«Una sfida tra giganti. I favoriti erano e i favoriti sono stati», Davide Cassani commenta la Strade Bianche che si è conclusa da poco. In Piazza del Campo le ombre si allungano e mentre parliamo con il cittì delle nazionali i corridori ancora passano alla spicciolata.
Il cross nelle gambe di Vdp
«Ho visto un Van der Poel impressionante – spiega Cassani – Ha mostrato brillantezza, cambio di ritmo, potenza… E ha corso sempre davanti. Sembrava inesauribile. Così come Alaphilippe intendiamoci».
Certo che nel finale a tre, con Bernal e quei due mostri sacri, la maggior parte di noi dieci euro li avrebbe scommessi sul francese. Che è un “gatto” in quanto ad agilità, velocità e anche scaltrezza tattica. Invece abbiamo visto come è andata. E Cassani non è poi così sorpreso.
«Questa Strade Bianche è stata una gran bella corsa – riprende – Una competizione in cui non puoi bluffare. Mi aspettavo una sfida tra loro due anche nel finale. Il fatto che Van der Poel abbia fatto quel numero non mi ha stupito. Lui esce dall’inverno del ciclocross. Ha una capacità di resistere all’acido lattico superiore. Era più avanti con la condizione. E’ vero che dopo il cross un po’ si è fermato, ma non è che abbia perso molto. Anzi, ha fatto della supercompensazione».
Dai Giri alle classiche
Un altro aspetto che sottolineiamo insieme al cittì è la presenza di due campioni delle grandi corse a tappe, in particolare i vincitori degli ultimi due Tour de France: Bernal e Pogacar. Corridori leggeri che si sono saputi adattare anche agli sterrati.
«Bernal viene dalla Mtb e Pogacar è un fenomeno. Vederli lì davanti credo sia una cosa bella. E’ un po’ come tornare indietro di tanti anni quando i vincitori della classiche erano gli stessi dei grandi Giri. E’ il ciclismo moderno…
«Anche lo stesso Van Aert mi ha colpito. E’ stato ripreso, si è staccato ma non è crollato. Anzi, nel finale ha anche rimontato ed è arrivato quarto. Segno che lui è uno che non molla mai. Ricordate quando proprio sull’ultimo strappo qualche anno fa cadde dalla fatica?».
Secondo noi, e Cassani è d’accordo, all’asso belga è mancata la brillantezza di chi era alla prima gara della stagione. Ha lavorato in altura, ha fatto la base. E il fatto che non sia crollato lo dimostra. Non aveva la risposta allo scatto.
«Tornando al ciclismo moderno noto che questi grandi campioni corrono meno frenati che in passato. Attaccano anche a 50-60 chilometri dall’arrivo, sono più arrembanti, più coraggiosi. Si controllano meno.
«Perché? Perché stanno bene, si sentono forti e quando trovano percorsi del genere perché aspettare? Ho come l’impressione che non vogliano solo vincere, ma vogliono dimostrarsi propositivi, mostrare la loro forza». Insomma amano dare spettacolo.
Cassani difende l’Italia
E la mancanza d’italiani nel vivo della corsa è stata la nota dolente di questa splendida giornata di ciclismo. Purtroppo se non c’è Nibali c’è il vuoto o quasi.
«Ma lo sapevamo – dice Cassani – che oggi l’Italia non sarebbe stata competitiva. Moscon è infortunato. Ballerini ha lavorato per Almeida (gli ha anche dato la sua bici, ndr), Bettiol era indietro con la condizione. Bagioli non c’era».
Magari pensiamo ad un Brambilla. Non che potesse stravincere contro quei bestioni, ma Gianluca è uno che attacca, sui percorsi ondulati è molto bravo e poi era in buona condizione, aveva anche vinto…
«Ma bisogna vedere cosa gli è successo e cosa gli ha detto di fare la squadra», chiosa Cassani.