Vito Di Tano, uno scrigno di aneddoti ed emozioni

05.02.2025
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Grande. Nell’accezione più totale e completa che questa parola può assumere. E’ la prima che viene in mente nel parlare di Vito Di Tano, nel raccontare la sua figura nel giorno della sua scomparsa, dopo che una terribile quanto veloce malattia se lo è portato via a 70 anni. Grande intanto nella sua figura fisica, quasi imponente ed era così quando correva, che quasi ti chiedevi se nell’affrontare il ciclocross non potesse essere un handicap. E infatti su certi percorsi lo era. Grande nel suo curriculum di ciclocrossista, illuminato da ben due titoli mondiali a distanza di 7 anni l’uno dall’altro, con l’aggiunta di 6 maglie tricolori. Grande anche per la sua statura morale, che lo ha accompagnato per tutta la sua vita e che contraddistingue i ricordi di ogni persona che lo ha conosciuto.

Vito Di Tano era nato a Monopoli (BR) il 23 settembre 1954. Due volte iridato, non passò mai professionista
Vito Di Tano era nato a Monopoli (BR) il 23 settembre 1954. Due volte iridato, non passò mai professionista

Con Pontoni, suo erede in tutto

Daniele Pontoni ha condiviso con lui moltissime esperienze, da corridore prima, da dirigente poi fino a confrontarsi con lui in veste di commissario tecnico, carica che Vito aveva rivestito anni prima di lui, con il pugliese di Fasano che da parte sua è stato per anni diesse della Guerciotti.

«Ma prima di questo io ricordo le nostre esperienze in nazionale. Con lui ho vissuto esperienze mondiali bellissime da corridore, lui era cittì azzurro quando conquistai il bronzo a Corva da dilettante nel 1993, il suo primo anno nella carica e soprattutto quando vinsi nel ’97 a Monaco di Baviera. Eppure il ricordo che mi viene subito in mente è legato a una gara lussemburghese a Petange, il GP du Nouvel An. Due giorni prima pensavo di essermi rotto una gamba, invece era stata solo una grande botta, ma lui insistette per farmi correre, mi mise letteralmente in bici. In gara ricordo un cambio bici, su questo terreno tutto bianco, con lui che mi incitava “Vai Daniele, battili tutti”. E così fu».

Da sinistra Martinelli, Di Tano, Bertolini, Pontoni, Paolo Guerciotti, Dorigoni, Alessandro Guerciotti
Martinelli, Di Tano, Bertolini, Pontoni, Paolo Guerciotti, Dorigoni

L’ultima volta che si sono visti è stato all’ultima edizione del Guerciotti, nella serata del 60° anno che vedeva presenti tanti campioni del mondo passati per le mani del team, lombardo. «Abbiamo ricordato tanti episodi, si vedeva già che il male lo stata logorando. Da lui ho imparato tanto, come corridore e anche come cittì, come vivere l’ambiente della nazionale. Diciamo che per me è stato l’anello di congiunzione tra corridore e dirigente».

Arzuffi e una giornata speciale

E’ difficile per Alice Maria Arzuffi (con lui nella foto di apertura) trattenere le lacrime, trasparse anche virtualmente attraverso un sentito post su Instagram. «Vito l’ho conosciuto approdando alla Guerciotti, da 2° anno junior – racconta dagli Emirati Arabi, in procinto di prendere parte all’Uae Tour – In quei 6 anni insieme sono cresciuta, non solo come ciclista e il nostro legame è sempre rimasto saldo. Tanto che quando avevo un problema, un dubbio, mi sono sempre confrontata con lui che aveva ogni volta una parola di aiuto per capire. Mi ha insegnato a vivere badando alle cose semplici, mantenendosi umile, lui che era un campione del mondo.

«Quando arrivai ero la più piccola e io lo vedevo quasi come un nonno – ricorda – lui da parte sua mi coccolava e mi insegnava tutto quel che serviva in questo mondo. Ricordo in particolare nel 2022 come, durante un pranzo con la mia famiglia, lo abbia incontrato per caso a Gallipoli. Da lì decidemmo di passare la giornata insieme e ci portò ad Alberobello, facendoci vedere il trullo dov’era nato. Una giornata che esprimeva la semplicità di cui dicevo prima».

Insieme ad Alice Arzuffi e alle rispettive famiglie, una giornata che le è rimasta nel cuore
Insieme ad Alice Arzuffi e alle rispettive famiglie, una giornata che le è rimasta nel cuore

Imparare dai propri errori

«A me ha preso sotto la sua ala a 17 anni – la parola passa a Gioele Bertolini – e sotto di lui mi sono evoluto come corridore. Ho sempre apprezzato la sua fierezza di come interpretava il suo ruolo di direttore sportivo. Nell’ambiente era circondato da rispetto e simpatia, credo nessuno l’abbia mai visto litigare, affrontava tutto con calma, senza per questo non essere fermo nelle sue intenzioni, nei suoi insegnamenti e questo vale molto come insegnamento.

«Una cosa che mi resta in mente era il suo modo di confrontarsi con i giovani. Lui lasciava mano libera, voleva che imparassimo dai nostri errori e questo è un aspetto fondamentale nell’evoluzione di un corridore. Poi con calma ci si confrontava e capivo dove avevo sbagliato. Miglior modo d’insegnare non c’è».

L’ultima volta che lo aveva sentito era stata dopo la conquista del suo ennesimo titolo italiano: «Durante tutta la telefonata c’era questo sottofondo di non detto: sapevamo entrambi che non ci saremmo più sentiti e questo mi fa particolarmente male, ora a ripensarci».

Insieme a Bertolini dopo la conquista del titolo italiano. Per Gioele è stato un maestro
Insieme a Bertolini dopo la conquista del titolo italiano. Per Gioele è stato un maestro

Il risultato non è tutto

Un po’ gli stessi pensieri attraversano la mente di Jakob Dorigoni, grande rivale di Bertolini e suo pupillo negli anni alla Guerciotti. L’altoatesino sente profondamente il dolore della sua scomparsa e si limita a poche parole: «Vito era più come il papa nella famiglia Guerciotti, quando c’era un problema si andava da lui. Quel che contava era l’impegno delle persone e per questo mi stimava molto. E proprio questo apprezzavo di Vito. Il risultato non era la priorità più grande. Naturalmente erano tutti contenti se si vinceva e si festeggiava perché era una vera famiglia. Penso che anche per questo con lui ho ottenuto molte vittorie. Riusciva a toglierci la pressione e così noi corridori potevamo concentrarci al meglio sui nostri doveri».

Con Gaia Realini un legame indissolubile, rimasto anche quando la marchigiana ha lasciato il ciclocross
Con Gaia Realini un legame indissolubile, rimasto anche quando la marchigiana ha lasciato il ciclocross

Realini e quella telefonata…

Chi gli deve molto è anche Gaia Realini: «E’ lui che mi ha svezzata, ciclisticamente parlando. Io venivo da un team piccolo, non pensavo neanche di arrivare al team principale in Italia nel ciclocross. Lui mi ha fatto fare il salto di qualità, facendomi crescere attraverso le gare più importanti. Ma quel legame andava al di là, perché Vito era un esempio, ci si poteva parlare di tutto. Mi ha fatto crescere anche come carattere, al di fuori del mondo ciclistico».

Il confronto non è mancato anche dopo che Gaia ha deciso di dedicarsi totalmente alla strada: «Anzi, abbiamo continuato a sentirci e anch’io quando avevo un momento difficile lo chiamavo, ai ritiri del team o anche dopo una gara. Ad esempio, sentendo le critiche per il mio modo di andare in discesa, mi sono confrontata con lui, mi spiegava che cosa fare e ricordo che dopo una tappa al Giro dove avevo ottenuto un risultato importante mi ha chiamato e senza neanche salutarmi mi ha detto “allora, lo vedi che sai andare in discesa…”».

Di Tano con la famiglia Guerciotti tra cui Alessandro ancora piccolo
Di Tano con la famiglia Guerciotti tra cui Alessandro ancora piccolo

Per Guerciotti un uomo di famiglia

L’ultima parola spetta ad Alessandro Guerciotti. Con Di Tano se ne va un pezzo importante della sua vita: «Per me era parte della famiglia, l’ho conosciuto che ero un bambino piccolo e tutta la mia vita lo ha visto presente, fino a quando abbiamo condiviso la responsabilità del team nelle nostre rispettive vesti. Ero stato da lui una settimana prima del mondiale, sapevo che non ci saremmo più rivisti e anche lui sapeva che si stava spegnendo, ma dovevo salutarlo.

«C’è un lato che tutti, indistintamente, mettono in evidenza parlandone ed è la sua grande bontà d’animo. Una persona seria, disponibile con tutti, che ci metteva il cuore e sul quale potevi davvero contare. Soprattutto capace nel lavorare con i giovani e non è un caso se tanti talenti sono sbocciati sotto le sue grandi e sapienti mani».

Grande. Torna questa parola, che tutti hanno espresso. Legata al suo carattere, alla sua persona. Una parola forse spesso abusata. Sicuramente non nel suo caso.

La stagione della Guerciotti, con cambiamenti in corso d’opera

09.10.2024
5 min
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La seconda tappa del Giro delle Regioni di ciclocross ha subito messo in evidenza la forza d’urto della Fas Airport Service Guerciotti, vincitrice fra gli Open con Bertolini (in apertura, foto Billiani) e fra gli juniores con Agostinacchio. Che il team sia il riferimento assoluto della specialità non lo scopriamo certamente ora, ma è chiaro che questa è una stagione particolare per il team, che ha dovuto modificare il suo assetto in corso d’opera.

Bertolini subito dopo il traguardo ha rivolto il suo pensiero a Vito Di Tano, il due volte campione del mondo che da anni curava l’aspetto tecnico della società e che ha dovuto passare la mano in anticipo rispetto ai suoi propositi per motivi di salute. Alessandro Guerciotti che del team è il presidente racconta come le ultime settimane siano state davvero difficili.

Il gruppo dirigente con Luca Bramati e sua figlia Lucia, nuova stella del team femminile
Il gruppo dirigente con Luca Bramati e sua figlia Lucia, nuova stella del team femminile

«La notizia della malattia di Vito ci ha spiazzati, anche perché ci aveva già detto che intendeva chiudere con questa stagione. Ma la sua situazione di salute lo ha costretto a mollare dall’oggi al domani per concentrarsi sulle sue cure e noi siamo completamente al suo fianco. E’ e sarà sempre parte del nostro team, su questo non si discute. Abbiamo quindi affrontato la situazione, essendo chiamati a rivoluzionare tutto lo staff tecnico».

Come siete arrivati a Luca Bramati?

A fine agosto avevamo raggiunto un accordo con sua figlia Lucia. Dopo che la Casasola ha deciso di cambiare squadra e che la Corvi ha chiuso con il ciclocross per concentrarsi sulla preparazione per la Mtb, eravamo rimasti scoperti sul fronte femminile, ma con Lucia sappiamo di aver preso un prospetto molto valido, in grande crescita sia in ambito italiano che internazionale. Poi a settembre Di Tano ci ha dato la brutta notizia, così abbiamo contattato Luca per chiedergli se se la sentiva di seguire non solo sua figlia ma tutto il team e la sua risposta è stata positiva. Era la soluzione migliore possibile considerando anche che Luca ha anche corso con noi e conosce l’ambiente come nessun altro.

Il messaggio di saluto per Lucia Bramati pubblicato sui social del team
Il messaggio di saluto per Lucia Bramati pubblicato sui social del team
Quanto è cambiato il team?

Delle novità ci sono. Ad esempio, oltre alla Bramati, abbiamo portato in squadra anche il più giovane Agostinacchio che ha subito vinto al suo esordio e che raggiunge così suo fratello che era già con noi e corre fra gli U23. Tra gli juniores abbiamo confermato Tommaso Ferri e Mattia Proietti Gagliardoni, fra le Under 23 con la Bramati c’è l’italoalbanese Nelia Kabetaj, poi tra le juniores c’è la confermata Ferri e la novità Bianchi. Siamo scoperti fra le Elite, venendo via la Casasola non c’era un’atleta sulla quale poter investire e soprattutto che potesse garantire un buon rendimento internazionale, quindi andiamo avanti con 5 categorie su 6.

Il vostro obiettivo?

Noi guardiamo sempre ai campionati italiani, lo scorso anno abbiamo colto un clamoroso poker di titoli compreso quello nel team relay e puntiamo a fare altrettanto, anche se sappiamo bene che il tricolore è una gara a sé stante.

Filippo Agostinacchio ha iniziato subito con una vittoria, con lui c’è suo fratello Mattia (foto Billiani)
Filippo Agostinacchio ha iniziato subito con una vittoria, con lui c’è suo fratello Mattia (foto Billiani)
Voi siete un po’ il riferimento per tutto il movimento. Obiettivamente e considerando sia la situazione italiana che quella internazionale, ha ancora significato investire tante risorse, non solo economiche, sul ciclocross?

Noi ne siamo convinti anche perché vediamo che intorno a noi si stanno sviluppando belle realtà. Prendete ad esempio la Beltrami che già lo scorso anno ha affiancato la sua attività sui prati a quella su strada, oppure il Team Cingolani, che sin dall’avvio di stagione ha mostrato un grande potenziale. Sono realtà che investono, che ci credono e che alzano la competitività. Certo, a livello internazionale soffriamo ancora, perché tanti atleti sono affascinati da altre discipline e progressivamente lasciano il nostro mondo, ultimo caso quello della Corvi. Per avere più peso all’estero servirebbe allargare il movimento e considerare il ciclocross non come l’ultima ruota del carro come spesso purtroppo si fa.

E’ un problema di cultura preesistente?

Sì, inutile nasconderlo, dopo l’epoca dei Pontoni e Bramati abbiamo vissuto su episodi sporadici, da Malacarne a Franzoi fino all’exploit di Viezzi, ma sono appunto episodi e questo continuerà finché i ragazzi italiani abbandoneranno la strada della multidisciplina che invece all’estero è la più seguita.

Elisa Ferri resta un riferimento fra le juniores, da quest’anno con lei anche Arianna Bianchi (foto Billiani)
Elisa Ferri resta un riferimento fra le juniores, da quest’anno con lei anche Arianna Bianchi (foto Billiani)
Cambierebbe la situazione se, come viene indicato da più parti, il ciclocross diventasse disciplina olimpica invernale dal 2030?

E’ chiaro che la vetrina a cinque cerchi dà un’immagine diversa di ogni sport, lo abbiamo visto con la mountain bike quale sviluppo sia riuscito ad avere, quali investimenti e ingresso di nuovi sponsor siano arrivati. Non parliamo di una disciplina di nicchia, ma per un vero salto di qualità servirebbe un traino, un campione che faccia la differenza e porti grandi investimenti nel settore.

Che attività farete?

Fino agli europei privilegeremo il calendario italiano per permettere ai nostri ragazzi di crescere di condizione in maniera graduale, poi dopo la rassegna continentale seguiremo di più la stagione internazionale, prendendo parte alla Swiss Cup e partecipando anche alla Coppa del Mondo con Bertolini, la Bramati e Agostinacchio. Sono certo che ci prenderemo le nostre soddisfazioni.

Giro delle Regioni, Bertolini torna nel suo mondo

07.10.2024
5 min
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Una vittoria con dedica speciale. La seconda tappa del Giro delle Regioni di ciclocross ospitata a Tarvisio va in archivio nel segno di Gioele Bertolini, il cui primo pensiero a fine gara è stato dedicare il suo successo a Vito Di Tano, l’ex diesse della Fas Airport Service Guerciotti (ma soprattutto ex campione del mondo) chiamato a 70 anni ad affrontare una dura sfida contro un tumore, per la quale anche noi facciamo un tifo sfrenato per lui…

Bertolini era al suo esordio stagionale e sul fango di Tarvisio, in una gara da vero ciclocross, ha ripreso il feeling con la vittoria ripartendo da quanto fatto durante l’anno in Mtb: «La stagione è stata positiva, sono tornato ad esprimermi ad un buon livello: la vittoria di due circuiti e di 3 corse internazionali credo siano un buon bottino e certamente devo ringraziare anche il Centro Sportivo Esercito che mi aiuta e supporta sempre. Nel ciclocross siamo solo agli inizi, mi sono presentato in una buona condizione, ma credo che c’è ancora molto da lavorare e la brillantezza arriverà più avanti».

Bertolini davanti a Ceolin. Già a Tarvisio il “Bullo” ha mostrato un’ottima condizione (foto Paletti)
Bertolini davanti a Ceolin. Già a Tarvisio il “Bullo” ha mostrato un’ottima condizione (foto Paletti)

I giovani col fiato sul collo…

La vittoria di Bertolini è arrivata al termine di una bella sfida con il vincitore di Corridonia Samuele Scappini: «La mia condizione è buona ma sto svolgendo dei lavori in palestra che non mi consentono di esprimermi come vorrei e poi ho trovato un avversario molto ostico come l’umbro, che mi ha tenuto il fiato sul collo per tutta la corsa».

Dietro, esordio tutto sommato positivo per il campione del mondo junior Stefano Viezzi, passato di categoria e capace di rimontare molte posizioni partendo da dietro, fino alla quinta: «Ero curioso di vedere come si esprimeva nella maggior categoria – afferma Bertolini – e devo dire che è già partito molto forte. E’ un ragazzo molto intelligente ed ha affianco a sé una dei corridori che hanno fatto la storia di questo sport, nonché nostro cittì, e saprà cogliere il meglio dei consigli che gli darà per esprimersi al meglio alle corse».

Sul traguardo Bertolini ha preceduto Scappini, Ceolin, Folcarelli e Viezzi (foto Paletti)
Sul traguardo Bertolini ha preceduto Scappini, Ceolin, Folcarelli e Viezzi (foto Paletti)

Splendido bis per Borello

Se in campo maschile c’è stato subito un cambio nelle gerarchie, fra le donne seconda vittoria consecutiva per Carlotta Borello (Team Cingolani), ma questa volta con molto maggior margine rispetto a Corridonia: «Era un percorso più esigente – racconta la vincitrice che ha preceduto la rientrante Rebecca Gariboldi, assente a Corridonia perché convolata a nozze – con un’altimetria non indifferente, il fango lo ha reso ancora più duro. A Tarvisio sono andata molto meglio della settimana prima, dopo metà del primo giro avevo già fatto la differenza».

La Borello, che seguirà tutto lo sviluppo del Giro puntando al successo finale, viene da una buona stagione alla BTC City Liubljana: «Ho lavorato molto per le compagne, più che risultati ho accumulato chilometri. Io mi sento più una ciclocrossista prestata alla strada (che pure mi piace), infatti ad agosto e settembre corro soprattutto per trovare la condizione in vista dell’inverno».

Ciclismo, ma anche ginnastica…

D’altronde non potrebbe essere altrimenti abbinando la sua attività ciclistica con quella lavorativa: «Mi sono laureata in Scienze Motorie lo scorso anno e da allora lavoro in alcune palestre tutti i pomeriggi insegnando ginnastica artistica, altro sport praticato da piccola. Dopo le imprese azzurre a Parigi, che non mi sono persa neanche per un minuto, c’è stato un autentico boom di richieste».

Il lavoro comunque non le impedisce di ambire a qualcosa d’importante anche nel ciclocross: «E’ chiaro che a una maglia azzurra ci spero come ci sperano tutti, ma passando Elite è più difficile, ci sono meno posti anche perché la concorrenza estera è molto maggiore e più forte. Non mi pongo obiettivi per non restare delusa, vedremo se i risultati mi porteranno anche a qualcosa d’importante».

Lampi fra gli juniores

Capitolo juniores: se in campo femminile si conferma Giorgia Pellizotti (Sanfiorese), fra i ragazzi c’è stata una piccola impresa per Mattia Agostinacchio (Fas Airport Service Guerciotti), che dopo essere andato in fuga e aver forato, vedendo il leader di classifica Filippo Grigolini (Team Cingolani) sfilargli davanti, è rimontato in sella facendo di nuovo la differenza. Un bel segnale non solo per il prosieguo del Giro delle Regioni, che fa rotta verso Osoppo per la terza tappa di domenica prossima, ma anche per la stagione internazionale.

Guerciotti-story, un tuffo fra i campioni di casa

20.12.2023
7 min
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La famiglia-azienda Guerciotti nella sua storia ha prodotto bici, formato corridori, allestito squadre e gare. E quando si è prossimi a festeggiare i primi 60 anni di attività, diventa complicato battezzare i momenti più importanti.

Con l’organizzazione del campionato italiano il prossimo 14 gennaio a Cremona – dove negli ultimi due anni si è disputato il Trofeo Guerciotti – abbiamo colto l’occasione per chiedere ad Alessandro Guerciotti (in apertura con Sara Casasola a Vermiglio) quali sono stati i campioni di casa a cui sono più legati. Un compito di memoria, cuore e speranza forse non facile, sicuramente piacevole.

I big del passato

Appena concludiamo la nostra introduzione, Alessandro Guerciotti ha già pronta la risposta. I primi nomi sono quelli del passato, gli stessi che ha apprezzato anche papà Paolo.

«Vado abbastanza sul sicuro – racconta l’amministratore delegato – nominandone tre. Il primo non può che essere Vito Di Tano. Lui ha fatto la storia prima e dopo per noi. E’ stato un nostro corridore ed ora è il diesse. Ha corso praticamente sempre solo con noi per 13 stagioni vincendo da dilettante sei campionati italiani e due mondiali. Scontato dire che siamo molto legati a lui. L’altro nome è Daniele Pontoni, l’attuale cittì della nazionale. E’ stato con noi 7 anni vincendo tanto, soprattutto manifestazioni importanti. Oltre a diversi tricolori, detiene due primati tutt’ora imbattuti ottenuti con la nostra maglia. Nel 94/95 ha vinto Coppa del Mondo, unico italiano a riuscirci, ed il mondiale elite nel 1997, ultimo italiano a vincerlo».

«Se invece penso ai campioni stranieri – prosegue Guerciotti – non posso che fare il nome del belga Roland Liboton. Per darvi l’idea, lui negli anni ’80, la sua epoca era un cannibale del ciclocross. Una vera star, ciò che adesso lassù sono Van der Poel e Van Aert. Con noi ha vinto due dei suoi quattro mondiali e cinque dei suoi dieci campionati belgi. Ancora adesso quando vado in Belgio per le gare, trovo persone che ricordano bene il connubbio Guerciotti-Liboton di quel periodo. E naturalmente per noi è motivo di orgoglio e soddisfazione».

Marco Aurelio danza e vince nel fango l’italiano 2008. E’ stato lanciato da Guerciotti, ha ricambiato con risultati e visibilità
Marco Aurelio danza e vince nel fango l’italiano 2008. E’ stato lanciato da Guerciotti, ha ricambiato con risultati e visibilità

Epoca recente

L’arco temporale si sposta più avanti con atleti che hanno smesso da poco e le cui imprese appaiono più fresche. E c’è spazio anche per ricordare quei talenti inespressi che avrebbero potuto raccogliere di più.

«Certamente Marco Aurelio Fontana – va avanti Alessandro Guerciotti – è quello che ha contrassegnato un determinato periodo. E’ rimasto da noi per quattro-cinque anni nei quali lo abbiamo fatto sbocciare e lui ha contraccambiato dandoci tanta visibilità. Ha vinto un titolo italiano U23 ed elite, tanti podi in Coppa del mondo da U23 e sempre da U23 nel 2006 ha conquistato un incredibile quarto posto al mondiale che valeva una vittoria. In pratica fu il primo degli umani arrivando dietro a Stybar, Boom e Albert, ovvero tre extraterrestri in quegli anni. Quella per Marco Aurelio fu una grande stagione. Poi ha scelto la Mtb e guardando poi i risultati ottenuti, come il bronzo olimpico di Londra, direi che ha fatto bene».

«Con noi c’è stato anche Franzoi – continua – che avevamo inseguito a lungo. Purtroppo ha vinto meno di quello che poteva, anche per sfortuna. Dorigoni negli ultimi anni ci ha regalato bei successi, tra campionati italiani e tappe del Giro d’Italia del ciclocross. Però l’atleta che ritengo il più grande rimpianto in maglia Guerciotti è Elia Silvestri. Ragazzo dotato di tantissima classe e grande potenza che invece si è perso. Da junior era già con noi facendo quarto al mondiale (dove secondo chiuse Sagan, ndr) poi ha conquistato un argento all’europeo U23. Purtroppo talvolta la testa non segue le gambe e si spreca un talento. Peccato, aveva un potenziale incredibile, che avrebbe potuto vincere molto».

Le grandi ex

I vari team Guerciotti che si sono succeduti nel corso del tempo, hanno poi visto nascere anche le formazioni femminili negli ultimi 15 anni. Una realtà che vanta nomi di spicco.

«La nostra atleta più rappresentativa – spiega Alessandro – è sicuramente Alice Maria Arzuffi. La sentiamo un nostro prodotto. Ha vinto cinque tricolori tra juniores e U23, categoria quest’ultima con cui ha conquistato un argento e un bronzo agli europei. Andando ancora più indietro, ricordo con piacere Sanne Cant, una che poi ha vinto tre mondiali consecutivi da elite. L’abbiamo avuta solo nel suo secondo anno da junior con cui ha vinto a Oderzo e il titolo belga, ma è stato un vero piacere. Passa sempre a salutarci quando ci incontriamo alle Coppe del Mondo».

Fino a pochi anni fa con la maglia Guerciotti correva Gaia Realini. Non era ancora l’atleta di adesso ma già mostrava grandi doti. «Siamo legati a Gaia. Per un paio di stagioni è stata con noi, riuscendo a vincere anche un campionato italiano U23. Aveva ancora un anno di contratto, ma non potevamo chiederle di correre ancora. Abbiamo assecondato la sua volontà di abbandonare il ciclocross per la strada dove andava fortissimo. Siamo molto contenti per quello che sta facendo, è già una delle migliori in assoluto. Quest’anno ci siamo sentiti spesso per tutti i suoi risultati».

Presente e futuro

L’attualità del team FAS Airport Services-Guerciotti-Premac è proprio l’ingresso dei due nuovi sponsor, ormai già inseriti da tempo nel ciclismo. La filosofia per Alessandro sembra essere cambiata, andando verso una linea decisamente giovanile che sta regalando buone prestazioni a tutti i marchi della società.

«Tra gli uomini – chiude Alessandro Guerciotti – oggi ci simboleggia Gioele Bertolini. Ha raggiunto undici anni con noi seppur non consecutivi, ma è il secondo per militanza dietro Di Tano. Gioele ha tagliato tanti traguardi importanti con la nostra maglia. E’ stato il primo italiano U23 ad indossare la maglia di leader di Coppa del Mondo. Da U23 ha vinto il campionato italiano elite, come aveva fatto tra l’altro Silvestri. Ha vinto tappe al Giro d’Italia. E può raccogliere tanto».

«Nelle donne stiamo portando Sara Casasola a livelli sempre più alti. Stiamo facendo un buon lavoro con lei e gli sforzi stanno pagando. Il terzo posto agli europei è un grande risultato. Anche lei correrà su strada, ma al momento il ciclocross resta la sua prima disciplina. Tra le U23 la sorpresa migliore è senza dubbio Valentina Corvi se pensiamo che la sua prima gara di ciclocross l’ha fatta ad inizio novembre. A Vermiglio sulla neve ha chiuso sesta assoluta e seconda U23, prestazione grandiosa.

«Tra i più giovani stanno venendo su molto bene Mattia Proietti Gagliardoni ed Elisa Ferri. Sono al primo anno junior e non gli chiediamo subito i risultati. Vogliamo che crescano con calma per vederli protagonisti più avanti. Il ciclocross non perdona e tutto è possibile, ma nelle tre categorie femminili spero di centrare un bel tris ai prossimi campionati italiani».

Il ciclocross chiude la stagione fra venti di bufera

18.02.2023
6 min
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Come sempre succede, la stagione del ciclocross va lentamente spegnendosi dopo la disputa dei mondiali. La rassegna iridata di Hoogerheide ha però lasciato degli strascichi, soprattutto in casa italiana con un montare di polemiche dettato dai risultati. Ma sarebbe meglio dire dalle mancate medaglie, visti i due “legni” ottenuti peraltro da Venturelli e Persico, le due annunciate punte della squadra.

A innescare le discussioni fra le società di ciclocross sono state le parole di Luca Bramati, tecnico della Trinx, messe per iscritto in una lettera inviata a dirigenti e addetti ai lavori immediatamente dopo la conclusione della rassegna iridata.

«Il comportamento e le decisioni del Cittì Daniele Pontoni, condivise dalla Federciclismo – ha scritto Bramati – sono stati sbagliati sia nel merito sia nel metodo per tutto l’arco della stagione. Nel metodo, è mancato totalmente il dialogo sia con la stragrande maggioranza degli atleti sia con i tecnici e i manager delle squadre. Malgrado questa grave lacuna gli sia stata puntualmente rappresentata a metà stagione in un incontro con presente Roberto Amadio, nulla è cambiato.

«Metodo totalmente assurdo che porta poi nel merito a voler gestire in proprio la rifinitura della preparazione degli atleti a questi campionati del mondo. Senza così coinvolgere chi la preparazione dell’atleta l’ha curata tutta la stagione, stravolgendo metodiche di allenamento e carichi di lavoro. Con esiti evidenziati dallo ZERO nel medagliere finale di Hoogerheide.

Pontoni e Bramati, rivali da atleti, oggi su posizioni concettuali diverse sul futuro del ciclocross italiano
Pontoni e Bramati, rivali da atleti, oggi su posizioni concettuali diverse sul futuro del ciclocross italiano

Pochi azzurri ai mondiali

«Altro grave errore nel merito – prosegue Bramati – portare solo 14 corridori ai mondiali nella vicina Olanda, quando si poteva quasi raddoppiare la nostra presenza. Non convocare atleti è una sconfitta per il movimento. In una disciplina che non regala soddisfazioni economiche, la convocazione ai mondiali è uno stimolo e una crescita per gli atleti, una soddisfazione ed un impulso ad andare avanti per le squadre. Sono stati lasciati a casa, delusi e sconfortati, parecchi atleti meritevoli che non avrebbero sfigurato più di quelli schierati, ma che da questi Mondiali avrebbero avuto motivazioni per continuare e per migliorare».

Ascoltato in merito Bramati ha rincarato la dose: «Le scelte di Pontoni, con il quale peraltro abbiamo frequenti contatti – dice – sono controproducenti per le squadre. Se non porti gli atleti di vertice delle società al mondiale che è la vetrina per antonomasia, cade tutta l’attività, che cosa porti agli sponsor? Se il mondiale viene riservato solo a una ristretta cerchia di corridori, qualsiasi sia il metodo di scelta, non si danno stimoli a tutto il movimento del ciclocross italiano.

Hoogerheide è stata una festa per 50 mila persone. In Italia i numeri sono molto diversi
Hoogerheide è stata una festa per 50 mila persone. In Italia i numeri sono molto diversi

Il contributo delle società

«Si è parlato di scelte dettate da scarsità di fondi – afferma Bramati – ma sono sicuro che ogni società ci metterebbe del suo per sostenere la trasferta. Parlando non solo degli atleti, ma anche del personale a loro disposizione. Faccio un esempio: i belgi ai mondiali, salvo i 2-3 di primissimo livello, hanno al seguito meccanici messi a disposizione dalle squadre di appartenenza. Praticamente ogni atleta ha il suo staff. Perché non possiamo fare lo stesso?».

Nel frattempo Pontoni dava indirettamente una risposta partecipando alla trasmissione Scratch Tv, ospite di Nicola Argesi.

«Ai mondiali erano in 14 – ha detto – ma nel corso dell’anno abbiamo sostenuto, fra trasferta in Spagna a inizio stagione, Coppa del mondo ed europei, 13 trasferte di ciclocross con 150 atleti ruotati fra le varie categorie. La filosofia, condivisa con Amadio, è dare ampio spazio a tutti in queste prove. Al mondiale però andrà un gruppo ristretto, una quindicina di atleti perché è la summa della stagione, dove si deve dare valore alla maglia e devono essere presenti i migliori.

«Le società non possono aspettare sempre che la Federazione si muova – rincara la dose il cittì – anche loro devono sostenere l’attività all’estero, dare possibilità ai propri ragazzi di fare esperienza, crescere ed emergere. E’ stata una decisione tecnica sulla quale sono convinto di andare avanti».

Vito Di Tano, Fabio Ursi, Scorzé 2005
Vito Di Tano, diesse della Gurciotti Selle Italia Elite. Il suo team ha fatto molta attività all’estero
Vito Di Tano, Fabio Ursi, Scorzé 2005
Vito Di Tano, diesse della Gurciotti Selle Italia Elite. Il suo team ha fatto molta attività all’estero

Una linea non condivisa

Il malessere coinvolge diverse società. La Torpado ad esempio, formazione nella quale milita Dorigoni, sarebbe portata ad esempio a limitare la partecipazione del suo pupillo ai soli campionati italiani per preservarlo per la stagione Mtb. Lo stesso Vito Di Tano, responsabile della Guerciotti Selle Italia Elite, non nasconde la sua perplessità.

«Il problema – spiega – è la mancanza di coinvolgimento delle società. Perché non concordare una linea d’azione con tutti i team, prima dell’inizio di stagione? Parliamoci chiaro: pensare di andare ai mondiali solo con gente che possa puntare al podio significa ridurre la presenza azzurra a un numero infinitesimale. Fra gli elite ad esempio, con quei due mostri (Van der Poel e Van Aert, ndr), è una strada impossibile per tutti. Noi facciamo tanta attività all’estero, siamo d’accordo con Pontoni su questo. Il mondiale però ha significati che vanno anche al di là del puro discorso legato al risultato».

Di Tano nella sua disamina chiama in causa anche altri fattori: «Qui in Italia affrontiamo percorsi che sono nella stragrande maggioranza molto diversi da quelli abituali di Belgio e Olanda, proprio per caratteristiche del territorio. E’ chiaro quindi che quando andiamo all’estero abbiamo un gap da colmare ed è difficile. Non essere presenti al mondiale toglie entusiasmo ai ragazzi e alle società, non si fa il bene del movimento».

Fontana ai mondiali ha chiuso 28°, lontano non solo dai campioni belgi e olandesi
Fontana ai mondiali ha chiuso 28°, lontano non solo dai campioni belgi e olandesi

Le differenze con gli altri

Il discorso, evidentemente, coinvolge soprattutto la categoria elite e analizzando le parole dei manager, questo gap è evidente. Non solo nei confronti di Belgio e Olanda, ma anche verso altre realtà più simili a noi, come Svizzera (3 atleti nella top 20), Francia, Spagna. Fontana, unico italiano al mondiale, ha chiuso 28°, preceduto da atleti di 9 Nazioni, quindi non solo le due corazzate che non a caso si sono divise le prime 8 posizioni.

Proprio partendo da questo assunto Pontoni da noi chiamato in causa ribadisce le sue scelte: «Non voglio rispondere a lettere ed entrare nel merito. Il mio pensiero l’ho già più volte condiviso avendo il pieno appoggio della Federazione. La convocazione va a chi se l’è meritata nel corso di tutta la stagione, ribadisco che per gli europei adottiamo una strategia, ma il mondiale è diverso».

Persico e Venturelli hanno chiuso quarte. Difficile considerare questa una mancanza di risultati…
Persico e Venturelli hanno chiuso quarte. Difficile considerare questa una mancanza di risultati…

L’orientamento per il futuro

C’è una preferenza verso le categorie giovanili? «Non è scritto: io considero di portare una media di 3 atleti a categoria. Quest’anno ce ne saranno stati di più in una e di meno in un’altra, ma non è detto che sarà così anche nel 2024. Resta il fatto che la maglia va guadagnata sul campo, perché al mondiale è mio dovere portare il meglio che c’è, la crema del movimento in grado di figurare in maniera degna».

Le bici da ciclocross andranno ora in soffitta per qualche mese, ma è facile presumere che di questi temi si continuerà a discutere. Ma al di là di lettere, chiacchiericci, polemiche, sarebbe bene che proprio a bocce ferme si procedesse con un confronto a viso aperto. Magari indetto proprio dalla Federazione, ascoltando le istanze delle società non solo in tema di convocazioni (Pontoni si assume la responsabilità tenendo fede al suo ruolo, in fin dei conti tornare a casa con due quarti posti qualche lustro fa sarebbe stato impensabile), ma di gestione più generale dell’attività, dalla struttura dei calendari alla promozione presso ai giovani fino all’incentivo verso la multidisciplinarietà. Farsi la guerra in casa difficilmente porta risultati…

Fontana porta a casa un Trofeo Guerciotti tutto nuovo

23.01.2023
5 min
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Il calendario italiano di ciclocross aveva abituato i corridori a chiudere quasi i battenti dopo la disputa del campionato italiano. Questa volta le cose sono cambiate e sei giorni dopo la kermesse tricolore si è tornati in scena per una delle classiche storiche del movimento, il Trofeo Mamma e Papà Guerciotti. Quella che tradizionalmente era la gara di apertura del calendario è diventata una sorta di parata finale della stagione.

La scelta di spostare l’evento lo ha un po’ penalizzato, anche se a conti fatti avere oltre 500 partenti non è cosa da poco. Non si poteva però fare altrimenti e Vito Di Tano, il pluricampione del mondo responsabile tecnico della Selle Italia Guerciotti Elite spiega il perché: «A ottobre non avremmo avuto la possibilità di fare la gara perché a Cremona era in programma nelle date scelte la Sagra del Torrone che è un evento centrale per la città. Il Comune non poteva appoggiarci, non avremmo trovato spazi liberi per la logistica, era realmente impossibile. Abbiamo dovuto fare buon viso a cattivo gioco, ma alla fine la scelta si è rivelata utile».

Fontana ha dominato, chiudendo con 53″ su Dorigoni e 1’20” su Leone (Foto Rodella)
Fontana ha dominato, chiudendo con 53″ su Dorigoni e 1’20” su Leone (Foto Rodella)

Cremona tricolore

Il perché è presto detto: Cremona sarà sede dei campionati italiani nel 2024, quindi la data del Trofeo Guerciotti sarà pressoché confermata e quella dell’ultimo weekend è diventata una sorta di prova generale: «L’attribuzione del campionato italiano è stato un grosso premio ai nostri sforzi, per il 90 per cento il percorso resterà quello di quest’anno e molti concorrenti ci hanno ringraziato proprio per aver avuto la possibilità di fare un test sul tracciato dei prossimi campionati italiani».

Un percorso duro, selettivo: «Abbiamo cambiato qualcosa rispetto al passato – sottolinea Di Tano – dividendo il passaggio sull’argine in due parti, all’inizio e alla fine. Questo è stato un indubbio aiuto, la precedente soluzione avrebbe reso il percorso impossibile. Così è diventato un tracciato molto selettivo: non è un caso se nessuna gara si è chiusa in volata».

Tracciato selettivo

Dello stesso tenore il parere del vincitore, Filippo Fontana che ha bagnato così nel migliore dei modi la maglia tricolore appena conquistata: «C’era davvero tutto quel che serve per un tracciato spettacolare, veloce ma selettivo. Il ghiaccio della notte lo ha reso anche molto infido, bisognava saper guidare, non bastava fare la selezione sui tratti più duri come altimetria. Un tracciato davvero completo».

Al Guerciotti Fontana ha fatto la differenza già dopo due dei 9 giri in programma confermando di attraversare un grande momento di forma. Come se la maglia tricolore gli avesse dato quel quid in più. «Io non credo – dice Fontana – che sia cambiato molto rispetto a prima di Ostia Antica, diciamo che ho consapevolezza dei miei mezzi e di quel che posso fare, ma si tratta molto di concentrazione. Ci vuole un attimo a perdere tutto quel che si è guadagnato, bisogna sentirsi sempre nel mezzo del guado.

«Mi fa piacere indossare questa maglia e aver vinto con essa, ma penso sempre a quel che devo fare, non quel che si è fatto».

Prima vittoria in maglia tricolore per Fontana. Ora fari sui mondiali e poi via con la mtb
Prima vittoria in maglia tricolore per Fontana. Ora fari sui mondiali e poi via con la mtb

Ora i mondiali…

Ed ora quel che lo aspetta sono i mondiali: «Non nascondo che ci spero tanto, prima ci sarà la prova di Coppa del Mondo in Francia domenica prossima, poi il mio obiettivo sarà essere a Hoogenheide per fare il meglio possibile di fronte a veri mostri della specialità.

«Poi tirerò un attimo il fiato e andrò due settimane al caldo per iniziare la preparazione per la stagione di mtb, iniziando a gareggiare già a inizio marzo».

Più di 500 i partecipanti, distribuiti soprattutto fra le categorie giovanili
Più di 500 i partecipanti, distribuiti soprattutto fra le categorie giovanili

Addio Idroscalo, perché?

Non si può archiviare il Trofeo Mamma e Papà Guerciotti senza una considerazione a proposito della sede di gara. Questa era la prova storica dell’Idroscalo di Milano, ma da un paio d’anni la sede è stata spostata a Cremona e il cambio è ormai definitivo: «Una scelta dolorosa ma che alla fine ci ha premiato – afferma Di Tano – l’Idroscalo era diventato impossibile, innanzitutto per l’ottenimento dei permessi, poi per i pericoli che la zona porta con sé: non potevi allontanarti dal camper che le bici sparivano… A un certo punto abbiamo dovuto prendere una decisione».

«A Cremona abbiamo trovato non solo grande disponibilità, ma anche una società, l’Uc Cremonese che ci fornisce un gran numero di volontari con i quali la gestione della gara diventa molto più fattibile. Fulvio Peraboli e il suo staff sono una risorsa insostituibile, una vera macchina da guerra. Abbiamo l’intero parco a disposizione, ora abbiamo la consapevolezza di poter allestire un campionato italiano davvero all’altezza».

Di Tano lancia la sfida: «Competitivi in ogni categoria»

12.10.2022
4 min
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La stagione del ciclocross è appena iniziata, ma già la Selle Italia Guerciotti Elite ha fatto man bassa di vittorie al Giro d’Italia con un ritrovato Bertolini già al centro delle operazioni (in apertura, agli europei 2021). Parliamo di una delle principali società del panorama non solo italiano, perché l’impostazione che il team ha voluto dare è quella il più possibile vicina alle formazioni belghe e olandesi che fanno il bello e il cattivo tempo in campo internazionale. E d’altronde è quello il target della formazione, per il quale Vito Di Tano, l’ex iridato che coordina i ragazzi, lavora.

Il team lombardo consta di 7 atleti, con qualche novità rispetto allo scorso anno: «Con l’arrivo di Sara Casasola abbiamo un’esponente di grido anche fra le elite, mentre Loconsolo va ad aggiungersi ad Agostinacchio e Leone costituendo una forte componente fra gli Under 23. Inoltre è arrivato Nicholas Tavella, vicecampione italiano fra gli allievi 2° anno che passa di categoria e sul quale contiamo molto per il futuro».

Di Tano è da anni manager della Selle Italia Guerciotti, da quest’anno presente in ben 6 categorie
Di Tano è da anni manager della Selle Italia Guerciotti, da quest’anno presente in ben 6 categorie
Partiamo nell’analisi da un elemento che già faceva parte del vostro team: Federica Venturelli, reduce da un’eccezionale stagione fra pista e strada, che ha fermamente voluto continuare anche nel ciclocross…

Lei ha bisogno di continui stimoli agonistici, tanto che va un po’ frenata. Io ad esempio avrei preferito fermarla in questo periodo, ma lei teneva particolarmente a rispondere alla chiamata in azzurro per la trasferta giovanile in Spagna e non me la sono sentita di negargliela. Sa però che non deve spingere perché gli effetti della caduta in Australia ancora si sentono, soprattutto al braccio col quale non riesce a tirare su la bici. Cercheremo comunque di gestirla in modo da farla emergere per le gare titolate.

La Venturelli è un patrimonio di tutto il ciclismo: con Pontoni avete ragionato su come dosarla in questo inverno?

Con Daniele ci sentiamo spesso, lei e la Corvi sono due atlete di primissimo piano che possono davvero ottenere grandi cose ai mondiali anche perché la Backstedt passa di categoria, ma Federica va gestita nella maniera giusta per farla arrivare in forma. Oltretutto con lei bisognerà lavorare anche sull’aspetto tecnico: ha una posizione un po’ statica in bici, può migliorare da questo punto di vista.

Ettore Loconsolo, nuovo entrato nel team a rafforzare il comparto U23 (foto Alessandro Billiani)
Ettore Loconsolo, nuovo entrato nel team a rafforzare il comparto U23 (foto Alessandro Billiani)
Come siete arrivati alla Casasola?

Ci eravamo sentiti già in primavera, Sara voleva trovare nuovi stimoli non perché si trovasse male alla DP66, ma proprio perché a 25 anni dopo molte stagioni nel team friulano voleva respirare aria nuova. Noi le abbiamo dato fiducia e finora l’ha già ripagata, io sono convinto che anche a livello internazionale possa fare bene, aveva solo bisogno di ripartire anche mentalmente.

Che cosa ti aspetti dai tre under 23?

Gli dico sempre che sono bravi, ma devono dimostrarlo. Devono fare il salto di qualità e quello possono farlo solo loro, attraverso il loro impegno. Per crescere hanno bisogno di confrontarsi con il meglio e per questo dovranno gareggiare molto all’estero: la Coppa del mondo prevede che ci siano 5 prove per under e juniores, le ultime 3 da affrontare con la nazionale. Noi saremo nelle altre due e poi gareggeranno nelle altre in mezzo agli elite. Questa è un’arma a doppio taglio, perché ti ritrovi a gareggiare con gente più smaliziata. Se vai bene, il morale cresce, ma se prendi batoste devi saperle valutare e prendere quanto di buono ci può essere a livello di esperienza.

Bertolini punta sull’apertura di Coppa del Mondo a Tabor (foto Alessandro Billiani)
Bertolini punta sull’apertura di Coppa del Mondo a Tabor (foto Alessandro Billiani)
Con voi c’è anche la Realini…

Quest’anno cambia squadra su strada passando alla Trek Segafredo, vedremo che attività potrà fare. Credo che anche lei, come molte altre divise fra ciclocross e strada, farà il suo esordio a dicembre. Si segue la strada tracciata da Van Der Poel e Van Aert ed è normale che sia così. Troppe gare non possono essere fatte, oltretutto i campioni arrivano più freschi quando gli specialisti puri si sono già dati battaglia per settimane. C’è una disparità di forze, ma l’evoluzione del ciclismo è questa.

Bertolini dove può arrivare?

Io sono convinto che il vero Bertolini sia quello di Valkenburg 2018, saldamente fra i primi 10 al mondo, deve solo crederci e avere una stagione priva di infortuni. E’ chiaro che i campioni che vengono dalla strada sono di un altro pianeta, ma io sono convinto che può arrivare lontano e riprendersi quel che la sfortuna gli ha tolto. Contiamo molto anche su Tavella, che ha vinto anche su strada e che ora, cambiando categoria, dovrà dimostrare davvero di che pasta è fatto perché è fra gli junior che si comincia a far sul serio. Abbiamo una squadra completa, ora il verdetto sta alle gare.

Bertolini Di Tano

Di Tano e Bertolini, i due mondi del ciclocross

24.10.2021
4 min
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Guardi Vito Di Tano insieme a Gioele Bertolini e ti vengono subito in mente Davide e Golia, troppa la differenza fisica fra i due, come anche l’epoca nella quale sono emersi. La foto di apertura, in una vecchia conferenza stampa alla Guerciotti, è esemplificativa, eppure i punti di contatto sono tantissimi, a cominciare dal fatto che entrambi sono saliti fino in cima alle gerarchie italiane del ciclocross. Ora quello strano connubio si è ricomposto: è vero, Gioele ha un suo preparatore, ma questo poco incide, in casa Guerciotti Selle Italia rimettere insieme il tecnico ex campione del mondo e il giovane rampante era troppo succulenta.

Il particolare che rende il tutto ancora più simpatico è il fatto che quando poniamo il tema al diesse pugliese, scoppia in una fragorosa risata: «E come si fa a fare un paragone? Io e Gioele siamo proprio agli antipodi, come la notte e il giorno. Due fisici opposti ma anche due epoche molto lontane: spesso ci mettiamo a parlare delle nostre rispettive esperienze, lui neanche ci crede quando gli dico che ai miei tempi nelle gare di ciclocross c’era anche un chilometro e mezzo da fare a piedi, ora se ci sono 200 metri si lamentano…».

Di Tano Mondiali
Vito Di Tano in una foto d’epoca, con la maglia iridata: ha vinto il titolo nel 1979 e 1986
Di Tano Mondiali
Vito Di Tano in una foto d’epoca, con la maglia iridata: ha vinto il titolo nel 1979 e 1986
Eppure nella preparazione dei ciclocrossisti la parte a piedi viene ancora molto curata, Van Aert ad esempio si è addirittura presentato al via di una mezza maratona…

Sì, ma i percorsi ormai sono tutti filanti, veloci, spettacolari. Io mi salvavo proprio per il mio “motore”, a piedi riuscivo a guadagnare molto su chi era più leggero, soprattutto in condizioni di clima e terreno difficili. Oggi ad esempio, di crossisti alti 1,93 come me non se ne vedono tanti, ma anche su strada sono decisamente pochissimi. Lo ammetto, oggi sarei stato in difficoltà…

Bertolini quindi è “figlio” di quest’epoca ciclocrossistica?

Certamente, è ideale per questo tipo di competizioni, in gare dove oltre all’esperienza – e quella se la sta costruendo – servono variazioni, rilanci continui, scatti a ripetizione, un po’ tutto quello che poi viene utile per chi fa la strada.

Gioele non è certo una nuova scoperta per te…

Ci conosciamo da quando iniziò fra gli juniores e il nostro sodalizio è durato fino a 3 anni fa, poi lui ha deciso di provare a dedicarsi con più attenzione alla Mtb per guadagnarsi una chance olimpica, ma ci siamo lasciati amichevolmente e tenuti in contatto. E’ stato sfortunato, l’infortunio lo ha frenato e risalire non è facile, anche perché ti ritrovi sempre a partire da dietro. Quest’anno ci siamo parlati, ci ha detto che voleva tornare a correre nel ciclocross in maniera seria, ritornare quello dei mondiali di Valkenburg e noi siamo subito stati al suo fianco.

Bertolini Mondiali 2018
Gioele Bertolini ai mondiali di Valkenburg 2018, conclusi clamorosamente al 6° posto
Bertolini Mondiali 2018
Gioele Bertolini ai mondiali di Valkenburg 2018, conclusi clamorosamente al 6° posto
Come lo hai ritrovato?

Umile e concentrato. Gioele ha una grande capacità: è uno che si mette sempre in discussione e il suo ritorno nasce da questo. Sa che la ripresa è difficile, praticamente viene da due anni di assenza e quindi nelle prove internazionali deve risalire la china, partire da dietro e ci vuole tempo. Ma lo abbiamo e faremo di tutto perché avvenga. Ha evitato le ultime gare della stagione di Mtb proprio perché tiene a ritornare quello di una volta.

Parlavamo prima delle vostre differenze fisiche. Tecnicamente ci sono punti di contatto fra voi?

Nelle salite, al suo confronto ero un elefante… Gioele è velocissimo, inoltre è dotato di particolari capacità di guida e ha una grande forza nel carattere perché affronta tutto con grande tranquillità, prima e durante la corsa. Questa sua mancanza di ansia fa bene a tutta la squadra, soprattutto ai più giovani. Jakob Dorigoni ad esempio è ben diverso, è più un cavallo pazzo, ha sempre un pizzico di nervosismo, ma è il suo modo di approcciarsi all’evento.

Bertolini Dorigoni 2021
Bertolini davanti a Jakob Dorigoni: compagni di squadra ma molto diversi nell’approccio alle gare (foto Billiani)
Bertolini Dorigoni 2021
Bertolini davanti a Jakob Dorigoni: compagni di squadra ma molto diversi nell’approccio alle gare (foto Billiani)
Rispetto ai tuoi tempi, le bici quanto sono cambiate?

Parliamo di due mondi lontanissimi… Ai miei tempi ad esempio usavamo telai da 65, quelli di ora sembrano la metà, a noi pareva di guidare dei camion con rimorchio per tanto che erano pesanti da rilanciare.

Da Gioele che cosa ti aspetti?

Sta lavorando con calma, il primo obiettivo è essere pronto per l’Europeo del 7 novembre, poi faremo un punto della situazione per programmare la stagione perché non si potrà essere al massimo fino a fine gennaio, dovremo capire dove poter scaricare considerando anche che per noi non c’è solo la stagione internazionale, quella italiana è fondamentale per l’immagine degli sponsor. Dovremo metterci a tavolino e studiare, se avremo messo da parte qualche soddisfazione sarà più semplice.

Di Tano 2021

In vista del ciclocross, Di Tano sorprende tutti

08.08.2021
4 min
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La chiacchierata con il responsabile del Team Guerciotti Selle Italia Vito Di Tano per parlare della stagione dei due gioielli azzurri fra ciclocross e strada si apre con una notizia: Gaia Realini e Francesca Baroni divideranno le loro strade, almeno nel ciclocross. L’ex campione del mondo pugliese non dice di più, per rispetto nei confronti della Baroni con la quale ci sono state opinioni diverse che hanno portato a questa scelta. Certamente si tratta di un fatto inaspettato, soprattutto in una stagione che per la lucchese è diventata difficile per colpa del famoso incidente in allenamento.

Fari puntati quindi su Gaia. Se sul futuro della Baroni non ha più notizie dirette, sull’abruzzese Di Tano ha già la certezza assoluta che sarà ancora diviso fra strada e ciclocross: «Dopo il ritiro di Livigno effettuerà la seconda parte di stagione puntando a una maglia azzurra per gli europei. Poi vedremo come approcciarla al ciclocross tenendo presente la necessità del riposo. Far coesistere le due specialità è possibile e necessario, ma servono comunanza d’intenti da parte dei rispettivi team ed equilibrio nella gestione del ragazzi».

Baroni Di Tano 2021
La Baroni e Di Tano, un binomio che si è scisso a sorpresa: che farà ora la toscana?
Baroni Di Tano 2021
La Baroni e Di Tano, un binomio che si è scisso a sorpresa: che farà ora la toscana?

La sinergia con Fidanza

Di Tano ammette di avere in Fidanza un valido contraltare: «Ciò permette a chi corre in due discipline di avere i giusti tempi di riposo. Non sono ragazzi da spremere a tutti i costi per un risultato, trovare il giusto equilibrio è un vantaggio per tutti».

Il pugliese però va oltre e pensa già a futuri obiettivi per la Realini sui prati: «Stiamo studiando ogni particolare per permettere a Gaia di andare negli Usa, in Coppa del Mondo, perché lì si disputeranno i Mondiali e vedere in anteprima percorso e logistica è fondamentale».

La piccola Realini è stata finora protagonista di una grande stagione su strada: qui dopo l’arrivo a Matajur del Giro
La piccola Realini è stata finora protagonista di una grande stagione su strada: qui dopo l’arrivo a Matajur del Giro

Gli Usa pensando al mondiale

Pontoni ce lo aveva anticipato, senza però specificare nomi: «Gaia ci dovrebbe essere – ribadisce Di Tano – sarebbe importante per lei e per noi, per capire dove può arrivare».

Di Gaia abbiamo già avuto modo di parlare quest’estate, i suoi risultati su strada l’hanno di nuovo posta al centro dell’attenzione, risultati che hanno sorpreso Di Tano solo relativamente: «Ci siamo visti prima dei campionati italiani, le ho fatto fare un po’ di dietro motori e mi sono accorto che stava davvero bene, andava forte in salita, molto forte. Sicuramente deve migliorare nell’aspetto tattico e nella visione di gara, ha la tendenza a restare di lato e in fondo, deve imparare a muoversi in gruppo con più scioltezza, ma è giovanissima, non conosciamo ancora i suoi limiti».

GIC Ferentino
Gaia Realini e Francesca Baroni all’ultimo Giro d’Italia di ciclocross: la sfida si ripeterà nel prossimo inverno?
GIC Ferentino
Gaia Realini e Francesca Baroni all’ultimo Giro d’Italia di ciclocross: la sfida si ripeterà nel prossimo inverno?

Tanto da imparare

Questi progressi su strada si tradurranno anche nel ciclocross? «Sicuramente la strada ti dà un buon fondo, ormai non solo le imprese dei “tre tenori” dicono che per andar forte nel ciclocross serve di più la strada e viceversa, piuttosto che la Mtb. Chi fa attività invernale, su strada è avvantaggiato. Gaia è ancora U23, non dimentichiamolo: quando passerà di categoria dovrà fare una scelta, privilegiare magari la strada ma l’attività di ciclocross sarà un serbatoio di energie al quale attingere. Guardate Rachele Barbieri che cosa ha fatto dopo essere tornata all’attività sui prati…».

Quanti margini ci sono per l’abruzzese nel ciclocross? «Tanti – sentenzia Di Tano – ha ancora molto da imparare soprattutto nella gestione tattica delle gare, nello studio delle avversarie e del percorso. Mi aveva già stupito molto per quel che aveva fatto nell’inverno scorso, ma credo che dopo le meraviglie mostrate su strada potrà fare un altro salto di qualità. Ce lo auguriamo tutti».