Di Tano 2021

In vista del ciclocross, Di Tano sorprende tutti

08.08.2021
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La chiacchierata con il responsabile del Team Guerciotti Selle Italia Vito Di Tano per parlare della stagione dei due gioielli azzurri fra ciclocross e strada si apre con una notizia: Gaia Realini e Francesca Baroni divideranno le loro strade, almeno nel ciclocross. L’ex campione del mondo pugliese non dice di più, per rispetto nei confronti della Baroni con la quale ci sono state opinioni diverse che hanno portato a questa scelta. Certamente si tratta di un fatto inaspettato, soprattutto in una stagione che per la lucchese è diventata difficile per colpa del famoso incidente in allenamento.

Fari puntati quindi su Gaia. Se sul futuro della Baroni non ha più notizie dirette, sull’abruzzese Di Tano ha già la certezza assoluta che sarà ancora diviso fra strada e ciclocross: «Dopo il ritiro di Livigno effettuerà la seconda parte di stagione puntando a una maglia azzurra per gli europei. Poi vedremo come approcciarla al ciclocross tenendo presente la necessità del riposo. Far coesistere le due specialità è possibile e necessario, ma servono comunanza d’intenti da parte dei rispettivi team ed equilibrio nella gestione del ragazzi».

Baroni Di Tano 2021
La Baroni e Di Tano, un binomio che si è scisso a sorpresa: che farà ora la toscana?
Baroni Di Tano 2021
La Baroni e Di Tano, un binomio che si è scisso a sorpresa: che farà ora la toscana?

La sinergia con Fidanza

Di Tano ammette di avere in Fidanza un valido contraltare: «Ciò permette a chi corre in due discipline di avere i giusti tempi di riposo. Non sono ragazzi da spremere a tutti i costi per un risultato, trovare il giusto equilibrio è un vantaggio per tutti».

Il pugliese però va oltre e pensa già a futuri obiettivi per la Realini sui prati: «Stiamo studiando ogni particolare per permettere a Gaia di andare negli Usa, in Coppa del Mondo, perché lì si disputeranno i Mondiali e vedere in anteprima percorso e logistica è fondamentale».

La piccola Realini è stata finora protagonista di una grande stagione su strada: qui dopo l’arrivo a Matajur del Giro
La piccola Realini è stata finora protagonista di una grande stagione su strada: qui dopo l’arrivo a Matajur del Giro

Gli Usa pensando al mondiale

Pontoni ce lo aveva anticipato, senza però specificare nomi: «Gaia ci dovrebbe essere – ribadisce Di Tano – sarebbe importante per lei e per noi, per capire dove può arrivare».

Di Gaia abbiamo già avuto modo di parlare quest’estate, i suoi risultati su strada l’hanno di nuovo posta al centro dell’attenzione, risultati che hanno sorpreso Di Tano solo relativamente: «Ci siamo visti prima dei campionati italiani, le ho fatto fare un po’ di dietro motori e mi sono accorto che stava davvero bene, andava forte in salita, molto forte. Sicuramente deve migliorare nell’aspetto tattico e nella visione di gara, ha la tendenza a restare di lato e in fondo, deve imparare a muoversi in gruppo con più scioltezza, ma è giovanissima, non conosciamo ancora i suoi limiti».

GIC Ferentino
Gaia Realini e Francesca Baroni all’ultimo Giro d’Italia di ciclocross: la sfida si ripeterà nel prossimo inverno?
GIC Ferentino
Gaia Realini e Francesca Baroni all’ultimo Giro d’Italia di ciclocross: la sfida si ripeterà nel prossimo inverno?

Tanto da imparare

Questi progressi su strada si tradurranno anche nel ciclocross? «Sicuramente la strada ti dà un buon fondo, ormai non solo le imprese dei “tre tenori” dicono che per andar forte nel ciclocross serve di più la strada e viceversa, piuttosto che la Mtb. Chi fa attività invernale, su strada è avvantaggiato. Gaia è ancora U23, non dimentichiamolo: quando passerà di categoria dovrà fare una scelta, privilegiare magari la strada ma l’attività di ciclocross sarà un serbatoio di energie al quale attingere. Guardate Rachele Barbieri che cosa ha fatto dopo essere tornata all’attività sui prati…».

Quanti margini ci sono per l’abruzzese nel ciclocross? «Tanti – sentenzia Di Tano – ha ancora molto da imparare soprattutto nella gestione tattica delle gare, nello studio delle avversarie e del percorso. Mi aveva già stupito molto per quel che aveva fatto nell’inverno scorso, ma credo che dopo le meraviglie mostrate su strada potrà fare un altro salto di qualità. Ce lo auguriamo tutti».

C’è mai stata in Italia una squadra pro’ di ciclocross?

14.01.2021
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«Quando finirà la mia avventura da responsabile tecnico nazionale del ciclocross, voglio costruire la prima squadra pro’ italiana della specialità».

L’affermazione di Fausto Scotti arriva nella chiacchierata come il montante di un pugile, ci vuole un po’ di tempo per metabolizzarla, per andare più a fondo. Possibile che in Italia non sia mai esistita una squadra professionistica? Eppure il movimento nazionale è uno dei più antichi, l’albo d’oro dei tricolori affonda nell’Anteguerra, i numeri sono a nostro favore anche in confronto a quella che è considerata la Patria del ciclocross, il Belgio.

Lorenzo Masciarelli vive in Belgio e corre nella Pauwels Sauzen, squadra pro’ di ciclocross
Lorenzo Masciarelli corre nella Pauwels Sauzen, squadra pro’ di cross

Longo e la Salvarani

Ad aiutarci a far luce sul passato per proiettarsi verso il presente è Vito Di Tano, due volte campione del mondo fra i dilettanti nel 1979 e 1986.

«Una squadra pro’ che si dedicasse solamente al ciclocross – dice – come avviene in Belgio, non c’è mai stata. C’erano squadre professionistiche della strada che guardavano con favore al ciclocross. Longo ad esempio correva per la Salvarani, che non gli chiedeva quasi nulla per la strada, lasciandolo preparare per i suoi obiettivi. Lo stesso dicasi, nella mia epoca, per Paccagnella, tesserato con l’Amore e Vita. In questo contesto non si può comunque dimenticare quanto Guerciotti sta facendo da oltre 50 anni. Già ai miei tempi c’era il suo team che seguiva tutta l’attività ed è così anche adesso».

Eccezione Belgio

D’accordo, ma non è la stessa cosa della Pauwels Sauzen di Iserbyt e Vanthourenhout o della Baloise Trek Lions dei fratelli Aerts.

«Scherziamo? Significa paragonare una squadra continental – dice – a quelle del World Tour… La differenza è dalla notte al giorno. Lì si vive di ciclocross, c’è un’immagine, c’è un indotto in ogni gara che si riversa sui team permettendo loro di garantire contratti importanti. Anche ora che manca il pubblico, grazie ai contratti televisivi».

Arzuffi racconta

Chi ha vissuto e vive sulla propria pelle la differenza è Alice Maria Arzuffi, che nel 2017 si è trasferita armi e bagagli in Belgio per approdare al Team 777 (la neo campionessa italiana di ciclocross è ritratta nella foto di apertura).

«Venivo dalla Guerciotti – dice – e il cambio è stato notevole, ma volevo assolutamente vivere della mia passione, il ciclocross. E non potevo fare altrimenti. Rispetto a quel che si pensa, le differenze ci sono ma vanno un po’ interpretate. La principale è che la squadra ti supporta in tutto e per tutto dal punto di vista economico, ma devi cavartela da solo. Ognuno ha il suo camper, ha il suo meccanico stipendiato dalla società e il preparatore che deve pagarsi in proprio. Io ho la fortuna di avere i miei genitori che gestiscono tutta la logistica, poi ci sono il meccanico Danny e sua moglie Brenda che mi aiuta in tutte le piccole cose della quotidianità, come le iscrizioni e via dicendo. Bisogna anche considerare un fatto: il Belgio è un Paese piccolo, nella maggior parte dei casi si parte la domenica mattina con il camper e alla sera si è già a casa».

Alessandro Guerciotti, Francesca Baroni, Paolo Guerciotti, Vito Di Tano
Vito di Tano, a destra, con Francesca Baroni, Paolo e Alessandro Guerciotti
Alessandro Guerciotti, Francesca Baroni, Paolo Guerciotti, Vito Di Tano
Vito di Tano, a destra, Francesca Baroni, Paolo e Alessandro Guerciotti

Un’altro clima

Detto così, sembra che non sia un idillio. «Il vantaggio è quello economico – spiega Alice – ma devo dire che l’atmosfera che si respira da noi è diversa. C’è più comunanza, si è più squadra nel vero senso della parola. Quelli in Belgio e Olanda sono piccoli gruppi che fanno parte dello stesso team, anche se poi dal punto di vista umano il legame c’è: con le altre siamo molto amiche. Gareggiando lì però si ha forte la sensazione che stai facendo qualcosa di diverso da quello a cui eri abituata e questo ti fa digerire anche un po’ di solitudine che ogni tanto si affaccia».

Due mondi diversi ma vicini, quello professionistico belga e quello semipro’ italiano. Forse non ci vorrebbe neanche tanto a unirli, il problema è sempre e solo quello economico. Ma se si trovassero i fondi, mettendoci la nostra passione, le emozioni, la tecnica, il successo del team e la crescita di autentici talenti sarebbe pressoché scontata…

Francesca Baroni, campionato italiano open 2020, Schio

Francesca: poche parole, tanta sostanza

17.11.2020
5 min
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Francesca Baroni vive in Toscana ed è la campionessa italiana di ciclocross. Ha vinto tre tappe nel Giro d’Italia Ciclocross e ai campionati europei di s’Hertogenbosch corso fra le under 23 ha centrato il settimo posto. Migliore della azzurre. La sua storia in bicicletta ha un… colpevole, che si chiama Ivan Basso. Era il 2006, infatti, quando il varesino in maglia Csc conquistò quella rosa. E Francesca che lo aveva seguito come tanti in televisione, corse dai suoi genitori disegnando di slancio il suo futuro: voglio correre anche io in bicicletta. Come sia stato che da voler essere come Ivan Basso, Francesca sia una delle promesse più forti del ciclocross italiano è quello che cercheremo di scoprire assieme a lei. Dopo aver raccontato di Gaia Realini e Sara Casasola.

Francesca Baroni, campionato italiano juniores 2016, Monte Prat
Nel 2016 a Monte Prat, vince il primo dei due tricolori juniores
Francesca Baroni, campionato italiano juniores 2016, Monte Prat
Nel 2016 a Monte Prat, primo tricolore juniores
Il risultato degli europei ti ha sorpreso oppure sapevi di avere una grande condizione?

Va preso per quello che è stato. Non conoscevo la mia condizione rispetto alle straniere, visto che purtroppo quest’anno non ho ancora partecipato a competizioni internazionali. Sicuramente il livello delle olandesi è molto alto, superiore al nostro.

Come hai vissuto la stagione del Covid? Brutto restare tanto in casa?

Tranquillamente, d’altra parte in questo momento dobbiamo adeguarci, non ci sono alternative. Non ho problemi a restare in casa, mi trovo sempre qualcosa da fare.

Ricordi il giorno della prima uscita dopo il lockdown? Quali sensazioni ti ha dato?

Certo che lo ricordo, ho fatto una lunga uscita in bici, era la cosa che più mi mancava. Sono andata intorno al lago di Massaciuccoli, poi ho fatto il Balbano e la salita di Bargecchia-Corsanico. Un giro tutto nel mio comune di Massarosa. Ero da sola e l’emozione più grande è stata risentire di nuovo il vento in faccia.

Perché a un certo punto Francesca Baroni si dedica al ciclocross?

L’ho conosciuto a Lucca molti anni fa. Si correva una tappa del Giro d’Italia, ho provato e me ne sono subito “innamorata”.

Ci racconti perché Ivan Basso è stato per te un’ispirazione?

Grazie a lui ho conosciuto il mondo del ciclismo. E’ sempre stato disponibile con me e per questo lo ringrazierò a vita, anche se adesso purtroppo è un po’ che non ci vediamo o sentiamo.

Quanto tempo è passato dal vederlo correre ad avere la prima bici?

Il Giro d’Italia era di maggio e ho detto ai miei che volevo fare ciclismo anche io come lui. Inizialmente mi hanno detto che non era proprio uno sport tanto femminile. Ma alla fine, dopo due mesi, quindi a luglio, ero già in bici. E combinazione, il primo giorno di allenamento ho conosciuto di persona Ivan. Proprio la stessa sera i miei mi hanno portato all’hotel dove alloggiava per qualche giorno di vacanza, che emozione!!!

Che cosa rende la bicicletta un… luogo speciale?

La bici è diventata una parte di me, in questo momento non riesco ad immaginarmi senza di “lei”.

Che cosa rende il ciclismo uno sport speciale?

Credo che ogni sport sia speciale per chi lo pratica, a me ha insegnato disciplina e lealtà. Ma la cosa più importante penso sia restare sempre umili…

La strada è un ripiego per i mesi in cui non c’è il cross, oppure è ugualmente una passione?

Anche la strada è una grande passione. Per il momento non sono ancora riuscita ad ottenere le soddisfazioni che mi ha dato il cross, ma io ce la metterò sempre tutta. C’è tempo… almeno spero!

Nel 2021 sarai ancora con la Servetto?

No! Correrò per un altro Team Uci italiano, devono ancora uscire le presentazioni… Hanno creduto in me e cercherò di ripagarli con il massimo impegno come sempre faccio!

Quale allenamento proprio non ti va giù?

Tutti gli allenamenti vanno bene, cerco sempre di affrontarli al massimo delle mie capacità. Sicuramente alcuni sono più faticosi, ma penso al fatto che possono servire per farmi migliorare e così… avanti. Mai mollare fino alla fine!

C’è una strada da fare in bici che ti piace più di altre?

Per mia fortuna dove vivo, a Massarosa in provincia di Lucca, per uscire in bici ci sono molte strade belle, più o meno vicine. Il paesaggio è molto vario, ma alla fine mi trovo sempre sulle stesse, ormai ne conosco ogni buca…

Francesca Baroni, campionato europeo U23 2020, s'Hertogenbosch
Ai campionati europei 2020, per lei settimo posto e migliore delle nostre
Francesca Baroni, campionato europeo U23 2020, s'Hertogenbosch
Europei 2020, Francesca settima e miglior azzurra
Chi è per te Vito Di Tano? Conoscevi la sua storia sportiva?

Vito Di Tano è il mio diesse! Lo considero una persona molto importante, un riferimento, una certezza. Ho conosciuto la sua storia dal momento che ho iniziato a praticare il ciclocross e poi… per combinazione” sono riuscita a conoscerlo anche di persona. Che fortuna…

Qual è il consiglio più bello che ti ha dato?

Mi dice sempre di stare tranquilla, anche nei momenti più difficili. E io cerco sempre di seguire il suo consiglio anche se a volte non è proprio facile.

Abbiamo letto che parli senza problemi del non udire ed è un segno di grande maturità. A livello tecnico questo ti ha mai creato problemi, anche nello scegliere le traiettorie o nel percepire l’arrivo di un’avversaria alle spalle?

Corro in bici dall’età di 6 anni, per me ormai è tutto “normale”. Nel ciclocross ho bisogno del via manuale alla partenza e a volte questo mi crea qualche problemino, perché spesso non è simultaneo con il fischio del giudice. Ma è così e mi devo arrangiare in qualche modo… mi ci sono abituata! Piuttosto…

Cosa?

Purtoppo in questo momento Covid ho difficoltà con l’uso delle mascherine protettive, visto che uso la lettura labiale e a volte non proprio tutti lo comprendono.

Ti sei mai sentita discriminata in gruppo?

Fino ad adesso non ho mai avuto problemi, ho trovato quasi sempre colleghe disponibili.

I genitori Baroni vivono con apprensione il ciclismo oppure sono al tuo fianco?

I miei sono al mio fianco da sempre, dalle prime pedalate. Mi seguono sia alle gare che negli allenamenti, è molto importante per me averli sempre accanto. Vedo però che la cosa vale anche per molti miei colleghi. Anche i più importanti professionisti spesso hanno i genitori vicini, un motivo ci sarà…

Quale messaggio darebbe Francesca Baroni a una ragazzina di 13 anni che volesse avvicinarsi al ciclismo?

Le uniche cose che mi sento di poter consigliare sono di affrontare la bici con la massima serietà e dedizione. Le cose quando si fanno vanno fatte bene, altrimenti meglio lasciar perdere. Poi di cercare di restare sempre umili, c’è sempre da crescere e migliorare. Non si arriva mai… e come sempre io ripeto “mai mollare fino alla fine”. Questo è il mio motto!

Alessandro Guerciotti, Francesca Baroni, Paolo Guerciotti, Vito Di Tano

«Jacob è forte, ma deve essere più furbo»

17.11.2020
3 min
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Un gruppo di ragazzi con una maglia tricolore a fare da guida e un campione del mondo come insegnante: la Selle Italia Guerciotti Elite ha costruito intorno al suo leader Jakob Dorigoni e al suo prestigioso tecnico Vito Di Tano un gruppo vincente, ancorché ristretto.

«Preferiamo lavorare con 6, massimo 8 corridori, ognuno con il suo preparatore – spiega Di Tano – questo significa che alle gare si muove una carovana di almeno 20 persone. E’ un impegno oneroso, ma significa anche che ogni atleta è seguito al meglio, per questo non vogliamo allargare i numeri».

Vito Di Tano, Fabio Ursi, Scorzé 2005
Scorzé 2005, Vito Di Tano passa la bici di scorta a Fabio Ursi
Vito Di Tano, Fabio Ursi, Scorzé 2005
Scorzé 2005, passa la bici a Ursi
Rispetto ai suoi tempi, ci si allena di più?

Molto di più. Io dedicavo all’allenamento quel paio d’ore che il lavoro mi concedeva. Ora ogni ragazzo dedica gran parte della giornata alla preparazione, seguendo le tabelle previste, alternando bici a corsa a piedi e palestra. Perché il ciclocross è uno sport completo, che allena tutto il fisico. Nel gruppo Dorigoni è un po’ il riferimento di tutti. Con i suoi 23 anni è il più grande, ma in verità è ancora un ragazzino, che in gara deve tirare fuori un po’ di furbizia in più.

Tecnicamente Jakob che ciclocrossista è?

Un corridore completo, senza grandi picchi ma che non ha neanche talloni d’Achille, quindi può emergere su qualsiasi terreno e con qualsiasi condizione di tempo. Si difende sempre bene.

Jakob Dorigoni, Giro d'Italia Ciclocross 2020
Jakob Dorigoni in maglia di leader durante il Giro d’Italia Ciclocross
Jakob Dorigoni, Giro d'Italia Ciclocross 2020
Jakob Dorigoni al Giro d’Italia Ciclocross
Nel suo gruppo ci sono anche due ragazze, Baroni e Realini: è diverso allenare uomini e donne?

Sì, ma è anche una grande esperienza. Io posso dire che da Francesca Baroni ho imparato tantissimo (i due sono assieme a Paolo e Alessandro Guerciotti nella foto di apertura, ndr). La sua sordità l’ha portata ad avere una caparbietà e una capacità di reagire che per me sono un esempio, anche se ho oltre 30 anni più di lei. Con lei c’è Gaia Realini, che abbiamo preso quest’anno. E’ alla seconda stagione fra le under 23 e può crescere ancora tanto, ma senza fretta. Non amo quei tecnici che urlano continuamente ai propri ragazzi quando sono in gara. Non serve spronarli sempre, bastano le parole giuste, spesso anche uno sguardo per far loro capire.

E tornando alle differenze?

Il ciclocross è lo stesso, cambia però la potenza che le ragazze hanno a disposizione. E’ chiaro che su percorsi più mossi, con molti strappi hanno qualche difficoltà in più. Quel che unisce i ragazzi è la passione con cui vivono questo sport e lo si vede nelle giornate peggiori, con freddo e pioggia. Io stesso mi chiedo a volte chi glielo fa fare… Se devo dire, le ragazze hanno una maggiore determinazione, ma sono anche un po’… birichine. Bisogna sempre stare attenti a come prenderle.

Ai suoi tempi, pugliese trapiantato al Nord, era una mosca bianca: aumenteranno i ciclocrossisti provenienti dal Sud Italia?

Stanno già aumentando, anche nella mia Puglia dove siamo sempre stati all’avanguardia nell’organizzazione e nell’attività. Carrer è solo l’ultimo esempio. Il ciclocross ora è uno sport veramente nazionale e questo contribuirà al suo ulteriore rilancio.

Vito Di Tano 1979 (foto Carlo Carugo)

Vito Di Tano, maestro di cross

17.11.2020
2 min
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Il rilancio del ciclocross italiano sta passando attraverso l’insegnamento dei campioni italiani del passato, uno dei quali è Vito Di Tano (in apertura nella foto del 1979 di Carlo Carugo).

Il pugliese sta trasmettendo il suo grande sapere a un gruppo di giovani della Guerciotti Selle Italia. Non è un caso se tra questi ci siano il campione tricolore Jacob Dorigoni e le due prime donne della categoria under 23, Francesca Baroni e Gaia Realini. Di Tano d’altronde è un’istituzione del ciclocross italiano: nato a Monopoli nel settembre del 1954, da giovane si trasferì al Nord per motivi di lavoro, portando naturalmente con sé le sue bici.

«Avevo vinto un concorso alle Ferrovie – dice – ma il posto era in Lombardia. Al tempo correvo soprattutto su strada, ma con il lavoro non avevo più molto tempo per allenarmi. Così decisi di passare al ciclocross, d’altro canto in Puglia avevo vinto tutte le gare in questa disciplina e mai decisione fu più indovinata».

Due mondiali

Nel 1979 esordì ai mondiali di Saccolongo, vincendo fra i dilettanti. L’anno successivo vinse il primo dei suoi 6 titoli nazionali, mentre ai mondiali finiva quasi sempre fra i primi 10. Fino al 1986, quando a Lembeek (Belgio) centrò il bis iridato ancora fra i dilettanti.

Davide Martinelli, Vito Di Tano, Gioele Bertolini, Daniele Pontoni, Paolo Guerciotti, Jakob Dorigoni, Alessandro Guerciotti, GP Guerciotti 2019
Martinelli, Di Tano, Bertolini, Pontoni, Paolo Guerciotti, Dorigoni, Alessandro Guerciotti
Davide Martinelli, Vito Di Tano, Gioele Bertolini, Daniele Pontoni, Paolo Guerciotti, Jakob Dorigoni, Alessandro Guerciotti, GP Guerciotti 2019
Foto di gruppo, da Martinelli a Pontoni, Dorigoni e i Guerciotti nel 2019

«Ai miei tempi – dice – la Nazione di riferimento era la Svizzera, perché lì le gare richiamavano oltre 20 mila persone. Poi pian piano l’attenzione della gente si è spostata verso Belgio e Olanda, dove hanno capito quanto spettacolo possa regalare il ciclocross. Così ora le migliaia di spettatori le richiamano lì, mentre in Svizzera si dedicano più alla Mtb. Da noi il problema è sempre stato il fatto che gli sponsor non capiscono la visibilità che il ciclocross sa dare, se sufficientemente seguito dalla Tv. Le grandi manifestazioni dimostrano quanto sia visibile e divertente da vedere. Non è paragonabile alla visibilità su strada, dove la gran massa di corridori, squadre, eventi rende ogni immagine meno d’impatto».

Altri tempi

Da corridore ad organizzatore ed insegnante, Di Tano ormai è da 51 anni nell’ambiente.

«Il ciclocross ai miei tempi era un po’ diverso – sorride – le gare duravano anche un’ora e mezza. Si correva di più sulla resistenza. Ora lo sforzo dura una cinquantina di minuti, i corridori sono più esplosivi. Quel che non è cambiata è la grande utilità del ciclocross, che servirebbe tanto anche agli stradisti. Allora lo facevano tutti, ma proprio tutti. Ora non è possibile, perché la stagione su strada inizia troppo presto. Il fatto però che i 4 grandi (Alaphilippe, Sagan, Van Aert, Van Der Poel) vengano tutti dal fuoristrada non è un caso…».