Tutta l’efficienza aerodinamica (ed estetica) dell’integrazione, con in più i vantaggi della personalizzazione. E’ quello che promette PRO con la combinazione del suo nuovo manubrio PRO Vibe Aero Carbon e l’attacco manubrio PRO Vibe Aero. Dunque un’integrazione particolare, combinabile, basata su 3 misure di manubrio e 6 di attacco manubrio (ma potenzialmente 12, ci arriveremo a breve) per offrire ai ciclisti una notevole possibilità di scelta.
iI manubrio PRO Vibe Aero Carbon è stato sviluppato per garantire guadagni aerodinamici con i drop di forma compattaIl manubrio persa 245 grammi, è disponibile nelle larghezze da 38, 40 e 42 cmLe sezioni superiori sono impreziosite dal passaggio dei cavi completamente internoII manubrio PRO Vibe Aero Carbon è stato sviluppato per garantire guadagni aerodinamici con i drop di forma compattaIl manubrio persa 245 grammi, è disponibile nelle larghezze da 38, 40 e 42 cmLe sezioni superiori sono impreziosite dal passaggio dei cavi completamente interno
PRO Vibe Aero Carbon, nel dettaglio
I nuovi manubri di PRO – ricordiamo, azienda satellite di Shimano che spazia fra manubri, selle e reggisella – sono costruiti in carbonio UD (Unidirezionale) T700 e T800. La parte superiore ha una struttura “alare” marcatamente aerodinamica. A ciò si aggiunge il fatto di essere stata spostata in avanti di 10 gradi, per ridurre ulteriormente l’impatto aerodinamico del sistema bici-ciclista.
Seguendo una linea che da un po’ di tempo spopola tra i professionisti – e quindi subito dopo anche tra gli amatori – PRO ha puntato una larghezza ridotta del manubrio. Le misure disponibili infatti sono tre: 37, 39 e 41 cm. Il nuovo PRO Vibe Aero Carbon è pensato per tutti gli appassionati che cercano la performance, dunque anche un prodotto particolarmente leggero. La versione da 37 centimetri di larghezza ha infatti un peso di soli 240 grammi.
In più il manubrio dispone di punti di posizionamento dedicati ai comandi cambio Shimano Satellite, quelli che consentono di azionare il cambio anche tenendo le mani sulla parte orizzontale del manubrio. E’ interessante notare poi come le diverse taglie abbiano a loro volta tre diversi valori di reach e di drop. Ad esempio, la taglia 37 mm ha un drop di 126 mm e un reach di 77 mm. Nonostante ciò, il manubrio è compatibile con tutti gli attacchi con diametro di serraggio di 31,8 millimetri.
L’attacco PRO Vibe Aero è ottimizzato e con il manubrio compone un cockpit comodo e aerodinamicoL’attacco è realizzato in lega AL-7000 e ha lunghezze 80, 90, 100, 110, 120 e 130 mmIl diametro max del morsetto è di 31,8 mm, peso di 209 grammiL’attacco PRO Vibe Aero è ottimizzato e con il manubrio compone un cockpit comodo e aerodinamicoL’attacco è realizzato in lega AL-7000 e ha lunghezze 80, 90, 100, 110, 120 e 130 mmIl diametro max del morsetto è di 31,8 mm, peso di 209 grammi
Attacco Vibe Areo, 6 taglie (X2)
Come accennato, però, il nuovo manubrio PRO dà il meglio di sé accoppiato con lo stem PRO Vibe Aero. E’ disponibile in sei diverse lunghezze, ma ogni attacco ha un’opzione di angolo negativo di 17 gradi, cosa che, di fatto, raddoppia le possibilità di combinazione.
Infine questa nuova accoppiata è progettata per consentire una varietà di instradamento dei cavi: anche i gruppi elettronici cablati possono essere nascosti all’interno del manubrio assieme ai tubi dei freni idraulici. Dà lì sono instradati nell’attacco manubrio PRO Vibe Aero e poi nella serie sterzo di telai bici compatibili. Insomma, un ottimo modo per rendere il proprio mezzo in un colpo solo più veloce, più leggero e più personalizzato.
La collezione di scarpe dedicate al ciclismo firmate da Shimano si allarga e diventa ancora più ricca e profonda. Arrivano due modelli pensati per chi è alla costante ricerca della prestazione. Una gamma di prodotti da strada che assicura il massimo del comfort e delle prestazioni. Shimano ha deciso di portare la tecnologia e lo stile della serie S-PHYRE ad un tipo di clientela diverso e nuovo. Non mancano nemmeno i prodotti legati al mondo del ciclismo femminile, in continua ascesa.
La chiusura BOA con doppio rotore è incrociata, per un maggior ancoraggio del piedeLa tomaia, realizzata con tecnologia S-PHYRE risulta leggera e traspiranteLa chiusura BOA con doppio rotore è incrociata, per un maggior ancoraggio del piedeLa tomaia, realizzata con tecnologia S-PHYRE risulta leggera e traspirante
RC703 e R703W
Rappresentano il top di gamma della collezione di Shimano, queste scarpe rappresentano il meglio dell’offerta su strada a livello professionale. Costruite per garantire al ciclista comodità e un trasferimento di potenza maggiore. La loro caratteristica tecnica principale è un’intersuola ad altezza ribassata, con una chiusura incrociata a basso profilo. Il piede risulta comodamente ancorato alla scarpa. I dati tecnici parlano di un peso ridotto e di una stabilità maggiore nell’intera pedalata.
Questi modelli utilizzano la stessa tecnologia S-PHYRE presente nelle scarpe da strada di livello professionale. Le calzature RC703W hanno un design della tomaia progettato per adattarsi ai piedi delle donne.
Le Shimano RC703, versione da uomo, hanno anche la particolare colorazione verde salviaLe Shimano RC703, versione da uomo, hanno anche la particolare colorazione verde salvia
Dettagli tecnici
Il sistema di chiusura utilizzato per le scarpe Shimano RC703 e RC703W è il BOA Fit con doppio quadrante L6Z. La vestibilità offerta è estremamente comoda e avvolgente, con una tomaia traspirante e leggera realizzata in pelle sintetica, tipica dei prodotti S-PHYRE.
Per quanto riguarda il modello RC703 il peso, nella taglia 42, è di 244 grammi. I colori disponibili sono: nero, bianco, verde salvia e le misure disponibili vanno dal 38 al 47 sia per le taglie standard che quelle a pianta larga.
Le specifiche per il modello femminile RC703W prevede un peso di 224 grammi nella taglia 40. I colori disponibili sono due: bianco e nero. Le misure disponibili sono dal 36 al 44.
Per entrambi i prodotti il prezzo consigliato è 219,99 euro.
Andando in casa UAE Emirates abbiamo fatto anche un focus sulla maglia rosa, Tadej Pogacar. Vi diciamo subito, tanto per rendere l’idea della meticolosità che ormai vige a certi livelli, che lo sloveno aveva sette bici prima del via (cinque da strada e due da crono), che sono poi arrivate a 9 con le due total pink sfoggiate nelle ultime frazioni. Gli altri ne avevano cinque (tre da strada e due da crono). Nel motorhome dei meccanici c’erano inoltre 50 coppie di ruote.
Alberto Chiesa con Tadej PogacarAlberto Chiesa con Tadej Pogacar
Alberto, partiamo dalle gomme, probabilmente il componente che più avete cambiato: quante ne avete sostituite?
Tutti i corridori più o meno in tutte le tappe hanno usato dei tubeless Continental versione Crono TT da 28 millimetri e in tutto il Giro d’Italia ne abbiamo cambiate 15-16. Non molte, a dire il vero. Abbiamo solo una foratura, tra l’altro quella di Tadej verso Oropa. Sono stati fortunati e il prodotto è valido. Pertanto quelle che abbiamo cambiato sono state per usura.
E riguardo al liquido sigillante facevate dei reintegri?
Ogni tanto sì. In UAE usiamo un sistema, un tag su ogni ruota, in cui registriamo le manutenzioni che vengono effettuate su quella ruota: cambio gomma, vari interventi, immissione del liquido… Questo tag lo leggiamo con la funzione NFC del telefono. Questo ci permette di avere sotto controllo sempre il livello del liquido sigillante che c’è all’interno delle gomme.
Catene: quante sostituzioni?
I corridori sono partiti con catene nuove sostituite prima del Giro e poi hanno cambiato una catena a testa durante le tre settimane. Quindi otto catene, che abbiamo sostituito nel secondo giorno di riposo. Anche se poi in generale quel che comanda è l’usura della catena stessa. Generalmente le sostituiamo il secondo giorno di riposo, perché di solito ci sono meno salite nella prima parte. Ma chiaramente se vediamo che c’è da fare un intervento lo facciamo, senza problemi.
I vostri ragazzi avevano il ragno del freno a disco in carbonio: come mai?
Tutti avevano questo ragno in composito di Carbon-Ti, ma alcuni avevano quello aero, cioè pieno. Oltre ad essere più aero è anche un po’ più rigido. Nella crono lo usano tutti, su strada è più una cosa che vogliono i velocisti.
La Colnago V4Rs tutta rosa che Pogacar ha utilizzato a Bassano e a Roma (foto Fizza)La Colnago V4Rs tutta rosa che Pogacar ha utilizzato a Bassano e a Roma (foto Fizza)
Veniamo alle pastiglie…
Forse questo componente ha rappresentato la sostituzione più frequente. L’usura delle pastiglie è molto soggettiva: dipende dalla frenata e dal peso del corridore. Ho fatto un reintegro prima dell’ultima settimana, ne ho fatte arrivare altre 6-7 coppie. Diciamo che fino a che non sono arrivate le grandi salite ne avevamo cambiate molto poche. Poi non solo si sono affrontate le salite, e quindi le discese, ma è anche iniziato a piovere e l’acqua ne ha aumentato il consumo. Però devo dire che con Shimano l’usura è abbastanza limitata, per cui rispetto al passato ne abbiamo sostituite di meno.
Chi era quello un po’ più aggressivo, mettiamola così, che ha consumato più pastiglie?
Sicuramente i corridori pesanti tipo Langen, Bjerg o Molano.
E poi c’è l’altra componentistica: nastri manubrio, selle, cuffie delle leve…
Di base le selle non si cambiano. Poi è chiaro che se uno la rompe, la sostituiamo. Con i nastri manubrio, se non si cade, ci si fa tutto il Giro, tanto più che i nostri nastri sono neri. Mentre il nastro rosa che aveva Pogacar si sporcava di più e lo abbiamo cambiato almeno 3-4 volte. Magari anche gli altri nastri sono stati sostituiti, ma perché poteva accadere che nel movimentare le bici, nell’appoggiarle ai muri si graffiavano un po’ e quindi li cambiavamo.
Lo spider del freno a disco aero di Carbon-Ti utilizzato in casa UAE EmiratesLo spider del freno a disco aero di Carbon-Ti utilizzato in casa UAE Emirates
Alberto, parliamo un po’ più di Pogacar e della sua bici. Che interventi avete fatto durante il Giro?
Il suo setup non è mai stato cambiato. Tadej ha fatto tutto il Giro d’Italia con gli stessi rapporti e le stesse misure. Tra l’altro con Carbon-Ti abbiamo messo a punto un sistema della guarnitura estremamente precisa e credo che su questo punto siamo avanti anni luce. Semmai Tadej ha cambiato bici nelle ultime due tappe, utilizzando la Colnago rosa che tutti avete visto. Aveva cambiato la sella già dopo aver preso la maglia di leader, montando appunto lo stesso identico modello ma rosa. La Colnago che aveva sul Grappa l’avevamo montata due giorni prima in magazzino ed è arrivata il venerdì sera in hotel.
E invece Pogacar com’è: pignolo, lascia fare a voi…?
Molto più tranquillo di tanti altri. Una volta trovata la posizione e individuato i materiali che funzionano non chiede nulla. Mentre è parecchio sul pezzo per quel che riguarda la bici da crono: su quella s’informa molto.
Ci avete lavorato su questa bici, vero?
Sì, e ci stiamo ancora lavorando fianco a fianco con Colnago. La bici è stata alleggerita e altre novità ci saranno in vista del Tour de France.
Per il leader della UAE quattro catene differenti (su due bici)Per il leader della UAE quattro catene differenti (su due bici)
Pogacar sviluppa molti watt, consuma di più la catena?
Non è che lui la consumi di più, ma è ovvio che per Tadej c’è un occhio di riguardo rispetto agli altri corridori della UAE. Bisogna metterlo in condizione di avere sempre la bicicletta pronta al top, per cui lui ha fatto due cambi di catena: una nuova prima del Giro, una dopo il primo giorno di riposo e un’altra dopo il secondo giorno di riposo. E poi ancora per le ultime due tappe con la bici rosa. Ma per il resto il suo consumo è come quello degli altri, anzi…
Anzi?
Mediamente con una catena Shimano(12 V, ndr) ci facciamo 2.000 chilometri, ma lui tende ad andare agile e a lavorare con la catena piuttosto dritta. Quindi ad essere pignoli il suo consumo è anche un po’ minore, perché minore è l’attrito su pignoni ed ingranaggi della catena.
Sulla sua bici da crono gli unici cambi di rapporto di tutto il Giro, le corone: 60 nella prima, 62 nella secondaSulla sua bici da crono gli unici cambi di rapporto di tutto il Giro, le corone: 60 nella prima, 62 nella seconda
Altri interventi relativi al capitano della UAE?
Come detto, per la strada ha usato sempre gli stessi rapporti, così come le pedivelle: 165 millimetri sia su strada che a crono. Mentre sono cambiate le corone tra prima e seconda crono: nella prima aveva il 60-46, nella seconda la monocorona da 62 denti.
E le tacchette degli scarpini?
Quelli sono stati cambiati da tutti. I ragazzi ci tengono molto affinché siano sempre nuove e ben aderenti al pedale. E noi ormai abbiamo un macchinario che garantisce il perfetto posizionamento delle stesse. Anche Tadej le ha cambiate quando gli hanno dato le scarpe rosa.
In generale quindi non avete sostituito molti pezzi, è così?
E’ vero, rispetto al passato molti meno. D’altra parte i materiali migliorano, le usure migliorano… e questo va a vantaggio sia della sicurezza, ma anche della qualità del nostro lavoro. Pensate cosa significhi per un meccanico guadagnare almeno mezz’ora di riposo al giorno per tre settimane.
La Wilier Filante SLR rappresenta il concetto più moderno della bicicletta aerodinamica, efficiente quando bisogna essere veloci, leggera e reattiva in salita.
La categoria endurance ha sempre più spazio nel mondo (e nel mercato) del ciclismo, e per diversi buoni motivi. Le geometrie meno estreme sono utilissime a chi vuole passare molte ore in sella, come anche ai neofiti delle due ruote. Bianchi, che nel mondo (e nel mercato) del ciclismo c’è da quasi 140 anni, lo sa e non a caso ha appena lanciato la sua nuova Infinito: una endurance dal look moderno che strizza l’occhio alle bici racing, con componenti di qualità ad un prezzo abbordabile.
La novità principale è il passaggio integrato dei cavi e le due colorazioni disponibili per ognuno dei tre allestimenti a disposizione. Andiamo a vedere i dettagli della versione “ammiraglia”, montata con Ultegra Di2 12v.
Il passaggio dei cavi è completamente internoIl passaggio dei cavi è completamente interno
Cavi integrati e geometrie per tutti
La nuova Infinito è stata progettata partendo dalla geometria endurance introdotta dal top di gamma di categoria, l’Infinito CV. La prima cosa che si nota sono le linee, più pulite e moderne grazie al sistema di passaggio cavi interamente integrato grazie al manubrio in alluminio Velomann.
Questo da una parte migliora l’estetica della bici, ma allo stesso le fa fare un salto di qualità anche per quanto riguarda l’efficienza e l’aerodinamica, sulla scia dei modelli più racing. A questo proposito tutti i tre set-up della nuova Infinito sono compatibili con il nuovo manubrio integrato Bianchi in carbonio, lo stesso impiegato sulla Specialissima, sviluppato dal Reparto Corse Bianchi: un’opportunità in più per chi oltre alla comodità cerca anche velocità e prestazioni.
La zona del nodo di sella è molto pulita anche a vantaggio dell’aerodinamicaInfinito ha una penetrazione aerodinamica davvero vantaggiosaLa zona del nodo di sella è molto pulita anche a vantaggio dell’aerodinamicaInfinito ha una penetrazione aerodinamica davvero vantaggiosa
Ultegra Di2 e ruote in carbonio
Bianchi ha dotato l’ammiraglia di Infinito con il nuovo gruppo elettronico Ultegra a 12v, con guarnitura compatta 50-34 e pacco pignoni 11-34. Una scelta che se da una parte punta ad un gruppo di altissima qualità, dall’altra sottolinea l’anima meno estrema di questo modello, pensato per chi nel ciclismo cerca più lo svago che la competizione.
Le ruote sono le Velomann Palladium in carbonio con profilo da 33 mm, delle all-rounder di buona qualità. Pneumatici Pirelli Cinturato Velo TLR da 32 mm, in perfetto stile endurance, ma all’occorrenza adatti anche per un gravel leggero.
Oltre al manubrio Velonman in alluminio, Infinito è compatibile con quello integrato della SpecialissimaLa forcella consente una guida precisa e un buon assorbimento delle sollecitazioniOltre al manubrio Velonman in alluminio, Infinito è compatibile con quello integrato della SpecialissimaLa forcella consente una guida precisa e un buon assorbimento delle sollecitazioni
Allestimenti e prezzi
Come già accennato la nuova Infinito è disponibile in due colori. Nel classicissimo celeste-Bianchi con una sfumatura tra il verde e il blu per loghi e decalcomanie o in alternativa nella versione Deep Dive Purple (nero-viola), elegante e appariscente allo stesso tempo, con loghi e decalcomanie in nero opaco. La bici come appena descritta è disponibile al pubblico al prezzo di 5.299 euro.
Bianchi propone però altre due versioni di Infinito, a prezzi ancora più interessanti. Una allestita con gruppo Shimano 105, manubrio semi-integrato in alluminio e ruote Velomann Palladium 33 in carbonio al prezzo di 3.499 euro. L’ultima con gruppo Shimano 105, manubrio semi-integrato in alluminio e ruote V30R in alluminio al prezzo di 2.599 euro.
Iniziamo ad approfondire l'argomento che vede come soggetto le nuove corone Shimano 54-/40. Le corone maggiorate non sono una novità, ma di sicuro averlo come standard è un cambio di direzione dopo l'era delle compact. Ne abbiamo parlato con Andrea Bagioli
Il mondo del gravel può stropicciarsi gli occhi davanti alla novità di Shimano: il GRX Di2, uscito nella tarda serata di ieri dall’embargo. Il gruppo dedicato alle strade bianche si aggiorna ed entra nel mercato.La piattaforma Shimano GRX mantiene le sue grandi qualità tecniche e ottimizza le scelte di marcia, per soddisfare anche i ciclisti più esigenti. Ben 12 velocità nel pacco pignoni posteriore.
Il nuovo GRX Di2 di Shimano alza il livello tecnico per quanto riguarda i gruppi gravelIl nuovo GRX Di2 di Shimano alza il livello tecnico per quanto riguarda i gruppi gravel
Rapido e preciso
Il nuovo Shimano GRX Di2 si distingue per una cambiata veloce e precisa. Questa è garantita anche grazie alle leve dual migliorate nel comfort per permettere un miglior controllo. I due deragliatori sono il meglio che l’azienda nipponica potesse mettere sul mercato. All’anteriore è stato scelto un componente preciso su ogni superficie, mentre al posteriore il Shadow RD+. Una tecnologia che facilita la rimozione della ruota posteriore quando è spenta. Quando è accesa è sottoposta a una tensione aggiuntiva che garantisce una guida più silenziosa e una cambiata precisa.
Anche l’ergonomia della zona manubrio è stata rinnovata per una maggiore pulizia e, di conseguenza, personalizzazione dell’area.
Un’altra novità proposta per il gruppo Shimano GRX è l’opzione di avere il cambio elettronico. Questo è possibile grazie ai nuovi comandi GRX RX825 Di2 e agli interruttori satellite disponibili.
Le leve hanno un’impugnatura ergonomica e con un design che permette una presa saldaLe leve hanno un’impugnatura ergonomica e con un design che permette una presa salda
Diverse combinazioni
Per fornire il miglior supporto in ogni situazione e su tutti i terreni, Shimano ha ampliato la gamma di scelta delle varie corone anteriori e dei pacchi pignone. La personalizzazione è massima, davanti si possono montare guarniture con combinazione 48-31 o 46-30. Mentre al posteriore la cassetta da 12 velocità è disponibile in due versioni: 11-36 o 11-34.
Tutte queste sono poi montabili con le ultime ruote di Shimano dedicate al gravel: le WH-RX880 con canale interno da 25 millimetri.
Shimano ha aggiunto un comando interno per una cambiata facile e rapidaShimano ha aggiunto un comando interno per una cambiata facile e rapida
Ottima presa
Il nuovo GRX Di2 è dotato di comandi wireless studiati appositamente per il gravel. Sono realizzati con una presa antiscivolo, per non perdere mai la presa e cambiare in ogni momento. Le leve hanno un’ergonomia migliorata, Shimano ha inserito internamente al manubrio una terza leva per fornire un ulteriore punto di appoggio.
Le nuove leve Dual Control hanno una sezione trasversale ottimizzata per la guida su ghiaia e per un’integrazione perfetta con il manubrio svasato. Di forma più rotonda, la transizione dalla presa bassa a quella alta è più fluida e crea una superficie più ampia che aiuta ad eliminare i punti di pressione.
Un’altra novità proposta per il gruppo Shimano GRX è l’opzione di avere il cambio elettronico. Un’altra novità proposta dello Shimano GRX è l’opzione di avere il cambio elettronico.
Cavi? Dove serve
Per massimizzare la prestazione il sistema GRX Di2 ha una presenza di cavi laddove è necessario. Questi sono di diametro inferiore e si collegano direttamente alla batteria, il processo di costruzione in casa Shimano ne ha giovato parecchio.
La batteria centrale interna semplifica inoltre la ricarica e rimane sicura su qualunque percorso il ciclista decida di scegliere.
In contemporanea con il Dura Ace, ecco anche il lancio dell'Ultegra. Il fratello minore riprende le caratteristiche del top di gamma. Nei negozi da ottobre
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Colnago V4Rs UAE Team Replica (Configurazione Pogacar) vs V4Rs con un allestimento tradizionale, Ultegra e Fulcrum. Una sorta di effetto placebo c'è, ma non è solo quello. Le abbiamo messe a confronto e qui vi argomentiamo le nostre sensazioni ed i nostri feedback.
Una sfida in casa Colnago è prima di tutto divertente e molto stimolante. Lo è perché pedalare su una bici Colnago non è mai banale, lo è perché provare la versione V4Rs Team Replica di Pogacar è un boost emozionale da includere nel prezzo del biglietto.
Stesso kit telaio V4Rs (livree cromatiche differenti), medesima taglia, ma allestimenti completamente differenti. Vediamo cosa è venuto fuori.
V4Rs con Ultegra e Fulcrum, la Team Replica con Dura Ace e ruote EnveV4Rs con Ultegra e Fulcrum, la Team Replica con Dura Ace e ruote Enve
V4Rs Team Replica di Pogacar
Abbiamo provato una taglia 51. La bicicletta riprende la stessa livrea cromatica utilizzata da UAE-Team Emirates nel 2023 (per il 2024 cambiano le colorazioni, ma la bici ufficiale resta la V4Rs) ed è esattamente lo stesso frame-kit che può essere normalmente acquistato. Telaio, forcella e reggisella sono in carbonio e sono monoscocca (concezione differente dalla C68).
La sella è la Prologo Scratch M5 Nack versione Pogacar, mentre il manubrio integrato è il CC01 Colnago (110×42). Quest’ultimo è differente da quello usato dagli atleti del team (loro montano Enve), mentre la serie sterzo è CeramicSpeed. Trasmissione ed impianto frenante sono Dura Ace (ad eccezione del movimento centrale che è un T47 CeramicSpeed) e le ruote sono le Enve SES 3.4. Hanno il cerchio con il profilo differenziato tra anteriore e posteriore (rispettivamente 39 e 43 millimetri, con un canale interno da 25).
Rispetto alla dotazione dei pro’ cambiano anche le gomme: sulla bici test abbiamo usato dei Pirelli TLR da 28, mentre i corridori (quelli veri) usano Continental. La bicicletta senza pedali pesa 7,1 chilogrammied un prezzo di listino di 12.700 euro.
Logo e sponsor del teamLa Prologo versione Pogacar per la Team ReplicaLe SES 3.4 con profilo differenziato tra anteriore e posterioreIl movimento centrale CeramicSpeed della Team ReplicaIl manubrio CC.01 comune alle due versioniLogo e sponsor del teamLa Prologo versione Pogacar per la Team ReplicaLe SES 3.4 con profilo differenziato tra anteriore e posterioreIl movimento centrale CeramicSpeed della Team ReplicaIl manubrio CC.01 comune alle due versioni
Trasmissione Ultegra e ruote Fulcrum
Stesso telaio e forcella, uguali anche il manubrio ed il reggisella. Diversa la colorazione (bella e accattivante anche questa), completamente differente la scelta della componentistica. In questo caso la bicicletta porta in dote una trasmissione Ultegra (stessi rapporti della precedente, 52/36 e 11/30), la sella Prologo Scratch M5 Tirox e le ruote Fulcrum Wind 40 (con canale interno da 19 millimetri).
Sempre Pirelli da 28 gli pneumatici. Il valore alla bilancia rilevato? Sono 7,45 chilogrammiper un prezzo di listino di 8.450 euro.
Le Fulcrum Wind 40La Prologo Scratch M5 Tirox della versione standardSempre T47 (non CeramicSpeed) per l’allestimento standardIl mini-tool nascosto nello stelo della forcella, comune alle due biciAnche grazie al manubrio Colnago l’impatto frontale è il medesimoLe Fulcrum Wind 40La Prologo Scratch M5 Tirox della versione standardSempre T47 (non CeramicSpeed) per l’allestimento standardIl mini-tool nascosto nello stelo della forcella, comune alle due biciAnche grazie al manubrio Colnago l’impatto frontale è il medesimo
Placebo? Si, ma non solo…
Se ragionassimo solo con il cuore e gli occhi (senza portafoglio) la scelta ricadrebbe sulla Pogacar Replica, senza ombra e senza dubbi. Perché privarsi di una bicicletta tra le più vincenti degli ultimi anni e con un allestimento da sogno? Gratificazione personale al di la degli aspetti tecnici, ma anche quella sorta di boost che arriva proprio da una bici che è il punto di arrivo per molti, il sogno nel cassetto.
Eppure, proprio questo ragionamento, questa valutazione ed il test che vede le due biciclette a confronto, fa emergere l’assoluto valore di quella montata con l’Ultegra e le Fulcrum. Questa diventa ovviamente più accessibile, ma anche alla portata di tutti in fatto di resa tecnica una volta su strada (e lascia spazio ad eventuali cutomizzazione dei componenti). La trasmissione e l’impianto frenante non hanno nulla da invidiare al pacchetto Dura Ace, se non la livrea ed il peso. Le Fulcrum hanno come punti di forza la scorrevolezza, il comfort e la facilità di guida.
Geometria a parte, le Enve danno un boost notevole in chiave salitaA prescindere dal montaggio in discesa è precisa e agileGomme da 28 per entrambi. Sulle Enve spanciano a 30Sulle Fulcrum sono larghe 27Geometria a parte, le Enve danno un boost notevole in chiave salitaA prescindere dal montaggio in discesa è precisa e agileGomme da 28 per entrambi. Sulle Enve spanciano a 30Sulle Fulcrum sono larghe 27
Con le ruote cambia tutto
Non è una questione legata solo al peso (tra le une e le altre ci sono pochissimi grammi di differenza, al di sotto dei 1500 grammi). Con le Enve, la Colnago V4Rs diventa più cattiva, molto più briosa ed impegnativa sull’anteriore, tanto veloce e goduriosa da guidare, ma anche dispendiosa in termini di energie e concentrazione. Con le Fulcrum la bicicletta è più “tranquilla” e mette sempre nelle condizioni di avere la situazione sotto controllo, anche (soprattutto) quando si è stanchi.
Il canale interno più largo (quello delle Enve) porta ad un allargamento davvero importante dello pneumatico. A parità di gomma e sezione, la Pirelli va a 30 millimetri sulle Enve, 27 sulle Fulcrum: un aspetto tecnico che cambia completamente il feeling del mezzo, al di la dell’espressione tecnica specifica del comparto rotante.
Più cattiva e briosa (soprattutto sull’anteriore), più veloce la Team Replica, per nulla scomoda, anche grazie a coperture che diventano abbondanti, ma di fatto è una bicicletta che esige una maggiore concentrazione. Più lunga nelle risposte (ma con una reattività degna di nota alle basse velocità), più facile e adatta un po’ a tutti la “versione standard”. Eppure non nasconde un carattere corsaiolo, che alla fine piace sempre.
V4Rs bici mai eccessiva nel comportamento, ben equilibrata su ogni terrenoUno dei vantaggi della V4Rs? La geometria di telaio e forcellaV4Rs bici mai eccessiva nel comportamento, ben equilibrata su ogni terrenoUno dei vantaggi della V4Rs? La geometria di telaio e forcella
I numeri del confronto
Per approfondire ulteriormente il confronto, abbiamo creato una sorta di sovrapposizione delle due biciclette all’interno del stesso segmento in salita (2,77 chilometri con una pendenza media del 6,1%, prendendo come riferimento una VAM costante di 1000 m/h). Abbiamo utilizzato l’esploso delle prestazioni grazie alla piattaforma Shimano Connect Lab.
Con la Colnago V4Rs allestimento Replica: è stato effettuato un lavoro di 154,8 kj, con una velocità media di 17,2 chilometri/ora, per una potenza normalizzata di 280,8 watt. Il tempo di percorrenza del segmento è stato di 9 minuti e 33 secondi.
Il risultato della V4Rs con l’Ultegra e le Fulcrum: 160,3 kj di lavoro (aumentato di oltre 5 Joule), con una velocità media di 17,1 chilometri/ora, per una potenza normalizzata (NP) di 282,8 (maggiore di 2 watt risepetto alla bici Team Replica). Il tempo di percorrenza è aumentato di 12 secondi, arrivando a 9 minuti e 45 secondi. Nonostante un aumento della potenza normalizzata (a parità di condizioni meteo) abbiamo fatto registrare una velocità media inferiore e di conseguenza un tempo più alto sullo stesso segmento. E’ aumentata anche la potenza media, 273,3 (versione Ultegra), versus 269,8 watt (allestimento Dura Ace).
Giant Defy Advanced, bici sì da endurance, ma dalle performance importanti. Abbiamo avuto il piacere di provarla per un certo periodo, testandola su percorsi differenti e spesso dissestati.
Solitamente quando si dice che una bici è comoda come prima caratteristica per definirla, è perché probabilmente o le manca qualcosa o si tratta di una bici poco reattiva, almeno inquadrandola da un punto di vista della prestazione. Ebbene, questa massima non va bene per la nuova Giant Defy Advanced, bici sì endurance, ma dalle performance importanti.
Endurance e performance
Abbiamo avuto il piacere di provarla per un certo periodo, testandola su percorsi differenti e spesso dissestati. Questo mettere sotto torchio la Defy ci ha però dato un quadro completo di questa bici. Una bici importante sotto ogni punto di vista. Una bici performante.
La versione da noi provata tra l’altro non era neanche la top di gamma, vale a dire la Sl, bensì la Pro 0. Stesse geometrie, stesse misure, unica differenza il carbonio del telaio. Quello della Sl un po’ più pregiato e un paio di etti più “magro”.
Superato l’impatto visivo, la seconda cosa che si fa quando si ha di fronte una nuova bici è quella di prenderla in mano e sollevarla per saggiarne subito il peso. Quando lo abbiamo fatto con la Defy siamo rimasti stupiti.
«Ma come – ci siamo chiesti – una endurance, tra l’altro neanche nella versione del telaio più leggera, che pesa così poco?». Eravamo sul filo degli 8 chili, con gomme da 32 millimetri e pedali inclusi.
Linea filante e leggera per la Giant Defy ProLinea filante e leggera per la Giant Defy Pro
Come va?
Già questo ci ha colpito. La prova su strada ha fatto il resto. La prima sensazione avuta è stata quella di una bici molto scorrevole, fluida e neanche così lenta a fronte dei 420 millimetri di carro.
La Defy Pro 0 dà sempre una bella risposta nel suo insieme: sia nelle accelerazioni da seduti, sia nei più classici rilanci in piedi. E, aspetto non trascurabile, specie per una bici endurance, è che non si spendono troppe energie per mantenere le alte velocità quando si viaggia regolari in pianura.
Anche l’handling, la manegevolezza, in salita ci è parsa molto buona. La Defy resta leggera sempre e asseconda molto i movimenti del ciclista. Probabilmente anche in virtù di un buon setup e di un’ottima componentistica.
Infine la discesa. Lo abbiamo detto nel video, lo ribadiamo nell’articolo: la Defy è mostruosa. Ti perdona tutto, soprattutto in discesa. Con questa bici si ha talmente tanto margine che ci vuole un po’ prima di capire che si può osare di più.
Noi per esempio l’abbiamo provata su strade che conosciamo a menadito, ebbene a metà curva ci rendevamo conto che potevamo mollare di più. Merito delle geometrie? Molto probabile. Merito delle gomme da 32 millimetri? Sicuro. Merito del passo abbondante? Senza dubbio.
Spazi sfruttati al meglio. Vi trova alloggio una copertura fino a 38 mmFa forma “D-Fuse” del reggisella, in questo modo la seduta è sempre molto comodaSpazi sfruttati al meglio. Vi trova alloggio una copertura fino a 38 mmFa forma “D-Fuse” del reggisella, in questo modo la seduta è sempre molto comoda
D-Fuse, vibrazioni addio
Ma entriamo nei dettagli tecnici. A dominare la Defy 2024 è la tecnologia D-Fuse, che forse sarebbe meglio definire una filosofia, visto che la si ritrova sia sul tubo di sterzo, che su reggisella, manubrio… E infatti in Giant stessa dicono: “I nuovi componenti D-Fuse lavorano insieme”: definizione affatto banale.
In pratica i tubi non sono dritti. La loro sezione forma una sorta di “D”, che serve ad attutire le vibrazioni. E funziona…
Quando trovavamo tratti di strada rovinata, non ci perdevamo nei meandri di quelle stesse buche, ma ne uscivamo con un certo comfort e anche una buona velocità. Ma in tal senso una grossa fetta del merito, a nostro avviso andava dato al set delle ruote: i cerchi Giant SLR 1 36 Carbon Disc e le gomme Giant Gavia Fondo 0, tubeless chiaramente.
Il serraggio del reggisella, come molte bici attuali, non è super comodo. Ma almeno stringe beneIl serraggio del reggisella, come molte bici attuali, non è super comodo. Ma almeno stringe bene
Avantreno curato
Una delle maggiori chicche della Giant Defy Advanced 2024 è il set manubrio. Si tratta della piega Giant Contact SLR D-Fuse e dell’attacco manubrio Giant Contact SL Aero Light. Quest’ultimo in particolare è nuovissimo. Due pezzi che fanno perfettamente pendant con sé stessi, ma anche con il resto della bici.
E lo fanno sia per il discorso delle vibrazioni, che delle performance come dicevamo prima: leggerezza, prese comode e aerodinamica. E’ da dettagli come questi che si fa fatica a capire che la Defy non è una “race bike”, ma una endurance. Senza parlare della pulizia estetica.
La piega è aereo e semi flat. Di nuovo il mix fra comfort e prestazioni si mescolanoNel nuovo attacco di Giant i cavi sono nascosti. Ma in caso di necessità facilmente accessibiliLa piega è aereo e semi flat. Di nuovo il mix fra comfort e prestazioni si mescolanoNel nuovo attacco di Giant i cavi sono nascosti. Ma in caso di necessità facilmente accessibili
Buon prezzo
Per il resto, ci si è affidati alla certezza che dà il gruppo Shimano Ultegra Di2 e alla sella Giant Fleet SL.
Solo un appunto a cui prestare attenzione. Giant, come molti altri brand, tende a fornire per questo tipo di bici attacchi manubrio piuttosto corti. La nostra per taglia, una S, aveva l’attacco da 90 millimetri. Questo perché si pensa che essendo la Defy una bici endurance si tenda a stare più dritti, il che è anche vero. Però occhio, perché è facile ritrovarsi “troppo corti”. Soprattutto in presa bassa può esserci qualche problema, andando a sovraccaricare polsi, avambracci e spalle. In fase di ordinazione pertanto valutate bene questo aspetto.
Il prezzo della versione da noi provata, Giant Defy Advanced Pro 0, è di 6.399 euro. La colorazione è unica per ogni versione. Ci sono anche la Pro 1 e la Pro 2, entrambe con gruppo Shimano 105. La prima è bianca e nera, la seconda nera e rossa.
In contemporanea con il Dura Ace, ecco anche il lancio dell'Ultegra. Il fratello minore riprende le caratteristiche del top di gamma. Nei negozi da ottobre
La Cervélo R5 è una delle bici da scalatore per antonomasia, lo è per l'impatto estetico e lo è per le performances che mette su strada. Eppure è un mezzo che mostra un equilibrio ottimo in diverse situazioni, facile da guidare anche quando si decide di andare a spasso
Cervélo R5, la quarta generazione di una bici che vince da sempre. Cosa si può raccontare di un mezzo che ha contribuito alla vittoria nei tre grandi giri e in alcune tra le frazioni più impegnative?
In realtà c’è molto da spiegare, perché ancora una volta la R5 è diversa da tutte le altre bici specifiche per la salita. Lo è per le quote geometriche, lo è grazie ad ogni comparto che mostra delle asimmetrie non comuni, ma lo è anche per quello che esprime nelle discese tecniche. Andiamo a snocciolare la nostra prova.
Una stabilità non comune in discesaUna stabilità non comune in discesa
Per il test una taglia 54
Una bicicletta poco “upgradabile” e che va bene così come è, come direbbe uno… smanettone della bicicletta. Lo è per tutto quello che concerne l’allestimento (da sogno), lo è anche in fatto di prestazioni, sottolineando il fatto che si tratta di un prodotto con la vocazione alla salita, percorsi duri e tecnici.
Telaio e forcella Cervélo R5, così come Cervélo sono anche l’attacco manubrio e la piega (entrambi in carbonio). La seconda ha un profilo alare nella sezione superiore, comodo ed efficace anche quando si sfrutta la “posizione da salita” per lunghi periodi. Inoltre ha una buona ergonomia della curvatura, una sorta di compact ampiamente sfruttabile quando ci si spinge ad una presa ribassata. Fa parte del pacchetto anche il reggisella (full carbon, tranne il morsetto di chiusura), con una forma a D molto pronunciata. Tornando invece al telaio, questo ha la scatola centrale BBRight, con una larghezza di 73 millimetri. Con il passare degli anni Cervélo ha mantenuto questa soluzione, capace di garantire grande rigidità del comparto e di sostenere le diverse parti asimmetriche.
Il piantone ha una forma che cambia completamente nel suo percorso, rotonda in alto e quasi squadrata nella zona bassa di innesto. Diversi, l’uno dall’altro anche i foderi del carro, non solo per design, ma anche in fatto di volumi. Un’asimmetria appena pronunciata si nota anche nella forcella.
La trasmissione è Shimano Dura Ace (52-36 e 11-30), la sella è di Selle Italia, versione Flite Boost Superflow Kit carbonio. Molto interessante il comparto ruote, con le Reserve 34/37, assemblate con i mozzi DT Swiss 240 con disegno Spline. I cerchi sono in carbonio, hanno il profilo differenziato tra avantreno e retrotreno, ma è diversa anche la larghezza del canale interno: rispettivamente 23 e 22 millimetri. Non solo, le ruote Reserve sono tra le pochissime (con tutta probabilità le uniche) a fornire il dato ERD (visibile sul cerchio). Questa misura identifica le due estremità (da nipplo a nipplo) del cerchio.
Il valore alla bilancia di questa fuoriserie è di 6,84 chilogrammi(senza pedali), per unprezzo di listino di 12.499 euro.
Bici davvero corta e compattaIl comparto guida, tutto Cervélo e tutto in carbonioLa forma a D dello stelo e l’asola che blocca gli spessoriMovimento centrale CeramicSpeedLa battuta filettata di chiusura del pernoLa ruota posteriore alta 37 millimetriLa ruota anteriore da 34Mozzi Spline 240 di DT SwissBici davvero corta e compattaMovimento centrale CeramicSpeedIl comparto guida, tutto Cervélo e tutto in carbonioLa forma a D dello stelo e l’asola che blocca gli spessoriLa battuta filettata di chiusura del pernoLa ruota posteriore alta 37 millimetriQuella anteriore da 34Mozzi Spline 240 di DT Swiss
La differenza in discesa
E’ come andare inun binario. In salita la differenza viene fatta dalla combinazione tra le gambe del ciclista ed il mezzo meccanico. In discesa il gap si apre grazie al manico (e al pelo sullo stomaco) che però deve trovare un giusto riscontro con la stabilità della bici. Precisa e stabile, ma anche veloce, facile e con una precisione che lascia di stucco.
Cervélo R5 è anche questo e non è banale per una bici tanto leggera. A volte capita che il peso ridotto si tramuti in vibrazioni e imprecisione alle velocità elevate, qui invece non c’è nulla di negativo, anche quando il tachimetro raggiunge valori importanti.
La chiusura del reggisella, incastonata tra le tubazioniLe diversità dei foderi bassi viste dall’altoLa scatola grande con disegno BB-RightIl fodero ad S lato non-driveLato trasmissione, il tubo è più drittoLa chiusura del reggisella, incastonata tra le tubazioniLe diversità dei foderi bassi viste dall’altoLa scatola grande con disegno BB-RightIl fodero ad S lato non-driveLato trasmissione, il tubo è più dritto
A suo modo, è comoda
Una sorta di comfort arriva dalla geometria. Non è troppo bassa, non è troppo alta sull’anteriore, tant’è vero che lo stack (taglia per taglia) è un compromesso ottimale, così come lo è la lunghezza dell’orizzontale.
Gli angoli, dello sterzo e del piantone, entrambi a 73°, aiutano a questa “sensazione di equilibrio” costante. Non si è mai troppo “tirati” in sella, anche dopo diverse ore di attività e soprattutto quello del seat-tube permette di scaricare bene il peso verso la ruota posteriore, lasciando l’articolazione dell’anca aperta e scarica. La geometria fa la differenza.
Leggera e scorrevole in salitaLeggera e scorrevole in salita
In conclusione
La Cervélo R5 mette insieme e mescola in modo eccellente i tre aspetti tecnici più ricercati per le bici votate alla salita. Leggerezza e comfort, ma anche quel rapporto tra rigidità e peso. Non di rado il primo ed il terzo sopprimono il secondo, lo mascherano e lo nascondono per via di una geometria estremizzata, in questo caso invece, proprio la geometria tende ad amplificare la bontà delle tre differenti sfaccettature.
Una R5 non metterà mai in crisi chi la guida, non risulterà mai una bici prepotente e troppo “pepata”. Può essere veloce (non come la S5), ma anche tranquilla durante le sgambate di scarico.
Shimano Dura Ace a 12 velocità combina due protocolli, quello wireless e la trasmissione dei dati via cavo. Efficienza e customizzazione, ma anche uno smart concept che porta innumerevoli vantaggi
La famiglia S-Phyre di Shimano, quella che ha cambiato lo stile della calzatura. Il concetto tecnico è sempre il medesimo, ovvero quello di avere il migliore trasferimento di potenza, aspetto della performance che si unisce ad un design della scarpa, a tratti essenziale e ribassato, che ha cambiato la categoria.
S-Phyre RC903 PWR (da strada) e S-Phyre XC903 (per la mtb ed il ciclocross, perché no anche per il gravel race) sono le ultime calzature top di gamma del roster Shimano.
Profilo asciutto e ribassato, marchio di fabbrica S-PhyreChiusura con doppio sistemaLa “tipica” suola S-PhyreIl rotore è in alluminioProfilo asciutto e ribassato, marchio di fabbrica S-PhyreChiusura con doppio sistemaLa “tipica” suola S-PhyreIl rotore è in alluminio
S-Phyre RC903 PWR (power)
Si basano sullo sviluppo delle RC903, le attuali top di gamma della categoria calzature e che restano all’apice del segmento (di fatto le nuove PWR sostituiscono le 902T). Sono molto più che un’alternativa, con un design del sistema di chiusura che cambia completamente. Sotto il profilo tecnico si rivolgono ad un pubblico di atleti cronoman, sprinter e ha l’obiettivo anche di accontentare i pistard. Perché? Perché la chiusura ha un’azione potente e decisa, fattore richiesto da atleti che esprimono potenze elevatissime nei momenti chiave della gara, proprio come i velocisti.
Rispetto alle RC903 cambia il sistema di chiusura, mentre la suola rimane la medesima. E’ ottenuta dalla combinazione tra il rotore in alluminio Boa Li2 ed il velcro frontale. Il primo agisce su un cavo che si snoda su due linguette, una più alta verso il collo del piede e una centrale. L’azione combinata di queste due permette di adeguare la calzata e anche il volume nella zona dell’arco plantare, in modo da avere una scarpa incollata al piede in ogni punto e situazione di gara. Il velcro frontale agisce sul volume anteriore.
Il design complessivo della RC903 PWR è del tutto accostabile a quello della 903, più ampio nella sezione anteriore, asciutto ed essenziale, con il profilo ribassato nella parte mediana e posteriore. La talloniera è esterna.
Anche la suola è la medesima, unica nel suo genere per design e rigidità, soprattutto nel punto in cui viene montata la tacchetta.
Quelle bianche indossate da Vanthourenhout (foto Michele Mondini)Il classico blu ShimanoCon la livrea neraSempre con la soletta customizzabile nell’arco plantareLa suola delle XC con gli inserti UltreadQuelle bianche indossate da Vanthourenhout (foto Michele Mondini)Il classico blu ShimanoCon la livrea neraSempre con la soletta customizzabile nell’arco plantareLa suola delle XC con gli inserti Ultread
S-Phyre XC903 offroad
Sono la naturale evoluzione delle XC902, siamo sempre nel segmento delle calzature al top del catalogo. Nascono per le gare, senza mezzi termini, non solo per la mtb, ma anche per il ciclocross. E proprio in ambito cx hanno fatto il loro esordio in questa stagione 2023 (ad esempio le abbiamo viste indossate dal Campione Europeo Vanthourenhout durante la Coppa del mondo di Vermiglio).
Adottano il sistema di chiusura con il doppio Boa Li2. Quello superiore ha un tiraggio diretto sulla linguetta, quello inferiore ha il cavo che incrocia e scorre all’interno di passanti in tessuto (non c’è materiale plastico). E’ stato inserito il tessuto mesh molto leggero, per agevolare l’ingresso dell’aria in una zona dove si accumula parecchio sudore. Tutta la tomaia è caratterizzata da una elevata robustezza, ma al tempo stesso è stata alleggerita nella parte interna, in modo da non influire negativamente sulla termoregolazione ed evitare gli accumuli di umidità.
La talloniera è esterna e sulla punta è presente un rinforzo che funge anche da protezione. Entrambi non influiscono sul profilo ribassato della nuova Shimano S-Phyre XC903. Passando alla suola, questa ha la sezione centrale (dove si avvita la tacchetta) in carbonio, con un indice di rigidità pari a 11 nella scala Shimano. Gli inserti in gomma ed i ramponi sono in gomma Ultread, spaziati tra loro e con un grip elevato. Quelli posteriori hanno una sorta di doppia mescola, per garantire grip, ma anche sostegno quando si scende di sella.
Iniziamo ad approfondire l'argomento che vede come soggetto le nuove corone Shimano 54-/40. Le corone maggiorate non sono una novità, ma di sicuro averlo come standard è un cambio di direzione dopo l'era delle compact. Ne abbiamo parlato con Andrea Bagioli