Martina Fidanza: ora i mondiali su pista, poi la Visma

24.09.2024
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Una delle prime novità per la stagione 2025 riguarda Martina Fidanza, l’atleta bergamasca passerà infatti alla Visma Lease a Bike Women. Un contratto biennale che chiude la sua esperienza alla Ceratizit, formazione tedesca che negli anni è cresciuta fino ad arrivare nel WorldTour proprio nel 2024. Per Martina Fidanza, alle prese con la convalescenza dopo un incidente in allenamento, la chiamata dello squadrone olandese arriva dopo stagioni in costante crescita

«La convalescenza – dice da casa Martina Fidanza – è più dura del previsto a causa della rottura del gluteo. Ci metterà un po’ a recuperare e il mondiale di pista è dietro l’angolo, manca un mese. Riesco a uscire in bici, ma in maniera blanda, massimo un’ora e mezza a ritmi bassissimi. Giusto per girare le gambe. Oggi ad esempio sono rimasta totalmente ferma».

A inizio settembre si era detta felice per il finale di stagione, pochi giorni dopo è arrivato l’incidente che l’ha fermata (foto Instagram)
A inizio settembre si era detta felice per il finale di stagione, pochi giorni dopo è arrivato l’incidente che l’ha fermata (foto Instagram)

Lo scorrere del tempo

Per Martina Fidanza la stagione è iniziata presto, anzi prestissimo, con gli europei su pista il 10 gennaio. E’ poi proseguita con gli impegni su strada e le Olimpiadi di Parigi. 

«Sono passata dal vedere i mondiali su pista come un obiettivo lontano nel tempo – spiega – al vederli arrivare velocemente e non riuscire ad essere pronta come desidero. Sicuramente darò il massimo, ma il muscolo sarà al massimo delle prestazioni a metà ottobre. Nel mentre dovrò lavorare a regimi minori, onorerò l’impegno, chiaro che dispiace arrivare così. L’ufficialità della firma con la Visma è arrivata tre ore prima dell’incidente, pensare che una notizia così bella sia stata smorzata da questo evento dispiace, rimane però la felicità e l’orgoglio del traguardo raggiunto».

Come trascorri i tuoi giorni a casa?

Cerco di tenere la mente occupata, faccio dei sudoku, mi piacciono e per un po’ non penso ad altro che ai numeri. Poi guardo serie tv, mi sto appassionando a una serie crime, cercare di scoprire il colpevole e risolvere i casi è una bella prova. Infine vedo i miei amici, sto con il gatto e il mio fidanzato. 

Come è arrivato l’interesse degli olandesi?

La Visma cercava una velocista giovane da affiancare a quella che già hanno in rosa. La Vos fa un altro tipo di calendario, servivano due velociste pure. Non mi ritengo una delle più forti in gruppo, però ho dimostrato di avere del potenziale e la squadra l’ha notato. E’ una cosa che mi fa parecchio piacere. Dal Thuringen ho fatto vedere le mie qualità e le due vittorie mi hanno dato una bella spinta. 

Intanto su strada sono arrivate tre vittorie stagionali, due al Lotto Thuringen Tour
Intanto su strada sono arrivate tre vittorie stagionali, due al Lotto Thuringen Tour
Che contatti avete avuto?

Per prima cosa abbiamo fatto una videochiamata dove mi hanno presentato la squadra e hanno capito che tipo di persona sono. L’interesse è stato subito reciproco e dopo siamo passati al condividere i dati e le varie cose tecniche. La proposta ufficiale mi è arrivata dopo le Olimpiadi, la firma, invece poco prima di metà settembre. 

Li hai incontrati anche di persona?

Sono andata in Olanda nella sede principale per conoscere lo staff e il personale. E’ una struttura impressionante, una quantità di bici inimmaginabile. Mi sono sentita subito coivolta, anche perché ho camminato tra le varie maglie e bici dei campioni. Passeggiare e vedere i vari peluche e trofei del Tour conquistati da Marianne Vos o la bicicletta di Van Aert fa emozionare. Sono la prima atleta italiana a far parte del team femminile, è una bella responsabilità, ma non mi pesa.

Risultati che le hanno aperto le porte della Visma Lease a Bike Women, nella quale correrà nel biennio 2025-2026
Risultati che le hanno aperto le porte della Visma Lease a Bike Women, nella quale correrà nel biennio 2025-2026
Quali ambizioni ti poni per la nuova avventura?

Crescere ancora e fare un ulteriore salto di qualità. Voglio essere all’altezza della squadra in cui correrò, direi che cercare di vincere la prima gara di categoria WorldTour può essere un bell’obiettivo. 

Hai parlato della pista?

Ci siamo subito detti dell’importanza della doppia attività e del valore che per me ha la pista. Li ho trovati assolutamente d’accordo e sono disponibili per creare un calendario ideale per le mie caratteristiche e ambizioni. 

Non resta che farti un imbocca al lupo per una pronta guarigione e questa nuova avventura.

Crepi!

L’ultima Vuelta di Gesink, Affini e il gusto per la bici

18.09.2024
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Finita la Vuelta e dopo 18 stagioni da professionista, Robert Gesink ha appeso la bici al chiodo. Non è da tutti trascorrere l’intera carriera nello stesso gruppo: alla fine anche Ulissi ha dovuto rassegnarsi e ha lasciato la UAE Emirates. L’olandese c’è riuscito, con l’aggiunta di un anno nella continental della Rabobank: il team di sviluppo di cui il team si era dotato ben prima di altri.

Con lui alla Vuelta e nei mesi della preparazione, c’era anche Edoardo Affini. Il fresco campione europeo della cronometro ha trascorso la corsa spagnola tirando per Van Aert (finché c’è stato) e mettendo nelle gambe la fatica per le sfide di Hasselt. Però intanto ha potuto osservare gli ultimi giorni da corridore di Gesink e il modo in cui la squadra di sempre lo ha accompagnato alla pensione.

«La sera dell’ultima tappa di montagna – racconta Affini – ci siamo bevuti un bicchiere di vino, perché il giorno dopo c’era la crono, quindi non è che si potesse fare chissà cosa. Invece la domenica sera, siamo stati fuori a mangiare e c’è stato un momento un po’ più rilassato con la squadra e tutto lo staff. Abbiamo fatto un po’ di cinema. Qualcuno ha raccontato degli aneddoti. C’erano i vari capi, poi Robert ha ringraziato tutte le persone che gli sono state vicine durante il percorso, la famiglia e i vari allenatori. Quello è stato il momento della chiusura.

«Invece al via di Lisbona – prosegue Affini – la squadra gli aveva consegnato due bici personalizzate. Sul tubo orizzontale c’erano i vari colori delle maglie che ha indossato nello stesso gruppo. Quindi per esempio l’arancione della Rabobank, il verde della Belkin, il blu di Blanco. Gli hanno fatto la bici da strada e anche quella da cono, in modo che gli resti il ricordo degli ultimi 18 anni».

Sei arrivato nella squadra olandese che Gesink era già in una fase discendente della carriera. Che ruolo ha avuto nel tuo inserimento?

Ci tiene a darti una mano. Essendoci praticamente nato, sa benissimo come lavora tutta l’organizzazione, quindi è stato un buon punto di riferimento per chi, come me, era appena entrato in squadra. L’ho sempre considerato un punto di contatto tra i corridori, i direttori e i manager. E’ comunque uno che si ascolta volentieri.

Cosa sapevi di lui quando nel 2021 sei arrivato alla Jumbo-Visma?

Quando sono passato professionista, aveva già iniziato la carriera da gregario e comunque era uno degli uomini di fiducia dei vari capitani. Però sapevo che era stato una delle grandi speranze del ciclismo olandese. Purtroppo però, ha avuto diversi infortuni che l’hanno segnato. E da quel momento è iniziata la transizione da capitano o comunque da leader a uomo squadra. Che poi si può essere un leader anche nel ruolo di uomo squadra, non solo per i risultati, mettiamola così.

Tra le vittorie più belle di Gesink, la tappa dell’Aubisque alla Vuelta 2016
Tra le vittorie più belle di Gesink, la tappa dell’Aubisque alla Vuelta 2016
Avete fatto insieme la Vuelta, avreste dovuto fare il Giro…

Dovevamo fare il Giro l’anno scorso, però si è ammalato. Dovevamo fare il Giro quest’anno ed è partito, però si è ritirato alla prima tappa per la caduta di Torino. Siamo partiti insieme alla Vuelta del 2022 e per un po’ l’abbiamo fatta assieme, poi però io sono dovuto andare a casa perché ero positivo al Covid. Quindi guardando il quadro completo, con lui ho fatto soltanto la Vuelta del 2024. In compenso, negli ultimi due mesi penso di aver visto più lui che la mia compagna.

Come mai?

Abbiamo fatto il ritiro a Tignes, quindi tre settimane insieme nello stesso appartamento. Poi siamo andati a Burgos e da lì alla Vuelta. Diciamo che ho vissuto molto da vicino i suoi ultimi due mesi da corridore. Eppure negli allenamenti e nella quotidianità non ho visto assolutamente alcun tipo di differenza. Super professionale, super motivato in qualsiasi aspetto. Sulla bici, giù dalla bici, negli esercizi a corpo libero prima di partire e anche dopo. Era sempre sul pezzo, non ha mollato proprio niente.

Pare sia sempre stata la sua grande qualità…

Infatti da quello che mi raccontano i miei compagni e quelli che l’hanno vissuto anche prima, Robert è sempre stato un corridore ultra professionale. E’ un grande amante della bici. Infatti scherziamo spesso o comunque abbiamo scherzato spesso sul fatto che adesso finalmente non dovrà più seguire una tabella, ma potrà fare tutte le ore che vuole. Finora magari c’era l’allenatore che gli diceva di non fare sei ore, ma di farne quattro con una serie di lavori specifici.

Invece adesso?

Invece adesso può prendere la bici e farci tutti i chilometri che vuole. Non credo che si metterà a correre in gravel come Valverde, ma adesso se vuole, può uscire la mattina e rientrare la sera. Abbiamo iniziato a prenderlo in giro sul bus, prima della tappa del sabato, l’ultima di montagna. «Dai che oggi è l’ultima volta che attacchi il numero, l’ultima volta che sei in gruppo. Divertiti!». Tutte stupidate così. Tanto lui sta allo scherzo. Non so cosa farà, ma di certo non scenderà dalla bici.

Parte la Vuelta e si rivede Kuss, ultima maniglia per la Visma

16.08.2024
8 min
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«Vincere la Vuelta – dice Kuss, americano di 29 anni – è stato un’esperienza davvero speciale, soprattutto se penso a quello che ha significato per me come corridore. Per il resto, non credo che mi abbia cambiato molto come persona. Certo, quando hai successo nello sport, ti aspetti sempre di più o ti concentri di più. Però in un certo senso questo rende le cose più difficili. Da una parte è bello avere il riconoscimento, ma si tratta sempre di trovare un equilibrio».

Domani Lisbona ospiterà il via della Vuelta e il vincitore uscente è ricomparso dopo un lungo periodo di silenzio in quota e la vittoria alla Vuelta a Burgos che gli ha dato tanto morale. Lo scorso anno Sepp Kuss era un gioviale e generoso gregario, capace di interviste di sconfinata umanità. Accompagnò Roglic alla vittoria del Giro e subito dopo Vingegaard alla terza maglia gialla. E quando tutti si stupirono perché sarebbe andato anche alla Vuelta, lui la Vuelta la vinse, passando alla dimensione di vincitore di un Grande Giro. Va bene, la vittoria gliela avranno anche lasciata i due illustri compagni, ma nella fuga verso l’Observatorio Astrofísico de Javalambre che gli permise di conquistare il primato ci entrò lui e alla fine la maglia rossa appesa idealmente sul camino resta un trofeo ampiamente meritato.

Dopo il Giro con Roglic e il Tour con Vingegaard, la Vuelta 2023 vide la vittoria della Jumbo con Kuss, scortato dai due compagni
Dopo il Giro con Roglic e il Tour con Vingegaard, la Vuelta 2023 vide la vittoria della Jumbo con Kuss, scortato dai due compagni
Eri mai stato a Lisbona?

C’eravamo stati in vacanza, ma questa non sarà una vacanza. Fu davvero bello e in qualche modo sarà bello anche questa volta, perché le prime tre tappe saranno perfette per entrare nel vivo della gara. Una cronometro relativamente breve (12 chilometri, ndr) e poi alcune tappe più semplici ci daranno il ritmo e metteranno un primo ordine nella classifica.

Lo scorso anno alla partenza dicesti che i due favoriti sarebbero stati Roglic e Vingegaard: come sarà ora che loro non ci sono?

Primoz ci sarà, ma con un’altra maglia (sorride cogitabondo, ndr). L’anno scorso è stata una circostanza unica. Essendo loro i leader della squadra, sicuramente all’inizio tutti guardavano loro e io sono riuscito a infilarmi in quella fuga che si è rivelata molto decisiva. Quest’anno senza loro due sarà diverso. Non voglio dire che c’è più pressione, ma non c’è nessun altro che possa aiutarmi e io non posso contare su due dei migliori corridori da corse a tappe al mondo. Questo darà alla corsa un’altra impostazione.

Hai vinto la Vuelta a Burgos, questo significa che arrivi nella forma che speravi?

Sì, penso che la mia forma sia piuttosto buona. Sono stato sorpreso di andare così forte a Burgos, ma è bello quando le cose vanno bene in modo inatteso. Non correvo da due mesi, dal Delfinato. Non vincevo dalla Vuelta dello scorso anno, quindi di sicuro da quella vittoria ho avuto una bella spinta mentale. In ogni caso però in un Grande Giro è sempre diverso. La cosa più importante è che mi sento abbastanza fresco per questa Vuelta. A questo punto della stagione quel che conta è essere forti e recuperare bene.

Alla Vuelta a Burgos, Kuss vince la tappa di Lagunas de Neila, con dedica al bimbo in arrivo
Alla Vuelta a Burgos, Kuss vince la tappa di Lagunas de Neila, con dedica al bimbo in arrivo
In ogni caso hai vinto in condizioni ambientali simili a quelle che si troveranno alle Vuelta.

Sono molto contento di questo. Quando ho vinto a Lagunas de Neila è stata una giornata dura, soprattutto a causa del caldo. Sulla salita finale ho fatto parecchia fatica, ma volevo provare almeno una volta. Quando ho visto che avevo preso vantaggio, ho dato il massimo. Sono contento che abbia funzionato e voglio ringraziare i miei compagni di squadra per tutto il lavoro che hanno fatto.

Non ti consideri il favorito, ma come ci si sente a partire con il numero uno?

Davvero bene. E’ un onore essere di nuovo qui come vincitore uscente e voglio fare del mio meglio per onorare questo fatto, con tutto ciò che ne consegue. Insomma (sorride, ndr), non vedo l’ora. Mi piace sempre correre la Vuelta. Vivo ad Andorra, mi sento un po’ spagnolo anche io. Le persone lungo il percorso sono molto carine, cantano il mio nome e mi fanno sentire apprezzato. Questo è uno dei motivi per cui sono davvero emozionato di correre la Vuelta. E farlo da campione uscente sarà un altro motivo di orgoglio.

C’è tanto scetticismo da parte del pubblico sui corridori che vengono fermati ancora per il Covid, puoi dirci come mai sei stato costretto per questo a saltare il Tour?

In realtà è stato davvero strano. Le altre volte che ho preso il Covid, non è mai stato un problema. Solo pochi giorni di malessere e poi ho sempre potuto continuare con la mia vita. Questa volta invece ci ho messo tanto tempo, anche solo per recuperare la miglior efficienza dei polmoni. Sono stato incredibilmente affaticato per diverse settimane, quindi a quel punto non avrei nemmeno potuto immaginare di iniziare il Tour de France. Fortunatamente alla fine tutte le complicazioni sono passate ed è arrivato finalmente il momento in cui tutto ha ricominciato a funzionare. E ora mi sento normale.

E’ stato difficile restare concentrati sulla stagione?

Posso dire certamente che saltare il Tour sia stato per me molto deludente, ma non ero nello stato d’animo e fisico di pensarci come a una concreta possibilità. Ho dovuto prendere tanti antibiotici e questo mi ha buttato giù parecchio, per cui una volta che mi sono fatto una ragione di dover stare fermo, ho iniziato a concentrarmi su quello che avrei potuto fare dopo. E la Vuelta era chiaramente la possibilità principale.

Tornando alla Vuelta, la UAE Emirates e la Red Bull-Bora hanno squadre fortissime, pensi di potergli tenere testa?

Vero, hanno team super forti, però penso che la Vuelta sia una corsa diversa dal Giro e soprattutto dal Tour. Ovvio che la squadra serva, non voglio dire il contrario, ma qui spesso ci sono salite finali così ripide che le strategie passano in secondo piano e tutto si riduce al confronto fra chi ha gambe e chi no. Ma è anche vero che ci sono molte tappe in cui può essere complicato se quei team così forti hanno più corridori a disposizione nei momenti salienti della corsa. Ci sono sempre situazioni in cui le cose possono essere un po’ meno controllate. Quindi, in sintesi tutto ciò significa che ci saranno più corridori da tenere d’occhio e che bisognerà essere intelligenti e forti nei momenti giusti.

Con il via dal Portogallo, come vedi l’equilibrio in casa UAE Emirates: Almeida sarà uno dei favoriti?

Penso di sì. E’ un corridore che va forte in tutte le gare che fa. Al Tour de France è stato super forte accanto a Pogacar. E penso che quest’anno alla Vuelta, proprio per il fatto che si parte qui dal Portogallo, avrà delle motivazioni in più. Quindi non so come siano organizzati nella loro squadra, ma credo che Joao sarà un grande favorito.

Com’è il tuo rapporto con Roglic e come sarà correre contro di lui?

Abbiamo un bel rapporto. Certo, ora siamo avversari e penso che a qualsiasi gara partecipi, Primoz sia sempre un grande rivale e uno dei principali favoriti. Perciò sono sicuro che tutti guarderanno a lui. Poi ammetto che soprattutto all’inizio sarà strano. Quando sei abituato a stare nella stessa squadra con qualcuno per così tanto tempo (i due sono stati compagni di squadra dal 2018 al 2023, ndr), ritrovarlo come avversario non sarà immediato.

Tanti utilizzano la Vuelta come preparazione per il mondiale, che sarà anche duro: pensi che sarà così anche per te?

Direi proprio di no. In quei giorni mia moglie dovrebbe partorire e penso sia meglio che io mi faccia trovare a casa.

Hai parlato di salite molto dure, ne vedi una in particolare?

Penso che il Cuito Negro, arrivo della quindicesima tappa, sia la più temibile. Però anche il Picon Blanco è davvero duro, esposto e molto ripido. E soprattutto sarà l’arrivo della ventesima tappa, saremo tutti belli stanchi.

La Visma-Lease a Bike per Kuss avrà Van Aert e Affini: entrambi attesi anche a una bella crono
La Visma-Lease a Bike per Kuss avrà Van Aert e Affini: entrambi attesi anche a una bella crono

Il via con una crono

Di più non dice. Un po’ perché se nasci gregario, fai fatica a recitare da star. E un po’ perché Kuss ha capito da un pezzo che lasciare ad altri il peso della corsa sia il modo migliore per approfittare di eventuali passaggi a vuoto e infilarsi come il piccolo cuneo che con due colpi giusti spacca anche il tronco più grande.

Si comincia domani a Lisbona, con la partenza del primo corridore alle 16,23 da Praca do Imperio e l’arrivo a Oeiras dopo 12 chilometri. Strada costiera, un paio di avvallamenti e semmai il rischio di vento. Alla Visma-Lease a Bike non lo dicono, ma puntano forte con Wout Van Aert, bronzo a Parigi. Con la minaccia di Tarling che vorrà rifarsi proprio per la foratura e la delusione olimpica.

La favola di Gloag, oggi vincente, un anno fa all’ospedale

01.08.2024
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Ci sono vittorie che hanno un significato particolare. Magari in prove piccole, ma che possono anche valere un record. Quella di Thomas Gloag al Czech Tour ha questo sapore: non è capitato spesso che un corridore fermo da un anno, appena tornato in gruppo riassapori subito il gusto della vittoria.

La sua storia va quasi centellinata per capire bene il valore della sua impresa: Gloag nell’agosto del 2023 era stato investito da un’auto mentre si stava allenando: «Quando mi tirai su guardai la mia gamba sinistra e mi accorsi che il ginocchio non era a posto». Il responso era la rottura completa della rotula, che gli è costata un’operazione e un lungo periodo di fisioterapia. Un periodo difficile, fisicamente e di conseguenza psicologicamente: «Ho avuto vicini la mia ragazza Lucilla, lo staff della Visma-Lease a Bike, i fisioterapisti e tutti si sono impegnati per tenermi su, per farmi vivere quest’esperienza nella maniera più positiva, per combattere lo scoramento. Se sono tornato lo devo a loro, non potrò mai ringraziarli abbastanza».

Per il londinese un anno di sofferenze dopo un incidente in allenamento con frattura di una rotula
Per il londinese un anno di sofferenze dopo un incidente in allenamento con frattura di una rotula

Ciclista con l’anima del Gunner

Il britannico, nei giorni precedenti la corsa, non faceva che dichiarare di considerare la sua sola presenza come una vittoria: «Sono tornato a vivere, a gareggiare, a respirare quest’atmosfera e per me che vivo questa passione con tutto me stesso è già tanto».

Londinese purosangue, tifosissimo (un vero Gunner…) dell’Arsenal come un Nick Hornby un po’ più giovane, a dispetto della sua provenienza Gloag aveva dato subito dimostrazione di essere uno scalatore puro, seppur senza grandi asperità da affrontare nei suoi primi anni: «Io però ho preso la mia attività molto sul serio sin da subito. Già da ragazzino lavoravo su zone sotto soglia e sul ritmo, m’impegnavo per migliorare soprattutto il mio motore aerobico. Era tutta fatica e resistenza, molti dicono che fossi precoce, esagerato, ma già allora volevo raggiungere vette sempre più alte.

Gloag con Roglic, che ha aiutato a vincere il Giro 2023. Era arrivato in extremis, al posto di Tratnik
Gloag con Roglic, che ha aiutato a vincere il Giro 2023. Era arrivato in extremis, al posto di Tratnik

Da bambino, maniaco dell’allenamento

«La svolta è stata l’ingresso nel team Trinity nel 2021: lì ho capito che avevo ancora tantissimo da imparare. Non sapevo nulla di quel che è il ciclismo vero: basti pensare che da junior prendevo 30 grammi di carboidrati e mezza bottiglia d’acqua a gara. Ora siamo a 120 grammi l’ora… Sono sempre andato meglio in salita, forse per genìa, mentre mi sono dovuto impegnare molto per la discesa, al punto da chiamare un insegnante che mi ha spiegato come approcciare una curva, come regolare i pedali, spostare il peso, inclinare la bici pur restando dritto. Ora vado meglio, ma c’è ancora tanto da migliorare».

La sua crescita giovanile era stata abbastanza veemente, tanto da fargli chiudere il Giro Under del 2021 ai piedi del podio. Le sue doti non erano sfuggite al dorato mondo WorldTour, così la Visma-Lease a Bike lo ha subito messo sotto contratto.

Fondamentale è stato il supporto del team, che non ha mai smesso di credere in lui
Fondamentale è stato il supporto del team, che non ha mai smesso di credere in lui

Il lockdown sulle Ande…

Tornando al discorso relativo alla salita, questa affinità ha anche radici… sudamericane. Grande amico del fratello di Esteban Chaves, ha ricevuto l’invito a trasferirsi in casa loro nel periodo del Covid: «Ho perso letteralmente la testa per quei luoghi, quella gente così disponibile e gentile. Le Ande sono qualcosa d’incredibile, puoi trovare montagne per 50 chilometri poi per 200 neanche una salita. E poi, non ricordo di aver mai mangiato frutta e verdura più buone…».

I mesi della riabilitazione sono stati difficili, al di là del supporto. Settimana dopo settimana, il corpo che non dava segnali di ripresa, i dubbi che s’insinuavano nella sua mente. Gloag ha trovato un appiglio nella matematica, che studia all’Open University: «Avevo bisogno di qualcosa di diverso, di non essere sempre focalizzato sulla bici. Quella è stata la mia forza, è stato fondamentale per tenere il cervello occupato».

La vittoria di tappa all’Avenir 2022. Gloag è considerato uno dei migliori scalatori britannici (foto Fletsch)
La vittoria di tappa all’Avenir 2022. Gloag è considerato uno dei migliori scalatori britannici (foto Fletsch)

Ora si volta pagina

Gloag ha conquistato la vittoria come meglio non poteva. Nella terza tappa con arrivo a Dlouhe Strane, il corridore è riuscito a eludere anche la stretta sorveglianza della Uae Emirates, con Hirschi e Ulissi che facevano un po’ il bello e il cattivo tempo in corsa, riuscendo ad arrivare al traguardo in assoluta solitudine.

«E’ indescrivibile quello che provo – dichiarava sul palco – per me già essere presente era un grande regalo, ma vincere è stato un clamoroso bonus col quale ho messo la parola fine a una parentesi troppo lunga, fatta di Covid, tonsillite, un infortunio alla schiena, 10 punti di sutura al ginocchio, poi l’investimento con tutto quel che ne è conseguito. Direi che può bastare, ora spero di vedere altre cose».

Il calvario di Belletta: dall’ospedale al Czech Tour

28.07.2024
4 min
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Il nome di Dario Igor Belletta lo abbiamo ritrovato su una lista di partenti ad una gara dopo tre mesi dall’ultima volta. Nel mezzo, per il corridore del devo team della Visma-Lease a Bike, c’è stato un lungo calvario causato da una caduta al Tour de Bretagne. In Francia Belletta ha rimediato diverse fratture e un grande spavento. Ora ha ripreso la bici e sta riassaporando le sensazioni della gara al Czech Tour, la sua prima apparizione nel team dei grandi. 

«Oggi stavo parecchio bene – afferma il lombardo dopo la seconda tappa – è la prima corsa dopo tanto tempo e avere queste sensazioni mi fa piacere. Prima dell’ultima salita ero con i migliori trenta, ho lavorato per la squadra anche se poi non abbiamo capitalizzato. Ho fatto una delle mie migliori prestazioni di sempre e ne sono felice. Vuol dire che il peggio ormai è alle spalle».

Una foto del lombardo dopo l’incidente al Tour de Bretagne. Era il 26 aprile
Una foto del lombardo dopo l’incidente al Tour de Bretagne. Era il 26 aprile

Tre mesi fuori

La stagione di Dario Igor Belletta si è interrotta a fine aprile in Francia, al Tour de Bretagne, poco prima di tutti gli appuntamenti più importanti per la stagione U23. 

«Al Bretagne sono caduto – racconta – ed ho subito diverse fratture, tra cui una allo zigomo che ha richiesto un intervento chirurgico per recuperare. Un’operazione alla faccia a 20 anni non è mai semplice da subire, ma per fortuna il chirurgo ha fatto un gran lavoro e praticamente i segni sono invisibili. Mi hanno messo anche delle placche nella zona della guancia, il che non rendeva semplice pedalare, visto che ogni buca o dosso mi causavano dolore».

Cosa hai pensato in quel momento?

In realtà i ricordi sono confusi. Dopo la caduta ho perso i sensi e mi sono risvegliato due ore dopo in ospedale. Non sapevo nemmeno di essere stato ad una corsa. Quando gareggi in bici sai che vai incontro a certi rischi, ma quando ti capitano cambi prospettiva. Guardi gli altri correre e non è bello, però sei felice di stare bene e non vedi l’ora di riprendere. 

Dario Igor Belletta incontrato questa primavera al Giro del Belvedere
Dario Igor Belletta incontrato questa primavera al Giro del Belvedere
Com’è stata la prima uscita in bici dopo l’intervento?

Penso di non essermi mai goduto così tanto un’ora in sella alla mia bicicletta. La squadra mi è stata parecchio vicina, tanto da farmi firmare il prolungamento del contratto di un altro anno con il devo team. Non ho avuto nessun tipo di stress o pressione.

I compagni?

Mi sono stati vicini. Ad un mese dalla caduta sono andato a Borgomanero, dove c’era l’arrivo della quarta tappa del Giro Next Gen. Respirare l’aria delle corse, passare le borracce ai miei compagni mi ha fatto sentire parte della squadra. Sono tornato a respirare l’aria delle corse e mi sono dato un obiettivo, guarire e tornare. 

Belletta è alla Visma-Lease a Bike dallo scorso anno e ci resterà una stagione ancora
Belletta è alla Visma-Lease a Bike dallo scorso anno e ci resterà una stagione ancora
Poi c’è stato da ricostruire la condizione, per tornare alle gare…

Un mese dopo l’operazione sono andato con il team in altura ad allenarmi per una ventina di giorni. Ho gettato le basi per ripartire e penso di averlo fatto al meglio, viste anche le sensazioni che ho avuto in questi giorni. Ora vediamo, rimango sempre speranzoso di ottenere una chiamata da Amadori per il mondiale o l’europeo. 

Con la squadra che obiettivi hai?

Di vedere la gamba crescere ancora e stare sempre meglio. Poi spero di tornare a correre con i professionisti nelle gare di fine stagione in Italia, di solito la squadra partecipa alla Tre Valli e alla Bernocchi. Sarebbe bello esserci. 

Intanto hai collezionato la tua prima presenza tra i pro’ al Czech Tour, com’è andata?

Posso dire che la prima tappa, che era totalmente piatta, è stata noiosa. Il gruppo non ha lasciato andare la fuga e quindi la giornata è stata super controllata. Da un lato, per me, è andata bene visto che ho ripreso confidenza nel pedalare con 170 persone accanto. Mi serviva ritrovare un po’ di fiducia, dove lasciavo dieci centimetri ora mettevo due metri. Quindi quei primi chilometri sono stati utili. In allenamento ero tornato a pedalare in un gruppetto, ma è in gara è tutto diverso, più frenetico. Nei giorni successivi ho riacquistato tanta fiducia.

Il Tour di Vingegaard: ragionando a mente fredda con Pino Toni

28.07.2024
6 min
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Cosa ci ha detto il secondo posto di Jonas Vingegaard al Tour de France? Ci sono diversi aspetti da valutare a mente fredda riguardo al danese. Come è variata la sua condizione nel corso delle tre settimane. Come ha reagito fisicamente e mentalmente. Cosa ci si può attendere da lui.

Sono aspetti tecnici che svisceriamo con il preparatore toscano Pino Toni, il quale su certi temi, forte della sua esperienza, ha vedute a 360°.

Pino Toni ha collaborato con molti team e tutt’ora collabora con atleti professionisti
Pino Toni ha collaborato con molti team e tutt’ora collabora con atleti professionisti
Pino, partiamo da un tuo giudizio generale sul Tour di Vingegaard.

Se è vero quello che ha detto il suo staff, e cioè che è andato più forte di quando ha vinto il Tour, e io ci credo perché altrimenti in quel team non lo avrebbero portato, direi che ha fatto una grande corsa. Jonas e la Visma-Lease a Bike hanno fatto un gran bel lavoro per rimetterlo in sesto, ma non è bastato. L’altro, Pogacar, nel frattempo è cresciuto tantissimo. I 6,7 watt/kg che ha espresso l’anno scorso sulle salite lunghe non bastavano più. Adesso servono i 7 watt/kg. Sono cambiati i parametri di riferimento. Almeno per vincere, perché comunque con 6,7 watt/chilo si è competitivi. Non dimentichiamo che Vingegaard ha messo dietro il miglior Evenepoel di sempre.

In tanti si aspettavano una crescita di Vingegaard nel corso delle tre settimane. Non è avvenuto, come mai?

Perché questo è il ciclismo attuale di altissimo livello. Anche se sei un Pogacar o un Vingegaard, se non arrivi al top non cresci come un tempo. Oggi non è più possibile. E poi questo aspetto secondo me va visto in modo un po’ diverso.

Cioè?

Secondo me in casa Visma non si aspettavano tanto che crescesse Vingegaard, quanto piuttosto che calasse Pogacar, che di fatto sarebbe stato alla sesta settimana di corsa tra Giro d’Italia e Tour. Che calasse di condizione. Perché poi c’è anche da fare un distinguo fra condizione e prestazione.

D’ora in poi non sarà facile per Jonas inseguire Tadej
D’ora in poi non sarà facile per Jonas inseguire Tadej
Spiegaci meglio.

La condizione è la base, la prestazione è la performance. Faccio un esempio, per ottenere un’ottima prestazione, se magari voglio che il mio atleta faccia i suoi 20′ migliori di sempre, fatta la sua preparazione gli faccio fare due giorni di scarico, uno di attivazione e poi il test sui 20′ e se tutto va bene otterrò il suo top. La condizione invece nel caso del Tour è il livello base di quell’atleta. Sono le capacità dell’atleta a reagire al gruppo, agli eventi e alle condizioni della corsa. E’ il riuscire a stare davanti, a fare la gara. Non si tratta solo di numeri.

Lo abbiamo visto anche al Giro Women che il caldo ha fiaccato le ragazze, non hanno espresso i migliori valori, ma hanno comunque creato delle differenze: questo è il concetto?

La condizione di Vingegaard era buona, ma inferiore a quella di Pogacar. Anche quando ha vinto la tappa, la faccia di Jonas non era bellissima. Si vedeva che aveva speso molto. Lì per esempio, nel suo caso, si è trattato di una performance. Jonas era più fresco, mentre l’altro aveva un Giro d’Italia alle spalle. Ma poi la condizione era diversa. Per questo io credo che ora, al netto dell’incidente di Vingegaard, Pogacar sia più avanti.

Per Toni, Vingegaard non ha grande margine di miglioramento, specie a crono dove lui e il suo team erano già ad un livello stellare
Per Toni, Vingegaard non ha grande margine di miglioramento, specie a crono dove lui e il suo team erano già ad un livello stellare
E quindi adesso Vingegaard cosa dovrà fare? Dove potrà limare ancora?

Intanto un’altra cosa che ci ha detto questo Tour è che un avvicinamento senza incidenti è fondamentale. Entrambi, si è visto, che con l’incidente lo hanno perso. Che sia un fattore di numeri, di testa, di piani scombussolati… ma incide. Dove può crescere o limare il danese: io credo che più di tanto non possa crescere. Semmai dovrebbe migliorare in salita. Jonas può vincere un Tour contro Pogacar solo se è più forte, ma di tanto, in salita. Lo deve staccare in modo netto.

Perché?

Perché ora Tadej è più forte anche a crono. Ha fatto dei passi enormi, ma loro in UAE Emirates avevano da limare. In Visma non so quanto spazio abbiano ancora nella crono per migliorare. In UAE ci sono arrivati adesso perché in fin dei conti prima non avevano questa necessità. Ma questo ci dice anche che oggi per vincere a certi livelli l’atleta da solo, benché forte, non basta più. Servono gli staff. E loro due hanno due squadre importanti. Un po’ come la Formula 1.

In F1 si mette in pista una monoposto, nel ciclismo si mette in corsa un atleta…

Esatto. Chiaro che serve un grande atleta, questo è ovvio, ma poi serve che chi è dietro di loro vada oltre. Esca dalle righe, dalla routine, che faccia ricerca. Ricerca sui materiali, sull’alimentazione, sull’integrazione…

E’ una sfida anche di staff: tutti devo spingersi oltre, non solo gli atleti leader
E’ una sfida anche di staff: tutti devo spingersi oltre, non solo gli atleti leader
Come ne esce Vingegaard mentalmente secondo te? 

Per me Jonas deve considerare il suo Tour come un super Tour. E’ comunque il secondo al mondo nonostante quel grosso incidente ad inizio aprile. Sarà rimontato in bici a fine aprile, avrà ripreso a fare qualche allenamento specifico a maggio, mentre l’altro vinceva il Giro. Non ha avuto i tempi per metabolizzare quanto fatto. Ma per il resto ha messo dietro tutti, tutti tranne uno. Quindi per me ne deve uscire con un giudizio positivo.

A mente fredda abbiamo visto davvero che Pogacar al Giro si è allenato, non sarà bello da dire ma è così, tu per primo ci parlasti di “scatti per attivazione” durante la corsa rosa. Questa cosa potrebbe aver acceso qualche spia  d’interesse anche a Vingegaard? Potrebbe venire al Giro anche lui in futuro?

Bisogna considerare che sono due corridori un pochino diversi, anche se entrambi mirano al Tour. Pogacar può vincere tutto, anche la Roubaix, l’altro ha qualche limite in più. Vingegaard è un atleta un po’ più specializzato e il livello della sua prestazione top in una corsa di un giorno ce l’hanno diversi corridori. Per questo dico che forse a Vingegaard un Giro potrebbe costare un po’ di più che a Pogacar, fosse anche solo mentalmente. Chiaro, lo vincerebbe, ma il suo carico esterno sarebbe maggiore.

Carico esterno?

Sì, tutto quello che c’è intorno, la sua spesa in generale. Il suo TTS (il livello di stress, ndr) sarebbe maggiore e questo dipende da tanti fattori, il recupero o semplicemente le energie nervose per stare in gruppo. Tadej è molto abile e sciolto nello stare in gruppo, nel guidare la bici, Jonas un po’ meno. 

Jonas al Tour, l’azzardo ha pagato. Zeeman racconta

22.07.2024
5 min
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MONTECARLO (Principato di Monaco) – Merijn Zeeman resta in piedi davanti a noi, rispondendo alle domande, un po’ perché ci tiene e un po’ perché la sottile pioggerella offre refrigerio nella domenica torrida. A Tour ormai finito, anche se l’ultima crono nel momento in cui parliamo non s’è ancora corsa, abbiamo deciso di vederci chiaro. E’ possibile che dopo l’incidente, in questo sport così misurato, la Visma-Lease a Bike pensasse di avere a disposizione uno Jonas Vingegaard nella condizione ottimale?

Il discorso non torna, soprattutto se lo scorso anno abbiamo accettato che Pogacar non fosse arrivato al suo massimo per la frattura dello scafoide, che non aveva certo toccato polmoni e costole.

«Jonas ha fatto un’ottima gara», dice il capo dei tecnici della Visma, che dal 2025 sarà nel calcio di serie A, nella squadra di Alkmaar. «Voglio dire prosegue – ha fatto quello che poteva e penso che sia stato molto bravo e molto forte. Ha trovato in Pogacar un avversario migliore che ha meritato di vincere, ma Jonas può comunque essere orgoglioso di ciò che ha fatto qui».

Zeeman è stato il capo dei tecnici della Visma: dal prossimo anno passerà al calcio nella squadra di Alkmaar (foto Anp)
Zeeman è stato il capo dei tecnici della Visma: dal prossimo anno passerà al calcio nella squadra di Alkmaar (foto Anp)
Onestamente, puoi dire che sia arrivato al Tour al suo meglio?

E’ quello che pensavamo, come pensavamo che il divario con Pogacar sarebbe stato inferiore. Eravamo molto fiduciosi e penso che comunque Jonas avesse raggiunto un livello molto alto. Il Tour non è una grande cronometro, in cui vince sempre il migliore. C’è anche una componente tattica o la capacità di stare fuori dai guai. E poi speravamo che Jonas sarebbe cresciuto durante il Tour de France. Ora il lavoro sarà continuare a migliorare per arrivare ancora meglio il prossimo anno.

Che cosa ha perso durante l’incidente?

Ovviamente non ha potuto allenarsi per molte settimane: sdraiato in un letto d’ospedale, non ha potuto fare alcun esercizio. In questi casi perdi tutto e devi ricominciare da capo ed è quello che ha fatto. E’ stato un puzzle molto difficile, Jonas era davvero in guai seri. Quando ha ripreso ad allenarsi, si è messo in moto il meccanismo per portarlo pronto al Tour. Però allenarsi è una cosa, ma essere competitivo è un’altra.

Eri sicuro che potesse rimettersi in forma?

Non ho mai disperato, perché settimana dopo settimana ha iniziato a migliorare, quindi penso che in questo senso abbia fatto un ottimo lavoro. Abbiamo sempre avuto fiducia però non siamo mai stati certi che alla fine l’avrebbe fatta. Siamo molto orgogliosi che alla fine ci sia riuscito e abbia fatto un’ottima gara.

C’è mai stato un piano B?

Qualunque fosse la situazione, siamo partiti dicendo che non avremmo mai gettato la spugna. Nessun piano B. Naturalmente abbiamo dovuto fare i nostri calcoli, avendo subito qualcosa da recuperare. Come i due Tour precedenti, anche questo in avvio sembrava disegnato per Pogacar. Rientrare in modo così esplosivo dopo tanta assenza non è stato il massimo.

Vingegaard era pronto, ma non al suo massimo: prevedibile dopo tanto infortunio
Vingegaard era pronto, ma non al suo massimo: prevedibile dopo tanto infortunio
La caduta ha lasciato qualche strascico?

Non dobbiamo dimenticare che è stata molto violenta. Non è stata solo una clavicola rotta, ma diverse costole e il pneumotorace. Oltre a tutto il resto, rimane la paura per una caduta così estrema. Dopo il Delfinato sono andato a Tignes e gli ho parlato molto proprio di questo.

L’anno scorso si è parlato molto del polso di Pogacar, l’incidente di Jonas è stato molto peggiore. Avete mai pensato di usarlo come scusa?

No, perché sarebbe anche poco rispettoso nei confronti di Pogacar. E’ un vincitore che merita, è stato il miglior corridore e merita che nessuno cerchi di sminuire la sua vittoria accampando scuse.

Vingegaard è nato il Danimarca il 10 dicembre 1996. Ha vinto i Tour del 2022 e 2023
Vingegaard è nato il Danimarca il 10 dicembre 1996. Ha vinto i Tour del 2022 e 2023
Avete già individuato gli ambiti su cui lavorare per il prossimo anno?

Ci stiamo pensando, ma in assoluto è qualcosa che dovremo individuare nei prossimi mesi. Qualcosa che dobbiamo scoprire, discutere e analizzare: è troppo presto dirlo ora. Di certo un Pogacar così forte diventa la nostra miglior motivazione per rimboccarci le maniche e fare il massimo il prossimo inverno. Un avversario così forte diventa lo stimolo migliore per lavorare meglio e di più.

A conclusione del discorso, troviamo che la Visma-Lease a Bike non potesse permettersi di arrivare al Tour senza il vincitore uscente. La squadra ha perso appeal da quando lo sponsor più ricco è uscito di scena. Senza più Roglic e con Kuss infortunato, andare al Tour soltanto con il convalescente (anche lui) Van Aert sarebbe stato un ridimensionamento difficile da accettare. Il secondo posto finale, viste le premesse, vale anche più dell’oro.

Sull’ultima salita, per Vingegaard l’onore delle armi

20.07.2024
7 min
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COL DE LA COUILLOLE (Francia) – La faccia di Remco Evenepoel sul traguardo dice davvero tutto. Sbuffa. Sgrana gli occhi. In certi giorni sembra un personaggio dei cartoni. E’ partito dalla fornace di Nizza per mettere in croce Vingegaard e per un po’ c’è anche riuscito. Sul Col de la Colmiane, penultimo di giornata, la Soudal-Quick Step si è mossa come uno squadrone che prepara l’attacco. E quando poi sulla salita finale il belga ha mollato i tre colpi che a suo avviso avrebbero dovuto risolvere la partita, Vingegaard ha deciso di metterlo a posto. Quando Landa si è spostato e Vingegaard ha chiuso sul primo allungo, Remco s’è voltato e ha supplito la mancanza di altri gregari con il ritmo provvidenziale fatto da Almeida per Pogacar.

Il primo Tour

Per essere al primo Tour, Remco ha messo le cose in chiaro. E se domani, come si pensa, vincerà la cronometro, si potrà dire che la tenuta sulle tre settimane sia un problema risolto. Il prossimo step sarà capire se potrà vincere il Tour de France, ma su quello magari lavorerà il prossimo anno nella squadra che lo accoglierà. Parlano tutti della Red Bull, staremo a vedere.

«Abbiamo provato a mettere un po’ di pressione su Vingegaard – dice Evenepoel – ma sfortunatamente non ha funzionato. Abbiamo giocato e perso, ma possiamo essere orgogliosi di ciò che abbiamo dimostrato in questo Tour. Ho attaccato due volte, ma si è visto che Tadej e Jonas il Tour lo hanno già vinto. Hanno molta più esperienza, la loro cilindrata al momento è molto più grande della mia. Devo solo accettarlo, ma sono contento di quello che ho potuto mostrare. Penso che ho ancora tanto lavoro specifico da fare per seguire o addirittura attaccare quei due. E intanto domani voglio vincere la crono, voglio concludere il Tour con un bel ricordo. Spero di riuscirci».

Il sollievo di Jonas

Stamattina un divertente siparietto è stato colto dall’obiettivo del fotografo. Nell’incontro casuale andando alla partenza, Van Aert ha avvertito Remco di non fare brutti scherzi con il compagno Vingegaard. Punzecchiature fra giganti belgi, il più delle volte avversari. Lo sguardo di risposta di Remco è stato infatti da monello impertinente: era chiaro che avrebbe provato e lo ha fatto.

La Visma-Lease a Bike si è stretta attorno al piccolo capitano zoppicante. Da invincible armada che lo scorso anno vinse Giro, Tour e Vuelta, è bastato che perdessero uno sponsor come Jumbo e che la sfortuna ci mettesse mano e subito il loro mondo si è ridimensionato. Roglic è partito. Vingegaard e Van Aert sono caduti. Kuss s’è ammalato. Van Hooydonck ha smesso per i problemi cardiaci. Solo Jorgenson è parso all’altezza del progetto. E chissà che il mercato in corso non porti via altri pezzi pregiati.

Quando Evenepoel ha finito la spinta, Vingegaard ha contrattaccato, portando con sé Pogacar
Quando Evenepoel ha finito la spinta, Vingegaard ha contrattaccato, portando con sé Pogacar

«E’ stata una tappa dura e calda – dice Vingegaard – mi sono sentito molto meglio rispetto a ieri, quando ho avuto le gambe peggiori di sempre. Ero completamente vuoto. Sono contento di come sono andato oggi. E’ un grande piacere ritornare a questo livello. Mi sono sentito benissimo quando Evenepoel ha accelerato e ho deciso di rilanciare quando stava per attaccare di nuovo. Ed è quello che ho fatto.

«A quel punto ho corso principalmente per guadagnare su di lui e non necessariamente per la vittoria di tappa. Evenepoel è il miglior cronoman del mondo, tre minuti sembrano tanti, ma non si sa mai. Sono certamente felice di aver potuto guadagnare un minuto oggi. Domani farò tutto il possibile per mantenere il mio secondo posto. Tadej sempre a ruota? Ognuno ha la sua tattica, non lo giudico per questo. Probabilmente al suo posto avrei fatto lo stesso. Non aveva bisogno di tirare, gli stava bene così».

La quinta vittoria ha evidenziato la differenza di forze fra Pogacar e Vingegaard
La quinta vittoria ha evidenziato la differenza di forze fra Pogacar e Vingegaard

Pogacar, sono cinque

Alla fine infatti la vittoria se l’è presa Pogacar, come era prevedibile. Ce lo chiedevamo giusto ieri dopo il successo di Isola 2000: davvero qualcuno credeva che avrebbe corso al risparmio? Eppure lui lo conferma.

«E’ stato un giorno super duro – dice – per noi la fuga poteva andare. Eravamo tutti insieme e tenevamo il gruppo compatto, correndo da squadra. Quando la corsa è esplosa sulla Colmiane, la Quick Step ha fatto un grande ritmo e a quel punto ho capito che l’ultima salita sarebbe stata dura. Remco ha provato diversi allunghi. All’ultimo però, Jonas ha fatto un contrattacco ed io ero davvero al limite. Ho recuperato alla sua ruota. Pensavo che Carapaz avesse una chance, ma Jonas ha insistito per tenere lontano Remco e lo abbiamo preso.

«Perché ho vinto? Non si lasciano le tappe ai rivali più vicini. Abbiamo dato tempo alla fuga, che ha avuto grandi possibilità. In altre occasioni sono stati i velocisti a riprendere, non siamo stati sempre noi. Ma io sono pagato per vincere. E’ una pressione, devo portare a casa il risultato, altrimenti non va bene. Se puoi, fai bene a vincere».

L’onore delle armi

Vingegaard in parte l’ha colpito, quasi che anche lui fosse pronto a sottoscrivere il sorpasso di Evenepoel. E mentre annota che in fondo avrebbe preferito il finale dei Campi Elisi, perché domani partendo alle 15,45 la sua giornata sarà lunghissima, un pensiero va al rivale degli ultimi tre anni.

«E’ stato nuovamente un duello fantastico – dice Pogacar – bello da vedere. Penso che Jonas abbia avuto dei giorni difficili, invece oggi ha dimostrato di non essere facile da battere e di essere un vero combattente. Ha dato tutto. E alla fine, nonostante quello che ha avuto, ha fatto davvero un bel Tour».

Per Tadej si avvicina il momento della terza maglia gialla. La prima venne quasi per caso nel 2020 all’ultimo giorno. Voleva vincere la crono in salita per non tornare a casa a mani vuote, ma dice che il secondo posto era già tanto. La seconda, nel 2021, la vinse con una giornata a tutta nel diluvio di Le Grand Bornand, che gli permise di amministrare.

«Quest’anno invece – spiega – ho tenuto un livello più alto, nonostante avessi più pressione dopo due anni che venivo battuto. In quest’ottica, penso che la tappa più importante che mi ha dato più fiducia sia stata la prima sul Galibier. Una grande vittoria. Mi ha dato la speranza che avrei potuto davvero vincere il Tour».

Vingegaard incassa il colpo e quasi gli manca il respiro

13.07.2024
5 min
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PLA D’ADET (Francia) – La fila per la funivia è interminabile e si viene quasi assaliti dal senso di colpa passandole accanto con passo svelto. Fra una cosa e l’altra, per arrivare in sala stampa servirà mezz’ora e intanto cerchiamo di riordinare le idee su quello che abbiamo appena vissuto e visto. In realtà c’è poco da ordinare. Tadej Pogacar ha fatto quello che gli bruciava nel petto da un paio di giorni e questa volta Vingegaard non è stato all’altezza. Dello sloveno vi racconteremo fra poco, ora ci concentriamo sul vincitore degli ultimi due Tour. Stamattina nel Villaggio era opinione comune che oggi si sarebbe visto il primo cenno di sorpasso. Che Jonas sia in forte crescita, mentre Tadej abbia già detto tutto.

Sosta al pullman Visma

Ecco perché prima di raggiungere la funivia ci siamo fermati al pullman della Visma-Lease a Bike, dove per tradizione Vingegaard parla con le televisioni danesi. Che aria tira da quelle parti? Quando siamo arrivati, lui era già lì che parlava con quel tono pacato e lo sguardo disarmato. Anche se questa volta nella voce c’era meno ironia, come ad aver accusato il colpo.

Alla partenza da Pau, Vingegaard con i vertici del Tour all’inaugurazione di un parco dedicato al Tour
Alla partenza da Pau, Vingegaard con i vertici del Tour all’inaugurazione di un parco dedicato al Tour

«Per la tappa di oggi – dice – dovrei essere più felice che triste, perché ho fatto una buona prestazione. Non penso di dover essere deluso, ma non so se posso presentarmi e dire una cosa del genere. Ovviamente è deludente perdere 39 secondi, per questo cerchiamo di prendere solo il buono di questa giornata. E il buono è che la prestazione, almeno per i numeri, è stata buona. E poi domani è un altro giorno, forse un giorno che mi si addice ancora di più…».

Il gruppo è convinto che tu stia crescendo, oggi Pogacar ti ha sorpreso?

Sappiamo bene che ha uno scatto pazzesco e poi forse gli ultimi tre chilometri di salita gli si adattavano un po’ meglio, con meno pendenza e un tratto di discesa. Quando è così, ha senso che mi attacchi, perché lui ha più potenza di me. Invece nella parte più ripida mi stavo riavvicinando. Ha riguadagnato tanto nell’ultimo chilometro.

Il traguardo è arrivato giusto in tempo oppure avevi ancora energie?

Ovviamente sono stato molto felice di vederlo, anche se non ho mai perso il controllo. Tadej ha meritato la vittoria oggi, quindi complimenti a lui. Il suo attacco è stato davvero esplosivo.

La sua Cervélo R5 in partenza, con il 39-52 x 10-36 e ruote differenziate: 42 davanti e 49 dietro
La sua Cervélo R5 in partenza, con il 39-52 x 10-36 e ruote differenziate: 42 davanti e 49 dietro
Domani è un altro giorno: cosa vuol dire?

Oggi non era un giorno da risparmiarsi pensando a domani, diciamolo chiaro. Però penso che il percorso verso Plateau de Beille sia a mio favore. Sarà una giornata un po’ più dura, mentre questa è stata molto breve, per così dire (la tappa è durata 4 ore 01’51”). Credo che più lunga sia meglio è per me.

Come confronteresti la forza della tua squadra e della sua squadra?

Penso che oggi avesse una squadra molto forte, ma penso di averla avuta anche io. Ero sempre circondato da qualcuno. Jorgenson tirava piuttosto forte e penso che avrebbe potuto anche andare di più quando Yates ha attaccato. Ci manca Sepp Kuss, questo è vero. Ma ce la caviamo lo stesso.

E’ ancora possibile vincere il Tour con due minuti di ritardo?

Sì, lo è di certo. Non bisogna buttarsi giù, ero più deluso dopo la tappa del Galibier, dove mi è mancato qualcosa. Oggi mi sono difeso con buoni valori.

Dopo l’arrivo hanno portato Vingegaard subito in direzione del pullman
Dopo l’arrivo hanno portato Vingegaard subito in direzione del pullman

Un colpo pesante

Il ritornello dei buoni valori convince a metà, ma sembra qualcosa cui il campione vuole aggrapparsi a tutti i costi. Intanto però dal pullman è venuto fuori Grischa Niermann, il direttore sportivo. E la sua versione arricchisce la storia.

«Ci aspettavamo che Pogacar attaccasse sull’ultima salita – dice – e questa volta Jonas non ha potuto seguirlo. Però penso che abbia fatto un ottimo lavoro, nel giorno in cui Pogacar è stato più forte. Dobbiamo solo accettarlo. Sapevamo dai giorni scorsi che quando lui accelera, Jonas fa fatica a seguirlo. Oggi lo schema era quello di rispondere gradualmente, invece rispetto ad altre volte, negli ultimi due chilometri abbiamo perso terreno ed è un peccato. Sicuramente è stato un colpo pesante, speravamo di non perdere tempo, invece siamo quasi due minuti indietro. È difficile da recuperare, ma certamente ancora possibile. E’ la prima volta che vedo Jonas davvero deluso in questo Tour, ma lui è un grande agonista e vuole sempre vincere. Ha fatto il suo meglio, ora deve accettare che un altro sia stato migliore».

Jorgenson ha tirato parecchio fino al momento dello scatto di Adam Yates
Jorgenson ha tirato parecchio fino al momento dello scatto di Adam Yates

Un altro piano

Né mani nei capelli né il tono della disfatta, il Tour è obiettivamente ancora lungo. Resta da capire che cosa abbia provato davvero durante la tappa. Se abbia gestito per salvarsi o se sia stato sul punto di crollare. Fra gli attacchi diretti subiti per mano di Pogacar questo finora è il più incisivo e siamo certi che stasera ne parleranno.

«Nonostante tutto rimaniamo ottimisti – prosegue Niermann – sul fatto che ci siano ancora possibilità di vincere questo Tour e sapevamo in anticipo che non sarebbe stato facile. Lo prendiamo giorno per giorno. E parlando di oggi, penso che abbiano fatto una bella mossa mandando Adam Yates all’attacco. Solo questo gli ha fatto guadagnare 10 secondi. Ma stiamo calmi, domattina faremo un altro piano e di sera saremo ancora qui per verificarlo».