Il bike brand svizzero BMC ha recentemente ufficializzato una importante estensione di contratto di sponsorizzazione, e congiuntamente di fornitura prodotto – un’accordo della durata di ben sei anni (!) – con la formazione elvetica Tudor Pro Cycling. Il Team Tudor ha fatto il proprio ingresso nel mondo del ciclismo professionistico quest’anno, perseguendo una visione ed un obiettivo molto chiaro, ovvero quello di sviluppare la squadra di ciclismo svizzera di maggior successo di sempre. Non a caso, una delle caratteristiche principali della Tudor Pro Cycling è proprio quella di impegnarsi nel creare un ambiente ideale per la crescita dei ciclisti e soprattutto dei giovani talenti.
Dal canto suo, BMC da sempre lavora in maniera estremamente scrupolosa per progettare e realizzare esclusivamente biciclette di altissima qualità per supportare al meglio i propri atleti ed i propri clienti in tutto il mondo. La missione di BMC è quella di progettare e produrre le biciclette più veloci al mondo, in tutte le discipline: e il BMC Racing Program è uno “strumento” fondamentale per il raggiungimento di questo obiettivo. Lavorando a stretto contatto con gli atleti, i manager e i tecnici delle squadre, BMC è perfettamente in grado di sviluppare le proprie innovazioni tecniche per il futuro: non a caso il Team Tudor per la prossima stagione 2024 correrà su una nuova piattaforma di biciclette sviluppata in stretta collaborazione proprio con la Tudor Pro Cycling.
BMC e Tudor Pro Cycling hanno siglato un accordo che porterà avanti la collaborazione per altri 6 anniBMC e Tudor Pro Cycling hanno siglato un accordo che porterà avanti la collaborazione per altri 6 anni
L’eccellenza elvetica
«Siamo estremamente entusiasti – ha dichiarato David Zurcher, il CEO del Gruppo BMC – di continuare questo nostro bellissimo viaggio con Tudor Pro Cycling, sentendoci al tempo stesso fiduciosi per i risultati che potremo raggiungere insieme nei prossimi sei anni di assidua collaborazione. La squadra sta crescendo molto, e per quanto riguarda l’organico 2024 abbiamo già annunciato l’ingresso di corridori importanti e di grande esperienza. E poi, con l’avvento delle nostre nuove biciclette, saremo pronti a spingere e a pedalare oltre i confini del possibile».
Questo il motto sul telaio delle bici BMC “Nata per osare”Questo il motto sul telaio delle bici BMC “Nata per osare”
«La stagione agonistica che stiamo vivendo – ha ribattuto Fabian Cancellara, che del Team Tudor è il proprietario – ha rappresentato un grande passo avanti per la nostra squadra, e i ragazzi hanno dato il meglio di se stessi su tutti i fronti. Il nostro rapporto con BMC è stato, e continuerà ad esserlo ancora per sei anni, una componente chiave della nostra crescita e del nostro sviluppo futuro. La vicinanza geografica delle due sedi, ad esempio, significa moltissimo: testimonia difatti che il rapporto di lavoro tra le nostre due realtà va ben oltre a quello tradizionale che intercorre tra uno sponsor e la squadra stessa. Lavoriamo in strettissima sinergia e sviluppiamo le nostre competenze insieme, ogni giorno. In Tudor Pro Cycling cerchiamo l’eccellenza: in ogni singolo aspetto. E BMC rappresenta per noi un partner ideale per poter mantenere queste aspettative».
Il Giro di Svizzera ha già archiviato tre frazioni. Ieri il successo di Skjelmose, l’altroieri quello di Girmay, ma sin qui è stata la prima tappa a destare non poco interesse visto l’ordine di arrivo. Nella crono inaugurale, primo Stefan Kung. Secondo Remco Evenepoel. Terzo Wout Van Aert… un podio del genere non è sfuggito alle considerazioni di Adriano Malori.
L’ex campione italiano a cronometro e oggi preparatore affermato, ha le idee chiare su quella prima frazione: l’anello di Einsiedeln di 12,7 chilometri. E tutto sommato non è rimasto poi così colpito dalla vittoria di Kung.
Adriano Malori (classe 1988) è stato pro’ dal 2009 al 2016. Ora gestisce il suo centro di preparazione 58×11Adriano Malori (classe 1988) è stato pro’ dal 2009 al 2016. Ora gestisce il suo centro di preparazione 58×11
Kung da pronostico
Ci si aspettava una crono di 14′-15′, invece è stata vinta in 13’31” alla media di 56,375 all’ora.
«Si è trattato di una prova molto veloce – ha affermato Malori – c’erano diversi tratti che scendevano anche un po’ e su percorsi così Kung era favorito. Ma cosa non secondaria, dei tre è stato l’unico che probabilmente l’aveva preparata in modo certosino».
In effetti Kung è svizzero e ci teneva, puntava forte su questo appuntamento casalingo. Non dimentichiamo neanche il suo abbandono del Giro d’Italia proprio in corrispondenza della seconda crono pensando ad altri impegni.
«Lo stesso Evenepoel – va avanti Malori – veniva dalla spossatezza post Covid, da una preparazione importante… E Van Aert più o meno era sulla sua stessa linea, essendo sceso poco prima dall’altura, quindi non ancora in piena forma».
Stefan Kung (classe 1993) spianato sulla sua Lapierre conosceva bene il percorso…Remco Evenepoel (classe 2000) è giunto 2° a 6″ da KungWout Van Aert (classe 1994) ha spinto subito forte dopo il ritiro in altura: 3° a 12″ da KungStefan Kung (classe 1993) spianato sulla sua Lapierre conosceva bene il percorso…Remco Evenepoel (classe 2000) è giunto 2° a 6″ da KungWout Van Aert (classe 1994) ha spinto subito forte dopo il ritiro in altura: 3° a 12″ da Kung
Dubbi gialli su Remco
Ma in merito alle prestazioni di Remco, Malori si dichiara stupito dal buon rendimento del belga della Soudal-Quick Step. Una brillantezza inaspettata a detta del “Malo”, che induce a pensieri che hanno un loro perché.
«Io non me lo aspettavo così forte, specie dopo il Covid. Lui che deve puntare ai mondiali, che ci sono a metà agosto, se va già così… è troppo avanti. Non ha senso quella condizione. E allora non escluderei che possa essere al via del Tour de France. Il che avvalorerebbe la mia tesi. E cioè che al Giro la storia del Covid non era vera (la sua squadra ha già dichiarato più volte che il Tour non rientri nei piani del belga e così ha fatto lo stesso campione del mondo, ndr).
«E’ un pensiero che ho già espresso. E che si lega anche al modo in cui ha corso il Catalunya e vinto la Liegi, conquistata praticamente col sigaro in bocca. Ha fatto sembrare Pidcock un amatore». Insomma sarebbe stato un po’ troppo’ in forma per arrivare forte a fine Giro. Magari in mente c’erano già altri obiettivi: questa la sintesi del discorso di Malori. «Poi okay, è fantaciclismo… me ne rendo conto».
Per il campione belga curve non perfette, specie l’ultima sui sampietrini e il rilancio in leggera salita (foto Instagram)Per il campione belga curve non perfette, specie l’ultima sui sampietrini e il rilancio in leggera salita (foto Instagram)
Obiettivi incrociati
Per il resto anche sul fronte dei materiali non c’è stato un granché da segnalare da parte di Malori sui tre “tenori”.
«Era una crono dello Svizzera, i materiali sono quelli collaudati e non ci hanno perso troppo tempo. Non era neanche il momento.
«Ho notato però un paio di aspetti tecnico-tattici. Il primo è che Van Aert era eccessivamente agile, al suo rapporto mancava un dente o due e secondo me se lo avesse avuto lo avrebbe messo e spinto volentieri. Ma torniamo al discorso di prima: era una crono importante sì, ma alla quale è stato dato il giusto peso in fase di preparazione anche dal punto di vista dei materiali.
«L’altro aspetto che ho notato è che nonostante fosse una crono veloce, aveva parecchie curve. Era tutto un destra-sinistra e ho visto i due belgi non sfruttare bene tutta la strada. Non tagliavano a dovere le curve. Loro due restavano al centro, mentre Kung sfruttava tutta la carreggiata.
«Credo che solo nell’ultima curva Evenepoel abbia perso 3”-4” dallo svizzero. Anche perché ne è uscito più lento e poi iniziava il pavé, quindi non poteva risollevare la velocità più di tanto».
Altre motivazioni per Kung. Basta confrontare questa foto di Van Aert con quella in apertura di Stefan. Prestazione e rischi di guida ponderati per il belgaAltre motivazioni per Kung. Basta confrontare questa foto di Van Aert con quella in apertura di Stefan
Ancora Kung?
Kung, Evenepoel e Van Aert: hanno dominato la scena. Si sono mostrati i migliori ed era anche auspicabile. Adesso sarà interessante vedere come saranno i valori in campo con l’evolversi della corsa elvetica e a quello che spetta agli atleti successivamente. Kung non dovrebbe essere al Tour e in teoria neanche Evenepoel. Van Aert è invece presente in funzione della Grande Boucle.
Senza contare che sul piatto Kung ha gettato fuorigiri (all’arrivo aveva la bava alla bocca), rischi di guida e una conoscenza delle strade che gli altri due non avevano.
«Credo – conclude Malori – che nella crono finale (la St. Gallen-Abtwil di 25,7 chilometri, ndr) Stefan sia ancora il favorito. Ci punta molto, ha altre motivazioni rispetto ai due belgi e soprattutto lui potrà arrivarci più fresco in quanto non dovrà fare classifica come Remco, né lavorare in ottica Tour come Van Aert».
Diamo un seguito a quanto detto giorni fa da Andrea Tonti e approfondiamo con Martinelli la gestione di Cunego dopo il 2004. Ecco cosa dice il bresciano
Il Grande Slam si ottiene vincendo il mondiale e le 3 challenge. Una sfida iniziata nel '94. Ma finora, fra tanti giganti, c'è riuscito soltanto Van Aert
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
«Remco, sai che Pogacar ti ha invitato al Tour? Cosa gli rispondi?», abbiamo chiesto a Remco Evenepoel. E lui: «Lo ringrazio, ma non quest’anno! Mi sono scambiato qualche messaggio con lui, ma deve capire che già sono stato tanto tempo su una montagna deserta e spesso è stato noioso. Ci ho messo mesi per preparare il Giro mettendo quell’obiettivo davanti a tutto e solo così, con tanto lavoro, ci sono arrivato in ottima forma. Per il Tour deve essere la stessa cosa. Devi essere al 150% . Non lo puoi preparare, cambiando un programma due o tre mesi prima».
Il corridore della Soudal-Quick Step è pronto a tornare in gara dopo l’abbandono del Giro d’Italia per Covid. Il buonumore sembra non venire meno e la convinzione… beh, quella neanche a dirlo. Sappiamo bene quanto Remco conti su stesso. E a ben ragione.
Lunedì 15 maggio, Remco lascia il Giro. Già nella serata precedente la news della positività al Covid e il conseguente ritiro (foto @woutbeel)Lunedì 15 maggio, Remco lascia il Giro. Già nella serata precedente la news della positività al Covid e il conseguente ritiro (foto @woutbeel)
Coda polemica…
La call con il campione del mondo si apre giusto con la coda di polemiche con cui ha lasciato il Giro. Il perché se ne sia venuto via cosa di corsa. C’è persino chi gli ripropone “l’attacco” di Pier Bergonzi sulla Gazzetta dello Sport.
«Io – spiega Remco – non riservo odio per nessuno. So come stavo e come è andata. Già durante la crono di Cesena non riuscivo a spingere come faccio normalmente. Non erano quelli i miei valori. E nella prima settimana dopo il ritiro ogni giorno stavo peggio. Non avrei reso che al 50%. Se avessi lasciato dopo la prima tappa di montagna sarebbe stato peggio… anche sui giornali.
«Quando ho fatto il test, la T si è colorata subito e in modo intenso. Sono stato davvero fermo per diversi giorni. E per me non è stato facile rinunciare al tanto lavoro fatto e andato in fumo in un attimo.
«Per fortuna la mia famiglia, mia moglie, gli amici, il mio cane mi sono stati vicino. Abbiamo fatto un barbecue…».
Remco ha ripreso a pedalare un paio di settimane scarse dopo lo stop per Covid. Tuttavia ci ha messo un po’ per ritrovare le sensazioni migliori, quelle lui ha chiamato di normalità. «Per fare bene le 6-7 ore di allenamento».
Allenamento monster giovedì scorso per Remco: 231 km, 4.335 metri di dislivello sulle cotes delle Ardenne (foto Instagram)Allenamento monster giovedì scorso per Remco: 231 km, 4.335 metri di dislivello sulle cotes delle Ardenne (foto Instagram)
Ripartenza svizzera
«La stagione va avanti. Non è finita e credo che ripartire dal Giro di Svizzera sia la cosa migliore. E’ una corsa WorldTour. E’ importante, con grandi salite e due cronometro. Già domani ci saranno da fare 14′-15′ a tutta. Una crono da fare “full gas” sin dalla partenza. In generale è un percorso molto bello.
«Non sono al livello del Giro chiaramente, per il quale lavoravo da mesi, ma se non stessi in forma, se non avessi una condizione adatta ad una gara WorldTour non partirei».
Un’altra piccola polemica, chiamata in causa a dire il vero più dalla stampa belga, ha riguardato la scelta di Evenepoel di fare il Tour de Suisse (11-18 giugno) anziché il Giro del Belgio (14-18 giugno), tanto più che faceva tappa nei pressi del suo paese (pare che anche il re del Belgio sarebbe rimasto male sulla sua non-presenza). Polemiche che tra l’altro seguono quelle di Lefevere il quale aveva detto che lo Svizzera pagava poco la presenza del campione del mondo…
«Ho già vinto due volte il Giro del Belgio – ha detto Remco – e mi sembrava carino provare a vincere altro. Inoltre è importante sfoggiare la maglia iridata in giro nel mondo. In Belgio già ho corso quest’anno… e non è finita. In più il Giro di Svizzera è anche una gara WorldTour ed è importante per me e per il team pendervi parte».
Crono fondamentale per Remco che punta al campionato nazionale e ai mondiali. In Svizzera avrà due cronoCrono fondamentale per Remco che punta al campionato nazionale e ai mondiali. In Svizzera avrà due crono
Verso i mondiali
Il Giro di Svizzera è un crocevia cruciale per la stagione di Evenepoel. Dopo questa “apparizione” l’asso della Soudal-Quick Step infatti correrà il campionato nazionale a crono e poi tornerà in Italia.
Remco infatti verrà al Passo San Pellegrino, in Val di Fassa. Ci resterà con molti compagni per almeno due settimane, poi andrà verso i lidi spagnoli della Clasica de San Sebastian e quindi ecco far capolino i mondiali di Glasgow.
Già da domani aspettiamoci dunque un Remco agguerrito come sempre. Pronto a puntare alla vittoria. La squadra è per lui. «Siamo qui per fare il massimo – ha detto Evenepoel – il programma è questo. Già vincere domani non sarebbe male, anche se con corridori come Van Aert, Kung, Bisseger… il mio obiettivo è guadagnare terreno sugli uomini di classifica».
Infine una battuta da ex calciare sull’imminente finale di Champions League che vedrà contrapposti due calciatori belgi di spicco: Kevin De Bruyne, del Manchester City, e Romelu Lukaku, dell’Inter.
«Sono due grandi giocatori, in due grandi squadre. Ed è importante per la nostra Nazionale. Credo che il Manchester City sia favorito».
Ci sono vari argomenti di conversazione fra i corridori al momento di valutare l’equipaggiamento per l’anno successivo e uno di questi riguarda il fondello. Quando sentono che useranno un prodotto Assos, calano tutte le resistenze. Così si capisce anche perché i pantaloncini Equipe R S9, appena lanciati ma frutto dei feedback degli atleti, siano uno dei prodotti più apprezzati della casa svizzera.
Sono più di 40 anni che Assos vince medaglie olimpiche e mondiali e ha sempre mantenuto l’identico approccio davanti all’esigenza di creare un nuovo prodotto. Cancellare quanto si è già fatto, progettare il nuovo e renderlo migliore.
In vita agli Equipe R S9 si trova la zeroPressure Waist, una struttura altamente elastica che si adatta alle linee del corpoIn vita agli Equipe R S9, la zeroPressure Waist si adatta alle linee del corpo
Lo sviluppo dei pro’
E veniamo ora al motivo di queste righe, i pantaloncini Equipe R S9: il modello base della collezione Race, resi più performanti con l’adozione della tecnologia di stratificazione Equipe RS. La base di partenza per la loro realizzazione è la struttura A-Lock Engineering, che porta nella linea Equipe RS gli accorgimenti adottati per i team WorldTour.
Confezionati con tessuto Type.443, che garantisce la stessa compressione dei modelli superiori, i nuovi Equipe R S9 mantengono grande stabilità durante la pedalata e vedono l’aggiunta di un pannello a farfalla che avvolge le fasce muscolari. Le bretelle sono invece realizzate con elastico monofilo, che riduce il peso e si asciuga più in fretta rispetto ai modelli a doppio strato. E il fondello, spunto di partenza di questo articolo, è il modello Racing di base.
Equipe R S9: il tessuto Type.443 utilizzato è indemagliabile, compressivo e resistente alle abrasioniLe bretelle sono realizzate in elastico monofilo: peso inferiore e migliore capacità di asciugarsiI pannelli che compongono gli Equipe R S9 modellano tutta la lunghezza e abbracciano i muscoli più grandiX-Frame è la sospensione che limita l’abbassamento nella parte inferiore della schienaEquipe R S9: il tessuto Type.443 utilizzato è indemagliabile, compressivo e resistente alle abrasioniLe bretelle sono realizzate in elastico monofilo: peso inferiore e migliore capacità di asciugarsiI pannelli che compongono gli Equipe R S9 modellano tutta la lunghezza e abbracciano i muscoli più grandiX-Frame è la sospensione che limita l’abbassamento nella parte inferiore della schiena
Nuovo tessuto
Ma entriamo nel dettaglio, anche per far capire quanto studio ci sia dietro la realizzazione di un accessorio apparentemente semplice come questo.
Il tessuto Type.443 è indemagliabile compressivo e resistente alle abrasioni, come già il Type.441 impiegato per la linea Equipe RS. Ha grandi proprietà quanto a traspirazione e garantisce un ottimo sostegno alla muscolatura delle gambe.
Il disegno degli Equipe R S9 è aerodinamico e aderente, nel rispetto delle indicazioni fornite proprio dagli atleti WorldTour. I vari pannelli che li compongono modellano tutta la lunghezza standard dei pantaloncini e abbracciano i muscoli più grandi, offrendo supporto e compressione.
Grazie al disegno ben riuscito, il pantaloncino resta in posizione anche negli sforzi violentiGrazie al disegno ben riuscito, il pantaloncino resta in posizione anche negli sforzi violenti
Una seconda pelle
Dato che si tratta di pantaloncini a vita bassa e non della classica salopette che copre di fatto mezzo busto, gli Equipe R S9 presentano in vita la zeroPressure Waist, una struttura altamente elastica che si adatta alle linee del corpo riducendo la pressione sull’addome e sulle aree più sensibili.
Il fondo gamba si vale degli Ultralight Leg Grippers, che hanno fasce elastiche compressive e gommini in silicone per una migliore presa sulla gamba. Ugualmente nell’ottica di rendere il capo stabile durante la pedalata, vale la pena soffermare l’attenzione su X-Frame, la sospensione ereditata dalla linea Equipe RS, che limita l’abbassamento nella parte inferiore della schiena, stabilizzando il fondello e il pannello principale del corpo durante le pedalate più intense.
Ecco il fondello Shock-Absorb Damping System Mono 9, realizzato con materiali in schiuma a compressioneEcco il fondello Shock-Absorb Damping System Mono 9, realizzato con materiali in schiuma a compressione
Fondello termoformato
Venendo finalmente al fondello Assos utilizzato sugli Equipe R S9, abbiamo a che fare con lo Shock-Absorb Damping System Mono 9. Per la sua realizzazione vengono utilizzati materiali in schiuma a compressione, integrati in un modello da gara traspirante, alto 9 millimetri. Il fatto che le strutture che lo compongono siano termoformate riduce le pieghe e le irritazioni. Il fondello, in altre parole, ha già la sua forma e non è la trazione delle bretelle a farlo aderire al corpo.
La schiuma perforata 3D Waffle a tre strati aumenta la traspirabilità ed elimina il peso in eccesso. Interessante infine al riguardo la tecnica di cucitura del fondello. Si chiama goldenGate: fissa la parte anteriore e quella posteriore, ma per il resto lascia al fondello libertà di movimento, affinché possa seguire e sostenere anche i movimenti più energici del corridore.
Il prezzo indicativo riportato sul sito dell’azienda svizzera è di 180 euro.
Kurt Bergin Taylor è l'allenatore di Dainese alla Tudor Pro Cycling. Quali margini ha? Troverà continuità? Peccato per la caduta di ieri che lo rallenterà
Marlen Reusser ha vinto a Trento il titolo europeo della crono fra le donne elite. Eppure fino al 2017 nessuno sapeva chi fosse. Glielo abbiamo chiesto noi
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
La Raetica Classica è un circuito ad anello che collega St.Moritz e l’Engadina con la Valtellina attraverso il passo del Maloja. Un binomio che unisce e va oltre i confini amministrativi di Svizzera e Italia. Il percorso inizia in Val Bregaglia, conosciuta per il castagneto coltivato più grande d’Europa, prosegue in Valtellina e termina nel Cantone dei Grigioni, nella regione Maloja.
Per un turismo slow e amico dell’ambiente, è tutto rigorosamente fruibile sia in bicicletta che in autobus e in treno. Per godere dei più bei paesaggi svizzeri infatti oltre che sull’Autopostale, immancabile è il viaggio a bordo del Trenino Rosso del Bernina, patrimonio UNESCO e tra le tratte ferroviarie più alte d’Europa. Per le due ruote sono presenti noleggi bici spalmati su tutto il percorso per poter godere di una vacanza spensierata e leggera.
Il circuito è un anello che si lega ad un territorio pronto ad accogliere ciclisti e famiglieIl circuito è un anello che si lega ad un territorio pronto ad accogliere ciclisti e famiglie
La nascita del progetto
Italia e Svizzera, con uno stesso intento. Valorizzare il territorio e fornire al turista tutti i mezzi per apprezzare le bellezze di questi luoghi senza pensare ai confini che tutti conoscono. Un modo di intendere il turismo senza barriere o limiti di nessun genere, se non quello della fatica e della voglia di pedalare.
«Tutto è nato nella culla dei bandi di cooperazione transfrontaliera – dice Lucia Simonelli di Valtellina Turismo – si tratta di un progetto che svalica i confini tra Italia e Svizzera. E’ nato anche dalla consapevolezza che i confini amministrativi interessano poco al turista che vuole prodotti sempre più ricchi in un certo senso, che lo portano verso esperienze sempre più emozionali. Il circuito ha al suo interno molteplici spunti interessanti, tra questi tutto il tema della sostenibilità. Forte attenzione sulle bici e i mezzi pubblici. Tutto questo ci permette di chiudere questo cerchio con una carbon emission pari a zero».
I paesaggi unici di Svizzera e Valtellina si alternano tra un itinerario e l’altroI paesaggi unici di Svizzera e Valtellina si alternano tra un itinerario e l’altro
Opportunità per il territorio
Come si sta imparando a capire, il turismo in sella è un valore aggiunto su cui le amministrazioni stanno iniziando a investire sempre di più. Il ritorno economico è un beneficio più che mai irrinunciabile per Paesi come l’Italia. Oltre a ciò, c’è la crescita costante di un settore sempre più forte e legato ad aspetti positivi come lo sport e l’impatto zero per l’ambiente.
«Quando vengono costruiti questi progetti – spiega Simonelli – c’è ovviamente un riguardo per l’impatto economico che deve venire a beneficio del territorio. La chiave è questo turismo lento che porta alla scoperta dei singoli territori, dei borghi e città in maniera poco frettolosa. La Raetica Classica infatti è un circuito che si sviluppa su più giorni che porta gli utenti a vivere il territorio in maniera lenta. Dietro tutto questo c’è l’obiettivo di creare un indotto economico alle zone interessate e generare posti lavoro».
Il Trenino Rosso del Bernina, patrimonio UNESCO e tra le tratte ferroviarie più alte d’EuropaIl Trenino Rosso del Bernina, patrimonio UNESCO e tra le tratte ferroviarie più alte d’Europa
Gli itinerari
In Valtellina le emozioni si amplificano pedalando lungo la Ciclabile Valchiavenna e il Sentiero Valtellina, due piste completamente asfaltate e abbracciate dalle Alpi Retiche e dalle Alpi Orobiche, ideali per scoprire e ammirare a ritmo slow le bellezze del territorio e gustare le eccellenze enogastronomiche locali. La Raetica Classica è un circuito ad anello e pertanto è possibile scegliere a proprio piacimento il punto di partenza.
Viene consigliato di intraprendere il viaggio dalla Svizzera in Autopostale fino a Chiavenna, splendida cittadina mitteleuropea a ridosso del confine. Da qui si può noleggiare la bicicletta in un punto Rent a Bike e pedalare lungo la Ciclabile Valchiavenna (42 km) fino a Colico, sull’estremità settentrionale del Lago di Como, per poi immettersi nel Sentiero Valtellina e raggiungere Tirano (75 km), passando da Morbegno e dal capoluogo di provincia, Sondrio.
Il servizio noleggio è distribuito in vari punti del circuito per poter riconsegnare la bici comodamente (foto di Federico Pollini)Il servizio noleggio è distribuito in vari punti del circuito per poter riconsegnare la bici comodamente (foto di Federico Pollini)
Per tutti
Oltre 100 km di ciclabili, prevalentemente pianeggianti, che seguono lo scorrere dei fiumi Adda e Mera e che regalano panorami unici, come i caratteristici terrazzamenti da cui nascono i grandi vini valtellinesi. Per chi volesse percorrere solo alcuni tratti di ciclabile, si consiglia l’utilizzo di bus o treni. Per chi non fosse munito di bicicletta, un comodo servizio di noleggio bici consentirà di scegliere quella adatta al proprio livello e restituirla lungo il percorso ciclabile. I punti attivi sono Chiavenna, Colico, Morbegno, Albosaggio e Tirano.
«La Raetica Classica – conclude Simonelli – è alla portata di tutti soprattutto per quanto riguarda le ciclabili italiane. La parte svizzera è un po’ più impegnativa se la si vuole percorre in bicicletta. C’è però sempre la possibilità non solo di fare delle soste, ma di percorrere dei tratti su mezzi pubblici. Ovviamente bisogna studiarsi un po’ l’itinerario per prevedere quali e quanti tratti fare in bicicletta. Considerando anche la possibilità di noleggiare la bici in un punto e riconsegnarla in un altro per essere leggeri e agili negli spostamenti intermedi e godersi ogni momento di questi itinerari unici».
Svizzera, Italia, Australia. Il tavolo della conferenza stampa oggi è pieno di campioni. Diciotto, sei per squadra, e per una volta a dominare è il concetto di Nazione. Lo stesso motivo per cui anni fa funzionava alla grande la Cento Chilometri. Così quando a Stefan Kung chiedono che cosa si provi ad aver conquistato una maglia iridata, lui fa un sorriso e dice che andrà ad aggiungersi alla sua collezione, ma che fondamentalmente la maglia appartiene a Swiss Cycling, la Federazione svizzera.
Dopo il quarto posto beffardo del 2021, la Svizzera conquista l’oro nel Team RelayItalia seconda, dopo il terzo posto del 2021, un altro passo avantiL’Australia coglie il bronzo: sono partiti fra i primi, prevedendo una pioggia che non è venutaDopo il quarto posto beffardo del 2021, la Svizzera conquista l’oro nel Team RelayItalia seconda, dopo il terzo posto del 2021, un altro passo avantiL’Australia coglie il bronzo: sono partiti fra i primi, prevedendo una pioggia che non è venuta
Tattica australiana
L’Australia partita presto per anticipare la pioggia non ne ha tratto poi questo gran vantaggio. Avrebbero probabilmente fatto lo stesso tempo partendo con gli altri, ma alla vigilia non potevano saperlo. Di certo il cielo oggi su Wollongong è nero come la pece, tira aria fredda e da domani fino a sabato ci sarà da ripararsi come meglio si può.
L’Olanda ha perso subito Mollema per l’attacco di un gabbiano (@PhotoNews)L’Olanda ha perso subito Mollema per l’attacco di un gabbiano (@PhotoNews)
Maledizione olandese
Perciò è stato di nuovo Svizzera contro Italia sin dall’inizio. Schmid, Kung e Bissegger contro Ganna, Sobrero e Affini. Poi Chabey, Reysser e Koller, contro Guazzini, Longo Borghini e Cecchini. C’era così tanto talento lungo la strada a un certo punto, che anche l’apparizione di Van der Poel è passata sotto silenzio, anche se sull’Olanda si è abbattuta una iella da guinness dei primati.
«Quasi tutto ciò che poteva andare storto, è andato storto – ha detto lo stesso Van der Poel – abbiamo perso Bauke Mollema quasi subito per l’attacco di un gabbiano. Abbiamo comunque cercato di fare il meglio, ma fa una grande differenza fra tre corridori e due. Fai meno curve in testa e ti siedi più a lungo. E poi le cose sono andate storte anche per le donne. Spero che Annemiek Van Vleuten non si sia fatta troppo male, perché è sembrata una brutta caduta. Questo praticamente riassume tutta la giornata».
Per la azzurre hanno corso (da sinistra) Guazzini, Longo Borghini e CecchiniPer la azzurre hanno corso (da sinistra) Guazzini, Longo Borghini e Cecchini
Rimonta Italia
Tra Svizzera e Italia alla fine sono rimasti appena 2”920, meno di 3 secondi. Erano 10 dopo la prova degli uomini, poi le ragazze ne hanno recuperati 7.
«Avevamo un buon morale – dice Elisa Longo Borghini – sia prima sia adesso. Abbiamo avuto buona musica grazie a Filippo Ganna e proprio i ragazzi hanno fatto una buonissima corsa. Noi abbiamo fatto il nostro meglio per chiudere il buco con la Svizzera. Elena Cecchini aveva il compito di portarci il più avanti possibile fino alla salita, poi siamo rimaste Vittoria ed io a fare la nostra parte».
I tre svizzeri (Schmid, Kung e Bissegger) scavano un solco di 10″I tre svizzeri (Schmid, Kung e Bissegger) scavano un solco di 10″
Rivincita Reusser
Seduta accanto, Marlen Reusser ha ricambiato il sorriso. Terza l’altro giorno nella crono elite e campionessa europea a Monaco, ha ricordato di quando lo scorso anno la Svizzera rimase giù dal podio, pur avendo lo stesso tempo dell’Italia. La differenza la fecero i centesimi, che furono 5 a favore dei nostri. Gli svizzeri erano gli stessi che oggi hanno conquistato l’oro, nell’Italia c’era Marta Cavalli al posto di Vittoria Guazzini.
«L’anno scorso – dice Reusser – abbiamo perso la medaglia per un pelo. Quando quest’anno abbiamo visto di aver vinto, è stata una clamorosa rivincita. E proprio contro l’Italia. Siamo partiti per andare forte, non era chiaro chi si sarebbe dovuto staccare, non era chiaro se qualcuno si sarebbe staccato…».
Longo Borghini e Guazzini, prima con l’aiuto di Cecchini, hanno recuperato 7″ agli svizzeriGanna tira gli azzurri, seguto da Sobrero e AffiniLongo Borghini e Guazzini, prima con l’aiuto di Cecchini, hanno recuperato 7″ agli svizzeriGanna tira gli azzurri, seguto da Sobrero e Affini
Ganna e l’Ora
E poi la domanda immancabile è arrivata anche per Ganna, che è andato certamente meglio di domenica scorsa, pur non dando le trenate terrificanti che tanti si aspettavano. Ma è anche vero che in una prova come questa conta che arrivi anche il secondo.
«Non credo – risponde Pippo – che la preparazione del record dell’Ora mi abbia danneggiato nella crono e non credo che siano sforzi paragonabili. La crono ha un ritmo diverso, nell’Ora devi essere costante. Per cui l’altro giorno è stata una giornataccia, chiudiamo il libro. Domattina alle 6 ho il volo per tornare a casa e recuperare, prima di iniziare a lavorare per il record».
A quattr’occhi, uscendo dalla sala della conferenza aggiunge che andrà via dall’hotel alle due del mattino e a questo punto tirerà dritto senza chiudere occhio, sperando di dormire poi in aereo.
Annemiek Van Vleuten cammina lentamente dalla partenza, dove è caduta, fino al boxAnnemiek Van Vleuten cammina lentamente dalla partenza, dove è caduta, fino al box
Van Vleuten in ospedale
L’ultima voce arriva da Annemiek Van Vleuten, che in queste ore è in ospedale facendo esami e radiografie.
«E’ esplosa la gomma anteriore – fa sapere – non potevo farci niente. Improvvisamente mi sono ritrovata a terra. Ho solo molto dolore e il gomito che non sta affatto bene. Tutto il fianco è ferito, perciò siamo andati subito in ospedale a fare delle radiografie. Sono preoccupata per sabato (gara su strada delle donne, ndr). Non mi aspettavo una cosa del genere, non posso credere a quello che è successo».
I treni rossi non sono solo quelli del Bernina. La Svizzera ne ha altri due, anzi tre. I rossocrociati hanno dominato le due cronometro individuali di Monaco 2022. Marlene Reusseurtra le donne e Stefan Bissegger tra gli uomini. Ma il podio maschile vede anche il secondo posto di Stefan Kung.
Ai campionati europei di Monaco i corridori “di Berna” si confermano i padroni incontrastati. E sempre questa competizione resta “proibita” (per ora) a Filippo Ganna. Il campione del mondo è terzo.
La svizzera ha curato ogni dettaglio. Aveva un casco speciale con un sottocasco aero. Pulizia massimaMarlen Reusser (classe 1991) conferma il titolo vinto lo scorso anno. Sul podio anche le due olandesi Van Dijk e MarkusLa svizzera ha curato ogni dettaglio. Aveva un casco speciale con un sottocasco aero. Pulizia massimaMarlen Reusser (classe 1991) conferma il titolo vinto lo scorso anno. Sul podio anche le due olandesi Van Dijk e Markus
Prima la Reusser…
Ma riavvolgiamo il nastro. Alle 15,58, Marlene scatta dalla rampa di Furstenfeldbruck, tipica cittadina bavarese con i gerani al balcone e le insegne dei locali in ferro battuto, a 25 chilometri a nord-ovest di Monaco.
La sua potenza è subito messa in risalto dal veloce percorso (lo stesso degli uomini) che attende le ragazze. Anzi, quasi subito… I primissimi metri infatti sono in salita. E Marlen si difende.
Per Marlene quella rampa di 600 metri circa sembra una sorta di completamento del riscaldamento. Non appena arriva in pianura si spiana sulla sua Specialized e tormenta i pedali. In breve, lei e la Van Dijk aprono il divario con le altre. Ma la vera locomotiva è lei. Taglia il traguardo in 31’00 e bissa il successo di Trento 2021.
«Un anno dopo – dice la Reusser – ho rivinto questa prova e sono felice di poter prolungare questo titolo. Il passaggio al Team SD Worx è stato determinante, dal punto di vista dei materiali. Ho ottenuto una bici Specialized Shiv TT Disc che con lo squadra e lo staff della Federazione svizzera abbiamo messo a punto al meglio.
«Abbiamo studiato ogni parte del percorso, quindi questo titolo è davvero una prestazione di squadra».
Il livello di questo europeo non era stellare, ma il podio è di tutto rispetto. Nell’ordine: Bissegger, Kung e GannaIl livello di questo europeo non era stellare, ma il podio è di tutto rispetto. Nell’ordine: Bissegger, Kung e Ganna
Svizzera regina
E squadra è davvero la parola magica di questa giornata per la Svizzera. Una manciata di ore dopo ecco che a dare l’assalto alla maglia bianco, blu e azzurra sono i colleghi uomini.
I ragazzi di Edi Telser, cittì altoatesino della Svizzera, hanno puntato il dito su questa prova. Tra di loro c’è stato un grande scambio d’informazioni dopo la ricognizione. E già uno del loro staff aveva fatto un sopralluogo sul percorso tedesco.
Nessuna sorpresa dunque. Sembra abbiano scoperto il tracciato prima degli altri. In effetti hanno guidato in un modo magistrale.
Un’immagine spettacolare di Bissegger in spinta nella fase iniziale in salitaKung ha perso per ben meno di un secondo: il suo stile sempre impeccabileUn’immagine spettacolare di Bissegger in spinta nella fase iniziale in salitaKung ha perso per ben meno di un secondo: il suo stile sempre impeccabile
Derby svizzero
I favori del pronostico sono ancora per Stefan Kung. Il bestione della Groupama-Fdj aveva preparato a dovere questo appuntamento. Partito come un fulmine, all’intermedio Stefan è in testa. Ma il vantaggio è risicatissimo e alle sue spalle non c’è Filippo Ganna, bensì il connazionale Bisseger.
La differenza tra i due la fa il dente avvelenato. Kung, come la Reusser era il campione in carica, l’altro aveva fame di riscatto. Tanto più che al Tour nella crono di Copenhagen, dove era dato in super forma, era caduto ben tre volte. Voleva dimostrare al mondo tutto il suo valore.
I due svizzeri volano. Ciò che colpisce è la cadenza e la cattiveria con cui affrontano le poche curve dell’anello di Furstenfeldbruck. Bisseger soprattutto viaggia ben al di sopra delle 110 pedalate.
Quando taglia il traguardo, alle 18:31 è nettamente primo. Quando lo taglia Kung alle 18,45 è ancora primo ma per soli tre decimi di secondo. Il cuore per un attimo si ferma, poi è la gioia totale.
«Finalmente – ha detto Bissegger dopo l’arrivo – posso dire che sono al top, che ci sono arrivato. Negli ultimi otto chilometri ho capito che andavo davvero forte e guidando in quel mondo ho capito anche che avrei potuto vincere. Certo, mi “scuso” con Stefan che è mi arrivato davvero vicino».
Anche per Ganna stile impeccabile. Anche se scivolava un po’ troppo spesso sulla punta di sellaAnche per Ganna stile impeccabile. Anche se scivolava un po’ troppo spesso sulla punta di sella
Bronzo di speranza
L’unico che poteva interrompere la festa svizzera era Filippo Ganna. Pippo era in linea all’intermedio, ma poi “perdeva” terreno. I suoi 8 secondi di ritardo sembravano un’eternità in confronto ai due della Svizzera.
Ganna ha deciso all’ultimo di prendere il via nella gara contro il tempo. Un cambio in corso d’opera ponderato con tutto il suo staff, quello della squadra e quello azzurro, con un solo scopo: la terza maglia iridata… sempre a crono.
E infatti dopo l’arrivo Ganna è sorridente: «E’ andata bene – dice – ho sviluppato 10 watt in più di quanto previsto. Non ho vinto perché c’è chi è andato più forte di me. Punto. La bici non scorreva come volevo, ero io che non riuscivo a mantenere alta la velocità.
«Ma io sono contento. Non toccavo la bici da crono dal Tour e questo appuntamento è stato un ottimo test in vista dei mondiali».
Da qui a Wollongong l’unica crono, se così possiamo chiamarla, sarà il prologo al Giro di Germania. Ma si tratta di uno sforzo di 2,7 chilometri, pertanto non troppo indicativo per la corsa iridata che ne misurerà oltre trenta.
Mattia De Marchi ha puntato il dito contro gli europei gravel, per la data e il percorso. Ecco la risposta di Van der Spiegel che li organizza e vede lungo
Normale. E’ un aggettivo audace da utilizzare nei confronti di una e-bike pronta a conquistare il mercato mondiale. No, non alludiamo alle incredibili caratteristiche del nuovo gioiellino Roadmachine AMP firmato BMC, bensì alla sua estetica. Anche sotto questo aspetto però non ci riferiamo alle magnifiche linee della sorella ispiratrice Roadmachine. Per “normale” si intende la sua silhouette che nasconde ogni riferimento all’elettrico, oppure l’esperienza di guida che rende armonico l’aiuto del motore con quello del ciclismo più puro. Questa bici rappresenta un nuovo capitolo della generazione e-bike che conosciamo, sotto molti aspetti.
Se l’anima è quella impressa dal marchio elvetico, il cervello e il cuore pulsante sono quelli di Mahle. Il motore infatti è un valore aggiunto che eleva questa bici e la spinge letteralmente verso orizzonti lontani, grazie all’autonomia, ma anche in direzioni ambiziose per quanto riguarda le performance. Tanta autonomia, comfort e un’estetica da bici muscolare sono i punti su cui gli ingegneri e progettisti del team svizzero hanno modellato il carbonio di questa bici.
Siamo andati a provarla sulle montagne svizzere a Grenchen, dove Bmc ha le sue radici e dove è stata concepita la Roadmachine AMP. E queste sono le nostre impressioni.
La Roadmachine prende ispirazione dalla geometria della sorella maggiore muscolare e ne conserva quasi tutte le lineeLa Roadmachine si ispira alla geometria della versione muscolare e ne conserva quasi tutte le linee
Indole endurance
BMC sbarca nel segmento delle biciclette elettriche da strada e lo fa un po’ in ritardo rispetto alla concorrenza. Un’attesa che si è tramutata in aspettative alte da parte degli utenti. Ma si può affermare che ne sia valsa la pena. Se la Roadmachine è il modello di riferimento per i ciclisti che apprezzano il comfort, il controllo e la versatilità, la Roadmachine AMP è la risposta della casa elvetica in campo elettrico. E’ una bicicletta in grado di affermare che le prestazioni su strada e l’assistenza alla pedalatapossono coesistere, senza dover scendere a compromessi.
Questo modello è dotato di TCC Endurance, la versione più spinta della tecnologia Tuned Compliance Concept. Una geometria concepita per le strade più difficili, che mette in condizione di spingere in modo più efficace e più a lungo. Il risultato finale è un equilibrio perfetto tra comfort e prestazioni per una guida sicura e allo stesso tempo veloce.
Qui è possibile vedere una sezione tagliata del tubo obliquo, dove viene riposta la batteria da 350 Wh (foto ILL PROD, Jérémie Reuiller)Sezione tagliata del tubo obliquo, dove viene riposta la batteria da 350 Wh (foto ILL PROD, Jérémie Reuiller)
Testa e cuore
Ogni prestazione deve essere domata ed espressa nel modo più efficace ed intelligente. Mahle è cuore pulsante delle Ferrari di Formula 1 con i suoi pistoni e seppur sotto forma di energia elettrica fa lo stesso per questa BMC. Il motore scelto è l’X20, l’unità motrice più leggera al mondo ( 3,2 Kg complessivi). Questo motore vanta un rapporto potenza/peso senza eguali nel settore, un sistema di trasmissione innovativo e un’intelligenza artificiale che consente alla bicicletta di adattarsi automaticamente al ciclista, al contesto e allo sforzo, per una sensazione sempre naturale.
Peso di 3,2 Kg complessivi, con motore posteriore e una batteria da 350 Wh (2.250 g). La coppia è incredibilmente bassa per la potenza percepita. Mahle comunica un livello di coppia simile a quello di un sistema di trasmissione centrale da 55 Nm.
Gli aiuti sono quattro. Biancosenza assistenza, poiverde, arancione, violaper il massimo aiuto. Durante la nostra esperienza in sella su un giro di circa 120 chilometri, gli aiuti maggiormente utilizzati, nonostante la media montagna, sono stati verde e arancione, con qualche momento in viola per gli strappi più impegnativi.
Il comando sul tubo orizzontale oltre a segnalare il tipo di assistenza indica anche l’autonomia residuaIl comando sul tubo orizzontale oltre a segnalare il tipo di assistenza indica anche l’autonomia residua
Autonomia senza pensieri
Mahle in collaborazione con BMC comunica un’autonomia che varia di molto la sua efficienza. Il test a cui abbiamo partecipato misurava 120 chilometri con un dislivello di 2.300 metri. L’autonomia residua è stata di un 20% per un utilizzo complessivo con aiuto del motore del 54,7%. Numeri che stupiscono, ma che vanno valutati considerando le limitazioni europee di 25 km/h su strada pianeggiante, dove la spinta è muscolare.
Secondo la tabella comunicata da BMC l’autonomia è davvero un punto forte di questa bici. Infatti per un peso di un utilizzatore di 94 chili (max 120), full assist, si calcolano 136 km su di un dislivello di 2.050 metri. In conclusione vengono dichiarati un massimo di 200 chilometri di cui 140 chilometri con la iX350 più 60 chilometri con il Range Extender.
E’ possibile estendere ulteriormente la capacità con il Range Extender da 173 Wh (1100 grammi). Si collega alla bicicletta con un cavo supplementare e si inserisce nel portaborraccia Mahle. Il sistema è compatibile anche con la batteria da 250 Wh che però riduce notevolmente l’autonomia con l’unico vantaggio di risparmiare 750 grammi.
Per quanto riguarda una ricarica completa riferita a 350 Wh, sono necessarie circa 3 ore 30’ e, se scaricata al 20%, una carica completa richiede circa 2 ore.
Il connettore che collega il motore ai cavi è comodo perché fisso e di semplice installazioneIl connettore che collega il motore ai cavi è comodo perché fisso e di semplice installazione
Sensazioni alla guida
La Roadmachine AMP l’abbiamo provata sulle strade della terza tappa del Tour de Suisse, con arrivo proprio a pochi metri dallo stabilimento BMC. Strade di media montagna con strappi, discese ripide e asfalto perfetto. La bici si è comportata bene, anzi benissimo. La distribuzione dei pesi di motore e batteria dopo qualche chilometro si assimilano bene nello stile di guida. Gli 11,8 chili abbinati alle coperture da 28 (Vittoria Rubino Pro) rendono il mezzo ancora più stabile in pianura, quasi fosse su un binario. Uscendo dalle curve però ci si ricorda del motore nel mozzo posteriore che rende il retrotreno meno agile, se non spinto con qualche watt in più.
Il telaio endurance è una garanzia di comfort, mentre la rigiditàèleggermente smorzata dalle linee, il che rende nel complesso la bici una compagna di viaggio perfetta. Sulle salite il peso piuma del motore Mahle abbinato alla sua coppia intelligenterende tutto più agevole e fluido. I fuorisella sono facili e la coppia fa rimbalzare i pedali alleggerendo la pedalata al punto giusto. Un consiglio utile potrebbe essere quello di giocare molto sull’attacco manubrio, la Roadmachine ha un’indole comoda ed è facile sentirsi “seduti” sulla bici. Togliendo qualche grado sull’avantreno si può ricavare una rotazione del bacino che ci proietta in una posizione leggermente più cattiva e dinamica.
Il comportamento in curva è lineare e sicuro, sintomo di solidità strutturale (foto ILL PROD, Jérémie Reuiller)
Il comando può non risultare comodo durante i tratti più impegnativi o in gruppo (Copyrights: ILL PROD, Jérémie Reuiller)
Il comportamento in curva è lineare e sicuro, sintomo di solidità strutturale (foto ILL PROD, Jérémie Reuiller)
Il comando può non risultare comodo durante i tratti più impegnativi o in gruppo (Copyrights: ILL PROD, Jérémie Reuiller)
In discesa le sensazioni sono analoghe a quelle della pianura. La bici è letteralmente incollata a terra. In una parola… filante. Una volta impostata la curva non si scompone e permette un’ottima percorrenza. Rimane il neo del limite dei 25 km/h che tendono ad affogare la bici in uscita di curva e in fase di rilancio, lasciando gestire tutti gli 11,8 chili alle proprie gambe.
Versioni e prezzi
BMC ha strutturato le versioni di questo modello su tre livelli, con prezzi che si posizionano in una fascia intermedia, molto appetibile sul mercato e-bike.
La Roadmachine AMP ONE, è allestita con SRAM Force eTap AXS 12v, a un prezzo di 7.999 euro.
La Roadmachine AMP TWO, è allestita con SRAM Rival eTap AXS 12v, a un prezzo di 6.999 euro.
Queste due versioni saranno disponibili dal 1° luglio. Mentre l’ultima versione la Roadmachine AMP THREE, con Shimano 105, sarà disponibile da agosto a un prezzo di 5.999 euro. Le taglie selezionabili rendono questa bici accessibile da ogni utente. Infatti è disponibile insei misure: 47, 51, 54, 56, 58 e 61.
Per la Roadmachine AMP TWO è stata scelta una colorazione gialla opaca (foto ILL PROD, Jérémie Reuiller)
La versione TRHEE è disponibile in colorazione arancio/rossa con allestimento Shimano 105
Per la Roadmachine AMP TWO è stata scelta una colorazione gialla opaca (foto ILL PROD, Jérémie Reuiller)
La versione TRHEE è disponibile in colorazione arancio/rossa con allestimento Shimano 105
Le nostre considerazioni
Questa Roadmachine AMP di normale ha ben poco. Ci siamo smentiti, è vero. Ma pedalata dopo pedalata quell’apparenza che non si distacca dalle bici da corsa tradizionali viene smentita da un ventaglio di caratteristiche e pregi che fanno venire voglia di non scendere mai di sella. Tanta autonomia e un motore intelligente che ci capisce subito, fanno di questabici la candidata a rivoluzionare il modo di intendere le e-bike da corsa.
Alan Banaszek è campione europeo dell'omnium ed correrà i mondiali di Roubaix. Ma la sua testa è soprattutto su strada. Va forte, vince. E cerca squadra...
Quando abbiamo sentito il protagonista che stiamo per raccontarvi, il titolo da riadattare ai suoi percorsi agonistici e scolastici si è originato quasi da sé. Lorenzo Rinaldi (in apertura, foto Swiss Racing Academy), diciottenne piemontese, corre in bici dal 2019 e frequenta il quinto anno presso l’Istituto per il cinema e lo spettacolo “Federico Fellini” di Torino. Una passione sportiva nata quasi per caso, che ora si sta trasformando in un lavoro all’estero. Una storia da film si potrebbe quasi dire.
Già, perché lo scalatore di Montanaro (paesino del Canavese) è uno dei nostri tanti giovani espatriati per diventare ciclisti. In inverno ha firmato il contratto (per un anno) con la Swiss Race Academy, team continental nato nel 2019 che ha sede a Schenkon, nel Canton Lucerna, di cui Fabian Cancellara è consulente e patrocinatore. Da lì sono usciti sia Stefan Bissegger (cronoman della EF Education-EasyPost, recente vincitore della crono all’UAE Tour) sia Mauro Schmid (della QuickStep-AlphaVynil, primo nel Giro 2021 sul traguardo di Montalcino). Senza dimenticare che nel 2021 la formazione elvetica ha conquistato due tappe al Giro d’Italia U23 con Alois Charrin e Yannis Voisard, due grimpeur da tenere d’occhio anche quest’anno. Insomma, non una squadra qualunque.
Lorenzo Rinaldi, classe 2003, ha iniziato a correre in Mtb a 15 anni. Predilige la salita (foto Fabio Rinaldi)Lorenzo Rinaldi, classe 2003, ha iniziato a correre in Mtb a 15 anni. Predilige la salita.(foto Fabio Rinaldi)
Approfondiamo quindi la conoscenza di Rinaldi, che si presenta ai nastri di partenza della categoria U23 senza l’assillo mentale dei risultati richiesti ad ogni costo ai ragazzini fin dalle prime categorie giovanili dai loro tecnici.
Lorenzo come hai fatto a farti notare dalla Swiss Racing Academy?
Vincendo una gara in salita a luglio 2020 proprio in Svizzera, a Martigny. Era valevole per il campionato svizzero della montagna. Ero andato su con la Vigor Cycling Team (la sua squadra da junior guidata da Mattia Pozzo, ex pro’ dal 2013 al 2015, ndr). A tre chilometri dal traguardo sono scattato e sono arrivato da solo. Ero contento perché avevo recuperato appieno da un infortunio di qualche mese prima in cui mi ero rotto alcune vertebre. Ho rivinto la stessa corsa poi anche l’anno scorso.
Il contatto con loro come è avvenuto?
Praticamente c’è stato subito dopo quel giorno. Mi chiamò l’ex pro’ Guillaume Bonnafond (dal 2009 al 2018, ndr) che è il loro diesse e preparatore atletico. Iniziò a seguirmi negli allenamenti e verso la fine del 2021 mi fece la proposta di passare U23 con loro. Non ho avuto dubbi quando ho dovuto dare una risposta.
Offerte da team italiani ne avevi ricevute?
Ufficialmente no. C’è stato un attimo, in cui gli svizzeri non mi avevano ancora proposto nulla, che il mio procuratore Raimondo Scimone ha provato a trovarmi squadra, ma tutte ormai erano già formate. Capivo la situazione, d’altronde avevo iniziato ad ottenere i risultati un po’ tardi. In ogni caso non ci sono rimasto male perché nessuna formazione italiana mi ha chiamato.
Rinaldi primo a Martigny nel 2020 dopo la rottura delle vertebre: gli svizzeri lo hanno scoperto così (foto Fabio Rinaldi)Rinaldi primo a Martigny nel 2020 dopo la rottura delle vertebre (foto Fabio Rinaldi)
Frequenti una scuola per cinematografia, come mai hai fatto una scelta così singolare?
Mio padre è fotografo e mi ha sempre incuriosito il suo settore. Vedevo tutti i programmi che usava per lavorare e così ho deciso di frequentare quell’indirizzo. Ce ne sono pochissimi di istituti simili in Italia. Quest’anno ho la maturità e non so ancora se dovremo fare la tesina, ma piacerebbe farla sulla cinematografia sportiva.
La passione per la bici come è arrivata? Facevi altri sport prima?
E’ stata una serie di cose. Fino al 2016 circa ho alternato tennis, atletica, nuoto e Mtb. Ho fatto questi sport solo per divertimento, mai per agonismo. Nel 2018 ho fatto un paio di gare di fuoristrada, qualche corso di tecnica di guida e niente più. Però in quella stagione ho partecipato ad una serata sul ciclismo organizzata nel mio paese in cui c’era Davide Cassani (all’epoca cittì azzurro, ndr) come ospite. I suoi racconti mi hanno stimolato ed è stato solo l’anno successivo che ho iniziato a correre seriamente da allievo di secondo anno con la Canavese Mtb. Infine ci tengo a ringraziare Mattia Viel (ora alla D’Amico UM Tools, ndr), con cui mi alleno ogni tanto, che mi ha dato sempre tanti suggerimenti importanti.
Chi sono i tuoi idoli?
Un nome su tutti e che magari non vi aspettereste da un ragazzo della mia età: Marco Pantani. Me ne sono innamorato guardando dei video che mi mostrava mio padre. Incredibile. Nell’attualità ammiro Pogacar e Bernal. Diciamo che, essendo alto 1,65 per 52 chilogrammi, osservo molto i corridori che hanno le mie caratteristiche.
Lorenzo Rinaldi è il primo italiano che va a correre nella Swiss Racing Academy, team nato nel 2019 (foto Fabio Rinaldi) Lorenzo Rinaldi è il primo italiano che va a correre nella Swiss Racing Academy (foto Fabio Rinaldi)
Che impressione hai avuto della nuova squadra?
Buonissima. Sento che è adatta a me perché punta prima alla mia crescita e poi ai risultati. Uguale alla filosofia della Vigor tra gli junior. Siamo stati in ritiro a Calpe dove ho avuto ottime sensazioni in allenamento. E dove ho avuto l’onore di conoscere Cancellara. Anzi, ce l’ho avuto pure a fianco in allenamento e poi in auto durante alcuni spostamenti. Non potete capire l’emozione (dice raggiante, ndr). Sia a me che ai miei compagni ha già dato tanti consigli. E’ molto vicino alla squadra.
Il tuo calendario immaginiamo sarà condizionato dalla maturità.
Esatto. Farò una prima parte di stagione su misura per me. Esordirò il 13 marzo (a Fubine nel 3° Trofeo Porta del Monferrato, ndr) poi vedremo di volta in volta. Da luglio in avanti avrò più tempo per allenarmi e cercherò di ritagliarmi un po’ di spazio, soprattutto nelle gare in salita. In base al programma, è previsto che possa andare nelle case della squadra in Svizzera o in Francia, tra Aix-les-Bains e Chambery dove abita Bonnafond.
Che obiettivi hai per questo 2022?
Difficile da dire. Di sicuro sono felice di poter vivere questa esperienza di vita. Mi confronterò con mentalità diverse, imparerò l’inglese. Comunque vada sarà una stagione di crescita personale molto importante, che mi tornerà utile più avanti.