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Il ciclocross chiude la stagione fra venti di bufera

18.02.2023
6 min
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Come sempre succede, la stagione del ciclocross va lentamente spegnendosi dopo la disputa dei mondiali. La rassegna iridata di Hoogerheide ha però lasciato degli strascichi, soprattutto in casa italiana con un montare di polemiche dettato dai risultati. Ma sarebbe meglio dire dalle mancate medaglie, visti i due “legni” ottenuti peraltro da Venturelli e Persico, le due annunciate punte della squadra.

A innescare le discussioni fra le società di ciclocross sono state le parole di Luca Bramati, tecnico della Trinx, messe per iscritto in una lettera inviata a dirigenti e addetti ai lavori immediatamente dopo la conclusione della rassegna iridata.

«Il comportamento e le decisioni del Cittì Daniele Pontoni, condivise dalla Federciclismo – ha scritto Bramati – sono stati sbagliati sia nel merito sia nel metodo per tutto l’arco della stagione. Nel metodo, è mancato totalmente il dialogo sia con la stragrande maggioranza degli atleti sia con i tecnici e i manager delle squadre. Malgrado questa grave lacuna gli sia stata puntualmente rappresentata a metà stagione in un incontro con presente Roberto Amadio, nulla è cambiato.

«Metodo totalmente assurdo che porta poi nel merito a voler gestire in proprio la rifinitura della preparazione degli atleti a questi campionati del mondo. Senza così coinvolgere chi la preparazione dell’atleta l’ha curata tutta la stagione, stravolgendo metodiche di allenamento e carichi di lavoro. Con esiti evidenziati dallo ZERO nel medagliere finale di Hoogerheide.

Pontoni e Bramati, rivali da atleti, oggi su posizioni concettuali diverse sul futuro del ciclocross italiano
Pontoni e Bramati, rivali da atleti, oggi su posizioni concettuali diverse sul futuro del ciclocross italiano

Pochi azzurri ai mondiali

«Altro grave errore nel merito – prosegue Bramati – portare solo 14 corridori ai mondiali nella vicina Olanda, quando si poteva quasi raddoppiare la nostra presenza. Non convocare atleti è una sconfitta per il movimento. In una disciplina che non regala soddisfazioni economiche, la convocazione ai mondiali è uno stimolo e una crescita per gli atleti, una soddisfazione ed un impulso ad andare avanti per le squadre. Sono stati lasciati a casa, delusi e sconfortati, parecchi atleti meritevoli che non avrebbero sfigurato più di quelli schierati, ma che da questi Mondiali avrebbero avuto motivazioni per continuare e per migliorare».

Ascoltato in merito Bramati ha rincarato la dose: «Le scelte di Pontoni, con il quale peraltro abbiamo frequenti contatti – dice – sono controproducenti per le squadre. Se non porti gli atleti di vertice delle società al mondiale che è la vetrina per antonomasia, cade tutta l’attività, che cosa porti agli sponsor? Se il mondiale viene riservato solo a una ristretta cerchia di corridori, qualsiasi sia il metodo di scelta, non si danno stimoli a tutto il movimento del ciclocross italiano.

Hoogerheide è stata una festa per 50 mila persone. In Italia i numeri sono molto diversi
Hoogerheide è stata una festa per 50 mila persone. In Italia i numeri sono molto diversi

Il contributo delle società

«Si è parlato di scelte dettate da scarsità di fondi – afferma Bramati – ma sono sicuro che ogni società ci metterebbe del suo per sostenere la trasferta. Parlando non solo degli atleti, ma anche del personale a loro disposizione. Faccio un esempio: i belgi ai mondiali, salvo i 2-3 di primissimo livello, hanno al seguito meccanici messi a disposizione dalle squadre di appartenenza. Praticamente ogni atleta ha il suo staff. Perché non possiamo fare lo stesso?».

Nel frattempo Pontoni dava indirettamente una risposta partecipando alla trasmissione Scratch Tv, ospite di Nicola Argesi.

«Ai mondiali erano in 14 – ha detto – ma nel corso dell’anno abbiamo sostenuto, fra trasferta in Spagna a inizio stagione, Coppa del mondo ed europei, 13 trasferte di ciclocross con 150 atleti ruotati fra le varie categorie. La filosofia, condivisa con Amadio, è dare ampio spazio a tutti in queste prove. Al mondiale però andrà un gruppo ristretto, una quindicina di atleti perché è la summa della stagione, dove si deve dare valore alla maglia e devono essere presenti i migliori.

«Le società non possono aspettare sempre che la Federazione si muova – rincara la dose il cittì – anche loro devono sostenere l’attività all’estero, dare possibilità ai propri ragazzi di fare esperienza, crescere ed emergere. E’ stata una decisione tecnica sulla quale sono convinto di andare avanti».

Vito Di Tano, Fabio Ursi, Scorzé 2005
Vito Di Tano, diesse della Gurciotti Selle Italia Elite. Il suo team ha fatto molta attività all’estero
Vito Di Tano, Fabio Ursi, Scorzé 2005
Vito Di Tano, diesse della Gurciotti Selle Italia Elite. Il suo team ha fatto molta attività all’estero

Una linea non condivisa

Il malessere coinvolge diverse società. La Torpado ad esempio, formazione nella quale milita Dorigoni, sarebbe portata ad esempio a limitare la partecipazione del suo pupillo ai soli campionati italiani per preservarlo per la stagione Mtb. Lo stesso Vito Di Tano, responsabile della Guerciotti Selle Italia Elite, non nasconde la sua perplessità.

«Il problema – spiega – è la mancanza di coinvolgimento delle società. Perché non concordare una linea d’azione con tutti i team, prima dell’inizio di stagione? Parliamoci chiaro: pensare di andare ai mondiali solo con gente che possa puntare al podio significa ridurre la presenza azzurra a un numero infinitesimale. Fra gli elite ad esempio, con quei due mostri (Van der Poel e Van Aert, ndr), è una strada impossibile per tutti. Noi facciamo tanta attività all’estero, siamo d’accordo con Pontoni su questo. Il mondiale però ha significati che vanno anche al di là del puro discorso legato al risultato».

Di Tano nella sua disamina chiama in causa anche altri fattori: «Qui in Italia affrontiamo percorsi che sono nella stragrande maggioranza molto diversi da quelli abituali di Belgio e Olanda, proprio per caratteristiche del territorio. E’ chiaro quindi che quando andiamo all’estero abbiamo un gap da colmare ed è difficile. Non essere presenti al mondiale toglie entusiasmo ai ragazzi e alle società, non si fa il bene del movimento».

Fontana ai mondiali ha chiuso 28°, lontano non solo dai campioni belgi e olandesi
Fontana ai mondiali ha chiuso 28°, lontano non solo dai campioni belgi e olandesi

Le differenze con gli altri

Il discorso, evidentemente, coinvolge soprattutto la categoria elite e analizzando le parole dei manager, questo gap è evidente. Non solo nei confronti di Belgio e Olanda, ma anche verso altre realtà più simili a noi, come Svizzera (3 atleti nella top 20), Francia, Spagna. Fontana, unico italiano al mondiale, ha chiuso 28°, preceduto da atleti di 9 Nazioni, quindi non solo le due corazzate che non a caso si sono divise le prime 8 posizioni.

Proprio partendo da questo assunto Pontoni da noi chiamato in causa ribadisce le sue scelte: «Non voglio rispondere a lettere ed entrare nel merito. Il mio pensiero l’ho già più volte condiviso avendo il pieno appoggio della Federazione. La convocazione va a chi se l’è meritata nel corso di tutta la stagione, ribadisco che per gli europei adottiamo una strategia, ma il mondiale è diverso».

Persico e Venturelli hanno chiuso quarte. Difficile considerare questa una mancanza di risultati…
Persico e Venturelli hanno chiuso quarte. Difficile considerare questa una mancanza di risultati…

L’orientamento per il futuro

C’è una preferenza verso le categorie giovanili? «Non è scritto: io considero di portare una media di 3 atleti a categoria. Quest’anno ce ne saranno stati di più in una e di meno in un’altra, ma non è detto che sarà così anche nel 2024. Resta il fatto che la maglia va guadagnata sul campo, perché al mondiale è mio dovere portare il meglio che c’è, la crema del movimento in grado di figurare in maniera degna».

Le bici da ciclocross andranno ora in soffitta per qualche mese, ma è facile presumere che di questi temi si continuerà a discutere. Ma al di là di lettere, chiacchiericci, polemiche, sarebbe bene che proprio a bocce ferme si procedesse con un confronto a viso aperto. Magari indetto proprio dalla Federazione, ascoltando le istanze delle società non solo in tema di convocazioni (Pontoni si assume la responsabilità tenendo fede al suo ruolo, in fin dei conti tornare a casa con due quarti posti qualche lustro fa sarebbe stato impensabile), ma di gestione più generale dell’attività, dalla struttura dei calendari alla promozione presso ai giovani fino all’incentivo verso la multidisciplinarietà. Farsi la guerra in casa difficilmente porta risultati…

Fontana porta a casa un Trofeo Guerciotti tutto nuovo

23.01.2023
5 min
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Il calendario italiano di ciclocross aveva abituato i corridori a chiudere quasi i battenti dopo la disputa del campionato italiano. Questa volta le cose sono cambiate e sei giorni dopo la kermesse tricolore si è tornati in scena per una delle classiche storiche del movimento, il Trofeo Mamma e Papà Guerciotti. Quella che tradizionalmente era la gara di apertura del calendario è diventata una sorta di parata finale della stagione.

La scelta di spostare l’evento lo ha un po’ penalizzato, anche se a conti fatti avere oltre 500 partenti non è cosa da poco. Non si poteva però fare altrimenti e Vito Di Tano, il pluricampione del mondo responsabile tecnico della Selle Italia Guerciotti Elite spiega il perché: «A ottobre non avremmo avuto la possibilità di fare la gara perché a Cremona era in programma nelle date scelte la Sagra del Torrone che è un evento centrale per la città. Il Comune non poteva appoggiarci, non avremmo trovato spazi liberi per la logistica, era realmente impossibile. Abbiamo dovuto fare buon viso a cattivo gioco, ma alla fine la scelta si è rivelata utile».

Fontana ha dominato, chiudendo con 53″ su Dorigoni e 1’20” su Leone (Foto Rodella)
Fontana ha dominato, chiudendo con 53″ su Dorigoni e 1’20” su Leone (Foto Rodella)

Cremona tricolore

Il perché è presto detto: Cremona sarà sede dei campionati italiani nel 2024, quindi la data del Trofeo Guerciotti sarà pressoché confermata e quella dell’ultimo weekend è diventata una sorta di prova generale: «L’attribuzione del campionato italiano è stato un grosso premio ai nostri sforzi, per il 90 per cento il percorso resterà quello di quest’anno e molti concorrenti ci hanno ringraziato proprio per aver avuto la possibilità di fare un test sul tracciato dei prossimi campionati italiani».

Un percorso duro, selettivo: «Abbiamo cambiato qualcosa rispetto al passato – sottolinea Di Tano – dividendo il passaggio sull’argine in due parti, all’inizio e alla fine. Questo è stato un indubbio aiuto, la precedente soluzione avrebbe reso il percorso impossibile. Così è diventato un tracciato molto selettivo: non è un caso se nessuna gara si è chiusa in volata».

Tracciato selettivo

Dello stesso tenore il parere del vincitore, Filippo Fontana che ha bagnato così nel migliore dei modi la maglia tricolore appena conquistata: «C’era davvero tutto quel che serve per un tracciato spettacolare, veloce ma selettivo. Il ghiaccio della notte lo ha reso anche molto infido, bisognava saper guidare, non bastava fare la selezione sui tratti più duri come altimetria. Un tracciato davvero completo».

Al Guerciotti Fontana ha fatto la differenza già dopo due dei 9 giri in programma confermando di attraversare un grande momento di forma. Come se la maglia tricolore gli avesse dato quel quid in più. «Io non credo – dice Fontana – che sia cambiato molto rispetto a prima di Ostia Antica, diciamo che ho consapevolezza dei miei mezzi e di quel che posso fare, ma si tratta molto di concentrazione. Ci vuole un attimo a perdere tutto quel che si è guadagnato, bisogna sentirsi sempre nel mezzo del guado.

«Mi fa piacere indossare questa maglia e aver vinto con essa, ma penso sempre a quel che devo fare, non quel che si è fatto».

Prima vittoria in maglia tricolore per Fontana. Ora fari sui mondiali e poi via con la mtb
Prima vittoria in maglia tricolore per Fontana. Ora fari sui mondiali e poi via con la mtb

Ora i mondiali…

Ed ora quel che lo aspetta sono i mondiali: «Non nascondo che ci spero tanto, prima ci sarà la prova di Coppa del Mondo in Francia domenica prossima, poi il mio obiettivo sarà essere a Hoogenheide per fare il meglio possibile di fronte a veri mostri della specialità.

«Poi tirerò un attimo il fiato e andrò due settimane al caldo per iniziare la preparazione per la stagione di mtb, iniziando a gareggiare già a inizio marzo».

Più di 500 i partecipanti, distribuiti soprattutto fra le categorie giovanili
Più di 500 i partecipanti, distribuiti soprattutto fra le categorie giovanili

Addio Idroscalo, perché?

Non si può archiviare il Trofeo Mamma e Papà Guerciotti senza una considerazione a proposito della sede di gara. Questa era la prova storica dell’Idroscalo di Milano, ma da un paio d’anni la sede è stata spostata a Cremona e il cambio è ormai definitivo: «Una scelta dolorosa ma che alla fine ci ha premiato – afferma Di Tano – l’Idroscalo era diventato impossibile, innanzitutto per l’ottenimento dei permessi, poi per i pericoli che la zona porta con sé: non potevi allontanarti dal camper che le bici sparivano… A un certo punto abbiamo dovuto prendere una decisione».

«A Cremona abbiamo trovato non solo grande disponibilità, ma anche una società, l’Uc Cremonese che ci fornisce un gran numero di volontari con i quali la gestione della gara diventa molto più fattibile. Fulvio Peraboli e il suo staff sono una risorsa insostituibile, una vera macchina da guerra. Abbiamo l’intero parco a disposizione, ora abbiamo la consapevolezza di poter allestire un campionato italiano davvero all’altezza».

Di Tano lancia la sfida: «Competitivi in ogni categoria»

12.10.2022
4 min
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La stagione del ciclocross è appena iniziata, ma già la Selle Italia Guerciotti Elite ha fatto man bassa di vittorie al Giro d’Italia con un ritrovato Bertolini già al centro delle operazioni (in apertura, agli europei 2021). Parliamo di una delle principali società del panorama non solo italiano, perché l’impostazione che il team ha voluto dare è quella il più possibile vicina alle formazioni belghe e olandesi che fanno il bello e il cattivo tempo in campo internazionale. E d’altronde è quello il target della formazione, per il quale Vito Di Tano, l’ex iridato che coordina i ragazzi, lavora.

Il team lombardo consta di 7 atleti, con qualche novità rispetto allo scorso anno: «Con l’arrivo di Sara Casasola abbiamo un’esponente di grido anche fra le elite, mentre Loconsolo va ad aggiungersi ad Agostinacchio e Leone costituendo una forte componente fra gli Under 23. Inoltre è arrivato Nicholas Tavella, vicecampione italiano fra gli allievi 2° anno che passa di categoria e sul quale contiamo molto per il futuro».

Di Tano è da anni manager della Selle Italia Guerciotti, da quest’anno presente in ben 6 categorie
Di Tano è da anni manager della Selle Italia Guerciotti, da quest’anno presente in ben 6 categorie
Partiamo nell’analisi da un elemento che già faceva parte del vostro team: Federica Venturelli, reduce da un’eccezionale stagione fra pista e strada, che ha fermamente voluto continuare anche nel ciclocross…

Lei ha bisogno di continui stimoli agonistici, tanto che va un po’ frenata. Io ad esempio avrei preferito fermarla in questo periodo, ma lei teneva particolarmente a rispondere alla chiamata in azzurro per la trasferta giovanile in Spagna e non me la sono sentita di negargliela. Sa però che non deve spingere perché gli effetti della caduta in Australia ancora si sentono, soprattutto al braccio col quale non riesce a tirare su la bici. Cercheremo comunque di gestirla in modo da farla emergere per le gare titolate.

La Venturelli è un patrimonio di tutto il ciclismo: con Pontoni avete ragionato su come dosarla in questo inverno?

Con Daniele ci sentiamo spesso, lei e la Corvi sono due atlete di primissimo piano che possono davvero ottenere grandi cose ai mondiali anche perché la Backstedt passa di categoria, ma Federica va gestita nella maniera giusta per farla arrivare in forma. Oltretutto con lei bisognerà lavorare anche sull’aspetto tecnico: ha una posizione un po’ statica in bici, può migliorare da questo punto di vista.

Ettore Loconsolo, nuovo entrato nel team a rafforzare il comparto U23 (foto Alessandro Billiani)
Ettore Loconsolo, nuovo entrato nel team a rafforzare il comparto U23 (foto Alessandro Billiani)
Come siete arrivati alla Casasola?

Ci eravamo sentiti già in primavera, Sara voleva trovare nuovi stimoli non perché si trovasse male alla DP66, ma proprio perché a 25 anni dopo molte stagioni nel team friulano voleva respirare aria nuova. Noi le abbiamo dato fiducia e finora l’ha già ripagata, io sono convinto che anche a livello internazionale possa fare bene, aveva solo bisogno di ripartire anche mentalmente.

Che cosa ti aspetti dai tre under 23?

Gli dico sempre che sono bravi, ma devono dimostrarlo. Devono fare il salto di qualità e quello possono farlo solo loro, attraverso il loro impegno. Per crescere hanno bisogno di confrontarsi con il meglio e per questo dovranno gareggiare molto all’estero: la Coppa del mondo prevede che ci siano 5 prove per under e juniores, le ultime 3 da affrontare con la nazionale. Noi saremo nelle altre due e poi gareggeranno nelle altre in mezzo agli elite. Questa è un’arma a doppio taglio, perché ti ritrovi a gareggiare con gente più smaliziata. Se vai bene, il morale cresce, ma se prendi batoste devi saperle valutare e prendere quanto di buono ci può essere a livello di esperienza.

Bertolini punta sull’apertura di Coppa del Mondo a Tabor (foto Alessandro Billiani)
Bertolini punta sull’apertura di Coppa del Mondo a Tabor (foto Alessandro Billiani)
Con voi c’è anche la Realini…

Quest’anno cambia squadra su strada passando alla Trek Segafredo, vedremo che attività potrà fare. Credo che anche lei, come molte altre divise fra ciclocross e strada, farà il suo esordio a dicembre. Si segue la strada tracciata da Van Der Poel e Van Aert ed è normale che sia così. Troppe gare non possono essere fatte, oltretutto i campioni arrivano più freschi quando gli specialisti puri si sono già dati battaglia per settimane. C’è una disparità di forze, ma l’evoluzione del ciclismo è questa.

Bertolini dove può arrivare?

Io sono convinto che il vero Bertolini sia quello di Valkenburg 2018, saldamente fra i primi 10 al mondo, deve solo crederci e avere una stagione priva di infortuni. E’ chiaro che i campioni che vengono dalla strada sono di un altro pianeta, ma io sono convinto che può arrivare lontano e riprendersi quel che la sfortuna gli ha tolto. Contiamo molto anche su Tavella, che ha vinto anche su strada e che ora, cambiando categoria, dovrà dimostrare davvero di che pasta è fatto perché è fra gli junior che si comincia a far sul serio. Abbiamo una squadra completa, ora il verdetto sta alle gare.

Bertolini Di Tano

Di Tano e Bertolini, i due mondi del ciclocross

24.10.2021
4 min
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Guardi Vito Di Tano insieme a Gioele Bertolini e ti vengono subito in mente Davide e Golia, troppa la differenza fisica fra i due, come anche l’epoca nella quale sono emersi. La foto di apertura, in una vecchia conferenza stampa alla Guerciotti, è esemplificativa, eppure i punti di contatto sono tantissimi, a cominciare dal fatto che entrambi sono saliti fino in cima alle gerarchie italiane del ciclocross. Ora quello strano connubio si è ricomposto: è vero, Gioele ha un suo preparatore, ma questo poco incide, in casa Guerciotti Selle Italia rimettere insieme il tecnico ex campione del mondo e il giovane rampante era troppo succulenta.

Il particolare che rende il tutto ancora più simpatico è il fatto che quando poniamo il tema al diesse pugliese, scoppia in una fragorosa risata: «E come si fa a fare un paragone? Io e Gioele siamo proprio agli antipodi, come la notte e il giorno. Due fisici opposti ma anche due epoche molto lontane: spesso ci mettiamo a parlare delle nostre rispettive esperienze, lui neanche ci crede quando gli dico che ai miei tempi nelle gare di ciclocross c’era anche un chilometro e mezzo da fare a piedi, ora se ci sono 200 metri si lamentano…».

Di Tano Mondiali
Vito Di Tano in una foto d’epoca, con la maglia iridata: ha vinto il titolo nel 1979 e 1986
Di Tano Mondiali
Vito Di Tano in una foto d’epoca, con la maglia iridata: ha vinto il titolo nel 1979 e 1986
Eppure nella preparazione dei ciclocrossisti la parte a piedi viene ancora molto curata, Van Aert ad esempio si è addirittura presentato al via di una mezza maratona…

Sì, ma i percorsi ormai sono tutti filanti, veloci, spettacolari. Io mi salvavo proprio per il mio “motore”, a piedi riuscivo a guadagnare molto su chi era più leggero, soprattutto in condizioni di clima e terreno difficili. Oggi ad esempio, di crossisti alti 1,93 come me non se ne vedono tanti, ma anche su strada sono decisamente pochissimi. Lo ammetto, oggi sarei stato in difficoltà…

Bertolini quindi è “figlio” di quest’epoca ciclocrossistica?

Certamente, è ideale per questo tipo di competizioni, in gare dove oltre all’esperienza – e quella se la sta costruendo – servono variazioni, rilanci continui, scatti a ripetizione, un po’ tutto quello che poi viene utile per chi fa la strada.

Gioele non è certo una nuova scoperta per te…

Ci conosciamo da quando iniziò fra gli juniores e il nostro sodalizio è durato fino a 3 anni fa, poi lui ha deciso di provare a dedicarsi con più attenzione alla Mtb per guadagnarsi una chance olimpica, ma ci siamo lasciati amichevolmente e tenuti in contatto. E’ stato sfortunato, l’infortunio lo ha frenato e risalire non è facile, anche perché ti ritrovi sempre a partire da dietro. Quest’anno ci siamo parlati, ci ha detto che voleva tornare a correre nel ciclocross in maniera seria, ritornare quello dei mondiali di Valkenburg e noi siamo subito stati al suo fianco.

Bertolini Mondiali 2018
Gioele Bertolini ai mondiali di Valkenburg 2018, conclusi clamorosamente al 6° posto
Bertolini Mondiali 2018
Gioele Bertolini ai mondiali di Valkenburg 2018, conclusi clamorosamente al 6° posto
Come lo hai ritrovato?

Umile e concentrato. Gioele ha una grande capacità: è uno che si mette sempre in discussione e il suo ritorno nasce da questo. Sa che la ripresa è difficile, praticamente viene da due anni di assenza e quindi nelle prove internazionali deve risalire la china, partire da dietro e ci vuole tempo. Ma lo abbiamo e faremo di tutto perché avvenga. Ha evitato le ultime gare della stagione di Mtb proprio perché tiene a ritornare quello di una volta.

Parlavamo prima delle vostre differenze fisiche. Tecnicamente ci sono punti di contatto fra voi?

Nelle salite, al suo confronto ero un elefante… Gioele è velocissimo, inoltre è dotato di particolari capacità di guida e ha una grande forza nel carattere perché affronta tutto con grande tranquillità, prima e durante la corsa. Questa sua mancanza di ansia fa bene a tutta la squadra, soprattutto ai più giovani. Jakob Dorigoni ad esempio è ben diverso, è più un cavallo pazzo, ha sempre un pizzico di nervosismo, ma è il suo modo di approcciarsi all’evento.

Bertolini Dorigoni 2021
Bertolini davanti a Jakob Dorigoni: compagni di squadra ma molto diversi nell’approccio alle gare (foto Billiani)
Bertolini Dorigoni 2021
Bertolini davanti a Jakob Dorigoni: compagni di squadra ma molto diversi nell’approccio alle gare (foto Billiani)
Rispetto ai tuoi tempi, le bici quanto sono cambiate?

Parliamo di due mondi lontanissimi… Ai miei tempi ad esempio usavamo telai da 65, quelli di ora sembrano la metà, a noi pareva di guidare dei camion con rimorchio per tanto che erano pesanti da rilanciare.

Da Gioele che cosa ti aspetti?

Sta lavorando con calma, il primo obiettivo è essere pronto per l’Europeo del 7 novembre, poi faremo un punto della situazione per programmare la stagione perché non si potrà essere al massimo fino a fine gennaio, dovremo capire dove poter scaricare considerando anche che per noi non c’è solo la stagione internazionale, quella italiana è fondamentale per l’immagine degli sponsor. Dovremo metterci a tavolino e studiare, se avremo messo da parte qualche soddisfazione sarà più semplice.

Di Tano 2021

In vista del ciclocross, Di Tano sorprende tutti

08.08.2021
4 min
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La chiacchierata con il responsabile del Team Guerciotti Selle Italia Vito Di Tano per parlare della stagione dei due gioielli azzurri fra ciclocross e strada si apre con una notizia: Gaia Realini e Francesca Baroni divideranno le loro strade, almeno nel ciclocross. L’ex campione del mondo pugliese non dice di più, per rispetto nei confronti della Baroni con la quale ci sono state opinioni diverse che hanno portato a questa scelta. Certamente si tratta di un fatto inaspettato, soprattutto in una stagione che per la lucchese è diventata difficile per colpa del famoso incidente in allenamento.

Fari puntati quindi su Gaia. Se sul futuro della Baroni non ha più notizie dirette, sull’abruzzese Di Tano ha già la certezza assoluta che sarà ancora diviso fra strada e ciclocross: «Dopo il ritiro di Livigno effettuerà la seconda parte di stagione puntando a una maglia azzurra per gli europei. Poi vedremo come approcciarla al ciclocross tenendo presente la necessità del riposo. Far coesistere le due specialità è possibile e necessario, ma servono comunanza d’intenti da parte dei rispettivi team ed equilibrio nella gestione del ragazzi».

Baroni Di Tano 2021
La Baroni e Di Tano, un binomio che si è scisso a sorpresa: che farà ora la toscana?
Baroni Di Tano 2021
La Baroni e Di Tano, un binomio che si è scisso a sorpresa: che farà ora la toscana?

La sinergia con Fidanza

Di Tano ammette di avere in Fidanza un valido contraltare: «Ciò permette a chi corre in due discipline di avere i giusti tempi di riposo. Non sono ragazzi da spremere a tutti i costi per un risultato, trovare il giusto equilibrio è un vantaggio per tutti».

Il pugliese però va oltre e pensa già a futuri obiettivi per la Realini sui prati: «Stiamo studiando ogni particolare per permettere a Gaia di andare negli Usa, in Coppa del Mondo, perché lì si disputeranno i Mondiali e vedere in anteprima percorso e logistica è fondamentale».

La piccola Realini è stata finora protagonista di una grande stagione su strada: qui dopo l’arrivo a Matajur del Giro
La piccola Realini è stata finora protagonista di una grande stagione su strada: qui dopo l’arrivo a Matajur del Giro

Gli Usa pensando al mondiale

Pontoni ce lo aveva anticipato, senza però specificare nomi: «Gaia ci dovrebbe essere – ribadisce Di Tano – sarebbe importante per lei e per noi, per capire dove può arrivare».

Di Gaia abbiamo già avuto modo di parlare quest’estate, i suoi risultati su strada l’hanno di nuovo posta al centro dell’attenzione, risultati che hanno sorpreso Di Tano solo relativamente: «Ci siamo visti prima dei campionati italiani, le ho fatto fare un po’ di dietro motori e mi sono accorto che stava davvero bene, andava forte in salita, molto forte. Sicuramente deve migliorare nell’aspetto tattico e nella visione di gara, ha la tendenza a restare di lato e in fondo, deve imparare a muoversi in gruppo con più scioltezza, ma è giovanissima, non conosciamo ancora i suoi limiti».

GIC Ferentino
Gaia Realini e Francesca Baroni all’ultimo Giro d’Italia di ciclocross: la sfida si ripeterà nel prossimo inverno?
GIC Ferentino
Gaia Realini e Francesca Baroni all’ultimo Giro d’Italia di ciclocross: la sfida si ripeterà nel prossimo inverno?

Tanto da imparare

Questi progressi su strada si tradurranno anche nel ciclocross? «Sicuramente la strada ti dà un buon fondo, ormai non solo le imprese dei “tre tenori” dicono che per andar forte nel ciclocross serve di più la strada e viceversa, piuttosto che la Mtb. Chi fa attività invernale, su strada è avvantaggiato. Gaia è ancora U23, non dimentichiamolo: quando passerà di categoria dovrà fare una scelta, privilegiare magari la strada ma l’attività di ciclocross sarà un serbatoio di energie al quale attingere. Guardate Rachele Barbieri che cosa ha fatto dopo essere tornata all’attività sui prati…».

Quanti margini ci sono per l’abruzzese nel ciclocross? «Tanti – sentenzia Di Tano – ha ancora molto da imparare soprattutto nella gestione tattica delle gare, nello studio delle avversarie e del percorso. Mi aveva già stupito molto per quel che aveva fatto nell’inverno scorso, ma credo che dopo le meraviglie mostrate su strada potrà fare un altro salto di qualità. Ce lo auguriamo tutti».

C’è mai stata in Italia una squadra pro’ di ciclocross?

14.01.2021
4 min
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«Quando finirà la mia avventura da responsabile tecnico nazionale del ciclocross, voglio costruire la prima squadra pro’ italiana della specialità».

L’affermazione di Fausto Scotti arriva nella chiacchierata come il montante di un pugile, ci vuole un po’ di tempo per metabolizzarla, per andare più a fondo. Possibile che in Italia non sia mai esistita una squadra professionistica? Eppure il movimento nazionale è uno dei più antichi, l’albo d’oro dei tricolori affonda nell’Anteguerra, i numeri sono a nostro favore anche in confronto a quella che è considerata la Patria del ciclocross, il Belgio.

Lorenzo Masciarelli vive in Belgio e corre nella Pauwels Sauzen, squadra pro’ di ciclocross
Lorenzo Masciarelli corre nella Pauwels Sauzen, squadra pro’ di cross

Longo e la Salvarani

Ad aiutarci a far luce sul passato per proiettarsi verso il presente è Vito Di Tano, due volte campione del mondo fra i dilettanti nel 1979 e 1986.

«Una squadra pro’ che si dedicasse solamente al ciclocross – dice – come avviene in Belgio, non c’è mai stata. C’erano squadre professionistiche della strada che guardavano con favore al ciclocross. Longo ad esempio correva per la Salvarani, che non gli chiedeva quasi nulla per la strada, lasciandolo preparare per i suoi obiettivi. Lo stesso dicasi, nella mia epoca, per Paccagnella, tesserato con l’Amore e Vita. In questo contesto non si può comunque dimenticare quanto Guerciotti sta facendo da oltre 50 anni. Già ai miei tempi c’era il suo team che seguiva tutta l’attività ed è così anche adesso».

Eccezione Belgio

D’accordo, ma non è la stessa cosa della Pauwels Sauzen di Iserbyt e Vanthourenhout o della Baloise Trek Lions dei fratelli Aerts.

«Scherziamo? Significa paragonare una squadra continental – dice – a quelle del World Tour… La differenza è dalla notte al giorno. Lì si vive di ciclocross, c’è un’immagine, c’è un indotto in ogni gara che si riversa sui team permettendo loro di garantire contratti importanti. Anche ora che manca il pubblico, grazie ai contratti televisivi».

Arzuffi racconta

Chi ha vissuto e vive sulla propria pelle la differenza è Alice Maria Arzuffi, che nel 2017 si è trasferita armi e bagagli in Belgio per approdare al Team 777 (la neo campionessa italiana di ciclocross è ritratta nella foto di apertura).

«Venivo dalla Guerciotti – dice – e il cambio è stato notevole, ma volevo assolutamente vivere della mia passione, il ciclocross. E non potevo fare altrimenti. Rispetto a quel che si pensa, le differenze ci sono ma vanno un po’ interpretate. La principale è che la squadra ti supporta in tutto e per tutto dal punto di vista economico, ma devi cavartela da solo. Ognuno ha il suo camper, ha il suo meccanico stipendiato dalla società e il preparatore che deve pagarsi in proprio. Io ho la fortuna di avere i miei genitori che gestiscono tutta la logistica, poi ci sono il meccanico Danny e sua moglie Brenda che mi aiuta in tutte le piccole cose della quotidianità, come le iscrizioni e via dicendo. Bisogna anche considerare un fatto: il Belgio è un Paese piccolo, nella maggior parte dei casi si parte la domenica mattina con il camper e alla sera si è già a casa».

Alessandro Guerciotti, Francesca Baroni, Paolo Guerciotti, Vito Di Tano
Vito di Tano, a destra, con Francesca Baroni, Paolo e Alessandro Guerciotti
Alessandro Guerciotti, Francesca Baroni, Paolo Guerciotti, Vito Di Tano
Vito di Tano, a destra, Francesca Baroni, Paolo e Alessandro Guerciotti

Un’altro clima

Detto così, sembra che non sia un idillio. «Il vantaggio è quello economico – spiega Alice – ma devo dire che l’atmosfera che si respira da noi è diversa. C’è più comunanza, si è più squadra nel vero senso della parola. Quelli in Belgio e Olanda sono piccoli gruppi che fanno parte dello stesso team, anche se poi dal punto di vista umano il legame c’è: con le altre siamo molto amiche. Gareggiando lì però si ha forte la sensazione che stai facendo qualcosa di diverso da quello a cui eri abituata e questo ti fa digerire anche un po’ di solitudine che ogni tanto si affaccia».

Due mondi diversi ma vicini, quello professionistico belga e quello semipro’ italiano. Forse non ci vorrebbe neanche tanto a unirli, il problema è sempre e solo quello economico. Ma se si trovassero i fondi, mettendoci la nostra passione, le emozioni, la tecnica, il successo del team e la crescita di autentici talenti sarebbe pressoché scontata…

Francesca Baroni, campionato italiano open 2020, Schio

Francesca: poche parole, tanta sostanza

17.11.2020
5 min
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Francesca Baroni vive in Toscana ed è la campionessa italiana di ciclocross. Ha vinto tre tappe nel Giro d’Italia Ciclocross e ai campionati europei di s’Hertogenbosch corso fra le under 23 ha centrato il settimo posto. Migliore della azzurre. La sua storia in bicicletta ha un… colpevole, che si chiama Ivan Basso. Era il 2006, infatti, quando il varesino in maglia Csc conquistò quella rosa. E Francesca che lo aveva seguito come tanti in televisione, corse dai suoi genitori disegnando di slancio il suo futuro: voglio correre anche io in bicicletta. Come sia stato che da voler essere come Ivan Basso, Francesca sia una delle promesse più forti del ciclocross italiano è quello che cercheremo di scoprire assieme a lei. Dopo aver raccontato di Gaia Realini e Sara Casasola.

Francesca Baroni, campionato italiano juniores 2016, Monte Prat
Nel 2016 a Monte Prat, vince il primo dei due tricolori juniores
Francesca Baroni, campionato italiano juniores 2016, Monte Prat
Nel 2016 a Monte Prat, primo tricolore juniores
Il risultato degli europei ti ha sorpreso oppure sapevi di avere una grande condizione?

Va preso per quello che è stato. Non conoscevo la mia condizione rispetto alle straniere, visto che purtroppo quest’anno non ho ancora partecipato a competizioni internazionali. Sicuramente il livello delle olandesi è molto alto, superiore al nostro.

Come hai vissuto la stagione del Covid? Brutto restare tanto in casa?

Tranquillamente, d’altra parte in questo momento dobbiamo adeguarci, non ci sono alternative. Non ho problemi a restare in casa, mi trovo sempre qualcosa da fare.

Ricordi il giorno della prima uscita dopo il lockdown? Quali sensazioni ti ha dato?

Certo che lo ricordo, ho fatto una lunga uscita in bici, era la cosa che più mi mancava. Sono andata intorno al lago di Massaciuccoli, poi ho fatto il Balbano e la salita di Bargecchia-Corsanico. Un giro tutto nel mio comune di Massarosa. Ero da sola e l’emozione più grande è stata risentire di nuovo il vento in faccia.

Perché a un certo punto Francesca Baroni si dedica al ciclocross?

L’ho conosciuto a Lucca molti anni fa. Si correva una tappa del Giro d’Italia, ho provato e me ne sono subito “innamorata”.

Ci racconti perché Ivan Basso è stato per te un’ispirazione?

Grazie a lui ho conosciuto il mondo del ciclismo. E’ sempre stato disponibile con me e per questo lo ringrazierò a vita, anche se adesso purtroppo è un po’ che non ci vediamo o sentiamo.

Quanto tempo è passato dal vederlo correre ad avere la prima bici?

Il Giro d’Italia era di maggio e ho detto ai miei che volevo fare ciclismo anche io come lui. Inizialmente mi hanno detto che non era proprio uno sport tanto femminile. Ma alla fine, dopo due mesi, quindi a luglio, ero già in bici. E combinazione, il primo giorno di allenamento ho conosciuto di persona Ivan. Proprio la stessa sera i miei mi hanno portato all’hotel dove alloggiava per qualche giorno di vacanza, che emozione!!!

Che cosa rende la bicicletta un… luogo speciale?

La bici è diventata una parte di me, in questo momento non riesco ad immaginarmi senza di “lei”.

Che cosa rende il ciclismo uno sport speciale?

Credo che ogni sport sia speciale per chi lo pratica, a me ha insegnato disciplina e lealtà. Ma la cosa più importante penso sia restare sempre umili…

La strada è un ripiego per i mesi in cui non c’è il cross, oppure è ugualmente una passione?

Anche la strada è una grande passione. Per il momento non sono ancora riuscita ad ottenere le soddisfazioni che mi ha dato il cross, ma io ce la metterò sempre tutta. C’è tempo… almeno spero!

Nel 2021 sarai ancora con la Servetto?

No! Correrò per un altro Team Uci italiano, devono ancora uscire le presentazioni… Hanno creduto in me e cercherò di ripagarli con il massimo impegno come sempre faccio!

Quale allenamento proprio non ti va giù?

Tutti gli allenamenti vanno bene, cerco sempre di affrontarli al massimo delle mie capacità. Sicuramente alcuni sono più faticosi, ma penso al fatto che possono servire per farmi migliorare e così… avanti. Mai mollare fino alla fine!

C’è una strada da fare in bici che ti piace più di altre?

Per mia fortuna dove vivo, a Massarosa in provincia di Lucca, per uscire in bici ci sono molte strade belle, più o meno vicine. Il paesaggio è molto vario, ma alla fine mi trovo sempre sulle stesse, ormai ne conosco ogni buca…

Francesca Baroni, campionato europeo U23 2020, s'Hertogenbosch
Ai campionati europei 2020, per lei settimo posto e migliore delle nostre
Francesca Baroni, campionato europeo U23 2020, s'Hertogenbosch
Europei 2020, Francesca settima e miglior azzurra
Chi è per te Vito Di Tano? Conoscevi la sua storia sportiva?

Vito Di Tano è il mio diesse! Lo considero una persona molto importante, un riferimento, una certezza. Ho conosciuto la sua storia dal momento che ho iniziato a praticare il ciclocross e poi… per combinazione” sono riuscita a conoscerlo anche di persona. Che fortuna…

Qual è il consiglio più bello che ti ha dato?

Mi dice sempre di stare tranquilla, anche nei momenti più difficili. E io cerco sempre di seguire il suo consiglio anche se a volte non è proprio facile.

Abbiamo letto che parli senza problemi del non udire ed è un segno di grande maturità. A livello tecnico questo ti ha mai creato problemi, anche nello scegliere le traiettorie o nel percepire l’arrivo di un’avversaria alle spalle?

Corro in bici dall’età di 6 anni, per me ormai è tutto “normale”. Nel ciclocross ho bisogno del via manuale alla partenza e a volte questo mi crea qualche problemino, perché spesso non è simultaneo con il fischio del giudice. Ma è così e mi devo arrangiare in qualche modo… mi ci sono abituata! Piuttosto…

Cosa?

Purtoppo in questo momento Covid ho difficoltà con l’uso delle mascherine protettive, visto che uso la lettura labiale e a volte non proprio tutti lo comprendono.

Ti sei mai sentita discriminata in gruppo?

Fino ad adesso non ho mai avuto problemi, ho trovato quasi sempre colleghe disponibili.

I genitori Baroni vivono con apprensione il ciclismo oppure sono al tuo fianco?

I miei sono al mio fianco da sempre, dalle prime pedalate. Mi seguono sia alle gare che negli allenamenti, è molto importante per me averli sempre accanto. Vedo però che la cosa vale anche per molti miei colleghi. Anche i più importanti professionisti spesso hanno i genitori vicini, un motivo ci sarà…

Quale messaggio darebbe Francesca Baroni a una ragazzina di 13 anni che volesse avvicinarsi al ciclismo?

Le uniche cose che mi sento di poter consigliare sono di affrontare la bici con la massima serietà e dedizione. Le cose quando si fanno vanno fatte bene, altrimenti meglio lasciar perdere. Poi di cercare di restare sempre umili, c’è sempre da crescere e migliorare. Non si arriva mai… e come sempre io ripeto “mai mollare fino alla fine”. Questo è il mio motto!

Alessandro Guerciotti, Francesca Baroni, Paolo Guerciotti, Vito Di Tano

«Jacob è forte, ma deve essere più furbo»

17.11.2020
3 min
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Un gruppo di ragazzi con una maglia tricolore a fare da guida e un campione del mondo come insegnante: la Selle Italia Guerciotti Elite ha costruito intorno al suo leader Jakob Dorigoni e al suo prestigioso tecnico Vito Di Tano un gruppo vincente, ancorché ristretto.

«Preferiamo lavorare con 6, massimo 8 corridori, ognuno con il suo preparatore – spiega Di Tano – questo significa che alle gare si muove una carovana di almeno 20 persone. E’ un impegno oneroso, ma significa anche che ogni atleta è seguito al meglio, per questo non vogliamo allargare i numeri».

Vito Di Tano, Fabio Ursi, Scorzé 2005
Scorzé 2005, Vito Di Tano passa la bici di scorta a Fabio Ursi
Vito Di Tano, Fabio Ursi, Scorzé 2005
Scorzé 2005, passa la bici a Ursi
Rispetto ai suoi tempi, ci si allena di più?

Molto di più. Io dedicavo all’allenamento quel paio d’ore che il lavoro mi concedeva. Ora ogni ragazzo dedica gran parte della giornata alla preparazione, seguendo le tabelle previste, alternando bici a corsa a piedi e palestra. Perché il ciclocross è uno sport completo, che allena tutto il fisico. Nel gruppo Dorigoni è un po’ il riferimento di tutti. Con i suoi 23 anni è il più grande, ma in verità è ancora un ragazzino, che in gara deve tirare fuori un po’ di furbizia in più.

Tecnicamente Jakob che ciclocrossista è?

Un corridore completo, senza grandi picchi ma che non ha neanche talloni d’Achille, quindi può emergere su qualsiasi terreno e con qualsiasi condizione di tempo. Si difende sempre bene.

Jakob Dorigoni, Giro d'Italia Ciclocross 2020
Jakob Dorigoni in maglia di leader durante il Giro d’Italia Ciclocross
Jakob Dorigoni, Giro d'Italia Ciclocross 2020
Jakob Dorigoni al Giro d’Italia Ciclocross
Nel suo gruppo ci sono anche due ragazze, Baroni e Realini: è diverso allenare uomini e donne?

Sì, ma è anche una grande esperienza. Io posso dire che da Francesca Baroni ho imparato tantissimo (i due sono assieme a Paolo e Alessandro Guerciotti nella foto di apertura, ndr). La sua sordità l’ha portata ad avere una caparbietà e una capacità di reagire che per me sono un esempio, anche se ho oltre 30 anni più di lei. Con lei c’è Gaia Realini, che abbiamo preso quest’anno. E’ alla seconda stagione fra le under 23 e può crescere ancora tanto, ma senza fretta. Non amo quei tecnici che urlano continuamente ai propri ragazzi quando sono in gara. Non serve spronarli sempre, bastano le parole giuste, spesso anche uno sguardo per far loro capire.

E tornando alle differenze?

Il ciclocross è lo stesso, cambia però la potenza che le ragazze hanno a disposizione. E’ chiaro che su percorsi più mossi, con molti strappi hanno qualche difficoltà in più. Quel che unisce i ragazzi è la passione con cui vivono questo sport e lo si vede nelle giornate peggiori, con freddo e pioggia. Io stesso mi chiedo a volte chi glielo fa fare… Se devo dire, le ragazze hanno una maggiore determinazione, ma sono anche un po’… birichine. Bisogna sempre stare attenti a come prenderle.

Ai suoi tempi, pugliese trapiantato al Nord, era una mosca bianca: aumenteranno i ciclocrossisti provenienti dal Sud Italia?

Stanno già aumentando, anche nella mia Puglia dove siamo sempre stati all’avanguardia nell’organizzazione e nell’attività. Carrer è solo l’ultimo esempio. Il ciclocross ora è uno sport veramente nazionale e questo contribuirà al suo ulteriore rilancio.

Vito Di Tano 1979 (foto Carlo Carugo)

Vito Di Tano, maestro di cross

17.11.2020
2 min
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Il rilancio del ciclocross italiano sta passando attraverso l’insegnamento dei campioni italiani del passato, uno dei quali è Vito Di Tano (in apertura nella foto del 1979 di Carlo Carugo).

Il pugliese sta trasmettendo il suo grande sapere a un gruppo di giovani della Guerciotti Selle Italia. Non è un caso se tra questi ci siano il campione tricolore Jacob Dorigoni e le due prime donne della categoria under 23, Francesca Baroni e Gaia Realini. Di Tano d’altronde è un’istituzione del ciclocross italiano: nato a Monopoli nel settembre del 1954, da giovane si trasferì al Nord per motivi di lavoro, portando naturalmente con sé le sue bici.

«Avevo vinto un concorso alle Ferrovie – dice – ma il posto era in Lombardia. Al tempo correvo soprattutto su strada, ma con il lavoro non avevo più molto tempo per allenarmi. Così decisi di passare al ciclocross, d’altro canto in Puglia avevo vinto tutte le gare in questa disciplina e mai decisione fu più indovinata».

Due mondiali

Nel 1979 esordì ai mondiali di Saccolongo, vincendo fra i dilettanti. L’anno successivo vinse il primo dei suoi 6 titoli nazionali, mentre ai mondiali finiva quasi sempre fra i primi 10. Fino al 1986, quando a Lembeek (Belgio) centrò il bis iridato ancora fra i dilettanti.

Davide Martinelli, Vito Di Tano, Gioele Bertolini, Daniele Pontoni, Paolo Guerciotti, Jakob Dorigoni, Alessandro Guerciotti, GP Guerciotti 2019
Martinelli, Di Tano, Bertolini, Pontoni, Paolo Guerciotti, Dorigoni, Alessandro Guerciotti
Davide Martinelli, Vito Di Tano, Gioele Bertolini, Daniele Pontoni, Paolo Guerciotti, Jakob Dorigoni, Alessandro Guerciotti, GP Guerciotti 2019
Foto di gruppo, da Martinelli a Pontoni, Dorigoni e i Guerciotti nel 2019

«Ai miei tempi – dice – la Nazione di riferimento era la Svizzera, perché lì le gare richiamavano oltre 20 mila persone. Poi pian piano l’attenzione della gente si è spostata verso Belgio e Olanda, dove hanno capito quanto spettacolo possa regalare il ciclocross. Così ora le migliaia di spettatori le richiamano lì, mentre in Svizzera si dedicano più alla Mtb. Da noi il problema è sempre stato il fatto che gli sponsor non capiscono la visibilità che il ciclocross sa dare, se sufficientemente seguito dalla Tv. Le grandi manifestazioni dimostrano quanto sia visibile e divertente da vedere. Non è paragonabile alla visibilità su strada, dove la gran massa di corridori, squadre, eventi rende ogni immagine meno d’impatto».

Altri tempi

Da corridore ad organizzatore ed insegnante, Di Tano ormai è da 51 anni nell’ambiente.

«Il ciclocross ai miei tempi era un po’ diverso – sorride – le gare duravano anche un’ora e mezza. Si correva di più sulla resistenza. Ora lo sforzo dura una cinquantina di minuti, i corridori sono più esplosivi. Quel che non è cambiata è la grande utilità del ciclocross, che servirebbe tanto anche agli stradisti. Allora lo facevano tutti, ma proprio tutti. Ora non è possibile, perché la stagione su strada inizia troppo presto. Il fatto però che i 4 grandi (Alaphilippe, Sagan, Van Aert, Van Der Poel) vengano tutti dal fuoristrada non è un caso…».