Si gira ancora una volta Edoardo Zamperini. Il chilometro finale verso il traguardo di Trissino sembra infinito per lui. Forse sente l’arrivo degli inseguitori, che tutto sommato gli hanno rosicchiato un bel po’ (in apertura foto Trissino 2024).
Ma il vantaggio è buono e alla fine la maglia tricolore è sua. Il corridore dell’UC Trevigiani prende l’eredità di Francesco Busatto. Classe 2003, Edoardo Zamperini è di Azzago, Verona, non troppo lontano dalla sede della gara. Ed anche per questo il tifo per lui era parecchio.
Il film in breve
Brevemente la gara. Trissino, paese nella provincia di Vicenza ospita il campionato italiano under 23. La corsa di fatto procede parallela a quella dei professionisti. Zamperini e Bettiol tagliano il traguardo in contemporanea. O al massimo con una differenza di pochi secondi.
La corsa va come da programma. Diverse fughe nei giri iniziali e poi la grande attesa per il circuito finale di 32 chilometri con la scalata maggiore verso Sella Trissino. La gara prende la sua fisionomia definitiva a circa 50 chilometri dal traguardo. Fuori c’è un drappello. Zamperini e altri rintuzzano da dietro e scappano. Scappano in cinque. Oltre a lui, anche Nicola Rossi, Pietro Mattio, Simone Gualdi e Lorenzo Masciarelli.
Appena inizia la scalata finale Zamperini balza in testa. Sui primi forcing non fa grande differenza ma poi cedono tutti e s’invola. Arriva a guadagnare 35”: quanto basta per percorrere gli ultimi 10 chilometri, tra discesa, pianura e strappo finale, che portano al traguardo in testa. E quindi al titolo nazionale U23.
Turbo Giro Next
«E’ un anno – dice Zamperini appena dopo il traguardo – che inseguo una vittoria importante. Ci sono andato vicino nelle internazionali in primavera, poi c’è stato anche qualche intoppo (leggasi la rottura della clavicola alla Ronde de Isard). Però sapevo di essere tra i favoriti e di stare bene, in quanto sono uscito dal Giro Next Gen con una buona gamba.
«Anzi, una gamba strepitosa. Oggi stavo davvero bene. Quando ho deciso di attaccare l’ho fatto. Ho recuperato sulla fuga, prima, e sono scattato in salita, poi. Ho provato ad anticipare un po’ chi poteva essere più forte di me in salita, come Florian Kajamini, ma al primo passaggio non ci sono riuscito, ma è andata bene la seconda volta».
Il tema di chi usciva dal Giro Next Gen era un po’ sulla bocca di tutti. Si sapeva che i favoriti erano coloro che uscivano dalla corsa rosa e non è un caso infatti che i primi cinque vengano tutti da lì. Come ci aveva detto in mattinata Amadori, alla fine si era vista una buona Italia al Giro Next, salita a parte.
Oggi però senza gli scalatori delle devo team delle WorldTour le cose sarebbero potute andare diversamente. E così è stato.
Prima di tutto, Edoardo, complimenti. Insomma, da quel che hai detto dopo l’arrivo la corsa è andata come ti aspettavi…
Sì. L’italiano è una gara strana, non facile da gestire. Sapevamo di stare bene, ma avevamo l’incognita di chi fosse il più forte in salita. Così volevamo fare corsa dura e ci siamo riusciti. Quando io sono entrato in azione i miei compagni avevano già fatto un lavoro assurdo.
Conoscevi il percorso?
Sì, ero venuto a provarlo in settimana e come l’ho visto ho capito che poteva venire fuori una corsa dura, ma anche interessante per me.
Hai corso con sicurezza e le tue parole lo hanno confermato. Invece quando sei partito cosa hai pensato? Cosa ti passava per la testa: paura? Adrenalina?
Ho pensato a menare e basta! Dietro, in quel drappello, c’era Mattio che non è certo l’ultimo arrivato. Anche al Giro Next è andato forte. Sapevo che su quella salita forse sarei stato un po’ più forte di lui, ma sapevo anche che la prima parte di discesa era da spingere e che lui è uno molto esplosivo, quindi dovevo guadagnare il più possibile.
Conoscevi i distacchi? Poco dopo lo scollinamento si è parlato di 35”…
Li sentivo dalla moto in corsa. Esatto, 35”, ma poi ho sentito poco dopo anche 19”, 15”… Immaginavo che in pianura e nel primo tratto non tecnico di discesa avrei perso qualcosa, che mi sarebbero tornati sotto, per questo ho spinto tutto il tempo e pensavo a dare il 110 per cento. Pertanto nessuna grinta in più, nessuna paura: solo la voglia di dare fino all’ultima goccia di energia, sperando che quelli dietro di me ne avessero di meno.
E anche per questo ti voltavi spesso nell’ultimo chilometro?
Esatto, perché se erano veri quei 15” su uno strappo tanto duro come quello del finale, uno esplosivo come Mattio ci avrebbe messo un attimo a riprendermi.
A proposito di discesa: un paio di curve le hai fatte davvero al limite…
Diciamo che la caduta alla Ronde de l’Isard non mi ha messo paura! Comunque sì, davvero al limite. Però come ho detto bisognava spingere.
Una curiosità: avevi il computerino sull’orizzontale e non sul manubrio: come mai?
Ah, ah – ride Zamperini – semplicemente perché in settimana mi si è rotto l’attacco del Garmin e non è arrivato in tempo quello nuovo. Nessun vezzo dunque. Ma presto tornerà al suo posto. Non è super comodo lì. Tra l’altro ho corso senza cardio e senza potenziometro. Andavo a sensazione. Ma la salita finale la conoscevo bene e sapevo come gestire le forze.
Ultima domanda, Edoardo: sai che questa maglia è un grimaldello per il professionismo. Si muove qualcosa in tal senso?
Qualcosa si è mosso questa primavera quando sono andato bene nelle internazionali, ma tra la caduta in Francia e un Giro Next non super, si era un po’ fermato tutto. Adesso spero che questa maglia sia un bel biglietto da visita per il professionismo.