La lotta psicologica contro Tadej. Ma lui è una roccia

09.07.2024
4 min
Salva

Come di consueto nei grandi Giri i giorni di riposo diventano i giorni delle conferenza stampa. E ieri ad Orleans, nel cuore della Francia, è sembrata andare in scena una sorta di sequel della frazione degli sterrati. Sono intervenuti tutti e tre i protagonisti: Tadej Pogacar, Jonas Vingegaard e Remco Evenepoel. Che in modo più o meno diretto si sono risposti l’un con l’altro.

Vingegaard ha mandato a dire ad Evenepoel che il suo non collaborare non era mancanza “di palle”, ma d’intelligenza tattica. Remco dal canto suo si è ricreduto da una parte, dicendo che è stato un peccato che il danese non abbiano insistito, ma ha aggiunto anche che avrebbero potuto guadagnare 3′-4′ se Jonas avesse contribuito all’azione.

E’ da Bologna che Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel stanno dominando il Tour
E’ da Bologna che Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel (che s’intravede in primo piano) stanno dominando il Tour

Parla Tadej

E poi c’è lui, sua maestà Tadej Pogacar. E’ sua la conferenza stampa più attesa. Pogi ha affrontato la giornata di riposo con grande tranquillità a quanto sembra. La sgambata, il caffè con i compagni… e uno stuolo di giornalisti e fotografi al seguito.

«Sono abbastanza contento – ha detto l’asso della UAE Emirates – di come sia andata sin qui. L’anno scorso dovevo colmare il gap in questo momento. Al massimo sono arrivato a 9” dalla maglia gialla, adesso ne ho 33” di vantaggio su Remco. Non è troppo. Ma stanno arrivando le grandi battaglie e anche Jonas e Primoz (Roglic, ndr) sono vicini e i distacchi faranno presto a cambiare con le tappe che ci aspettano, specie dalla quindicesima in poi».

Sguardo rilassato, capello moderatamente spettinato… la semplicità e la naturalezza di questo gigante sono tutte qui.

Semplicità che resta intatta anche quando, inevitabili, arrivano le domande su Vingegaard.

«Io e Remco – ha detto Tadej – volevamo vincere verso Troyes, Jonas no. L’ho visto molto concentrato su di me. Quando si muoveva Remco, Jonas non si preoccupava. Penso che abbia un po’ paura. Vedremo come andranno le cose nelle tappe di montagna».

E poi la risposta delle risposte: «Se sento la sua pressione psicologica? Se provano a battermi mentalmente non ci riescono», ha tuonato laconico Pogacar con quella naturalezza di cui dicevamo, ma con una determinazione da far paura. Erano gli stessi occhi della mix zone dopo Valloire. Gli occhi di chi non è appagato.

«Gli altri stanno lottando anche per se stessi. Corrono contro di me. Ci sono abituato. Non mi fa male, io devo solo essere quello che posso essere».

Tadej Pogacar e a ruota Jonas Vingegaard: il film di questo Tour
Tadej Pogacar e a ruota Jonas Vingegaard: il film di questo Tour

Il piano di Vingegaard

Come ha scritto anche il nostro direttore domenica sera dopo la frazione di Troyes: “Pogacar attento, la trappola di Vingegaard è già scattata”, si parla di questo piano. Piano che lo stesso danese più volte ha menzionato. Un piano già iniziato probabilmente. Ed è quello dell’attesa. Attesa delle tappe giuste e di una condizione che, come ha ribadito lo stesso Vingegaard, va in crescendo.

«L’anno scorso i Visma erano fiduciosi per il finale – ha detto Pogacar – adesso stanno giocando la stessa carta. Puntano tutto sull’ultima settimana. La cosa non mi disturba. Ma quest’anno sono più fiducioso anche io. Ho la maglia gialla, di cui sono contento, e se tutto andrà come dovrebbe andare avrò buone gambe anche nella terza settimana e nelle ultime tre tappe in particolare». Le ultime tre tappe, quelle che dovrebbero far scattare il piano di Vingegaard e della Visma – Lease a Bike.

«Non sono affatto stupito della sua condizione- ha proseguito lo sloveno riferendosi a Vingegaard – Quando ho saputo che sarebbe venuto al Tour, mi era chiaro che sarebbe stato ben preparato. Poi ho capito dalla seconda tappa che era prontissimo. Abbiamo scalato il San Luca più veloce della storia, abbattendo il record di ben 20”. E Jonas ha resistito bene. Lui è molto concentrato e questo si vede quando siamo in gruppo».

Pogacar ed Evenepoel, tra i due sembra esserci un bel feeling
Pogacar ed Evenepoel, tra i due sembra esserci un bel feeling

Voglia di montagna

Più volte Pogacar ha parlato dell’attesa e della voglia di affrontare le montagne. Davvero sembra si diverta quando corre, nonostante le pressioni. Per esempio ha detto che parla spesso con Remco e che si sta divertendo a gareggiare con lui in questo Tour de France.

Come per il Giro d’Italia e come per gli altri Tour de France, qualcuno gli imputa che sta sprecando troppe energie. Ma è anche vero che sin qui l’unico scatto davvero “forzato” è stato proprio quello di Troyes. Ci stava che a Bologna volesse testare il grande rivale, che da parte sua oggettivamente poteva non essere al top in una frazione che richiedeva esplosività e che da tanto tempo non gareggiava. Tanto è vero che quando Tadej ha visto che Vingegaard era lì, non ha insistito fino alla fine. Ma a quel punto sapeva con chi aveva davvero a che fare. 

«Non ho visto tutte le prossime tappe – ha concluso Pogacar – ma conosco alcune delle salite che ci aspettano sui Pirenei. Pavel Sivakov vive lì e non vede l’ora di scalare il Plateau de Beille. E lo stesso Adam Yates. Anche io non vedo l’ora che arrivino i Pirenei, mi hanno sempre fatto bene. Si preannuncia un fine settimana davvero scoppiettante».

La querelle del Galibier. Martinelli, tu come la vedi?

04.07.2024
6 min
Salva

Prima che il Tour esplodesse di gioia per il record di Mark Cavendish, in Francia a tenere banco gli argomenti era due: l’impresa di Pogacar e la “querelle del Galibier”, che ha visto protagonisti Joao Almeida e Juan Ayuso.

Ai 2.642 metri del celebre valico, cuore della quarta tappa, sembra che il talento spagnolo abbia fatto un po’ melina, diciamo così. Non ha rispettato del tutto le consegne che erano state date. Tadej Pogacar ha detto che non ha attaccato prima per colpa del vento, invece sembra che questo suo tardivo attacco sia figlio anche di un gestione imprevista del finale della UAE Emirates.

Il fatto

Ma andiamo con ordine. La UAE Emirates affronta il Lautaret e il Galibier davvero forte. Ogni volta che passa un altro uomo in testa il ritmo aumenta e il gruppo si sgretola. Quando svoltano per gli 8,3 chilometri finali del Galibier, i più duri, nell’ordine entrano in scena: Sivakov, Adam Yates, quindi Almeida e Ayuso. Questi ultimi due, visto il vento devono alternarsi fino ai -3 chilometri (o poco meno) dalla vetta. Peccato che a tirare sia solo Joao Almeida, mentre Ayuso è addirittura a ruota del capitano Pogacar.

Da qui il gesto plateale di Almeida che invita Ayuso a venire in testa. Morale: il ritmo cala, prova né è il fatto che Roglic, il quale si stava staccando, si salva. Non solo, ma Pogacar che si aspettava una determinata tattica ritarda l’affondo, scatta a un chilometro dal Galibier e alla fine in cima guadagna “solo” 10 secondi. Lui stesso ha detto che avrebbe voluto attaccare prima, attribuendo però la colpa al vento.

Martinelli (classe 1955) è stato anche diesse di Pantani, il quale richiamava all’ordine i suoi se qualcuno disattendeva gli ordini
Martinelli (classe 1955) è stato anche diesse di Pantani, il quale richiamava all’ordine i suoi se qualcuno disattendeva gli ordini

Il parere di Martinelli

Cosa sarebbe potuto succedere se lo sloveno fosse scattato prima? Avrebbe guadagnato di più? Vingegaard sarebbe andato di più in acido lattico senza quel “rallentamento”? E come si amministrano certe situazioni in squadra?

E’ noto che Ayuso non sia un carattere facile. E’ campione nel Dna e il ruolo di gregario forse non riesce neanche a concepirlo del tutto. E per questo il suo atteggiamento magari non è neanche del tutto voluto .

Di tutto ciò abbiamo parlato con Giuseppe Martinelli, uno dei direttori sportivi più esperti. Se non il più esperto in assoluto.

Come dice Martinelli, la UAE Emirates in questo momento è fortissima: eccola in azione sul Galibier
Come dice Martinelli, la UAE Emirates in questo momento è fortissima: eccola in azione sul Galibier
Giuseppe, cosa ne pensi della situazione di martedì?

Quando hai una squadra forte come adesso la UAE Emirates, una situazione simile può succedere. Erano a tutta e ad Almeida è scappato quel gesto di scatto. Può capitare. E poi non dimentichiamo che neanche lui è un gregario vero e proprio. E’ un ottimo corridore che sta facendo il gregario. Pertanto ci sta che voltandosi e vedendo il “ragazzino” tranquillo a ruota si sia arrabbiato. Non è bello, ma può succedere.

Però quando poi è passato Ayuso, il ritmo è un po’ calato. Almeno così è parso…

Quello sì. Si è visto che tirava con mezza gamba e non con due. Ma io voglio spezzare non dico una lancia a suo favore, ma almeno dargli un’attenuante. Juan Ayuso è un talento vero e anche per lui non è facile mettersi a disposizione. Lo hanno portato al Tour per imparare… ma imparare bene. Secondo me dalla prossima giornata in salita lo vedremo al suo posto. Tra l’altro, ma sono solo voci sia chiaro, si sente dire che vorrebbe cambiare squadra. I credo che se c’è qualcosa, il modo di mettere a posto tutto lo trova o lo ha già trovato, colui che porta la maglia gialla.

Dopo l’arrivo Matxin, mago nel tessere buoni rapporti, ha elogiati Almeida e Ayuso
Dopo l’arrivo Matxin, mago nel tessere buoni rapporti, ha elogiati Almeida e Ayuso
Dici che Pogacar gli ha detto qualcosa dopo la tappa del Galibier?

Per me sì. Gli fa capire che tutti devono lavorare allo stesso modo. Che sono una squadra. Le sue parole contano tantissimo. Però ripeto, queste sono cose che succedono. Magari hanno già rimesso le cose in ordine. Quando si fanno le strategie, poi magari le cose possono variare. Io per esempio ho notato che Adam Yates prima di passare a tirare ha parlato due volte alla radio. Per me ha detto ai compagni: «Fatemi tirare adesso, perché non sono super». Quindi qualcosa nelle tattiche varia sempre. Così si è invertito con Almeida che è entrato in azione dopo. Solo che poi quando il portoghese si è voltato e ha visto che l’altro non c’era, si è risentito.

Magari Ayuso non ne aveva…

Però è arrivato con i primi. Se hai fatto davvero il tuo lavoro non ci arrivi così avanti. Neanche il miglior Kwiatkowski, neanche Van Aert dopo aver fatto quello che dovevano fare restavano con i migliori. E non credo che lui sia ancora più forte di questi nomi giganteschi.

Come abbiamo detto, sembra, il condizionale è d’obbligo, che Pogacar dovesse partire ai 3 chilometri dalla vetta, dove c’è un tratto molto duro…

E ci sta. Io conosco molto bene quella salita e in effetti c’è un tratto di 500 metri molto duro. Non so… forse col senno del poi gli è andata meglio così.

A Valloire Pogacar in mix zone aveva parlato dell’armonia del bus e del team a cena (foto @fizzaazzif)
A Valloire Pogacar in mix zone aveva parlato dell’armonia del bus e del team a cena (foto @fizzaazzif)
Cioè, cosa vuoi dire?

Se Pogacar fosse partito prima lo avrebbe fatto con meno violenza forse e magari Vingegaard gli si sarebbe messo a ruota e non lo avrebbe staccato più. Invece ha capito che gli deve dare una botta secca e non farlo attaccare alla sua ruota. In quelle due tappe, tra Galibier e San Luca, lo ha capito e ci ha provato. Anche perché così lo manda fuorigiri, gli fa fare fatica… Perché attenzione: Vingegaard ha un recupero impressionante e se va in crescendo nella terza settimana magari diventa il più forte. Così invece lo ha un po’ rimesso al suo posto.

Chiaro…

Non so che numeri abbia fatto Tadej, sicuramente saranno stati incredibili, ma quella del Galibier è un’impresa pazzesca. Io forte così Pogacar non l’ho mai visto. E secondo me anche a crono i distacchi dell’anno scorso tra i due non saranno così ampi. Anzi, per me Pogacar può anche vincerla la crono. Magari lo farà Remco, altro fenomeno, ma saranno tutti vicini.

Ultima domanda, “Martino”: se tu fossi il direttore sportivo della UAE cosa avresti detto ai tuoi ragazzi?

Li avrei riuniti al tavolo e avrei detto ad Ayuso: «Ragazzo, fai quello che ti abbiamo detto di fare. Hai un compito. Se tutti hanno un chilometro da fare, quel chilometro tocca anche a te».

Il volo del campione. Pogacar domina il Galibier

02.07.2024
6 min
Salva

VALLOIRE (Francia) – Il Col du Galibier si conferma terra per artisti. Come Pantani 26 anni fa, anche Tadej Pogacar ha dipinto un capolavoro che resterà indelebile nella storia del ciclismo. Ha dipinto le curve in discesa e aggredito in tornanti in salita. Ha demolito l’avversario. Il risultato è un quadro. Tappa, maglia e l’orgoglio di essere riuscito finalmente a vincere una battaglia dopo tante sconfitte.

L’avversario chiaramente è Jonas Vingegaard. Ma come detto questa era “solo” una battaglia. La guerra è lontana dal finire. Una guerra bella… questa. Sportiva sia chiaro. Gli occhi di Pogacar visti oggi in mix zone facevano paura. Felicità certo, ma anche una consapevolezza sconcertante.

Pogacar taglia il traguardo. Stoppa il computerino. Ha fatto 19,3 km di fuga solitaria
Pogacar taglia il traguardo. Stoppa il computerino. Ha fatto 19,3 km di fuga solitaria

Quadro Galibier

L’opera d’arte della UAE Emirates, prende corpo sul Lautaret, lungo colle che porta poi al Galibier. Il vento contrario complica i piani ai ragazzi di Matxin. Tra pendenze dolci e appunto vento contro, a ruota non si stava bene, ma benissimo. Però è un ritmo che fa male. Che logora. E’ un ritmo che se non sei al top ti fa consumare tanto.

Dopo la svolta per il mitico Colle, ecco l’affondo tambureggiante della UAE. Prima Pavel Sivakov, poi Adam Yates. Poi ancora il balletto Joao Almeida e Juan Ayuso. Il gruppo si sgretola. Restano i giganti.

A 1.200 metri ecco lo scatto. Pogacar a destra, Vingegaard a sinistra. Sembra di rivedere il San Luca. Solo che si apre una breccia. Un metro, due. Un tornante e il rilancio violento dello sloveno. Dopo due anni di cazzotti incassati stavolta è lui a portare a segno il colpo.

Il resto è una planata che lascia tutti col fiato sospeso. Un arrivo quasi rabbioso con pedalate piene fino ad un metro dopo il traguardo.

Galibier. Lo sloveno è partito da pochi istanti. Vingegaard si appena staccato. Qui il buco è ancora di pochissimi metri
Galibier. Lo sloveno è partito da pochi istanti. Vingegaard si appena staccato. Qui il buco è ancora di pochissimi metri

Tappa e maglia

Il re del Giro d’Italia taglia il traguardo. E’ stanco e si vede. Ma lucidissimo. La cassa toracica si gonfia e si sgonfia in modo impressionante. Lui spegne il computerino. Qualche istante e ha già recuperato. 

«Il mio piano – ha detto Pogacar – è stato un po’ rovinato dal forte vento. Se non ci fosse stato avremmo potuto fare ancora di più, ma sono orgoglioso dell’azione e della squadra. E per me conta molto aver vinto da squadra.

«Dobbiamo continuare così. Dobbiamo avere in corsa la stessa atmosfera che abbiamo a cena, nel bus, alla mattina. E dobbiamo mantenere questo spirito di combattimento fino alla fine. La strada è ancora molto lunga».

Pogacar famelico

Sarà che lo abbiamo seguito giorno dopo giorno al Giro d’Italia, ma Pogacar sembra davvero un altro. In Italia dominava senza problemi. Qui si sapeva che gli avversari sarebbero stati diversi. Ma in tanti anni non lo avevamo mai visto così feroce.

«Sapevo – riprende il campione sloveno – che con il vento contro restare davanti da solo sarebbe stato difficile. Avrei voluto attaccare prima, così ho aspettato gli ultimi chilometri, i più difficili. Avevo davvero buone gambe e per questo ho dato tutto per creare un po’ di spazio prima della cima».

E poi, insaziabile ha aggiunto: «Non è stato il mio finale migliore, perché faceva anche freddo e alcune curve erano bagnate, ma quei 35”-37” mi rendono orgoglioso».

In effetti qualche curva Tadej non l’ha tirata benissimo, ma è normale quando si è al limite. Tra l’altro la scelta di attaccare in discesa è figlia anche di un momentaneo punto debole di Vingegaard quando la strada scende. Non dimentichiamoci che Jonas viene da una caduta in discesa e ci sta che anche psicologicamente avesse un filo di “incertezza”. 

Insomma in questa guerra a livelli siderali ogni minima crepa diventa un appiglio per aprire una breccia.

Almeida e Ayuso si sono alternati nel tratto finale del Galibier a causa del forte vento
Almeida e Ayuso si sono alternati nel tratto finale del Galibier a causa del forte vento

Applausi UAE

Per questo, in quei pochi metri che si sono aperti tra Pogacar e Vingegaard sul Galibier c’è di mezzo un mondo. Forse l’intero Tour de France. Tutto è in divenire ma per ora uno è davanti e l’altro insegue.

«Io – riprende Pogacar – credo che Jonas stia molto bene, ma in tre settimane qualcosa può cambiare. Vedremo come andranno le cose nelle prossime tappe e anche nella crono».

Ma c’è un altro aspetto che va preso in grande considerazione: oggi Vingegaard è rimasto solo. Se gli altri anni i Visma-Lease a Bike dominavano, oggi nei primi otto c’era solo il danese. E questo forse è l’aspetto che più ha reso felice Pogacar. «La squadra conterà di sicuro da qui in poi. E noi oggi abbiamo dimostrato di avere uno dei team più forti».

Ancora Ayuso e Almeida: i due si sono parlati dopo il traguardo
Ancora Ayuso e Almeida: i due si sono parlati dopo il traguardo

Ayuso e Almeida

Una bella atmosfera ha detto Tadej. E in effetti oggi la UAE Emirates ha lavorato alla grandissima. Ha mostrato compattezza, nonostante un piccolo episodio riguardante Ayuso proprio nel finale del Galibier.

Un momento su cui anche Pogacar è intervenuto. «Magari è sembrato un gesto plateale, ma quando sei a 200 battiti è difficile parlarsi. Joao non era arrabbiato».

«Tutto è andato come volevamo – ha detto un freschissimo Almeida dopo il traguardo – siamo stati perfetti. La mia gamba è buona e di sicuro da qui alla fine sarà ancora meglio. Siamo felici, ma sappiamo che c’è ancora molto da fare».

Come dicevamo solo un piccolo “caso”, quando Ayuso era in quinta ruota, quindi dietro a Pogacar, e Almeida era in testa. Il portoghese gli aveva fatto quel gesto invitandolo a venire avanti. «Quel gesto con Ayuso? Non mi ricordo bene ora», glissa Joao.

In pratica, secondo Matxin, visto il vento forte che c’era e il ritmo alto che dovevano imprimere, anziché dare una lunga trenata ciascuno, i due dovevano alternarsi. Ma Ayuso era rimasto un po’ troppo nascosto. Tanto è vero che poi quando è passato il ritmo è un po’ calato. Il dubbio dunque è che Ayuso abbia fatto il furbo. L’ambizione personale dello spagnolo è nota… Ma ci sta anche che i ritmi siderali lo abbiano reso un filo meno lucido.

All’arrivo comunque i due si sono abbracciati. Almeida gli ha sussurrato qualche breve parola all’orecchio e poi si sono scambiati il cinque. Ma per il resto davvero tattica ineccepibile. E grandi sorrisi. D’altra parte come potrebbe essere diversamente di fronte ad una simile opera d’arte?

Ricette bilanciate, qualità estrema e 15 tipi di pasta: Tadej a tavola

31.05.2024
4 min
Salva

Okay, Tadej Pogacar è un fenomeno, però se è così forte il merito è anche della cura che lo sloveno e il suo entourage ripongono nei dettagli. Bici al top, integrazione al top, accessori al top. E poi gregari, staff… tutto funziona al meglio. E in questo contesto non poteva mancare l’alimentazione, oggi tassello fondamentale.

Michele Romano è il cuoco della UAE Emirates. E’ lui che prepara per Tadej e i compagni i piatti durante le corse e persino durante i ritiri. E non sono mai pietanze banali: qualità e funzionalità sono sempre portate al massimo. In questo Giro d’Italia trionfale c’è dunque anche il suo zampino.

Se preparato ad hoc anche il sushi può essere un buon piatto per il recupero. Tadej e i suoi hanno fatto spesso ricorso al pesce
Se preparato ad hoc anche il sushi può essere un buon piatto per il recupero. Tadej e i suoi hanno fatto spesso ricorso al pesce
Il tuo lavoro, Michele, è molto più complesso di quel che ci si può aspettare. Quest’inverno ci avevi parlato della “messa a punto”, del bilanciamento delle ricette. Spiegaci meglio…

Durante il ritiro spagnolo abbiamo bilanciato le ricette che poi i ragazzi hanno mangiato e mangiano nel resto dell’anno. Partiamo dai primi (sostanzialmente riso e pasta, ndr) e testiamo le ricette e le quantità dei condimenti. Per bilanciare intendo le quantità di grassi e degli altri macronutrienti per ogni piatto finito.

Fai questo insieme al nutrizionista?

Esatto, insieme. Studiamo i pesi precisi di quel che andiamo ad utilizzare nel corso della stagione. E questo è importante ai fini pratici perché si risparmia tempo quando si è in gara, si ha la certezza di quel che si andrà a preparare, e quindi fare fronte alle determinate esigenze del momento, e soprattutto è replicabile anche da altri cuochi, qualora non ci sia io.

E questo lavoro è tornato utile anche al Giro…

Chiaro. Abbiamo selezionato le ricette per le varie e tappe e ci siamo mossi di conseguenza. Che sia una tappa piana, ondulata o di montagna, abbiamo ricette specifiche.

Le ricette cambiano anche in base al meteo?

Certo. Faccio un esempio: se le temperature sono basse facciamo delle zuppe, delle vellutate o dei purè di verdure per aiutarli a mantenere il calore.

Il pane fatto in casa UAE
Michele Romano e il pane fatto in casa UAE
Il menù è solo per la sera?

No, è per le colazioni, per il pranzo che poi sarebbe il recupero post tappa, e per la cena. Per le colazioni quello che varia da parte mia è il pane sostanzialmente. E ne abbiamo studiato diverse tipologie. Per esempio, se c’è una tappa piatta usiamo del pane dolce fatto con uva passa. Per una tappa di media montagna prepariamo pane alla curcuma o alle olive.

Perché curcuma o olive?

Perché sono antinfiammatori e restano facilmente digeribili. Mentre utilizziamo un pane bianco più classico per le tappe di montagna. A queste ricette aggiungiamo sempre delle fibre utilizzando delle farine biologiche macinate a pietra, quindi parliamo di farina di tipo 1 o 2.

Immaginiamo che sia tu a fare la spesa, vista la particolarità delle ricette. E’ così?

Esatto, la faccio io. Una settimana prima del nostro arrivo, invio una mail a tutti gli hotel presso cui andremo a soggiornare richiedendo prodotti specifici in base alle indicazioni del nutrizionista. Ma prima del via abbiamo una nostra scorta, tra l’altro fornita dai nostri sponsor, per quel che concerne i prodotti secchi, come la pasta, ma anche l’olio e i vari conservati. Questi prodotti sono stoccati in magazzino. Andiamo lì e ci riforniamo prima della grande partenza.

Michele, quando parli delle richieste agli hotel, indichi anche il marchio del prodotto che volete trovare?

Sì, sì… primo perché deve essere di qualità estrema e poi perché avendo fatto i nostri bilanciamenti siamo certi che quel brand ha determinate caratteristiche. Io poi comunque supervisiono quel prodotto e se non è quello richiesto o non mi soddisfa non lo uso.

Ecco (più o meno) il crumble alla nutella richiesto da Tadej
Ecco (più o meno) il crumble alla nutella richiesto da Tadej
Quali sono state le tre pietanze più gettonate da Pogacar in questo Giro d’Italia?

Tadej è un buongustaio e mangia davvero di tutto. Gli piace molto il pesce bianco di qualità, come spigole e bronzini. Ma soprattutto ama la pasta più di ogni cosa. Nelle tre settimane l’ha mangiata in 15 modi diversi. Chiaramente erano tutte ricette bilanciate. Cerchiamo di unire le esigenze del nutrizionista con il gusto degli atleti.

La sua pasta preferita di questo Giro qual è stata?

Uno spaghetto con crema di zucca, peperone rosso e porro. Mentre per le paste corte si è orientato principalmente sulle mezze maniche con salsa di pomodoro arrosto.

Qual è stato lo sgarro di Pogacar nel Giro?

La sera di Bassano ha voluto un crumble alla nutella. Tra l’altro la ricetta di questo dolce me l’ha data proprio lui. Poi come sempre io e il nutrizionista gliel’abbiamo bilanciata. E’ stato il suo premio finale e il nutrizionista ha dato l’okay per questo dolce abbastanza calorico.

Quanto ha speso sin qui davvero Pogacar?

17.05.2024
5 min
Salva

Quanto ha speso realmente Tadej Pogacar sin qui. In questo Giro d’Italia si è dibattuto parecchio sul suo modo di correre. E di fatto ci sono due “partiti”: quello di chi sostiene che l’asso della UAE Emirates abbia speso troppo e quello di chi dice che va bene così, che Pogacar non ha speso troppo. Nella foto di apertura lo si nota pedalare in scioltezza nel drappello di testa.

Alla vigilia della cronometro di Desenzano del Garda che con grandi probabilità segnerà distacchi sensibili tra lo sloveno e gli immediati uomini di classifica, facciamo il punto sulla “spesa rosa” di Tadej Pogacar con Pino Toni. Il coach toscano ricalca più o meno quanto fatto con Van der Poel nell’analisi della schiacciante vittoria alla Parigi-Roubaix.

Toni 2022
Pino Toni, preparatore toscano, è un esperto di analisi dei dati
Toni 2022
Pino Toni, preparatore toscano, è un esperto di analisi dei dati
Prima di tutto, Pino, qual è il tuo giudizio sul Giro di Pogacar sin qui?

Io penso che abbia fatto una bellissima programmazione di questa sua corsa rosa, sia per come ci è arrivato, che per come la sta gestendo. E’ partito col piede giusto. Forte nella prima settimana, poi si è messo tranquillo. Non solo, ma ha messo tutti gli altri nella condizione di lottare per il secondo posto e di farlo con distacchi ravvicinati.

Ti riferisci alle marcature?

Esatto. Vedete come stanno correndo? Gli altri ormai lottano già per difendere la propria posizione. Si è visto con Bahrain-Victorious o Bora-Hansgrohe anche ieri. Si corrono contro e questo fa gioco a Pogacar e alla sua squadra. Anche perché con il WorldTour il modo di correre è cambiato. Una volta tra ammiraglie ci si accordava, si poteva fare un’azione coordinata, adesso non ci si parla più. Ogni team tira l’acqua al suo mulino. Fare andare via gente che è ottava o sesta in classifica e gli fa gioco… anche da un punto di vista energetico.

Perché?

Perché se tu schianti la squadra per correre dietro a tutti poi diventa dura, anche per loro della UAE Emirates. Nella terza settimana sono concentrati oltre 20.000 metri di dislivello dei 44.000 complessivi e i suoi sono gregari, danno il massimo, ma non hanno il Damiano Caruso della situazione che lotta oltre le sue possibilità al 110 per cento se dovessero andare in crisi. Quindi questa situazione di classifica che si è creato per me è perfetta per Pogacar.

Pogacar nell’attacco di Fossano: 4′ a 510 watt medi (dati Velon)
Pogacar nell’attacco di Fossano: 4′ a 510 watt medi (dati Velon)
Domani c’è la crono: cosa potrà fare Pogacar?

Io credo che su un percorso del genere agli uomini di classifica, al migliore di loro, potrà dare anche un minuto e mezzo. Se gli andrà così se la sarà giocata benissimo. Forte nella prima settimana, poi ha controllato. Io credo che almeno un secondo e mezzo a chilometro possa darglielo senza problemi.

Anche dal punto di vista dei numeri, dei famosi watt e dei kilojoule Pogacar ha speso poco?

Sì. Mi chiedo se dall’inizio del Giro avrà fatto 50′ di Z5 complessivi: per me no. Ho visto i file (quelli veri) di alcuni atleti della crono di Perugia. Gente che è andata forte ha fatto 6,45 watt per chilo nella salita finale. E visti i distacchi che ha inflitto lui in quel tratto terminale, posso dire che di margine ne ha molto quando si pedala in gruppo. E ne aveva anche nel tratto in pianura di quella crono.

Quindi quando dicono che ha speso troppo…

Non è vero. Lui è il più forte e spende sempre meno degli altri. Se i suoi avversari sono al 70 per cento, lui è al 60. Questo significa che arriverà bene in fondo. Non dico che finisce le tappe con più glucosio degli altri, perché ormai tutti si alimentano bene, ma che recupera prima sì. Per questo mi chiedo: li avrà fatti 45′-50′ di Z5 o più dall’inizio del Giro?

Eppure stando ai dati di Velon, ci sono diversi momenti in cui è andato davvero forte. I 4′ a Fossano, i 12′ nella salita della crono di Perugia, i 21” a Prati di Tivo o i 37” Napoli. In questi contesti ci sono wattaggi medi impressionanti…

Ma quella è attivazione. Parliamo di pochi secondi o al massimo di pochi minuti. Quello che veramente ti consuma e ti logora sono i 20′ a tutta sopra la soglia. Sono quelli che ti lasciano la fatica addosso. Gli sforzi che avete elencato voi, se poi hai modo di recuperare bene, alla fine non incidono. Sono le andature che non riesci a sopportare, quelle che ti portano al limite e oltre che ti mettono in difficoltà. E l’unico in salita che lo può mettere in difficoltà e che va più forte di lui, è Vingegaard… che al Giro non c’è.

La crono di Desenzano è per specialisti, ma Pogacar potrebbe infliggere il colpo di grazia ai più immediati inseguitori
La crono di Desenzano è per specialisti, ma Pogacar potrebbe infliggere il colpo di grazia ai più immediati inseguitori
Paradossalmente quell’attivazione gli serve per non ingolfarsi?

Adesso non starei ad esagerare nel dire che ci si allena, ma gli fa bene per il sistema cardiocircolatorio. Se tu sei sempre al medio poi alla lunga fai più fatica a richiamare bene tutte le fibre muscolari. In questo modo invece Pogacar si ritrova sempre una buona motricità.

Se la sta giocando bene anche in chiave doppietta Giro-Tour?

Per me sì, si sta muovendo bene come ho detto, perché anche tatticamente si è messo nella condizione di controllare la corsa e quindi i suoi sforzi. Lui in questa sfida ha davanti 42 giorni di corsa e anche per statistica in 42 giorni il giorno o i giorni che qualcosa non vada bene o che non sia al top ci sono. Deve cercare di limitarli al massimo e avere un margine di sicurezza: come sta facendo.

E sempre in chiave doppietta ti è piaciuto il suo avvicinamento al Giro con solo dieci giorni di corsa?

Sì, giusto. Se lo può permettere. Poi noi dobbiamo considerare anche i training camp. Quelli non sono giorni di corsa ma incidono. Sono grandi blocchi di lavoro, l’unica differenza con la corsa è che lì puoi gestire il tuo recupero: oggi sono stanco, quindi faccio di meno. E in questo modo sfrutti al massimo la supercompensazione. Il Giro in parte svolge questo ruolo, ma essendo una corsa se un giorno è stanco non può recuperare. Ma questo vale per tutti.

Matxin e l’evoluzione dei giovani: «Non trattarli da… giovani»

11.04.2024
5 min
Salva

Ieri al Giro d’Abruzzo ha vinto Jan Christen ennesimo astro nascente di questo ciclismo sempre più famelico di giovani e giovanissimi. E anche astro nascente della UAE Emirates sempre più legata alla linea verde.

E quando si toccano questi tasti un vero astro dei giovani è Joxean Fernandez Matxin, che prima ancora di essere uno dei tecnici dello squadrone asiatico, è anche un uno dei migliori talent scout in assoluto.

Proprio qualche giorno fa, commentando alcune prestazioni dei suoi ragazzi, ma anche in generale, Matxin ha parlato di tempistiche da rispettare per alcuni giovani: non tutti sono subito maturi. E ha parlato anche di un calendario idoneo per questi atleti. E lo stesso per i giovani che sono già pronti.

Jan Christen (20 anni a giugno) ieri ha vinto al Giro d’Abruzzo. Domenica sarà impegnato all’Amstel Gold Race
Jan Christen (20 anni a giugno) ieri ha vinto al Giro d’Abruzzo. Domenica sarà impegnato all’Amstel Gold Race
Matxin hai parlato di giovani che hanno bisogno di un’evoluzione più naturale e progressiva. E’ intuibile, ma qual’è il tuo concetto preciso?

E’ il mio pensiero. Per ogni giovane, forte o fortissimo che sia, c’è un periodo che è del tutto soggettivo per arrivare alla maturazione. Quando parlo di maturazione non mi riferisco solo a quella fisica e di atleta, ma anche a quella della persona. Per assurdo a chi vince subito devi infondere calma, devi quasi frenarlo. Altri vanno aspettati e anche se sono bravi vanno aspettati.

Quindi i tempi di maturazione non sono solo fisici?

Direi di no. Un ragazzo spagnolo magari raggiunge la maturità più tardi rispetto ad un corridore straniero. Un norvegese o un danese sin da junior fa attività internazionale. Loro viaggiano, vivono esperienze. Perché il loro calendario interno non è così folto e vanno subito fuori a correre, appunto fanno attività internazionale. E questo poi li porta anche ad essere competitivi sin da subito.

Il calendario: quanto è importante e come si studia un programma adatto a quel determinato ragazzo?

Non esiste un calendario giusto in assoluto, dipende anche dalla scelta di squadra che fa il ragazzo. Dove va. Cosa va a fare in quella squadra. Che opportunità ci vedi. Per me il giovane non devi pensarlo come un giovane, ma come un corridore: campione o non campione che sia. E lo devi utilizzare e valorizzare perché è un corridore, non perché è un giovane. Per questo dico che la scelta della squadra è molto importante per la sua evoluzione. Si devi sentire valorizzato. Non devi andare in un team solo per chiudere buchi o a tirare i primi chilometri perché sei giovane… tanto hai tempo. L’evoluzione è sotto ogni aspetto, mentale, fisica, tattica. Altrimenti quel ragazzo finisce col perdersi.

Joxean Fernandez Matxin (classe 1970) è il direttore della parte sportiva della UAE Emirates ed esperto talent scout
Joxean Fernandez Matxin (classe 1970) è il direttore della parte sportiva della UAE Emirates ed esperto talent scout
Voi siete la squadra numero uno al mondo, avete vinto il ranking UCI 2023, avete tanti campioni, come fa un giovane a non perdersi in un team come la UAE Emirates?

Semplice, facendo per quel ragazzo un calendario giusto, pianificando l’intera stagione e dando direttive chiare, specificando bene quello che vuole lui e quello che vogliamo noi. Quando facciamo un programma questo va da ottobre a ottobre. In questo modo loro sanno quando devono correre, quando devono essere competitivi e quando devono essere competitivi per loro stessi.

La pianificazione è tutto insomma.

E’ importante, ma come ho detto è soggettiva. Prendiamo Del Toro per esempio. Isaac ha fatto un salto di qualità che neanche noi ci aspettavamo, è stato un salto più grande del previsto e così siamo intervenuti. Non ha fatto la Coppi e Bartali, ma ha fatto la Tirreno-Adriatico: se lo è meritato. Lo abbiamo ripianificato insieme. Ma partivamo da un progetto chiaro e completo. 

E i ragazzi condividono sempre?

Morgado, per esempio, posso dire con chiarezza che non ama troppo le classiche, ma noi sappiamo che può fare bene in quelle corse e così lo abbiamo mandato al Fiandre. Per lui era una scuola. Come è arrivato? Quinto. Erano 80 anni che un corridore così giovane non arrivava nei primi cinque. E noi non gli avevamo chiesto di fare quinto o imposto degli obiettivi. Certamente non lo abbiamo frenato.

Se serve per fare scuola e per la sua maturazione generale, perché allora avete mandato lui e non un Ayuso?

Anche Ayuso può fare il Fiandre, certo, ma è troppo leggero per quelle corse. Morgado invece può fare bene.

Morgado (classe 2004) non ama le classiche ma può vantare già una top 5 in una classica Monumento come il Fiandre. Magari cambierà idea!
Morgado (classe 2004) non ama le classiche ma può vantare già una top 5 in una classica Monumento come il Fiandre. Magari cambierà idea!
Quindi è perché vedete in lui determinate caratteristiche?

Esatto, perché Morgado ha le caratteristiche fisiche e tecniche per fare bene in certe corse. E per lui come ho detto è una buona scuola, una grande esperienza per il futuro. L’ho mandato a Le Samyn, una piccola Roubaix, sapendo che non gli piaceva, ma al tempo stesso sapendo anche poteva fare bene: è arrivato secondo. Poi magari in futuro può anche continuare a preferire altre corse, ma intanto sa che può fare bene anche lì.

E intanto il ragazzo matura… Matxin, ma tu come fai a intuire che uno allievo, uno junior sono bravi, anche se non hanno raccolto grandi risultati?

In tanti mi fate questa domanda: non so. Intuizione. Se vi chiedessi come è quella donna? Bella, brutta, bellissima? Ognuno ha i suoi parametri per giudicare. Per me alcune cose sono evidenti, non so: vedo come affrontano la gara. Faccio questo mestiere da quando avevo 21 anni. Vado alle corse, seguo molto le corse dei giovani.

Quindi tempistiche, campioni pronti e da aspettare. Ora avete anche il devo team, fate scambio di atleti?

Sì, sì, lo stiamo facendo e in un sacco di gare. Giaimi, Duarte, Guatibonza… hanno già fatto corse con i pro’. Mischiamo spesso i nostri atleti del devo team con quello WorldTour. E’ importante fargli fare queste gare per alimentare il loro sogno, per dargli grinta, per fargli fare esperienza, per far conoscere loro com’è il mondo dei pro’. E anche per fargli fare il ritmo giusto per quando poi ritornano nelle gare under 23.

Ancora su Del Toro: stavolta parla Rodriguez, il suo mentore

28.03.2024
4 min
Salva

Isaac Del Toro è la rivelazione di questo inizio di stagione. Anche Marino Amadori ce ne ha parlato l’altro ieri e prima di lui i tecnici che gli sono attorno, ma il discorso si può allargare ancora. E tra questi tecnici c’è anche Alejandro Rodriguez.

Rodriguez è il tecnico e lo scopritore di Del Toro. Segue il progetto giovani del Messico. Al contrario dei tecnici che in UAE Emirates ora gli sono vicini, lui Del Toro lo ha lasciato andare, un po’ come fa un padre quando vede che il figlio inizia a camminare da solo. «Giusto così – dice Rodriguez – è ora che Isaac faccia le sue esperienze. Tanto lui è un bravo ragazzo e non si scorda dei vecchi amici».

Dal Messico a San Marino

Rodriguez è in Italia. O meglio, a San Marino. E’ lì che porta avanti i suoi ragazzi. Nel pieno della stagione ciclistica, lasciano il Messico e vengono in Europa. I suoi atleti, come fu per Del Toro, corrono vestendo i colori del MoneX Pro Cycling Team.

«Siamo a San Marino già da 3-4 settimane – dice Rodriguez – il progetto va avanti e anzi siamo cresciuti. Abbiamo 12 under 23, 8 juniores e anche 9 donne, tutte under 23. Tanto che abbiamo preso due grandi case. In una ci vivono le ragazze e nell’altra i ragazzi». Anche Isaac faceva parte di questa schiera fino a pochi mesi fa. 

Tour Down Under: terzo giorno di gara tra i pro’ e prima vittoria nel WorldTour per Del Toro (classe 2003)
Tour Down Under: terzo giorno di gara tra i pro’ e prima vittoria nel WorldTour per Del Toro (classe 2003)

Stupore a metà

Ora la rivelazione della UAE Emirates vive sempre a San Marino, ma in una casa tutta sua. Ogni tanto esce ancora con i suoi vecchi compagni. E il rapporto con Rodriguez è rimasto forte.

«Qualche tempo fa – racconta Rodriguez – siamo andati a mangiare una pizza insieme. Ormai ha poco tempo per stare qui, tra Australia, Algarve, Tirreno… c’è stato davvero poco».

Rodriguez e Del Toro si sentono, ma Alejandro non è pressante. Non sta lì per ogni cosa. E’ consapevole che adesso Isaac è nelle mani di uno dei team più all’avanguardia e ha fatto un passo di lato. Ciò non toglie che continua a seguirlo.

«L’ho trovato e lo vedo molto motivato – racconta Rodriguez – se sono sorpreso dei suoi risultati? Non troppo visto come andava l’anno scorso. Sarà che lo conosco da più anni, ma queste sue prestazioni non mi hanno colpito del tutto. Semmai mi ha colpito più la rapidità con cui si è adattato. Ma come ho detto essendo motivato e forte, ci può stare».

«Quando facemmo i test da ragazzino si vedeva che aveva qualcosa in più. Gli altri finivano e lui ancora doveva iniziare a faticare. Uno come Isaac non lo trovi tutti i giorni».

Isaac con i giganti, il messicano è in terza ruota tra Vingegaard e Ayuso
Isaac con i giganti, il messicano è in terza ruota tra Vingegaard e Ayuso

Programma giusto

Rodriguez parla di un Del Toro in buone mani. La UAE Emirates non manca certo di bravi tecnici. Il tecnico messicano ha apprezzato l’approccio che hanno avuto e che continuano ad aver col suo pupillo.

«Okay la Sanremo, che Isaac non doveva fare, glielo hanno detto all’ultimo in sostituzione di McNulty, ma per il resto hanno un approccio di crescita graduale. In UAE lo fanno crescere bene, sia con i carichi di lavoro che con il programma. Lo scorso anno, Avenir a parte, Del Toro ha fatto  7-8 corse a tappe di 3-4 giorni, ora gli fanno fare quelle di una settimana. Condivido questo programma».

C’è però un aspetto che abbiamo notato in Del Toro. Alla Tirreno-Adriatico nelle due occasioni di salite lunghe, entrambe le volte le ha prese un po’ dietro. Si è persino staccato un po’, salvo poi rimontare ferocemente. Sembrava quasi si fosse fatto sorprendere, visto che poi nel corso della scalata era il più veloce, cedendo solo all’inarrivabile Vingegaard.

Qualcosa di simile era accaduto anche l’estate passata al Giro della Valle d’Aosta. Fu sorpreso dall’attacco di Rafferty salvo poi mangiargli 5′. E’ questo un punto da migliorare?

«Difficile – dice Rodriguez – dare una risposta precisa, ci sono molti aspetti in ballo. Bisogna anche vedere quali erano le indicazioni dei direttori sportivi. Sappiamo che Isaac ama andare di passo (è anche un ottimo cronoman, ndr) ma in gare di quel livello è tutto più difficile, specie per un giovane, anche solo mantenere un certo ritmo».

Hirschi pronto a marciare su Parigi, ma soprattutto su Zurigo

09.03.2024
4 min
Salva

SIENA – Il 3 agosto e il 29 settembre sono le due date che Marc Hirschi ha cerchiato in rosso. E sono due eventi che Marc correrà con la maglia rossocrociata, quella della sua Svizzera. Marc è un falco, uno di quegli atleti che sa puntare. Che sa farsi trovare pronto quando arriva il momento clou ed essendo in nazionale il leader designato merita una grande attenzione.

Quando ha avuto carta bianca ha messo nel sacco una tappa al Tour, una Freccia Vallone, un terzo posto ai mondiali. E più recentemente, solo lo scorso anno, il Giro dell’Appennino, la Coppa Sabatini, il Giro del Lussemburgo e il campionato nazionale.

Hirschi alla Strade Bianche, un grande lavoro per Pogacar e lo stesso in questi giorni per Ayuso
Hirschi alla Strade Bianche, un grande lavoro per Pogacar e lo stesso in questi giorni per Ayuso

Dalla UAE alla Svizzera

Il connazionale Rubens Bertogliati ad un giornale svizzero (Mattino Online Ticino) ha dichiarato che: «Credo che in questa stagione potrebbe tornare ad essere protagonista. Marc ha pagato più del dovuto gli infortuni e il conseguente passaggio alla UAE».

E proprio il suo team è un punto chiave. Hirschi è un cacciatore di classiche, un vincente. Milita nella prima squadra al mondo, la UAE Emirates, ma se questa da una parte gli dà tanto, dall’altra gli toglie qualcosa. E’ inevitabile: con tanti campioni in rosa, spesso si ritrova a vestire i panni del gregario. 

Noi per esempio abbiamo scambiato delle battute con lui alla Strade Bianche, e quel giorno il leader guarda caso era Tadej Pogacar. Marc stesso ci disse prima del via: «Giustamente oggi lavoro per Tadej».

Non è un caso che da quando è in questo team abbia vinto molte gare, ma non quelle WorldTour. Anche quest’anno ha aperto la stagione con un successo di forza e astuzia e alla Faun Drome Classic, ma si tratta di una prova 1.Pro.

Marc Hirschi (classe 1998) conquista la Faun Drome in Francia, suo 15° successo in carriera
Marc Hirschi (classe 1998) conquista la Faun Drome in Francia, suo 15° successo in carriera

Più Zurigo che Parigi

Se gli obiettivi erano due, Hirschi ci è sembrato quasi più interessato ai mondiali che non ai Giochi Olimpici di Parigi. Ma è anche normale visto che si terranno proprio in Svizzera, a Zurigo. E che forse il percorso parigino è sin troppo scorrevole per le sue caratteristiche di scattista.

«Sì – dice Hirschi – per me i campionati del mondo quest’anno sono l’obiettivo più grande. Si corrono nel mio Paese di origine. E poi ci sono le Olimpiadi. Sarebbe bello iniziare da queste chiaramente, ma non sarà facile prendervi parte perché come ranking abbiamo solo due posti a disposizione e di mezzo c’è anche la cronometro».

Hirschi non ha poi torto, però è anche vero che le convocazioni olimpiche per gli svizzeri sembrano già fatte. Lui stesso è nettamente il primo atleta nel ranking UCI dei rossocrociati e il secondo è Stephen Kung, che punterà soprattutto sulla cronometro. Pensate che Marc ha più di mille punti di vantaggio sullo stesso Kung.

Semmai a rompergli le uova nel paniere potrebbe essere l’altro connazionale, Stefan Bissegger, campione europeo 2022 nella crono. Però la prova in linea è nettamente favorevole alle caratteristiche di Hirschi.

Hirschi è di poche parole, ma gentile. Lo ricordiamo due anni fa alla Per Sempre Alfredo, la gara che lo vide tornare al successo dopo l’anno tremendo costellato da infortuni. Aveva voglia di raccontare. 

Lui però ci crede e sotto sotto lavora proprio per questi obiettivi. Sa che gli sfidanti sono dei giganti e più di qualcuno di questi ce li ha in casa. Sa bene dunque dove deve arrivare per poter vincere.

«In questo inverno – spiega Hirschi – ho modificato un po’ la mia preparazione. Ho lavorato per essere più esplosivo: sarà necessario in quelle gare».

Nel 2020 fu medaglia di bronzo ai mondiali di Imola, dietro Alaphilippe e Van Aert
Nel 2020 fu medaglia di bronzo ai mondiali di Imola, dietro Alaphilippe e Van Aert

A tutte classiche

Hirschi ha già il suo piano di gare. Non farà grandi Giri, forse anche per questo ha puntato del tutto su un certo tipo di allenamenti. La primavera di Marc prevede una grande incetta di classiche. Ad esclusione di Gand e Roubaix, le classiche per i pesi forti, le farà tutte: dalla Sanremo alla Liegi, passando per il Fiandre e la Freccia, che vinse nel 2020. E nel mezzo altre gare.

In tutto questo bailamme di corse, il suo primo stop di stagione sarà a maggio dopo il Giro di Ungheria. Poi forse troverà il tempo di andare a vedere per bene il percorso iridato.

«Non lo conosco – ammette Hirschi – non ho ancora avuto modo di girarci, tra così tante gare e tanti allenamenti. L’ho visto solo online».

Che il 2024 sia l’anno di Hirschi? Che avesse ragione Bertogliati? Lo svizzero può covare il colpaccio, le doti ce le ha e sembra il personaggio perfetto per questo “assalto alla diligenza”.

Rivoluzione Covi: niente Giri, più classiche e occasioni per sé

08.02.2024
5 min
Salva

«Vengo da una stagione difficile e il primo obiettivo era recuperare. Recuperare la salute». Alessandro Covi ci porta subito nel cuore dell’intervista. Come sta lavorando il Puma di Taino? Cosa possiamo attenderci alla sua quinta stagione da professionista? Una stagione molto importante.

Covi ha iniziato il suo anno agonistico in Australia. Tanta fatica, ma di certo meglio dei tre “DNF” delle ultime gare a cui aveva preso parte nel 2023. Era solo la prima parte di settembre e da allora lo stacco è stato lungo per il corridore della Uae Emirates.

Sul “Tainenberg”, lo strappo nel centro storico della sua Taino. Farlo almeno una volta l’anno è un mantra per Covi (foto @filippoborgarelli)
Sul “Tainenberg”, lo strappo nel centro storico di Taino. Farlo almeno una volta l’anno è un mantra per Covi (foto @filippoborgarelli)
Adesso come stai?

Dopo la scorsa stagione ho staccato un mese e mezzo. Ma ci voleva. Mi è servito per recuperare bene (mononucleosi, ndr) e ho visto gli effetti. Ho passato un gran bell’inverno. Senza intoppi. Certo, non ho lavorato sull’intensità e infatti sono partito un po’ più piano rispetto agli altri anni, ma ad ogni giorno di gara sento di fare uno step. Nelle ultime corse sono tornato ad avere sensazioni che non provavo da un po’.

Voi corridori spesso parlate di queste sensazioni, prova a farcele capire anche a noi…

Era quasi un anno, dal Laigueglia scorso, che non provavo certe sensazioni, poi appunto mi sono ammalato: influenze varie e mononucleosi. Le sensazioni: in gruppo c’è sempre qualcuno che come inizia la vera corsa, è il primo a staccarsi. Ebbene, io ero tra quelli. Ero lì che spingevo, ma niente. Mentalmente era dura da accettare. In queste ultime gare invece vedo che non sono più tra loro. Vedo che quando esplode la corsa e gli altri iniziano a faticare, io sono ancora pimpante, fresco. E questo mi fa dire: «Inizio a stare bene allora». E mi consente di aiutare la squadra, cosa che comunque facevo anche quando stavo male, ma in un altro modo.

Qual è il menù della tua stagione?

E’ un programma stravolto rispetto agli anni, in cui lavoravo per essere al top al Giro d’Italia, in supporto ai capitani e per qualche mia occasione. Quest’anno sarà una stagione fortemente improntata sulle classiche. Farò la Sanremo, il Fiandre, l’Amstel, la Liegi. Più in là: Giro d’Ungheria, di Slovenia, di Austria. Poi ancora, nel finale di stagione, le classiche italiane, Plouay… Niente grandi Giri.

Covi (classe 1998) in testa al gruppo durante il Down Under. Una fatica che lo sta aiutando a trovare la giusta gamba
Covi (classe 1998) in testa al gruppo durante il Down Under. Una fatica che lo sta aiutando a trovare la giusta gamba
Ti dispiace di non fare un grande Giro? Come vivi questa cosa?

Non è una bocciatura da parte del team, anzi… Non mi fanno fare il Giro perché con Tadej (Pogacar, ndr) avrei dovuto tirare 21 tappe su 21, mentre mi danno la possibilità di andare forte in altre occasioni, molte delle quali proprio durante i grandi Giri. Penso all’Ungheria durante il Giro d’Italia. Al Giro d’Austria nel periodo estivo. A Plouay quando c’è la Vuelta. Io mi sarei anche messo volentieri a disposizione di Tadej, tanto più al Giro che sappiamo cosa rappresenti per un italiano, ma ho accettato di buon grado il programma della squadra.

Messa così in effetti le occasioni per te non mancano…

Guardate, proprio parlando con Matxin, abbiamo visto come oltre la Sanremo non avessi fatto classiche importanti di primavera, che tra l’altro sarebbero le corse per me. Che fai, dopo la Sanremo se punti a fare un buon Giro, non vai in altura? In questo modo la squadra mi lascia il mese di aprile per correre. E anche maggio. E ciò mi consente di preparare bene corse come il Giro di Slovenia o il campionato italiano.

Punti alle classiche, ma sei partito più lentamente: come farai a trovare la condizione top? Dopo queste prime corse prevedi uno stop per fare intensità a casa?

In realtà ho un calendario talmente intenso che forse da qui in poi non farò neanche un giorno di allenamento (intenso o di carico s’intende, ndr). Farò la gamba con le gare e vedendo l’andamento credo di essere sulla strada giusta. No, non sono preoccupato della forma. L’importante è che non ci siano intoppi. Il ritmo gara non te lo dà nessun allenamento. Ho già corso in Australia e alla Valenciana. Ora mi aspettano quelle in Portogallo, poi Murcia, Andalucia, Tirreno. Poi ancora le classiche.

Tanti giorni di corsa. Alla fine ne farai di più che se avessi fatto un grande Giro!

Più o meno siamo lì. Di certo farò più gare e per questo sarà importante il recupero tra una corsa e l’altra. Parlavate di allenamento, qui l’importante è non andare in over training piuttosto.

Tra esperti e giovani, Alessandro si ritrova nel mezzo. Spesso si è affidato a Ulissi (qui alla sua ruota), il veterano della UAE Emirates
Tra esperti e giovani, Alessandro si ritrova nel mezzo. Spesso si è affidato a Ulissi (qui alla sua ruota), il veterano della UAE Emirates
E’ anche in virtù di queste tante gare che hai fatto tanta base e non l’intensità, come dicevi all’inizio?

No, quello era legato al recupero dopo la scorsa stagione con la mononucleosi. Dopo la malattia non bisognava mettere stress al fisico. Vero, in Australia ho fatto parecchia fatica, ma sentivo che era una fatica buona, giusta.

Alessandro, sei giovane, ma non sei più il ragazzino del gruppo visto i nuovi arrivi. Che ne pensi?

Eh, lo vedo, lo vedo! Ormai quasi mi guardano come un esempio e non più come il giovane. Ma mi piace. Mi reputo un uomo squadra e se loro fanno con me come io ho fatto con Diego (Ulissi, ndr), va benissimo. Anche se sono giovane, anch’io posso trasmettere quel che ho imparato.

Sei più tu che chiedi ad Ulissi, o comunque agli esperti, o i ragazzi che chiedono a te? Insomma come sei messo in questa bilancia?

Io ascolto sempre i consigli di Diego e dei più esperti, ma s’impara da tutti, anche dallo staff e dai più giovani. Specialmente oggi. Vedi questi ragazzini che passano e sanno tutto. Parlano solo di alimentazione e allenamenti, quindi capisci che non ci sono margini di errore e che ogni cosa può esserti utile.