Una mostra di maglie gialle. Il tributo di Bettini al Tour

14.07.2024
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Il passaggio del Tour de France a San Marino è stato festeggiato anche attraverso una mostra fotografica dedicata alla Grande Boucle, autore il “nostro” Roberto Bettini, collega con il quale abbiamo condiviso una vita di trasferte in giro per il mondo e che attraverso la sua agenzia fornisce gran parte delle foto che trovate sul nostro sito. Bettini è la perfetta incarnazione dell’uomo che ha fatto della sua passione un lavoro, non perdendone nel corso degli anni neanche un’oncia.

Una rassegna di campioni e protagonisti per un solo giorno, accomunati dalla maglia gialla
Una rassegna di campioni e protagonisti per un solo giorno, accomunati dalla maglia gialla

La storia attraverso i leader

La sua mostra ha una particolarità, legata al tema scelto: per identificare il Tour ha deciso di proporre solo ed esclusivamente foto delle varie maglie gialle indossate nel corso degli anni. La storia della corsa attraverso i suoi leader, da chi ha vinto più edizioni consecutivamente a chi magari l’ha indossata solo per un giorno, conservandone quel ricordo per tutta la vita.

«Niente più di quella maglia è il manifesto, l’icona del Tour – spiega così la sua scelta Bettini – non a caso tutto è giallo e lo si è visto anche nelle varie località italiane toccate dal suo passaggio. Era la prima volta che avveniva una cosa del genere da noi e bisognava darle il giusto peso, il problema era scegliere qualcosa che fosse immediatamente identificativo. A San Marino avevano pensato di fare un chilometro tutto giallo, ma avere i permessi (anche lì era tempo di elezioni) era difficile. Così abbiamo scelto la strada della mostra delle maglie gialle, un simbolo che porti appresso tutta la vita».

L’ampio locale che ha ospitato la rassegna fotografica di Roberto Bettini
L’ampio locale che ha ospitato la rassegna fotografica di Roberto Bettini
Quanti Tour hai vissuto in prima persona?

Tutti dal 1991 fino al 2014, poi ho passato la mano a mio figlio, tramite lui mi sono sempre sentito parte della carovana, anche perché ogni anno qualche tappa l’ho comunque vissuta in prima persona. Facendo il conto ho seguito in moto più di 500 tappe in Francia e in giro per l’Europa e ho vissuto sulla mia pelle l’evoluzione, il cambiamento profondo che questo mondo ha vissuto e vive ancora adesso.

Rispetto a quando hai iniziato a seguirlo, quant’è cambiato l’ambiente dal tuo punto di vista?

Profondamente. E’ molto più difficile lavorare oggigiorno, ci sono tante regole da seguire, tanti mezzi in più ma paradossalmente molte meno moto a nostra disposizione. Inoltre prima ci si poteva muovere meglio in mezzo al gruppo, oggi devi chiedere permesso ai regolatori e quando ti arriva, magari il momento buono è passato. Le foto oggi sono molto più frutto di fortuna per trovare l’attimo giusto. D’altronde normalmente trovi 2 moto per l’acqua, 4 per i regolatori, poi le Tv senza considerare i mezzi per i vip. Le ammiraglie sono poste davanti invece che dietro, insomma è un modo diverso di vivere la corsa. Spesso si sceglie un punto, ci si ferma e si fotografa il passaggio, ma bisogna essere fortunati.

Vingegaard in primo piano in occasione del suo ultimo Tour vinto, di fronte Stephen Roche, primo nel 1987
Vingegaard in primo piano in occasione del suo ultimo Tour vinto
Come si ovvia a tutte queste difficoltà?

Cercando anche di mettersi d’accordo, di collaborare fra noi fotografi. Questo avveniva anche prima, perché non sempre si aveva la moto a disposizione, erano un po’ ruotate fra i fotografi. Diciamo che ci si passa la base di lavoro in corsa.

Oltretutto anche dal punto di vista tecnico il vostro lavoro è cambiato…

Infatti, ora è tutto diverso. Prima si portavano le foto all’arrivo e magari si scaricavano e si identificavano alla sera, ora le richieste sono in tempo reale, serve quindi la persona in sede che raccolta e prepari le foto per la pubblicazione in tempi rapidissimi perché già pochi minuti dopo siti e social chiedono. Io infatti mi dedico a questa fase del lavoro, per caricare le foto sul sito prima possibile.

Ti diverte questo ciclismo?

Molto. Con corridori come quelli di oggi, i Pogacar e i Vingegaard che si confrontano di continuo è incerto. E’ un bel momento, io ho vissuto quello dei dominatori assoluti, l’epoca di Armstrong che toglieva smalto al ciclismo dal punto di vista dell’incertezza. Oggi non sai quel che può succedere e questo appassiona.

Servirebbe però il corridore italiano di riferimento…

Infatti se ne sente tanto la mancanza. Anche se l’Italia nel ciclismo di oggi c’è, molto più di quanto si pensi, basta pensare alla Uae che ha tanto d’italiano al suo interno e anche Pogacar in effetti è un nostro “vicino”. Il problema è che senza un italiano, la gente è distratta, si vede ad esempio quel che sta succedendo nel tennis che oggi attira tanta attenzione. Non c’è l’entusiasmo di prima. A Ravenna tanti si lamentavano per il blocco delle strade, vagli a spiegare che stava succedendo qualcosa di storico, mai avvenuto prima…

Greg Lemond, uno dei grandi interpreti negli anni Ottanta, tre volte vincitore
Greg Lemond, uno dei grandi interpreti negli anni Ottanta, tre volte vincitore
Ma la gente secondo te ama ancora questo ciclismo?

Io dico di sì. Una cosa che mi colpisce sempre è vedere quanti cartelli ancora ci sono in giro per le corse che inneggiano a Pantani, questo fa capire quant’era l’amore per il Pirata. Oggi però il ciclismo soffre un po’ come il calcio, perché non c’è il riferimento a cui appoggiarsi.

E parlando di passione, la tua c’è ancora?

Sì, non diminuisce anche se il modo di lavorare è cambiato. Ma anche occupandomi di editing vivo questo mondo, quando sono presente respiro le stesse sensazioni di allora e sembra che gli anni non sono passati. D’altronde un Bettini in carovana c’è sempre…

EDITORIALE / Dietro quel gatto, un mondo da scoprire

06.03.2023
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E’ un argomento delicato. Così tanto delicato da risultare fastidioso e sperare di poterne stare alla larga, anche se tanti ci hanno chiesto come mai non abbiamo scritto ancora nulla sulla vicenda di Tiberi e il gatto. Una storia accaduta a giugno, conclusa a settembre e data alle cronache pochi giorni fa. La tempistica è insolita, ma c’è poco da commentare davanti a chi si compra un fucile, apre la finestra e spara ai cartelli ammazzando un malcapitato felino. Cambia poco che il gatto sia stato ucciso per errore. Una ragazzata? Sarebbe sbagliato chiuderla così.

E’ stato Federico Pedini Amati, Segretario di San Marino per il Turismo, a diffondere la notizia dello sparo (foto Facebook)
E’ stato Federico Pedini Amati, Segretario di San Marino per il Turismo, a diffondere la notizia dello sparo (foto Facebook)

Come a scuola

Antonio Tiberi è un bravo ragazzo e fra i suoi errori c’è stato anche quello di non aver avvisato la squadra ai tempi del fatto. Nei giorni scorsi tuttavia ne abbiamo sentite di tutti i colori. Il fatto merita condanna, questo è fuori discussione. Ma come accade in episodi che coinvolgono un personaggio pubblico, chiunque ne abbia scritto sui social ha impugnato la tastiera come la carabina, sparando sul ciclista.

Della vicenda è capitato di parlare diffusamente alla recente Strade Bianche e la storia di Tiberi e il gatto ha cambiato completamente prospettiva.

Da una parte c’è stato il richiamo all’obiettività. I colpi sono stati sparati dalla finestra di un appartamento e il gatto è morto. Dall’altra abbiamo ascoltato quelli che hanno rilevato la stranezza di una notizia resa pubblica ben oltre la sua conclusione.

Un po’ come quando si va a colloquio con gli insegnanti e si cerca di spostare l’attenzione dalla negligenza dello studente al ruolo del docente.

Quella manina di colore in risposta al tweet di José Been valse a Simmons una lunga sospensione (foto Daily Mail)
Quella manina di colore in risposta al tweet di José Been valse a Simmons una lunga sospensione

Il caso Simmons

Parlando con lo staff della Trek-Segafredo, che ha sospeso Tiberi fino a data da destinarsi, abbiamo cercato di cogliere le differenze rispetto al caso che portò alla sospensione di Quinn Simmons.

Correva il 2020 e il corridore americano, neoprofessionista dopo aver vinto il mondiale juniores ad Harrogate 2019, rispose al tweet di José Been. Nel post, la giornalista augurava al popolo americano che la presidenza Trump terminasse alla svelta. Il commento di Simmons fu l’emoji di una manina di colore che salutava.

«Mentre sosteniamo il diritto alla libertà di parola – scrisse il team in una nota – riterremo le persone responsabili delle loro parole e azioni. Purtroppo, Simmons ha rilasciato dichiarazioni online che riteniamo divisive, incendiarie e dannose per la squadra, il ciclismo professionistico, i suoi fan e il futuro positivo che speriamo di contribuire a creare per lo sport. In risposta, non correrà per Trek-Segafredo fino a nuovo avviso».

Simmons, come ora Tiberi, si scusò: «A coloro che hanno trovato razzista il colore dell’emoji, posso assicurare che non intendevo interpretarlo in quel modo. Vorrei scusarmi con tutti coloro che l’hanno trovato offensivo poiché mi oppongo fermamente al razzismo in qualsiasi forma».

La vicenda si è svolta nella Repubblica di San Marino, residenza di Tiberi e vari altri corridori
La vicenda si è svolta nella Repubblica di San Marino, residenza di Tiberi e vari altri corridori

Personaggio pubblico

Quel tweet fu dirompente, almeno dal punto di vista della proprietà americana del team. Diede risonanza mondiale a un fatto che altrimenti sarebbe rimasto negli Stati Uniti. Simmons aveva 19 anni, ma capì presto che essendo un personaggio pubblico, non gli era consentito alcun tipo di leggerezza.

Anche Tiberi è molto giovane, di anni ne ha 21, ma il caso che lo riguarda è universale. Il fatto che sia un personaggio pubblico ha reso il gesto ancora più grave, al pari di altri episodi successi in passato ad altri corridori. Il pizzico di Sagan al sedere della miss al Fiandre del 2013. La brutta gaffe di Keisse nel 2019 in Argentina, con una cameriera che lo denunciò per molestie. Per terminare alle accuse di razzismo all’indirizzo di Moscon. Gesti che provocarono multe, sospensioni e minacce di licenziamento.

Il lavoro e l’ozio

Si potrebbe allargare ulteriormente il discorso. Si va a vivere lontani da casa in residenze di comodo per avere delle agevolazioni. Succede però che terminato l’allenamento si viva da esiliati, sperimentando la noia. Questo almeno raccontano alcuni dei corridori residenti. Così magari l’idea di comprarsi un fucile (ancorché depotenziato) e provarlo può sembrare il modo per passare un po’ il tempo.

A volte stare vicini a questi ragazzini così forti e privilegiati comporta anche la responsabilità di educarli per il ruolo che ricoprono. E magari indirizzarli verso scelte che alcuni di loro – presi come sono a inseguire la prestazione, il peso e la perfezione atletica – non sono in grado di valutare. Ci sono atleti, ad esempio, che nel tempo libero hanno scelto di studiare e si sono laureati.

Il tiro al Tiberi che si è scatenato nei giorni scorsi è stato violento quanto il tiro di Tiberi al gatto. Antonio è una brava persona e viene da una bella famiglia, per cui starà maledicendo da giorni quel gesto sconsiderato. E’ indubbio che abbia imparato la lezione: sarebbe grave se si trincerasse dietro qualsiasi forma di vittimismo.

Non si sa cosa deciderà la Trek-Segafredo. Si ventila anche l’ipotesi del licenziamento, a fronte del quale ci sarebbero già un paio di squadre pronte a farsi sotto. Come si disse qualche giorno fa, il ciclismo non è per tutti. Essere professionisti al top non significa solo firmare dei bei contratti. Significa anche ricevere (e pretendere) da chi ti assiste la formazione necessaria per saperci stare dentro.

Dopo Giro, circuiti e riposo, torna un Ciccone rinnovato

24.06.2022
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Domenica si corre, il tricolore fa gola. Ciccone ha un bel timbro di voce, rinfrancato dalla tappa vinta a Cogne, ma soprattutto dall’aver ritrovato la salute. Per un po’ è sparito, faceva fatica anche a rispondere ai messaggi.

«Dopo il Giro – dice – ho fatto due giorni di circuiti (nella foto Cycling Stars Criterium in apertura è con Nibali, Cavendish e Ballan, ndr). Poi ho avvertito la necessità di staccare del tutto. Ho riposato per cinque giorni, senza bici. Dopo una corsa come il Giro serve riposo fisico, ma sinceramente avvertivo il bisogno di tornare alle mie abitudini normali. Mangiare qualche piatto sfizioso. Diciamo che in quei pochi giorni non me la sono passata male. Poi ho ripreso in modo serio. Sono rimasto per tutto il tempo a San Marino e adesso sono di passaggio in Abruzzo per andare in Puglia».

Con la compagna Annabruna alla partenza del Giro da Pescara e la promessa (mantenuta) di rifarsi (foto Instagram)
Con Annabruna alla partenza del Giro da Pescara e la promessa (mantenuta) di rifarsi (foto Instagram)

Giro, Tour e niente altura

Non è andato in altura come tutti quelli che poi andranno al Tour, anche se in Francia ci andrà pure lui. E se al Giro il proposito di partenza, poi vanificato dal covid e vari acciacchi, era stato quello di fare classifica, al Tour de France si va per qualche tappa. Come nel 2019, quando tutto sembrava facile e soprattutto possibile.

«Mi piace il programma con Giro e Tour insieme – riflette – e il fatto che il Giro sia andato così e così, con la condizione arrivata alla fine, magari mi avvantaggerà in Francia. C’è di nuovo la Planche des Belles Filles dove presi la maglia gialla, ci sono tante belle salite. Ma onestamente non so se sia un bene o un male il fatto di sapere cosa mi aspetta. Sento addosso quel qualcosa di diverso, ma so anche che non si può abbassare mai la guardia. Correre per le tappe è meno stressante di pensare a una classifica, ma non si può certo dire che il Tour sia una corsa rilassante».

Luca Guercilena, Giulio Ciccone, Tour de France 2019
Ciccone torna al Tour dove nel 2019, nella foto è con Guercilena, conquistò la maglia gialla
Luca Guercilena, Giulio Ciccone, Tour de France 2019
Ciccone torna al Tour dove nel 2019, nella foto è con Guercilena, conquistò la maglia gialla

Obiettivo tricolore

L’umore è buono. Le traversìe di primavera sono alle spalle. La legnata del Blockhaus è stata lavata via dalla vittoria di Cogne e dalle buone sensazioni dei giorni successivi.

«Il Blockhaus – dice – è stato il seguito di un periodo duro iniziato da marzo. Ho smesso di colpo di avere sensazioni buone ed è andato avanti per settimane. Ritrovare la vittoria e tornare al livello migliore mi ha confermato quello che penso di valere. E adesso mi sento sano, sono in forze, una cosa che al Giro non ho mai percepito del tutto. Per questo al campionato italiano ci credo. Anche se non è tanto adatto alle mie caratteristiche, per quello che mi hanno detto. Punto a fare una bella gara, anche se non posso dichiarare obiettivi».

Nessun nemico

Resta da capire – e nel sentirlo si mette a ridere – se abbia finalmente tolto tutti i sassolini dalle scarpe, come cominciò a fare proprio nel giorno di Cogne.

«Mi dispiaceva – dice – ricevere parole quando stavo male. Accetto le critiche se sto bene e non rendo. Non che mi facciano piacere, ma so che ci possono stare. Però le cattiverie quando sai che sono stato male non mi vanno giù. Però, tranquilli… Sono sereno e non ho nessun nemico cui farla pagare. Mi tengo stretto questo morale e le mie gambe. Vado all’italiano e poi finalmente torno al Tour».

Il resto è un recuperare chiacchiere arretrate. Battute su questo e quello. Anche sul fatto che a San Marino abbia scelto di abitare in cima al Titano e non alla Dogana come tutti gli altri. Dice che gli piace farsi tutta quella salita per arrivare a casa e che il clima non è mai stato torrido. E poi alla battuta sul fatto che presto o tardi dovrà sposarsi, il furbo Cicco… Eh, basta così: questo semmai dovrà dirvelo lui! 

Raduno alle 10 al Centro Atlante. E San Marino si riempie di bici

30.03.2022
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Che la Repubblica di San Marino abbia un forte legame col ciclismo non si discute. Così come sia diventata negli ultimi mesi la nuova caput mundi del panorama professionistico. La questione della neonata legge speciale sul fisco, chiamata “residenza atipica a regime fiscale agevolato” (con la tassazione al 7%) ha tenuto banco ad inizio 2022 ma da qualche giorno sul Monte Titano ci si dà di gomito per le imprese ottenute dai corridori che abitano lassù. Uno in particolare, Biniam Girmay.

Il 21enne eritreo della Intermarchè-Wanty-Gobert che ha appena conquistato la Gand-Wevelgem è uno dei tanti ciclisti che hanno preso residenza a San Marino, seppur lui con la particolare condizione di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro (rinnovabile annualmente) per un massimo di 11 mesi.

Biniam Girmay Hailu è uno dei residenti nella Repubblica di San Marino
Biniam Girmay Hailu è uno dei residenti nella Repubblica di San Marino

Festa per la Gand

A parlarci di ciò che è avvenuto nel piccolo Stato incastonato nel cuore della Romagna è stato Walter Baldiserra (a destra in apertura insieme ad Adriano Amici del Gs Emilia), presidente della Federciclismo di San Marino, in occasione della terza tappa della Settimana Internazionale Coppi e Bartali, disputata tutta in terra sammarinese. Quel giorno il nome di Girmay era saltato fuori subito dalla nostra chiacchierata.

«Qui a San Marino – raccontava Baldiserra – ci abitano, tra i tanti, i primi due del mondiale U23. Lui, in centro nella parte alta della città, e il campione del mondo Baroncini, che invece sta più a valle, vicino alla Dogana. Pensate che Girmay – prosegue ora il numero uno della Federciclismo sammarinese – quest’inverno in un nostro negozio aveva preso una dozzina di bici da spedire giù in Eritrea dove ha una sorta di scuola-ciclismo. Poi dallo stesso negozio si era fatto prestare dei rulli per due settimane quando ha preso il Covid e non poteva uscire per allenarsi. Si vede spesso qua, si allena molte volte col colombiano Johnatan Canaveral della Bardiani-CSF-Faizanè e non rinuncia mai a fare una foto con chi gliela chiede. E’ un bravo ragazzo, si è inserito bene».

Giulio Ciccone è stato uno dei primi a trasferirsi a San Marino
Giulio Ciccone è stato uno dei primi a trasferirsi a San Marino
Walter tutti questi pro’ si allenano assieme?

Sì. Hanno un punto di ritrovo ed un orario fissi. Centro Commerciale Atlante alle 10, verso valle. Chiaramente se non sono in giro a gareggiare. Nella zona si è sparsa la voce e in poco tempo, soprattutto se il meteo era buono, c’era tantissima gente che si aggregava a loro. Giovani e amatori. Qualche junior o under 23 romagnolo mi ha chiesto se avevo il numero di qualche professionista ma chiaramente non posso darglielo. Vedrete che non avranno difficoltà a incontrarsi sulle nostre strade.

Come la vivete questa situazione per il vostro movimento?

Prima di tutto ci tengo a precisare che questi campioni non potranno mai correre per la nostra federazione, a meno che non cambino alcune regole. Tuttavia per noi è molto importante perché ci dà un po’ di lustro. Inoltre dà un impulso alla nostra piccola federazione, che svolge tutta la sua attività in Italia. Avere pro’ come Ciccone, Fortunato, Fabbro, Boaro e tutti gli altri (quasi una trentina, ndr) crea un indotto economico e ciclistico. Quei soldi che ci entrano, noi li reinvestiamo tutti per i nostri ragazzi.

Lorenzo Fortunato, l’uomo dello Zoncolan, non si è spostato troppo dalla sua Bologna
Lorenzo Fortunato, l’uomo dello Zoncolan, non si è spostato troppo dalla sua Bologna
Quante società avete?

Ne abbiamo tre che fanno attività giovanile per una cinquantina di tesserati complessivi. La Gravity Team, la San Marino Mtb e la Ciclistica Juvenes, che è tornata dopo qualche anno. Con quelle amatoriali saliamo ad undici società per un totale di 650 tesserati totali. Poi non dimentichiamoci che con la nostra federazione è affiliata la A.R. Monex Pro Cycling Team, formazione U23 composta da ragazzi messicani seguiti nella preparazione da Piotr Ugrumov. Grazie a tutto ciò ci piacerebbe avere nuovamente un nostro team U23 perché qua attorno per i nostri ragazzi sarebbe difficile trovare una squadra.

Voi avevate un grande talento che era Michael Antonelli e che purtroppo ci ha lasciato troppo presto. Come avete superato quel momento?

Non è stato per nulla facile, forse non ci siamo mai ripresi. E’ stato un colpo tremendo sia dal punto di vista psicologico che sportivo. Michael è morto nel dicembre 2020, ma pensate che già dopo il suo incidente alla Firenze-Viareggio del 2018 i suoi amici hanno smesso tutti di correre. Michael era una promessa dal sicuro avvenire, un ragazzo splendido. Da junior nel 2017 eravamo stati agli europei in Danimarca dove fece 12° in volata (vittoria di Gazzoli, ndr), pochi giorni dopo che aveva firmato per la Mastromarco per l’anno successivo. Poi sempre assieme siamo stati ai mondiali a Bergen in Norvegia e ancora agli europei U23 nel 2018 in Repubblica Ceca. Ora abbiamo Luca Scarponi, junior del Gravity Team, che si allena con la A.R. Monex.

Michael Antonelli, un grande talento, scomparso purtroppo nel dicembre 2020
Michael Antonelli, un grande talento, scomparso purtroppo nel dicembre 2020
Vi sareste mai aspettati tutta questa attenzione?

No, assolutamente. Fino a qualche anno fa era quasi impossibile venire a stare da noi, nemmeno se eri miliardario. Questa nuova legge statale è stata fatta per agevolare il nostro Stato e le nostre attività. Con tutti questi sportivi di richiamo (ci sono anche i piloti Enea Bastianini iridato nel 2020 di Moto 2 e il giapponese Tatsuki Suzuki di Moto 3, ndr) San Marino ha ripreso un ulteriore slancio, anche sotto l’aspetto turistico. Speriamo che il nostro movimento ciclistico possa giovarsene nei prossimi anni.

Febbre da cavallo e niente Giro: Fabbro verso la Vuelta

25.03.2022
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Matteo Fabbro non sarà al via del Giro d’Italia. Dopo undici giorni senza bici e con la necessaria terapia di antibiotici, la Bora-Hansgrohe ha preso la decisione per tutelarlo e ha riscritto il suo programma. Al posto della corsa italiana ci saranno la Vuelta e prima un’estate di spessore.

Anche per lui è stata fatale la Tirreno-Adriatico. Il giorno di Carpegna ha dato forse il colpo di grazia, ma come spiega Matteo per primo tutta la settimana è stata piuttosto pesante.

Fabbro compirà 27 anni il 10 aprile. Lo scorso anno ha rinnovato con la Bora fino al 2023
Fabbro compirà 27 anni il 10 aprile. Lo scorso anno ha rinnovato con la Bora fino al 2023

«Prima avevo avuto il Covid – dice – ma l’ultimo problema è stato legato a una bronchite presa alla Tirreno. Sono stato per quattro giorni a letto con la febbre a 39 che non scendeva. Ho preso gli antibiotici e oggi per la prima volta sono risalito in bici. Non sono in grado di dire perché siamo stati male in tanti. Di certo girava un virus intestinale, mentre quanto al freddo si può dire quel che si vuole, ma abbiamo corso ogni giorno con temperature sotto agli 8 gradi. Salite e discese, zone d’ombra. Quand’è così, è probabile che ci si ammali».

Scalatore di 52 chili

Un metro e 67 per 52 chili, Matteo ha rinnovato lo scorso anno il contratto con la squadra tedesca, che ne ha fatto uno dei più forti uomini in appoggio del suo team di scalatori, pur consentendogli all’occorrenza di cercare i suoi spazi. E anche se il 2021 è stato un po’ opaco, il 7° posto a Prati di Tivo alla Tirreno e il 4° a Naturno al Tour of the Alps, dicono che il friulano ha sostanza e sta crescendo.

Matteo è alto 1,67 e pesa 52 chili: peso da scalatore vecchio stile
Matteo è alto 1,67 e pesa 52 chili: peso da scalatore vecchio stile
Impossibile recuperare?

Impossibile no, bisogna vedere quali sono gli obiettivi. Dopo una settimana senza miglioramenti, durante la quale mi stavo anche un po’ preoccupando, la febbre è scesa. Solo che avevo perso dei giorni al ritiro di Mallorca, quando ero in stanza con Aleotti positivo. Poi ho perso altri giorni al Saudi Tour. Se tirassi dritto, arriverei al Giro senza la base che serve. Così la squadra per non bruciarmi ha deciso di farmelo saltare. Nessuno è felice di questo. E comunque, detto fra parentesi, è così difficile trovare i nomi per andare a correre che non mi meraviglierei se alla fine mi richiamassero. Ma sarebbe per tappare un buco, per cui a cose normali, non dovrebbe succedere.

Che tipo di Giro avresti corso?

Ero molto concentrato sull’obiettivo. A gennaio avevamo fatto un meeting per programmare ogni cosa e perché io potessi tornare protagonista. Ero stato a vedere qualche tappa. Avrei corso in appoggio dei nostri tre leader: Hindley, Keldermann e Buchmann. Avrei avuto le mie carte, in una squadra che viene al Giro per puntare al podio.

Al Giro di Svizzera del 2021, qualche buon piazzamento, come il 9° posto a Disentis Sedrun
Al Giro di Svizzera del 2021, 9° posto a Disentis Sedrun
E così adesso si apre la strada per la Vuelta…

Preceduta da due blocchi di altura e corse come Getxo e Burgos, oppure il Polonia. Detto questo, non so ancora dove ricomincerò. Non so cosa aspettarmi dopo questo stop, è stato come un’altra piccola pausa invernale. Non ho il problema del peso, ma servirà del tempo per tornare a un buon livello. La squadra però mi sta vicina, mi dà morale e così ho stimolo ad allenarmi bene, curando i dettagli.

Hanno dimostrato più di una volta che a te ci tengono…

Lo spero vivamente e mi fa piacere sentirlo. Ho rinnovato il contratto lo scorso anno ed è stato un bene. Se mi fosse successo questo intoppo e fossi stato in scadenza, mi avrebbe scombussolato non poco tutti i piani. Invece sono tranquillo.

Con Benedetti e Buchmann alla Cascata delle Marmore. Dopo la Tirreno, Fabbro si è ammalato
Con Benedetti e Buchmann alla Cascata delle Marmore. Dopo la Tirreno, Fabbro si è ammalato
Hai chiesto perché non abbiano scelto di portarti al Tour?

Non è un problema di caldo e devo dire che il Tour mi piacerebbe. Ad ora gli scogli sono due. L’inizio sul pavé e il tanto vento delle prime tappe, in cui la mia taglia potrebbe non essere la più adatta. Per questi motivi la carta francese per ora non l’abbiamo giocata, ma se fossi pronto si potrebbe rivalutarla. Di certo il Tour non cadrebbe in un momento sbagliato, vedremo con la squadra altempo debito.

Hai ripreso a pedalare in Friuli?

No, a San Marino. Mi sono trasferito qui e ieri sono andato a salutare i miei compagni alla partenza della Coppi e Bartali. C’è un bel meteo. La prima pedalata è servita giusto per ritrovare le sensazioni, un paio d’ore. E adesso si ricomincia sul serio.

EDITORIALE / Se vivo a San Marino, posso allenarmi in Italia?

17.01.2022
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La voce ha iniziato a spargersi la scorsa primavera, allorché un corridore di gran nome che fino a quel momento aveva vissuto a Monaco, scelse di spostare la residenza a San Marino. Scherzando si disse che con l’affitto di un mese a Monaco si sarebbe pagato un anno nel piccolo Stato al confine con la Romagna. E di certo con una metratura superiore.

Da allora i numeri sono esplosi, tanto che qualche giorno fa qualcuno ha scritto su Facebook: «Montecarlo day two… Qui è un viavai continuo di ciclisti professionisti, stamattina maglie Astana, poi la nuova della Cofidis e via via la squadra Valcar, tutte donne, finalmente…».

Il tema è noto, al pari della necessità di tanti corridori di cercare casa in luoghi dal fisco più leggero che in Italia. Monaco. Lugano. Andorra. Cipro. E adesso San Marino, la piccola Repubblica che rispetto ad alcune fra le località precedenti ha una convenzione con l’Italia, diventata legge il 19 luglio del 2013, per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali.

Ciccone è stato uno dei primi a cogliere l’occasione (foto Trek-Segafredo)
Ciccone è stato uno dei primi a cogliere l’occasione (foto Trek-Segafredo)

Tasse e servizi

Perché andare all’estero? La carriera di un atleta professionista è breve: 15 anni quando va bene. Con quello che si guadagna, si deve inventare una vita per quando si sarà smesso. Gli ingaggi netti di cui si favoleggia, ma anche quelli medi sarebbero impossibili se la squadra dovesse prevedere il lordo derivante dall’imposizione fiscale italiana, per cui l’atleta deve rassegnarsi a guadagnare di meno oppure su intuizione di qualche procuratore va all’estero, in modo che la squadra possa pagare meno imposte sullo stipendio che versa. Chi si è trasferito in Svizzera ha scoperto a sue spese che paga parecchie tasse, poche meno che in Italia, ma in cambio di servizi eccellenti. A Monaco il risparmio è ingente, in cambio però di costi vivi altissimi.

Tutto questo è etico? No, se la residenza è fittizia, altrimenti non sussistono problemi, dato che andando all’estero si diventa contribuenti del Paese prescelto e non si gode di alcun servizio in Italia: dalla sanità pubblica all’istruzione. Dire che la loro assenza costringe noi a pagare più tasse sarebbe giusto se loro vivessero in Italia godendo e non pagando i servizi dello Stato. Altrimenti sono chiacchiere.

Tra i nuovi residenti di San Marino c’è anche il bolognese Fortunato
Tra i residenti di San Marino c’è anche Fortunato

Solo per single

La nuova legge varata il 23 dicembre 2020 a San Marino in tema di residenze atipiche a regime fiscale agevolato propone un interessante risparmio fiscale ai nuovi residenti, ma pone ai corridori più esperti una serie di dubbi. 

Stava per… cedere anche Damiano Caruso, che aveva sempre professato e ha infine mantenuto la sua intenzione di rimanere ancorato alle origini siciliane, soprattutto per la moglie e i figli che, trapiantati altrove, non avrebbero vissuto bene come a Ragusa.

L’elenco è vasto ed è stato pubblicato un po’ ovunque. Da Ciccone ad Albanese, Leonardo Basso, Baroncini e Conci, Konychev e Malucelli, Velasco e Carboni, Canaveral e Rivera, Fortunato, Fabbro e Boaro.

San Marino non nuota in acque tranquillissime, il bilancio è sofferente, tanto che nella stessa legge che ha disposto l’apertura alle residenze atipiche sono stati varati interventi per il rafforzamento del sistema finanziario.

L’imposta generale prevista sui redditi delle persone fisiche che aderiranno a questa modalità di residenza è pari al 7 per cento sul “netto frontiera” con un importo minimo di 10.000 euro e un massimo di 100.000 per ogni esercizio fiscale del periodo di validità della residenza.

Anche Baroncini, romagnolo di Massa Lombarda, si è spostato nella piccola Repubblica
Anche Baroncini è arrivato a San Marino

Il risvolto turistico

L’arrivo degli sportivi potrebbe rappresentare una risorsa. Per la Repubblica, che vedrebbe aumentare le entrate fiscali, e per gli operatori turistici della vicina costa romagnola, stuzzicati dall’ipotesi che, al pari di quelle spagnole, le strade di San Marino offrano l’occasione di allenarsi con i professionisti.

Ovviamente si dovrà trattare di residenze vere. Per questo motivo ad ora hanno aderito soltanto atleti single, che non hanno da spostare la famiglia. Controlli ci saranno, ma rientreranno nell’ambito di quanto previsto dalla convenzione del 2013. La condizione minima è che il richiedente abbia una residenza effettiva a San Marino e che, qualora abbia casa anche altrove, siano superiori i giorni che trascorre nella Repubblica. Il vantaggio della convenzione è che esistono anche i necessari stumenti di legge per dirimere eventuali controversie e l’onere della prova non spetta al contribuente. E qui qualcuno dei corridori più… esperti ha storto il naso.

Entrare e uscire da San Marino sarà un problema per i corridori?
Entrare e uscire da San Marino sarà un problema per i corridori?

Lavoro in Italia

Passino le trasferte all’estero per motivi di lavoro, più di qualcuno ha chiesto al proprio commercialista di informarsi se i giorni di corsa in Italia possano costituire una complicazione. Il Giro d’Italia potrebbe essere un problema?

Allo stesso modo in cui, essendo la superficie sanmarinese piuttosto esigua, i giorni di allenamento sulle contigue strade romagnole potrebbero rappresentare un problema: residenza a San Marino, lavoro in Italia?

Alcuni citano il periodo in cui la Finanza, prima che si intervenisse per la privacy, si appostò a Chiasso con un furgone dotato di telecamere per verificare l’andirivieni delle targhe italiane avanti e indietro dalla Svizzera.

Il segretario di Stato allo Sport di San Marino, Teodoro Lonfernini non vuole sentir parlare di paradisi fiscali (foto RTV)
Il segretario di Stato allo Sport, Teodoro Lonfernini (foto RTV)

Monta la polemica

E mentre i corridori in questione hanno evidentemente ottenuto le risposte che cercavano e da parte degli estensori della legge arriva il richiamo a gestire correttamente tali residenze, proprio oggi nella piccola Repubblica esplode una polemica.

«Da noi – ha detto il segretario di Stato allo Sport di San Marino, Teodoro Lonfernini – arrivano tanti ciclisti perché scelgono aree territoriali che possano essere adatte agli allenamenti in un territorio sicuro e tranquillo. Quando non sono in giro per il mondo questi sportivi vivono la nostra comunità. Se poi c’è anche un vantaggio fiscale, perché no. Ma non sono arrivati a San Marino alla ricerca di un paradiso fiscale. Nessuno che a San Marino rivesta un ruolo istituzionale, amministrativo o professionale ha invitato alcun atleta a fare una scelta di vita. Quella legge esiste. Punto. E si promuove da sola. Non ci sono dunque né procacciatori, né tantomeno intermediari o promoter».

Il continuo sentir parlare di risparmio fiscale ha fatto drizzare le orecchie giusto stamattina all’opposizione di Repubblica Futura, che sul Corriere di Romagna è partita all’attacco dell’attuale gestione. Chissà se la storia andrà avanti. Per ora è certo. Allenandosi sulle strade di Romagna in direzione di San Marino si possono davvero incontrare tantissimi professionisti. E i procacciatori ci sono, ma spesso si tratta degli stessi procuratori degli atleti.