Pozzovivo verso la Vuelta con una teoria su Pogacar

23.07.2022
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«Alla fine Pogacar ha avuto ragione – sorride Pozzovivo – a voler guadagnare su ogni traguardo all’inizio del Tour. Senza il passaggio a vuoto del Granon, visto che non ha mai staccato Vingegaard, quei secondi sarebbero stati il suo gruzzolo prima della crono».

La caduta di Hautacam e il distacco subìto sono stati la conseguenza del dover rincorrere e contano fino a un certo punto. Dal Covid allo Stelvio e poi dallo Stelvio all’Etna, la calda estate di Domenico Pozzovivo prevede ora San Sebastian e la Vuelta. Ma prima la sua lettura sulla sfida del Tour offre nuovi spunti.

Subito dopo la fine dello Svizzera, tornando a casa, ha riconosciuto i sintomi del Covid (foto IWG)
Subito dopo la fine dello Svizzera, tornando a casa, ecco i sintomi del Covid (foto IWG)

Demolito dal Covid

Lo scalatore lucano è uscito dal Giro di Svizzera con il nono posto ed ha avuto appena il tempo di tornare a casa, per iniziare a riconoscere i primi sintomi. Gli stessi che pochi giorni dopo ha manifestato sua moglie Valentina. E se nel caso del primo contagio di aprile dopo il Giro di Sicilia le cose erano filate lisce, risolvendosi in pochi giorni, questa volta la botta è arrivata più forte.

«Mi ha proprio demolito – sorride amaramente Domenico – e mi ha costretto a saltare il campionato italiano. Mi è dispiaciuto perché si correva al Sud. Ho aspettato che passasse. Ho fatto tutte le visite mediche per il ritorno all’attività. E poi sono andato sullo Stelvio. So che i miei compagni erano a Livigno, anche Petilli e Rota, ma a me quella zona non piace. Vado sullo Stelvio e mi alleno spesso verso la Val Venosta. Non li ho mai nemmeno incontrati».

Al Giro di Svizzera ha chiuso all’8° posto la tappa di Malbun, salendo provvisoriamente al 5° posto nella generale (foto IWG)
In Svizzera ha chiuso 8° la tappa di Malbun, salendo provvisoriamente al 5° posto (foto IWG)
Come stai adesso?

Ho sensazioni altalenanti, non sono il solito Domenico. Spero che tra San Sebastian e prima della Vuelta vada tutto a posto. Andrò in Spagna per fare classifica, con le stesse motivazioni del Giro. Una diversa cornice, farà caldo e a me piace. Anche se non possiamo proprio lamentarci del meteo trovato quest’anno in Italia.

Nella diretta con Bernal di qualche giorno fa, con Nibali e Lello Ferrara, si ironizzava sulle tue abilità a cronometro…

Dimenticando quando feci meglio di Cancellara proprio alla Vuelta (sorride, ndr). Quest’anno purtroppo la bici mi penalizza, perché sono arrivato tardi in squadra e non ho avuto modo di fare i test necessari. Fare le crono mi piace e penso che siano in piccolo anche una mia abilità. Per cui in questo ciclismo così livellato e attento ai dettagli, è un peccato non averci potuto lavorare. Già dopo il Lombardia inizieremo con i test.

Il 2022 è un piccolo stop sullo sviluppo della bici da crono: arrivato tardi nel team, è mancato il tempo
Il 2022 è un piccolo stop sullo sviluppo della bici da crono: arrivato tardi nel team, è mancato il tempo
Sei arrivato per ultimo in squadra e come va?

La Intermarché-Wanty-Gobert è stata una piacevole sorpresa per il livello tenuto in tutta la stagione. Ottima anche sul piano dei rapporti umani, che non si possono mai dare per scontati. C’è una sorta di divisione in due anime. Ho lavorato con quasi tutti i gruppi, ma certo quello delle corse fiamminghe ha caratteristiche che non si sposano con le mie. Siamo complementari, così è perfetto.

In questi giorni Meintjes, che ti somiglia, sta facendo un bel Tour.

Lo sto seguendo. Ha le mie caratteristiche e si sta ritrovando dopo un periodo un po’ storto. Non avere addosso una grande pressione gli permette di correre al meglio.

Meintjes ha caratteristiche simili a quelle di Pozzovivo e sta correndo un bel Tour
Meintjes ha caratteristiche simili a quelle di Pozzovivo e sta correndo un bel Tour
E’ uno di quei Tour dove vorresti esserci o vanno così forte che si sta meglio a casa?

In queste tappe di montagna mi piacerebbe esserci. Quando sono davanti alla televisione, sono un corridore che si immedesima. Se però penso alla prima settimana e al pavé, mi viene male. Anche se rispetto al solito ci sono state meno cadute. Sono uscito bene dallo Svizzera, avrei potuto farci un pensierino, ma adesso non posso certo rammaricarmi, visto che poi mi sono ammalato. E in queste settimane sono stato in fase di ricostruzione.

Cosa ti pare del duello Pogacar-Vingegaard?

Della tattica di Tadej della prima settimana ho già detto. Se aveva la percezione che Vingegaard sarebbe stato difficile da staccare, ha fatto bene.

Il Pogacar visto da Pozzovivo alla Tirreno (qui sul Carpegna) sembrava difficilmente battibile
Il Pogacar visto da Pozzovivo alla Tirreno (qui sul Carpegna) sembrava difficilmente battibile
Lo abbiamo criticato perché potrebbe aver speso troppo…

Tadej è sicuro di se stesso e probabilmente sapeva che, pur facendo così, il suo livello non sarebbe calato nella terza settimana. Ma non è stato un Tour lineare…

In che senso?

E’ stato condizionato dal Covid, ma non mi aspettavo questo livello di Vingegaard e al contrario, dopo averlo visto alla Tirreno, ero convinto che il livello di Pogacar sarebbe stato irraggiungibile. A Hautacam secondo me ha ceduto anche mentalmente, perché essere staccato in salita da Van Aert può essere un duro colpo.

Al Giro d’Italia un ottavo posto finale che gli ha dato morale per correre un anno in più
Al Giro d’Italia un ottavo posto finale che gli ha dato morale per correre un anno in più
Pensi che da questo Tour trarrà un insegnamento?

Penso che dovrà imparare a considerare di più l’aiuto della squadra. Finché è stato nettamente il più forte del gruppo, poteva passare sopra agli eventuali errori semplicemente accelerando. Ora scoprirà nuovi dettagli da curare.

Torniamo indietro a Lello Ferrara, come ti trovi in questo ruolo di spalla sul web?

Diciamo che nelle prime dirette, gli diedi credito per amicizia. Lo sapete, sono una persona obiettiva, dico le cose come stanno. E se uno non è capace di fare qualcosa, glielo dico in faccia. Invece in Lello ho trovato del talento, ha smosso belle situazioni e secondo me fa bene a coltivarlo.

Lello Ferrara e Pozzovivo sono amici da anni. Il primo è del 1976, il secondo del 1982. Entrambi ex Zalf Fior
Lello Ferrara e Pozzovivo sono amici da anni. Il primo è del 1976, il secondo del 1982. Entrambi ex Zalf Fior
Dallo Stelvio ti sei spostato sull’Etna, come mai?

Perché sullo Stelvio si sta così bene, che ti dimentichi del caldo. Sull’Etna in quota si sta bene, ma sotto ti alleni alla temperatura che si troverà alle corse, un caldo normale. Per cui il 27 vado a San Sebastian e poi torno quassù. Se penso che quelli di Livigno fanno la sauna per abituarsi al caldo, sto meglio io qua che il caldo ce l’ho naturale, no?

Santini veste ancora La Vuelta… con una novità!

18.06.2022
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In attesa di debuttare fra qualche giorno al Tour de France come fornitore tecnico della maglia gialla, Santini celebra per il sesto anno di fila la sua collaborazione con La Vuelta. Nei giorni scorsi si è infatti tenuta a Madrid la presentazione ufficiale delle maglie che andranno a vestire i leader delle varie classifiche individuali dell’edizione 2022 della corsa a tappe spagnola, in programma dal 19 agosto all’11 settembre. Il leader della corsa vestirà la tradizionale maglia rossa (La Roja) sponsorizzata Carrefour. Il migliore nella classifica a punti si aggiudicherà la maglia verde a logo Škoda. La maglia bianca brandizzata Plenitude andrà al miglior giovane mentre quella a pois sponsorizzata Loterías y Apuestas del Estado incoronerà il re dei gran premi della montagna.

La novità Olanda

La novità dell’edizione 2022 de La Vuelta è rappresentata dal fatto che le maglie ufficiali non saranno quattro ma cinque. La corsa quest’anno partirà dall’Olanda e per celebrare questa particolare occasione il leader della classifica generale delle prime tre tappe vestirà una maglia speciale per ricordare le città sede di tappa: Breda, ‘s-Hertogenbosch e Utrecht.

Questa particolare maglia è stata disegnata dal fashion designer olandese Mattijs van Bergen che si è ispirato agli stemmi delle tre città olandesi. Tutti questi utilizzano linee, blocchi e motivi rosso e bianco che sono stati riproposti, unitamente al colore blu presente nella bandiera olandese, per creare una griglia collocata sulla jersey.

Una volta che la corsa rientrerà in Spagna il leader della classifica generale tornerà a vestire la tradizionale maglia rossa.

Elemento comune

Tutte le maglie leader, compresa quella dedicata alle tappe olandesi, sono state realizzate da Santini presso la nuova sede produttiva di Bergamo. Sono stati utilizzati tessuti dalla forte impronta sostenibile: l’Ecofabric RECY by Corno prodotto con filati riciclati derivanti dal recupero di materiali usati o dispersi nell’ambiente, e il Native – Ecoknit di Sitip realizzato anch’esso con fibre e filati riciclati e senza l’utilizzo di sostanze chimiche inquinanti, per ridurre il consumo di risorse naturali e la dipendenza da energie non rinnovabili. 

Kit speciali per tappe speciali 

Tenendo fede ad una tradizione ormai consolidata, Santini ha previsto dei kit speciali dedicati ad alcune tappe che potranno dare una svolta importante all’edizione 2022 de La Vuelta. Tutti i completi sono composti da maglia, pantaloncino, calzini e guantini.

Si parte dal completo Asturias che celebra l’ottava tappa che si concluderà sull’inedito traguardo di Collàu Fancuaya. I colori dominanti sono quelli della bandiera ufficiale asturiana: giallo e blu. 

La decima tappa, una cronometro di 31,1 chilometri da Elche ad Alicante, verrà celebrata da un completo che prende ispirazione dalla Muralla Roja, un edificio postmoderno sulla costa della regione di Alicante caratterizzato da colori che virano dal rosa al rosso, fino all’azzurro del cielo e del mare, e da insolite geometrie che seguono le linee della scogliera su cui è affacciato.

La tappa regina dell’edizione 2022 de La Vuelta sarà sicuramente quella con arrivo a Sierra Nevada. Per celebrarla è stato realizzato un completo che prende ispirazione dai colori della bandiera dell’Andalusia: bianco e verde.

Non poteva infine mancare il completo dedicato alla passerella finale di Madrid. I colori scelti sono il rosso, colore de La Vuelta, con un tocco di arancio, in omaggio all’Olanda che ospiterà le prime tre tappe.

Da abbinare a tutti questi completi, Santini presenta tre accessori essenziali in bicicletta: una giacca, uno smanicato antivento e un cappellino, realizzati con una fantasia mille righe e multi-color. Per il tempo libero, una t-shirt bianca con righe colorate.

Avanti insieme

Monica Santini, Amministratore Delegato Santini Cycling Wear, non ha nascosto la sua soddisfazione nel vedere per il sesto anno di fila il nome della propria azienda affiancato a quello de La Vuelta: «Siamo felici di vestire anche quest’anno i grandi campioni de La Vuelta e di festeggiare insieme sei anni di fruttuosa partnership».

Non poteva mancare il commento di Javier Guillén, Direttore Generale de La Vuelta, felice di rafforzare la partnership con Santini: «Le maglie sono il segno identificativo della gara, in particolare la maglia del leader La Roja. Queste, insieme alle collezioni speciali celebrative, ci rendono davvero orgogliosi che Santini sia nostro partner».

Oltre a vestire i leader delle quattro classifiche de La Vuelta 22, le maglie Santini saranno presenti anche a La Vuelta Virtual by ROUVY. I partecipanti che gareggeranno da casa in questa edizione virtuale della gara, potranno indossare virtualmente le quattro maglie grazie alla realtà aumentata della piattaforma ROUVY.

Santini

Febbre da cavallo e niente Giro: Fabbro verso la Vuelta

25.03.2022
4 min
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Matteo Fabbro non sarà al via del Giro d’Italia. Dopo undici giorni senza bici e con la necessaria terapia di antibiotici, la Bora-Hansgrohe ha preso la decisione per tutelarlo e ha riscritto il suo programma. Al posto della corsa italiana ci saranno la Vuelta e prima un’estate di spessore.

Anche per lui è stata fatale la Tirreno-Adriatico. Il giorno di Carpegna ha dato forse il colpo di grazia, ma come spiega Matteo per primo tutta la settimana è stata piuttosto pesante.

Fabbro compirà 27 anni il 10 aprile. Lo scorso anno ha rinnovato con la Bora fino al 2023
Fabbro compirà 27 anni il 10 aprile. Lo scorso anno ha rinnovato con la Bora fino al 2023

«Prima avevo avuto il Covid – dice – ma l’ultimo problema è stato legato a una bronchite presa alla Tirreno. Sono stato per quattro giorni a letto con la febbre a 39 che non scendeva. Ho preso gli antibiotici e oggi per la prima volta sono risalito in bici. Non sono in grado di dire perché siamo stati male in tanti. Di certo girava un virus intestinale, mentre quanto al freddo si può dire quel che si vuole, ma abbiamo corso ogni giorno con temperature sotto agli 8 gradi. Salite e discese, zone d’ombra. Quand’è così, è probabile che ci si ammali».

Scalatore di 52 chili

Un metro e 67 per 52 chili, Matteo ha rinnovato lo scorso anno il contratto con la squadra tedesca, che ne ha fatto uno dei più forti uomini in appoggio del suo team di scalatori, pur consentendogli all’occorrenza di cercare i suoi spazi. E anche se il 2021 è stato un po’ opaco, il 7° posto a Prati di Tivo alla Tirreno e il 4° a Naturno al Tour of the Alps, dicono che il friulano ha sostanza e sta crescendo.

Matteo è alto 1,67 e pesa 52 chili: peso da scalatore vecchio stile
Matteo è alto 1,67 e pesa 52 chili: peso da scalatore vecchio stile
Impossibile recuperare?

Impossibile no, bisogna vedere quali sono gli obiettivi. Dopo una settimana senza miglioramenti, durante la quale mi stavo anche un po’ preoccupando, la febbre è scesa. Solo che avevo perso dei giorni al ritiro di Mallorca, quando ero in stanza con Aleotti positivo. Poi ho perso altri giorni al Saudi Tour. Se tirassi dritto, arriverei al Giro senza la base che serve. Così la squadra per non bruciarmi ha deciso di farmelo saltare. Nessuno è felice di questo. E comunque, detto fra parentesi, è così difficile trovare i nomi per andare a correre che non mi meraviglierei se alla fine mi richiamassero. Ma sarebbe per tappare un buco, per cui a cose normali, non dovrebbe succedere.

Che tipo di Giro avresti corso?

Ero molto concentrato sull’obiettivo. A gennaio avevamo fatto un meeting per programmare ogni cosa e perché io potessi tornare protagonista. Ero stato a vedere qualche tappa. Avrei corso in appoggio dei nostri tre leader: Hindley, Keldermann e Buchmann. Avrei avuto le mie carte, in una squadra che viene al Giro per puntare al podio.

Al Giro di Svizzera del 2021, qualche buon piazzamento, come il 9° posto a Disentis Sedrun
Al Giro di Svizzera del 2021, 9° posto a Disentis Sedrun
E così adesso si apre la strada per la Vuelta…

Preceduta da due blocchi di altura e corse come Getxo e Burgos, oppure il Polonia. Detto questo, non so ancora dove ricomincerò. Non so cosa aspettarmi dopo questo stop, è stato come un’altra piccola pausa invernale. Non ho il problema del peso, ma servirà del tempo per tornare a un buon livello. La squadra però mi sta vicina, mi dà morale e così ho stimolo ad allenarmi bene, curando i dettagli.

Hanno dimostrato più di una volta che a te ci tengono…

Lo spero vivamente e mi fa piacere sentirlo. Ho rinnovato il contratto lo scorso anno ed è stato un bene. Se mi fosse successo questo intoppo e fossi stato in scadenza, mi avrebbe scombussolato non poco tutti i piani. Invece sono tranquillo.

Con Benedetti e Buchmann alla Cascata delle Marmore. Dopo la Tirreno, Fabbro si è ammalato
Con Benedetti e Buchmann alla Cascata delle Marmore. Dopo la Tirreno, Fabbro si è ammalato
Hai chiesto perché non abbiano scelto di portarti al Tour?

Non è un problema di caldo e devo dire che il Tour mi piacerebbe. Ad ora gli scogli sono due. L’inizio sul pavé e il tanto vento delle prime tappe, in cui la mia taglia potrebbe non essere la più adatta. Per questi motivi la carta francese per ora non l’abbiamo giocata, ma se fossi pronto si potrebbe rivalutarla. Di certo il Tour non cadrebbe in un momento sbagliato, vedremo con la squadra altempo debito.

Hai ripreso a pedalare in Friuli?

No, a San Marino. Mi sono trasferito qui e ieri sono andato a salutare i miei compagni alla partenza della Coppi e Bartali. C’è un bel meteo. La prima pedalata è servita giusto per ritrovare le sensazioni, un paio d’ore. E adesso si ricomincia sul serio.

La Vuelta l’ha cambiato, Dainese ora cerca esplosività

09.02.2022
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Dice Alberto Dainese che aver corso la Vuelta gli ha cambiato il motore e l’inverno. Scherzando butta lì che gli ha dato 20 watt in più, poi tornando serio spiega che chiudere la stagione con un simile carico nelle gambe gli ha permesso una ripresa invernale molto più brillante. E il resto lo dirà nelle prossime righe, venite con noi?

Dainese corre al Team Dsm dallo scorso anno, ma è passato professionista nello stesso gruppo quando nel 2020 si chiamava ancora Team Sunweb. Velocista e campione europeo degli U23 nel 2019, per farsi le ossa aveva lasciato la Zalf Desirée Fior ed era passato alla Seg Academy Racing.

Al Giro del Veneto del 2021 il terzo posto dietro Meurisse e Trentin, prima di chiudere l’anno
Al Giro del Veneto del 2021 il terzo posto dietro Meurisse e Trentin, prima di chiudere l’anno

La scelta di Ursella

Giorni fa, parlando con Luciano Rui a proposito della scelta di Ursella di approdare nella Dsm Continental, il tecnico trevigiano ci aveva detto che proprio Dainese gli aveva dipinto la squadra come piuttosto rigida.

«E questo non si può negare – dice – la rigidità c’è. Però credo che per un giovane sia meglio essere troppo seguito che troppo poco. Capisco semmai la difficoltà per i corridori più esperti, che magari soffrono per rientrare nelle regole. Io ho avuto i miei problemi all’inizio, però ora vedo soprattutto il lato positivo».

Debutto brillante, con un quinto posto nella terza tappa del Saudi Tour dietro Groenewegen…

Ho avuto un avvicinamento faticoso alla gara perché ho avuto il Covid e sono rimasto fermo per due settimane prima di poter riavere l’idoneità. Non ho fatto grandi lavori specifici, per cui al Saudi Tour nell’unica volata che sono riuscito a fare mi sono sbloccato anche bene. Ma da domani (oggi per chi legge, ndr) inizierò a fare i lavori giusti per tornare in carreggiata ed essere pronto per il UAE Tour.

La parte precedente di inverno come era andata?

Bene, meglio dello scorso anno. Il 2021 era partito male, con un inizio difficile a livello mentale, con le gare che venivano cancellate. Poi per fortuna ho fatto un bel periodo in altura a Livigno preparando il finale e le cose sono cambiate. Prima a Burgos con un secondo posto e poi la Vuelta con 5 piazzamenti fra i primi 5. Mi dispiace non aver vinto, ma ho dimostrato che con la continuità posso andare forte.

Alla Vuelta 2021, Dainese secondo a La Manga del Mar Menor dietro Jakobsen
Alla Vuelta, Dainese secondo a La Manga del Mar Menor dietro Jakobsen
E la Vuelta ti ha davvero cambiato tanto?

Riesco ad allenarmi di più, a sopportare carichi maggiori. Ti abitua allo stress. Questo potrebbe essere l’anno in cui farò due grandi Giri, ma per i programmi c’è da aspettare ancora un po’. La Vuelta ha cambiato anche i rapporti in squadra. Prima eravamo un po’ tesi per la mancanza di risultati. Invece l’aver vinto tre tappe e aver conquistato la maglia a pois ci ha dato più rispetto nel gruppo e ha disteso gli animi. I risultati fanno la differenza.

Un altro clima in squadra?

Abbiamo fatto un ritiro senza bici a fine stagione, eravamo proprio in off season e l’abbiamo passato a bere birra. Eravamo tutti contenti di esserci. E poi non ho notato grosse differenze fra gruppi, anche perché i tedeschi e gli olandesi sono ragazzi aperti. C’è un bel gruppo.

Da quest’anno Dainese dovrebbe avere 2-3 uomini a disposizione per le sue volate
Da quest’anno Dainese dovrebbe avere 2-3 uomini a disposizione per le sue volate
Terzo anno da pro’, aumenta anche il lavoro?

E anche di tanto. Se da under 23 mi sembravano tante 18 ore di lavoro a settimana, ora siamo stabilmente intorno alle 30 e alla fine non sei nemmeno stremato. Ho dovuto adattarmi gradualmente a certi volumi, mentre ci sono i fenomeni che li sovraccarichi da giovani e reggono bene. Per me è stato diverso. Ho fatto anche tanta palestra, due volte a settimana per tutto l’inverno. Però magari con il crescere della condizione, passerà a una sola volta.

L’anno scorso si parlò di aumentare la resistenza.

Infatti ho lavorato tanto per arrivare più fresco allo sprint. Ho fatto tanti lavori di resistenza, trascurando un po’ lo spunto massimale. Alla Vuelta la squadra puntava alla classifica con Bardet, per cui ci stava che mi lasciassero un po’ solo alla fine. Ma questo era un limite, perché sapevo in partenza di dover prendere più aria. E così succede che arrivi ai 300 metri già stanco, oppure che per risparmiare un po’, resti impigliato nelle retrovie. Io ho scelto di dare tutto e ho fatto le mie volate da solo, ma quest’anno dovrei avere più appoggio, 2-3 uomini solo per me.

Alberto Dainese, Jayco Herald Sun Tour 2020
Questa la vittoria di Alberto Dainese al Jayco Herald Sun Tour del 2020
Alberto Dainese, Jayco Herald Sun Tour 2020
Questa la vittoria di Alberto Dainese al Jayco Herald Sun Tour del 2020
Non vincere è un problema grosso per il velocista?

Lo è anche per lo scalatore, ma certo chi fa volate è abituato a numeri più elevati. Il problema degli ultimi due anni è che anche nelle gare più piccole arrivano i più forti a dettar legge. Sembra brutto da dire, ma è così. Ne basta uno per fare secondo e uno vale l’altro, perché quando incontri Groenewegen, Merlier, Jakobsen o Cavendish, c’è poco da dire quale sia peggio. Alla Quick Step hanno un super treno e con l’aiuto di Morkov sai che arrivi ai 200 metri riparato da tutto e tutti.

La squadra dei sogni per ogni velocista?

Domanda difficile. Ovvio che sia la squadra da battere in ogni corsa e forse proprio questa forza renderebbe una vittoria ancor più esaltante. Perciò ora si lavora per le prossime corse. L’idea di avere un treno mi piace, ma non si sa come andrà. Di certo non avrò più pressione. Dopo tre anni capisci i tuoi limiti e io da quest’anno voglio proprio vedere dove potrò arrivare.

Un altro Remco: punta sulla Vuelta e parla ai più giovani

12.01.2022
5 min
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Remco ha l’espressione fresca e voglia di far battute, però c’è in lui qualcosa di diverso che cercheremo di scoprire. La prima intervista da professionista con il giovane belga la facemmo proprio qui nel 2019 e fece seguito alla rapida conoscenza fatta a capo del 2018 da junior, quando vinse tutto quel che si poteva. Quella prima volta parve ugualmente fresco, ma un po’ troppo sicuro di sé. Oggi, sulla porta dei 21 anni (li compirà il 25 gennaio), il ragazzo appare più posato. Negli ultimi tre anni ha vissuto sulle montagne russe e dagli alti e soprattutto dai bassi ha imparato un diverso stile. Per il resto, la sicurezza non fa difetto, la caviglia è sottile e la gamba scopre qualche vena che a quel tempo era nascosta sotto il polpaccio da junior.

«Non vorrei cambiare nulla della mia vita – sorride Remco, in apertura nella foto Wout Beel – sto proprio bene così. Posso correre in bici. Ho la salute. La mia famiglia sta bene. Va tutto alla grande. Se proprio potessi cambiare qualcosa, chiederei un meteo migliore per il Belgio. Ma ho capito a mie spese che alcune cose non si possono cambiare».

C’è tanto nell’ultima frase, basta afferrarlo. Per cui il viaggio comincia leggero, cercando di capire dove lo porterà il 2022 iniziato già ad handicap: doveva partire dall’Argentina, per cui proprio in questi giorni si stanno rivedendo i programmi.

Sai che soprattutto in Italia è iniziata la caccia al nuovo Remco Evenepoel, per cui si fanno passare corridori di 19 anni sperando che facciano come te?

Davvero? Lo trovo strano (sgrana gli occhi, ndr), è sbagliato cercare di imitare quello che fanno gli altri, perché quello che sta bene a me, certamente non andrà per un altro e viceversa. Io faccio le mie cose, cercando sempre di dare il meglio. Nessuno cerca di farmi somigliare a qualcun altro. Credo che ogni corridore abbia la sua strada da seguire e un modo diverso di raggiungere il massimo livello, è sbagliato proporre confronti. Anche io ho una vera venerazione per Contador e Merckx, ma quando sono diventato professionista non ho mai pensato né mi hanno mai proposto di fare come loro. Questo è il mio piccolo consiglio per chi vuole diventare professionista: seguite la vostra strada.

Remco è passato dopo il 2018 trionfale fra corse a tappe, europei (crono e strada) e i mondiali (crono e strada, nella foto)
Pro’ dopo il 2018 trionfale con gli europei (crono e strada) e i mondiali (crono e strada, nella foto)
Qual è oggi la tua strada?

Intanto spero di avere una stagione normale, non come il 2021 in cui sono stato per metà anno ad allenarmi, poi sono caduto al Giro d’Italia, poi le cose non hanno funzionato a Tokyo… Voglio un anno normale, in cui punterò sulle Ardenne e sulla Vuelta. Spero di fare esperienza ad alto livello in un grande Giro. In Spagna sono sempre andato bene, dalla prima vittoria a San Sebastian alla Vuelta Burgos. La Vuelta mi piace, ha sempre tappe e arrivi speciali. Quest’anno ha una cronometro a squadre in apertura a nemmeno due ore da casa mia (a Utrecht, in Olanda, ndr) e una individuale piuttosto lunga (31 chilometri molto veloci, ndr) alla decima tappa, ad Alicante.

Alicante è a 60 chilometri da qui…

Infatti siamo andati a vedere il percorso, sarebbe stato stupido non farlo. Quello che spero di ottenere dalla Vuelta è fare un passo verso i più forti della classifica. E per il resto mi auguro di uscire dalla stagione con qualche bella vittoria.

Parli di anno normale, hai qualche rimpianto per il 2021?

Rimpianti forse no, ma alcune cose sarebbero potute andare diversamente. Sono andato male alle Olimpiadi, quello è stato il vero passaggio a vuoto. Abbiamo sbagliato l’avvicinamento, perché mi sono allenato molto bene, ma sono arrivato a Tokyo con la condizione in calando. Un grosso errore che non ripeteremo di sicuro. Quanto al Giro d’Italia, fino alla seconda settimana sono rimasto vicino ai migliori, poi mi hanno fatto cadere e a quel punto non aveva senso continuare. Il rimpianto può essere stato non aver mai lottato per la maglia rosa. Sarebbe stato un sogno. Per il resto sarò onesto: ho chiuso il 2021 con otto vittorie e parecchi podi di peso, a partire da europei e mondiali. Se potessi li baratterei tutti per una di quelle vittorie (sorride e allarga le braccia, ndr).

Hai parlato di Contador.

Era uno spettacolo vederlo correre, non era mai banale. Come dicevo, non accetterei mai di essere paragonato a lui sia per le sue tante vittorie sia perché non mi piacciono i paragoni. Avere degli idoli è importante, ma non per fare confronti. Semmai per trarne ispirazione.

EDITORIALE / Caro Guillen, su Giro e Vuelta raccontala giusta

06.12.2021
5 min
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Comunque si voglia vederla, la colpa è del Tour e delle squadre che l’hanno eletto a punto di passaggio obbligato: il PPO della stagione. Per questo Javier Guillen può permettersi di dire che il Giro ha più storia, ma dopo il Tour come importanza viene la Vuelta. Certo non dirà mai che alla Vuelta si ritrovano soprattutto i corridori rimandati, quelli che il Tour ha respinto con perdite. E dato che al Tour vanno tutti i più forti, è chiaro che anche gli sconfitti di Francia costituiscano un parterre di tutto rispetto.

Podio di ripiego

Roglic che vince tre maglie rosse consecutive (in apertura, la vittoria 2021) è certamente un grandissimo campione, che però per un motivo o per l’altro al Tour finora ha sempre dovuto accontentarsi dei bocconi più amari. E alle sue spalle, con tutto il rispetto per chi si è sobbarcato quella fatica immane, non sono arrivati i grossi nomi schierati al via, ma corridori di belle speranze che, con l’eccezione di Mas (già secondo nel 2018), finora non erano mai riusciti a conquistare il podio di un grande Giro.

Bernal 6° alla Vuelta 2021 dopo aver vinto il Giro, però mai in lotta per la vittoria
Bernal 6° alla Vuelta 2021 dopo aver vinto il Giro, però mai in lotta per la vittoria

Spesso ci vanno perché vengono mandati, ma non hanno condizione e motivazione e in questo ciclismo selettivo ed estremo, un 5 per cento in meno basta per essere condannati. Forse nel 2022 balleremo una musica diversa, se in Spagna deciderà di andarci anche Pogacar, con tutte le incognite di vederlo all’opera nel secondo grande Giro dell’anno: argomento già discusso nei giorni scorsi con Adriano Malori.

La dimensione del Tour

La colpa è del Tour e di dirigenti che probabilmente allettano i loro sponsor, sempre più internazionali, promettendo un risultato sulle strade francesi. E’ talmente forte il richiamo del Tour, che il UAE Team Emirates si è reso conto dell’edizione femminile e per vincerlo o provarci s’è comprato la squadra nuova, annunciando alla ex Alè-BTC che il focus dell’anno prossimo sarà la maglia gialla

Finché passa il concetto che una tappa vinta in Francia basta per salvare la stagione, il Tour avrà sempre ragione e Guillen, da buon venditore del prodotto con le spalle coperte da Aso, potrà continuare a sostenere la sua tesi.

Solo Froome, qui con Guillen, ha centrato la doppietta Tour-Vuelta nel 2017, da quando la Vuelta si corre in estate
Froome cn Guillen nel 2017, quando centrò la doppietta Tour-Vuelta

Ricordate quando Geox ruppe il contratto con Gianetti perché, non avendo ottenuto la licenza ProTour per il 2012, capì che non avrebbe partecipato al Tour? Più in grande, è lo stesso problema che si crea da noi quando i dirigenti delle professional lusingano nuovi finanziatori promettendo di correre il Giro. E quando l’invito non arriva, ne devono fronteggiare l’ira e la minaccia di rottura.

Il Giro non è per tutti

Ma il Giro è più duro. Volendo fare un po’ di statistica, è più facile che un vincitore del Tour venga l’anno dopo a vincere il Giro, mentre è altamente improbabile che nello stesso anno vada a vincere la Vuelta. Anzi, evita proprio di andarci. Persino Contador, che pure avrebbe avuto i suoi motivi per tenerci, dopo la vittoria del Tour è mai andato alla Vuelta.

Neppure Contador ha mai corso la Vuelta dopo aver vinto il Tour
Neppure Contador ha mai corso la Vuelta dopo aver vinto il Tour

Tolto il super Froome del 2017, la doppietta Tour-Vuelta è stata centrata solo da Hinault e Anquetil, quando però la Vuelta si correva ad aprile. La doppietta Giro-Tour, che si sono sempre corsi nella stessa data, appartiene a Coppi, Anquetil, Merckx, Hinault, Roche, Indurain e Pantani. E tanti altri, a partire da Contador, l’hanno provata.

Quando a un grande campione parli di accoppiata, ha in testa la rosa con la gialla. Alla roja, dopo aver vinto la gialla, fa proprio fatica a pensarci. E se viene al Giro, avrà di sicuro il coltello fra i denti: magari non sarà al massimo, ma proverà a vincerlo. Tuttavia è proprio la paura di spendere troppo e arrivare stanchi in Francia a tenere lontani i top riders, che alla Vuelta possono permettersi invece di andare… disarmati.

Presidenti e prime pagine

La colpa del Tour è di avere… tanti meriti, non ultimo quello di far vivere le tre settimane di corsa come un evento planetario. I Presidenti sfilano sull’ammiraglia di Prudhomme. Le città sono piene di giallo e di biciclette. La gente fermata sulle strade, scende dall’auto e dal camion e si dispone per applaudire la carovana. I programmi televisivi grondano ciclismo, dalle storie in bianco e nero alle indagini più contemporanee. La prima pagina de L’Equipe è da testa a piedi per il ciclismo almeno tre giorni a settimana. Quando entri nella dimensione del Tour, che tu sia squadra, corridore, sponsor o semplice spettatore, percepisci di esser dentro qualcosa di immenso.

Il Presidente Macron in visita al Tour del 2021 parla con Alaphilippe
Il Presidente Macron in visita al Tour del 2021 parla con Alaphilippe

Da noi solo calcio

Al Giro d’Italia, nonostante gli sforzi della Rai, per finire sulla prima pagina del quotidiano organizzatore devi morire o vincere la rosa finale. Per il resto sei condannato a fare da puntello alla foto del calciatore di turno. Nelle strade ti bestemmiano in faccia, perché li rallenti e intanto teorizzano di raderti al suolo con ironie da codice penale. Perché dovrebbe piacerci, potrebbe chiedersi uno sponsor straniero, se non va giù nemmeno agli italiani?

In altre parole, abbiamo poco da lamentarci e tanto da fare per diventare migliori. Già solo per capire che il ciclismo professionistico è una cosa seria. Che alle corse si dovrebbe accedere per meriti sportivi e non per gli investimenti che si possono fare. E che se scegli i tuoi corridori per la dote e poi qualcosa va storto, magari se ne accorgono che provi a rientrare sotto altre spoglie e ti segnano due volte. Lo faranno anche all’estero? Chissà, magari andiamo a vedere.

Tosatto, raccontaci qualcosa dei tuoi 34 Giri…

26.11.2021
5 min
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Le dichiarazioni di Alejandro Valverde, intenzionato nel 2022 a correre Giro d’Italia e Vuelta d’Espana, hanno fatto il giro del mondo. Tutti a sottolineare che, nel caso, raggiungerebbe la cifra record di 32 grandi Giri affrontati, ma non sarebbe un vero primato. Il corridore che ha disputato più corse di tre settimane è infatti veneto, Matteo Tosatto, che ha messo a frutto le sue esperienze maturate in vent’anni di militanza nel gruppo diventando una colonna portante della Ineos Grenadiers.

Tosatto non è persona che si vanti in giro, eppure questo rappresenta pur sempre un record: se ci si pensa bene, significa aver affrontato oltre 600 giorni in sella solo per affrontare Giro, Tour o Vuelta, quasi due anni senza soste: «Il bello – afferma tradendo un sorriso – è che un anno, il 1998, non disputai neanche un grande Giro, quindi le 34 prove sono ancora più concentrate…».

Tosatto 1997
Con la Mg, Tosatto fa il suo esordio nel 1997 e affronta subito il Tour portandolo a termine
Tosatto 1997
Con la Mg, Tosatto fa il suo esordio nel 1997 e affronta subito il Tour portandolo a termine
Come mai hai disputato un simile numero di grandi corse a tappe?

Una delle mie principali caratteristiche era il fondo: sono sempre andato meglio nella terza settimana che nella prima e questo ai dirigenti era un particolare che faceva molto comodo, quando si doveva lavorare per i capitani. Io andavo sempre più forte, cercavo di risparmiare qualcosa all’inizio per essere brillante quando serviva davvero.

Facciamo un po’ di conti: 13 Giri d’Italia di cui 11 portati a termine, ben 12 Tour tutti conclusi, 9 Vuelta delle quali ne hai terminate 5…

Sì, ma ognuno dei 4 ritiri è avvenuto nell’ultima settimana per precisi accordi con la squadra. Io ero sempre in predicato di correre ai mondiali e quindi chiedevo di saltare le ultime 3-4 tappe per poter staccare prima di partire per la trasferta iridata. La Vuelta finiva alla domenica e quella successiva c’è sempre stato il mondiale, se potevo risparmiare qualche energia era meglio, la maglia azzurra ha sempre avuto un valore speciale per me.

Tosatto Montebelluna 2001
Giro 2001: Tosatto vince a Montebelluna battendo Klemencic e Simoni
Tosatto Montebelluna 2001
Giro 2001: Tosatto vince a Montebelluna battendo Klemencic e Simoni
Al Giro d’Italia?

Nel 2000 mi ritirai prima della diciassettesima tappa perché avevo preso una brutta bronchite, invece nel 2003 finii fuori tempo massimo nella famosa frazione del Fauniera, con le strade piene di ghiaccio. Io ero rimasto a protezione di Petacchi, poi Alessandro mi disse di andare che con lui rimaneva Cioni, ma non potevamo rischiare in discesa. Quel giorno arrivai con un gruppo di una cinquantina di corridori, ma la giuria ci mandò tutti a casa…

Già portare a termine 12 Tour è una grande impresa: quale ti è rimasto più impresso?

Certamente il primo, nel 1997 perché era anche il primo grande Giro affrontato e concluderlo agli Champs Elyseés mi rese molto orgoglioso. Ero un neopro’, ricordo che feci tanta fatica, ma anche allora nell’ultima settimana, sulle Alpi, mi sentii meglio che sui Pirenei o sul Massiccio Centrale. Fui felice anche nel 2016, l’ultimo anno, quando riuscii a concludere sia il Giro che il Tour pur avendo ben 42 anni (nella foto di apertura è sul podio di Arezzo al Giro di quell’anno, nel giorno del suo 42° compleanno, ndr). Lavorai tanto per Sagan in Francia e le sue tre vittorie furono un po’ anche mie. La cosa che mi colpì è che in salita tenevo meglio che a inizio carriera…

Tosatto Tinkoff 2016
A fine carriera Tosatto è stato ancora capace di concludere sia il Giro che il Tour
Tosatto Tinkoff 2016
A fine carriera Tosatto stato è ancora capace di concludere sia il Giro che il Tour
In questi quasi due anni di tappe fra sole e pioggia, pianura e montagna hai avuto giornate di libertà, nelle quali era la squadra a lavorare per te?

E’ capitato, capita sempre nella carriera di un corridore. Nel ’99, alla Ballan, si correva per Simoni, ma il giorno della tappa che arrivava a Castelfranco Veneto, a casa mia, il team lavorò per la mia volata e fui battuto solo da Cipollini. Quell’anno andai bene, ebbi più piazzamenti nella top 10. Due anni dopo centrai il successo pieno a Montebelluna, in quell’edizione vestii anche la maglia rosa. Ma non posso dimenticare neanche la vittoria al Tour 2006 a Macon: la Quick Step era tutta per Boonen, ma quando il belga non si sentiva in giornata si correva in base alle sensazioni e quella fu la mia giornata.

Questo record quanta soddisfazione ti dà?

Molta, significa che della mia carriera qualcosa è rimasto. Io non mi pento di nulla, ho sempre lavorato e avuto anche le mie giornate. A proposito di soddisfazione, ricordo quando nel 2014, all’ultima Vuelta che vinse Contador, “El Pistolero” si avvicinò a me alla fine e mi disse che non aveva mai visto un corridore con la mia testa, così forte e tenace nel carattere. Per me fu un grande premio detto da lui.

Tosatto Petacchi
Davanti a Rijs, Tosatto con Petacchi, compagni e avversari, ma soprattutto amici e spesso in allenamento insieme
Tosatto Petacchi
Tosatto con Petacchi, compagni e avversari, ma soprattutto amici
Se magari decidesse di tirare avanti anche nel 2023, Valverde potrebbe eguagliarti…

Glielo auguro di cuore, ma so anche che c’è differenza: stiamo parlando di un campione che non solo li ha corsi, ma è stato protagonista. Ha vinto la Vuelta e poi è stato iridato e ha conquistato grandi classiche. Non si può fare un paragone perché abbiamo vissuto carriere diverse e a questo proposito voglio aggiungere una cosa.

Prego…

Lavorando nell’ambiente, la cosa che mi dispiace di più del ciclismo attuale è che mancano sempre più i gregari di una volta, intesi come uomini che si sacrificano. Mancano coloro che creano il gruppo e senza di esso non si va lontani. Correre 34 Giri? Dopo Valverde chissà se ci sarà ancora qualcuno che potrà farlo…

Vuelta, il ritiro di Lopez ora si tinge di giallo

08.09.2021
4 min
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Secondo L’Equipe, il Movistar Team starebbe valutando l’ipotesi di interrompere il contratto con Miguel Angel Lopez dopo il plateale ritiro del colombiano dalla Vuelta, lungo la salita dell’Alto de Prado nella 20ª tappa. Le immagini hanno chiaramente dimostrato che il colombiano potrebbe aver avuto un crollo nervoso, ma perché? La vicenda inizialmente chiara, si va tingendo di giallo.

Prima Lopez si è lasciato sfilare dal gruppo. Quindi si è fermato e con lui il compagno Imanol Erviti. All’arrivo dell’ammiraglia di Patxi Vila è iniziata la lunga… trattativa fra il tecnico e il colombiano, culminata con una telefonata. Facile immaginare che all’altro capo del telefono ci fosse Eusebio Unzue, che appena pochi giorni prima aveva dipinto la soddisfazione per il podio e la tappa vinta da Lopez. E quando anche la telefonata non ha sortito l’effetto sperato, Lopez è salito in ammiraglia completando così il mesto ritiro. Eppure all’altro capo del telefono poteva non esserci Unzue. Andiamo a vedere…

Ventesima tappa, il gruppo è già rotto. Lopez è dietro a inseguire con Rojas
Ventesima tappa, il gruppo è già rotto. Lopez è dietro a inseguire con Rojas

Silenzio radio

Sabato sera, i dirigenti del team hanno preferito un più ragionevole silenzio al tentativo di dare una spiegazione. Uomini del team, così ha raccontato Contador, gli avrebbero parlato di crollo nervoso e frustrazione nel non poter rispondere all’attacco del Team Bahrain Victorious, lanciato verso la conquista del podio con Haig. Mentre nelle ore successive la voce sulla possibilità di lasciare libero il colombiano ha iniziato a circolare con maggiore insistenza.

«E’ una delle opzioni, è chiaro – ha dichiarato Unzue – volevamo fare un passo indietro dopo i fatti e tra pochi giorni prenderemo una decisione definitiva».

Ma perché Lopez non ha risposto agli attacchi e si è fermato? Problema di gambe o altro?

Lopez al telefono. Con Unzue o qualcun altro? Una vicenda che si tinge di giallo (immagini Eurosport)
Lopez al telefono. Con Unzue o qualcun altro? Una vicenda che si tinge di giallo (immagini Eurosport)

Scuse social

Nel frattempo al colombiano è stata chiesta una dichiarazione di scuse, pubblicata prontamente sui social della squadra.

«Come molti di voi hanno visto – ha detto – il momento in cui il gruppo si è spaccato è stata una situazione difficile da risolvere. Ci siamo ritrovati in una posizione difficile quando alcuni dei migliori della classifica generale ci hanno preceduto. Il Bahrain ha giocato bene le sue carte, ed è difficile colmare un gap del genere, anche se piccolo, a questo punto della Vuelta.

«Le gambe sono stanche, il livello è alto e ovviamente, nessuno ci avrebbe aiutato. C’è voluto molto tempo per reagire. C’erano così tanti fattori di cui tenere conto e, alla fine, è triste vedere la mia Vuelta finire in questo modo.

«Voglio scusarmi con i miei compagni di squadra. Siamo un gruppo ridotto, solo cinque rimasti in gara, con solo tre di loro concentrati sui compiti di squadra, e dato il cuore per noi, dando il 100 per cento».

Parla il suocero

Nel frattempo però dalla Colombia è arrivata la voce di Rafael Acevedo, ex professionista, suocero e allenatore di Lopez, secondo cui all’altro capo del telefono non c’era Unzue, bensì sua figlia. Lo ha raccontato in una intervista al colombiano El Espectador.

«Non penso che in quel momento la minaccia fosse Egan – ha detto – era più pericoloso che nella crono Miguel Angel prendesse il secondo posto di Mas, ma potrei anche sbagliare. Miguel ha chiamato mia figlia piangendo sul cellulare del preparatore atletico che era in ammiraglia. Ha detto che piangeva di desolazione, disperazione e sapendo che dopo tre settimane non avrebbe raggiunto il suo obiettivo di essere sul podio per un loro ordine. 

«Quello che mi dice mia figlia è che nel momento in cui Miguel Angel ha iniziato a inseguire Bernal, gli è stato detto di non inseguire. Lo stesso Eusebio Unzué è passato in macchina e ha cominciato a urlargli contro… e questo ha fatto traboccare il bicchiere.

«Penso che avesse le gambe per rientrare, ma sfortunatamente non era sulla ruota giusta. Se il capo gli dice di non farlo, il ragazzo reagisce e dopo l’alterco con Unzué ha mollato. Ha detto che se non lo volevano sul podio, non lo volevano in gara».

La vittoria all’Altu d’El Gamoniteiru era stata la perla nella Vuelta della Movistar
La vittoria all’Altu d’El Gamoniteiru era stata la perla nella Vuelta della Movistar

Gran finale

E qui dunque la situazione si tinge di giallo. Favorire Haig per non perdere, per mano di Lopez, il podio con Mas? Una tesi che corre sul filo sottile della dietrologia. Non è un mistero tuttavia che la Movistar abbia sempre guardato di miglior occhio i corridori spagnoli. Se ne accorse anche Quintana quando si trovò a dividere la responsabilità con Valverde e Landa. Sapremo presto come stanno le cose, se davvero arriverà a breve un comunicato della squadra.

Aru, l’ultima tappa di un cammino non sempre agevole

07.09.2021
6 min
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La fine del cammino è segnata dal tic tac. Con i loro bastoncini da nordic walking, i pellegrini si mettono stanchi e sorridenti in coda, davanti all’Oficina de Acogida per mettere il “sello”, il sigillo sul loro registro di viaggio. Poco più in là, davanti alla Cattedrale di Santiago di Compostela, un altro tic tac, quello del cronometro, scandisce le ultime pedalate della carriera di Fabio Aru. Il Cavaliere dei 4 Mori ha scelto la Spagna, dove fu consacrato re nel 2015, per scendere di sella. Voleva conservare nelle orecchie e nel cuore l’applauso di un pubblico che l’ha conosciuto nel massimo splendore, che non l’ha dimenticato.

La scena perfetta

La scena è semplicemente perfetta, forse neppure lui se lo sarebbe potuto immaginare. Taglia il traguardo mentre la voce inconfondibile dello speaker Juan Mari Guajardo lo acclama. Sale sulla rampa che porta al podio allargando il suo sorriso più felice, quello dei giorni migliori e si lascia travolgere dagli applausi, dagli abbracci. Ci sono i suoi compagni, lo staff della Qhubeka-NextHash con la quale è rinato, ci sono mamma Antonella e papà Alessandro, c’è Valentina (che ha lasciato ai nonni la piccola Ginevra). E c’è il manager Alberto Ziliani che ha preparato per tutti magliette con la scritta “Il Cavaliere dei Quattro Mori” che ritraggono Fabio con le quattro maglie più importanti: tricolore, gialla, rosa e roja. Fabio è confuso, emozionatissimo, ringrazia e sorride. Improvvisamente è di nuovo al 100 per cento il campione che ha voluto essere, non sempre riuscendoci, non sempre per demerito proprio. 

La squadra gli ha riconosciuto l’impegno, tributandogli un saluto molto caloroso
La squadra gli ha riconosciuto l’impegno, tributandogli un saluto molto caloroso

Scrive Locatelli

Fabio abbraccia i genitori, come faceva quando li salutava nelle rare visite sul “continente”, ai tempi della Palazzago e della rigorosa conduzione di Olivano Locatelli. «E’ stato il solo che ha tirato fuori tutto il meglio di me a livello caratteriale, la grinta, la voglia di non mollare mai. Anche in questa Vuelta, lui che non scrive mai a nessuno, a me ha mandato un messaggio in cui mi diceva di non mollare. Ed è ciò che ho imparato da lui».

In quell’abbraccio c’è la riconoscenza verso chi gli ha consentito di spiccare il volo. Fabio ha trovato in casa le risorse per inseguire il proprio sogno, con “caparbietà”. Poi abbraccia a lungo Valentina, la donna della sua vita: «Lei è senza ombra di dubbio sopra tutti. E’ parte del mio percorso e di me stesso».

Del passato e del futuro, come lo sono stati tanti personaggi che idealmente sono ai piedi di quel palco, lungo quel “cammino” che per Fabio non è stato forse un pellegrinaggio, ma certo ha avuto tanti momenti di sofferenza. Entusiasmante nella prima fase, dal ciclocross ai successi da under 23 (doppio Val d’Aosta, su tutti). Dal debutto con podio in Colorado nel 2012 al trionfo nel Giro 2013 come gregario di Vincenzo Nibali. E poi le due annate d’oro, il 2014 e 2015 con i tre gradini del podio di Giro e Vuelta, il 2016 olimpico, il 2017 tricolore e giallo.

Dalla Sardegna, oltre a Carlo Alberto Melis, sono arrivati i genitori Alesandro e Antonella
Dalla Sardegna, oltre a Carlo Alberto Melis, sono arrivati i genitori Alesandro e Antonella

Figure chiave

Due i personaggi-cardine di quel periodo dell’Astana. Il primo è Paolo Tiralongo. «Con Tira abbiamo passato molti bei momenti e mi godo più quelli da corridore che non gli ultimi anni, come la sua vittoria al Giro. Quelli sono stati i momenti migliori».

L’altro è Beppe Martinelli: «A Martino devo la tattica, l’esperienza sui percorsi». Un rapporto schietto, intenso: «Da parte mia con certe persone il rapporto è sempre profondo».

Anche nel periodo buio della Uae Emirates, con l’operazione all’arteria iliaca e la difficile risalita, ci sono stati personaggi di spicco. Matxin o Saronni? «Matxin tutta la vita! A lui voglio bene e gliene vorrò sempre, una persona che mi ha dato e mi ha lasciato tanto, Saronni per me non esiste».

Le scelte di getto

Ecco, da lì in poi il percorso di Fabio Aru diventa un cammino in salita, talvolta al buio. Fabio, che recentemente ha rivelato a Famiglia Cristiana la propria fede, si chiude, come fa quando non riesce a dare in corsa la miglior immagine di sé. I suoi interlocutori sono selezionatissimi, evita i proclami, lavora in silenzio e in silenzio soffre per quelle critiche che arrivano come un fuoco amico. Spesso ha detto di non essersi mai allenato con l’intensità e la costanza degli anni in cui non ha vinto. «Le decisioni che ho preso di getto si sono rivelate meno buone», ammette. Tra queste, la scelta di alcune persone che accanto a lui non hanno funzionato. E in quei momenti che il filo invisibile con la Sardegna è stato la sua salvezza. Il conforto degli amici veri gli ha fatto digerire il voltafaccia dei finti tifosi. «Sono sempre stato nell’occhio del ciclone, si parla spesso di me, fa notizia se non arrivano i risultati. Adesso magari se ne parlerà un po’ meno…», dice tradendo l’amarezza.

Sorridente alle interviste alla fine del cammino, come dopo essersi tolto un peso dalle spalle
Sorridente alle interviste alla fine del cammino, come dopo essersi tolto un peso dalle spalle

L’asticella sempre alta

Sul podio della Vuelta (con la bandiera sarda che lo fece ribattezzare da Riccardo Magrini “Il Cavaliere dei 4 Mori”) o ciondolante sulla bici in coda al gruppo nei giorni più bui, Fabio è sempre rimasto se stesso. Ed è così, può piacere o no. Il suo carattere testardo, deciso, lo ha fatto arrivare dove le gambe non lo avrebbero portato. La sua determinazione lo ha spinto oltre un’asticella che ha sempre cercato di sollevare al massimo. Ha sempre voluto competere al massimo livello. Soltanto quest’anno, quando è entrato in una squadra diversa dalle altre, la Qhubeka-NextHash dopo la consapevole rinuncia al Tour de France, ha accettato di ridimensionarsi. In Romania ha fatto una scelta in linea con quella di tornare alla semplicità del fango, al ciclocross. E lì ha ritrovato la sua dimensione. Quella di corridore d’attacco, a caccia della vittoria.

E con la mascherina si riconosce Valentina Bugnone, sua compagna e mamma di Ginevra, rimasta con i nonni
E con la mascherina si riconosce Valentina Bugnone, sua compagna e mamma di Ginevra, rimasta con i nonni

Cuore sardo

A quel punto ha capito di essere nel punto giusto del cammino. Gli mancava fare la stessa cosa al cospetto dei rivali più forti e il secondo posto di Burgos lo ha fatto sentire di nuovo Fabio Aru. Adesso poteva lasciare senza che sembrasse una fuga dall’incubo. Ha scelto lui quando smettere, ha fatto di testa sua, come sempre. Scende dalla bici a 31 anni e 2 mesi, la stessa età che aveva Gigi Riva quando lasciò il calcio accasciandosi sul prato con un grido di dolore. Fabio Aru lascia con il sorriso, dopo aver dato un nuovo simbolo alla Sardegna che già ne sente la mancanza e ha chi gli chiede perché risponde: «Perché voglio godere appieno della mia grande passione, andare in bicicletta».