Negli ultimi anni SPORTLER è sempre più un riferimento per gli appassionati di ciclismo. Tutto ciò anche grazie all’apertura di ben due bike store rispettivamente a Bolzano e Peschiera del Garda. Proprio lo store di Bolzano lo scorso 30 giugno è stato al centro di una social ride organizzata in collaborazione con Q36.5, ma soprattutto con Vincenzo Nibali, che da quest’anno ricopre il ruolo di consulente tecnico del brand che proprio a Bolzano ha la sua sede.
A raccontarci qualcosa di più su una giornata che si è rivelata un vero successo è Luca Gransinigh, Project Manager HR e Marketing di SPORTLER, che insieme alla collega Arianna Calovi, Brand Manager dell’azienda, ha curato l’organizzazione dell’evento.
L’evento di SPORTLER è stato un momento per pedalare assieme a Vincenzo NibaliL’evento di SPORTLER è stato un momento per pedalare assieme a Vincenzo Nibali
Come è nata l’idea di organizzare una social ride con Nibali e Q36.5?
L’iniziativa nasce dal nostro crescente desiderio di interagire con i marchi con i quali lavoriamo e nel contempo accrescere la community attiva attorno ai nostri bike store di Peschiera del Garda e Bolzano. Il fatto che Q36.5 abbia la propria sede a Bolzano ha reso tutto più facile e naturale.
Come era impostata la social ride?
Per prima cosa è importante sottolineare che si è trattato di un evento diverso dalle community ride che dallo scorso anno abbiamo iniziato ad organizzare presso i nostri store. Questa tipologia di evento non prevede normalmente il numero chiuso. La social ride con Nibali era invece… chiusa. Hanno potuto partecipare solo 20 persone che si sono “prenotate” attraverso l’app SPORTLER. L’aver previsto un numero chiuso ci ha permesso di garantire a tutti i partecipanti il massimo della sicurezza nel corso della pedalata con Nibali, ma soprattutto la possibilità di poter vivere momenti “unici” con lui.
Entrando nel dettaglio, come si è svolta la giornata?
Ci siamo ritrovati alle 9 al nostro bike store di Bolzano e da lì verso le 9,30 siamo partiti per una pedalata di circa 45 chilometri. Con noi ha pedalato anche Luigi Bergamo, CEO di Q36.5, e alcuni suoi collaboratori, a conferma di come l’azienda credeva molto all’iniziativa organizzata insieme a noi di SPORTLER.
Al ritorno in sede a Bolzano abbiamo previsto un rinfresco e un momento di incontro aperto a tutti per consentire ai fans di Nibali di incontrare il loro campione. E’ stata l’occasione per ripercorrere con lui la sua carriera, parlare del suo nuovo ruolo in Q36.5 e nel team legato al brand. Lo stesso Nibali ha poi presentato in anteprima la nuova collezione Nibali Shark che Q36.5 gli ha dedicato e che da fine giugno è disponibile nei nostri bike store.
La social ride è stata l’occasione per presentare la collezione Nibali Shark firmata Q36.5La social ride è stata l’occasione per presentare la collezione Nibali Shark firmata Q36.5
Siete rimasti soddisfatti di come è andata nel suo complesso la social ride?
Direi molto soddisfatti. Anche in Q36.5 sono rimasti molto contenti tanto che ci vogliono coinvolgere in una loro nuova iniziativa legata alla loro sede di Bolzano. Per noi di SPORTLER è stata la conferma di quanto sia importante lavorare al rafforzamento della community che gravita attorno ai nostri store. Dallo scorso anno abbiamo anche rilanciato gli SPORTLER Team, molto attivi fino a qualche anno fa nel ciclismo e nel podismo.
Di cosa stiamo parlando esattamente?
Si tratta di team formati dai nostri clienti che vogliono partecipare alle gare sotto l’insegna di SPORTLER, indossando la nostra divisa. Fino ad oggi avevano due “anime”, una ciclistica e una podistica. Per ognuno dei due team era prevista rispettivamente l’affiliazione alla FCI e alla FIDAL. Stiamo già lavorando ad aprirci ad altre discipline sportive come sci nordico, alpinismo e arrampicata. Il nostro obiettivo è quello di promuovere fra le persone la voglia di fare sport e nello stesso tempo il senso di appartenenza che si può avere nel riconoscersi in un brand come SPORTLER.
Il Giro d'Italia 108 secondo Nibali. Punti chiave, curiosità e le "dritte" date indirettamente a quello che è già il favorito numero uno: Primoz Roglic
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Un giorno di ordinaria follia al Tour de France e vittoria di quel Ion Izagirre che sette anni fa ci fece quasi piangere, sfilando una vittoria quasi sicura dalle mani di Vincenzo Nibali. Lo Squalo aveva vinto il Giro, ma in Francia faticava a collegare i puntini, sulla strada delle Olimpiadi di Rio. Erano giorni pesanti e duri, fra attacchi sui giornali e colpi bassi.
Nel giorno di Morzine, con il Col de Joux Plane e la conseguente discesa, Nibali era riuscito a scollinare davanti e tuffarsi nella picchiata con la solita verve. Poi la pioggia e la voglia di non rischiare gli suggerirono di tirare i freni e sul traguardo alpino fu passato da Pantano e Izagirre, che vinse. Ironia del destino, a Rio Nibali cadde proprio in discesa, rimpiangendo forse quella tappa sfumata. Alla fine della stagione, chissà se dopo averlo visto in azione al Tour, Nibali portò con sé Ion e suo fratello Gorka nella neonata Bahrain-Merida.
«Gli ultimi chilometri sono stati emozionanti – racconta Izagirre – volevamo continuare la linea dopo la vittoria di tappa di Lafay. Eravamo venuti al Tour per vincere una tappa, ma averne già vinte due è fantastico. Ero felice di essere nella fuga giusta. La collaborazione è stata buona fino all’ultima salita, così ho deciso di attaccare. Avevo molta fiducia nelle mie gambe. Negli ultimi chilometri mi sono passate per la testa un sacco di cose. E’ stato un giorno emozionante».
Dopo il traguardo il team manager Cedric Vasseur (foto di apertura) non ha fatto nulla per trattenere le lacrime. Per la squadra che lo scorso anno lottò per non retrocedere, due vittorie di tappa sono più dell’ossigeno.
Primo sull’arrivo di Belleville-en-Beaujolais sette anno dopo aver piegato Nibali a MorzineTour 2016, sul traguardo di Morzine, che il Tour riscoprirà sabato, Izagirre batte Pantano e NibaliNibali e Izagirre si ritrovano insieme (con loro anche Colbrelli e Vaitkus) alla Bahrain -MeridaPrimo sull’arrivo di Belleville-en-Beaujolais sette anno dopo aver piegato Nibali a MorzineTour 2016, sul traguardo di Morzine, che il Tour riscoprirà sabato, Izagirre batte Pantano e NibaliNibali e Izagirre si ritrovano insieme (con loro anche Colbrelli e Vaitkus) alla Bahrain -Merida
Jakobsen a casa
Già, la fuga giusta. Nel giorno in cui l’invisibile Jakobsen ha lasciato il Tour (l’olandese accusa i postumi di una caduta), la corsa è stata a dire poco esplosiva. Verrebbe da appuntare la vena di ironia che popola le vicende più recenti dei velocisti di casa Soudal-Quick Step. Lasciato andare Cavendish per puntare su Jakobsen, le prestazioni dell’olandese al Tour si sono limitate alla tappa di Nyborg dello scorso anno, antipasto del titolo europeo di Monaco. Per lasciargli spazio, la squadra ha lasciato partire anche Merlier, salvo scoprire che dal 2024 Jakobsen se ne andrà, probabilmente al Team DSM.
Comunque stamattina c’è stato appena il tempo perché Prudhomme abbassasse la bandierina di partenza eMads Pedersen ha attaccato.
Ha continuato a insistere per tutta l’ora successiva, mentre Van Aert sembrava iperattivo in testa al gruppo, senza tuttavia riuscire a guadagnare metri. La fuga giusta è partita dopo 70 chilometri da mal di testa e ha visto a fasi alterne gli attacchi di Van der Poel e Amador, mentre dietro il gruppo esplodeva. Poi Van der Poel ha deciso di fare da sé, ma ha pagato l’assolo, staccandosi dopo aver iniziato con un piccolo vantaggio anche l’ultima salita.
Izagirre ha preso il volo a 25 chilometri dall’arrivo e ha sempre guadagnatoGrandioso il lavoro di Guillaume Martin per proteggere Izagirre in fugaJakobsen ha preferito non partire: i postumi della caduta gli impediscono di arrivare a ParigiIzagirre ha preso il volo a 25 chilometri dall’arrivo e ha sempre guadagnatoGrandioso il lavoro di Guillaume Martin per proteggere Izagirre in fugaJakobsen ha preferito non partire: i postumi della caduta gli impediscono di arrivare a Parigi
Un circolo virtuoso
Izagirre è partito con un vantaggio di 25 secondi proprio sulla cima della rampa finale, mentre dietro Guillaume Martin faceva la guardia con astuzia e grande tempismo.
«E’ stata molto dura dall’inizio alla fine – racconta il filosofo della Cofidis, venuto al Tour per fare classifica – e davanti tutti hanno finito la tappa con l’energia che gli era rimasta. Il gruppo in fuga alla fine si è sbriciolaro. Abbiamo pedalato anche con le orecchie – ha riso – come si suol dire in questi casi, ma questi sono giorni belli e bei ricordi.
«Ho provato a controllare, non è stato facile perché alla fine attaccavano a turno e sono contento di avere di nuovo gambe che rispondono bene. Ion (Izagirre, ndr) prima ha chiuso su Thibaut Pinot e poi ha attaccato ed è riuscito a vincere. E’ un circolo virtuoso, la vittoria chiama vittoria e noi della Cofidis potremmo non fermarci qui».
Van der Poel è stato anche da solo al comando, ma ha dovuto arrendersi alla gamba che ancora non c’èVan der Poel è stato anche da solo al comando, ma ha dovuto arrendersi alla gamba che ancora non c’è
La resa di Van der Poel
Secondo Sonny Colbrelli, che oggi a Reggio Emilia ha presentato la Merida prodotta col suo nome in edizione limitata, Van der Poel ha fatto ancora un po’ di prove per il suo vero obiettivo: il campionato del mondo.
«Mi sono sentito meglio oggi – ha detto Mathieu, ancora rauco – ma il mio corpo non è ancora pronto per una prestazione vincente. Sono tre giorni che mi sento male. Ricevere il numero rosso è un bel premio, ma avrei preferito vincere. Oggi potrebbe essere stata la mia ultima possibilità di fare qualcosa, ma non ho avuto abbastanza vantaggio per passare l’ultima salita. Nei prossimi tre giorni il percorso non fa per me. Se non altro, sono contento di essermi sentito meglio rispetto agli ultimi tre giorni».
Domani 13ª tappa, arrivo sul Grand Colombier dopo 138 chilometriSabato si arriva a Morzine, 152 chilometri e Jux Plane a ridosso del traguardoDomenica 179 chilometri fino a Saint Gervais Mont Blanc: pianura poca…Domani 13ª tappa, arrivo sul Grand Colombier dopo 138 chilometriSabato si arriva a Morzine, 152 chilometri e Jux Plane a ridosso del traguardoDomenica 179 chilometri fino a Saint Gervais Mont Blanc: pianura poca…
Sabato giornata più lunga, con 152 chilometri e l’arrivo a Morzine con lo stesso finale di quella volta nel 2016.
Infine domenica, altri 179 chilometri fino a Saint Gervais Mont Blanc. Le tappe interlocutorie sono finite, da domani riprenderanno in mano le operazioni le squadre dei giganti. E Pogacar, tanto per scaldare la gamba, come risposta implicita agli scatti del mattino di Vingegaard, ha fatto la volata di gruppo.
Wiggins e Schleck si chiedono se Uran e Carapaz possono riaprire il Tour correndo in modo più coraggioso. Il colombiano soprattutto sembra più incisivo
Q36.5 introduce sul mercato la nuova collezione Nibali Shark, in edizione limitata e firmata da Vincenzo Nibali. Una celebrazione della collaborazione tra l’ex corridore professionista e il brand bolzanino. La capsule collection si avvale di tutti i progressi tecnologici del marchio italiano nello sviluppo dei materiali e del design per spingere gli atleti ad inseguire i propri obiettivi. L’outfit completo si compone di pantaloncini, maglia, guanti, calze e cappellino.
Luigi Bergamo, CEO di Q36.5 e presidente del Q36.5 Pro Cycling Team, sulla collaborazione con Nibali ha detto: «Quest’anno abbiamo rafforzato la nostra collaborazione con Vincenzo, che è stato un’importante aggiunta al nostro team di sviluppo e test. Gli abbiamo, quindi, chiesto di selezionare alcuni dei suoi pezzi preferiti dalla nostra collezione per sviluppare una capsule collection con un design grafico unico ispirato al suo soprannome, “lo Squalo”. Siamo molto orgogliosi del risultato e tutti i ciclisti potranno percepire la sua influenza in ogni pedalata».
Stile e tecnicità racchiusi in una collezione limitataEffetto push-pull per evitare l’accumulo di umiditàLe parti sulle braccia e sulle spalle sono tagliate per garantire che il tessuto non si sollevi in presenza di ventoStile e tecnicità racchiusi in una collezione limitataEffetto push-pull per evitare l’accumulo di umiditàSu braccia e spalle il tessuto non si solleva in caso di vento
Maglia R2
La maglia R2 utilizza materiali avanzati e un taglio ergonomico per garantire efficienza aerodinamica e un’eccezionale traspirabilità. Il tessuto a maglia tridimensionale crea una struttura quasi impercettibile che migliora la traspirazione e il trasferimento dell’umidità. Leggero e morbido sulla pelle, il materiale a nido d’ape utilizzato per i pannelli posteriori favorisce un effetto push-pull per evitare l’accumulo di umidità, spostando il sudore verso lo strato esterno del tessuto, dove può evaporare rapidamente.
Grazie alla tecnologia Q36.5 di mappatura del corpo, la maglia R2 Nibali Shark si adatta perfettamente alla forma del busto, risultando così più aerodinamica. Le parti sulle braccia e sulle spalle sono tagliate per garantire che il tessuto non si sollevi in presenza di vento. Anche la struttura a coste utilizzata per la parte delle maniche segue la curvatura del braccio per migliorare le proprietà aerodinamiche. Il prezzo della maglia consultabile sul sito è di 130 euro.
Nibali ha scelto ogni capo della linea a lui dedicataSalopette tagliata al
laser per garantire una vestibilità slim ed ergonomicaNibali ha scelto ogni capo della linea a lui dedicataSalopette tagliata al
laser per garantire una vestibilità slim ed ergonomica
Pantaloncino Gregarius
Progettati specificamente per essere abbinati alla maglia Q36.5 Shark R2. I pantaloncini Gregarius Nibali Shark sono un prodotto di alto livello, che offre il massimo comfort e permette di mantenere alte le prestazioni in qualsiasi uscita in bicicletta, per spingersi oltre i propri limiti.
Utilizzando come base la salopette Gregarius di Q36.5, i pantaloncini Gregarius Nibali Shark presentano una costruzione che utilizza un taglio preformato con cuciture minime e pannelli strategicamente posizionati per sostenere i muscoli durante la pedalata. Realizzata con tessuti riciclati al 100%, la salopette è tagliata al laser per garantire una vestibilità slim ed ergonomica.
Il fondello utilizza una nuova costruzione tridimensionale Super Moulded Anatomic, che segue meglio l’anatomia del corpo umano e offre ottima protezione del corpo del ciclista e un maggiore comfort durante la corsa. L’imbottitura in schiuma è stata calibrata secondo lo schema di densità e spessori variabili nelle zone perineale, ischiatica, genitale e dei glutei. La parte finale del pantaloncino sulla gamba è stata rifinita con un materiale proprietario e tagliata per eliminare i punti di pressione sulla coscia. Il prezzo consultabile sul sito è di 180 euro.
Gli accessori completano l’outfit del ciclista con dettagli e finiture premiumGli accessori completano l’outfit del ciclista con dettagli e finiture premium
Accessori Nibali Shark
A unire e completare la capsule collection firmata da Vicenzo Nibali ci sono gli accessori irrinunciabili per ogni ciclista. Si parte con i guanti estivi Q36.5 Unique Nibali Shark che offrono un livello altissimo di comfort e di protezione grazie al palmo tridimensionale, senza cuciture ed elastico, powered by Elastic Interface. L’elasticità e la forma anatomica rendono il palmo altamente adattabile alla mano, mentre l’assenza di cuciture migliora sensibilmente la presa sul manubrio ed elimina i punti di eccessiva pressione. Il prezzo consultabile sul sito è di 65 euro.
SI continua con le calze da ciclismo Ultra Nibali Shark che utilizzano un materiale super sottile e moderatamente compressivo ideale per la stagione estiva. Progettate per migliorare la sensazione di pedalata, e trasferire tutta la potenza espressa. Si tratta di una calza senza cuciture con un nuovo sistema di costruzione a pannelli strategici in rete per la traspirazione e tre zone di imbottitura a coste. Prezzo consultabile sul sito di 20 euro.
Infine, il cappellino estivo Nibali Shark che riprende il tipico berretto da ciclismo in cotone utilizzando poliestere lavorato a maglia leggera e inserti in rete per rendere il prodotto tanto funzionale quanto tradizionale. Completato dalla grafica della capsule collection, può essere indossato da solo o abbinato agli altri articoli della collezione. Prezzo consultabile sul sito di 30 euro.
Il Giro d'Italia 108 secondo Nibali. Punti chiave, curiosità e le "dritte" date indirettamente a quello che è già il favorito numero uno: Primoz Roglic
Una calzatura adeguata cambia la percezione dello sforzo e contribuisce a migliorare la performance ed il benessere. La scarpa gioca un ruolo fondamentale nella termoregolazione corporea. La Q36.5 segue la filosofia dell'azienda bolzanina, in prima linea per lo studio dei tessuti
I Giochi di Tokyo sono in vista e ne parliamo con Martinello, oro in pista nel 1996. Da Ganna a Viviani, da Cipollini a Nibali. Una vera raffica di pensieri
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ROMA – Il Giro di Nibali ha i colori delle tenute di RCS Sport e lo sguardo stupito del campione passato in un amen dal gruppo al dietro le quinte. In cima al Monte Lussari lo abbiamo visto soffermarsi sulla bici di Roglic, con lo sguardo dell’appassionato di meccanica. In ogni altro momento della sua presenza in carovana, lo si vedeva studiare il mondo intorno a sé, forse per capire quello che in tanti anni da corridore aveva dato per scontato. E così gli abbiamo chiesto di raccontarci il Giro per come lo ha vissuto da spettatore privilegiato.
Vincenzo, che Giro è stato?
E’ stato un Giro d’Italia molto difficile per le prime due settimane. Tanta pioggia, tante cadute, tanti ritiri, ma sostanzialmente sapevamo che la settimana decisiva sarebbe stata la terza. Per vincere un Giro d’Italia devi perdere meno tempo nella prima parte, per arrivare al finale con la migliore condizione. Solo così puoi giocarti tutto in un trittico speciale, come quello che abbiamo vissuto negli ultimi tre Giri d’Italia.
I valori ascensionali medi alle Tre Cime di Lavaredo sono stati notevoli: per Nibali, impossibile scattareI valori ascensionali medi alle Tre Cime di Lavaredo sono stati notevoli: per Nibali, impossibile scattare
Le critiche sulla mancanza di spettacolo?
Tanti magari volevano vedere qualche attacco di più, va bene. Venerdì sulle Tre Cime di Lavaredo i valori in campo erano veramente alti, abbiamo visto dei valori ascensionali medi altissimi. Per questo sapevamo che avremmo avuto un finale thrilling in una cronoscalata così difficile. Qualcuno ha detto che era una scalata da circo, io mi sento di dire di no, perché comunque anche in Spagna e in altre occasioni, ci siamo trovati ad avere delle salite particolari. Ricordo per esempio la Bola del Mundo su cui ho vinto la Vuelta e anche altre salite con simili pendenze. La differenza l’hanno fatta anche la dotazione tecnica dei materiali e il cambio bici effettuato dopo 10 chilometri.
Dotazione tecnica?
La cronoscalata è stata spettacolare e ha lasciato veramente il grande segno con Roglic che si è scatenato dopo il salto di catena e Thomas che è completamente crollato negli ultimi 3 chilometri. Probabilmente la scelta tecnica che ha fatto Roglic di montare la monocorona da 42 e il 10-44 al posteriore gli ha permesso una cadenza molto alta, con la leva corta delle pedivelle da 170. I tubeless da 28 specifici per la cronoscalata sicuramente gli hanno permesso di essere anche molto veloce, facendo vedere quanto contino oggi i marginal gain.
Cosa pensi di quel salto di catena?
Non penso sia dipeso dalla monocorona, quanto piuttosto dal sobbalzo che c’è stato al passaggio su quella irregolarità della strada e magari da una taratura non ottimale della molla del bilanciere del cambio che, a causa del salto, ha fatto uscire la catena. Non so come spiegarlo, ma vedendo le immagini, è uscita da sotto…
Secondo Nibali, oltre alle gambe, sono state le scelte tecniche di Roglic a decidere la cronoscalataSecondo Nibali, oltre alle gambe, sono state le scelte tecniche di Roglic a decidere la cronoscalata
Ti aspettavi quindi che si sarebbe risolto tutto alla fine?
Probabilmente sì, perché tutti avevano paura di questa cronometro. Nei giorni precedenti hanno consumato tante energie che poi non hanno avuto nell’ultima sfida.
Come è stato il tuo primo Giro da ex?
L’ho vissuto con un occhio tecnico, quindi mi sono soffermato a vedere i materiali, le bici, le facce dei corridori, chi arriva più stanco, chi arriva meno stanco. Tanti aspetti che quando corri trascuri, perché magari ti concentri solo su quelli vicini in classifica e che invece offrono piccoli riferimenti che ti fanno capire bene o male come possono risolversi le varie situazioni.
Parlando di Roglic hai detto che dopo la crono è parso frastornato, perché vincere il Giro all’ultimo giorno è un vero flash: ne sai qualcosa per la tua vittoria del 2016?
Assolutamente, certo. E’ un’emozione che ti travolge, forse non realizzi bene quello che è successo. Però Roglic ha fatto veramente una grande impresa. Mentre seguivamo la gara nelle auto dell’organizzazione dicevamo fra noi: «Cavolo, sia Thomas che Roglic sono arrivati alla fine del Giro d’Italia e se lo stanno giocando senza aver vinto una tappa». Invece all’ultimo momento abbiamo trovato una vittoria e un vincitore finale degno della maglia rosa.
Alla partenza della seconda tappa da Teramo a San Salvo, Nibali e Bettiol. Per loro origini comuni alla MastromarcoAlla partenza della seconda tappa da Teramo, Nibali e Bettiol. Per loro origini comuni a Mastromarco
Qual è stato il tuo ruolo in questa organizzazione?
E’ stato molto bello e appagante, devo una grandissima riconoscenza. Essere presente in una manifestazione del genere a livello internazionale è stata una grande occasione. Non so se verrà fuori qualcosa di continuativo, dipende da quale sarà la mia direzione di vita, ma intanto mi sono goduto il Giro. Vedi effettivamente come funziona l’organizzazione, tutto il lavoro che c’è dietro e quanti tifosi ci siano al seguito, che raggiungono il quartier tappa, le partenze e gli arrivi. Ho toccato con mano l’amore che c’è da parte del pubblico verso questo sport.
C’è mai stato un momento di rimpianto e di voglia di essere ancora in gruppo?
No, assolutamente, mi sono ritirato da pochi mesi ed è stato bello scansarmi una fatica del genere (si mette a ridere, ndr). Sono sincero: quando sei lì che ti giochi qualcosa e pensi soltanto a dare il tuo meglio, a dare il massimo e fare tutto per raggiungere il tuo obiettivo, forse non ci pensi. Quando però lo vedi dall’esterno, ti rendi conto che serve tanta fatica per arrivare ben preparato a un simileobiettivo. Ti piacerebbe essere presente, ma conosci tutto il lavoro che c’è dietro, la preparazione tua e dei compagni di squadra e il lavoro dello staff. Sai che è veramente tantissimo e allora ti dici che di fatica ne hai fatta abbastanza.
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Il podio dell’edizione 2019 del Giro d’Italia ce lo ricordiamo tutti. Carapaz davanti a Nibali e Roglic. Una sfida a tre iniziata fin dalle prime tappe con gerarchie che si sono poi chiarite nei tapponi alpini. Quell’anno abbiamo visto un Primoz pimpante e in rosa fin dalla prima tappa, com’è suo solito fare. Successivamente si è creata la sfida fra i tre senza esclusioni di colpi. Una battaglia di nervi che Valerio Agnoli ha vissuto al fianco dello Squalo. Arrivi a bocca chiusa, abbuoni, cambi non dati. Dettagli che nel 2019 hanno incoronato Carapaz e lasciato l’amaro in bocca agli altri due litiganti.
Siamo alla vigilia dell’edizione 106 della corsa rosa e con Valerio riavvolgiamo il nastro fino a quattro anni fa, per capire quale Primoz Roglic ci dobbiamo aspettare nelle prossime tre settimane.
Primoz Roglic è spesso un corridore difficile da leggere in corsaPrimoz Roglic è spesso un corridore difficile da leggere in corsa
Partiamo con un identikit del Roglic che hai conosciuto…
Roglic è un calcolatore, un top rider. E’ una persona che non lascia trasparire la fatica. Anche guardandolo in viso non ti rendi conto se sta male o se sta bene. Questo è segno di grande maturità atletica. E’ anche un killer nei momenti determinanti della corsa.
Un profilo indecifrabile…
Quando un corridore è illeggibile e non ti permette di fare supposizioni, diventa difficile. Roglic è un corridore duro, testardo. Non alza quasi mai bandiera bianca se non perché allo stremo. E’ un atleta che muore sulla bici, pur di raggiungere il risultato.
Un lato meno forte di Primoz?
Onestamente faccio fatica. Quando si parla di top rider è difficile trovare punti deboli. Sono campioni che si fanno trovare sempre pronti al posto giusto al momento giusto. Normalmente quando un corridore è stanco e un po’ giù di concentrazione, magari perde l’attimo e incappa in qualche buco. Invece Roglic è un matematico, in tutte le varie avversità di una corsa è lì sempre attento. Quando poi ci aggiungi una squadra come la Jumbo-Visma di livello top, con compagni di squadra di cui ti puoi fidare le cose poi vengono tutte facili. Lo posso affermare per esperienza personale.
Agnoli un gregario di lusso per NibaliAgnoli un gregario di lusso per Nibali
Tornando a quel Giro del 2019, Roglic, Carapaz e Nibali partivano come favoriti. Era così che avevate previsto la corsa?
Richard e Primoz erano i corridori “scomodi”. Ogni giorno quando facevamo la riunione, erano i nomi da attenzione in ogni fase della corsa. Dalle fermate fisiologiche ai vari movimenti in gruppo. Era una marcatura a uomo. In gara ci sono delle dinamiche che non sono solo limitiate al correre davanti. In momenti come la presa del sacchetto al rifornimento si doveva stare attenti a come si muovevano i compagni di squadra per non rimanere mai sorpresi.
Roglic partì subito vestendo la maglia rosa alla partenza di Bologna…
Io credo che sia proprio una caratteristica di Roglic. Non dico dettare legge, ma far capire come sta. Nel ciclismo moderno in generale è il lato emotivo che premia la performance. Dietro ogni grande corridore si nasconde la psicologia sportiva. Questa può influenzare ed essere determinante quanto un attacco. Far vedere di essere là davanti ad un traguardo volante, prendere un abbuono, arrivare a bocca chiusa. Sono tutti dettagli che se poi vengono notati fanno la differenza.
Tu e Vincenzo li notavate questi particolari nelle prestazioni di Roglic?
Dopo la tappa, quando si era sul bus, si faceva qualche piccola annotazione. Vincenzo però era un corridore che la maggior parte delle cose, quando gliele facevi notare, le stava già metabolizzando e ragionava sul come avrebbe potuto rifarsi. A volte ci parlavo e a posteriori mi raccontava che in quel momento stava pensando già alla tappa successiva, a come avrebbe dovuto attaccare e prendere quella determinata salita.
Nel 2019, Primoz indossò la maglia per cinque tappeNel 2019, Primoz indossò la maglia per cinque tappe
Vi è capitato di giocarci su questi aspetti?
Si agiva con piccole azioni. Arrivare davanti in una volata di gruppo, chiudendo ventesimo, con il tuo avversario più indietro. Questo poteva causare anche nervosismi preziosi.
Dal tuo punto di vista hai sempre visto una sfida a tre oppure Carapaz si è infilato tra i due litiganti?
Vincere un Giro non è una casualità. Quando vinci queste corse ti metti a confronto con un’infintà di variabili. Carapaz era uno di quelli da attenzionare e ha sempre fatto parte della battaglia per la maglia rosa.
Il neo di quel Giro fu la tappa di Courmayeur, dove ci fu lo stallo tra lui e NIbali. Pensi che potrebbe essere un limite anche oggi il suo essere calcolatore e non impulsivo?
No. In quel caso penso anche che fu un po’ fuorviata la dichiarazione di Vincenzo all’arrivo. Quando due grandi campioni si scontrano, è normale che uno dei due prevalga sull’altro. In quel caso Carapaz sfruttò l’occasione e ne fece un vantaggio.
Qui Nibali e Roglic nel duello che è costato a entrambi ogni sogno di gloriaQui Nibali e Roglic nel duello che è costato a entrambi ogni sogno di gloria
Attualizzando a questa vigilia, Evenepoel arriva come super favorito. Roglic su che piano lo metti?
Io credo che le tre settimane sono dure e si gestiscono molto con l’esperienza. Io vedo Primoz come favorito, ma esclusivamente per l’esperienza che ha, tra duelli e situazione come quella che abbiamo appena citato. C’è da dire che Remco è un fenomeno. E’ un opportunità che Dio ci ha mandato insieme a questa nuova generazione di campioni. Sarà veramente un bel Giro già dalla crono. Evenepoel è arrivato perfetto a questo appuntamento. Mi sono allenato per anni anche io sul Teide e so come si prepara una corsa lassù. Lo seguo sui social e ho visto e notato che lui e i suoi compagni avevano tutti il sorriso. Quando si arriva con questo clima ad una corsa a tappe si fa la differenza. Noi nel 2010 con Ivan Basso e poi con Vincenzo in Astana eravamo dei gruppi ben amalgamati e ho un po’ rivisto quel clima.
L’ultima crono di Roglic, nonostante sia un suo punto forte, non andò bene e arrivo terzo dei tre favoriti anche in quella frazione. L’incubo di La Planche des Belles Filles è sempre lì. Pensi che sia un punto a suo favore o sfavore?
Nella prima settimana e mezza ci sono tanti corridori freschi. La seconda metà invece si vedono i grandi corridori. Le differenze si fanno sui dettagli, quanto riesci a integrare bene, non guardare il telefono per dedicarti alle attività di recupero. Andare sempre a letto 10 minuti primadel solito… A fine Giro ti fanno guadagnare un giorno. Sono tutti dettagli che non vediamo e che in una cronometro o un finale possono determinare il risultato, che tu sia cronoman oppure no.
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Le classiche del Nord hanno infiammato i tifosi sulle strade e fatto crescere gli ascolti televisivi. A una settimana esatta dal Giro, la sensazione di avere un tesoretto di credito da gestire con attenzione è comune in tutti gli operatori dell’informazione. La squadra di RAI Sport, che con il gruppo del Nord ha raggiunto grandi livelli di intensità e approfondimento, si sta preparando per il viaggio lungo le strade italiane. Le dimissioni di Alessandra De Stefano sono arrivate probabilmente quando il grosso del lavoro era stato definito e progettato. Ed è proprio dell’offerta relativa al Giro che parliamo con Alessandro Fabretti, classe 1968, vicedirettore e responsabile per il ciclismo.
La crono di apertura del Giro d’Italia 2023 si correrà quasi totalmente sulla ciclabile Costa dei Trabucchi (foto Chieti Today)La crono di apertura del Giro d’Italia 2023 si correrà quasi totalmente sulla ciclabile Costa dei Trabucchi (foto Chieti Today)
Che Giro ci attende?
Non rinneghiamo il passato e quanto fatto da Alessandra De Stefano, quella resta la base. Però cerchiamo di dare sempre qualcosa di nuovo. Per quest’anno ad esempio stiamo lavorando per riportare Cassani al Giro. L’idea è di fare con lui il backstage del dopo arrivo durante il Processo alla Tappa. Che cosa ci distingue da altre televisioni?
Che cosa?
Il fatto che noi siamo al Giro e siamo liberi di andare ovunque. Eppure non avevamo mai mostrato cosa succede tra l’arrivo e il podio. L’idea è che Davide Cassani ed Ettore Giovannelli prendano la telecamera e ci mostrino quello che io ho definito il paddock del Giro d’Italia. Come avveniva con Ettore, quando faceva la Formula Uno. Si prendono il microfono e la telecamera e mostrano i corridori che fanno defaticamento o che mangiano. Si spiega cosa mangiano e magari si fa una battuta con loro. Si vedrà magari Vegni e qualche direttore sportivo arrabbiato. Il corridore stanco e quello che si lecca le ferite. Vogliamo dare la sensazione di cosa accade dopo l’arrivo del Giro e non solo quello.
Sulle moto RAI del Giro viaggeranno Giada Borgato e Stefano RizzatoSulle moto RAI del Giro viaggeranno Giada Borgato e Stefano Rizzato
Cos’altro?
Intorno alle 14 l’idea è di andare ai pullman e farne aprire qualcuno. Così anche in questo caso mostreremo che cosa succede là sopra mentre si aspetta l’arrivo, perché generalmente nessuno lo sa. Parliamo con l’autista e cerchiamo di entrare sempre più dove le telecamere non sono ancora arrivate. Oltre a questo, punteremo sempre più sulla realtà aumentata, che può piacere oppure no, che non tutti capiscono, ma è il futuro.
Alla Sanremo c’era Giada Borgato sulla moto…
Giada ci sarà anche al Giro, assieme a Stefano Rizzato. Alla Sanremo ha funzionato molto bene. Mentre Stefano ha più il taglio del giornalista e quindi farà la cronaca, racconterà le sensazioni e cercherà di andare in profondità, Giada è più tecnica. Divideremo in questo modo i due ruoli e in ogni fase della corsa interverranno l’una o l’altro in base alle loro competenze.
Le moto ripresa, gli elicotteri e la troupe a terra: il Giro della RAI è un impegno eccezionaleLe moto ripresa, gli elicotteri e la troupe a terra: il Giro della RAI è un impegno eccezionale
Sarete in onda per tutto il giorno?
Dal mattino fino a notte inoltrata o meglio alla mattina successiva, su Rai Sport HD e su Rai Due. Un’ora prima della partenza ci sarà “Aspettando il Giro” con Tommaso Mecarozzi e Stefano Garzelli, quindi sensazioni, umori e tutto il resto. Poi avremo la prima diretta e a seguire “Giro all’arrivo”. Poi “Il Processo alla tappa” fino alle 18. Dalle 20 alle 21 quello che prima si chiamava “Giro Sera”. Infine alle 24 la riproposizione di tutta la tappa.
Per la diretta ci saranno Pancani e Petacchi?
Loro due più Fabio Genovesi, che torna a gran richiesta, perché è un personaggio e una persona di grande cultura (i tre sono insieme nella foto di apertura, ndr). Francesco gestisce molto bene i suoi interventi, sa integrarlo nel modo migliore.
Dovrebbe tornare al Giro anche Cassani, qui a Firenze con Prudhomme e il sindaco Nardella alla presentazione del TourDovrebbe tornare al Giro anche Cassani, qui a Firenze con Prudhomme e il sindaco Nardella alla presentazione del Tour
Gli ascolti salgono grazie a questi grandi campioni?
Lo zoccolo duro rimane costante e diventa durissimo quando c’è un italiano che vince. Le classiche hanno tenuto bene, lo share è salito e siamo molto soddisfatti. Alla Liegi avremmo avuto buoni ascolti anche se non avesse vinto Evenepoel.
Ne avete fatto un buon racconto, onore al merito…
Condivido questa lettura, sono d’accordo. Quel gruppo funziona, ma vorrei riportare dentro anche Andrea De Luca, che merita i suoi spazi (voci di corridoio, lo vedono come commentatore al Tour de France, ndr). La cosa che mi fa molto piacere – questo lo dico come amante del ciclismo – è che facciano sempre un buon ascolto anche le gare più piccole e quelle dei dilettanti. Segno che il pubblico italiano vuole il ciclismo.
Messina, 11 maggio 2022: al Processo alla Tappa di Alessandro Fabretti, Vincenzo Nibali annuncia il ritiro a fine stagioneMessina, 11 maggio 2022: al Processo alla Tappa di Fabretti, Nibali annuncia il ritiro a fine stagione
Il Processo alla tappa resta tuo? Che esperienza è stata lo scorso anno?
Resta mio, confermo. L’anno scorso per certi aspetti non è stato un gran Giro, quindi trovare spunti per processare qualcuno o qualcosa è stato complicato. Non ha mai piovuto, fortunatamente non ci sono state cadute, i primi sono stati i migliori, i peggiori sono stati gli ultimi. Ci sono state fughe a orologeria, nel senso che era palese che le avrebbero riprese negli ultimi 5 chilometri. Nonostante tutto, abbiamo avuto dei bei momenti…
Uno su tutti, l’annuncio del ritiro di Nibali?
Per certi versi, è stata la notizia più forte e per me è stato un momento molto sentito. Siamo entrambi nel ciclismo da tantissimi anni, ormai sono 30, e Vincenzo l’abbiamo visto nascere. Lo abbiamo sempre nominato e mi è sempre piaciuto molto come atleta e come persona. Lo capivo quando si impuntava su alcune cose o prendeva posizione, le ho sempre condivise. Per cui ho vissuto quel momento come un distacco, quasi il taglio del cordone ombelicale.
Alessandra De Stefano si è dimessa il 20 aprile dopo 18 mesi alla direzione di Rai SportAlessandra De Stefano si è dimessa il 20 aprile dopo 18 mesi alla direzione di Rai Sport
Come un compagno di viaggio che si ferma…
Per me è stato il filo conduttore di tante trasferte al Giro o al Tour. L’ho sempre tifato, per questo probabilmente quella trasmissione è venuta bene, perché io per primo l’ho sentita molto. Non sono stato un attore che cercava di fare sensazione: quel giorno là sopra c’era emozione vera.
Chi prende la prima maglia rosa?
Ci sarà la grande sfida fra Evenepoel e Ganna. La crono non è semplicissima, ma sarei contento già di avere un grande duello fra il campione del mondo e il cronoman più forte. Quanto agli altri italiani, spero che Ciccone ce la faccia. Il Giro ha un percorso che mi piace e c’è un bel parterre. In questo periodo siamo a tutta per definire i dettagli. Davvero non vedo l’ora che questa settimana voli e che ci ritroviamo tutti in Abruzzo per cominciare.
Uno dei tre punti di contatto. Il piede rappresenta la “molla” dell’azione del ciclista. La parte degli arti inferiori che completa la trasmissione di potenza direttamente sul pedale. Nella biomeccanica dell’azione è la parte finalizzatrice di tutto il nostro motore.
Quando ci si allena però difficilmente si pensa a questa parte del corpo e così lo stesso per quanto riguarda la scelta delle scarpe, che spesso insegue gusto o semplici indicazioni dovute alla larghezza della pianta dopo una breve calzata. Quale universo si nasconde dietro al piede del ciclista? Per scoprirlo, ci siamo affidati al parere esperto del massaggiatore Michele Pallini.
Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Partiamo da questo spunto. Per i corridori, i piedi, sono una parte delicata?
Ho collaborato con Vincenzo Nibali per diversi anni e lui per quanto riguarda le scarpe era un meticoloso, anzi fanatico. Aveva il problema di avere il piede fine e piccolo. Quindi aveva bisogno di una scarpa su misura. Era molto difficile fare una calzatura custom per una parte anatomica del corpo che in bici cambia la forma per tanti motivi. E’ multifattoriale il problema del piede. Trovare una scarpa adatta non è stato semplice. La scarpa quando viene studiata, viene provata non in condizioni di utilizzo e stress, ma a riposo. Quindi anche il piede non è nella condizione di comportarsi come quando è nello sforzo in bici.
Utilizzare scarpe su misura è la soluzione?
Diventa un po’ un cane che si morde la coda. La provi e senti un dolorino, ma a riposo sembra ok. Se la provi in un periodo non ottimale di forma allora dà una sensazione, viceversa quando si sta bene. La scarpa ha una multifattorialità vastissima. E’ quasi impossibile trovare una scarpa che calzi a pennello.
Quindi come ci si comporta?
La cosa più intelligente che si può fare è realizzare una scarpa leggermente più grande. In questo modo la stringi quando vuoi sentire più feeling con la bici e la allenti quando ci sono temperature più alte, come capita d’estate quando il piede si gonfia.
Per fare la scarpa su misura si passa attraverso varie rilevazioniPer fare la scarpa su misura si passa attraverso varie rilevazioni
I pro’ cercano solo la performance?
Il problema entra quando corridori come Valverde o anche Nibali, sono personaggi che hanno grande feelingcon la bici e fanno come gli sciatori. Preferiscono avere una scarpa più piccola per sentire la bici al meglio. Poi però si arriva al problema appena citato. Qualsiasi scarpa tu prenda, non troverai mai la tua. Se ne può trovare una che si adatta maggiormente al piede. Ma per quanto si possa fare su misura, il cuoio, la tomaia cambiano e si trasformano in base alla stagione e quasi mai seguendo il piede. Inoltre c’è un altro problema.
Quale?
Tutte le suole sono molto rigide. Le aziende ormai lavorano quasi esclusivamente con il carbonio. Questo crea maggiori stress. Qualsiasi sconnessione o vibrazione la si sente ridistribuita sui tre punti di appoggio, tra cui il piede.
A che dolori si va incontro?
Si passa dal banale dolore, ad avere un problema di conflitto femoro-rotuleo o anche infiammazione della bandelletta ileo-tibiale.
Quali possono essere le cause?
Oltre alle rigidità eccessive, il problema sta anche nel come vengono fatte le suole. Non sono più “piatte” ma gli viene dato un valgo. In modo tale da spingere con la pianta del piede inclinata di 30° circa. Non tutti recepiscono positivamente questa angolazione del piede e spesso però ci si imbatte nel problema. Un anno Vincenzo ha dovuto cambiare le scarpe in corso d’opera e utilizzare un modello precedente, proprio perché quel nuovo materiale gli aveva causato un conflitto femoro-rotuleo.
Le ossa e i muscoli che compongono il piede sono molteplici così come le differenze di dimensioni per personaLe ossa e i muscoli che compongono il piede sono molteplici così come le differenze di dimensioni per persona
Che tipo di dolore è?
E’ un dolore che non è così localizzabile, ma precisamente lo si percepisce nella parte laterale del ginocchio.
Realizzare delle solette o plantari su misura può aiutare?
Non sempre. Perché spesso si usano delle solette o plantari che portano ad una curvatura del piede dove il podologo di turno ti presenta dati di miglioramento effettivi solo sotto il punto di vista della potenza espressa, ma che ti distraggono dal comfort. Questo può portare a tendiniti della bandelletta tibiale. Se poi si insiste sopra, si arriva a degli stop anche di un mese.
Non sempre il plantare rappresenta una soluzione…
Tu lo provi sul rullo e vedi tramite i sensori che esprimi più potenza, poi però ci possono essere come detto infiammazioni o infortuni dietro l’angolo. Questo però può essere causa anche dalle scarpe stesse.
Dal punto di vista del massaggio, il piede è una zona che viene trattata?
Per me sì, molto. Nel massimo sforzo il piede va in “griffe”, è un termine tecnico che utilizzano i podologi. Nel senso che va in flessione plantare. E’ come se si volesse chiudere. Quando si spinge si pensa che il piede sia in iperestensione, mentre in realtà la spinta avviene con la pianta del piede in flessione. E’ come se le dita chiudessero. E’ un gesto naturale.
Qui un calco del piede eseguito da Luigino Verducci nella sede olandese della Jumbo-VismaQui un calco del piede eseguito da Luigino Verducci nella sede olandese della Jumbo-Visma
Il massaggio è quindi molto importante?
Nel ciclista meno, però il trattamento del muscolo soleo, del polpaccio e dei gemelli sono importanti per evitare problemi al fascite plantare (patologia comune ai maratoneti). Ha un meccanismo di retrazione sul calcagno. A livello fasciale è quasi una continuazione del tendine d’Achille. Quindi se si tiene in scarico tutta la fascia plantare si riesce a rilassare ed escludere problemi.
Insomma il rapporto che c’è tra piedi e performance è perennemente in conflitto ed evoluzione?
Che alcuni ciclisti professionisti abbiano dei problemi al piede è comune, anzi quasi tutti lo hanno. Mario Cipollini ne era soggetto per fare un esempio Se tu guardi i piedi dei ciclisti non sono martoriati come quelli dei calciatori, ma poco ci manca. Hanno dei calli sparsi qua e là. Questo è dovuto non solo alle molte ore in sella, ma anche a scarpe sbagliate. Fra tutte le squadre WorldTour, credo si contino sulla dita di una mano quelle che lasciano scelta al corridore su questo materiale.
Ogni ciclista sarà sempre alla ricerca del miglior compromesso tra performance e comfort?
Bisogna capire che la scarpa è un contenitore e non sarà mai come un guanto.
Vedremo come finirà la Liegi. O meglio, vedremo quanti pezzi grossi – delle classiche e dei Giri – ci saranno alla Liegi per giocarsi la corsa. Un passaggio di ieri nel pezzo sulla vittoria di Pogacar all’Amstel ha infatti scatenato i tifosi dello sloveno. Si parlava dell’assenza di rivali “veri”, perché è indubbio che rispetto al Fiandre in cui la partecipazione era di prima classe, ieri nella corsa olandese i cosiddetti big non c’erano. Sarà probabilmente dipeso dalla caratura della corsa, allo stesso modo non erano tutti neppure alla Gand-Wevelgem. Perciò vedremo come finirà la Liegi, che in quanto Monumento ne richiamerà certo altri.
Intendiamoci: Pogacar è un fenomeno. Il solo capace di vincere classiche e Giri, in mezzo a gente che prepara le une oppure gli altri. Un gradino sopra Van der Poel e Van Aert, perché loro un Tour de France non lo vinceranno mai.
Le ottime relazioni con VdP emersero già al Tour del 2021: qui al Mur de Bretagne, quando Mathieu vinse la tappa e prese la magliaLe ottime relazioni con VdP emersero già al Tour del 2021: qui al Mur de Bretagne, quando Mathieu vinse la tappa e prese la maglia
Addio al Team Sky
Stiamo vivendo un ciclismo da capogiro. Dopo gli anni in cui il treno di Sky portava il capitano all’ultimo chilometro della salita finale, asfissiando così la corsa e mandando fuori giri i rivali sulle montagne precedenti, oggi grazie a Pogacar, Van der Poel, Evenepoel, Van Aert e a tratti Alaphilippe, sono saltati tutti gli schemi. Sono i capitani per primi a correre in modo imprevedibile e questo priva le squadre avversarie di ogni punto di riferimento. La corsa è un corpo a corpo e il colpo che ti stende può arrivare anche a 100 chilometri dall’arrivo. Devi starci o resti indietro.
Niels Verdijck, compagno di allenamento di Van der Poel ha raccontato ieri nel podcast Café Koers di aver ricevuto da Mathieu uno screenshot dello scambio di messaggi con Pogacar a proposito del punto in cui attaccare all’Amstel
«Ovviamente non conosco Pogacar personalmente – ha detto – ma la mia impressione è che lui e Mathieu abbiano quasi lo stesso stile di vita, non fanno troppi calcoli: “Non preoccuparti troppo delle cose di cui non devi preoccuparti e controlla solo le cose che puoi controllare”.Mathieu non è stato affatto deluso dopo il Fiandre. Ha riconosciuto la superiorità di Pogacar e ha detto che non poteva davvero pedalare più forte. Però ci ha provato fino alla fine, non si è mai arreso».
Fuga a 90 chilometri dall’arrivo: giusto o sbagliato collaborare con Pogacar, finendo fuori giri?Fuga a 90 chilometri dall’arrivo: giusto o sbagliato collaborare con Pogacar, finendo fuori giri?
Il limite di Pogacar
Qualcuno ha obiettato, dicendo che parlare dell’assenza di rivali per Pogacar gli ha ricordato la storiella per cui Nibali vinceva a causa delle cadute dei suoi rivali. Niente di più falso, ovviamente. Ma è innegabile che ieri in Olanda e domenica alla Liegi qualche assenza pesante s’è registrata e si registrerà.
La grandezza di Nibali contro certi avversari era proprio indurli all’errore. Cadde Wiggins nella pioggia di Pescara, nel primo Giro vinto da Vincenzo, perché lui attaccò e il britannico palesò i suoi limiti di guida. Cadde per lo stesso motivo Contador nel Tour del 2014 e qualche giorno prima era finito sull’asfalto Froome nella tappa del pavé, perché l’Astana si era messa a fare il forcing e Chris sul bagnato si dimostrò troppo fragile. I due – lo spagnolo e il britannico – erano così forti quell’anno, che ad agosto andarono alla Vuelta e si piazzarono primo e secondo. Eppure al Tour, contro Nibali, dovettero alzare bandiera bianca, perché il siciliano li spinse oltre il limite.
Ammesso che sia possibile, chi è in grado di inventare qualcosa che porti oltre il limite super Pogacar?
«Tutti devono capire – ha detto ieri Maxime Monfort, ora diesse della Lotto-Dstny – che non si può collaborare con la UAE Emirates. Dobbiamo lasciare loro il peso della corsa, isolare Pogacar. Non capisco le squadre che collaborano con loro. Lo trovo frustrante».
Se Pogacar attacca a 90 chilometri dall’arrivo dell’Amstel, tolti forse Lutsenko e Pidcock, perché gli altri collaborano? Pensano di poterlo battere o di essere saliti sul treno che li porterà vicini al podio?
Roglic e Vingegaard sono stati i soli finora a a mandare Pogacar fuori giri, attaccandolo a ripetizioneRoglic e Vingegaard sono stati i soli finora a a mandare Pogacar fuori giri, attaccandolo a ripetizione
La sfida della Liegi
Vero, come dice qualcun altro, che dietro c’erano Hindley (vincitore di un Giro) e anche Benoot che non è l’ultimo arrivato, ma quante classiche hanno vinto? Nell’Amstel del 2021, il vincitore Van Aert si lasciò dietro Pidcock, Schachmann, Matthews, Valverde, Alaphilippe, Sbaragli, Kwiatkowski, Mohoric: gente che ha vinto classiche e mondiali e sapeva il fatto suo molto più dei primi 10 alle spalle di Pogacar (Pidcock escluso).
Per questo vedremo chi ci sarà alla Liegi e come andrà a finire. Sappiamo già che non ci saranno Roglic e Vingegaard. Il primo una Liegi l’ha vinta, il secondo non ha mai ben figurato, ma sarebbe stato interessante vederli rispondere a Pogacar o Evenepoel quando attaccheranno sulla salita prescelta. Di fatto per ora, tolto il Mas del Giro dell’Emilia, sono stati gli unici a cogliere Pogacar in castagna.
Ci sarà appunto Remco, che l’anno scorso attaccò sulla cima della Redoute e crediamo non avrà problemi a seguire un attaccante di gran nome se deciderà di muoversi prima. E poi chi ci sarà? Leggiamo di Jungels, Hindley, Vlasov, Mohoric, Landa e Pello Bilbao. Carapaz, Healy. Martinez, Kwiatkowski e Pidcock. Gaudu. Mas. Bagioli e il malconcio Alaphilippe. Ci sarà anche Ciccone.
Pogacar ed Evenepoel non hanno avuto grosse occasioni di confronto: a Liegi ne sapremo di piùPogacar ed Evenepoel non hanno avuto grosse occasioni di confronto: a Liegi ne sapremo di più
Mentalità vincente
Non è affatto detto che saranno in grado di rispondere a un attacco a fondo dello sloveno, candidato alla vittoria. Sarebbe però sbagliato che andassero al via rassegnati.
«Per la Liegi partiremo addirittura per il terzo posto – ha detto a L’Equipe Cedric Vasseur, team manager della Cofidis – perché ci sarà anche Remco Evenepoel, un altro fenomeno».
Se anche i manager delle squadre lasciano passare questo messaggio ai loro corridori, poi non vadano a lamentarsi per la mancanza di punti a fine stagione. Roberto Damiani, che di quella squadra è il tecnico, ha sempre insegnato ai suoi ragazzi che si va alle corse per vincere. Ma se ci sono tecnici che in vita loro non hanno mai dovuto tirare fuori l’acqua dal sale e corridori già rassegnati, è certo che l’innegabile immensità di Pogacar e di quelli della sua classe sembrerà sempre più grande.
La rincorsa di Egan Bernal alla migliore condizione procede alacremente. Il colombiano esce da una bella Liegi. Gambe e morale sono in netto miglioramento
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Ricordate? Dopo l’esperienza di Vincenzo Nibali alla Capoliveri Legend dello scorso autunno, avevamo chiesto a Mirko Pirazzoli, vera colonna portante della mtb italiana, come aveva visto lo Squalo in versione biker. Il “Piraz” aveva seguito la gara da dentro con una e-bike e aveva avuto modo di giudicare dal vivo il siciliano.
Non solo, ma sempre Pirazzoli disse che se Nibali si fosse cimentato nella Cape Epic sarebbe potuto entrare nei primi venti.
Adesso la Cape Epiclo Squalo l’ha fatta. E l’ha chiusa al 13° posto. L’ha fatta in compagnia di un altro asso della mtb italiana, Samuele Porro, pluritricolore marathon.
Mirko Pirazzoli (classe 1974) è stato un grande della Mtb italiana. Oggi dirige la sua Piraz Coaching Academy (foto Instagram)Mirko Pirazzoli (classe 1974) è stato un grande della Mtb italiana. Oggi dirige la sua Piraz Coaching Academy (foto Instagram)
Mirko, avevi ragione. Nibali poteva fare bene alla Cape Epic…
Mi fa piacere che siamo ancora qui, perché vuol dire che le mie indicazioni erano corrette! Scherzi a parte, è stata una bella avventura da seguire anche se da lontano. Quando avevo pronosticato un piazzamento tra i 10 e i 20, avevo fatto i conti senza l’oste volutamente. Infatti non potevo basarmi sul compagno che avrebbe avuto Vincenzo in Sud Africa. Si pensava a Ivan Santaromita, che conosco come ex professionista su strada, ma non lo avevo mai visto in mtb e così mi sono un po’ buttato. Con Samuele Porro invece è stata tutt’altra cosa.
L’esperienza di Porro ha inciso molto?
Nibali si è ritrovato un compagno di percorso che probabilmente è stato determinante. E lui stesso l’ha detto. Samuele ha inciso eccome. Certe corse vanno oltre l’aspetto della condizione atletica, conta molto anche chi il percorso lo conosce ed ha esperienza. Il peso di un Samuele, uno staff (anch’esso esperto) che si sono messi a disposizione sono stati fondamentali
Eppure Nibali di corse a tappe se ne intende…
Io non non avevo grossi dubbi sulla sua condizione atletica e certe dinamiche che s’innescano in una stage race, ma in mtb è tutto diverso.Ci sono molte più variabili, più imprevisti rispetto alla strada. Senza contare che uno come lui essendo in un ambiente diverso ha consumato molta più energia. E infatti Vincenzo stesso ha detto: «Il mio problema è la fluidità di guida».
Spesso, nei tratti più tecnici era Porro a disegnare le traiettorie, com’era normale che fosse del resto (foto Q36.5)Spesso, nei tratti più tecnici era Porro a disegnare le traiettorie, com’era normale che fosse del resto (foto Q36.5)
E’ chiaro, a certi ritmi, specialmente quando si è stanchi, lui spreca molte più energie nervose…
Un’analisi semplice, chiara, obiettiva. Ed è la chiave di lettura di un campione. «Sono più bravi a guidare, fanno meno fatica e quindi si… riposano di più». E non è poco. Una prova come la Cape Epic vuol dire qualcosa come 30 ore di gara in una settimana. E 30 ore di gara equivalgono a 15 gare di due ore ciascuna.
L’imprevisto è dietro l’angolo e anche piccoli dettagli alla lunga si pagano…
Esatto. Provate a pensare 15 gare senza avere un problema, una scivolata, una foratura, una crisi di fame, un errore, un imprevisto… E infatti gli atleti che vincono laggiù sono abituati a fare ore e ore di gara senza errori. Portando l’imprevisto quasi a zero. E questo Nibali l’ha capito. Nella tappa più dura Lakata (ex iridato, ma ben oltre i 40 anni, ndr) è arrivato terzo. In più c’è da considerare una cosa.
Quale?
Con il meteo sono stati sfortunatissimi. Si è trattato della Cape Epic più bagnata della storia credo. Senza pioggia, a mio parere, Nibali e Porro sarebbero arrivati nei primi cinque.
Reggisella telescopico, gomme Pirelli Scorpion Xc, doppia borraccia sulla Scott di Nibali (foto Q36.5)Reggisella telescopico, gomme Pirelli Scorpion Xc, doppia borraccia sulla Scott di Nibali (foto Q36.5)
Non è un po’ troppo, Mirko?
Vincenzo è scivolato una volta, ma perché? Perché era stanco, a ruota, nel fango, con poca visibilità, perché c’erano condizioni estreme. In una gara asciutta avrebbe seguito Porro molto più tranquillamente. Anche perché la distanza non lo spaventava mica. Anzi, nei tratti aperti da pedalare Vincenzo tirava forte. Io poi immagino una cosa.
Che cosa?
Che molle gli scattino in testa. Aspettiamo un mesetto che gli venga il “mal d’Africa” e poi deciderà se tornare o meno. Per me, al netto dei suoi impegni con la Q36.5 e gli altri che può avere un personaggio come lui, Vincenzo può davvero puntare in alto, anche al podio.
E cosa dovrebbe fare?
Chiudere il gap tecnico: Vincenzo ha capito che la grossa differenza è nella guida. Lo ha detto anche al termine di una tappa, era quasi sconsolato, o forse solo molto stanco. Ma per questo già mi ha confidado che ha individuato una pump track vicino casa e mi ha detto: «Ci passerò qualche oretta». Capite che approccio!
Lo Squalo sa che deve affinare la guida, ma la strada è quella giusta (foto Q36.5)Lo Squalo sa che deve affinare la guida, ma la strada è quella giusta (foto Q36.5)
Invece, Mirko, a livello tecnico, di setup come ti è sembrato?
Buono. Partendo da quanto visto a Capoliveri, ha ottimizzato il tutto. Chiaramente ha cambiato sponsor tecnico e si è ritrovato in ambienti dove c’è grande competenza. Una struttura dove ti sanno mettere in bici. La sua bici sicuramente era sopra gli 11 chili. Per me il peso giusto per una competizione come la Cape Epic. Un po’ di peso in più lo devi portare: qualche attrezzo, coperture più robuste, il telescopico… E in tal senso, come dissi per la Capoliveri Legend, la sua forza è l’apertura mentale: «Fatemi capire cosa serve e quello che serve, io lo porto con me». E vi assicuro che molti biker pro’ non sono così ricettivi.
Alla fine se non sbagliamo gli Specialized e gli Scott sono stati gli unici team ufficiali che non hanno avuto nemmeno una foratura…
E infatti non usano gomme standard,.ma anche loro non hanno avuto neanche una noia tecnica. Nino Schurter addirittura le gomme se le è fatte fare apposta. E gli Specialized usano dei Renegade Grid la cui carcassa è dedicata alle e-bike. Nonostante ciò c’è chi, anche al vertice, ha fatto delle scelte tecniche, a mio avviso, sbagliate.
Nibali e Porro hanno concluso la Cape Epic in 13ª piazza a 1h 48’24” dalla coppia Toyota-Specialized (foto Q36.5)La loro squadra si chiamava Italian Friends ed era supportata dal team Wilier-Pirelli Factory di Marco Trentin (foto Q36.5)Nibali e Porro hanno concluso la Cape Epic in 13ª piazza a 1h 48’24” dalla coppia Toyota-Specialized (foto Q36.5)La loro squadra si chiamava Italian Friends ed era supportata dal team Wilier-Pirelli Factory di Marco Trentin (foto Q36.5)
Quali?
Per esempio i due della Speed Company-Orbea sono incappati in due scivolate con l’anteriore che perde grip, una in sovrasterzo e una in sottosterzo. Due scivolate dovute alla scelta diutilizzare un telaio piccolo che porta ad avere un attacco più lungo, un reggisella più arretrato e di conseguenza ad avere un alleggerimento dello sterzo e quindi a perdere l’anteriore.
Nibali promosso?
Assolutamente, ha preso consapevolezza. Ha capito la necessità di migliorare nella guida e l’importanza dello staff tecnico al seguito. Ho trovato molto intelligente andare a fare l’Andalucia Bike Race prima della Cape Epic. E’ stato bravo, anche perché quest’inverno l’ho seguito e vedevo che faceva tante cose, aveva tanti impegni al di là della mountain bike. In generale me lo vedo sbucare in una qualche gara. Ci arriverà lui quasi “in penombra”…. E poi dovranno inseguirlo!