sopra Bolzano. Anche in caso di maltempo riesci sempre a correrle.

Conosci la salita di San Genesio?

Sì, è abbastanza regolare. Ha pendenze un po’ più dure della Mendola, che è la salita di riferimento della zona. Quella si fa in 35 minuti, questa potrebbero farla anche in 40′.

E’ un marchio di fabbrica del Tour of the Alps avere tappe non troppo lunghe: giusto?

E’ fondamentale. Una corsa a tappe deve essere dura, ma non eccessivamente, e dare ai corridori il tempo di recuperare. Quando arrivi presto in hotel, senza trasferimenti, è un vantaggio enorme. Per esempio, quella di Arco arriva e riparte dallo stesso luogo: ottimo per la gestione dello sforzo.

Anche l’aspetto logistico incide, quindi?

Molto. Una gara di preparazione come questa ti dà modo di rilassarti di più dopo la tappa, perché come detto arrivi presto in albergo e hai tempo per recuperare come detto. Nei Grandi Giri non succede più. Anche la lunghezza delle tappe, giusta pur con un paio di giornate “lunghette”, contribuisce alla costruzione della condizione.

Insomma, la Sportiva Alto Garda, organizzatrice, è stata brava?

Sì. Quando organizzi devi sempre trovare un equilibrio tra chi sovvenziona partenze e arrivi, e non è semplice. Questo percorso mi piace: è duro ma aperto a più corridori. Direi voto più che positivo.

Lo scorso il Tour of the Alps andò a Storer. Chi sarà il suo erede?
Lo scorso il Tour of the Alps andò a Storer. Chi sarà il suo erede?
A livello paesaggistico, c’è un punto che ti piace di più?

La tappa che arriva ad Arco è spettacolare: facendo la Val d’Ultimo, dal Passo Castrin scendi e percorri tutta la Val di Non, poi Andalo, Ponte Arche e infine il Lago di Garda. Si attraversano le Dolomiti di Brenta. Sì, probabilmente è la più bella, anche se sono molto affezionato alla Valle dei Mocheni.

A quale tappa ti riferisci?

Alla quarta, nella zona del Passo Redebus. Ai suoi piedi c’è Canezza: questa è la porta della valle. Ci sono due strade che la percorrono, una a destra e una a sinistra, e in fondo si uniscono. La Valle dei Mocheni ha una storia antica e una forte tradizione. Lì parlano il Mocheno, un antico dialetto tedesco. Le genti del Nord, di origine tedesca, avevano colonizzato la valle attratte dalle miniere d’argento. Si sono stabilite lì e, essendo rimasta una zona poco frequentata, ancora oggi si parla questo dialetto.

Dei tanti punti che abbiamo nominato, c’è un aneddoto che ricordi?

Sì! Nella tappa di Trento, in particolare sul Passo Bordala. Era il 1989, ero in maglia di campione del mondo. Conoscevo questa salita e questa discesa. Appena iniziata la discesa mi passa Konyshev, dovevamo recuperare una quarantina di secondi. Io andavo forte, ma lui mi passa al doppio. Penso: «Ma dove va questo?». C’è una “S” che inganna: sembra che la strada vada dritta e invece gira eccome! Insomma, lui va dritto e io dietro a lui… siamo finiti in un campo. Non siamo caduti, ma mi è uscito il tubolare dalla ruota. C’è una vecchia foto, credo di Remo Mosna, in cui si vede il papà di Mariano Piccoli che seguiva la corsa con la macchina del cambio ruote e mi aiuta a sistemare la bici.

Un oro annunciato? Grigolini non si ferma certo a quello…

Un oro annunciato? Grigolini non si ferma certo a quello…

13.11.2025
5 min
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Lo aveva promesso sin dalla sua prima uscita, peraltro vincente, sui prati e Filippo Grigolini è uno che solitamente le promesse le mantiene. A Middelkerke il corridore udinese ha conquistato il titolo europeo juniores succedendo nell’albo d’oro a Mattia Agostinacchio, con il quale aveva occupato il podio degli ultimi mondiali. Quel bronzo era stato completamente inaspettato, questa volta invece sapeva di correre con il peso del pronostico addosso, quanto meno per la conquista di una medaglia.

L'arrivo solitario di Grigolini, un successo costruito nelle settimane scorse puntando l'obiettivo
L’arrivo solitario di Grigolini, un successo costruito nelle settimane scorse puntando l’obiettivo
L'arrivo solitario di Grigolini, un successo costruito nelle settimane scorse puntando l'obiettivo
L’arrivo solitario di Grigolini, un successo costruito nelle settimane scorse puntando l’obiettivo

Il friulano è sempre più in vista, tanto che su di lui hanno messo gli occhi anche le squadre del WorldTour e infatti è nell’orbita della Decathlon AG2R. Ma intanto c’è da festeggiare un oro al quale teneva particolarmente: «Lo avevo detto, dopo la prima vittoria al Giro delle Regioni che quello era il mio primo obiettivo e stavo lavorando per quello. Di sicuro è stata una grande emozione, qualcosa che mi porterò sempre dietro perché rappresenta il primo coronamento del lavoro svolto».

E’ stato più facile o difficile di quello che pensavi?

Devo dire che la corsa è andata rispecchiando abbastanza le mie aspettative. Ero convinto che, anche se non avevamo avuto occasioni per gareggiare all’estero, il nostro livello doveva essere alto e potevamo giocarcela. Non avevamo stabilito nessuna tattica alla vigilia, ma il cittì Pontoni ci aveva detto che dovevamo fare una corsa di testa e mettere al sicuro le medaglie perché potevamo conquistarla entrambi. Poi ci saremmo giocata la vittoria a viso aperto e così abbiamo fatto. Io ho avuto sicuramente un po’ di fortuna in più, ma il fatto di essere insieme sul podio è stato davvero eccezionale.

Nato a Udine il 7 ottobre 2008, il friulano in stagione vantava già 3 vittorie e 2 secondi posti
Nato a Udine il 7 ottobre 2008, il friulano in stagione vantava già 3 vittorie e 2 secondi posti
Nato a Udine il 7 ottobre 2008, il friulano in stagione vantava già 3 vittorie e 2 secondi posti
Nato a Udine il 7 ottobre 2008, il friulano in stagione vantava già 3 vittorie e 2 secondi posti
Quindi avete corso, almeno nella prima parte, aiutandovi, facendo gioco di squadra?

Per certi versi sì, infatti proprio tirando prima Pezzo Rosola e poi io abbiamo fatto selezione e siamo andati via insieme al belga. Io poi ho allungato perché volevo arrivare da solo ed essere sicuro.

Il percorso ti è sembrato più difficile del previsto, come ti sei trovato sulla sabbia?

Il tracciato mi piaceva molto, anche se non sono certo uno abituato alla sabbia. I percorsi italiani sono molto diversi, ma ormai abbiamo una certa abitudine a gareggiare all’estero, in Belgio dove spesso capita di trovare tracciati di questo genere e quindi non ci facciamo trovare impreparati. Non ho mai fatto un allenamento quest’anno sulla sabbia, ma diciamo che mi sono trovato bene.

Il percorso belga era caratterizzato dalla sabbia, con un lungo tratto a piedi nella fase finale
Il percorso belga era caratterizzato dalla sabbia, con un lungo tratto a piedi nella fase finale
Il percorso belga era caratterizzato dalla sabbia, con un lungo tratto a piedi nella fase finale
Il percorso belga era caratterizzato dalla sabbia, con un lungo tratto a piedi nella fase finale
Quanto ha influito anche la parte a piedi? C’era una porzione molto lunga dove si andava di corsa.

Sì, l’ultimo tratto sulla sabbia era tutto a piedi e ha influito molto. Possiamo anche dire che è stato lì che sono riuscito maggiormente a fare la differenza quando sono partito e ho ampliato il mio vantaggio. Credo che la corsa a piedi faccia sempre parte del bagaglio tecnico di un ciclocrossista e io amo profondamente questa disciplina, quindi anche tecnicamente voglio sfruttare tutte le opportunità.

Sei sul punto di passare alla Decathlon, quando sarà il tuo primo ritiro con loro?

Questa domanda mi consente di spiegare bene la mia situazione. Il prossimo anno, il secondo da juniores, vado alla Autozai Contri, venendo però comunque seguito dallo staff di Decathlon AG2R, per poi entrare nel devo team francese nel 2027. Con i transalpini farò comunque alcune gare già nella prossima stagione all’estero, ma per tutto il calendario italiano vestirò la maglia della Autozai. Per quanto concerne i ritiri, io farò quello iniziale con la Decathlon a fine febbraio, sarà un’importante presa di contatto con l’ambiente anche in funzione futura. Al ritiro della Autozai invece non ci sarò perché si svolgerà nella fase finale della stagione di ciclocross.

28 giorni di gara su strada con 9 Top 10, un bottino di buon livello per la sua prima stagione (foto Instagram)
28 giorni di gara su strada con 9 top 10, un bottino di buon livello per la sua prima stagione (foto Instagram)
28 giorni di gara su strada con 9 Top 10, un bottino di buon livello per la sua prima stagione (foto Instagram)
28 giorni di gara su strada con 9 top 10, un bottino di buon livello per la sua prima stagione (foto Instagram)
Quindi sei concentrato sul ciclocross con il benestare delle tue squadre…

Sì, infatti farò tutta la Coppa del mondo chiudendo la stagione al mondiale. E’ importante che possa dedicarmi al 100 per cento all’attività. Alla strada tengo moltissimo, ma avrò tempo e modo per pensarci, ora ci sono impegni pressanti che mi attendono.

A maggior ragione ora, visto che al mondiale guarderanno tutti a te: terzo posto all’ultima edizione, sei il campione europeo, presentarti alla gara iridata da uomo di riferimento per te è un vantaggio o uno svantaggio?

Io credo che sia un bene, innanzitutto mentalmente perché questa vittoria, per come è arrivata, per come l’ho costruita nei giorni e nelle settimane prima mi dà la consapevolezza che posso farcela, quindi sono contento così. E’ chiaro che tutto riparte da zero, ogni gara è a sé stante, ma intanto ho una maglia prestigiosa e sono tra i pretendenti a quella iridata.

Il podio dei mondiali di febbraio, con Grigolini bronzo a 30" dall'iridato Agostinacchio
Il podio dei mondiali di febbraio, con Grigolini bronzo a 30″ dall’iridato Agostinacchio
Il podio dei mondiali di febbraio, con Grigolini bronzo a 30" dall'iridato Agostinacchio
Il podio dei mondiali di febbraio, con Grigolini bronzo a 30″ dall’iridato Agostinacchio
Nel tuo approccio con la formazione francese, hai parlato anche del ciclocross?

Sì e l’ho scelta per questo. E’ la squadra di Sparfel, che ha vinto l’europeo nel 2023 ed è stato protagonista anche a Middelkerke, ma intanto ha fatto grandi cose durante la stagione su strada. Poi ci sono altri, c’era anche un francese tra i miei avversari che mi ritroverò come compagno di squadra. Sono convinti assertori della doppia attività, per me è la soluzione migliore per continuare a crescere.

Si chiama Aeroscoop, la prima vera bici aero di Cinelli

Si chiama Aeroscoop, è la Cinelli più veloce di sempre

13.11.2025
6 min
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CALEPPIO DI SETTALA – Per la prima volta nella sua storia Cinelli porta una sua bici nella galleria del vento (GST in Germania). Il risultato è la nuova Aeroscoop, una bici che solo in parte si ispira alla Pressure 2 e diventa anche il simbolo del nuovo corso dell’azienda lombarda.

Tubazione del piantone curvata e quelle due asole per scaricare nel punto di inserzione degli obliqui al verticale, un segno unico e distintivo. Cinelli Aeroscoop è tra le bici più veloci del plotone e i dati la posizionano tra le prime 10, comunque è la Cinelli più veloce di sempre. Vediamola nel dettaglio con Fabrizio Aghito, storico Product Manager Cinelli

Quale significato per le due aperture sul carro?

Il compito delle due asole è quello di ottimizzare il passaggio dell’aria. Quest’ultima viene fatta defluire verso il retro, verso la ruota. Inoltre hanno il compito di minimizzare gli effetti negativi delle turbolenze create inevitabilmente anche dalla ruota anteriore. I foderi obliqui spanciano in modo importante verso l’esterno, sostengono tutto il comparto, ma al tempo stesso non vogliono essere un muro dove l’aria va a sbattere. E’ tutta nuova la forma del tubo sterzo, con una superficie frontale ridotta che al tempo stesso presenta due importanti svasature ai lati.

Sterzo rastremato, a cosa serve?

Aiuta a ridurre gli effetti negativi del drag. Permette alla bici di essere efficiente anche con vento laterale, o con angolazioni diverse. Abbiamo migliorato l’interfaccia tra sezione superiore dello sterzo, cap della serie sterzo e manubrio integrato, tutto a favore di una migliore efficienza.

Si chiama Aeroscoop, la prima vera bici aero di Cinelli
Una sorta di confronto virtuale con la Pressure 2
Si chiama Aeroscoop, la prima vera bici aero di Cinelli
Una sorta di confronto virtuale con la Pressure 2
Rispetto alla Cinelli Pressure 2, la rigidità cambia?

In base alle zone. Ovvero, sulla nuova Aeroscoop abbiamo voluto incrementare la rigidità della scatola centrale, anche su richiesta dei corridori del team MBH Bank-Ballan. Abbiamo lasciato i medesimi valori della Pressure 2 sui foderi del retrotreno e addirittura abbiamo reso la Aeroscoop “più morbida nel comparto dello sterzo” in modo da rendere l’avantreno meno aggressivo. Più docile.

E’ stato usato un layup di carbonio dedicato?

Sì, come layup e anche per quanto concerne l’orientamento delle pelli di carbonio. Sono utilizzate fibre T700 e T800, oltre ad una cospicua quantità di T1000. La tecnologia produttiva è monoscocca con mandrini in lattice posizionati all’interno dei tubi.

Gli altri dettagli tecnici da considerare

Il peso del telaio è dichiarato a 950 grammi nella taglia media e verniciato (senza parti metalliche), mentre la forcella full carbon è dichiarata a 370 grammi. Il comparto che supporta la trasmissione prevede un forcellino posteriore UDH ed un supporto del deragliatore che si può rimuovere (in ottica monocorona). E’ in ogni caso compatibile con corone fino a 55 denti.

Retrotreno e forcella offrono il passaggio a pneumatici fino a 34 millimetri di sezione. La scatola del movimento centrale è filettata T47, ma è larga 86 millimetri e quindi prevede le calotte dei cuscinetti totalmente alloggiate nel telaio.

Si chiama Aeroscoop, è la Cinelli più veloce di sempre
Le prime pedalate tra Bergamo e Milano (foto Michela Pedranti)
Si chiama Aeroscoop, è la Cinelli più veloce di sempre
Le prime pedalate tra Bergamo e Milano (foto Michela Pedranti)

Geometrie race e cinque misure

Cinque misure: XS e S, M, L e XL. Le geometrie mettono comunque in mostra una bicicletta con un passo complessivo contenuto (taglia per taglia), con un minimo di 971 centimetri per la XS, fino ad un massimo di 1011 per la XL. Anche gli angoli non sono particolarmente “tirati” e soprattutto l’anteriore fa intravedere un’apertura in avanti a tutto vantaggio di equilibrio, comfort e una certa facilità di guida anche nei contesti tecnici. E’ invece molto compatto il carro posteriore, con soli 41 centimetri di lunghezza, sicuramente tra i più corti in questa categoria di bici.

Allestimenti e prezzi

I montaggi sono cinque in totale. Campagnolo Super Record 13, Sram Red AXS e tre allestimenti che portano in dote Shimano, rispettivamente Dura Ace, Ultegra e 105 Di2. Ognuno di questi prevede le ruote Fulcrum Wind 57 ed il nuovo cockpit integrato full carbon Spirit di Columbus.

I prezzi di listino sono rispettivamente di 10.700 euro per i primi due menzionati (Campagnolo e Sram), mentre si scende a 9.900 euro il pacchetto Dura Ace. Ci vogliono 6.900 e 6.000 euro di listino per la bici montata Ultegra e quella con il 105 Di2.

Cinelli Milano

Tour de France 2025, Parigi, Tim Wellens, Tadej Pogacar, UAE Team Emirates

Il ginocchio di Pogacar, l’auto della Visma e il pericolo scampato

13.11.2025
4 min
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Probabilmente non sarebbe dovuta partire da Wellens. Ma quando il belga si è trovato davanti il giornalista de L’Equipe a Singapore, ha pensato bene di raccontarla tutta, aprendo la porta su due giorni di Pogacar al Tour che finora erano passati sotto silenzio. Tappe 17 e 18, si va verso le Alpi: nei giorni scorsi se ne è parlato in abbondanza, senza però mettere in relazione il giorno di Valence con il successivo.

«Nella tappa di Valence – ha raccontato Wellens (i due sono insieme in apertura) – Tadej mi disse: “Tim, abbiamo un problema, il ginocchio mi fa un male terribile”. Tanto che andò alla macchina del medico per farsi visitare. Dopo la gara andò in ospedale per degli esami, che hanno riscontrato un’infiammazione o qualcosa del genere. Nessuno lo sapeva! Ero convinto che si sarebbe ritirato. Ha sofferto molto. Avevamo dubbi sulla sua capacità di arrivare in fondo».

Valence è il giorno della seconda vittoria di Milan al Tour 2025, tappa nervosa con 1.660 metri di dislivello. Pioggia e freddo. Secondo qualcuno, la ricostruzione di Wellens non tiene conto di un episodio accaduto l’indomani, che invece spiega la tattica attendista dello sloveno sul Col de la Loze e i pochi sorrisi sulla cima.

Caos alla partenza da Vif

Prima dell’atteso traguardo alpino sulla montagna di Courchevel, che nel 2023 era costato a Tadej ogni sogno di gloria, è infatti accaduto qualcosa di insolito. Pogacar è stato vittima di un primo… incontro ravvicinato con la Visma. Eravamo alla partenza da Vif, piccolo comune nella regione dell’Alvernia-Rodano-Alpi. I pullman erano stati incolonnati in una strada stretta in cui, fra tifosi, ammiraglie e furgoni, non c’era davvero lo spazio per passare.

E proprio mentre si stava dirigendo verso la partenza, con un taping al ginocchio destro che il giorno prima non c’era, il campione del mondo ha tamponato in modo piuttosto rovinoso un’ammiraglia della Visma Lease a Bike. Tadej è finito col mento sull’auto e sul momento ci ha fatto una risata, mentre meno divertito è parso il suo addetto stampa Zhao Haojang, che pedalava accanto a lui e ha subito un colpo altrettanto secco.

«Ci stavamo dirigendo verso la linea di partenza – ha raccontato Pogacar – e stavamo pedalando dietro a quell’ammiraglia, forse un po’ troppo vicini. E all’improvviso, non so se volesse provare i miei freni e controllare se funzionavano, ha bloccato. Ma io non ero pronto perché davanti non c’era nessuno e infatti non capisco che necessità ci fosse di frenare così all’improvviso. In ogni caso va tutto bene, è andata peggio al mio amico Zhao».

Tour de France 2025, partenza da Vif, incidente di Tadej Pogacar con l'ammiraglia della Visma Lease a Bike (immagini ITV Cycling)
Si parte da Vif, Pogacar a ruota dell’auto Visma. Di colpo la frenata e il tamponamento (immagini ITV Cycling)

L’ attacco sulla Madeleine

In realtà, così raccontano dall’entourage della UAE Emirates, nell’urto Pogacar ha battuto anche il ginocchio destro. I corridori della Visma si sono affrettati a spiegare – soprattutto Vingegaard e Jorgenson – che non è così che avrebbero voluto prendere vantaggio. Sapevano però del problema iniziato a Valence e quel giorno hanno comunque attaccato a fondo sin dalla Madeleine.

Non hanno ottenuto alcun tipo di risultato, in realtà, ma ecco spiegato perché quel giorno Pogacar abbia rinunciato a inseguire O’Connor, sia sembrato seccato con Vingegaard al punto da affiancarlo e guardarlo in faccia e nel finale sia scattato guadagnandogli altro margine. Senza una sola parola sull’accaduto che potesse suonare come una scusa.

Tour de France 2025, Col de la Madeleine, Matteo Jorgenson, Jonas Vingegaard, Tadej Pogacar
Sul Col de la Madeleine si scatena l’attacco della Visma Lease a Bike, anche se piuttosto spuntato
Tour de France 2025, Col de la Madeleine, Matteo Jorgenson, Jonas Vingegaard, Tadej Pogacar
Sul Col de la Madeleine si scatena l’attacco della Visma Lease a Bike, anche se piuttosto spuntato

«E’ stato un sollievo – ha ribadito Wellens – che non si sia arreso in montagna. Tutti si chiedevano perché non attaccasse, noi invece eravamo preoccupati per lui, fisicamente e anche mentalmente. Sono rimasto sorpreso nel leggere che non vedeva l’ora di tornare a casa, perché, tra noi, ci stavamo divertendo molto».

Tutti in attesa del piano della Visma: annunciato, tenuto nascosto, sussurrato e alla fine rimasto nel cassetto. Vingegaard ha spiegato perché pensa che il 2026 potrebbe avere un altro sapore, noi non vediamo l’ora che la giostra ricominci. Senza episodi e stranezze come quelle che vi abbiamo appena raccontato.

La Trevigiani di De Candido, vecchi sistemi per crescere bene

12.11.2025
5 min
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Se per un allenatore di calcio entrare a stagione in corso è sempre un impegno gravoso e complicato, figurarsi quando si parla di ciclismo, a maggior ragione di quello giovanile. Ma Rino De Candido (a sinistra nella foto d’apertura) a oltre 70 anni, ne ha viste di tutti i colori e non si spaventa certo per questo. L’ex cittì della nazionale juniores è stato chiamato in fretta e furia all’UC Trevigiani Energiapura Marchiol quando la frattura fra società e il diesse Rocchetti è diventata insanabile.

Il quartetto che ha preso parte al campionato italiano della cronosquadre, finendo 6° a 2'54" dalla #Technipes Emiliaromagna
Il quartetto che ha preso parte al campionato italiano della cronosquadre, finendo 6° a 2’54” dalla #Technipes Emiliaromagna
Il quartetto che ha preso parte al campionato italiano della cronosquadre, finendo 6° a 2'54" dalla #Technipes Emiliaromagna
Il quartetto che ha preso parte al campionato italiano della cronosquadre, finendo 6° a 2’54” dalla #Technipes Emiliaromagna

Il suo lavoro non poteva che essere parziale in questo 2025, chiuso con una doppia vittoria (i primi successi della stagione) grazie a Riccardo Perani che poi ha lasciato la squadra al pari di altri e su questo torneremo. Il bilancio di De Candido è comunque abbastanza positivo: «La Trevigiani è una delle società più vecchie d’Italia, ha una storia che rappresenta anche una responsabilità. Io non mi aspettavo questa opportunità – ricorda – un giorno è squillato il cellulare e dall’altra parte mi hanno chiesto se ero disponibile ad affrontare una situazione che era diventata difficile. “Tu saresti la persona giusta per riuscire a risolverla”, mi hanno detto e così d’improvviso mi sono ritrovato a lavorare per ricostruire un po’ il gruppo e ripartire. Proprio come l’allenatore di calcio, quando entra in una squadra a metà campionato crea sempre un po’ di scompenso, perché i corridori erano abituati diversamente».

Come ti sei posto di fronte a questo impegno?

Io voglio portare in società qualcosa di innovativo, che ha a che fare davvero con una società continental su tutti i punti di vista. il presidente mi ha dato l’incarico ed è favorevole a questa situazione e pertanto io mi sto muovendo in questa direzione.

Un momento della riunione d'inizio mese, prima presa di contatto per i tanti nuovi elementi della Trevigiani con De Candido e lo staff
Un momento della prima presa di contatto per i tanti nuovi elementi della Trevigiani con De Candido e lo staff
Un momento della riunione d'inizio mese, prima presa di contatto per i tanti nuovi elementi della Trevigiani con De Candido e lo staff
Un momento della prima presa di contatto per i tanti nuovi elementi della Trevigiani con De Candido e lo staff
Sono tutti ragazzi molto giovani, tra i 18 e i 22 anni. Tu che hai lavorato sempre con i giovani li trovi diversi rispetto a come erano un po’ di tempo fa?

Tantissimo, ma è cambiata tutta la mentalità a livello ciclistico di tutto l’ambiente. Oggi i ragazzini sanno tutto su tutto, partono con un bagaglio di informazioni che in passato non era neanche pensabile. Pertanto devi essere molto schietto con loro, veritiero, concreto nel dirgli le cose come stanno esattamente e come dovrebbero essere per fargli raggiungere gli obiettivi che loro vogliono. Viviamo con questa mentalità sfrenata di voler arrivare subito all’ambito professionistico, col paradosso che a 22 anni si sentono già vecchi, trascurati.

Un sistema che a te non è mai piaciuto molto…

Io dico sempre che le cose vanno un po’ ponderate, magari ci sono dei ragazzini che a 17-18 anni sono già fisicamente formati, ma mentalmente non sono ancora maturi per fare quel salto e sappiamo bene che bisogna saper tenere con la testa prima ancora che con le gambe… Certi non riescono a sopportare questi stress, queste situazioni lontani da casa. Io dico che ci vuole pazienza, magari un annetto o due ancora che facciano le cose con più passione e tranquillità e non buttarli dentro subito in un vortice che ti tritura e consuma.

Riccardo Perani e Roberto Fabbro, i due elementi che si sono messi più in luce nella stagione
A destra Riccardo Perani e Roberto Fabbro, i due elementi che si sono messi più in luce nella stagione
Riccardo Perani e Roberto Fabbro, i due elementi che si sono messi più in luce nella stagione
Riccardo Perani e Roberto Fabbro, i due elementi che si sono messi più in luce nella stagione
L’unica vittoria è arrivata proprio in extremis alla fine della stagione, con Perani che tra l’altro l’anno prossimo non ci sarà. E’ una stagione da giudicare negativamente o secondo te è anche normale, considerando anche che c’è stato un cambio in corso d’opera?

Io non la trovo del tutto negativa. Abbiamo fatto due vittorie con Perani, poi abbiam fatto sei secondi posti con Fabbro, un bel velocista giovane e questo mi rinfranca perché onestamente non avevo la squadra per riuscire a tirar le volate o fare altre cose di un certo livello. Dovevamo arrivare a fine anno e devo dire che verso la fine hanno cominciato a muoversi come team. Se guardiamo la Trevigiani di alcuni anni fa, capisco anch’io che sono mancate le vittorie, ma dobbiamo anche capire che io l’ho presa a metà anno e secondo me c’era qualche ragazzino che non aveva quelle potenzialità per poter ambire a un livello elevato.

Tu hai sempre lavorato con i giovanissimi, c’è tra questi ragazzi qualcuno che ha colpito la tua attenzione e ha delle potenzialità?

Del gruppo di quest’anno ne sono rimasti solo due: Cafueri che sta facendo ciclocross e Fabbro. Abbiamo già preso altri quattro bei ragazzini juniores che possono dare molto se gestiti con calma, anche perché hanno la scuola. I più grandi sono passati, ora c’è un livellamento abbastanza generale tra quelli che sono rimasti. Non c’è il Finn o l’Agostinacchio, ma credo che gestendoli in un modo corretto e giusto come intendo io riusciremo a  tirarne fuori qualcosa di buono a livello di risultati.

Samuele Massolin è uno dei tanti elementi della Trevigiani che non è stato confermato per il 2026
Samuele Massolin è uno dei tanti elementi della Trevigiani che non è stato confermato per il 2026
Samuele Massolin è uno dei tanti elementi della Trevigiani che non è stato confermato per il 2026
Con la riunione che avete fatto a inizio mese, inizia da lì il tuo vero lavoro?

Esattamente, abbiamo dei ragazzini che sono appena passati e poi altri corridori che ho preso da altre squadre. Voglio dare una mia impostazione a tutto quello che è la preparazione, che vengano coinvolti tutti in maniera molto forte, che ci sia un bel gruppo anche con lo staff, come chi curerà l’alimentazione. Poi avremo un mental coach per come riuscire a cogliere gli obiettivi e tutta una serie di tecnici.

Parlando con alcuni dei ragazzi che venivano dalla Trevigiani che hanno fatto la stagione quest’anno, dicevano che sono rimasti colpiti dal rapporto che avevano con te, estremamente professionale e meno amicale. Secondo te è il sistema giusto per introdurli verso il mondo del ciclismo di oggi?

Ma tu pensi che uno junior che va in un devo team venga trattato in maniera amichevole? Lì sono professionali al massimo, ti danno tutte le opportunità per emergere, ma hai due anni di tempo, se ci sei bene, altrimenti torni indietro. Non ci sono sconti e non credo che questo sia un sistema “amichevole”. Io presumevo che con ragazzi di 21-23 anni ci fosse più professionalità, invece ho visto che qualcosa non andava. Se ambiscono a passare professionisti, serve quella professionalità giusta per farlo. Mi auguro che cambiando squadra ci riescano, ma ci vuole un’altra mentalità sicuramente.

Cronoscalata dell'Uva, Palù di Giovo 2025, Andrea Cobalchini (photors.it)

Cobalchini (figlio d’arte), i passi giusti per arrivare in cima

12.11.2025
6 min
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E’ notizia di questi giorni il passaggio di Andrea Cobalchini dalla Gottardo Giochi Caneva alla General Store. Di lui ci aveva parlato Ivan Ravaioli, raccontando il viaggio della sua squadra alla Philippe Gilbert Juniors. In quel momento sembrava che il giovane veneto classe 2007 dovesse approdare direttamente alla MBH Ballan. Ma le cose in questa fase dell’anno cambiano come le nuvole quando c’è vento. Nel team di Valoti e Bevilacqua sono arrivati Buratti e Zoccarato, l’UCI ha cambiato i regolamenti per i pro’ U23 e così l’approdo nella continental veronese è parso il passo giusto (in apertura la vittoria nella cronoscalata di Palù di Giovo a fine settembre / photors.it).

Leggere il suo nome ha acceso un ricordo di tanti anni fa, di quando un altro Cobalchini – suo padre Carlo – era uno dei dilettanti più in evidenza. Un podio nella cronosquadre ai mondiali militari, una ventina di vittorie. Incrociò le ruote con giovani talentuosi come Simoni, di cui fu compagno di squadra ed è ancora amico, Pantani e quelli che nei primi anni Novanta si giocavano i traguardi migliori. Poi decise con coraggio di scendere da quel treno che andava troppo forte. Smise circa dieci anni prima che nascesse suo figlio e tutti i cimeli – le bici, i caschi, gli album fotografici e i nastri VHS – li lasciò nella casa di famiglia. Fu andando da suo nonno infatti, che Andrea iniziò a incuriosirsi vedendo quel materiale nel garage.

Andrea Cobalchini, Gottardo Giochi Caneva 2025
Andrea Cobalchini, classe 2007 – 60 chili per 178 – ha corso con la Gottardo Giochi Caneva
Andrea Cobalchini, Gottardo Giochi Caneva 2025
Andrea Cobalchini, classe 2007 – 60 chili per 178 – ha corso con la Gottardo Giochi Caneva

Testa a testa con Rosato

Dopo un ottimo 2025 con tre vittorie e sei podi, il ragazzo ha ricominciato ad allenarsi da poco, ma in modo ancora blando. Quest’anno oltre alla prima stagione da U23 lo aspetta la maturità in un Istituto Tecnico Economico con indirizzo internazionale, per cui studia economia aziendale più tre lingue: spagnolo, tedesco e inglese. Dice sorridendo che in certe materie fa più fatica che in altre e che di base preferisce pedalare. A volte lo fa anche con suo padre, che un paio di uscite a settimana se le concede ancora. Ricorda che la prima volta che riuscì a batterlo fu da giovanissimo, quando lo precedette in volata. Poi si ferma, ci pensa, sorride e conclude che probabilmente Carlo lo lasciò vincere.

«Sono molto contento della stagione che ho fatto – dice – soprattutto della mia crescita. Anno dopo anno sono riuscito a migliorare e a raggiungere un livello molto alto. Sono quasi più contento delle prestazioni che dei risultati. Ho fatto anche tanti secondi posti dopo aver dettato il ritmo in salita. Poi purtroppo, non essendo abbastanza veloce, sono stato battuto. Me la sono giocata spesso con Rosato, un cliente parecchio scomodo. Negli anni scorsi non riuscivo proprio a stargli a ruota, quest’anno sono riuscito anche a batterlo. Sono contento di essere riuscito ad arrivare al suo livello. Ora per fare la differenza devo cercare di crescere ancora un po’ in salita. Siamo amici, è una bella rivalità, ma la vedo dura di poterlo battere in volata, perché ancora sono abbastanza fermo».

Impegno, disciplina e poca pressione

Basta uno sguardo per rendersi conto che il suo fisico ha ancora tanto da sviluppare e di conseguenza i margini potrebbero essere notevoli. Sessanta chili per 178 centimetri, le vittorie e i risultati migliori sono venuti negli arrivi in salita più impegnativi. Sul Monte Grappa, come pure a Sestriere e a Monte Campione. Quel giorno gli è caduta la catena a inizio salita e ha perso parecchio tempo per rimetterla a posto. La rimonta è stata potentissima, ma alla fine gli sono sfuggiti soltanto Rosato e Proietti, che ha vinto.

«Visto come si allenano e come sono seguiti tanti miei coetanei – ragiona – penso di avere ancora margini. Ho iniziato da G1 e sin dagli esordienti ero un po’ indietro come maturazione fisica. I miei hanno voluto che facessi sport perché da ragazzino ero un po’ sovrappeso e avevo bisogno di fare attività. Ancora adesso mi manca una fisicità da uomo fatto, per questo con il mio vecchio preparatore Dario Giovine abbiamo sempre lavorato in prospettiva futura, anche se ormai devi dimostrare tutto il tuo valore da junior, altrimenti fai fatica a trovare una squadra per continuare a correre in bici. Io ho sempre cercato di viverla con passione, con impegno, con costanza e disciplina, dandomi però gli spazi giusti. Perché magari dai il meglio da junior e più avanti ti perdi».

Collegno-Sestriere 2025, 104,5 chilometri, Andrea Cobalchini, Gottardo Giochi Caneva
A Sestriere il 24 agosto una delle vittorie più belle di Cobalchini
Collegno-Sestriere 2025, 104,5 chilometri, Andrea Cobalchini, Gottardo Giochi Caneva
A Sestriere il 24 agosto una delle vittorie più belle di Cobalchini

La famiglia di Caneva

A Caneva c’è arrivato nel 2025, dopo aver fatto il primo anno nel Team Tiepolo di Udine. E probabilmente l’incontro con Ivan Ravaioli è stato decisivo per il salto di qualità.

«Ivan è stato un riferimento – dice – perché sa tenere tutto a bada. Se c’erano dei problemi, delle insicurezze o anche dei punti su cui magari avevamo idee diverse, anche solo per le gare da fare, cercava sempre di darmi la sua motivazione. Però ascoltava anche quello che gli dicevo e alla fine ha sempre cercato di venirmi incontro. Mi ha dato sempre una grande mano anche su cose banali, come vestirmi per la gara, cosa mangiare. Era sempre pronto ad aiutarmi, è stato veramente un gran direttore sportivo. Abbiamo creato una bella famiglia, tra tutti i compagni non ci sono mai stati momenti di conflitto, è stato un bell’anno».

Andrea Cobalchini, Gottardo Giochi Caneva 2025 (foto Bolgan)
Il posizionamento in sella è una delle differenze più evidente fra il ciclismo di Andrea e quello di Carlo Cobalchini (foto Bolgan)
Andrea Cobalchini, Gottardo Giochi Caneva 2025 (foto Bolgan)
Il posizionamento in sella è una delle differenze più evidente fra il ciclismo di Andrea e quello di Carlo Cobalchini (foto Bolgan)

I consigli di papà Carlo

Che cosa significa avere un padre corridore, sia pure di un’epoca lontana e soprattutto tanto diversa? Di cosa parlano quando ragionano di ciclismo? E quali consigli ha dato Carlo Cobalchini a questo figlio così promettente?

«Nel nostro scoprire entrambi come si sta evolvendo il ciclismo – racconta – mio padre cerca di aggiornarsi, però racconta spesso come funzionava nei suoi anni. I dilettanti di prima e seconda serie, il servizio militare. E poi mi racconta che al tempo dovevi fare almeno 3-4 anni da dilettante prima di passare professionista, mentre qua se non passi subito, sei già da buttare. Ogni tanto mi fa notare come sia cambiato il ciclismo, sotto tutti i punti di vista. Mi parla spesso delle gare o anche semplicemente delle bici, di come venivano messi in sella: un’altra cosa che adesso è cambiata molto. Ha cercato di farmi vivere il ciclismo come se non fosse l’unica soluzione, anche se mi ha sempre appoggiato perché sa che è la strada che voglio provare a intraprendere. Mi è stato vicino con i fatti più che con le parole, dandomi tutti i mezzi possibili per riuscire a emergere. E’ sempre stato un mio sostenitore».

La General Store gli è piaciuta al primo sguardo. Finora ha avuto a che fare con il team manager Beghini, con il diesse Calosso e con il nuovo preparatore che gli ha dato le basi per ripartire. Ha notato la grande organizzazione e preso nota dei prossimi appuntamenti. Nel weekend sarà in ritiro con la squadra per un team building, in cui avrà modo di conoscere tutto il resto dello staff. A dicembre andranno in ritiro a Benidorm. E’ un altro passo verso il grande gruppo, con la sensazione che in futuro sentiremo parlare di lui.

Tour Femmes, Elisa Longo Borghini

Tour Femmes, Elisa: «La generale? Tutto in tre tappe»

12.11.2025
5 min
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E’ passato qualche giorno ed è già tempo di tornare a parlare di Tour de France Femmes e lo facciamo con una delle protagoniste più attese. Di certo la più attesa dagli italiani: Elisa Longo Borghini. Il percorso, lo ricordiamo, va da Losanna a Nizza: nove tappe molto interessanti, su tutte quella del Mont Ventoux.

Dopo il classico periodo di stop invernale, la portacolori della UAE-ADQ ci racconta di aver ripreso gli allenamenti. La corsa al 2026 è dunque partita. E in questa corsa speriamo, e lo spera Elisa stessa, che ci sia anche il Tour Femmes per lei.

Una montagna davvero suggestiva il Ventoux. Visto l’appeal del Tour Femmes ci sarà di nuovo tanta gente a bordo strada
Una montagna davvero suggestiva il Ventoux. Visto l’appeal del Tour Femmes ci sarà di nuovo tanta gente a bordo strada
Elisa, che te ne sembra in generale di questo Tour Femmes?

Sembra un percorso duro, perché non si può dire che sia semplice, ma a differenza di quello dell’anno scorso, sembra più aperto. O meglio, ci sono molte tappe aperte a più ragazze, più da fughe, da attaccanti a caccia di tappe. Tuttavia, non ci sono salite molto lunghe fino al Ventoux. C’è solo una salita vera in avvio, nella seconda tappa: il Col de la Faucille, 11 chilometri al 6,3 per cento. Però è all’inizio di tappa, prima di entrare in Francia.

Avevamo fatto un articolo sul Tour Femmes con Giada Borgato e si diceva: ok il Mont Ventoux, però effettivamente c’è spazio per attaccare. E’ una Grande Boucle in cui forse la squadra conta tantissimo. E’ così anche per te?

Sì, se qualcuno vuole tentare le famose imboscate o comunque un attacco da lontano, ci può stare. In generale, secondo me, può arrivare qualche fuga. Fughe che possono incidere sulla classifica? Credo che l’ago della bilancia sarà il Mont Ventoux. Ma per il resto il percorso è molto nervoso, un su e giù continuo. La squadra ormai conta sempre. E per me non sono frazioni per fughe da atlete di classifica. Puoi anche perdere qualche secondo, ma credo che le tre tappe cruciali siano: la cronometro, la tappa del Ventoux e l’ultima. E’ lì che si deciderà tutto.

E quanto inciderà questo Ventoux? Cosa ne sai?

Non molto, a dire il vero. L’ho sempre visto in televisione. E’ chiaramente una salita mitica che secondo me scolpirà la classifica generale dopo la cronometro e lo farà in modo quasi definitivo. Il Ventoux arriva dopo la crono e una tappa lunga. La fatica inizierà a sentirsi. Sarà una salita lunghissima, un’ora di scalata circa.

Paolo Slongo, il tuo coach, sarà già al lavoro!

Ah, non lo so: quando stacchiamo, stacchiamo! Di certo questa è una di quelle tappe che vai a vedere. Una ricognizione, quasi sicuramente, si farà.

E Nizza? Anche quella è tosta.

E’ l’ultima tappa, Nizza-Nizza. Poi uno dice: ok, sono solo 99 chilometri, ma è un continuo sali e scendi sul Col d’Eze. Tuttavia non la vedo come una tappa utile per le primissime posizioni, ma più per definire la top 10.

Della cronometro di Digione invece cosa ci dici?

E’ abbastanza lunga, con i suoi 21 chilometri e una salitella nel mezzo. Mi ricorda molto la crono del Tour Femmes 2023, che poi era la stessa del Tour maschile del 2019. Per me è una prova per specialiste, che potranno trarne un bel vantaggio.

Vista questa crono e il miglioramento che ha mostrato in salita, potrebbe essere il tracciato giusto per Marlen Reusser?

Sicuramente Reusser ha dimostrato di essere forte nelle corse a tappe quest’anno. A Burgos, alla Vuelta, al Giro: è sempre stata tra le favorite. Certamente è un Tour Femmes che ben si adatta alle sue caratteristiche, ma come dicevo prima lo è proprio perché è aperto a diversi tipi di atlete.

Il podio di Oropa e dell’ultimo Giro Women: Longo Borghini davanti a Reusser. Sarà sfida anche al Tour Femmes?
Il podio di Oropa e dell’ultimo Giro Women: Longo Borghini davanti a Reusser. Sarà sfida anche al Tour Femmes?
Quindi quali sono le favorite?

Direi i soliti nomi. Demi Vollering, occhio a Anna van der Breggen e alla stessa Pauline Ferrand-Prevot. Magari ci sono meno salite per lei, che è più scalatrice, ma ha dimostrato che quando si mette in testa un obiettivo lo raggiunge quasi sempre.

C’è qualche zona del percorso che conosci meglio?

Direi la parte svizzera. Primo perché non è poi così lontana da casa mia, e secondo perché sono le strade del Romandia. Sono strade belle, ampie, tutto sommato non difficilissime. Anche se poi, andando a vedere bene, la prima tappa è data come “flat”, piatta, ma nel finale c’è uno strappo di 2,5 chilometri. Mi sembra perfetta per Lotte Kopecky.

E questo arrivo potrebbe già far male? Potrebbe esserci qualche sorpresa proprio perché all’inizio?

Potrebbe, ma sarebbe comunque una questione di secondi. Può anche succedere che qualcuna arrivi un po’ troppo fresca, vada fuorigiri nei primi cavalcavia e paghi nel finale. Ma insomma… siamo nel WorldTour e ormai certe cose non succedono più.

Ultima domanda, Elisa: c’è qualche tappa che ti piace di più?

Guardate, non fatemi dire niente sul Tour Femmes riguardo a me. Non mi pongo e non mi ponete obiettivi, classifica generale, tappe, ambizioni varie. Per come mi è andata sin qui questa corsa, la mia corsa stregata, voglio solo finirlo.

Gemelli Bessega, Biesse Carrera Premac 2025

I gemelli Bessega un anno dopo: ora pro’ con Basso e Zanatta

12.11.2025
5 min
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Al momento Stefano Zanatta ha già a che fare con dei giovani, ma questa volta nel ruolo di nonno. Gli impegni ciclistici non finiscono mai, tuttavia al momento basta un computer per iniziare a pensare ai prossimi impegni. Si partirà con il classico ritiro di dicembre, anche se l’hotel di Oliva, in Spagna, che solitamente ospitava i corridori della Polti VisitMalta quest’anno è stato prenotato da altri team. 

«Ivan Basso e Alberto Contador stanno cercando la soluzione alternativa – dice Zanatta – di certo non mancano le strutture in Spagna, quindi troveremo sicuramente qualcosa che fa al caso nostro. Per il resto la formazione per il 2026 è pronta, siamo pronti a partire. Rispetto alla stagione appena conclusa avremo quattro atleti in più, ci sarebbe stata la possibilità di prenderne altri ma dobbiamo fare i conti con calendari e inviti».

Calendari e regole

Il roster della Polti VisitMalta per la stagione che verrà è al completo e la cosa che risalta all’occhio è la presenza di tanti giovani che potrebbero ancora rientrare nella categoria under 23. 

«Sarebbero sei in totale – continua il diesse trevigiano – e per un momento abbiamo anche pensato di fare attività under 23 con loro, ma con la nuova regola UCI non sarà possibile. Per fortuna il calendario italiano vede qualche nuova corsa in più indetta dalla Lega Ciclismo Professionistico. Questo per squadre come la nostra è un bell’aiuto nel fare attività e nel programmarla, anche perché c’è l’accordo che le squadre iscritte alla Lega potranno correre tutti gli appuntamenti. Per il resto aspettiamo le solite wild card di RCS, con la speranza di avere risposte in tempi più brevi rispetto allo scorso anno».

Gabriele Bessega insieme a Marco Milesi, Biesse Carrera 2025
Nel 2025 Gabriele Bessega ha vinto diverse corse, qui alla Milano-Busseto (Photors.it)
Gabriele Bessega insieme a Marco Milesi, Biesse Carrera 2025
Nel 2025 Gabriele Bessega ha vinto diverse corse, qui alla Milano-Busseto (Photors.it)
Tra questi sei giovani ci sono i gemelli Bessega: Tommaso e Gabriele…

Li seguiamo da quando erano al secondo anno juniores ed erano entrati nell’orbita della Fundacion Contador (il team U23 dov’è cresciuto anche Piganzoli, chiuso lo scorso anno, ndr). Ricordo di averli conosciuti al primo ritiro a Oliva tra fine 2022 e inizio 2023, mi hanno subito colpito per il fisico e le potenzialità dimostrate. Si sono dimostrati fin da subito anche due ragazzi di carattere, non avevano paura di nulla.

Con voi hanno fatto un percorso di due anni da under 23, com’è andato?

Tommaso ha dimostrato di essere un corridore in grado di esprimere grande potenza, per me potrebbe diventare un buon velocista. Gabriele allo stesso modo ha ottime doti di forza ma è più scalatore. Di sicuro sono due corridori che non si risparmiano in gara, hanno tanta ambizione e una grande determinazione. 

Gabriele Bessega, Biesse Carrera 2025
Gabriele Bessega, qui in azione, ha mostrato di avere doti più da scalatore
Gabriele Bessega, Biesse Carrera 2025
Gabriele Bessega, qui in azione, ha mostrato di avere doti più da scalatore
Il loro cammino con voi si è interrotto per una stagione, visto che nel 2025 hanno corso in Biesse Carrera Premac…

Vero e credo che l’anno in più da under 23 abbia fatto bene a entrambi. Si sono messi alla prova in gare con i professionisti e allo stesso modo hanno avuto la possibilità di correre per vincere, aspetto non secondario. A mio avviso sarebbero stati pronti per passare pro’ anche a fine 2024 ma l’attesa ha dato modo di vederli maturare ulteriormente.

Sotto quali aspetti?

La gestione della corsa. Poi hanno avuto modo di formarsi ancora per quanto riguarda le loro potenzialità. Insomma, sfruttare le occasioni. In questo 2025 hanno corso creandosi le chance di vittoria e non correndo con attendismo

Tommaso Bessega, Biesse Carrera 2025 (foto Camilla Santaromita Villa)
Secondo Zanatta Tommaso Bessega ha doti da velocista (foto Camilla Santaromita Villa)
Tommaso Bessega, Biesse Carrera 2025 (foto Camilla Santaromita Villa)
Secondo Zanatta Tommaso Bessega ha doti da velocista (foto Camilla Santaromita Villa)
Vincere aiuta a vincere…

Certamente, per un giovane il passaggio prematuro può essere un’arma a doppio taglio. Se si perde l’abitudine a lottare e cercare la vittoria poi è difficile riallacciare il filo. Vero che il ciclismo moderno offre tante occasioni con calendari sempre più ricchi, ma serve continuità. Non basta farlo una volta all’anno. 

Si sono avvicinati ancora di più al mondo dei professionisti?

Hanno fatto vedere di poter fare un passo ulteriore, tocca a loro andare dal 99 per cento al 100 per cento. A ventuno anni corri inseguendo i sogni, ed è giusto che sia così. Quando passi professionista diventa un lavoro e ci sono da fare dei passaggi piccoli ma determinanti. Servono metodo, disciplina e attenzione ai dettagli. I gemelli Bessega sono ragazzi intelligenti, sanno cosa fare (i due sono insieme nella foto Instagram di apertura, ndr).

Gemelli Bessega, Biesse Carrera Premac 2025
Gemelli Bessega hanno un legame forte ma allo stesso tempo amano sfidarsi e migliorarsi a vicenda (foto Rodella)
Gemelli Bessega, Biesse Carrera Premac 2025
Gemelli Bessega hanno un legame forte ma allo stesso tempo amano sfidarsi e migliorarsi a vicenda (foto Rodella)
E’ il momento anche di smetterla di essere “i gemelli Bessega” e diventare Gabriele e Tommaso?

Ora serve capire che strada possono intraprendere singolarmente. Le differenze tecniche ci sono e le abbiamo già intraviste, anche loro se ne sono resi conto. Entrambi sanno anche che non potranno più correre insieme tutte le volte.

Tour de France 2025, Parigi, Montmartre, Wout Van Aert attacca, alle spalle c'è Tadej Pogacar

Parigi riapre ai velocisti? Bennati, Montmartre e la volata

11.11.2025
4 min
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«Se parliamo di Jonathan Milan – dice Bennati sicuro – secondo me c’è tutto il tempo per riorganizzare un inseguimento. Sicuramente qualcuno a Montmartre attaccherà, qualcuno farà anche la differenza. Il Van Der Poel della situazione, Van Aert (in apertura il suo forcing del 2025, ndr), Pogacar, Evenepoel, questi corridori qua. Però secondo me c’è il terreno per recuperare e per pensare a fare la volata. O comunque impostare la tappa per arrivare in volata».

C’è poco da fare: l’inserimento di Montmartre nel finale della tappa dei Campi Elisi fa storcere il naso ai velocisti, privati della ciliegina sulla torta dopo tre settimane sulle montagne del Tour. Quest’anno poi, le tre tappe precedenti hanno l’arrivo in salita in un crescendo rossiniano che sarebbe insopportabile senza la prospettiva di un’ultima chance. Forse per questo i tracciatori della Grande Boucle hanno rimescolato le carte del mazzo: Montmartre si farà, ma a 15 chilometri dal traguardo. Ben altra cosa rispetto ai tre passaggi del 2025, l’ultima a 6 chilometri dall’arrivo.

«E’ chiaro che dopo tre settimane – prosegue Bennati – le energie sono quelle che sono. Però in condizioni di asciutto sicuramente i velocisti possono pensare di giocarsi la volata».

Tour de France 2007, Parigi, Campi Elisi, podio, Daniele Bennati
Bennati ha vinto la tappa di Parigi al Tour del 2007, battendo in volata Hushovd e Zabel
Tour de France 2007, Parigi, Campi Elisi, podio, Daniele Bennati
Bennati ha vinto la tappa di Parigi al Tour del 2007, battendo in volata Hushovd e Zabel

Parigi 2025, fu vero spettacolo?

La precisazione sulla strada asciutta vale certamente un passaggio in più. L’anno scorso lo spettacolo fu incandescente, ma la neutralizzazione dei tempi nel circuito finale svilì parecchio la corsa alle spalle dei primi. Alla fine vinse Van Aert, che aggiunse i Campi Elisi all’iconica tappa delle strade bianche di Siena al Giro.

«Io non penso che pioverà anche l’anno prossimo – precisa Bennati – però questo non lo possiamo sapere. La strada bagnata da un certo punto di vista penalizza lo spettacolo, perché lo scorso anno alla prima accelerazione rimasero in sei e non fu bello per la tappa di chiusura in un palcoscenico così bello. Devo dire che da velocista, non è stato bello vedere i corridori da tutte le parti e gruppetti che si rilassavano per arrivare al traguardo. Obiettivamente se dovesse essere nuovamente così, preferirei il circuito classico. Non perché ero velocista e ho vinto su quell’arrivo, ma perché secondo me rendeva l’ultima tappa molto più adrenalinica».

Bastò un’accelerazione perché lo scorso anno a Parigi rimanessero in sei: dietro la tappa fu neutralizzata
Bastò un’accelerazione perché lo scorso anno a Parigi rimanessero in sei: dietro la tappa fu neutralizzata

Da zero a 100 in un attimo

L’ultima tappa del prossimo Tour misura 130 chilometri, che si porteranno a termine senza un dislivello di rilievo, fatta salva la salita di Montmartre. Ciò significa che i corridori, soprattutto i velocisti, avranno nelle gambe i circa 54.450 metri di dislivello delle tre settimane precedenti. Questo significa che l’ultima tappa piatta sarà una passeggiata di salute? No, sarà esattamente il contrario.

«La salita in sé non è durissima – annuisce Bennati – se la paragoni a qualsiasi muro del Fiandre è molto più leggera. Anche il pavé è abbastanza sconnesso, ma non troppo, quindi è abbastanza leggero. Però arrivi con tre settimane nelle gambe, per cui se il Pogacar della situazione vuole vincere l’ultima tappa, per i velocisti si fa comunque dura. Quelli di classifica hanno doti superiori di recupero rispetto a un velocista, quindi potenzialmente sono avvantaggiati.

«Tornando al discorso della tappa breve, per esperienza personale l’ultima tappa del Tour, del Giro o della Vuelta non è mai una passeggiata. Vieni da tre settimane molto impegnative e nei primi chilometri ci sono i festeggiamenti e un’andatura super blanda. Di conseguenza il ricordo che è sempre stato quello di una fatica tremenda quando si inizia ad accelerare sul circuito. Su un percorso del genere, sono sempre avvantaggiati corridori come Van Aert e Van Der Poel, anche se non sono scalatori. Perché il velocista ha provato a fare le volate e magari ha lottato per la maglia verde, quindi ha speso più di loro. Quindi per assurdo una tappa così corta potrebbe trasformare quella salitella in un bel problema. I velocisti dovranno mettere davanti tutti i compagni rimasti».

L’ultima tappa del Tour inizia con brindisi e saluti, ma questa volta Milan avrà la chance di giocarsi la volata
L’ultima tappa del Tour inizia con brindisi e saluti, ma questa volta Milan avrà la chance di giocarsi la volata

I velocisti ringalluzziti

Il senso però è che questa volta i velocisti potrebbero avere lo spazio per ricucire e giocarsi la volata. Magari non tutti, perché non tutti avranno le gambe per reggere quel tipo di accelerazione e il successivo inseguimento.

«Il Bennati che vinse a Parigi – dice il toscano, ricordando – negli ultimi giorni stava meglio rispetto alla maggior parte dei velocisti, perché probabilmente aveva un recupero migliore. C’è da capire se, correndo oggi, avrei messo davanti la squadra per fare Montmartre al mio ritmo, perché probabilmente il peso della corsa se lo prenderebbe Pogacar, soprattutto se vuole attaccare e provare a vincere. Magari per uno come lui 15 chilometri non sono una gran cosa, ma questo sarà un altro bel motivo per aspettare la corsa con grande curiosità».