Vittoria Guazzini, Roubaix

Guazzini e la crescita su strada? Bragato l’aspetta a Roubaix

11.11.2025
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«Dopo il quartetto ho detto che la pista è la mia passione, però mi piacerebbe fare un salto di qualità anche su strada. Sicuramente devo continuare a lavorarci e a prenderlo come un obiettivo, però è anche difficile avere come obiettivo un mondiale, se il percorso è proibitivo». Parole di Vittoria Guazzini, atleta della FDJ-Suez, raccolte pochi giorni fa.

Si parlava soprattutto di cronometro, ma non solo. La “Guaz” sembra avere un potenziale enorme su più fronti, a partire dalla pista. E qui, tra parquet e preparazione, entra in gioco Diego Bragato, responsabile della performance della Federazione Ciclistica Italiana e tecnico delle donne su pista.

Diego Bragato, tecnico e preparatore della Federciclismo
Diego Bragato, tecnico e preparatore della Federciclismo
Diego, partiamo innanzitutto da cosa può fare. Cosa significa per lei fare un salto di qualità su strada? Che tipo di corridora è e cosa intende?

In realtà, glielo auguro anche io un salto di qualità su strada, perché secondo me ha le sue corde. Ha già vinto alcune gare interessanti, quindi le sue caratteristiche in qualche modo le ha già tirate fuori. Però secondo me può riuscirci anche in gare di un altro livello.

Cosa intendi per gare di un altro livello?

Secondo me può iniziare a essere competitiva anche su qualche classica. La Parigi-Roubaix Femmes è la prima che mi viene in mente, viste le sue caratteristiche. Può essere una gran finisher, vista la sua accelerazione e la sua potenza. Lei è una che in gare dure, non altimetricamente sia chiaro, alla fine può fare la differenza. Può fare attacchi importanti. Se penso alle sue caratteristiche, le rivedo anche semplicemente a Parigi, nella Madison, quando dopo una corsa tiratissima, a 40 giri dalla fine, ha fatto un attacco che ci ha portato alla medaglia. Quello ti fa capire chi è Vittoria Guazzini: una che ha un motore in grado di fare la differenza su gare molto dure. Ripeto, non dure per salite o dislivelli, ma per richiesta fisica e mentale a 360 gradi.

Andiamo un po’ più sul tecnico, Diego. Come può raggiungere questo obiettivo senza però perdere in pista?

Diciamo che è stata un po’ sfortunata, perché da qualche anno non riesce ad avere una grande continuità tra infortuni e cadute. Se penso alla Roubaix, quando si è distrutta piede o caviglia, o quest’anno al campionato italiano dove è caduta… Per emergere in quel tipo di gare servono volume e continuità e secondo me è proprio quello che le è mancato su strada. Mi auguro che riesca ad avere qualche stagione piena per poter fare quel salto di qualità. Le manca solo quello… e magari anche il prendersi un po’ di responsabilità in più con la squadra.

La crescita di Guazzini su strada passa anche dall’avere più spazi per sé stessa. In squadra spesso invece è chiamata ad aiutare
La crescita di Guazzini su strada passa anche dall’avere più spazi per sé stessa. In squadra spesso invece è chiamata ad aiutare
Cioè?

Vittoria la seguo, la vedo, la sento. E’ in una squadra importante e spesso ha ruoli di supporto, da gregaria. Si occupa soprattutto della prima parte di gara, dove fa il suo. Però bisogna saper cogliere le occasioni per far vedere che si è pronti a prendersi qualche responsabilità in più.

Quindi, da un punto di vista della preparazione, non deve cambiare molto secondo te?

Di base no. Guazzini sta lavorando bene con la sua squadra. Sono in contatto spesso col team e con il preparatore, perché monitoriamo insieme il lavoro che fa su strada e su pista. E devo dire che stanno lavorando con grande responsabilità. Secondo me è mancata solo la continuità, per i troppi infortuni.

Perciò, quando parli di salto di qualità su strada, non pensiamo a una rivoluzione tecnica o di preparazione o addirittura interventi che la vedrebbero perdere massa?

No, almeno per il tipo di gare di cui parlavamo prima non è necessario. Se poi un domani vorrà puntare di più su corse a tappe o su un profilo diverso di gara, allora sì. Ma quello è un altro discorso. In questo momento, in cui sta mettendo giustamente assieme strada e pista, quella non è la priorità.

Guazzini è molto forte a crono, tanto che ha vinto il titolo nazionale. Ma per quelle più lunghe in campo internazionale serve un altro lavoro secondo Bragato
Guazzini è molto forte a crono, tanto che ha vinto il titolo nazionale. Ma per quelle più lunghe in campo internazionale serve un altro lavoro secondo Bragato
Guazzini ha un grande motore, leve lunghe e la crono le piace. Dove può arrivare in questa disciplina? In soldoni: quanto è lontana da Marlen Reusser?

Le manca ancora qualcosina in termini di volume di lavoro. Finora abbiamo lavorato di più sull’inseguimento e sui quartetti. Sulle vere e proprie crono lunghe, secondo me non ha ancora un lavoro completamente definito. Bisognerebbe costruirlo in modo mirato. Perché anche lì, sia mentalmente che fisicamente, bisogna abituarsi a quel tipo di sforzo. E per ora, anche per le richieste che arrivano dalla pista, ci concentriamo su lavori più brevi.

Un giudizio spassionato su di lei: che “corridora” è Guazzini? E che margini ha?

Deve credere un po’ di più in se stessa. E’ forte, in pista lo sa, ma si sta un po’ perdendo la responsabilità di essere un’atleta forte anche su strada. Deve fare i passaggi giusti per acquisire questa mentalità da atleta consapevole. Secondo me è tutto lì il punto.

C’è una gara in particolare che ti ha fatto capire dove manca qualcosa?

Non proprio una gara, ma quando ci confrontiamo tra strada e pista noto due mentalità diverse. E ci sta, va bene, è ancora giovane e sta maturando. Però, se parliamo di un salto di qualità, quello mentale è l’aspetto più importante.

Potenza, accelerazione: Guazzini ha tutte le carte in regola per essere un’ottima finisseur
Potenza, accelerazione: Guazzini ha tutte le carte in regola per essere un’ottima finisseur
Domanda apparentemente banale: tutti voi preparatori parlate spesso di continuità. E basta vedere i corridori che fanno fatica a rientrare anche dopo un semplice malanno. Perché dunque oggi è così fondamentale la continuità?

Perché le prove su strada ormai richiedono espressioni di qualità e gesti di intensità molto elevati, ma dopo un determinato volume. Alcuni lo misurano in ore di lavoro, altri in watt, ma il concetto è lo stesso: serve accumulare tanto nel tempo. Fare tutto assieme è impossibile. Il volume di lavoro per la pista lo spalmiamo su tre o quattro anni, per dire. E anche sulla strada il percorso è pluriennale. Le richieste del ciclismo moderno, sia femminile che maschile, sono altissime, le gare sono tutte di livello e non ci si può improvvisare.

Non ci sono più gare “di preparazione”, insomma…

Si va sempre più forte. Le richieste specifiche oggi sono quelle di fare gesti di alta qualità dopo ore intense, dopo parecchi kilojoule. E questo si ottiene solo lavorando con continuità.

Chiarissimo. Chiudiamo con uno slogan, Diego: dove l’aspetti la Guaz dopo questa crescita?

L’aspettiamo al velodromo… quello della Roubaix! Direi che quel velodromo è il punto di congiunzione ideale tra strada e pista.

Vendrame, passaggio Jayco-Alula, manubrio

Materiali nuovi? Il manubrio fa la differenza: la scelta di Vendrame

10.11.2025
6 min
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Questo è il periodo dell’anno in cui gli atleti cambiano materiali o l’intera bici. Di conseguenza inizia una fase molto delicata, ma altrettanto affascinante: ritrovare la posizione giusta. Adattarsi. Scegliere le specifiche migliori. Un vero pianeta della tecnica, in cui però oltre ai numeri contano anche le sensazioni dell’atleta, soprattutto per quel che concerne la sella… ma ultimamente anche il manubrio.

Come “sentono” e individuano quello giusto? E anche gli altri componenti? Ne abbiamo parlato con Andrea Vendrame, uno degli atleti con “l’orecchio fine” e anche uno di quelli che sta passando da Van Rysel, la cui componentistica era Deda Elementi, a Giant con componenti Cadex. E proprio “Vendramix”, in questi giorni, ha un gran bel da fare… che ci racconta.

Dall’Alanera di Deda Elementi al Cadex Aero Integrated: due gran bei manubri per Vendrame
Dall’Alanera di Deda Elementi al Cadex Aero Integrated: due gran bei manubri per Vendrame
E quindi Andrea, come ti adatti ai nuovi componenti? Partiamo dal manubrio…

Venivo da una curva Deda Elementi e ora quella del manubrio Cadex che andrò a utilizzare è più ampia rispetto a quella che usavo in Decathlon-AG2R. Ha un reach più ampio, quindi con le mani sotto nella curva ti sembra di avere una posizione più alta, nonostante sulla bici sia abbassato totalmente come spessori. Proprio in questi giorni mi è arrivato a casa un nuovo manubrio che sto andando a far montare. Da come ho capito in quei giorni di visite a Torino, tutti i corridori avranno il manubrio integrato, quindi mi hanno inizialmente montato un classico set attacco + piega per farmi prendere confidenza, e ora arriva quello definitivo.

Perché allora provare un set classico se poi userete un manubrio integrato?

Perché la curva dovrebbe essere un facsimile del nuovo Cadex che uscirà con la nuova versione della bici. Quindi diciamo che al momento l’adattamento è dato soprattutto dall’altezza della curva. La differenza che ho trovato è questo discorso di curva più ampia nel Cadex rispetto al Deda Van Rysel. Per ora mi dà sensazioni diverse.

Immaginiamo sia differente proprio il disegno della curva, no?

Sì, il raggio della curva “stringe” diversamente rispetto al Deda.

Facendo spesso le volate (ma non solo per quelle) Vendrame ha voluto anche i comandi all’interno della curva manubrio (foto Getty)
Facendo spesso le volate (ma non solo per quelle) Vendrame ha voluto anche i comandi all’interno della curva manubrio (foto Getty)
Però una cosa ci è poco chiara. Tu dici che la curva è più ampia, quindi in teoria in presa bassa dovresti stare più basso, invece dici che ti senti più alto…

Vero, è strano. Ne parlavo anche con Baronti, che oltre a essere il mio preparatore il prossimo anno sarà anche il mio biomeccanico: non si capiva questa situazione. Anche perché sulla nuova Giant sono messo più basso rispetto alla bici precedente. Lui mi spiegava che il Cadex rispetto al Deda ha 3 millimetri in meno di reach e 5 millimetri in più di drop.

Okay, quindi il drop è maggiore… E invece hai operato altri cambiamenti, Andrea?

Cambiando squadra ho cambiato le pedivelle: da 170 millimetri a 165. E anche i pedali: da Look sono passato a Shimano, quindi ci sono più cose che dovrò valutare nel tempo. Tanti cambiamenti tutti insieme rischiano di fare caos se giudicati all’improvviso.

Restando sempre sul manubrio, in presa alta invece cambia qualcosa? Che sensazioni hai?

Fortunatamente già sul Deda non avevo problemi di angolazioni proibite per l’UCI, quindi ho mantenuto la posizione che avevo quest’anno. Al 90 per cento i corridori oggi vanno con le mani sui comandi, che è la parte dove viene regolata di più la bici per stare in una posizione comoda, efficace e anche aerodinamica. Abbiamo fatto anche degli studi con Van Rysel a inizio stagione su diverse posizioni di presa manubrio.

La Giant TCR che userà Vendrame. Ricordiamo che hanno a disposizione anche la bici aero Propel (foto Instagram)
La Giant TCR che userà Vendrame. Ricordiamo che hanno a disposizione anche la bici aero Propel (foto Instagram)
Come si svolgevano questi test?

Praticamente avevamo preso un chilometro di strada e si faceva avanti e indietro, avendo le stesse caratteristiche di vento e watt, per vedere cosa cambiava: quanto tempo impiegavamo. Un’altra particolarità: ho chiesto subito che il manubrio fosse integrato perché ha una guidabilità diversa. Lo sento più a contatto con il mio fisico, lo guido meglio in discesa, magari su tratti più tecnici dove devi guidare bene la bici. E poi ho chiesto anche gli shifter interni, soprattutto per le volate.

Beh, tu sei uno scattista e sei anche veloce: in effetti il doppio comando ci sta bene.

Esatto, proprio per questo motivo. E poi perché si va sempre più forte ed è un modo più rapido per cambiare in bagarre.

Quando un pro’ prova i nuovi materiali, le prime cose che va a cercare, restando sul manubrio, quali sono?

Se ti sei trovato bene vorresti avere le stesse sensazioni. Non pretendo di passare da Deda a Cadex e trovarmi lo stesso prodotto. Parto già con l’idea che ci sia una piccola differenza, però cerco di andare a riprodurre il più possibile le caratteristiche che ho utilizzato quest’anno. Poi se c’è qualche miglioria da fare, ben venga. Come per esempio i comandi interni.

Anche quando si va forte, oggi la presa prediletta è quella sulle leve. Lo dimostrano anche i numeri dell’aerodinamica
Anche quando si va forte, oggi la presa prediletta è quella sulle leve. Lo dimostrano anche i numeri dell’aerodinamica
Ti piace avere tutto vicino, a portata di mano nel vero senso della parola…

Dal mio punto di vista voglio che quando sono con le mani sotto nella curva abbia subito a contatto i freni, avendo mani non enormi. Preferisco avere subito le leve che riesco a toccare con due dita, soprattutto l’indice, che dà la possibilità di regolare la frenata. Con il freno a disco bastano due dita. La seconda cosa è il comando del cambio nella parte bassa del manubrio. Immaginiamoci una discesa tecnica piena di tornanti, dove devi rilanciare ogni curva e frenare: quindi freno e cambio sono le cose principali. Per il resto, per quanto riguarda la posizione sempre di manubrio e zona anteriore, la posizione in presa sulle leve deve essere più comoda possibile, non deve creare fastidi di formicolio nelle mani. Anche perché oggi i corridori sono molto avanzati in sella e caricano di più il peso nella zona frontale sulle leve. Braccia, mani e polsi vengono caricati di più, con tutti i nervi del palmo che risentono di buche, asfalto e tensione in gruppo.

Invece, per quanto riguarda la sella, come sta andando? Una volta era il vero cruccio del corridore che cambiava materiale…

Ci hanno aiutato molto in Jayco-AlUla: siamo partiti da un fac-simile della Fizik 3D, che utilizzavo in Decathlon. Non è la stessa e non è 3D, ma bene o male ha la stessa forma, specie nella zona perineale di scarico, che fa bene ed è importante. Devo essere sincero: sinora l’ho utilizzata poco, giusto per prendere confidenza e dare dei feedback al bike fitter. Ora che riprenderò con gli allenamenti più seriamente avrò un quadro più preciso. Come sella non ho mai avuto grandi problemi, quindi mi trovo abbastanza bene con tutto.

Vendrame è stato tra i primi professionisti ad usare una sella 3D
Vendrame è stato tra i primi professionisti ad usare una sella 3D
Negli anni abbiamo visto che una volta la sella era in bolla, poi si è abbassata sempre di più la punta. Anche per te vale questa regola?

Sì, sono più basso, appena di un grado, giusto per dare una leggera piegatura in avanti. Perché quando sei sotto sforzo tendi a rannicchiarti fisicamente e quindi ad avanzare in punta di sella. Questo mi permette di restare in una posizione comoda e performante, perché se spingi e ti raccogli in avanti tendi a portare tutto il peso davanti e sei più efficace rispetto a stare un po’ più alto.

E invece altezza di sella e distanza punta sella-manubrio?

E’ rimasto pressoché tutto uguale.

Coppa Città di San Daniele 2025, devo team (photors.it)

EDITORIALE / I corridori, la scuola, gli agenti, i soldi, il futuro

10.11.2025
3 min
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Si pensa tanto al modo per limitare la velocità delle biciclette, ma nessuno si è reso conto che la velocità da limitare è anche quella dei processi di formazione dei corridori. Gli allievi hanno già un agente che li segue. Gli juniores sono l’anticamera del professionismo. I devo team sono l’anticamera del WorldTour. E i numeri si restringono drammaticamente (almeno in Italia) perché il numero delle squadre si va erodendo progressivamente ogni anno (in apertura, immagine photors.it della Coppa Città di San Daniele).

I devo team, a ben vedere, rischiano di essere fumo negli occhi. Se non sfondi, smetti. Se ti va bene, ti prende qualche altra continental. Ma se nel frattempo sei anche diventato elite, il destino è segnato. Si potrebbe obiettare che se non sfondi dopo quattro anni da U23, forse non sei nato per fare il corridore. Ma se nel mezzo ci sono stati problemi fisici che ti hanno tenuto fuori dalle gare, ecco che la logica si inceppa.

Bryan Olivo, Bahrain Victorious Development, Trofeo Piva 2025 (Photors.it)
Bryan Olivo non fa più parte del devo team Bahrain, perché è diventato elite. Come lui, Marco Andreaus (photors.it)
Bryan Olivo, Bahrain Victorious Development, Trofeo Piva 2025 (Photors.it)
Bryan Olivo non fa più parte del devo team Bahrain, perché è diventato elite. Come lui, Marco Andreaus (photors.it)

Dentro o fuori

Sarebbe utile che queste poche righe le leggessero i genitori dei ragazzi che corrono in bici. Sia quelli che vedono nei giovani corridori l’occasione per veder aumentare le risorse, sia quelli che ne hanno a cuore il futuro e si chiedono come gestirli.

A 17 anni sei nel meccanismo, forse anche a 16. A 18 ti consigliano di mollare la scuola e iscriverti a un corso online, così riesci a gestire meglio l’allenamento e la maturità. Poi magari diventi professionista che ne hai 19 e siccome non hai paura di niente, molli i freni e porti in gruppo la tua quota di disordine. Infine a 23 anni risiedi probabilmente in un posto dove si pagano meno tasse.

Se volete divertirvi a incrociare i nomi dei corridori, le loro scelte e gli agenti che li rappresentano, noterete che lo schema è abbastanza ripetibile. Ciascuno, giustamente, ha individuato la sua ricetta e la offre ai propri assistiti. Sulla ricetta c’è scritta anche la percentuale di riuscita?

Repubblica di San Marino, turisti (depositphotos.com)
La Repubblica di San Marino è diventata un approdo privilegiato grazie alla tassazione favorevole (depositphotos.com)
Repubblica di San Marino, turisti (depositphotos.com)
La Repubblica di San Marino è diventata un approdo privilegiato grazie alla tassazione favorevole (depositphotos.com)

Le regioni fantasma

Sarebbe utile disporre di un’informazione in più rispetto a quella offerta sul sito dell’UCI, che riporta l’elenco degli agenti abilitati. Sarebbe interessante infatti avere accanto a ciascun agente il numero dei corridori seguiti. E’ vero che se guadagni sulla percentuale, è fisiologico cercare di aumentare il numero dei… contributori. Forse però non è nemmeno salutare per il movimento che si creino alte concentrazioni sotto lo stesso ombrello, escludendo di fatto chi a 17 anni non ha un agente, ha dello sport una concezione ancora relativa e pensa prima a finire la scuola e poi a buttarsi a capofitto sui pedali.

In tutto questo, avete fatto caso che sono ormai spariti i corridori calabresi, sono pochissimi i pugliesi e i laziali, mentre non ci sono quasi più siciliani, che pure negli ultimi anni hanno vinto fior di corse? Questo perché al Sud non ci sono squadre né corse e le società del Nord e i talent scout non si prendono neppure la briga di andare a vedere il poco che c’è. Tanto ci pensano i procuratori a passargli i corridori, che importa da dove vengono? Loro fanno il proprio interesse e il proprio lavoro, poco da aggiungere. Ma così si rinuncia a una fetta importantissima di popolazione e ad atleti potenzialmente fortissimi. A chi tocca fare sì che il meccanismo non sia occasionale o predatorio?

Alessandro Borgo, Dario Belletta, Under 23 (Photors.it)

Da under 23 a pro’: come cambia la preparazione?

10.11.2025
5 min
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Il passaggio da under 23 a professionisti è uno scalino che sembra essere sempre meno alto, ma così non è. La differenza tra correre in quella che è l’ultima delle categorie giovanili e i grandi è tanta, molte cose cambiano, una di queste è la preparazione. L’inverno in cui da under 23 si diventa atleti professionisti è delicato, qui si inizia a costruire un cammino di adattamento alla massima categoria. 

Lo spunto è nato dopo la nostra intervista con Dario Belletta (in apertura a ruota di Borgo, Photors.it), il neo corridore della Polti VisitMalta ci aveva detto: «I primi di novembre dovrei ripartire, e voglio farlo al 100 per cento. Anche perché dovrei partire a correre dalla Spagna a fine gennaio, mentre da under le prime gare sono a marzo. Quindi c’è da entrare in forma presto».

Dario Igor Belletta, Solme Olmo 2025 (Photors.It)
La differenza principale nel passare da U23 a pro’ sta nel volume di lavoro (Photors.it)
Dario Igor Belletta, Solme Olmo 2025 (Photors.It)
La differenza principale nel passare da U23 a pro’ sta nel volume di lavoro (Photors.it)

Volume

Siamo andati così da Giuseppe De Maria, preparatore del team di Ivan Basso, che ha risposto alle nostre domande e curiosità.

«Il cambiamento più grande per un ragazzo che diventa professionista – spiega il preparatore – è il volume. Prendiamo un under 23 “maturo” quindi con almeno due anni di esperienza nella categoria e di lavoro costante. Un atleta del genere in una settimana di carico arriva a fare ventidue o ventitré ore di allenamento, un professionista ne fa trenta. Altro aspetto è la durata del periodo di carico, per un under 23 basta una settimana, un professionista ne fa un paio».

Dario Igor Belletta, Solme Olmo 2025 (Photors.It)
Aprile è un mese cruciale sia da U23 che da professionisti, il cammino di avvicinamento è però molto diverso (Photors.It)
Dario Igor Belletta, Solme Olmo 2025 (Photors.It)
Aprile è un mese cruciale sia da U23 che da professionisti, il cammino di avvicinamento è però molto diverso (Photors.It)
Qual è la differenza maggiore durante la preparazione invernale?

Che si devono anticipare le intensità perché le gare arrivano prima. Belletta ad esempio ha sempre ripreso a correre a marzo (anche quando era nel devo team della Visma, ndr) mentre ora a fine gennaio. Non cambia tanto il momento in cui si iniziano a fare le prime uscite in bici, piuttosto i giorni di lavoro si compattano.

Ci spieghi meglio?

Un corridore under 23 ha tanto tempo per fare allenamenti in cui concentrarsi su fondo e volume, poi si focalizza sull’intensità con l’arrivo delle corse. Mentre da professionista hai sicuramente un periodo in cui ti concentri sul volume, però si deve fare anche intensità nel periodo che precede le gare. Un’altra cosa che cambia è la palestra. 

De Cassan, qui in azione, disse che la maggior difficoltà nel passaggio tra under e pro’ sta nel ritmo in pianura
De Cassan, qui in azione, disse che la maggior difficoltà nel passaggio tra under e pro’ sta nel ritmo in pianura
Ovvero?

Se un corridore è fisicamente maturo, e un professionista ci si aspetti che lo sia, fa sempre un lavoro in palestra ma in maniera differente. Un under 23 deve formarsi e costruire il fisico, quindi magari in preparazione va tre volte a settimana in palestra con sessioni da oltre un’ora. Se guardiamo a un professionista allora le sessioni possono essere due a settimana con lavori di forza mirati.

Come si gestiscono i periodi della preparazione?

Partiamo da metà novembre al primo ritiro di dicembre, noi in Polti VisitMalta facciamo fare a tutti un periodo con una ventina di ore a settimana e tutte legate al volume. Poi quando si arriva al ritiro di dicembre facciamo una distinzione. 

Dario Igor Belletta, Solme Olmo (Photors.it)
La differenza tra devo team e formazioni continental o di club risiede principalmente nel metodo di lavoro (Photors.it)
Dario Igor Belletta, Solme Olmo (Photors.it)
La differenza tra devo team e formazioni continental o di club risiede principalmente nel metodo di lavoro (Photors.it)
Quale?

Chi è già professionista si allena una trentina di ore a settimana, mentre per i neo pro’ facciamo un adattamento graduale con un totale di ventisei ore più o meno. Il metodo di adattamento non cambia anche nel ritiro di gennaio. Con le prime corse a tappe con i professionisti, più lunghe e impegnative c’è un altro scalino. In questo modo si arriva al ritiro di luglio in cui non si ha più paura a fargli fare trenta ore. Ma sono i piccoli dettagli che costruiscono le cose fatte bene. 

Torniamo sull’esempio di Belletta, si vede che ha lavorato in un devo team?

Tra i devo team e le formazioni continental c’è un abisso, non è che nelle squadre development si lavora come i professionisti. Semplicemente sono più avanti, si lavora a periodi. Blocco di allenamento, corse e periodo di riposo. Così facendo ogni volta che l’atleta riprende ad allenarsi potrà aggiungere un mattoncino e piano piano costruire. Al contrario se un ragazzo corre tutte le domeniche come fa a migliorare?

Nei vari colloqui De Maria ha notato in Belletta una conoscenza approfondita dei concetti alla base dell’allenamento, frutto degli anni al devo team Visma
Nei vari colloqui De Maria ha notato in Belletta una conoscenza approfondita dei concetti alla base dell’allenamento, frutto degli anni al devo team Visma
Il cammino è più lento.

Chiaro che quando a noi team professionistici ci arrivano due ragazzi da contesti diversi ci troviamo in difficoltà. Con Belletta abbiamo parlato di allenamento e si vede che ha un’impostazione tecnica importante. Ad altri ragazzi, invece, dobbiamo insegnare tutto e il progresso è decisamente più lento e la maturazione arriva dopo. A volte troppo tardi.

Da Santiago arriva un Grimod nuovo, forte e ambizioso

Da Santiago arriva un Grimod nuovo, forte e ambizioso

10.11.2025
5 min
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Tra i giovani che si sono messi più in vista ai recenti campionati mondiali su pista c’è anche il nome di Etienne Grimod, arrivato davvero a un soffio dalle finali dell’inseguimento individuale. Il valdostano rientra in pieno nell’identikit tracciato dal cittì Salvoldi delle figure che dovrebbero avvicinarsi come rendimento a Ganna, Milan e Consonni, a prescindere se gli olimpionici di Tokyo decideranno di intraprendere un’altra avventura olimpica proiettata sul 2028. Perché da soli, con il livello che c’è, non bastano più, servono linfa nuova, nuovi talenti.

Il valdostano era stato in gara nell'inseguimento anche agli europei di Zolder, finendo sesto
Il valdostano era stato in gara nell’inseguimento anche agli europei di Zolder, finendo sesto
Il valdostano era stato in gara nell'inseguimento anche agli europei di Zolder, finendo sesto
Il valdostano era stato in gara nell’inseguimento anche agli europei di Zolder, finendo sesto

Grimod, a Santiago, l’inseguimento a squadre non l’ha neanche fatto: «A Montichiari avevamo provato tante volte il quartetto perché ero nel gruppo dei papabili. Poi alla fine il cittì ha deciso di schierare Giaimi come terzo. Ma se non ci fosse stato così poco divario tra la qualifica e il primo turno, a livello di tempi probabilmente schierava anche me come nuova entrata. So però di far parte del gruppo, ma in Cile mi ha spinto a concentrarmi di più sulla prova individuale per far vedere il mio valore».

Come giudichi la tua trasferta cilena?

Sicuramente è stata in primis una grandissima esperienza. Eravamo tutti abbastanza giovani, ci siamo ritrovati in un evento ai massimi livelli, alla fine per noi che eravamo al debutto è andata anche bene. Se dovessi dare un voto, penso che sia un 8 pieno.

Grimod insieme al cittì della strada Villa, che era al seguito della squadra anche a Santiago
Grimod insieme al cittì della strada Villa, che era al seguito della squadra anche a Santiago
Grimod insieme al cittì della strada Villa, che era al seguito della squadra anche a Santiago
Grimod insieme al cittì della strada Villa, che era al seguito della squadra anche a Santiago
Nell’individuale ti aspettavi di arrivare così vicino alle finali?

Sinceramente no. Quando però siamo andati in pista a provare, ho visto che comunque stavo bene e ho capito che potevo anche essere abbastanza vicino ai primi. Ma la gara è sempre qualcosa d’imprevisto, non sapendo che il livello degli altri fosse così alto. Non mi aspettavo di arrivare così vicino ai primi.

Come tempi, i tuoi sono stati i migliori che hai mai fatto. Una prestazione come questa pone anche la tua candidatura per poter entrare a far parte del quartetto in pianta stabile, in quale ruolo?

In realtà da junior ho provato un po’ tutto, ho fatto il lancio all’europeo, poi ho fatto il quarto al mondiale. Quest’anno all’europeo di Zolder fra gli elite ero il secondo carrello, in Cile nel caso sarei stato il terzo. Diciamo che la duttilità è un’altra delle mie caratteristiche. E’ chiaro che, io come tutti, punto soprattutto al quartetto per poter ambire a una partecipazione olimpica e anche a qualcosa di più.

L'azzurro fa parte del gruppo del quartetto, nel quale può ricoprire tutti i ruoli
L’azzurro fa parte del gruppo del quartetto, nel quale può ricoprire tutti i ruoli
L'azzurro fa parte del gruppo del quartetto, nel quale può ricoprire tutti i ruoli
L’azzurro fa parte del gruppo del quartetto, nel quale può ricoprire tutti i ruoli
Tu sei un altro di quei ragazzi che abbinano pista e strada. Il rapporto nel tuo caso qual è, quale disciplina prediligi e quanto ti ci dedichi?

Diciamo che faccio un 70 per cento strada e un 30 per cento pista, in alcuni periodi il rapporto diventa anche 60-40. E’ chiaro che devo dedicare molto più tempo alla strada, molte più ore. Ma siamo già d’accordo con il cittì che da dicembre iniziamo a fare comunque almeno 1-2 giorni a settimana in pista. E’ necessario per acquisire certi automatismi se, come nel mio caso, la pista è un obiettivo primario.

La pista la vedi più un aiuto o certe volte anche un ostacolo per la tua attività su strada?

No, non è assolutamente un ostacolo, ti dà quel colpo di pedale in più, quella forza in più, lo sprint, ti dà tante cose che la strada non può dare. Per me è una conditio sine qua non per proseguire la mia attività e devo dire che alla Biesse Carrera ho trovato sempre ampia disponibilità in tal senso.

Grimod aveva vinto a fine settembre la Targa Crocifisso a Polignano a Mare (foto Facebook)
Grimod aveva vinto a fine settembre la Targa Crocifisso a Polignano a Mare (foto Facebook)
Grimod aveva vinto a fine settembre la Targa Crocifisso a Polignano a Mare (foto Facebook)
Grimod aveva vinto a fine settembre la Targa Crocifisso a Polignano a Mare (foto Facebook)
Su strada che caratteristiche hai e come giudichi la tua stagione?

Sono un passista veloce che però tiene anche in salita e ha un buono spunto veloce. Tutte caratteristiche che la pista aiuta ad affinare, per questo dico che non ci rinuncerei mai. Vado bene sul passo, sulle salite brevi e non troppo pendenti. A dir la verità all’inizio della stagione non sono partito benissimo.

Che cosa è successo?

Nella parte centrale dell’anno ho avuto un po’ di problemini. La condizione è arrivata nella seconda metà fino a chiudere con la prima vittoria proprio in extremis, al Puglia Challenge. Sicuramente il bilancio rispetto alla pista è stato inferiore, ma spero che nel 2026 la fortuna guardi anche dalla mia parte.

Su strada Grimod ha militato nella Biesse Carrera. Nel 2026 passerà alla Solme Olmo
Su strada Grimod ha militato nella Biesse Carrera. Nel 2026 passerà alla Solme Olmo
Su strada Grimod ha militato nella Biesse Carrera. Nel 2026 passerà alla Solme Olmo
Su strada Grimod ha militato nella Biesse Carrera. Nel 2026 passerà alla Solme Olmo
Dove sarai il prossimo anno?

Vado alla Solme Olmo, resto quindi in ambito continental, per il mio terzo anno fra gli Under 23. So che mi gioco molto, è quasi un anno decisivo e lo affronto sicuramente sulla base di questo secondo anno. Ho imparato a stare molto più tranquillo perché ero partito appunto col piede sbagliato, mettendomi pressioni inutili e quindi sicuramente lo affronterò più tranquillamente, senza pormi troppi problemi, quello che sarà sarà. Ho imparato che quello che arriva si prende, si porta a casa senza rimuginare troppo. Resta però un imperativo: abbinare strada e pista, cercando il meglio da entrambe.

E’ chiaro comunque che sei uscito da Santiago con un’aura diversa rispetto a quella che avevi prima. Sei anche più conosciuto, più apprezzato…

Esatto, è stata sicuramente un’iniezione di fiducia. Infatti può sembrare strano da dire, ma non vedo l’ora che inizi la prossima stagione…

Presentazione Copa d'Oro 2019, Stefano Casagranda, Ugo Segnana

Coppa d’Oro, l’eredità di Casagranda nel ricordo di Ugo Segnana

09.11.2025
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«Stefano mancherà soprattutto perché sapeva fare squadra – dice Ugo Segnana – e sapeva coinvolgere le persone con una battuta e col suo modo di fare. Certe volte era diretto e anche dissacrante, senza mai prendere troppo sul serio le cose che non lo meritavano. Soprattutto aveva un gran coraggio, a volte al limite dell’incoscienza, ma non ha mai fatto pesare a nessuno il fatto di prendere su di sé tutte quelle responsabilità».

Ugo Segnana è stato per anni l’anima tecnica della Coppa d’Oro di Borgo Valsugana. Questa volta il compito che gli abbiamo assegnato lo porterà ad abbassare il tono e immergersi in ricordi per metà dolci e per metà dolorosi. E’ passato poco più di un mese dalla morte di Stefano Casagranda e questo tempo così veloce ha sommerso i giorni sotto i tanti eventi che si sono succeduti. Forse però vale la pena fermarsi per qualche istante e chiedersi quale sia stata l’eredità di Stefano per la Coppa d’Oro e la gente di Borgo che ogni anno riusciva a coinvolgere. E Ugo Segnana è la persona più giusta per spiegarlo.

Alla Coppa d’Oro partecipano sempre più di 500 ragazzi, un paio d’anni fa fu sfondato il muro dei 700 (foto Mosna)
Alla Coppa d’Oro partecipano sempre più di 500 ragazzi, un paio d’anni fa fu sfondato il muro dei 700 (foto Mosna)
Che cosa ha significato per Ugo Segnana avere il corridore di casa, l’ex professionista al lavoro per la Coppa d’Oro?

Una cosa determinante. Io venivo da anni come direttore sportivo, ma non avevo mai corso in bici. Giocavo a calcio e poi ho pedalato da amatore. Però il ciclismo mi ha sempre appassionato. Nel frattempo mio cognato era diventato presidente del Veloce Club Borgo, poi si è candidato a diventare sindaco e a quel punto abbiamo chiesto la disponibilità a Stefano.

La soluzione giusta?

La migliore che si potesse fare, perché Stefano è una persona eccezionale, la persona giusta nel posto giusto. E quando ha accettato, gli ho dato la parola che ho mantenuto sino alla fine, che ci sarei stato fino a che ci fosse stato lui. Poi negli anni sono cambiate alcune normative provinciali ed è stato necessario far confluire l’Associazione Coppa d’Oro nel Veloce Club Borgo. Stefano presidente e io sempre al suo fianco. Insieme abbiamo fatto la Coppa d’Oro, ma anche la Settimana Tricolore, i campionati italiani paralimpici, il Meeting dei Giovanissimi e altre manifestazioni.

La Coppa d’Oro è cresciuta tantissimo…

Essendoci trovati in due, con due visioni abbastanza spregiudicate, avevamo capito che la manifestazione avesse delle potenzialità incredibili. Partendo dai giovanissimi con la Coppetta d’Oro, avremmo potuto intercettare una fetta di ragazzi da seguire per buona parte della loro carriera. Da lì abbiamo iniziato a ragionare. Abbiamo portato la Coppetta su due giorni, perché i numeri lo imponevano. Poi abbiamo fatto crescere la Coppa Rosa e pensato di far diventare la Coppa di Sera un appuntamento importante. In un primo momento abbiamo fatto le gare uniche, poi le abbiamo sdoppiate. Dai giovanissimi sino agli allievi passano praticamente tutti qui. E’ una festa del ciclismo, la festa del ciclismo giovanile: quello vero. Quello che rimane ancorato ai paesi, alle realtà locali, alle società che portano i bambini a correre da piccoli.

Veloce CLub Borgo 2025, foto bambini dopo la morte di Stefano Casagranda
Una foto per salutare Casagranda pochi giorni la sua scomparsa: il VC Borgo non si è fermato, come lui aveva chiesto
Veloce CLub Borgo 2025, foto bambini dopo la morte di Stefano Casagranda
Una foto per salutare Casagranda pochi giorni la sua scomparsa: il VC Borgo non si è fermato, come lui aveva chiesto
Stefano, ex corridore, si è trovato subito a suo agio?

Stefano – sorride Segnana – era la persona più buona che io abbia conosciuto. Buono nell’animo, su di lui non puoi dire niente. E’ sempre stato molto ironico, non si è mai preso troppo sul serio. Noi lo chiamavamo “Champion” perché era il campione del paese, aveva vinto il campionato italiano allievi, aveva corso professionista, aveva raggiunto anche dei bei risultati. Però lui su questo faceva ironia, non imponeva alcun distacco. Era uguale con tutti, nella vita privata come fuori. Non lo abbiamo mai percepito come inarrivabile. Si è sempre messo al livello degli altri: fossero quelli che dedicavano cinque minuti come quelli che lavoravano tutto l’anno per il Veloce Club Borgo.

In che modo vi siete divisi i compiti?

Io mi occupavo di tutta la parte tecnica, lui invece teneva la squadra unita e quello per me è stato la parte fondamentale. Ci ha fatto andare avanti per tanto tempo, ci ha fatto andare d’accordo e ottenere grandi risultati.

La Coppa d’Oro è sempre stata un evento per tutto il paese?

Dal 1968, la Coppa d’Oro ha avuto sede fissa a Borgo Valsugana. Negli anni è sempre stata guidata da personaggi importanti, fino a fare i vari salti di qualità che l’hanno portata al livello di ora. Per il paese è sempre stata un evento immancabile. C’erano manifestazioni per tutta la settimana precedente. Spettacoli in piazza, i fuochi d’artificio, la grande sfilata. Per anni sono stati fatti dei grandi investimenti che noi abbiamo ereditato e cercato di mantenere vivi. Non nascondo che ci siano stati anche momenti di stanchezza, ci sono state fasi in cui non sembrava che ci fosse così tanto interesse. Abbiamo sempre trovato un po’ di difficoltà nel reperire i contributi, per cui ci siamo inventati tante cose per cercare di smuovere la situazione.

Quella che porta alla Coppa d’Oro, spiega Segnana, è da sempre una settimana di celebrazioni, feste e sfilate
Quella che porta alla Coppa d’Oro, spiega Segnana, è da sempre una settimana di celebrazioni, feste e sfilate
Pensi che in giro ci sia la consapevolezza del livello raggiunto?

Forse non tutti hanno capito che si tratti di una cosa totalmente diversa da quello che c’è in giro per l’Italia o per l’Europa. E’ veramente particolare: ce l’ha detto anche chi viene dall’estero. Gli inglesi e gli sloveni che l’hanno vista crescere e cambiare. Anche i tedeschi, specialmente le ragazze, che l’apprezzano perché è unica nel suo genere.

Stefano è rimasto al timone finché ne ha avuto la forza.

Ne parlavamo anche con lui, dal primo momento che mi ha detto di essere malato. Ho capito che non avrebbe mai fatto un passo indietro, a meno che non fosse stato costretto da impedimenti medici. Quello che mi ha sempre colpito e ha lasciato un segno nel cuore sono state proprio la sua determinazione e l’attaccamento alla vita. Ha sempre detto: «Voglio vivere, finché posso. Poi quando non ce la farò più, allora mi fermerò». E’ l’esempio che ha lasciato a tutti, l’attaccamento alla vita e la voglia di vivere.

Un grande esempio…

Ti colpisce la grande forza che ha avuto. Finché non ci sei in mezzo, non capisci. Chi invece ha vissuto storie difficili capisce ancora di più quale sia stata la sua grandissima forza. In più, era un atleta incredibile: ben poche persone avrebbero potuto sopportare a livello fisico quello che ha passato lui.

Coppa d'Oro 2025, partenza, Stefano Casagranda
Al via dell’ultima edizione, Casagranda era ancora presidente del VC Borgo (foto Coppa d’Oro)
Coppa d'Oro 2025, partenza, Stefano Casagranda
Al via dell’ultima edizione, Casagranda era ancora presidente del VC Borgo (foto Coppa d’Oro)
Perché dopo la morte di Casagranda hai deciso di uscire dalla società?

A dicembre Stefano aveva chiesto al direttivo di fare un passo indietro, perché si era reso conto che le cure non avevano più modo di proseguire. Io dissi che quest’anno ci sarebbero state le elezioni comunali e avrei fatto una lista con mio cognato. Non potevo prendermi altri impegni, per cui ho proposto al direttivo di cercare altre risorse e io semmai sarei rimasto per collaborare. Invece nessuno si è fatto avanti e la presidenza è rimasta a Stefano. In ogni caso, nell’ultima edizione ho continuato a curare le iscrizioni, la gestione delle società, le autorizzazioni, la richiesta di chiusura strade e tutto quello che facevo di solito. Quando poi è subentrato il nuovo direttivo, ho percepito di non essere più gradito, anzi forse davo anche fastidio e questo mi ha persuaso a fare un ulteriore passo indietro. Oggi non sarei sereno né convinto di poter portare avanti altri impegni. Però lo ripeto: il tempo può dare altre risposte e se ci sono altri progetti o altre squadre o altre volontà, allora è chiaro che ne possiamo sempre parlare.

L’eredità di Stefano Casagranda è un forziere enorme pieno di saggezza, empatia, ironia, condivisione, capacità di unire e riconoscere il merito a chiunque si spenda, a prescindere dal livello dell’impegno. Il vero campione è colui che ringrazia in egual modo il gregario che l’ha fatto vincere e il massaggiatore che l’ha messo nelle condizioni di farlo. La sua morte ha privato il Veloce Club Borgo di un riferimento carismatico difficile da rimpiazzare. Da fine ottobre alla guida della società è salita Giovannina Collanega, che in una delle prime riunioni ha detto di voler seguire la linea dettata da Casagranda. E’ un peccato però che la Coppa d’Oro perda con Ugo Segnana colui che con Stefano ha condiviso chilometri, chiacchiere, progetti, ragionamenti e sogni.

Canturino, Rossella Ratto, nutrizionista

Canturino, un anno dopo: 10 domande (+1) alla nutrizionista

09.11.2025
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Un anno dopo, o quasi, il primo incontro tra la nutrizionista Rossella Ratto e i ragazzi del Canturino torniamo a fare un punto. I corridori della categoria juniores, ragazzi e ragazze, della formazione lombarda hanno corso questa stagione con il supporto di una figura importante come quella della nutrizionista. Non un modo per estremizzare, ma per educare e imparare a lavorare e confrontarsi con un mondo nel quale è facile perdersi: quello della nutrizione e dell’integrazione legata allo sport

«Anche per me è stata una prima esperienza nel lavorare e coordinare una squadra giovanile – racconta la nostra nutrizionista Rossella Ratto – e inizialmente pensavo che sarebbe stata una pazzia. Con i ragazzi non è mai semplice lavorare perché si è sempre sul filo tra educazione alimentare e una dieta in cui vai a vedere i dosaggi e le grammature». 

Dieta? No, grazie

Un lavoro, quello di Rossella Ratto, che è stato in costante equilibrio e in continua evoluzione. I ragazzi si sono messi alla prova, imparando come si gestisce un aspetto importante come la nutrizione. 

«Un adolescente – continua Rossella Ratto – non si dovrebbe mai mettere a dieta, tuttavia la tendenza nei giovani è di mangiare male e meno di quanto sarebbe consigliato. In particolar modo le ragazze. Il mio lavoro è stato importante fino a metà stagione, poi una volta date le linee guida non sono stata “opprimente”. E’ giusto che i ragazzi imparino a gestirsi da soli seguendo delle indicazioni di massima».

A novembre 2024 Rossella Ratto ha tenuto una serata dedicata alla nutrizione e alcune indicazioni per i ragazzi
A novembre 2024 Rossella Ratto ha tenuto una serata dedicata alla nutrizione e alcune indicazioni per i ragazzi
Qual è stata la parte più stimolante per te, come nutrizionista?

E’ un lavoro che mi ha permesso di raccogliere dati e informazioni, non ho mai seguito tanto le categorie giovanili. Mi è piaciuta molto la parte di comunicazione, e in questa ho visto delle differenze. Le ragazze sono molto più attente dei ragazzi, a loro basta scrivere un informazione per sapere che è stata recepita. Mentre i ragazzi tendono a distrarsi e perdere pezzi per strada. Inoltre loro guardano tanto al professionismo, fanno domande molto tecniche e “spingono” per avere un’integrazione che considerata l’età (17 e 18 anni, ndr) non è ancora necessaria. 

Sei riuscita ad accompagnarli sulla strada giusta?

Molto dipende dai genitori e dall’ambiente in cui vivono. Ci sono figure genitoriali particolarmente esaltate che è capitato che mi chiamassero la domenica per chiedermi di far andare più forte loro figlio. Oppure c’è il genitore che dice al figlio di non mangiare più di cento grammi di pasta perché fa male. Poi si lamentano se il ragazzo non cresce in altezza e struttura fisica, tu spieghi loro che non è vero e dai un piano alimentare equilibrato e improvvisamente il ragazzo cresce, cambia. 

CC Canturino
Con la nutrizionista hanno lavorato i due team juniores, questo quello femminile
CC Canturino
Con la nutrizionista hanno lavorato i due team juniores, questo quello femminile
In effetti l’adolescenza è anche un periodo delicato, con i ragazzi ancora nella fase dello sviluppo…

C’è stato un atleta in particolare che quando è arrivato da me ed era il classico ragazzino che doveva ancora svilupparsi e tra l’altro seguiva una dieta completamente sbilanciata. L’ho convinto e insieme abbiamo fatto dei cambiamenti importanti a seconda dei suoi gusti e delle possibilità di gestione familiare della dispensa. Alla fine questo ragazzo ha perso diversi chili, si è rinforzato muscolarmente ed è anche diventato uno dei punti di riferimento del team nella seconda parte di stagione. 

Nel Canturino ci sono anche le ragazze, come si lavora con loro?

C’è stato un percorso un po’ educativo sull’inserimento dei carboidrati ad esempio, aspetto che rimane sempre molto delicato. 

Ci sono stati dei ritiri o dei momenti di lavoro comune?

Sì ed è stata una cosa molto bella che mi sono divertita a fare. Quando c’è stato il ritiro prestagionale o quello in altura in estate ho realizzato un piano nutrizionale da condividere con la cucina dell’hotel. Si è trattato di scrivere qualche indicazione riguardo alle grammature dei carboidrati, proteine, legumi, cereali, il tutto a seconda dell’allenamento. Mentre per il ritiro in altura, visto che la squadra ha preso un appartamento, mi sono divertita a creare un piano di lavoro: cucinare, pulire, lavatrice, ecc…

CC Canturino
Lo scopo del lavoro era imparare a gestire la nutrizione legata allo sport, capendo esigenze e bisogni dei ragazzi
CC Canturino
Lo scopo del lavoro era imparare a gestire la nutrizione legata allo sport, capendo esigenze e bisogni dei ragazzi
Come hai detto in questa categoria spesso i ragazzi vogliono emulare i professionisti, come si trova l’equilibrio secondo l’aspetto della nutrizione?

In questa categoria, sia per i ragazzi che per le ragazze, l’aspetto nutrizionale è tanto legato all’educazione. Significa insegnare loro come e quanto mangiare a livello di macronutrienti. E’ un aspetto fondamentale che rimarrà per tutta la vita, sportiva e privata. Poi, come visto, iniziano a fare ritiri in altura ed è importante insegnare loro come si lavora sotto l’aspetto della nutrizione e dell’integrazione: come mangiare, quanto aumentare le grammature. Per il resto rimane un “gioco” dove devono imparare a capire e percepire le loro esigenze.

In che modo hai gestito il rapporto con i ragazzi?

Avevano un questionario da compilare settimanalmente per avere un monitoraggio che mi permettesse di capire e individuare eventuali problematiche, soprattutto nelle prime fasi. Poi come in ogni cosa c’è chi è più collaborativo e chi meno. Anche dal punto di vista dell’integrare nuovi cibi o gusti diversi non ho avuto difficoltà particolari, però le ragazze sono quelle più propense nel provare qualcosa di nuovo. 

CC Canturino, ritiro altura
I ragazzi hanno anche imparato ad adattare la nutrizione e l’integrazione a seconda dei momenti della stagione
CC Canturino, ritiro altura
I ragazzi hanno anche imparato ad adattare la nutrizione e l’integrazione a seconda dei momenti della stagione
Il peso è importante?

Per me il parametro del peso, aggiornato settimanalmente, era semplicemente un modo per monitorare che tutto procedesse al meglio senza cali dovuti a stress o improvvisi aumenti. Mi è capitato che un ragazzo in estate facesse fatica a mangiare e seguire il piano alimentare e ha perso un chilo in una settimana. Gli ho scritto, ci siamo sentiti e abbiamo trovato la soluzione per non perdere massa muscolare. 

Per le ragazze, invece, la bilancia rimane un argomento delicato?

Sia quello che l’aspetto visivo. Siamo molto legate alla fisionomia, purtroppo. Sulle ragazze non è mai facile lavorare perché hanno una sensibilità superiore, anche se non c’è nessuno che commenta. Magari ci si sente gonfie e si pensa di dover tagliare, invece è un aspetto ormonale legato al ciclo, ad esempio. Con loro il lavoro è stato essere di supporto, parlare e confrontarsi.

Rossella Ratto, Misia Belotti
La nutrizionista Rossella Ratto insieme a Misia Belotti, una delle ragazze del Canturino
Rossella Ratto, Misia Belotti
La nutrizionista Rossella Ratto insieme a Misia Belotti, una delle ragazze del Canturino
Hai visto una crescita di consapevolezza in questo anno di lavoro insieme?

Per molti sì. Addirittura c’è stato un ragazzo che ha fatto un percorso tutto suo. Sembrava uno di quelli che di testa ne ha poca per fare l’atleta, quindi anche la squadra mi ha detto di fare quello che fossi riuscita. La squadra e io siamo gli strumenti, poi ognuno deve metterci del suo. L’abbiamo lasciato fare, poi verso fine stagione è venuto da me e mi ha fatto delle domande su cosa potesse fare e come migliorare, ha trovato la sua motivazione. Fatto sta che nei mesi finali ha ottenuto qualche piazzamento, ed è una cosa che mi ha fatto molto piacere. 

La cosa bella è che con alcuni di loro potrai lavorare anche il prossimo anno.

Sì, quindi si può parlare di un percorso che continua, e penso sia davvero stimolante per tutti. Magari con qualcuno di loro potremmo provare a fare un passo ulteriore.

Filippo Baroncini

Baroncini, il ritorno in sella dopo l’incubo: «Ora tutto va meglio»

09.11.2025
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La settimana delle belle notizie si è conclusa ieri con l’oro di Mattia Agostinacchio agli Europei di cross, ma si era aperta con quella del ritorno in bici di Filippo Baroncini. A Dubai era davvero sole splendente. Quello sulla strada e quello nell’animo del corridore, ma anche dei suoi tifosi. Gli ultimi mesi non erano stati un granché, come si può facilmente immaginare.

Ricordiamo che Baroncini era stato vittima di una caduta tremenda al Tour de Pologne. Filippo aveva riportato fratture alla clavicola, alla colonna vertebrale e al viso, tanto da essere indotto al coma farmacologico. Una vera botta per lui e anche per la sua UAE Emirates. Vederlo tanto festeggiato in sella sui rettilinei assolati degli Emirati Arabi, dove si è ritrovata la squadra di Mauro Gianetti, è stato davvero bello. Nell’accezione più semplice e genuina del termine.

Grazie ad un selfie di Molano (in primo piano) ecco il ritorno in bici di Baroncini
Grazie ad un selfie di Molano (in primo piano) ecco il ritorno in bici di Baroncini
Filippo, ripartiamo proprio da qui: da queste pedalate al sole emiratino…

Eh sì – attacca Filippo con un leggero sospiro liberatorio, ma con tono squillante – sono più sereno adesso. Sono più felice, sono tornato in bici e tutto è stato subito più bello.

Che periodo è stato?

E’ un periodo speciale, un po’ di alti e bassi. Magari si possono dividere: il periodo dell’ospedale, quello del ritorno a casa, poi la riabilitazione, dove ci sono alti e bassi anche lì. E infine il momento del rientro in bici. In ospedale ho avuto la fortuna di avere sempre accanto i miei familiari ogni giorno e questo mentalmente mi ha aiutato tanto. Poi ho trovato un ambiente bellissimo, medici e infermieri super carini, motivanti. Questo mi ha fatto passare le giornate con più calore. Bisognava solo far sera, il tempo scorreva piano… Pensare il meno possibile alle negatività e avere persone positive accanto ha contato tanto.

Com’è stato il periodo della riabilitazione? Cosa facevi, com’era la tua giornata tipo?

Con la squadra abbiamo deciso quale centro fosse meglio per me, anche seguendo i consigli dei medici. All’inizio sembrava dovessi restare in un centro giorno e notte, ma poi hanno visto che il mio recupero era ottimo e mi hanno dato la possibilità di un percorso ambulatoriale. Questo è stato un grande stimolo. Alla fine abbiamo scelto il Fisiology Center di Forlì (la struttura creata da Fabrizio Borra, ndr), dove conoscevo già i ragazzi: super motivanti e super preparati. Il recupero è stato subito buono, soprattutto a livello muscolare, che era la cosa principale che avevo perso, oltre ai vari acciacchi.

Il romagnolo è uno dei maggiori talenti italiani, probabilmente il “motore” più grande assieme a Milan
Il romagnolo è uno dei maggiori talenti italiani, probabilmente il “motore” più grande assieme a Milan
Adesso hai qualche problematica particolare, ossa, tendini, postura… o c’è solo da ricostruire tutto?

A livello osseo sto bene, tutto è saldo, quindi sono potuto tornare abbastanza presto alla normalità. E’ ovvio, bisogna andare step by step. Vorrei anch’io fare subito quattro ore e allenarmi pienamente, ma alla fine è come se fossi ripartito da zero, soprattutto a livello cardiorespiratorio. Questo aspetto è quello che ho perso di più, perché sono stato fermo due mesi e mezzo. In ospedale facevo solo esercizi di forza, non di resistenza, quindi ora con la bici sto lavorando su quello. L’obiettivo è riportare il cardio alla normalità.

Sei ripartito direttamente con la bici?

Ho iniziato camminando, poi con la cyclette, quindi i rulli e infine la bici su strada. Il problema principale ora è la rigidità muscolare e articolare: ci sto lavorando con osteopati e fisioterapisti.

Quindi continui a fare fisioterapia?

Diciamo che la fisioterapia si sta trasformando in palestra. Prima di salire in bici ho fatto anche diverse camminate, come detto.

Ricordi qualcosa della caduta?

Sì, ricordo tutto…

Quest’anno Baroncini ha vinto il Baloise Belgium Tour
Quest’anno Baroncini ha vinto il Baloise Belgium Tour
Okay, messaggio ricevuto. Parliamo di cose belle: sei risalito in bici. Abbiamo visto tanti tuoi compagni sinceramente contenti per te. Che momento è stato?

Sì, li ho trovati tutti lì a Dubai e ad Abu Dhabi. E’ stata una grande emozione, come se fossi uscito dal gruppo e poi ci fossi tornato. Per me è stato importante, era ciò di cui avevo più bisogno adesso: rientrare in squadra, far vedere che ci sono, raccontare come sta andando. Tutti sono rimasti stupiti da come sto recuperando. Mi hanno scritto sempre in tanti.

Com’è stato risalire in bici? L’aria in faccia…

Era l’emozione che aspettavo di più. Più del capire come stessi realmente. Tutti lo sapevano, ma io volevo viverlo. Non volevo e non mi aspettavo di dire: “Cavolo, sto bene, via, sono pronto di nuovo”. No, volevo solo ritrovare me stesso a fare ciò che ero abituato a fare.

Hai cambiato qualcosa nel risalire in bici o hai ripreso la stessa di prima?

Ho cambiato le pedivelle. Sono passato da quelle da 172,5 a quelle da 170 millimetri per provare sensazioni diverse. La tendenza è questa e ne abbiamo approfittato. Adesso sto ancora cercando di capire: mi sono quasi dimenticato come mi sentivo in bici prima! Da una parte è un bene, è come ripartire da zero. Alla fine, anche nelle cose peggiori, c’è sempre un piccolo lato positivo.

Presto Filippo potrà salire anche sulla bici da crono
Presto Filippo potrà salire anche sulla bici da crono
E adesso come procederai?

Gradualmente. Finalmente il preparatore ha iniziato a mettermi qualcosa su TrainingPeaks, quindi avere una programmazione settimanale è già tanta roba. Piano piano, giorno per giorno, aumentando, sempre un po’, ma sempre seguendo le sensazioni del fisico. Magari con sedute doppie: palestra la mattina e bici al pomeriggio, o viceversa.

Invece il Filippo Baroncini uomo cosa ha fatto in questo periodo? Ti sei trovato un hobby, hai letto, visto serie tv…

Vi dico la verità, ero molto concentrato sulla mente, quindi ho dedicato tanto tempo a quello, con sedute tre o quattro volte a settimana. Avevo il mio cagnolino, ho letto qualche pagina del libro di Agassi. E poi la PlayStation di Covi è stata una novità in casa!

L’altra volta avevamo fatto un pezzo con Gazzoli che salutava il tuo ritorno a casa. Hai detto che in tanto ti hanno scritto. E c’è stato qualche altro corridore che ti è venuto a trovare?

Sono venuti a trovarmi i miei amici di casa, quelli di sempre. Poi tutti i dirigenti della squadra, compreso il presidente Matar Suhail, Matxin, Gianetti, alcuni compagni come Covi. E’ venuto persino il presidente federale Cordiano Dagnoni. Mi ha fatto super piacere vedere tutte queste persone che mi hanno dimostrato tanta vicinanza.

Omloop Nieuwsblad 2025, Edoardo Affini

Affini e la Visma, manuale d’uso per Piganzoli, Fiorelli e Mattio

09.11.2025
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L’hanno chiamata Celeste, è nata il 13 ottobre. Da quel giorno la vita di Affini e della compagna Lisa gira attorno alla primogenita, che per arrivare ha scelto il periodo di vacanze del papà. La bicicletta si affaccia di tanto in tanto, consapevole che l’attesa stia per terminare. A partire dall’8 dicembre, i corridori della Visma-Lease a Bike affronteranno il primo ritiro in Spagna e allora verrà il tempo del lavoro serio. Quando lo sentiamo nel primo pomeriggio, Edoardo è fresco reduce da una seduta di cambio del pannolino.

«E’ chiaro che è tutto diverso – sorride Affini – cambiano le priorità, cambiano le giornate, però sicuramente è bellissimo. Specialmente sono contento del fatto che me la posso godere quasi per un mese. Manca ancora un po’ perché diventi più… interattiva, mettiamola così, però mi prendo il mio tempo per starci assieme e creare un certo legame. E poi anche per la mia compagna fa una certa differenza. Se fosse nata a giugno – ride – dopo il Giro e prima del Tour, magari io avrei dormito qualche ora di più, però sarebbe stato un bel casino…».

Foto Instagram nascita di Celeste Affini (Photos by Loef)
“La più grande felicità può essere molto piccola”, così su Instagram l’annunio della nascita di Celeste (Photos by Loef)
Foto Instagram nascita di Celeste Affini (Photos by Loef)
“La più grande felicità può essere molto piccola”, così su Instagram l’annunio della nascita di Celeste (Photos by Loef)

Altri tre italiani

Tra le novità della squadra per il prossimo anno c’è che Affini non sarà più il solo italiano, ma sarà raggiunto da Piganzoli, Fiorelli e da Mattio, che in realtà ha già trascorso tre stagioni nel devo team olandese. Racconta che i capi gli hanno chiesto qualche referenza sui nuovi arrivati e che Piganzoli lo ha contattato per avere informazioni sull’ambiente che troverà. E proprio per questo lo abbiamo chiamato anche noi, perché ci incuriosisce il punto di vista di uno che corre nel team olandese dal 2021 e forse si era abituato all’idea di essere il solo… giapponese sull’isola.

«Prima di me c’era stato solo Battaglin – racconta Affini – l’anno prossimo saremo in quattro. Onestamente non mi fa un grande effetto, salvo che sarà bello parlare ogni tanto la mia lingua se saremo nella stessa corsa. Al nostro livello, può far piacere avere un connazionale, ma poi le decisioni vengono prese dalla squadra sulla base di ben altri fattori. La Visma è quella, la conosciamo bene. Quando sono arrivato nel 2021, era ancora in fase di ascesa. Poi si può dire che il 2022 e il 2023 siano stati gli anni più prolifici. Nel 2025 abbiamo vinto due Grandi Giri su tre e nel terzo siamo arrivati secondi, non mi sembra tanto male. Però è vero che gli sponsor più grossi cercano il Tour, perché hanno la risposta mediatica più grande, come la Champions League. Il Giro, la Vuelta e le classiche sono importanti, c’è poco da girarci d’attorno, ma il Tour è di più. E noi il Tour abbiamo provato a vincerlo, ma Tadej e la sua squadra ci sono stati superiori».

Fiorelli arriva alla Visma a 30 anni: avrà margine per crescere e compiti più precisi di quelli riservati a Piganzoli e Mattio
Fiorelli arriva alla Visma a 30 anni: avrà margine per crescere e compiti più precisi di quelli riservati a Piganzoli e Mattio

Maniacali per i dettagli

In questo gruppo super strutturato che ha nel Tour la stella polare e si nutre del Giro e della Vuelta – vinti con Yates e Vingegaard – come di bocconi secondari, arriveranno tre italiani, provenienti da due professional e dal devo team, che ha le stesse dotazioni, ma un respiro per forza meno ampio. Che cosa troveranno? Quale mentalità? Che cosa sente di dirgli il mantovano in procinto di iniziare la sesta stagione in giallo-nero?

«Non conosco da dentro le realtà della Polti e della Bardiani – ammette Affini – non so bene a cosa siano abituati, però credo che Fiorelli e Piganzoli faranno un salto di qualità a livello di attenzione ai dettagli e alla nutrizione, che qua sicuramente è un aspetto molto curato. Mi viene a pensare specialmente a Piganzoli, se vuole migliorarsi come uomo da classifica, magari all’inizio come spalla importante per Jonas o Simon. Allo stesso modo, tutto il livello performance viene curato veramente al massimo.

«Non so se in altre squadre ci siano le stesse cure del dettaglio, non so se sia possibile. Magari ogni team ha il proprio accento su una cosa piuttosto che su un’altra, però credo che qui troveranno un ambiente molto professionale e in grado di supportarli perché possano migliorarsi. Quanto a Mattio, è con noi da tre anni. Se ancora non ha capito di quale ambiente si tratta (ride, ndr), forse abbiamo un problema…».

Pietro Mattio, Visma Lease a Bike, WorldTour, Tour of Oman 2025
Pietro Mattio, sale nel WorldTour dopo tre stagioni in crescendo nel Development Team di Robbert De Groot
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Il tempo di crescere

La mente va al suo primo impatto, nonostante provenisse da un’altra WorldTour: la Mitchelton-Scott. Il ricordo di quelle prime settimane è ben chiaro. Aveva 24 anni come quelli che avrà il prossimo anno Piganzoli

«Quando sono passato qua – ricorda Affini – sicuramente la differenza più grossa l’ho trovata nella nutrizione. Erano gli anni in cui si stava cominciando a spingere l’acceleratore sui carboidrati. Magari l’avrei fatto anche se fossi rimasto alla Mitchelton, ma qua ho trovato un cambio radicale. Mi servì un po’ di tempo per abituarmi, poi ha funzionato tutto molto bene. Cercano di farti crescere, ma valutano caso per caso.

«Un buon esempio può essere Brennan. Ha 19 anni e ha cominciato già a far vedere certi numeri, a piazzarsi e vincere corse. Quindi lo hanno portato dove ha potuto fare risultato, ma non lo hanno buttato in un Grande Giro o portato a correre perché facesse punti. Non ha fatto 90 giorni di corsa, anche con lui c’è l’idea che cresca per step. Per cui, pensando ai nostri due più giovani, dipenderà anche da come risponderanno ai diversi carichi di allenamento, alle diverse gare. Tutto sommato immagino che su uno come Piganzoli ci fossero più attese alla Polti, dove era la bandiera, di quelle che inizialmente avrà qui da noi».

Giro d'Italia 2025, Davide Piganzoli, Isaac Del Toro
Alla Polti, Piganzoli ha corso da leader anche al Giro, scoprendo le pressioni del ruolo
Alla Polti, Piganzoli ha corso da leader anche al Giro, scoprendo le pressioni del ruolo

Un’azienda con 250 dipendenti

Il solo limite dei mega squadroni è la dimensione della grande azienda che allenta i rapporti umani e rende tutto piuttosto schematico, a questo certamente Piganzoli e Fiorelli non sono ancora abituati. Affini concorda, ma non c’è una via d’uscita. Prendete una qualunque azienda con centinaia di dipendenti, è ragionevole pensare che tutti si conoscano e siano in confidenza?

«Per la mia esperienza – dice – credo che ci sia la volontà di provare a mantenere quanto più possibile l’aspetto familiare e umano. Però è inevitabile che da un certo punto di vista sia inevitabile che le squadre vengano gestite come aziende, lo leggevo in un’intervista che avete fatto a Sobrero. I team sono sempre più grandi. Anche noi, guardando tutti quelli che ci lavorano saremo circa 250 persone se non di più, diventa difficile avere un rapporto stretto con tutti. Magari tra corridori o col tecnico di riferimento hai più contatti, quindi riesci effettivamente a creare una sorta di familiarità. Se entri a far parte del gruppo che prepara una grande corsa, condividi i ritiri e allora il rapporto si crea per forza. Però alla fine la squadra nella sua totalità viene gestita come un’azienda, questo è fuori discussione. Con certe persone ti vedi quando fai il primo ritiro dell’anno e poi al primo ritiro dell’anno dopo».